GIURISPRUDENZA
DELLA CORTE EDU
(concernente
gli altri membri del Consiglio d’Europa)
Le ultime decisioni pubblicate |
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Corte europea dei diritti dell’uomo
(Sez. V) 13 febbraio 2025 (Denysyuk e
altri c. Ucraina) Art. 8 e Art. 38 – Violazione del diritto al rispetto della vita
privata e della propria corrispondenza determinata dalla sorveglianza audio e
video nei confronti del primo ricorrente e dall’intercettazione delle
comunicazioni telefoniche del secondo e del terzo ricorrente nell’ambito di
operazioni di polizia effettuate nel corso di un procedimento penale a loro
carico. La Corte constata che è stato negato ai ricorrenti l’accesso alle
decisioni giudiziarie che hanno autorizzato le misure impugnate e quindi un’impossibilità
di concludere che esse siano state autorizzate a seguito di un controllo
giudiziario adeguato e approfondito, in mancanza di garanzie sufficienti a
consentire l’attuazione di misure investigative segrete. La Corte giudica
inoltre che le comunicazioni dei ricorrenti con i loro avvocati non siano
state sufficientemente protette da norme e procedure specifiche e dettagliate
che ne definissero l’identificazione e il trattamento in caso di
intercettazione accidentale. La Corte constata poi l’assenza di un’autorità
di controllo indipendente con competenze sufficienti a proteggere i
ricorrenti da abusi o errori da parte dei funzionari incaricati
dell’applicazione della legge e la mancanza di una procedura nazionale
efficace per affrontare tempestivamente il nucleo delle loro denunce ai sensi
dell’Art. 8 CEDU. Per queste ragioni l’interferenza si deve ritenere come non
“conforme alla legge”. La Corte rinviene altesì un’autonoma violazione dell’Art. 8, per
quanto attiene al diritto alla segretezza della corrispondenza, determinata
dalle carenze strutturali nel quadro giuridico nazionale a tutela della
riservatezza delle comunicazioni telefoniche degli avvocati con i clienti
sottoposti a intercettazioni telefoniche. La Corte infine giudica vi sia stata anche una violazione dell’Art.
38 CEDU a causa del mancato rispetto dell’obbligo dello Stato di fornire la
collaborazione necessaria per facilitare la risoluzione del caso (nel caso di
specie, fornendo i documenti richiesti). |
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Corte europea dei diritti dell’uomo
(Sez. V) 13 febbraio 2025 (Macharik c.
Repubblica Ceca) Art. 8 e 6 § 1 – Violazione del diritto alla vita privata e alla
riservatezza della corrispondenza determinata dalla condanna penale della
ricorrente sulla base principalmente del contenuto delle sue comunicazioni
via e-mail con un altro detenuto, ottenute dalla polizia sulla base di un
ordine giudiziario di trasferire il contenuto di tutti questi messaggi dalla
casella di posta elettronica di un terzo soggetto a cui erano stati
inoltrati. La Corte constata che tale ordine giudiziario è stato emesso nonostante
il diritto interno non consenta ai fornitori di servizi di comunicazione di
conservare il contenuto di tali comunicazioni e che non vi è stata una
risposta adeguata da parte dei tribunali nazionali alle specifiche doglianze
della ricorrente in merito al dovere di riservatezza del fornitore. Motivo
per cui l’interpretazione e l’applicazione del diritto interno mancavano di
chiarezza e coerenza e non erano prevedibili, determinando un’interferenza
non “conforme alla legge”. Rispetto all’Art. 6 § 1 (penale), la Corte giudica invece non via
sia stata violazione, in quanto l’equità generale del processo della
ricorrente non è stata irrimediabilmente pregiudicata dall’ammissione delle
prove impugnate, che pure sono state decisive per la sua condanna, in quanto
non vi è nessuna indicazione che la polizia abbia agito in malafede o in
violazione intenzionale delle regole nell’ottenere e nell’eseguire l’ordine
giudiziario e le prove sono da ritenersi accurate e affidabili, anche se ottenute
illegalmente. D’altra parte la ricorrente è stata in grado di opporsi
efficacemente all’uso di tali prove dinanzi a quattro livelli di
giurisdizione, per cui i diritti della difesa sono stati debitamente
rispettati. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo
(Sez. III) 11 febbraio 2025 (Novaya
Gazeta e altri c. Russia) Art. 3, Art. 5 §§ 1, 3 e 4,
Art. 8, Art. 10 e Art. 34 –
Violazione della libertà d’espressione determinata dai procedimenti penali e
amministrativi intentati contro i ricorrenti e dalla chiusura delle loro
organizzazioni mediatiche per aver “screditato” l’esercito russo e diffuso
notizie qualificate come “fake news” sulle sue azioni in Ucraina. Inoltre la
Corte rinviene una violazione dell’Art. 10 CEDU determinata dalla
sottoposizione dei ricorrenti a varie forme di sanzioni per aver espresso
opinioni critiche nei confronti delle azioni dello Stato russo e per aver
diffuso informazioni che divergevano dai resoconti ufficiali. La Corte nota
come una condanna penale di due dei ricorrenti sia stata pronunciata da parte
dei tribunali della Crimea sulla base del diritto russo e che per questo non
possa considerarsi legittima. Inoltre secondo la Corte i tribunali nazionali
non hanno analizzato le dichiarazioni dei restanti ricorrenti nel loro
contesto specifico o non hanno bilanciato gli interessi concorrenti in gioco.
Inoltre l’applicazione retroattiva della legge non era prevedibile, e le
sanzioni sono di una gravità eccezionale e sproporzionata e si inseriscono in
una strategia più ampia volta a reprimere il dissenso nei confronti
dell’azione militare in Ucraina. La Corte rileva ancora il mancato rispetto delle misure provvisorie
indicate dalla Corte. Si riscontrano poi una violazione dell’Art. 5 § 3 CEDU, determinata
dalla mancanza di motivazioni pertinenti e sufficienti per la detenzione
preventiva; una violazione dell’Art 5 § 1 determinata dall’essere stata usata
la detenzione come pretesto, in mala fede, per mettere a tacere l’espressione
di opinioni critiche da parte di un ricorrente; una violazione dell’Art 5 § 4
CEDU causata dagli eccessivi ritardi nell’esame dei ricorsi in vertenti sulla
detenzione. La Corte giudica vi sia stata altresì una violazione dell’Art 3 CEDU
determinata dal confinamento in una gabbia metallica e in una piccola cabina
di vetro durante le udienze per il ricorso contro la detenzione cautelare. Infine, la Corte riscontra una lesione del diritto alla protezione
del domicilio di cui all’Art. 8 CEDU a causa delle perquisizioni
ingiustificate avvenute nelle abitazioni dei giornalisti. É presente di un’opinione
concorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo
(Sez. V) 6 febbraio 2025 (M.B. c.
Spagna) Art. 5 § 1 – Violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza,
di cui all’Art. 5 § 1 e) CEDU, determinata dall’imposizione di una misura di
sicurezza di detenzione prolungata alla ricorrente, per motivi di salute
mentale, in quanto tale misura non ha rispettato le garanzie contro
l’arbitrio dei pubblici poteri. In particolare, non sono state soddisfatte le
condizioni minime di cui all’art. 5 § 1 e), perchè la valutazione delle
condizioni di salute mentale della ricorrente da parte dei giudici nazionali si
è limitata al giorno del reato e non è stato stabilito, al momento
dell’imposizione, se le sue condizioni mentali fossero nel frattempo cambiate
e se rappresentasse ancora un pericolo. La Corte sanziona il fatto che non vi
sia stata nessuna valutazione delle esigenze terapeutiche o mediche della
ricorrente o della necessità di monitorarla, e nessun accenno alla previsione
del suo comportamento futuro. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo
(Sez. III) 4 febbraio 2025 (Klimova e
altri c. Russia) Art. 8 e Art. 10 – Violazione
del diritto alla vita privata causata dalla raccolta, da parte dei servizi di
sicurezza russi, dei dati degli utenti di una piattaforma di social network relativi all’account di
una ricorrente e alla comunità di social
network da lei amministrata, nell’'ambito di un procedimento per un
illecito di tipo amministrativo, avviato con l’accusa di promozione
dell’omosessualità tra i minori. La Corte rinviene una mancanza di garanzie
sufficienti contro gli abusi, in quanto la raccolta di grandi quantità di
dati personali, compresi quelli sensibili, avvenuta per un periodo
prolungato, ha reso l’ingerenza intrusiva e ha avuto un effetto dissuasivo
generale, portando a qualificare l’ingerenza come non “necessaria in una
società democratica”. La Corte rinviene una violazione della libertà di espressione
causata dalle stesse sanzioni per un illecito amministrativo in relazione a
contenuti pubblicati da alcuni dei ricorrenti (da loro stessi o da altri) in
gruppi o comunità su social network
da loro amministrati, e dal blocco dei loro siti o pagine web per aver
asseritamente “promosso l'omosessualità tra i minori”. La Corte fa al
riguardo applicazione dei principi enunciati nella sentenza Macatė c. Lituania [GC],
qualificando le restrizioni come ingiustificate perché basate unicamente su
considerazioni di orientamento sessuale, in mancanza di basi per considerare
le pubblicazioni inadeguate o dannose per la crescita e lo sviluppo dei
minori. Le misure impugnate sono inoltre incompatibili con l’Art. 10 CEDU
nella misura in cui miravano a limitare l’accesso dei minori a informazioni
che rappresentavano le relazioni tra persone dello stesso sesso come
essenzialmente equivalenti a quelle tra persone di sesso diverso; inoltre le
sanzioni ai danni di due ricorrenti, per un illecito amministrativo, sono
state somministrate per i contenuti pubblicati da altri soggetti in gruppi o
comunità di social network da loro
creati e amministrati, sulla base di un’interpretazione e di un’applicazione
espansive e imprevedibili del diritto nazionale. Infatti la disposizione
giuridica pertinente non consentiva ai ricorrenti di prevedere, in misura
ragionevole nelle circostanze del caso, le conseguenze di una mancata
cancellazione dei contenuti pubblicati da terzi, per cui l’interferenza non è
stata “conforme alla legge”. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo
(Sez. IV) 4 febbraio 2025 (A.B. e Y.W. c
Malta) Art. 3 e Art. 35 § 1 – Violazione del divieto di espulsione
determinata dalla mancata valutazione da parte dello Stato convenuto del
rischio di trattamenti contrari all’Art. 3 CEDU, prima di confermare
l’allontanamento in Cina di due musulmani uiguri, sei anni dopo il rigetto
della loro domanda d’asilo. L’allontanamento senza una rigorosa valutazione
del rischio ex nunc comporterebbe
infatti una violazione. La Corte respinge l’eccezione di inammissibilità del ricorso
presentata dal governo, per asserito mancato rispetto del requisito del
previo esaurimento dei rimedi interni previsto dall’Art. 35 § 1, in ragione
del fatto che i richiedenti non erano tenuti a presentare una successiva
domanda d’asilo in quanto avevano comunque esaurito il rimedio a loro
disposizione contro il provvedimento d’espulsione all’epoca dei fatti, vale a
dire la procedura di fronte alla Commissione per i ricorsi in materia di
immigrazione, la quale non ha poi effettuato una rinnovata valutazione del
rischio al momento opportuno nonostante fosse competente a farlo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 23 gennaio 2025 (H.W. c.
Francia) Art. 8 – Violazione del diritto alla vita privata determinata
dall’addebito (faute) del divorzio
a carico esclusivo della ricorrente per non aver adempiuto ai suoi doveri
coniugali rifiutandosi di avere rapporti intimi con il marito. La Corte
giudica che, pur a fronte della prevedibilità della legge, il margine di
apprezzamento sia in questo caso ristretto e che una definizione di dovere
coniugale che non tiene conto del consenso ai rapporti sessuali sia lesiva
della CEDU, visto il carattere prescrittivo della norma di legge nei
confronti dei coniugi nella conduzione della loro vita sessuale e il fatto
che il rifiuto di rispettarla determini conseguenze giuridiche. Un tale
obbligo coniugale è dunque contrario alla libertà sessuale e al diritto di
controllare il proprio corpo, nonché all’obbligo positivo di prevenzione che
incombe agli Stati contraenti in materia di lotta alla violenza domestica. La Corte ritiene esistano altri mezzi possibili per garantire i
diritti del marito della ricorrente, mentre in questo caso si è avuto un
mancato raggiungimento di un giusto equilibrio tra interessi concorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 23 gennaio 2025 (Suren
Antonyan c. Armenia) Art. 6 § 1 – Violazione del diritto a un tribunale indipendente causata
dal licenziamento di un giudice a seguito di un procedimento disciplinare
dinanzi al Consiglio supremo della magistratura armeno (Supreme Judicial Council (“SJC”)), istituito dopo alcune recenti
modifiche costituzionali. Per la Corte il SJC soddisfa in teoria i requisiti
di “tribunale” di cui all’art. 6 § 1 e il modo in cui sono stati nominati i
membri non giudiziari del SJC nelle circostanze del caso non ne ha compromesso
l’indipendenza. Le disposizioni istituzionali e operative fornivano infatti garanzie
contro l’influenza indebita o la discrezionalità illimitata del legislatore e
non c’è nessuna prova che le garanzie fossero solo teoriche e non operassero
nella pratica. Per la Corte, il fatto che due membri non giudiziari avessero
in precedenza ricoperto incarichi di alto livello nell’esecutivo non è
sufficiente per concludere a favore di una mancanza di indipendenza e non c’è
nessuna prova che la nomina dei membri non giudiziari che siedono nel caso
del ricorrente sia stata influenzata da ingerenze politiche. Non è dimostrato
inoltre che i membri non giudiziari avessero una qualche dipendenza
materiale, gerarchica o amministrativa dall’esecutivo o dal legislativo, che
ne mettesse in pericolo l’indipendenza e l’imparzialità. Non è stata
sollevata del resto alcuna questione circa la parità tra i membri giudiziari
e non giudiziari del Consiglio. La Corte osserva poi come il SJC sia stato
qualificato come un “tribunale” a cui il richiedente ha avuto accesso, mentre
non rappresenta problema la mancanza di un ulteriore controllo delle
decisioni del CSM davanti ai tribunali ordinari. Tuttavia, la Corte dà ragione alla ricorrente rispetto alla lesione
del diritto a un tribunale imparziale in quanto almeno i dubbi del ricorrente
sull’imparzialità del presidente del CSM, derivanti dalla stretta relazione
di quest’ultimo con il ministro della Giustizia che aveva avviato il
procedimento disciplinare nei suoi confronti, erano oggettivamente
giustificati. La Corte constata come si trattasse di una relazione che aveva
alcune implicazioni finanziarie e politiche e che trascendeva la semplice amicizia
tra ex colleghi, mentre era in grado di suscitare legittimi timori
sull’imparzialità del presidente. La Corte censura la mancata dissipazione di
questi timori da parte del SJC e la conseguente mancanza di sufficienti
garanzie procedurali. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 16 gennaio 2025 (Bodson e
altri c. Belgio) Art. 11 – Mancata violazione della libertà di riunirsi in modo
pacifico in un caso di condanna penale dei ricorrenti con l’accusa di aver
ostacolato dolosamente la circolazione stradale e di aver messo in pericolo
altre persone partecipando al blocco di un’autostrada. Rispetto
all’applicabilità dell'Articolo 11, la Corte rileva che l’azione dei
manifestanti non fosse nè autorizzata nè giustificata dalla necessità di
reagire immediatamente ad un evento improvviso, si è trattato invece di
un’azione diretta a bloccare fisicamente un’attività che non aveva un
presunto legame diretto con l’oggetto della protesta. Al contrario il blocco
stradale contestato non era l’unico mezzo necessario per far valere le
rivendicazioni dei ricorrenti. In punto di fatto, la Corte riscontra inoltre
come l’azione sia avvenuta col contributo di ciascuno dei ricorrenti e come
il blocco non rientrasse nell’esercizio delle funzioni e azioni sindacali che
i ricorrenti intendevano svolgere quel giorno e non era stato né autorizzato
nè organizzato dal sindacato. Per la Corte le autorità hanno cercato di
bilanciare i diversi interessi in gioco al fine di garantire il regolare
svolgimento del raduno e la sicurezza delle persone e non hanno potuto
adottare misure preventive efficaci. Inoltre le sanzioni irrogate non sono
eccessive e i tribunali nazionali hanno basato le loro decisioni su una
valutazione accettabile dei fatti e su motivazioni pertinenti e sufficienti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 16 gennaio 2025 (A.C. c.
Francia) Art. 8, Art. 13 – Violazione degli obblighi positivi di rispetto e
tutela della vita privata, causata dalla mancanza di tutela di un migrante in
quanto minore non accompagnato a causa della contestazione della sua minore
età da parte delle autorità. La Corte
ricorda che la procedura di accertamento dell’età deve essere caratterizzata,
in concreto, da garanzie adeguate e sufficienti e riscontra l’esistenza di un
quadro normativo nazionale contenente, in linea di principio, le garanzie
procedurali minime richieste. Tuttavia, la Corte riscontra delle lacune nelle
informazioni fornite al ricorrente, perchè incomplete e imprecise, e
un’inversione della presunzione di minore età nelle circostanze del caso,
circostanze che hanno privato l’interessato di sufficienti garanzie
procedurali. Sotto il profilo dell’esistenza di rimedi effettivi, la Corte
riscontra invece come in Francia essi esistano, sia per il diritto che in
concreto. É presente un’opinione dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 14 gennaio 2025 (Petrović
e altri c. Croazia) Art. 8, Art. 41 e Art. 46 – Violazione degli obblighi positivi
collegati alla tutela della vita privata e familiare causata dal mancato
accertamento della sorte dei neonati che sarebbero stati rapiti negli
ospedali statali in epoca comunista. Rispetto all’esecuzione della sentenza, che richiede l’adozione di
misure generali, la Corte giudica che lo Stato convenuto sia tenuto, entro un
anno dal passaggio in giudicato della sentenza, a prendere tutte le misure
appropriate, preferibilmente attraverso una lex specialis, per istituire un meccanismo che fornisca un
risarcimento individuale a tutti i genitori che si trovano in una situazione
simile o comunque assimilabile (sufficiently
similar) a quella dei ricorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 14 gennaio 2025 (Vasile
Pruteanu e altri c. Romania) Art. 6 § 1 e Art. 6 § 3 – Mancata violazione del diritto a un equo
processo in un caso di mancato esame di testimoni. In particolare, nel caso
di specie vi è stata l’impossibilità per i ricorrenti di contestare le
dichiarazioni dei testimoni nel procedimento giudiziario penale,
dichiarazione che hanno contrinuito alla loro condanna per tratta di esseri
umani e sfruttamento della prostituzione. La Corte ritiene però che vi siano
state buone ragioni per la mancata partecipazione dei testimoni, quali la necessità
di proteggere le vittime della tratta di esseri umani e dello sfruttamento
sessuale. Inoltre, la Corte ricorda come le dichiarazioni testimoniali,
seppur importanti, non sono state e non devono essere l’unica o la decisiva
base per le condanne. Devono invece esservi sufficienti fattori di
controbilanciamento che consentano di valutare in modo equo e corretto
l’attendibilità di elementi probatori non basati su testimonianze (untested evidence). |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 9 gennaio 2025 (Zafferani e
altri c. San Marino) Art. 6 § 1 – Violazione del diritto a un equo processo a causa
dell’intervento legislativo che ha visto l’emanazione e l’immediata
applicazione retroattiva di una nuova legge ai procedimenti in corso,
relativi alla ricostruzione della carriera dei ricorrenti ai fini del loro
impiego nelle forze armate di San Marino, e che ne modifica definitivamente
l’esito a favore dello Stato. La Corte riscontra l’assenza di sufficienti
ragioni imperative in grado di superare i pericoli insiti nell’uso di una
legislazione retroattiva. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 7 gennaio 2025 (Alexandru
Pătraşcu c. Romania) Art. 10 – Violazione della libertà d’espressione causata dal
successo di un’azione civile per il risarcimento dei danni nei confronti di
un noto appassionato di opera lirica, a causa dei commenti pubblicati da lui
e da altri sulla sua pagina Facebook in merito al conflitto scoppiato
all’interno del Teatro Nazionale dell’Opera di Bucarest. Per la Corte, le
autorità sono state incapaci di effettuare un’adeguata ponderazione degli
interessi in gioco al fine di dimostrare che la condanna rispondeva a una “pressante
esigenza sociale” ed era proporzionata allo scopo legittimo perseguito,
determinando un’interferenza qualificabile come non necessaria in una società
democratica. Per quanto riguarda invece la responsabilità derivante da
commenti pubblicati da terzi sotto il post del ricorrente, la Corte ritiene
vi sia a livello nazionale una base giuridica che non definisce con
sufficiente chiarezza la portata e le modalità di esercizio del diritto alla
libertà di espressione attraverso l’apertura di una pagina Facebook con
riguardo ai commenti di terzi. Dunque, ne risulta che il ricorrente non ha
potuto beneficiare del grado di protezione richiesto dallo Stato di diritto
in una società democratica, visto che l’interferenza non può considerarsi
prevista dalla legge. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 7 gennaio 2025 (A.R.E. c.
Grecia) Art. 2, 3, 5 §§ 1, 2, 4 e Art. 13 – Violazione dell’Art 3 CEDU
determinata dal rimpatrio, da considerare come una vera espulsione, della
ricorrente nel suo paese d’origine, la Turchia, senza esame dei presunti
rischi di maltrattamento e della sua domanda di protezione internazionale e
in piena mancanza di un ricorso effettivo. La Corte rinviene inoltre una violazione dei criteri previsti
all’Art. 5 § 1 CEDU perché un arresto o detenzione siano legittimi, a causa
della detenzione informale della ricorrente, prima del suo respingimento,
avvenuta senza alcuna base giuridica. Una violazione dell’Art. 5 § 2 CEDU si rinviene poi rispetto alla
mancanza di informazioni fornite sui motivi dell’arresto e una violazione
dell’Art. 5 § 4 CEDU discende dalla mancanza di un rimedio per riesaminare la
legittimità della detenzione. La Corte giudica invece che non vi sia stata una violazione del
divieto di trattamenti inumani o degradanti di cui all’Art. 3 (materiale) e
del diritto alla vita. Per la Corte le affermazioni fattuali della ricorrente
al momento dell’espulsione attraverso il fiume Evros corrispondono in gran
parte al modus operandi descritto
nei rapporti delle istituzioni nazionali e internazionali competenti e le
violazioni invocate non possono essere accertate al di là di ogni ragionevole
dubbio, in assenza di prove precise e concordanti. Riguardo al punto in
questione, la Corte rinviene però una violazione dell’Art. 13 CEDU, in
rapporto agli Artt. 2 e 3 CEDU, per la mancanza di un ricorso effettivo
rispetto alle eventuali e presunte violazioni di tali articoli. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 7 gennaio 2025 (UAB Profarma e
UAB Bona Diagnosis c. Lituania) Art. 1 Prot. 1 – Mancata violazione del diritto al godimento
pacifico dei propri beni in conseguenza dell’annullamento, da giudicare come
proporzionato, dei contratti stipulati tra le società private ricorrenti e lo
Stato per l’acquisto di test COVID e per la restituzione da parte delle
società di una quota sostanziale della somma ricevuta in eccesso dallo Stato.
La Corte giudica vi sia un ampio margine di valutazione concesso agli Stati
contraenti per quanto riguarda gli obblighi imposti ai partecipanti alle
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici e le conseguenze del loro
mancato adempimento. La Corte, pur osservando che la procedura di
aggiudicazione degli appalti pubblici non ha rispettato i requisiti giuridici
pertinenti, compie un accertamento della malafede delle società ricorrenti
basato su una valutazione approfondita dell’insieme delle circostanze
pertinenti. Infatti le società ricorrenti hanno cercato di approfittare
dell’emergenza sanitaria per ottenere un profitto eccessivo. Dunque, anche se
vi è stato un inadempimento da parte delle autorità dei loro obblighi
amministrativi ai sensi della normativa sugli appalti pubblici, nelle
circostanze del caso ciò non può giustificare l’esonero delle società
ricorrenti dall’inadempimento degli obblighi loro imposti dal diritto civile
dello Stato, consentendo loro di trattenere il profitto eccessivo conseguito
a spese dell’erario pubblico. La Corte considera inoltre che i rapporti contrattuali tra fornitori
e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito degli appalti pubblici non
possono essere assimilati a situazioni in cui le autorità pubbliche
esercitano poteri amministrativi nei confronti di persone o entità in
posizione a essi subordinata. Per la Corte, l’assenza di conseguenze
finanziarie per le autorità competenti non è di per sé sufficiente a rendere
sproporzionata l’ingerenza nei diritti di proprietà delle società ricorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 7 gennaio 2025 (Yoncheva c.
Bulgaria) Art. 6 § 2 e Art. 13 – Violazione della presunzione di innocenza
causata dalla pubblicazione da parte degli uffici del pubblico ministero di
un comunicato stampa sulla ricorrente, che era indagata, che trasmetteva
l’idea che avesse consapevolmente partecipato a un’operazione di riciclaggio
di denaro su larga scala, ciò anche considerando l’ampia diffusione da parte
dei media e della stampa scritta del comunicato, cosa che ha aggravato gli
effetti dannosi della violazione del diritto alla presunzione di innocenza,
anche in considerazione della reputazione di giornalista e politica della
ricorrente. La Corte giudica vi sia stata anche una violazione dell’Art. 13
CEDU, in relazione all’Art. 6 § 2, per la mancanza di un ricorso effettivo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 17 dicembre 2024 (Side by Side
International Film Festival e Altri c. Russia) Art. 10 – Violazione degli obblighi positivi legati alla libertà di
espressione determinata dalla mancanza per anni da parte delle autorità di un
impegno volto a garantire lo svolgimento sicuro e ininterrotto dell’annuale
festival cinematografico internazionale LGBT organizzato dalla società
richiedente, in mancanza di un’azione globale e dell’attuazione di misure
dissuasive in relazione alle ripetute minacce telefoniche di bombe e ad altri
falsi allarmi di sicurezza durante i giorni di proiezione dei film, con
conseguente senso di impunità. La Corte non ritiene invece di doversi
soffermare, alla luce delle violazioni già accertate, sulla dedotta
pretestuosità dell’interruzione del festival per far fronte alla pandemia da
Covid-19 decisa dalle autorità nel 2020. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Panel della Grande Camera) 17 dicembre 2024 (parere consultivo) Art. 8 e Prot. 16 – La Corte
ha deciso di non accettare la domanda di opinione consultiva che le era stata
rivolta dalla Corte Suprema di Cassazione rumena per giudicare della
convenzionalità del diritto nazionale in un caso coinvolgente il rifiuto di
una giudice di sottoporsi a un esame medico richiesto per accertare le sue
condizioni di salute mentale e il suo conseguente licenziamento. La Corte di
cassazione poneva due questioni relative all’applicabilità dell’Art. 8 CEDU e
al grado di determinatezza richiesto dalla legge nazionale. La Corte ha
deliberato di non accettare il parere perché non riguarda una questione di
principio, mentre i precedenti della Corte forniscono già indicazioni
sufficienti alla risoluzione della questione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 17 dicembre 2024 (Taganova e
Altri c. Georgia e Russia) Art. 56, Art. 1, Art. 1 Prot.
1, Art. 35 § 1, Art. 6 § 1 – In via
preliminare, la Corte chiarisce come la dichiarazione della Georgia all’atto
della ratifica della Convenzione in relazione al territorio abkhazo non sia
in grado di limitare l’applicazione territoriale della CEDU. La riserva della
Georgia in relazione all’art. 1 Prot. 1 non è inoltre valida in quanto i
requisiti dell’art. 57 non sono soddisfatti. La Corte arriva a questa
conclusione in quanto il governo georgiano ha indicato nella sua riserva sia
l’Articolo della Convenzione sia la legge nazionale che sarebbe con esso
incompatibile, ma non ha indicato le ragioni per questa presunta
incompatibilità. La riserva, risalente agli anni ‘90, è inoltre troppo vaga e
ampia, sia per i termini temporali che per la categoria di persone che vi
sono in astratto ricomprese, ossia i cittadini georgiani che si siano dovuti
allontanare dalle loro case dopo la secessione abkhaza. Per quanto riguarda la questione della giurisdizione della Russia e
della Georgia sulla regione separatista dell’Abkhazia, la Corte riconosce che
il controllo effettivo è esercitato dalla Russia sul territorio abkhazo, in
considerazione della forte presenza russa e della dipendenza di fatto delle
autorità abkhaze dalla Federazione russa. Per la Corte è poi chiara la
responsabilità della Russia per le denunce riguardanti le autorità abkhaze in
relazione ad alcuni dei ricorrenti. La Corte non riscontra alcuna
responsabilità della Georgia sul territorio separatista, in quanto gli
obblighi positivi, pur presenti, non possono considerarsi violati dal governo
georgiano, che è privo di controllo sulla regione. La Corte riscontra nei confronti di alcuni dei ricorrenti una
violazione del diritto al godimento pacifico dei propri beni e del diritto
alla tutela del domicilio e della vita familiare, causato dal mancato accesso
alle proprietà e alle case lasciate in Abkhazia dai ricorrenti, una
situazione perdurante che rientra nella giurisdizione della Corte ratione temporis: la Corte si dichiara
infatti competente a esaminare i ricorsi nei confronti della Russia dalla
data di ratifica della Convenzione (5 maggio 1998) fino alla data in cui ha
cessato di essere Parte (16 settembre 2022) e nei confronti della Georgia,
per quanto riguarda le doglianze che rientrano nell’art. 1 Prot. 1 dalla data
di ratifica di tale Protocollo (7 giugno 2022), e per quanto riguarda le altre
doglianze dalla data di ratifica della Convenzione da parte georgiana (20
maggio 1999). Per quanto riguarda l’esaurimento delle vie di ricorso interne, la
Corte riscontra la mancanza di vie di ricorso efficaci sia in Russia che in
Georgia per quanto riguarda le denunce di alcuni tra i ricorrenti, ai sensi
dell’art. 1 Prot. 1. La Corte riscontra una violazione dell’Art 1 Prot. 1 CEDU e dell’Art
8 anche rispetto ai restanti ricorrenti, perché sono stati continuamente
privati dell’accesso, del controllo, dell’uso e del godimento dei loro beni e
delle loro case senza alcun indennizzo. La Corte riscontra anche la violazione del diritto all’accesso a un
giudice determinata dall’impossibilità per il secondo ricorrente di far
esaminare il suo licenziamento dal posto di lavoro dai tribunali abkhazi, con
l’applicazione delle conclusioni già raggiunte nella causa Mamasakhlisi e altri c. Georgia e Russia,
in quanto i tribunali abkhazi di fatto non possono essere considerati un
“tribunale istituito dalla legge”, anche se la situazione del sistema legale
e giudiziario in Abkhazia non può essere attribuita alla Georgia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 12 dicembre 2024 (Hasmik
Khachatryan c. Armenia) Art. 3 – Violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti
sotto l’aspetto degli obblighi positivi ad esso ricollegati a causa della
mancanza di una risposta adeguata da parte dello Stato convenuto a gravi atti
di violenza domestica. La Corte osserva come il quadro giuridico nazionale in
vigore all’epoca non abbia rispettato il dovere dello Stato convenuto di
istituire e applicare efficacemente un sistema che punisca tutte le forme di
violenza domestica e fornisca sufficienti garanzie alle vittime. Vi è stata
infatti una mancanza di una valutazione autonoma, proattiva e completa del
rischio di ulteriori violenze e di misure adeguate e sufficienti per
proteggere la ricorrente, nonché, nel trattare le denunce della ricorrente,
la mancanza di consapevolezza da parte delle autorità preposte
all’applicazione della legge del carattere specifico e delle dinamiche della
violenza domestica. Nel trattare le denunce, le autorità preposte
all’applicazione della legge hanno anzi adottato un approccio puramente formalistico,
come dimostra anche la riqualificazione del reato imputato e l’imposizione di
una pena più mite al suo autore, in assenza di un attento esame di tutte le
circostanze pertinenti. La Corte ricorda l’esistenza di un obbligo positivo,
ai sensi dell’Art. 3 CEDU, di consentire alle vittime di violenza domestica
di chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali agli autori del reato,
direttamente o indirettamente tramite lo Stato. La Corte riscontra invece che
vi è in Armenia una restrizione legislativa incondizionata che impedisce alla
ricorrente di ottenere un risarcimento esecutivo contro l’autore del reato
per i danni non patrimoniali subiti a seguito dei maltrattamenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. ) 12 dicembre 2024 (Borzykh c.
Ucraina) Art. 10 e Art. 8 – Dichiarazione d’inammissibilità ai sensi degli
Artt. 35 §§ 3 (a) e 4 CEDU del ricorso sollevato da parte di un cittadino
ucraino, figlio di reduci ed ex ufficiale, contro il divieto d’indossare il
nastro di San Giorgio, un’onorificenza militare conferita sotto l’Unione
Sovietica e ancora oggi in Russia, per celebrare la ricorrenza della vittoria
sovietica nella Seconda Guerra mondiale. La Corte giudica che la legge
ucraina che vieta il simbolo, successiva all’occupazione della Crimea da parte
russa del 2014, non comporti un divieto assoluto, presentando delle
eccezioni, e che possa comunque ritenersi giustificata dal valore assunto dal
simbolo in questione a seguito dell’occupazione russa del 2014 e delle
vicende successive. Da questo punto di vista per la Corte l’interferenza con
l’Art. 10 CEDU può considerarsi rientrare nel margine di apprezzamento
statale sulle misure necessarie davanti a un pressante bisogno sociale. La
Corte rigetta dunque come manifestamente infondata la questione e adotta la
medesima decisione per la presunta lesione dell’Art. 8 CEDU, dove
l’inammissibilità per manifesta infondatezza discende dal non aver provato il
ricorrente né la serietà delle conseguenze per il ricorrente del non poter
indossare l’onorificenza né il disagio che tale divieto gli avrebbe causato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 12 dicembre 2024 (Y c.
Repubblica Ceca) Art. 3 e Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi causata alla
mancata applicazione effettiva da parte delle autorità nazionali di un sistema
di diritto penale idoneo a punire gli atti sessuali non consensuali subiti da
una vittima vulnerabile che non si è opposta durante tali atti, che sono
perciò stati compiuti senza violenza fisica diretta, ma in assenza di
consenso. La Corte fa applicazione dei principi generali enunciati nella
causa M.C. c. Bulgaria e censura
l’approccio delle autorità come non idoneo a garantire alla ricorrente una
protezione adeguata, per l’inadeguata considerazione delle situazioni di
consenso non valido dovute all’abuso di vulnerabilità e della reazione
psicologica delle vittime di atti sessuali. La Corte giudica lesiva
l’interpretazione restrittiva degli elementi costitutivi del reato di stupro
come definiti dal codice penale ceco e interpretati dalla giurisprudenza
esistente all’epoca dei fatti, che ha portato la polizia a chiudere il caso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 10 dicembre 2024 (F.M. e Altri
c. Russia) Art. 4 e Art. 14 – Violazione degli obblighi positivi causata dal
mancato adempimento da parte dello Stato convenuto degli obblighi sostanziali
e procedurali di protezione delle lavoratrici migranti dalla tratta e dallo
sfruttamento del loro lavoro. La Corte chiarisce come già il sospetto
credibile o la prova prima facie
della tratta delle ricorrenti a fini di sfruttamento del lavoro determini
l’emersione e l’obbligo di rispetto degli obblighi positivi, e questo tanto
più in considerazione del fatto che le ricorrenti sono già state vittime
della tratta e della schiavitù transfrontaliera. In Russia si riscontra
invece la mancanza di un quadro legislativo e amministrativo adeguato per
vietare e prevenire la tratta, il lavoro forzato e la schiavitù e per proteggerne
le vittime, nonché la mancanza di misure operative da parte delle autorità
nell’identificare i ricorrenti come (potenziali) vittime della tratta e nel
fornire loro protezione e assistenza, così come la mancanza di cooperazione e
assistenza agli attori della società civile che hanno sostenuto i
richiedenti. La mancanza di indagini penali su accuse credibili di tratta e
lavoro forzato, schiavitù e violenza di genere come strumento di coercizione
ha favorito un senso di impunità tra i trafficanti e ha impedito alle
ricorrenti di riprendersi dalle loro esperienze traumatiche e le ha private
dell’opportunità di chiedere un risarcimento per i danni subiti, compresi i
guadagni trattenuti dai trafficanti. La Corte censura un atteggiamento
discriminatorio nei confronti delle lavoratrici straniere immigrate
irregolari e una mancata cooperazione efficace con gli altri Stati
interessati nei casi di tratta transfrontaliera. La Corte riscontra anche una discriminazione nei confronti delle
lavoratrici straniere irregolari, determinata dall’inazione delle autorità
nazionali, che non reprime la tratta, il lavoro e la violenza di genere e
riflette un atteggiamento discriminatorio nei confronti delle ricorrenti in
quanto donne lavoratrici straniere con uno status di immigrazione irregolari.
Per la Corte la passività generale e discriminatoria delle autorità ha creato
un clima favorevole alla tratta e allo sfruttamento delle ricorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 5 dicembre 2024 (Giesbert e
Altri c. Francia) Art. 10 – Mancata violazione della libertà di espressione in
conseguenza della condanna penale del direttore di un settimanale e di due
giornalisti dello stesso per diffamazione di un uomo politico, a causa del
contenuto di un articolo relativo al finanziamento dei partiti politici e
delle campagne elettorali. La Corte ha preso in considerazione la gravità
delle accuse mosse, a cui si unisce la mancanza di una base fattuale
sufficiente a un riscontro, sicché i passi contestati dell’articolo risultano
privi di “misura”, mentre d’altra parte la pena inflitta non è stata
sproporzionata, da ciò conseguendo che il margine di apprezzamento non è
stato superato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 5 dicembre 2024 (Kezerashvili
c. Georgia) Art. 6 § 1 e § 3 e Art. 18 (+ 6) – Violazione del diritto a un
tribunale imparziale a causa dell’inclusione dell’ex Procuratore generale nel
collegio della Corte Suprema georgiana che si è pronunciato sul ricorso per
cassazione nel caso del ricorrente (un ex ministro della Difesa). Per la
Corte ciò è infatti sufficiente a mettere in dubbio l’imparzialità oggettiva
di tale tribunale, in quanto il giudice in questione ha ricoperto la carica
di Procuratore generale durante il periodo in cui il ricorso per cassazione
era pendente dinanzi alla Corte Suprema; la Corte tiene inoltre conto del
ruolo preminente del Procuratore generale e dei suoi ampi poteri all’interno
della procura e della natura di alto profilo del processo condotto in un
contesto politicamente sensibile. La Corte giudica invece che sia stata una violazione del diritto a
un equo processo la revoca dell’assoluzione del ricorrente da parte della
Corte Suprema, mediante procedura scritta. Il ricorrente non ha infatti
partecipato alle udienze orali tenute dalle corti inferiori, ma ha dato
esplicito mandato ad avvocati di sua scelta di rappresentare i suoi interessi
e ha acconsentito al processo “in
absentia”. La procedura scritta si è dunque svolta in un contesto
sufficiente a rendere prevedibile l’eventualità di una sentenza di condanna
da parte della Corte Suprema. Inoltre le conclusioni della Corte Suprema nel
condannare il ricorrente non sono arbitrarie o manifestamente irragionevoli
al punto da pregiudicare il procedimento o da comportare un “diniego di giustizia”. Sempre alla luce dell’Art. 6 § 2 CEDU, la Corte giudica vi sia una
base insufficiente per ritenere che la dichiarazione del Primo Ministro
durante un discorso parlamentare sia stata tale da sollevare problemi
relativamente alla presunzione di innocenza del ricorrente o all’imparzialità
della Corte Suprema. Art. 18 (+ art. 6) – La Corte inoltre rigetta come manifestamente
infondata la questione sollevata dal ricorrente ex Art. 18 CEDU, secondo cui
la restrizione dei diritti convenzionali sarebbe avvenuta per scopi non
consentiti dalla CEDU, in quanto si riscontra un’insufficienza di prove a
sostegno dell’affermazione del ricorrente dell’esistenza di un secondo fine
dietro l’azione penale condotta contro di lui. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 5 dicembre 2024 (El Aroud e
Soughir c. Belgio) Art. 8 – Mancata violazione del diritto alla vita privata in un caso
di revoca della cittadinanza belga disposta nei confronti di due persone con
doppia cittadinanza condannate in Belgio per atti di terrorismo, in quanto la
Corte ritiene vadano considerate la prevedibilità della legge, nonché la
gravità della minaccia terroristica per i diritti dell’uomo e le garanzie
procedurali offerte ai ricorrenti. La Corte rileva inoltre l’assenza di una
conseguente apolidia in capo ai due ricorrenti, così come l’assenza di
espulsione automatica dal territorio, così da considerare l’ampio margine di
apprezzamento dello Stato non superato nel caso di specie. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 3 dicembre 2024 (M.Ș.D.
c. Romania) Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi derivanti dal diritto
alla vita privata a causa dell’inadeguatezza del quadro giuridico penale
vigente all’epoca dei fatti ‒ quadro che non ha offerto alla ricorrente
protezione contro gli atti di molestie online commessi dal suo ex partner,
consistenti nella diffusione pubblica e non consensuale di fotografie intime
di lei ‒ cui si è aggiunta la mancata conduzione di un’indagine penale
tempestiva e approfondita. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 3 dicembre 2024 (Espírito
Santo Silva Salgado c. Portogallo) Art. 6 § 1 e § 2 – Mancata violazione del diritto a un equo processo
in conseguenza del controllo giurisdizionale su una decisione adottata dalla
Banca di Portogallo (BdP), in quanto autorità amministrativa, nei confronti
del presidente del Consiglio di amministrazione di una banca privata. Del pari, la Corte giudica non vi sia stata lesione della
presunzione d’innocenza in conseguenza delle varie dichiarazioni pubbliche
rilasciate dal governatore della BdP prima e dopo il procedimento
amministrativo avviato dalla BdP nei confronti del ricorrente, in quanto esse
non hanno influito sulla posizione di quest’ultimo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 28 novembre 2024 (Klaudia
Csikos c. Ungheria) Art. 8 e art. 10 – Violazione del diritto al rispetto della vita
privata, della riservatezza della corrispondenza e della libertà di
espressione in ragione dell’assenza di adeguate garanzie procedurali per una
giornalista che lamentava l’intercettazione delle proprie telefonate con un
conoscente stretto al fine di scoprire le sue fonti di informazione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 26 novembre 2024 (Ferrero
Quintana c. Spagna) Art. 1 del Protocollo 12 – Non violazione del divieto generale di
discriminazione in conseguenza della fissazione di un limite di età di 35
anni in un concorso pubblico per l’assunzione di agenti di polizia di primo
grado, in considerazione del fatto che le mansioni di natura operativa o
esecutiva da svolgersi erano tali da richiedere un’idoneità fisica
particolarmente accentuata, anche in considerazione degli anni di servizio da
prestare dopo l’assunzione: circostanza da cui si ricava che la differenza di
trattamento in ragione dell’età può, nelle circostanze del caso, ritenersi
adeguata all’obiettivo di garantire il buon funzionamento del servizio di
polizia, senza eccedere quanto necessario per il conseguimento di tale
legittimo e importante obiettivo. Il tutto anche alla luce dell’ampio margine
di apprezzamento riconosciuto agli Stati nell’ambito in questione. Sono presenti tre opinioni concordanti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 26 novembre 2024 (A.P. c.
Austria) Art. 2 (procedurale e sostanziale) – Non violazione del diritto alla
vita e dei connessi obblighi positivi di prevenzione e di indagine in un caso
nascente dalla morte del figlio del ricorrente durante una esercitazione
(“heat march”) mentre svolgeva il servizio militare obbligatorio. La Corte ha
ritenuto non sufficientemente provato che gli atti o le omissioni delle
autorità siano stati responsabili della sua morte e che le misure ragionevoli
omesse dalle autorità avrebbero avuto una reale prospettiva di modificare il
tragico esito della vicenda. È presente un’opinione dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 26 novembre 2024 (Kotov c.
Russia) Artt. 5, 6, 8, 10, 11 e 13 – Art. 1 del Protocollo 1 ‒
Violazione di tutti i diritti invocati (salvo il mancato esame, ritenuto non
necessario, della lamentata violazione dell’Art. 13) in conseguenza, tra
l’altro: della mancata motivazione da parte dei tribunali nazionali delle
condanne amministrative per la partecipazione a manifestazioni pubbliche non
autorizzate ma pacifiche e per l’affissione di inviti a partecipare a una di
tali manifestazioni; della condanna penale sproporzionata (nonché di dubbia
prevedibilità), in assenza di bilanciamento degli interessi in gioco, per
ripetute violazioni della procedura stabilita per l’organizzazione e lo
svolgimento di manifestazioni pubbliche; della privazione illegittima della
libertà personale; dell’eccessiva durata della custodia cautelare nel
procedimento penale; di carenze nella legalità del procedimento di revisione
della detenzione; di limitazioni del diritto di esaminare i testimoni; di
perquisizioni illegali del domicilio del ricorrente, in assenza di garanzie
adeguate e di motivi pertinenti o sufficienti; del trattenimento di effetti
personali del ricorrente non connessi al caso, sequestrati durante la
perquisizione del suo domicilio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 19 novembre 2024 (Vieru c.
Moldavia) Art. 2, Art. 3 (profilo procedurale e sostanziale) e Art. 14 –
Violazione di tutti i diritti invocati in un caso rispetto al quale sono
emerse: sotto il profilo procedurale, la mancata conduzione di un’indagine
efficace su accuse credibili di violenza domestica fisica e psicologica e
sulle circostanze della morte della sorella della ricorrente e la mancata garanzia di un processo rapido
e di una punizione dell’autore di violenza domestica; sotto il profilo
sostanziale, la mancata protezione della vittima di violenza domestica, con
un documentato e ripetuto fallimento da parte delle autorità nazionali nel
prevenire e fermare la violenza contro le donne, in un contesto giuridico
nazionale rivelatosi inadeguato, senza che vi sia stato un intervento rapido
delle autorità investigative né alcuna valutazione sulla natura reale e
immediata del rischio di reiterazione della violenza, tenendo in debito conto
né, ancora, l’adozione di misure preventive e protettive per scongiurare tale
rischio; infine, sotto il profilo della violazione del principio di non
discriminazione di cui all’art. 14 (in relazione agli artt. 2 e 3), si
evidenzia come non sia stata confutata la tesi della ricorrente di una
generale passività istituzionale e/o di una mancanza di consapevolezza della
violenza domestica e della violenza di genere. È presente un’opinione parzialmente dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 14 novembre 2024 (Mammadov c.
Azerbaijan) Art. 10 – Violazione della libertà di espressione in conseguenza
della illegittima e sproporzionata radiazione del ricorrente dall’avvocatura
per azioni asseritamente incompatibili con il patrocinio e con la deontologia
forense. La Corte rileva: che le pertinenti disposizioni di diritto interno
erano formulate in termini molto generali e vaghi, tali da consentire
un’interpretazione ampia; che, nel caso specifico, l’interpretazione e
l’applicazione del diritto interno da parte dei tribunali nazionali non ha garantito
al ricorrente una protezione contro un’ingerenza arbitraria, adottata in
mancanza di motivazioni pertinenti e sufficienti. La Corte rileva altresì
come la misura adottata fosse la sanzione più severa possibile, cosa in grado
di avere un grave effetto di dissuasione sugli avvocati, scoraggiando la
denuncia di comportamenti scorretti tenuti da parte dei vertici dei loro
studi legali come pure la formulazione di critiche verso la gestione della
propria associazione professionale. Quanto all’esecuzione della sentenza ex art. 46 la Corte incarica il
Comitato dei ministri di sorvegliare l’adozione di misure volte, tra l’altro,
al ripristino delle attività professionali del ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 12 novembre 2024 (M.I. c.
Svizzera) Art. 3 – Violazione del divieto di trattamenti umani e degradanti in
un caso di espulsione determinata dal fatto che i tribunali nazionali
svizzeri non hanno sufficientemente valutato il rischio concreto di
maltrattamento da parte della sua
famiglia che avrebbe corso il ricorrente, in quanto omosessuale, in Iran e la
mancanza di una disponibilità di una protezione statale contro tale
maltrattamento nel Paese d’origine. I tribunali nazionali aveva giudicato che
il ricorrente non corresse un rischio per la sua persona se avesse condotto
la sua vita privata in modo “discreto” [discreet]
al suo ritorno nello Stato d’origine. L’allontanamento in Iran senza una
nuova valutazione degli aspetti di cui sopra comporterebbe per la Corte una
violazione dell’Art. 3 CEDU. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 12 novembre 2024 (R.F. e altri
c. Germania) Art. 8 – Mancata violazione degli obblighi positivi derivanti dal
diritto al rispetto della vita famigliare in conseguenza del rifiuto dei
giudici tedeschi di constatare che la minore ricorrente (terza ricorrente),
partorita dalla seconda ricorrente, è anche figlia della prima ricorrente,
che è madre genetica e partner registrato della seconda ricorrente. Il minore
è nato in Germania da una procreazione medicalmente assistita vietata in tale
Paese ed effettuata legalmente all’estero. La Corte ritiene che lo Stato
convenuto non abbia violato i suoi obblighi, in quanto la vita familiare dei
ricorrenti non è stata significativamente influenzata. Infatti, la Corte nega
che un mancato rispetto della vita privata della prima ricorrente sia
derivato dall’averle imposto di seguire la procedura di adozione disponibile
anche per le coppie omosessuali e in assenza di particolari difficoltà nel
vivere quotidianamente il suo rapporto con il minore. In merito al rispetto
del diritto alla vita privata del bambino, la Corte giudica che l’adozione
sia stata effettuata senza particolari difficoltà e la prima ricorrente abbia
goduto in precedenza dei diritti e doveri relativi alla genitorialità del
bambino in virtù della sua unione legale con il secondo ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 12 novembre 2024 (Associated
Newspapers Limited c. Regno Unito) Art. 10 – Violazione dalla libertà di espressione determinata dallo
sproporzionato obbligo per la società ricorrente, convenuta nel settore dei
media, di versare le “spese di successo” [success
fees, quota di onorari subordinata al raggiungimento di un risultato
favorevole da parte di un avvocato, oggi abrogate anche in Regno Unito,
n.d.r.] a favore di un attore in giudizio che aveva stipulato un accordo di
onorario condizionato con i suoi rappresentanti legali. La Corte fa
applicazione delle conclusioni della causa MGN Limited c. Regno Unito, per le quali il pur ampio margine di
apprezzamento rispetto a misure generali che perseguono interessi sociali ed
economici è da considerarsi superato in questo caso. Mancata violazione della libertà di espressione rispetto alla
recuperabilità dei premi assicurativi “After the Event” (“ATE”) sostenuti
dagli attori in giudizio in circostanze non sproporzionate [si tratta di
un’assicurazione che copre i costi di un’eventuale condanna alle spese legali
della controparte nei casi di citazione in giudizio di editori, n.d.r.]. Per
la Corte infatti non esiste una regola generale sulla recuperabilità dei
premi ATE simile a quella applicata alla recuperabilità delle “spese di successo”.
La proporzionalità dei premi ATE deve dunque essere valutata caso per caso e,
a differenza delle “spese di successo”, l’assicurazione ATE può
potenzialmente offrire notevoli vantaggi ai convenuti vittoriosi che
desiderano recuperare i costi sostenuti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 7 novembre 2024 (Bakradze c. Georgia) Art. 14 (+ art. 10 e art. 11) – Violazione del divieto di
discriminazione determinata dall’insufficiente controllo giurisdizionale
della lamentata discriminazione di una ex giudice georgiana da parte
dell’Alto Consiglio di Giustizia (HCJ) nei concorsi giudiziari a causa del
suo ruolo di fondatrice e presidente della ONG “The Unity of Judges of Georgia” e delle sue opinioni critiche
sullo stato del sistema giudiziario del paese. La ricorrente ha dimostrato un
caso prima facie di
discriminazione. Infatti, le circostanze specifiche dei colloqui della
ricorrente sono state tali che un osservatore indipendente avrebbe potuto
ragionevolmente trarre la conclusione che le sue attività legate alla ONG
hanno avuto un ruolo significativo nelle decisioni di non riconferma. Le
domande del colloquio sono andate oltre la verifica della sua integrità e
hanno dimostrato il pregiudizio dei singoli membri dell’HCJ nei suoi
confronti. I tribunali nazionali non hanno affrontato la denuncia di
discriminazione con la dovuta attenzione in modo da garantire alla ricorrente
una protezione reale ed effettiva da qualsiasi potenziale parzialità e
discriminazione. La Corte censura il mancato spostamento dell’onere della
prova sull’HCJ per dissipare la percezione di parzialità e dimostrare una
differenza di trattamento giustificata da una ragione obiettiva. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 24 ottobre 2024 (Eckert c.
Francia) Art. 11 – Mancata violazione della libertà di riunione pacifica in
conseguenza dell’irrogazione di un’ammenda per la partecipazione a una
manifestazione vietata nell’ambito del movimento di protesta dei “gilet
gialli”. La Corte nota in primo luogo che la sanzione era prevista da un atto
avente natura legislativa e che le autorità nazionali potevano legittimamente
ritenere che vi fosse un grave rischio di violenza e di danni e dunque
un’esigenza sociale imperativa alla base della limitazione. Inoltre, l’assenza
di dichiarazione preventiva da parte degli organizzatori della manifestazione
non è giustificabile nel caso di specie, mentre il divieto è stato limitato
nello spazio e nel tempo e quindi non contrario all’articolo 11. Per la Corte
vi è stata ponderazione degli interessi in gioco, nel rispetto dei criteri
stabiliti dalla Corte stessa, e le misure punitive non sono state quindi
ritenute sproporzionate. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 22 ottobre 2024 (Kobaliya e
altri c. Russia) Art. 8, Art. 10 e Art. 11 – Violazione della libertà di espressione
e della libertà di associazione determinata dall’applicazione estesa della
legislazione sugli “agenti stranieri” alle organizzazioni dei media e ai
giornalisti sulla base di criteri vaghi e imprevedibili circa la nozione di
“agente straniero” che portano a un’applicazione arbitraria di tale
legislazione. La Corte osserva l’assenza di ragioni “pertinenti e sufficienti” per
la qualificazione dei richiedenti come “agenti stranieri” e la mancanza di
una “pressante necessità sociale” per gli onerosi requisiti di qualificazione
secondo i criteri della legge per tutte le comunicazioni pubbliche, anche per
l’effetto stigmatizzante dell’etichetta obbligatoria di “agente straniero”
che scoraggia il discorso pubblico e l’impegno civico. La Corte ritiene
sproporzionate ed eccessive le multe previste per il mancato rispetto delle
norme di qualificazione o ‘etichettatura’ come “agente straniero”, in specie
la sanzione estrema dello scioglimento a carico delle ONG per le presunte
violazioni. La legislazione in oggetto appare dunque incompatibile con il
pluralismo e “non necessario in una società democratica”. La Corte rinviene anche una violazione del diritto al rispetto della
vita privata in conseguenza delle molteplici e ingiustificate ripercussioni
sulla vita privata e professionale dei singoli ricorrenti a seguito della
loro designazione come “agenti stranieri”. La pubblicazione dei dati
personali dei richiedenti sul sito web del Ministero della Giustizia non
risponde ad alcun interesse pubblico e l’obbligo di presentare relazioni
frequenti e dettagliate sulle entrate e sulle spese personali eccede quanto
potrebbe essere considerato necessario per garantire la trasparenza. La Corte
censura anche le ampie e ingiustificate restrizioni all’esercizio di alcune
professioni, tra cui l’insegnamento ai minori e la scrittura per i giovani. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 17 ottobre 2024 (Central Unitaria de Traballadores/as c.
Spagna) Art. 11 – Mancata violazione della libertà di riunione in
conseguenza del divieto di una manifestazione organizzata dal sindacato
ricorrente per il 1° maggio 2020, durante le prime fasi della pandemia di
COVID-19. La Corte giudica l’interferenza come non generalizzata né basata
sui contenuti della manifestazione, oltre che “prevista dalla legge” e
funzionale a obiettivi legittimi di tutela della salute e dei diritti e delle
libertà altrui. La pandemia di COVID-19 deve inoltre essere qualificata come
una circostanza eccezionale e imprevedibile e l’interferenza deve
considerarsi come imposta nel contesto di una pressante esigenza sociale di
tutela della salute individuale e pubblica e in circostanze particolari. Le
decisioni delle autorità nazionali sono state basate su una valutazione
accettabile dei fatti e su ragioni pertinenti e sufficienti, con un equo
bilanciamento degli interessi in gioco, in una materia in cui oltretutto
spetta agli Stati un ampio margine di apprezzamento rispetto agli interessi
in conflitto. Tale ampio margine di discrezionalità non è stato dunque
oltrepassato attraverso l’interferenza in questione, da ritenersi invece
“necessaria in una società democratica”. Vi è un’opinione dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 17 ottobre 2024 (Amerisoc
Center S.R.L. c. Lussemburgo) Art. 1 P.1 – Violazione del diritto di proprietà determinata dalla
mancanza di un mezzo di ricorso che consenta di contestare efficacemente il
sequestro di beni bancari depositati su conti lussemburghesi a seguito di una
richiesta di assistenza giudiziaria internazionale. La Corte censura come i
giudici nazionali non abbiano valutato la proporzionalità di una misura che,
per la sua natura e la sua portata, appariva a priori significativa e severa
e che si è protratta per sei anni. La
Corte censura la mancanza di una ragionevole possibilità per la ricorrente di
far valere il proprio punto di vista nel contesto di un procedimento in
contraddittorio e determina dunque che la misura è stata sproporzionata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 15 ottobre 2024 (H.T. c.
Germania e Grecia) Art. 3, Art. 5 § 3 e § 4 –
Violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti in un caso
di espulsione e allontanamento
immediato di un richiedente asilo siriano dalla Germania alla Grecia
nell’ambito di un accordo amministrativo tra i due paesi, a causa del mancato
esame della domanda di asilo prima dell’allontanamento. La Corte rinviene poi
un’insufficiente base, all’epoca dei fatti, per una presunzione generale di accesso
a un’adeguata procedura di asilo in Grecia, procedura che protegga dal respingimento
arbitrario e dall’ esposizione a trattamenti contrari all’Art. 3 CEDU. La
Corte riscontra la mancata previsione di garanzie generali a tale riguardo da
parte dell’accordo amministrativo, nonché l’assenza di garanzie individuali.
La Corte riscontra in particolare, nel caso concreto, la mancanza di una
valutazione del rischio individualizzata da parte delle autorità tedesche
prima dell’allontanamento, avvenuto in modo frettoloso e senza previo accesso
a un avvocato. Art. 3 (sostanziale) – La riconosciuta violazione dell’Art. 3 sotto
al profilo sostanziale è conseguente al trattamento degradante subito dal
ricorrente per via della detenzione, dopo l’allontanamento dalla Germania,
per due mesi e diciassette giorni in una stazione di polizia greca senza il
rispetto delle condizioni e la garanzia dei servizi essenziali [“amenities”] richiesti per i periodi di
detenzione prolungati. La Corte riscontra anche una violazione dell’Art. 5 § 4 CEDU sotto
il profilo della verifica della base legale della detenzione. La Corte non rinviene invece una violazione dell’Art. 5 § 1 CEDU in
quanto la durata della detenzione complessiva in Grecia in attesa
dell’espulsione (due mesi e ventitré giorni) è da ritenersi giustificata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 10 ottobre 2024 (Validity
Foundation in rappresentanza di T.J. c. Ungheria) Art. 2 e Art. 34 – La Corte afferma in primo luogo la legittimazione
di un’organizzazione non governativa a presentare ricorso per conto di una
persona con grave disabilità intellettiva deceduta in una casa di cura
gestita dallo Stato. La Corte rinviene poi una violazione dell’Art. 2 CEDU sotto ai
profili sia sostanziale che procedurale per ragioni inerenti al trattamento
della defunta, sotto il controllo esclusivo dello Stato, e per la mancata
dimostrazione del rispetto del livello di protezione richiesto per evitare il
deterioramento della sua salute e la sua morte prematura. La Corte censura
l’inadeguatezza delle condizioni di vita e delle cure mediche e terapeutiche,
nonché l’uso eccessivo di mezzi di contenzione e, ancora, la mancanza di
indagini efficaci, la mancata sottoposizione del caso della deceduta a un
attento esame e in generale l’assenza di reazioni adeguate ivi inclusa
un’azione di risarcimento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 8 ottobre 2024 (M.A. e Z.R. c.
Cipro) Art. 3, Art. 4 P.4 e Art. 13 – Violazione del divieto di trattamenti
degradanti sotto al profilo procedurale determinata dall’espulsione e dal
trasferimento sommario in Libano di cittadini siriani intercettati in mare
dalle autorità cipriote e senza previo esame delle loro richieste d’asilo e
in violazione delle stesse misure previste dal diritto nazionale. La Corte
censura la mancata valutazione da parte delle autorità cipriote del rischio
di mancato accesso a una procedura di asilo effettiva in Libano, delle
condizioni di vita dei richiedenti in tale Paese e del rischio di espulsione
arbitraria in Siria. La Corte rinviene anche una violazione dell’Art. 3 CEDU sotto al
profilo sostanziale, in quanto i richiedenti sono stati tenuti in mare a
bordo della loro barca di legno per due giorni senza poter sbarcare in un
contesto caratterizzato - secondo le accuse dei ricorrenti non confutate dal
governo - da inadeguata fornitura di cibo e acqua, esposizione al calore e
mancanza di accesso alle strutture igieniche e dunque tale da dover essere
considerato, nelle particolari circostanze, come un trattamento degradante. La Corte rinviene poi una violazione del divieto di espulsione
collettiva in conseguenza del trasferimento forzato in Libano, anche per la
mancanza di documentazione specifica per ciascun migrante e di trascrizioni
di colloqui e moduli richiesti dall’Accordo bilaterale con il Libano. Lo
Stato non ha fornito nessuna informazione sul fatto che i richiedenti siano
stati informati dei loro diritti o delle modalità di impugnazione della
decisione di allontanamento, risultando così pregiudicato l’accesso all’assistenza
legale. Si riscontra l’assenza di decisioni di allontanamento individuali
scritte, non imputabile alla condotta dei richiedenti stessi. La Corte censura infine la mancanza di un ricorso interno effettivo,
con effetto sospensivo automatico. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (GC) 17 settembre 2024 (Pindo Mulla
c. Spagna) Art. 8 e Art. 9 – Violazione del diritto al rispetto della vita
privata determinato dal trattamento medico sotto forma di trasfusioni di
sangue somministrato a una testimone di Geova, durante un intervento
chirurgico d’urgenza, nonostante il suo espresso rifiuto di sottoporsi a
trasfusioni di sangue di qualsiasi tipo. La Corte ritiene che in principio i
pazienti adulti siano sempre liberi di decidere in merito a interventi
chirurgici o trattamenti medici, con conseguente necessità di solide
salvaguardie legali e istituzionali nel processo decisionale. La Grande
Camera compie dunque una delucidazione dei requisiti procedurali applicabili:
la decisione di rifiutare un trattamento salvavita deve essere chiara,
specifica e inequivocabile e rappresentare la posizione attuale del paziente
sulla questione. In caso di dubbio, gli operatori sanitari hanno il dovere di
compiere ogni ragionevole sforzo per determinare la volontà del paziente.
Tuttavia, in caso di emergenza, nonostante gli sforzi per dissipare i dubbi,
esistono ragionevoli motivi per dubitare della decisione di un individuo di
rifiutare un trattamento salvavita, procedere con tale trattamento non può
essere considerato un mancato rispetto della sua autonomia personale. In
situazioni di pericolo di vita, il diritto alla vita riveste pari importanza
del diritto dell’individuo di decidere autonomamente in merito alle cure
mediche. La Corte rileva però come manchi un consenso europeo sulle modalità
per conciliare questi due diritti, tenendo conto della volontà
precedentemente espressa dal paziente. Da questo punto di vista, il principio
di conferire un effetto giuridico vincolante al testamento biologico e alle
relative modalità formali e pratiche resta nell’ambito del margine di
apprezzamento dello Stato. La Corte rileva altresì la necessità di un sistema
di direttive mediche anticipate su cui i pazienti facciano affidamento perché
le garanzie funzionino efficacemente. Da tale punto di vista, il quadro
nazionale spagnolo è ben sviluppato, e conforme alla Convenzione di Oviedo,
al fine di garantire il rispetto dell’autonomia del paziente nel sistema
sanitario nazionale. Tuttavia, nella pratica, le carenze del processo
decisionale nel caso di specie non hanno garantito un sufficiente rispetto
dell’autonomia del ricorrente, vista la mancata fornitura al giudice preposto
d’ufficio alla decisione (essendo la ricorrente temporaneamente incosciente)
di un’adeguata base fattuale che egli potesse poi porre alla base della
propria decisione relativa al rifiuto delle cure del ricorrente, rifiuto pur
registrato per iscritto in varie forme e in vari momenti. La mancanza di
informazioni essenziali e accurate ha avuto un effetto determinante sul
processo decisionale del giudice preposto alla decisione, con una mancata
considerazione della capacità decisionale della ricorrente, tutte carenze non
colmate dalle Corti superiori. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 29 agosto 2024 (Pasquinelli e
altri c. San Marino) Art. 8 – Mancata violazione del diritto alla vita privata nel caso
della misure imposte, in ambito lavorativo, agli operatori sanitari e
socio-sanitari san-marinesi e italiani presso l’azienda ospedaliera
san-marinese per essersi rifiutati di vaccinarsi contro il Covid-19. La Corte
rileva come la vaccinazione prevista dalla normativa impugnata non fosse
obbligatoria e come la normativa non imponesse vere sanzioni legali né
portasse a conseguenze automatiche. Le misure adottate nei confronti dei
lavoratori si basavano su situazioni individuali e non possono essere
considerate sanzioni ‘mascherate’. La Corte distingue perciò il caso di
specie dal precedente Vavřička
e altri c. Repubblica Ceca [GC], dal momento che la scelta vaccinale è
stata nel caso di specie sufficientemente legata all’autonomia personale e
decisionale dei ricorrenti, senza un obbligo generalizzato di vaccinarsi. La
Corte giudica comunque l’Art. 8 applicabile al caso, ritenendo tuttavia che
la limitazione riscontrata perseguisse finalità legittime di tutela della
salute e dei diritti e delle libertà altrui e che le misure impugnate fossero
giustificate e proporzionate rispetto a tali finalità, sicché l’ampio margine
di discrezionalità in materia di politica sanitaria non è stato oltrepassato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 27 agosto 2024 (Yasak c. Türkiye) Art. 3 e Art. 7 – Mancata violazione dei principi nullum crimen sine lege e nulla poena sine lege in un caso di
condanna per appartenenza ad un’organizzazione terroristica armata a causa
delle attività segrete svolte dal ricorrente per conto dell’organizzazione
gulenista turca, in qualità di quadro. La Corte distingue il caso di specie
dalla propria recente giurisprudenza Yüksel
Yalçınkaya c. Türkiye [GC, 2023]. Infatti, il reato ha in questo
caso una base giuridica prevedibile al momento della sua commissione e vi è
stato da parte dei giudici nazionali un accertamento individuale, basato su
prove solide, degli elementi materiali e morali che costituiscono il reato.
L’interpretazione e l’applicazione compiuta dai giudici turchi è stata dunque
prevedibile e non è da rinersi un’interpretazione estensiva della
disposizione penale in questione. Per quanto riguarda la lamentata violazione dell’Art. 3, per la
Corte le condizioni di detenzione del richiedente non erano inumane o
degradanti. È presente un’opinione concorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 27 agosto 2024 (Bielau c.
Austria) Art. 10 – Mancata violazione della libertà di espressione in un caso
di irrogazione di una sanzione disciplinare a un medico praticante austriaco,
cultore dell’omeopatia, per aver rilasciato dichiarazioni scientificamente
insostenibili sull’inefficacia dei vaccini contro il Covid. La Corte rinviene
motivi pertinenti e sufficienti e un equo bilanciamento degli interessi
concorrenti nella decisione delle autorità nazionali, anche alla luce del
carattere delle informazioni diffuse dal ricorrente, idonee a tratte in
inganno un largo pubblico. La sanzione appare inoltre proporzionata. È presente un’opinione dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 25 luglio 2024 (Ždanoka c.
Lettonia(n. 2)) Art. 3 P.1 – Mancata violazione del diritto a candidarsi in libere
elezioni in un caso di rimozione del nome della ricorrente dalla lista dei
candidati alle elezioni parlamentari lettoni, a causa della sua passata
partecipazione attiva al Partito Comunista di Lettonia e delle sue attuali
attività politiche entro un partito russofono lettone. Il caso, che si
colloca nel solco tracciato da Ždanoka
c. Lettonia [GC, 2006], impone, secondo la Corte, un’applicazione dei
principi ivi enunciati relativamente alle condizioni di legittimità delle
restrizioni a candidarsi alle elezioni. Per la Corte la restrizione impugnata
è sufficientemente prevedibile e quindi sotto questo profilo legittima, e
persegue finalità legittime di tutela dell’indipendenza dello Stato, dell’ordine
democratico e della sicurezza nazionale. La Corte constata inoltre, sul piano
fattuale, un significativo cambiamento del contesto generale rispetto alla
situazione entro cui si collocava la precedente Ždanoka v. Lettonia [GC], con la Lettonia (e l’Europa in
generale) che non gode più della “maggiore stabilità” [“greater stability”]
cui
faceva riferimento la Grande Camera nella sua decisione precedente. Nel caso
di specie, dopo Ždanoka c. Lettonia
[GC] lo Stato convenuto aveva sempre più motivi legittimi per temere per la
propria sicurezza, integrità territoriale e ordine democratico da parte di
un’eventuale minaccia russa (l’etnia della ricorrente), il che richiedeva il
riconoscimento di un margine di apprezzamento ancora più ampio per la
protezione di tali valori. L’azione limitata del legislatore per quanto
riguarda la rivalutazione periodica della restrizione impugnata, prevista
dalla Grande Camera, non è ingiustificata in un contesto specifico e
sensibile come l’attuale. La nuova interpretazione della restrizione
impugnata da parte della Corte costituzionale lettone, alla luce degli
sviluppi, incide sulla posizione giuridica delle persone che hanno messo in
passato e continuano a mettere nel presente in pericolo l’indipendenza dello
Stato lettone e i principi di uno Stato democratico di diritto. Inoltre, le
ragioni addotte dalla Commissione elettorale centrale lettone sono state
ritenute sufficienti in considerazione delle circostanze specifiche del caso
e del profilo pubblico della ricorrente, nonchè del suo sostegno alle azioni
della Federazione russa nella penisola di Crimea nel 2014 e seguenti. Per la
Corte, i procedimenti interni hanno offerto sufficienti garanzie procedurali
contro l’arbitrarietà della decisione e la ricorrente ha potuto candidarsi ed
è stata eletta alle elezioni del Parlamento europeo. Non è stato dunque
superato l’ampio margine di apprezzamento dello Stato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 25 luglio 2024 (Couso Permuy
c. Spagna) Art. 6 – Mancata violazione
del diritto d’accesso a un tribunale in un caso di interruzione del
procedimento penale relativo all’uccisione di un giornalista di nazionalità
spagnola - fratello del ricorrente - avvenuta in Iraq, a causa del dedotto
difetto di giurisdizione delle corti nazionali e a seguito di una riforma
legislativa che ha limitato la giurisdizione universale dei tribunali
spagnoli per i reati commessi a livello extraterritoriale. La Corte ritiene
l’Art. 6 CEDU applicabile, sotto il profilo civile, in considerazione del
diritto del ricorrente, in base al diritto spagnolo, di partecipare come
parte civile [“private accusing party”]
al procedimento penale e di ottenere un risarcimento civile dagli autori del
reato, qualora fosse stato accertato un reato e fosse stata pronunciata una
condanna nel caso di specie. La Corte rileva come la giurisdizione
obbligatoria, ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949, non si
sia mai estesa all’obbligo di uno Stato di ricercare i criminali di guerra al
di fuori del proprio territorio e di rivendicare la giurisdizione per
perseguirli e processarli. Non c’è dunque nessun obbligo in capo agli Stati
contraenti, derivante dal diritto internazionale o dalla Convenzione, di
dotarsi di una giurisdizione universale sotto al profilo civilistico, e non è
irragionevole che uno Stato subordini l’esercizio della giurisdizione
universale all’esistenza di determinati elementi di collegamento o legami
giurisdizionali con lo Stato stesso. Il ricorrente ha potuto rivolgere le
proprie doglianze ai tribunali spagnoli e vi è stato un esercizio effettivo
della giurisdizione da parte delle autorità spagnole per più di dodici anni,
prima dell’interruzione. Non vi sarebbe inoltre nessun indizio di
arbitrarietà o manifesta irragionevolezza nella conclusione dei giudici
spagnoli in merito al loro difetto di giurisdizione, con un accertamento non
sproporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti, mentre l’interpretazione
dei giudici nazionali corrispondeva allo scopo della nuova legge che mirava a
limitare le controversie basate sulla giurisdizione universale ai casi in cui
esisteva un legame sufficiente con la Spagna. Tale interpretazione rientrava
nel margine di apprezzamento dello Stato, e, da ultimo, il procedimento è
stato interrotto temporaneamente, ma senza escludere la possibilità di
riaprirlo se i convenuti, membri dell’esercito degli Stati Uniti al tempo dei
fatti, fossero rientrati nel territorio spagnolo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 25 luglio 2024 (M.A. e altri
C. Francia) Art. 8 – Mancata violazione del diritto al rispetto della vita
privata in un caso di criminalizzazione generale e assoluta della
compravendita di atti sessuali nell’ambito di un quandro legislativo globale
di lotta contro la prostituzione e la tratta di esseri umani in Francia. La
Corte accerta l’interferenza con il diritto al rispetto della vita privata,
ma accerta altresì la mancanza di una visione comune a livello europeo e
internazionale sul modo migliore di affrontare la prostituzione e le profonde
divergenze di opinione sull’uso del diritto penale in questione come
strumento di lotta contro la tratta di esseri umani, con conseguente ampio
margine di discrezionalità. La Corte accerta l’avvenuto esame da parte del
Parlamento francese di tutti gli aspetti del sistema istituito, per
inquadrare un fenomeno molto complesso che solleva questioni morali ed etiche
delicate. Il quadro d’intervento legislativo si è articolato in quattro
direttrici, ossia l’eliminazione di tutte le disposizioni legali che potessero
incoraggiare la prostituzione, senza tuttavia vietarla; l’introduzione di una
protezione per le prostitute, in particolare tramite la repressione dello
sfruttamento sessuale di altre persone; la prevenzione dell’ingresso nel
mondo della prostituzione; infine l’assistenza al reinserimento delle
prostitute che desiderano abbandonare la prostituzione. La Corte accerta un
equo bilanciamento degli interessi contrapposti da parte della disciplina
introdotta, così che il margine di apprezzamento non risulta superato. La
Corte aggiunge tuttavia che le autorità nazionali sono tenute a riesaminare
costantemente l’approccio adottato per poterlo modificare alla luce
dell’evoluzione della materia e delle conseguenze dell’applicazione della
legge. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 18 luglio 2024 (Hanovs c.
Lettonia) Art. 3 e Art. 8 (+ Art. 14) –
Violazione degli obblighi positivi determinata dalla mancanza d’indagini
efficaci e da una discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, che
hanno portato a una mancata protezione del ricorrente da un’aggressione
omofobica, non assicurando l’effettivo perseguimento dell’autore. La Corte
sanzione in particolare il mancato perseguimento dell’aggressione come reato
motivato dall’odio, laddove vi è stata invece una semplcie condanna per
cattiva condotta in un procedimento amministrativo, con un’ammenda di 70 euro
per l’aggressione, senza affrontare i motivi alla base dell’odio. La sanzione
è stata dunque manifestamente sproporzionata, per difetto, rispetto alla
gravità dell’atto. Per la Corte, il ricorso a tali procedimenti
amministrativi ha banalizzato l’incidente e l’assenza di una risposta solida
ha favorito un senso di impunità per i reati motivati dall’odio verso le
minoranze. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 16 luglio 2024 (Meli e Swinkels Family Brewers N.V. c.
Albania) Art. 6 § 1 – Violazione del diritto a un equo
processo e mancata violazione del diritto di accesso a un tribunale in un
caso relativo a un ricorso presso la Corte costituzionale albanese. La Corte non rinviene una violazione del diritto a un equo processo
in conseguenza del rigetto dei rispettivi ricorsi costituzionali dei
ricorrenti a seguito di una parità dei voti espressi dal collegio giudicante
o del mancato raggiungimento della maggioranza di cinque giudici, requisiti
necessari nell’ordinamento albanese per dichiarare una violazione
costituzionale. Per la Corte, né la parità di voti né il requisito della
maggioranza qualificata costituiscono di per sé una violazione dell’Art. 6
CEDU. Le disposizioni giuridiche pertinenti, modificate a seguito della
sentenza della Corte EDU Marini c.
Albania, sono ora sufficientemente chiare, per quanto riguarda l’esito
dei ricorsi che si concludono con una parità di voti o con qualsiasi
votazione che non produca una maggioranza di cinque giudici. Nel caso di
specie vi è poi stato un esame adeguato del merito e una determinazione
finale sulle richieste dei ricorrenti. La Corte rinviene però una violazione dell’equo processo determinata
dalla mancanza di una motivazione adeguata, perchè la Corte costituzionale
non ha fornito in concreto ragioni e motivi sostanziali a sostegno del
respingemento delle richieste dei ricorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 9 luglio 2024 (Savinovskikh e
Altri c. Russia) Art. 8 e Art. 34 – Riconosciuta violazione del diritto alla vita
familiare in conseguenza della cessazione dell’affidamento di due minori a
una persona transessuale, a causa di una diagnosi di “transessualismo” e del
cambiamento d’identità di genere. La Corte censura il mancato esame
approfondito dell’intera situazione familiare da parte delle autorità russe,
che nella loro decisione hanno fatto affidamento prevalentemente
sull’impossibilità giuridica di accettare coppie dello stesso sesso come
genitori affidatari, nonché sulle tradizioni e sulla mentalità della società
russa, senza considerare le conclusioni delle autorità preposte
all’istruttoria del caso di specie. La Corte censura inoltre l’assenza di un
esame individuale da parte di esperti o di uno studio scientifico di supporto
sull’impatto del cambiamento di identità di genere sulla salute psicologica e
sullo sviluppo dei bambini, con la conseguente mancanza di una valutazione
equilibrata e ragionevole degli interessi rilevanti nel caso. Per quanto riguarda la legittimazione ad agire, si riconosce che la
ricorrente era legittimata ad agire per conto dei bambini in quanto, al
momento della presentazione della domanda, i servizi sociali che tutelavano
gli interessi dei minori ai sensi del diritto nazionale erano all’origine
dell’interferenza arbitraria. È presente un’opinione parzialmente dissenziente (in relazione al
fatto che la Corte non ha ritenuto di accertare la violazione anche dell’Art.
14 CEDU). |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (GC) 25 giugno 2024 (Ucraina c.
Russia (re Crimea)) Art. 33, Art. 2,
Art. 3, Art. 5, Art. 6, Art. 7, Art. 8, Art. 9. Art.
10, Art. 11, Art. 1P.1, Art. 2 P.1, Art. 2 P.4, Art. 14, Art. 18, Art. 38,
Art. 46 – La Corte riscontra la violazione di plurimi diritti nel ricorso
interstatale dell’Ucraina contro la Russia e rispetto alle pratiche
amministrative della Russia, avvenute prevalentemente in Crimea. La Corte riscontra la violazione del diritto alla vita sotto al
profilo sostanziale e procedurale a causa della pratica amministrativa di
sparizioni forzate e mancanza di indagini efficaci su accuse credibili di
tale pratica. Al riguardo, l’esame da parte della Corte non si è limitato
alle sole persone irreperibili ed è stata confermata l’applicabilità
dell’Art. 2 indipendentemente dal rilascio della maggior parte delle persone
rapite. La Corte riscontra poi una violazione dell’Art. 3 sotto al profilo
sostanziale e procedurale a causa della pratica amministrativa di
maltrattamenti nei confronti di soldati ucraini, ma anche “ucraini etnici”,
tatari di Crimea e giornalisti e per i maltrattamenti nei confronti di
"prigionieri politici ucraini" sia in Crimea che nella Federazione
Russa e per la mancanza di indagini efficaci al riguardo. La Corte ha poi
accertato le condizioni degradanti di detenzione dei "prigionieri politici
ucraini" nel centro SIZO di Simferopol, in Crimea, riconducendole a un
problema sistemico derivante da carenze generali nell’organizzazione e nel
funzionamento del sistema carcerario della Crimea. Si riscontra una violazione del diritto alla legalità di ogni forma
di arresto o detenzione determinato dalla pratica amministrativa della
detenzione segreta e illegale, in isolamento, di soldati ucraini, ma anche
ucraini etnici, tatari di Crimea e giornalisti. Vi è secondo la Corte una
prassi amministrativa in corso di privazione illegale della libertà,
perseguimento e/o condanna di "prigionieri politici ucraini" sulla
base dell’applicazione illegale del diritto russo in Crimea, con applicazione
retroattiva del diritto penale ed estensione di disposizioni penali in modo
imprevedibile da parte dei tribunali in Crimea. Vi è una violazione del diritto a un tribunale istituito dalla legge
determinata dall’applicazione generalizzata del diritto russo in Crimea dopo
la sua ammissione alla Federazione russa - in violazione della Convenzione,
per come interpretata alla luce del diritto internazionale umanitario - con
una sostituzione generalizzata del diritto ucraino. La Corte giudica i
tribunali operanti in Crimea come non "istituiti dalla legge". Vi è inoltre una violazione del diritto alla vita privata
determinata dalla prassi amministrativa che impedisce ai cittadini della
Crimea di poter effettivamente rinunciare alla nuova cittadinanza russa, ma
anche una violazione dei diritti alla casa e alla vita famigliare per la
pratica amministrativa di effettuare incursioni e perquisizioni illegali e
arbitrarie in case private e per via dei trasferimenti illegali di
prigionieri dalla Crimea verso strutture penali situate in territorio russo. Vi è una violazione della libertà di religione causata dalla pratica
amministrativa di molestie illegali nei confronti di leader religiosi non
conformi alla fede ortodossa russa, incursioni arbitrarie in luoghi di culto
e confisca di beni religiosi, senza alcuno scopo o giustificazione legittima. Vi è una violazione della libertà di espressione, determinata dalla
pratica amministrativa di soppressione illegale di media non russi, compresa
la chiusura di stazioni televisive ucraine e tatare. Vi è una violazione della libertà di riunione pacifica e della
libertà di associazione, determinata dalla pratica amministrativa di proibire
illegalmente raduni pubblici e manifestazioni di sostegno all’Ucraina o alla
comunità tatara di Crimea, nonché a causa dell’intimidazione e la detenzione
arbitraria degli organizzatori delle manifestazioni. La Corte condanna,
inoltre, la pratica amministrativa di privazione illegale della libertà,
perseguimento e/o condanna di "prigionieri politici ucraini" per
aver esercitato la loro libertà di espressione, di riunione pacifica e di
associazione. Vi è inoltre una violazione del diritto di proprietà determinata
dalla pratica amministrativa di espropriazione illegale su larga scala (in
forma di nazionalizzazioni) di proprietà appartenenti a imprese civili e
private in Crimea, pratica che comporta un trasferimento definitivo della
proprietà senza alcun indennizzo. Vi è inoltre una violazione, e nella sostanza una negazione
completa, del diritto all’istruzione, determinata dalla pratica
amministrativa di soppressione della lingua ucraina nelle scuole e di
persecuzione dei bambini di lingua ucraina a scuola. Vi è una violazione della libertà di circolazione determinata dalla
pratica amministrativa di limitare illegittimamente la libertà di
circolazione tra la Crimea e l’Ucraina continentale come conseguenza della
trasformazione de facto, da parte
dello Stato convenuto, della linea di confine amministrativa in un confine di
Stato tra la Federazione Russa e l’Ucraina. In collegamento con i diritti violati, la Corte individua poi una
generale discriminazione, priva di giustificazione oggettiva o ragionevole a
danno dei tatari di Crimea. Per quanto riguarda il fatto che le limitazioni ai diritti siano
mosse da scopi non autorizzati secondo la Convenzione ai sensi dell’Art. 18,
la Corte ritiene il suddetto Articolo non applicabile in combinato disposto
con l’Art. 7 in considerazione del carattere inderogabile di tale
disposizione (incompatibile dunque ratione
materiae), ma l’Art. 18 risulta applicabile in combinato disposto con gli
Artt. 5, 6, 8, 10 e 11 alle pratiche amministrative di restrizione nei
confronti dei tatari di Crimea, a quella di limitare i diritti e le libertà
dei "prigionieri politici ucraini" con il prevalente scopo
ulteriore di punire e mettere a tacere qualsiasi opposizione politica, in
nome di una politica statale costante, sviluppata e promossa pubblicamente da
importanti rappresentanti delle autorità russe, di soffocare qualsiasi
opposizione in loco, con abuso della legge penale. La Corte nota, inoltre, il mancato rispetto dell’obbligo dello Stato
di fornire la propria collaborazione e i mezzi necessari all’indagine e,
sotto il profilo dell’esecuzione della sentenza e delle misure individuali,
ritiene che lo Stato convenuto debba adottare misure, non appena possibile,
per garantire il ritorno sicuro dei prigionieri interessati trasferiti dalla
Crimea a strutture penali situate sul territorio della Federazione Russa.
Tuttavia, la Corte ritiene che la questione della giusta soddisfazione da
garantire secondo l’Art. 41 CEDU non sia ancora pronta per una decisione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 20 giugno 2024 (Z c.
Repubblica Ceca) Art. 3 e Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi collegati al
divieto di trattamenti inumani o degradanti e al diritto alla vita privata
determinata dal non aver le autorità applicato in concreto un sistema penale
in grado di punire gli atti sessuali non consensuali denunciati da una
vittima vulnerabile che però non si è opposta durante il compimento di tali
atti. La Corte fa applicazione dei
principi generali enunciati nella sentenza M.C. c. Bulgaria e rinviene un approccio errato da parte delle
autorità nell’interpretazione dei fatti e del quadro giuridico,
contraddistinto dall’inadeguata considerazione da parte della giurisprudenza
nazionale delle situazioni di consenso non valido a causa dell’abuso di
vulnerabilità [“abus de vulnérabilité”]
e della reazione psicologica delle vittime di violenza sessuale. La Corte
censura, inoltre, l’interpretazione restrittiva degli elementi costitutivi
del reato di stupro come definito dal codice penale, che ha portato
all’archiviazione del caso da parte della polizia. La Corte rileva infine
come un ricorso a un’autorità giudiziaria contro la decisione di
archiviazione non fosse consentito dal diritto interno. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 18 giugno 2024 (Suprun e altri
c. Russia) Art. 10 – Violazione della libertà di ricevere informazioni
determinata dal rifiuto di fornire ai ricorrenti l’accesso a documenti
d’archivio sulla repressione politica sovietica, di farne copie o di scattare
fotografie e della successiva condanna di uno dei ricorrenti per aver
raccolto informazioni rispetto alle quali era stato negato l’accesso. Per la Corte la raccolta di informazioni
era una fase preparatoria rilevante per successive ricerche e pubblicazioni
scientifiche e avrebbe contribuito così al dibattito pubblico sulla
repressione politica in epoca sovietica. La Corte censura la mancata
dimostrazione da parte delle autorità di come la divulgazione delle
informazioni in questione incidesse sulla privacy
di persone presumibilmente decedute, mentre l’impatto della ricerca dei
richiedenti sui sentimenti dei discendenti, se esistente, è minimo e remoto.
D’altra parte, i tribunali nazionali non hanno fatto un vero tentativo di
valutare l’applicabilità dell’Art. 8 CEDU al caso di specie, pur invocando
aspetti del diritto alla riservatezza. Se avessero proceduto in tal senso,
per la Corte sarebbe stato evidente che l’accesso era stato richiesto
rispetto a dati ufficiali raccolti in un periodo storico risalente e relativi
alla vita pubblica o professionale (e non personale) delle persone coinvolte.
La restrizione all’accesso alle informazioni non ha dunque perseguito alcuna
"pressante esigenza sociale" e non si è basata su ragioni
pertinenti e sufficienti, non è dunque definibile come "necessaria in
una società democratica". |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 13 giugno 2024 (Daniel Karsai
c. Ungheria) Art. 8 e Art. 14 – Mancata violazione del diritto al rispetto della
vita privata nel caso dell’impossibilità per un malato terminale, affetto da
una malattia neurodegenerativa progressiva e non curabile, di essere
assistito nella morte, in virtù del divieto generalizzato ed
extraterritoriale vigente in Ungheria. La Corte constata l’applicabilità
dell’Art. 8 al divieto penale di suicidio assistito, in Ungheria e
all’estero, che costituisce una restrizione al godimento del diritto
all’autodeterminazione nella morte [“right
to self-determined death”], ma rileva altresì che agli Stati è concesso
un considerevole margine di apprezzamento, in quanto la maggioranza degli
Stati membri ha continuato a vietare e perseguire l’assistenza al suicidio,
compresa la morte assistita da un
medico [“physician-assisted dying
(“PAD”)”]. Per la Corte non vi è nessuna base giuridica negli strumenti
internazionali pertinenti per concludere che gli Stati membri siano stati
consigliati o tenuti a fornire l’accesso alla PAD, mentre la legalizzazione
della PAD comporta comunque importanti implicazioni sociali e rischi di abuso
ed errore. Al contempo, cure palliative di alta qualità, compreso l’accesso a
un’efficace gestione del dolore, restano essenziali per assicurare la dignità
dell’individuo sofferente. La Corte osserva che il ricorrente non ha
sostenuto che le cure palliative a sua disposizione fossero inadeguate o che
non sarebbe stato in grado di ricevere una sedazione palliativa per alleviare
la sofferenza, mentre il rifiuto di ricevere la sedazione costituisce una
scelta personale legittima che non può di per sé richiedere alle autorità di
fornire soluzioni alternative o di legalizzare la PAD. Le autorità nazionali
non sono dunque incorse in alcun obbligo positivo derivante dall’Art. 8 in
materia di cure palliative, mentre il divieto penale di suicidio assistito,
compresa la sua applicazione a chiunque aiuti il richiedente a ricorrere alla
PAD all’estero, non è per la Corte sproporzionato, pur dovendosi tenere conto
della necessità di un continuo controllo delle misure giuridiche appropriate,
tenendo conto degli sviluppi nelle società europee e degli standard
internazionali pertinenti in materia di etica medica. La Corte nega altresì la presunta discriminazione tra pazienti
dipendenti da trattamenti di sostegno vitale e pazienti che non lo siano e
che, di conseguenza, non possono accelerare la loro morte rifiutando tali
trattamenti, in quanto tale presunta differenziazione risulta oggettivamente
e ragionevolmente giustificata, in quanto il diritto di rifiutare o
richiedere l’interruzione di trattamenti medici indesiderati è
intrinsecamente connesso al diritto al consenso libero e informato
all’intervento medico, come riconosciuto dalla Convenzione di Oviedo del
Consiglio d’Europa e la maggioranza degli Stati membri ha consentito il
rifiuto o la sospensione, su richiesta del paziente, degli interventi di
mantenimento o di salvataggio della vita. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 11 giugno 2024 (Kokëdhima c.
Albania) Art. 3 P.1 – In materia di elezione e candidature politiche, la
Corte ritiene non vi sia stata violazione di alcun diritto politico nel caso
della dichiarazione di cessazione del mandato di un deputato albanese da
parte della Corte costituzionale per l’incompatibilità del mandato con il suo
coinvolgimento in attività commerciali attraverso una società di cui era
l’unico azionista e che traeva reddito da contratti con enti statali. La
Corte giudica non vi fosse nessun problema di accessibilità delle leggi e delle
prassi applicabili, mentre il ricorrente non ha adottato tutte le misure
necessarie per porre fine al conflitto di interessi in corso al momento
dell’assunzione del mandato, per cui la misura impugnata risulta
sufficientemente prevedibile e non è arbitraria. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (GC) 11 giugno 2024 (Nealon e
Hallam c. Regno Unito) Art. 6 § 2 – Mancata violazione della presunzione
di innocenza in caso di diniego di risarcimento per errore giudiziario, a
seguito dell’annullamento delle condanne penali dei ricorrenti in quanto
"non sicure" [“unsafe”],
per non aver soddisfatto il nuovo test legale introdotto dopo la sentenza Allen c. Regno Unito [CG]. La Corte
giudica che non ci sia motivo di discostarsi dalla propria conclusione nella
causa Allen sull’applicabilità
dell’art. 6 § 2 nei casi relativi alla questione dei costi e alle richieste
di risarcimento avanzate da parte di un ex imputato a seguito di
un’assoluzione. La Corte ritiene tuttavia che la distinzione tra assoluzioni
e archiviazioni [“acquittals and
discontinuances”] nella propria pertinente giurisprudenza non vada
mantenuta, mentre il criterio di distinzione generale deve essere quello di
controllare se i ragionamenti e le decisioni [“reasoning and decisions”] impugnate dei tribunali
nazionali o di altre autorità in successivi procedimenti collegati
equivalgano a un’imputazione di responsabilità penale. Secondo la Corte lo
Stato convenuto è libero di decidere come definire l’"errore
giudiziario" [“miscarriage of
justice”] e di tracciare una linea politica convenzionalmente legittima
per quanto riguarda l’ammissibilità al risarcimento, a seguito
dell’annullamento di una condanna, purché il rifiuto dell’indennizzo non
imputi la sussistenza di una responsabilità penale nei confronti del
ricorrente il cui ricorso non è accolto. In questi casi non vi è
margine per un diritto al risarcimento per un errore giudiziario ai sensi
dell’art. 6 § 2 a seguito dell’annullamento di una condanna penale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 6 giugno 2024 (Bersheda e
Rybolovlev c. Monaco) Art. 8 – Violazione dell’Art. 8 CEDU nel caso dell’esame dell’intero
contenuto del telefono cellulare di un avvocato disposto da un giudice
istruttore al di fuori dell’ambito del suo mandato. Il caso era
caratterizzato dalla consegna spontanea del telefono da parte dell’avvocato
per dimostrare la sua buona fede in merito allo scopo del sequestro. Le
autorità avevano proceduto a una perquisizione estesa e completa del
contenuto, accessibile e nascosto, del telefono utilizzato per scopi
personali e professionali, inclusi i dati cancellati dal ricorrente. La Corte
rinviene una violazione della privacy
e della corrispondenza dell’avvocato, visto il mancato rispetto delle
disposizioni che stabiliscono un regime di protezione per gli avvocati e
l’autolimitazione insufficiente da parte delle autorità giudiziarie della
portata dell’indagine, che è stata estesa in modo eccessivo dal giudice
istruttore, con un mancato controllo delle garanzie procedurali dovute al
rispetto del segreto professionale dell’avvocato. Tutto ciò è avvenuto in un
quadro di rimedi giurisdizionali interni adeguati ed efficaci, in linea di
principio, ma che non hanno consentito, in pratica, di porre rimedio in modo
adeguato alle misure ordinate, con un’ingerenza non proporzionata alle
finalità legittime perseguite. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 4 giugno 2024 (Zouboulidis c.
Grecia (no. 3)) Art. 6 § 1 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale,
determinata dal fatto che la Corte Suprema Amministrativa greca (SAC) abbia
dichiarato irricevibile per difetto di giurisdizione il ricorso del
ricorrente contro lo Stato per i danni asseritamente causati dal rigetto da
parte della Corte di cassazione ellenica di un suo precedente ricorso per
motivi di diritto, rigetto che pure era stato giudicato dalla Corte EDU,
nella causa Zouboulidis c. Grecia
(77574/01), come una violazione dell’Art. 6 § CEDU. Il diritto interno sulla responsabilità
dello Stato è stato infatti interpretato dalla SAC nel senso di non ammettere
richieste di danni causati da un errore manifesto da parte di un organo
giudiziario fino all’emanazione di una legislazione specifica che disciplini
tale responsabilità. Per la Corte, l’interpretazione della SAC non è in linea
con la sua precedente giurisprudenza, che applicava per analogia il diritto
interno vigente a tali casi in considerazione dell’assenza di una
legislazione relativa ad essi. La nuova interpretazione ha fatto sì che la
domanda del ricorrente non fosse ammissibile “ad infinitum” rispetto a un autentico controllo giurisdizionale e
ha costituito un ostacolo insormontabile a qualsiasi futura richiesta di
risarcimento da parte del ricorrente nei confronti dello Stato per i presunti
errori dei tribunali civili, fino all’eventuale adozione di una legislazione
specifica. La Corte condanna la limitazione del diritto del ricorrente per un
periodo indeterminato, che crea incertezza giuridica a suo danno ed è
contraddistinta da un onere sproporzionato, con una conseguente limitazione
dell’essenza stessa del diritto di accesso a un tribunale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 28 maggio 2024 (Pietrzak e
Bychawska-Siniarska and Others c. Polonia) Art. 8, Art. 34 – Violazione del diritto alla riservatezza
determinata dall’inadeguatezza delle garanzie giuridiche contro
l’arbitrarietà e l’abuso in relazione alla sorveglianza segreta, alla
conservazione e all’accesso ai dati delle comunicazioni di cui alla legge
polacca sulla polizia, come emendata nel 2016. La Corte ritiene che il riconoscere lo status di vittima dei
ricorrenti nel caso di specie, pur alla luce di un esame compiuto solo in
astratto, sia giustificato della natura della legislazione contestata, perché
caratterizzata dalla segretezza e dall’ampia portata delle misure di
sorveglianza e dalla mancanza di rimedi interni efficaci per contestarne la
legittimità. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 23 maggio 2024 (M.M. c.
Francia) Art. 3, Art. 6 § 1 – Il caso riguardava il rifiuto dei giudici
francesi di aprire un’inchiesta su una denuncia penale (con richiesta di
costituzione di parte civile) presentata dal ricorrente, un cittadino
egiziano, contro il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, per presunte
torture e atti di barbarie, mentre il presidente Sisi si trovava in visita
ufficiale in Francia. Il ricorso presentato alla Corte riguardava la
decisione di non indagare sulle accuse contenute nella denuncia a causa del
principio di diritto pubblico-internazionale dell’immunità dei capi di Stato.
La Corte ha innanzitutto osservato che nel caso di specie non vi erano
caratteristiche particolari che potessero creare un legame giurisdizionale
extraterritoriale [“extraterritorial
jurisdictional link”] che avrebbe imposto alle autorità francesi un
obbligo procedurale di indagare sulle accuse di atti di tortura avvenuti in
Egitto, in accordo con la parte procedurale dell’articolo 3 della
Convenzione. La Corte, come i tribunali nazionali, ritiene che il Presidente
Al-Sisi godesse dell’immunità dalla giurisdizione penale quando si trovava
all’estero, in virtù delle norme di diritto internazionale consuetudinario.
Tale immunità, tuttavia, non comporta una totale privazione del diritto di
accesso a un tribunale ai fini dell’Articolo 6 della Convenzione. La Corte
non ritiene comunque che vi sia stato nulla di manifestamente irragionevole o
arbitrario nella valutazione dei tribunali nazionali e ritiene che la
limitazione del diritto di accesso a un tribunale ai fini dell’articolo 6
della Convenzione non sia sproporzionata rispetto allo scopo legittimo
perseguito. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 14 maggio 2024 (Mitrevska c.
Macedonia del Nord) Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi collegati al diritto
alla vita privata a causa dell’impossibilità per la ricorrente, adottata da
bambina, di ottenere informazioni sulle sue origini biologiche e sulla salute
dei suoi genitori biologici, in quanto le informazioni relative ad
un’adozione conclusa costituiscono un segreto ufficiale ai sensi del diritto
interno che non può essere condiviso. La Corte censura in particolare la
mancanza di un’eccezione per motivi medici che impedisca alle autorità nazionali
di valutare le argomentazioni della ricorrente in merito all’asserita
necessità di ottenere informazioni di carattere sanitario e la conseguente
assenza di equilibrio tra gli interessi contrapposti in gioco. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 23 maggio 2024 (Saakashvili c.
Georgia) Art. 6 § 1, Art. 6 § 3 (d), Art. 7 – Mancata
violazione del diritto a un equo processo, in specie rispetto al diritto a un
tribunale indipendente e imparziale e sotto il profilo dell’esame dei
testimoni, nel caso della condanna dell’ex Presidente della Georgia, in due
distinti procedimenti penali, per fatti commessi durante la sua carica
(complicità in percosse e abuso di autorità a causa dell’esercizio della
clemenza presidenziale). La Corte ritiene che il Tribunale monocratico di
primo grado che ha condannato il ricorrente per abuso di autorità ufficiale
non mancasse di indipendenza o imparzialità (sia in senso oggettivo che
funzionale), anche considerando che le funzioni impiegatizie o comunque
tecniche dell’assistente giudiziario non devono essere confuse con il ruolo
del giudice in senso proprio. La Corte afferma peraltro che un giudice
professionale (formato [“trained”])
sia più adatto a mantenere il necessario distacco rispetto a un giudice o a
un giurato ‘laico’. Secondo la Corte, invece, i diritti di difesa del
ricorrente in entrambi i procedimenti non sono stati violati, in quanto l’uso
delle prove da parte dei tribunali nazionali nei procedimenti penali è stato
conforme alla Convenzione e le dichiarazioni dei testimoni costituiscono
testimonianze dirette. Il ricorrente ha avuto poi la possibilità di
confrontarsi con i testimoni chiave durante il processo e di contestare le
loro dichiarazioni. Sotto il profilo del principio “nullum
crimen sine lege”, la Corte ritiene che la condanna del ricorrente per
abuso di autorità per aver concesso la grazia, durante la sua presidenza, a
funzionari di alto rango condannati per omicidio, potesse essere
ragionevolmente prevista. La disposizione penale su cui si basava la condanna
costituisce infatti un esempio della tecnica legislativa del "rinvio
generale" o della "legislazione mediante rinvio" che non
solleva rilievi problematici ai sensi dell’Art. 7 § 1 CEDU in quanto tale. Il
ricorrente non poteva invece aspettarsi di godere dell’immunità dalla
responsabilità penale individuale né in base alla disposizione penale
pertinente né in base al quadro costituzionale nazionale. Alla luce della
panoramica costituzionale comparata, l’aspettativa del ricorrente che una
consuetudine costituzionale paneuropea lo mettesse al riparo dalla
responsabilità penale per gli atti commessi nell’esercizio dei suoi poteri
discrezionali mentre era in carica risulta infondata. Per la Corte si deve
invece adottare un approccio deferente, in considerazione del principio di
sussidiarietà, rispetto al modo in cui i tribunali nazionali hanno
affrontato, applicando il concetto di pesi e contrappesi, la dimensione
costituzionale dell’apparente dicotomia tra la natura assoluta del potere
presidenziale di clemenza e la possibilità che tale potere diventi oggetto di
abuso; la Corte ritiene che i tribunali nazionali abbiano esaminato lo stato
d’animo del ricorrente durante la commissione del reato e compiuto
un’interpretazione e applicazione del diritto nazionale pertinente,
ragionevole e coerente con l’essenza del reato. Vi è un’opinione parzialmente dissenziente di due giudici annessa al
giudizio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 16 maggio 2024 (Mikyas e altri
c. Belgio) Art. 9 – Inammissibilità per manifesta infondatezza del ricorso
proposto da alcune giovani mussulmane di cittadinanza belga contro il divieto
di indossare il velo negli istituti scolastici pubblici della comunità
fiamminga, in quanto presuntamente lesivo della libertà religiosa. La Corte
nota, infatti, come il divieto sia stato deciso dalle autorità competenti per
dare esecuzione all’Art. 24 § 1 (3) della Costituzione dello Stato, secondo
cui l’educazione deve essere neutrale, in rapporto alle convinzioni religiose
e filosofiche di studenti e famiglie. La Corte giudica inoltre, a
maggioranza, che il concetto di neutralità del sistema scolastico fiammingo,
inteso come divieto generale di indossare simboli visibili di credo da parte
degli alunni, non sia di per sé in contrasto con l’Art. 9 della Convenzione e
con i valori che ne sono alla base. A questo proposito, osserva che il
divieto contestato non si limita al velo islamico, ma si applica
indistintamente a qualsiasi simbolo visibile del proprio credo, al fine di
proteggere gli studenti da ogni forma di pressione sociale e di proselitismo.
Inoltre, le ricorrenti avevano scelto liberamente di frequentare le scuole
del sistema educativo comunitario e non potevano ignorare che i relativi
organi di governo erano tenuti, in base alla Costituzione, a garantire il
rispetto del principio di neutralità. La restrizione contestata può quindi essere
considerata proporzionata agli obiettivi perseguiti, vale a dire la tutela
dei diritti e delle libertà altrui e dell’ordine pubblico, e quindi
"necessaria" "in un contesto democratico". Ne consegue
che i reclami ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione sono manifestamente
infondati. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 16 maggio 2024 (Domenjoud c.
Francia) Art. 2 P.4, Art. 15, Art. 5 – Violazione della libertà di
circolazione nel caso dell’assegnazione a residenza preventiva [“assignation à résidence préventive”]
imposta in via amministrativa a due ricorrenti sospettati di possibili atti
di violenza durante il vertice COP 21 di Parigi, nel 2015, sulla base della
legge sullo stato di emergenza dichiarato a seguito degli attentati
terroristici del medesimo anno. La Corte nota, in primo luogo, come la misura
non fosse direttamente connessa alla lotta contro il terrorismo, ossia la
causa di adozione dello stato d’urgenza e dell’attivazione dell’Art. 15 CEDU
da parte dello Stato. La misura applicata al primo ricorrente si è comunque
caratterizzata per un generale rispetto del principio di proporzionalità,
viste le sufficienti garanzie procedurali; il sufficiente collegamento con lo
stato di emergenza nelle circostanze molto specifiche del caso (che vedevano
una forte preoccupazione delle autorità per nuovi turbamenti dell’ordine
pubblico a pochi giorni dagli attentati di Parigi); e viste le motivazioni
pertinenti e sufficienti, sorrette da prove concrete derivanti dalla condotta
e dal background dell’interessato,
che indicavano un serio rischio di partecipazione a episodi di particolare
violenza. Per quanto riguarda invece la misura applicata al secondo
ricorrente, la Corte giudica che la sostanza dei suoi diritti procedurali non
sia stata preservata, data l’assenza di una valutazione individuale e
dettagliata del suo comportamento o delle sue azioni, tale da rendere possibile
la concretizzazione del rischio. Sotto il profilo dell’Art. 15 CEDU e sempre rispetto al secondo
ricorrente, la Corte nota come l’assegnazione a residenza non rientrasse
nella lotta al terrorismo e non potesse ritenersi una misura strettamente
richiesta dalla situazione, per cui gli atti dello Stato non sono da ritenere
coperti dalla deroga derivante da un pericolo pubblico che minacci la vita
della nazione, pericolo pur esistente all’epoca dei fatti. Sotto il profilo dell’art. 5 CEDU, la Corte nota però come
l’assegnazione a residenza non possa essere considerata una privazione della
libertà, quanto piuttosto una sua mera restrizione, dato il combinato
disposto di durata, effetti e modalità di esecuzione delle misure. È presente un’opinione dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 14 maggio 2024 (Oleg Balan c.
Repubblica di Moldavia) Art. 8 – Violazione del diritto alla vita privata sotto al profilo
degli obblighi positivi a causa del rigetto del ricorso per diffamazione
presentato dal ricorrente quando era Ministro dell’Interno e rivolto contro
il leader di un partito politico di opposizione per le dichiarazioni
contenute in un documento pubblicato sulla pagina Facebook personale di
quest’ultimo. La Corte censura il mancato equilibrio tra i diritti
concorrenti di cui agli Artt. 8 e 10 CEDU, in quanto il convenuto con
l’accusa di diffamazione è stato espressamente trattato, senza spiegazioni,
come giornalista investigativo e "persona pubblica" [“public person”] dalle corti nazionali
di vertice, con conseguente applicazione della presunzione di buona fede
applicabile ai giornalisti investigativi ai sensi della giurisprudenza della
Corte EDU. D’altra parte, la Corte rinviene la mancata analisi degli elementi
del fascicolo relativi alla tutela del diritto alla reputazione del
ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 23 aprile 2024 (Aydın
Sefa Akay c. Turchia) Art. 5 § 1, Art. 8, Art. 15 – Violazione del diritto a un equo
processo secondo una procedura prevista dalla legge nel caso dell’arresto e
della detenzione preventiva di un giudice turco in servizio presso il
Meccanismo internazionale residuale per i tribunali penali delle Nazioni
Unite [“United Nations International
Residual Mechanism for Criminal Tribunals”], nonostante l’immunità
diplomatica conferitagli dallo Statuto del Meccanismo. La Corte, all’unanimità, applica, mutatis mutandis, ai giudici e ai tribunali internazionali i
principi enunciati nella propria giurisprudenza sull’indipendenza della
magistratura interna. Inoltre, censura il ritardo dei tribunali nazionali nel
valutare la rilevanza dell’immunità diplomatica del ricorrente, evidenziando
come questo ritardo sia incompatibile con l’Art. 5 § 1 CEDU e tale da rendere
vana qualsiasi protezione spettante in virtù dell’immunità stessa.
L’interpretazione dei tribunali interni in merito all’immunità non è stata
dunque né prevedibile né conforme alle esigenze di certezza del diritto di
cui all’Art. 5 § 1, perché, contrariamente a quanto dichiarato dalla Corte
costituzionale turca, i giudici dei tribunali internazionali non sono rappresentanti
di uno Stato membro presso un organo delle Nazioni Unite e il ricorrente
godeva della piena immunità diplomatica, compresa l’inviolabilità personale e
l’impossibilità di essere sottoposto a qualsiasi forma di arresto o
detenzione per tutta la durata del suo mandato. La Corte ricorda come lo
scopo ultimo dei privilegi e dell’immunità è quello di proteggere
l’indipendenza dei giudici, e quindi del Tribunale del Meccanismo ONU, nei
confronti di qualsiasi Stato. La Corte rinviene una violazione dell’Art. 8 CEDU a causa delle
perquisizioni della persona e del domicilio del ricorrente non "previste
dalla legge", perché il luogo di residenza del ricorrente era da
considerare ai fini in questione analogo a quello di un ufficio, dato che
egli lavorava per il Meccanismo ONU a distanza, appunto dalla sua residenza
presso il suo paese d’origine. La residenza era dunque soggetta a una
protezione rafforzata simile a quella concessa dalla giurisprudenza della Corte
ex Art. 8 alle perquisizioni presso lo studio di un avvocato. I tribunali
nazionali non hanno esaminato questo aspetto dell’immunità del ricorrente,
mentre alcuni oggetti sequestrati sono stati successivamente utilizzati nel
procedimento penale a suo carico. D’altra parte, non vi è stata nessuna
revoca dell’immunità da parte del Segretario Generale dell’ONU né consenso a
posteriori da parte dell’ONU o del ricorrente. La Corte non ritiene potersi fare applicazione della deroga ex Art.
15 CEDU invocata dalla Turchia, pur concedendo che il Paese si trovava allora
in uno stato di emergenza minacciante la vita della nazione. Infatti, la
presunta deroga (in realtà da considerare una violazione) dell’Art. 5 § 1 e
dell’Art. 8 CEDU è avvenuta tramite misure incompatibili con gli "altri
obblighi derivanti dal diritto internazionale" gravanti sullo Stato
convenuto, citati come requisito dallo stesso Art. 15 e per la prima volta utilizzati
dalla Corte per escludere l’applicabilità dell’Articolo. Inoltre la Corte
giudica che, almeno per l’Art. 5, le misure derogatorie abbiano ecceduto il
limite di stretta proporzionalità gravante sullo Stato ex Art. 15. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 23 aprile 2024 (Zăicescu
e Fălticineanu c. Romania) Art. 8 (+Art. 14), Art. 34 – Violazione dell’Art. 8, insieme
all’Art. 14 CEDU, a causa della discriminazione subita dai ricorrenti nel
loro diritto alla vita privata, a causa dell’assoluzione, negli anni ‘90, di
due alti ufficiali militari precedentemente condannati negli anni ‘50 per
reati connessi all’Olocausto, nell’ambito di un procedimento d’appello
straordinario non comunicato ai ricorrenti, che sono stati essi stessi
vittime dell’Olocausto. I risultati e il contesto del procedimento sono
ritenuti per la Corte essere stati in grado di incidere sufficientemente sul
senso di identità e di autostima dei ricorrenti, causando una sofferenza
emotiva che raggiunge il "livello certo" o la "soglia di
gravità" richiesti [“certain level”
e “threshold of severity”].
L’applicabilità dell’art. 8 discende dai principi sviluppati nella
giurisprudenza in materia di dichiarazioni antisemite o di negazione
dell’Olocausto, applicabili nel caso di specie, data anche la presenza di
standard comuni a livello europeo ed internazionale. I procedimenti penali
contro i responsabili dei crimini antisemiti riguardavano inoltre una
questione di estremo interesse pubblico. La Corte nota anche come nonostante
la conservazione dei fascicoli relativi alle condanne iniziali e ai nuovi procedimenti
da parte dei servizi segreti, vi sia stato però un rifiuto iniziale di
consentire ai ricorrenti l’accesso ai fascicoli, senza una ragionevole
giustificazione e a fronte della mancata divulgazione delle sentenze di
assoluzione intercorse negli anni ‘90 e delle loro motivazioni, senza
considerare che questa scelta avrebbe potuto provocare nei ricorrenti
sentimenti di umiliazione e vulnerabilità e causare loro un trauma
psicologico. La Corte rimprovera inoltre alle autorità nazionali di non aver
addotto motivazioni pertinenti e sufficienti per azioni che hanno portato
alla revisione di condanne storiche, in assenza di nuove prove,
reinterpretando fatti storicamente accertati e negando la responsabilità di
funzionari statali per l’Olocausto, in contrasto con i principi del diritto
internazionale. Le azioni delle autorità sono dunque eccessive e non possono
essere giustificate come "necessarie in una società democratica". Per quanto riguarda lo status di vittima, la Corte ritine non sia
necessario stabilire un collegamento diretto tra gli atti commessi dai due
ufficiali militari e i ricorrenti, in quanto i crimini in questione erano
diretti contro un intero gruppo di persone e la persecuzione comunque
sofferta dai ricorrenti portava questi a poter fondatamente affermare di aver
sofferto personalmente di un disagio emotivo quando hanno scoperto la
riapertura del procedimento penale e le successive assoluzioni, con la conseguenza
che i ricorrenti possono essere visti come aventi un interesse personale nel
procedimento volto a stabilire la responsabilità di alti membri delle forze
armate dell’Olocausto in Romania. La Corte ha invece ritenuto, a maggioranza, inammissibili i ricorsi
sollevati ai sensi dell’Art. 3 in combinato disposto con l’Art. 14 CEDU. I
maltrattamenti subiti dai ricorrenti sono infatti avvenuti nove anni prima
dell’esistenza della Convenzione e 50 anni prima della sua firma da parte
della Romania. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 18 aprile 2024 (Leroy e Altri
c. Francia) Art. 35, Art. 3 – La Corte rileva anzitutto, ai fini della
valutazione sull’ammissibilità del ricorso, come sussistesse un rimedio
interno potenzialmente efficace e dunque da utilizzarsi per tentare di porre
fine a condizioni di detenzione indecorose verificatesi a seguito di una
protesta in prigione [“mouvement social
en prison”]. In specie, si sarebbe trattato di una situazione legata a un
evento unico di natura temporanea ed eccezionale, e il giudice
dell’esecuzione provvisoria sarebbe stato in grado di ordinare misure urgenti
suscettibili di essere attuate rapidamente e di produrre effetti in un breve
lasso di tempo, contrariamente a quanto accaduto nel caso J.M.B. e altri c. Francia. Si
riscontra dunque il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne da parte
di otto ricorrenti. La Corte non rinviene inoltre alcuna violazione dell’Art. 3 CEDU
sotto al profilo materiale a fronte dell’intervento di squadre esterne
mascherate per rafforzare la sicurezza del carcere durante la protesta e
delle perquisizioni con palpazione effettuate al termine dell’azione su un
ricorrente, in quanto tali elementi non hanno raggiunto la soglia di gravità
fissata perché un trattamento sia qualificabile come inumano o degradante. Invece, la Corte rinviene una violazione dell’Art 3 CEDU sotto al
profilo materiale dei trattamenti degradanti a causa delle condizioni di
detenzione indegne subite da due ricorrenti durante la protesta. Non si riscontra d’altra parte una violazione dell’Art. 13 CEDU, visto
che non si può negare l’efficacia del rimedio offerto dall’ordinamento
interno per rimediare alle cattive condizioni di detenzione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 9 aprile 2024 (Duarte
Agostinho e Altri c. Portogallo e 32 Altri Stati) Art. 1, Art. 2, Art. 8, Art. 34 e Art. 35. – Inammissibilità del
ricorso di sei giovani cittadini portoghesi contro il Portogallo e altri 32
Stati per le responsabilità di tali Stati rispetto alla crisi climatica e ai
danni che ne deriveranno ai giovani ricorrenti e alla loro generazione. Per quanto riguarda la pretesa giurisdizione extraterritoriale degli
Stati convenuti diversi dal Portogallo, la Corte ritiene che non vi siano
motivi nella Convenzione per una simile estensione tramite interpretazione
giudiziaria, dovendosi perciò reputare inammissibili i ricorsi secondo l’Art.
35 CEDU §3 e 4. Per quanto riguarda invece il ricorso contro il solo Portogallo,
considerato che i ricorrenti non hanno intrapreso alcuna azione legale nel
loro Stato d’appartenenza, il ricorso dei ricorrenti è dichiarato
irricevibile per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne ex Art. 35
§1. Con riguardo poi allo status di vittima, la Corte riscontra una
mancanza di chiarezza in merito alla possibilità di attribuire tale status ai
ricorrenti, incertezza che ricollega al mancato esaurimento delle vie di
ricorso interne. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 9 aprile 2024 (Carême c.
Francia) Art. 2, Art. 8, Art. 34 e Art. 35 – Inammissibilità del ricorso
dell’ex sindaco del comune francese di Grande-Synthe, in un caso in cui il
ricorrente sosteneva che la Francia non avesse adottato misure sufficienti
per prevenire il cambiamento climatico e che questa mancanza avesse
comportato una violazione dei suoi diritti alla vita e al rispetto della vita
privata e famigliare e del domicilio. La Corte ritiene che il ricorrente non
abbia attualmente legami rilevanti con Grande-Synthe ne risieda più lì o altrove
in Francia, essendosi trasferito a Bruxelles dal 2019 in quanto parlamentare
europeo. Pur ammettendo in principio
la rilevanza del caso alla luce degli Artt. 2 e 8 della CEDU, per come
interpretati nel caso Verein
KlimaSeniorinnen Schweiz e Altri [CG], la Corte ritiene dunque che nel
caso di specie il ricorrente non possa rivendicare lo status di vittima ai
sensi dell’articolo 34 della Convenzione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 9 aprile 2024 (Verein
KlimaSeniorinnen Schweiz e Altri c Svizzera) Art. 6 § 1, Art. 8, Art. 34,
Art. 46 – Violazione dei diritti al rispetto della vita privata e famigliare
e di accesso a un tribunale a causa delle inadempienze dello Stato Svizzero
nella risposta alla crisi climatica. La Corte, ritiene in primo luogo che si
debbano applicare criteri distinti per stabilire da un parte lo status di
vittima dei singoli individui ricorrenti e, dall’altra parte, la
legittimazione – il locus standi o
la rappresentanza [representation]
- delle associazioni portatrici d’interessi nel contesto del cambiamento
climatico, alla luce della necessità di un’efficace tutela dei diritti della
Convenzione che tenga conto delle caratteristiche peculiari del fenomeno
senza pregiudicare l’esclusione dell’actio
popularis dal sistema della Convenzione. La Corte giudica che nel caso in
oggetto i criteri dello status di vittima non siano soddisfatti dai singoli
richiedenti (incompatibilità ratione
personae), mentre l’associazione richiedente soddisfa i criteri
pertinenti (locus standi) e quindi
sia legittimata ad agire per conto dei suoi membri, anche alla luce
dell’importanza dell’azione collettiva e della condivisione degli oneri
intergenerazionali nel contesto del cambiamento climatico. Nel merito, la
Corte rinviene una violazione degli obblighi positivi collegati al diritto
alla vita privata e familiare, derivante dal mancato rispetto da parte dello
Stato convenuto dell’obbligo positivo di attuare misure sufficienti per
combattere il cambiamento climatico. L’applicabilità dell’art. 8 viene affermata
in ragione della possibilità di desumere da tale articolo un diritto degli
individui a una protezione effettiva da parte delle autorità statali contro i
gravi effetti negativi del cambiamento climatico sulla loro vita, salute,
benessere e qualità della vita, con la necessità di sviluppare un approccio
più appropriato e personalizzato per quanto riguarda le varie questioni che
emergono nel contesto del cambiamento climatico non affrontate dalla
giurisprudenza ambientale oggi esistente. Tenendo conto degli effetti futuri dei cambiamenti climatici, la
Corte compie una enumerazione dei requisiti che le autorità competenti devono
tenere in debita considerazione, tra cui vi sono la necessità di garanzie
procedurali nazionali e di misure di mitigazione da integrare con misure di
adattamento volte ad alleviare le conseguenze più gravi o imminenti dei
cambiamenti climatici. Si rileva d’altra parte l’esistenza di lacune critiche
nel processo di attuazione del quadro normativo nazionale da parte delle
autorità svizzere, come il non aver quantificato, attraverso un bilancio sul
carbonio o in altro modo, le limitazioni nazionali delle emissioni di gas
serra e il non aver agito in tempo utile e in modo appropriato e coerente per
quanto riguarda l’elaborazione, lo sviluppo e l’attuazione del quadro
legislativo e amministrativo pertinente, superando con ciò l’ampio margine di
apprezzamento dello Stato. La Corte riscontra anche una violazione del diritto di accesso a un
tribunale, per la mancata volontà delle corti nazionali di esaminare a fondo
le azioni intentate dall’associazione ricorrente. La Corte rileva in
particolare l’assenza di motivi convincenti per il mancato esame nel merito
della questione, così come il non aver le corti nazionali preso in
considerazione le convincenti prove scientifiche relative al cambiamento
climatico né esaminato la legittimazione giuridica [legal standing]
dell’associazione ricorrente. Per la Corte EDU rileva anche la mancanza di
altre vie legali o garanzie, così che l’essenza stessa del diritto di accesso
a un tribunale sarebbe stata compromessa. La Corte sottolinea infatti il
ruolo chiave spettante ai tribunali nazionali nelle controversie relative al
cambiamento climatico e l’importanza dell’accesso alla giustizia in questo
campo. Sotto al profilo dell’esecuzione della sentenza e delle misure
generali da applicare, la Corte ritiene che lo Stato convenuto debba valutare
le misure specifiche da adottare con l’assistenza del Comitato dei Ministri
del Consiglio d’Europa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 9 aprile 2024 (Georgia c.
Russia) Art. 33, Art. 2, Art. 3, 5 § 1, Art. 2 P.4 e Art. 2 P.1 – Si tratta di
un ricorso interstatale riguardante le pratiche amministrative della Russia
che derivano dalla c.d. “confinizzazione” [“borderisation”] tra le regioni secessioniste dell’Abkhazia e
dell’Ossezia del Sud e il territorio controllato dal governo georgiano e che
hanno comportato molteplici violazioni della Convenzione lungo i territori
della linea di confine amministrativa [“administrative
boundary line” (ABL)]. La Corte rinviene una violazione dell’Art. 2 sotto i profili
sostanziale e procedurale a causa della pratica amministrativa di usare la
forza letale, pur non "assolutamente necessaria", contro civili di
etnia georgiana che tentavano di entrare o uscire dall’Abkhazia o
dall’Ossezia del Sud. Le condizioni per l’esame ai sensi dell’Art. 2 CEDU
sono state soddisfatte in relazione alle vittime sopravvissute e le
responsabilità dello Stato convenuto sono da confermare anche per la morte di
civili di etnia georgiana che tentavano di attraversare la linea di confine
amministrativa attraverso percorsi alternativi di per sé pericolosi e sempre
a causa di restrizioni illegali alla libertà di movimento imposte dalle
autorità de facto dell’Abkhazia o dell’Ossezia del Sud. La Corte rinviene una violazione dell’Art. 3 CEDU sotto i profili
sostanziale e procedurale a causa dei trattamenti inumani e degradanti
determinati dalla prassi amministrativa relativa alle condizioni di
detenzione di cittadini di etnia georgiana e a causa dei maltrattamenti
subiti durante la detenzione in Abkhazia e in Ossezia del Sud, a fronte della
totale assenza di indagini interne al riguardo. La Corte rinviene inoltre una violazione dell’Art. 5 § 1 CEDU a
causa dell’arresto e della detenzione illegali di cittadini di etnia
georgiana in Abkhazia e Ossezia del Sud per aver "attraversato
illegalmente" la linea di confine con le regioni separatiste. La Corte
richiama al riguardo quanto statuito nella causa Mamasakhlisi e altri c. Georgia e Russia relativamente alle
autorità e ai tribunali di fatto dell’Abkhazia, in quanto applicabile a
entrambe le regioni separatiste. La Corte rinviene una violazione dell’Art 2 P.4 a causa della
pratica amministrativa di limitare illegalmente la libertà di movimento
dell’etnia georgiana tra la Georgia e l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud a
seguito della trasformazione de facto dell’ABL in confini di Stato. Una violazione dell’Art 8 per quanto concerne il diritto alla vita
familiare e alla casa, come anche dell’Art 1 P.1 quanto al godimento pacifico
dei propri beni è stata inoltre determinata dalla pratica amministrativa di
limitare illegalmente l’accesso dei cittadini di etnia georgiana alle loro
case, terreni e altre proprietà, nonché ai cimiteri in Abkhazia e
nell’Ossezia del Sud. Infine, la Corte riscontra una violazione dell’Art. 2 P.1, ossia del
diritto all’istruzione, a causa della prassi amministrativa consistente nel
negare il diritto all’istruzione in lingua georgiana ai cittadini di etnia
georgiana che vivono in Abkhazia e in Ossezia del Sud, regioni riconosciute
dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale come parte
integrante della Georgia; il georgiano è quindi considerato una delle lingue
ufficiali in entrambe. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 4 aprile 2024 (Zöldi c.
Ungheria) Art. 10 – Violazione della libertà di ricevere e comunicare
informazioni a causa del rifiuto di una richiesta avanzata in tal senso da
parte di una giornalista, che indagava sull’identità dei beneficiari di
sovvenzioni di due fondazioni create dalla Banca nazionale ungherese. Secondo
la Corte vi sarebbe stato un interesse pubblico significativo all’aver
accesso ai dati richiesti, mentre l’interesse alla protezione dei nomi dei
beneficiari delle sovvenzioni non sarebbe stato di natura e grado tali da giustificare
l’applicazione dell’Art. 8 CEDU e la sua prevalenza rispetto ai diritti del
richiedente di cui all’Art. 10. La Corte nota anche che l’assenza di una
disposizione di legge che consenta la divulgazione dell’identità dei
beneficiari di sovvenzioni in Ungheria impedisce alle autorità nazionali di
effettuare una ponderazione tra i due diritti in gioco. Vi sarebbe dunque una
mancanza di motivi sufficienti per giustificare la necessità dell’ingerenza e
un mancato raggiungimento di un giusto equilibrio tra gli interessi
concorrenti in gioco. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 4 aprile 2024 (Tamazount e
Altri c. Francia) Art. 6 § 1, Art. 3, Art. 8 e Art. 1 P.1 – Mancata violazione del
diritto di accesso a un tribunale in conseguenza della dichiarazione
d’incompetenza del Conseil d’État francese,
sulla base della dottrina degli atti di governo [“actes de gouvernement”], rispetto alle domande di risarcimento
presentate dai c.d. “figli degli harkis”, per responsabilità con colpa dello Stato
francese [“faute de l’État”],
derivante dall’assenza di protezione delle famiglie dei propri ex ausiliari e
collaboratori algerini al momento dell’indipendenza del Paese e a seguito del
loro rimpatrio sistematico in Francia. La Corte ritiene l’Art. 6 § 1
applicabile nel suo aspetto civile, ma ritiene che non via sia nessun motivo
per sostituire la propria valutazione a quella del Conseil d’État relativamente all’interpretazione del diritto
interno, né per ritenere la posizione del giudice nazionale arbitraria o
manifestamente irragionevole. Vi sarebbe stato d’altra parte un rimedio
giuridico alternativo a disposizione dei ricorrenti, basato sulla
responsabilità oggettiva dello Stato [“responsabilité
sans faute de l’État”]. La Corte ritiene però vi sia stata una violazione del divieto di
trattamenti inumani e degradanti e del diritto alla vita privata e al
rispetto della proprietà, a causa delle condizioni di vita di alcuni
ricorrenti in un campo di accoglienza per harkis
in Francia, incompatibili con il rispetto della dignità umana e accompagnate
da violazioni delle libertà individuali. La Corte ritiene che l’importo del
risarcimento concesso al riguardo ai ricorrenti dalle autorità nazionali sita
stato inadeguato e insufficiente a riparare le violazioni da essi constatate.
I ricorrenti mantengono inoltre lo status di vittima ai sensi dell’Art. 34
CEDU, mentre la competenza ratione
temporis della Corte è statuita partire dal 3 maggio 1974, data di
entrata in vigore della Convenzione e del Protocollo n. 1 per la Francia, e
fino al 31 dicembre 1975, data della fine della permanenza nel campo dei
ricorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 26 marzo 2024 (Kartal c.
Turchia) Art. 6 § 1 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale a
causa della mancanza di controllo giurisdizionale sulla cessazione prematura
ed ex lege, dopo una riforma
legislativa del 2014, del mandato di un giudice allora in servizio in qualità
di vicepresidente della Commissione d’ispezione del Consiglio superiore dei
giudici e dei pubblici ministeri turco. La Corte ritiene l’Art. 6 CEDU
applicabile, trattandosi di una controversia reale e seria su di un diritto
civile [“civil right”] riconosciuto
dall’ordinamento nazionale e idoneo ad essere fatto valere in tribunale,
ossia il diritto a non subire una cessazione arbitraria del mandato. La Corte
ritiene non soddisfatta la seconda condizione del test di Eskelinen, poiché l’esclusione del
ricorrente dall’accesso a un tribunale non è stata giustificata da ragioni
oggettive nell’interesse dello Stato, mentre la cessazione ex lege non è compatibile con uno
Stato di diritto e potrebbe minacciare l’indipendenza del potere giudiziario.
Vi è inoltre un’assenza di ragioni importanti che giustifichino
eccezionalmente la mancanza di un controllo giurisdizionale, con conseguente
lesione dell’essenza stessa del diritto di accesso a un tribunale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 21 marzo 2024 (Sieć Obywatelska
Watchdog c. Polonia) Art. 10 – Violazione della libertà di ricevere e comunicare
informazioni a causa del rifiuto di concedere alla ONG ricorrente l’accesso
all’agenda delle riunioni avute dai giudici della Corte costituzionale
nell’esercizio delle loro funzioni. Per la Corte, si tratta infatti
d’informazioni necessarie per l’esercizio del diritto alla libertà di
espressione e richieste nell’interesse pubblico, dato il contesto politico
polacco del momento. Inoltre, la Corte riscontra una mancata valutazione
individuale degli interessi in gioco da parte delle corti nazionali e una
mancata dimostrazione che il rifiuto perseguisse uno scopo legittimo o
“necessario in una società democratica”. D’altra parte, il parallelo rifiuto
di accedere ai registri di tutte le persone che sono entrate o uscite
dall’edificio della Corte costituzionale durante un certo periodo di tempo
non ha costituito un’interferenza, in quanto le informazioni in questione non
sono considerabili come “pronte e accessibili” [“ready and accessible”]. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 19 marzo 2024 (Parıldak
c. Turchia) Art. 5 §1, lett. c), §3 e §4, Art. 10 e Art. 15 – Violazione del
diritto alla libertà e alla sicurezza a causa della detenzione cautelare [“détention provisoire”] illegittima di
una giornalista. Violazione del diritto di cui all’Art. 5 CEDU determinata
dalla mancanza di motivi plausibili per sospettare la ricorrente di aver
commesso il presunto reato di appartenenza a un’organizzazione terroristica e
dall’interpretazione e applicazione irragionevoli delle disposizioni legali
pertinenti. Rispetto alla deroga alla Convenzione vigente al momento della
violazione, la Corte ritiene che nessuna misura derogatoria fosse
concretamente applicabile alla situazione della ricorrente, in quanto l’articolo del codice di procedura penale
turco pertinente non è mai stato oggetto di deroga. Ricollegandosi alla propria giurisprudenza, la Corte ritiene invece
che non vi sia una violazione del diritto di habeas corpus di cui all’Art. 5 §4 CEDU in conseguenza dei tempi
di riesame della legalità della custodia cautelare da parte della Corte
costituzionale durante lo stato di emergenza turco (pari a sette mesi). Tali
tempi rispettano il requisito del controllo “rapido” richiesto dalla
disposizione CEDU [“contrôle à «bref
délai»”], tenuto conto delle circostanze di fatto che la Corte
costituzionale ha dovuto affrontare. Infine, la Corte ritiene che, sotto il profilo della violazione
della libertà d’espressione, l’irregolarità della detenzione si ripercuota
sulla legalità stessa dell’interferenza col diritto convenzionale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 12 marzo 2024 (Kanatlı c.
Turchia) Art. 9 – Violazione della libertà di coscienza in conseguenza della
condanna del ricorrente, che si dichiara obiettore di coscienza, a causa del
suo rifiuto di prestare servizio nella riserva nell’ambito dei suoi obblighi
militari. La Corte applica l’articolo 9, in quanto il pacifismo può essere
considerato come una convinzione protetta dall’articolo 9 CEDU, mentre
riscontra l’assenza nel diritto interno di un servizio alternativo e di una
procedura accessibile ed efficace in relazione al diritto all’obiezione di
coscienza. Vi sarebbe perciò stato un mancato equilibrio tra gli interessi
della società nel suo complesso e quelli degli obiettori di coscienza. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 20 febbraio 2024 (Wa Baile c.
Svizzera) Art. 14, Art. 8 e Art. 13 – Violazione del divieto di
discriminazione sotto il profilo procedurale a causa della mancata indagine
da parte dei tribunali nazionali svizzeri sul possibile ruolo avuto da motivi
discriminatori nei controlli d’identità effettuati alla stazione ferroviaria
di Zurigo su di un uomo dalla pelle scura che ha denunciato una profilazione
razziale nei suoi confronti [“profilage
racial”]. La Corte ritiene applicabile l’Art. 14 in congiunzione con
l’Art. 8 CEDU, dal momento che è stata raggiunta la soglia di gravità
necessaria perché si rientri nell’ambito della tutela del diritto al rispetto
della vita privata. La Corte ritiene che il Governo svizzero non sia stato in
grado di confutare la presunzione di trattamento discriminatorio durante il
controllo d’identità, dovendosi invece tener conto anche dei rapporti
internazionali sulle tecniche di profiling
razziale da parte della polizia elvetica, confermati dalle parti intervenute,
che rafforzano la presunzione di una discriminazione basata sul colore della
pelle ai danni del ricorrente. Si riscontra inoltre la mancanza di un rimedio
interno effettivo ai sensi dell’Art. 13 CEDU. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 20 febbraio 2024 (Dede c.
Turchia) Art. 10 – Violazione della libertà di espressione, per quanto
attiene al profilo degli obblighi positivi, in conseguenza del licenziamento
di un dipendente di una banca turca, soggetto alle norme di diritto privato
dell’epoca, per aver inviato un’e-mail interna dal suo profilo di posta
elettronica di lavoro ai collaboratori del dipartimento delle risorse umane,
criticando i metodi di gestione dell’azionista principale. Sebbene la mail
contestata fosse stata ritenuta idonea a turbare la tranquillità del luogo di
lavoro, la Corte rinviene la mancanza di un esame sufficientemente
approfondito, da parte dei giudici nazionali, dei criteri stabiliti dalla
giurisprudenza della stessa Corte EDU, in specie per quanto riguarda la non
pertinenza e sufficienza della motivazione e la mancanza di un giusto
equilibrio tra il diritto alla libertà di espressione del ricorrente e il
diritto del suo datore di lavoro di tutelare i propri legittimi interessi. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 20 febbraio 2024 (Danileţ
c. Romania) Art. 10 – Violazione della
libertà di espressione nel caso della sanzione disciplinare inflitta dal
Consiglio Superiore della Magistratura rumeno [“Consiliul Superior al Magistraturii” – CSM] a un giudice per aver
pubblicato due messaggi sulla sua pagina Facebook, in quanto le decisioni dei
giudici nazionali sono state pronunciate in assenza di una ponderazione degli
interessi in gioco secondo i criteri stabiliti dalla giurisprudenza della
stessa Corte EDU. In specie, l’esistenza di un attentato alla dignità e
all’onore della professione giudiziaria non è stata sufficientemente provata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 15 febbraio 2024 (Jarre c.
Francia) Art. 1 P.1 e Art. 6 § 1 –
Mancata violazione del diritto di proprietà e del diritto accesso a un
tribunale in conseguenza del rifiuto di riconoscere la quota di riserva [“part réservataire”] dei ricorrenti
rispetto all’eredità del padre, regolata dalla legge californiana, e da cui
erano stati esclusi per effetto di un trust
costituito negli Stati Uniti. La Corte
ritiene applicabile al caso di specie l’Art. 1 del P.1 ma ritiene sia stata
assicurata la proporzionalità nell’applicazione immediata da parte dei
giudici nazionali dell’abrogazione da parte del Consiglio costituzionale
della disposizione legislativa che conferiva agli eredi francesi, esclusi da
un’eredità disciplinata da una legge straniera, il diritto a un prelievo
compensativo sull’eredità situata in Francia. La Corte valorizza il fatto che
si sia trattato di un abrogazione per motivi d’interesse pubblico e che la
mancata applicazione da parte dei giudici nazionali investiti della
controversia della disposizione abrogata per incostituzionalità sia dipesa
dall’effetto vincolante della decisione del Consiglio costituzionale, nel
caso di specie di doverosa applicazione anche ai giudizi pendenti, mentre non
è stata attivata l’eccezione collegata al concetto dell’ordine pubblico
internazionale francese da parte dei giudici nazionali. La Corte giudica
dunque che si sia trattato di decisioni non arbitrarie che hanno applicato il
diritto vigente, nel rispetto della libertà testamentaria del defunto e senza
che vi fosse un intento fraudolento o un vizio di validità del trust secondo il diritto californiano. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 15 febbraio 2024 (Škoberne c.
Slovenia) Art. 6 § 1, Art 6 § 3 e Art. 8 – Violazione del diritto a un equo
processo determinata dal rifiuto da parte del giudice a quo della richiesta del ricorrente di esaminare due coimputati
come testimoni dopo la loro ammissione di colpevolezza. La richiesta di esame
dei coimputati poteva essere considerata in grado di influenzare l’esito del
processo o di rafforzare la posizione della difesa, mentre il ricorrente è
stato privato dell’opportunità di produrre efficacemente, e quindi di
avvalersi, delle prove testimoniali. La Corte giudica che i tribunali
nazionali non abbiano motivato sufficientemente il rifiuto né colmato le
lacune che ne sono derivate. Nel caso in oggetto, la Corte rinviene anche una violazione del
diritto alla vita privata, sub specie di diritto alla segretezza della
corrispondenza, in quanto i dati delle comunicazioni del richiedente (dati
sul traffico telefonico e sull’ubicazione del soggetto) sono stati conservati
dai fornitori di telecomunicazioni per un periodo legale di 14 mesi per
diverse finalità di interesse pubblico, ai sensi della legge slovena del
tempo. La Corte sanziona un abuso da parte delle autorità di quella che definisce
come una vera e propria sorveglianza sistemica, che comportava la
conservazione obbligatoria e indiscriminata dei dati delle telecomunicazioni
e che deve ritenersi costituire un ostacolo al godimento del diritto alla
vita privata di tutti gli utenti dei servizi coinvolti. Per la Corte,
l’ingerenza costituita dalla conservazione dei dati è di natura grave e
richiede un esame più rigoroso da parte del giudice convenzionale nel
valutare la questione dell’equo bilanciamento operato dallo Stato. I giudici
di Strasburgo sottolineano in particolare l’assenza di disposizioni o
meccanismi volti a garantire che la misura che imponeva la conservazione
fosse limitata a quanto "necessario in una società democratica" e
per conseguire gli scopi specifici elencati nel diritto interno pertinente.
Invece, i dati del ricorrente sono stati conservati in modo sistematico,
generale e indiscriminato, dunque secondo un regime inconciliabile con gli
obblighi dello Stato di cui all’art. 8 CEDU. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 15 febbraio 2024 (U. c.
Francia) Art. 3 – Mancata violazione del divieto di trattamenti inumani e
degradanti a causa dell’esecuzione del provvedimento di allontanamento di un
cittadino russo di origine cecena verso la Federazione Russa, alla luce della
situazione generale attuale in Cecenia.
La Corte considera la valutazione a suo tempo effettuata da parte
delle autorità della situazione personale del richiedente alla luce del
rischio presunto e compie essa stessa un nuovo esame del rischio per il
richiedente, il quale però non avrebbe dimostrato l’esistenza di motivi seri
e comprovati per ritenere che esista un pericolo reale e attuale di subire un
trattamento contrario all’articolo 3 in caso di allontanamento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 13 febbraio 2024 (Executief
van de Moslims van België e Altri c. Belgio) Art. 9 e Art. 14 – Mancata violazione della libertà di religione e
del diritto alla sua manifestazione pubblica da parte dei decreti delle
Regioni fiamminga e vallona che vietano la macellazione di animali senza
previo stordimento, pur prevedendo uno stordimento reversibile per la
macellazione rituale. La Corte si pronuncia nel senso di ritenere l’Art. 9
applicabile e, per la prima volta, giudica su di un bilanciamento tra la
libertà di religione e il benessere degli animali. La Corte opera inoltre una
distinzione tra la causa in oggetto e la precedente Cha’are Shalom Ve Tsedek c. Francia [GC] e ricorda come la
Convenzione non possa essere intesa come tutelante il benessere degli animali
in quanto tale, a differenza del diritto dell’UE. La protezione del benessere
degli animali viene però collegata per la prima volta all’obiettivo legittimo
di tutelare la “morale pubblica” [“morale
publique”]. Pur in assenza di un chiaro consenso all’interno degli Stati
membri, la Corte riscontra comunque la tendenza graduale verso una maggiore
protezione del benessere degli animali. In un settore dove gli Stati godono
di un non ristretto margine di apprezzamento, la Corte ritiene che vi sia già
stata una presa in considerazione delle esigenze dell’articolo 9 nell’ambito
del bilanciamento [“arbitrage”]
effettuato dal legislatore e nel doppio controllo giurisdizionale della CGUE
e della Corte costituzionale belga. La misura è dunque ritenuta proporzionata
all’obiettivo perseguito. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 13 febbraio 2024 (Jann-Zwicker
e Jann c. Svizzera) Art. 6 § 1 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale in un
tempo ragionevole in ambito civile a causa dell’intervenuta prescrizione
della domanda di risarcimento dei danni da amianto in conseguenza della presa
di posizione, da parte dei giudici nazionali, nel senso che il termine di
prescrizione assoluta di dieci anni decorresse dal momento dell’atto dannoso,
e non dal momento in cui il ricorrente era venuto a conoscenza del danno
subito. La Corte giudica che nel calcolo del termine di prescrizione si debba
invece tenere conto dell’impossibilità scientificamente provata per una
persona di sapere di essere affetta da una determinata malattia, anche
considerando i lunghi periodi di latenza tra l’esposizione all’amianto e la
manifestazione del mesotelioma causato dalla sostanza. Nelle circostanze
eccezionali relative alle vittime dell’esposizione all’amianto, il modo in
cui è stato determinato il dies a quo
rispetto al decorso del termine assoluto di prescrizione ha limitato il
diritto dei ricorrenti a vedere il proprio caso esaminato in un tribunale,
fino a comprometterne l’essenza stessa. Il margine di apprezzamento è stato
dunque oltrepassato e la Corte non rinviene nessuna ragione per discostarsi
dal ragionamento della Corte nella precedente causa Howald Moor e altri c. Svizzera. La Corte giudica inoltre
eccessiva la durata del procedimento dinanzi al Tribunale federale elvetico,
a causa della sospensione del giudizio per oltre quattro anni e mezzo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 8 febbraio 2024 (Auray e Altri
c. Francia) Art. 5 §1 (Ratione
materiae), Art 2 P.4, Art. 10 e Art 11 – Nel caso dell’accerchiamento dei
ricorrenti da parte delle forze dell’ordine per diverse ore a margine di una
manifestazione e in un contesto di violenza urbana, la Corte giudica che
l’avvenuta limitazione della libertà personale non costituisca, tenuto conto
della sua natura e del modo in cui è stata effettuata, una "privazione
della libertà" ex Art 5 CEDU, nonostante la sua durata e i suoi effetti
sui ricorrenti. Tuttavia, la Corte rinviene una violazione della libertà di
circolazione e delle libertà di riunione e di espressione, a danno dei
ricorrenti, confinati a seguito dell’accerchiamento e impossibilitati a
partecipare alla manifestazione. In specie, la Corte ritiene che il ricorso
alla tecnica dell’accerchiamento [“kettling”]
di cui si discute non fosse “previsto dalla legge” all’epoca dei fatti
contestati, in assenza di un testo destinato alle forze dell’ordine che lo
menzionasse. Il regime giuridico generale relativo al mantenimento
dell’ordine pubblico in vigore all’epoca non definiva dunque un quadro
sufficientemente preciso da costituire una garanzia contro il rischio di
misure arbitrarie. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 23 gennaio 2024 (O.G. e Altri
c. Grecia) Art. 8 – Violazione del diritto alla tutela della vita privata
causata dal prelievo di sangue condotto dalle autorità greche, in
una stazione di polizia e senza previo consenso, su donne sospettate di
compiere atti di prostituzione. La Corte rileva essersi trattato di
un’interferenza non prevista dalla legge e condanna altresì la successiva
decisione del pubblico ministero greco di rendere pubblici dati medici
altamente sensibili delle persone sieropositive interessate dal controllo,
insieme alla loro identità e alle loro fotografie e al motivo del
procedimento penale avviato nei loro confronti. La diffusione dei dati,
caricati sul sito web della polizia e successivamente diffusi dai media, ha
concorso a determinare un’interferenza
non sufficientemente giustificata e sproporzionata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 18 gennaio 2024 (Allée c.
Francia) Art. 10 – Violazione della libertà di espressione a causa della
condanna penale della ricorrente per pubblica diffamazione [“diffamation publique”], a seguito di
accuse di molestie e di aggressioni sessuali rivolte al vicepresidente
esecutivo dell’associazione nella quale era impiegata, accuse inviate per
posta elettronica a sei persone. La Corte condanna l’approccio eccessivamente
restrittivo dei giudici nazionali, che hanno riconosciuto il carattere
pubblico dell’e-mail ai sensi della legge dello Stato, senza considerare
invece la necessità, alla luce dell’Art. 10 CEDU, di fornire una tutela
adeguata alle persone che denunciano atti di molestie psicologiche o sessuali
di cui si considerano vittime. I giudici nazionali, rifiutando di adattare
alle circostanze del caso la nozione di base “fattuale sufficiente” [“base factuelle suffisante”] e i
criteri di buona fede, hanno imposto un onere della prova eccessivo alla
ricorrente, pur avendo avute le sei mail inviate degli effetti limitati sulla
reputazione del presunto aggressore. La Corte nota poi come, pur essendo
stata la sanzione di entità modesta, la condanna penale abbia un inevitabile
effetto deterrente e ciò determini l’assenza di un rapporto ragionevole di
proporzionalità. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 16 gennaio 2024 (al-Hawsawi c.
Lituania) Art. 1, Art. 2, Art. 3, Art. 5, Art. 6, Art. 1 P.6, Art. 8, Art 13 e
Art. 46 – Violazione di plurimi diritti convenzionali nel caso di un
cittadino saudita, sospetto terrorista islamista, detenuto in modo
extra-giudiziale presso una base segreta della C.I.A. in Lituania, Paese al
quale la Corte riconduce la giurisdizione nel caso delle violazioni in
questione. La Corte rinviene una violazione del divieto di trattamenti inumani
e degradanti subita dal ricorrente durante il periodo di detenzione in
Lituania, nel corso di una “consegna straordinaria” [“extraordinary rendition”], in specie si condanna la complicità
dello Stato convenuto nel collaborare al programma della C.I.A, così
consentendo alle autorità statunitensi di sottoporre il ricorrente a
trattamenti inumani in territorio lituano e di trasferirlo da tale territorio
nonostante il rischio reale di ulteriori trattamenti contrari all’Art. 3. Vi
è inoltre stata un’indagine inefficace sulle accuse mosse dal ricorrente
sulle gravi violazioni della Convenzione da lui subite. La violazione dell’Art. 5 riguarda la stessa detenzione illegale e
segreta del ricorrente nel centro di detenzione della C.I.A. su territorio
lituano e l’aver lo Stato convenuto acconsentito al trasferimento del
ricorrente da parte delle autorità statunitensi dal suo territorio,
nonostante il rischio reale di essere sottoposto a trattamenti inumani. La Corte riscontra un’interferenza con la vita privata e familiare
del ricorrente non "conforme alla legge" e priva di
giustificazione, data l’imposizione a quest’ultimo di una detenzione illegale
e segreta. La Corte rinviene poi una violazione del diritto a un equo processo
in un tempo ragionevole, in correlazione alle violazioni degli Artt. 2 e 3
CEDU e dell’art. 1 P.6, a causa della consegna straordinaria alla C.I.A.
nonostante il rischio reale e prevedibile di un processo palesemente iniquo
davanti alla commissione militare statunitense a Guantanamo e
dell’imposizione della pena di morte in capo al ricorrente. La Corte rinviene da ultimo l’assenza di rimedi efficaci per il
ricorrente, secondo quanto disposto dall’Art. 13 CEDU e in rapporto ai
diritti violati, e dispone un elenco dettagliato di misure che lo Stato
dovrebbe intraprendere in esecuzione della sentenza in oggetto e per fare
valere i diritti del ricorrente, attualmente sotto processo davanti a una
commissione militare presso la base statunitense di Guantanamo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 16 gennaio 2024 (Alkhatib e
Altri c. Grecia) Art. 2 – Violazione del diritto alla vita sotto il profilo
procedurale a causa dell’indagine inadeguata e incompleta su di un passeggero
gravemente ferito quando la Guardia Costiera greca ha sparato sul motore di
un’imbarcazione che trasportava illegalmente dei migranti. La Corte condanna l’incapacità da parte
delle autorità nazionali, a causa delle lacunosità dell’inchiesta
condotta, di stabilire se l’uso di una
forza potenzialmente letale fosse o meno giustificato nelle particolari
circostanze dell’operazione di intercettazione. La Corte rinviene una
violazione dell’Art. 2 anche dal punto di vista sostanziale per l’uso
eccessivo della forza da parte della guardia costiera, nonostante la
presumibile presenza di passeggeri nascosti a bordo dell’imbarcazione. La
Corte riscontra la mancanza della vigilanza necessaria per ridurre al minimo
l’uso della forza letale e il possibile rischio per la vita dei soggetti
coinvolti, nonché la mancanza di un quadro normativo adeguato da parte dello
Stato che disciplini l’uso della forza potenzialmente letale nelle operazioni
di sorveglianza marittima. L’uso della forza nel caso di specie deve dunque
ritenersi come non assolutamente necessario né strettamente proporzionato
alle circostanze particolari del caso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 14 novembre 2023 (Nika c.
Albania) Art. 2 – Violazione del diritto alla vita, sotto il profilo
procedurale, a causa dell’uccisione del parente dei ricorrenti da parte di
agenti dello Stato durante una protesta politica degenerata in violenza
davanti all’ufficio del Primo Ministro, a seguito di un colpo d’arma da
fuoco. La Corte censura la mancata conduzione da parte delle autorità di
un’indagine efficace in grado di portare all’identificazione e alla punizione
dei responsabili degli eventi e di stabilire la verità, a causa delle carenze
generali nelle prime fasi dell’indagine, così come della mancanza di un’
indagine adeguata sulle possibili responsabilità per gli eventi da parte dei
comandanti delle forze dell’ordine presenti sul campo. Sotto il profilo
sostanziale dell’Art. 2, la Corte rinviene un uso ingiustificato della forza
letale da parte degli agenti, causato anche da carenze del quadro giuridico
vigente all’epoca dei fatti e alla disciplina dell’uso di armi potenzialmente
letali in relazione alle operazioni di controllo della folla. Nel caso
concreto, ossia quello della
protezione dell’ufficio del Primo Ministro, la Corte ritiene che l’Art. 2
della Convenzione non consentisse l’uso della forza letale per la sola
protezione della proprietà in quanto tale, dovendosi invece definire
eventuali circostanze eccezionali che potessero giustificare l’uso letale
della forza a tale scopo. Il diritto nazionale pertinente all’epoca, che
autorizzava l’uso di armi da fuoco per la protezione della proprietà deve
perciò ritenersi carente a tale riguardo. A ciò vanno aggiunti gravi difetti
nella pianificazione e nel controllo delle operazioni di polizia in relazione
alla protesta. Per quanto riguardo le misure individuali da intraprendere secondo
l’Art. 46 della Convenzione, le autorità nazionali devono continuare ad
adoperarsi per chiarire le circostanze della morte del parente dei ricorrenti
e identificare e punire i responsabili. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 9 novembre 2023 (Legros e
Altri c. Francia) Art. 6 § 1 e Art. 1 P. 1 – Violazione del diritto
di accesso a un tribunale nel caso dell’applicazione generale e retroattiva
di un nuovo termine, il quale limita nel tempo la possibilità di presentare un ricorso, ai ricorsi proposti
prima del citato mutamento della giurisprudenza, i quali sono stati dunque
respinti dal giudice amministrativo francese, in quanto tardivi. Il mutamento
giurisprudenziale in oggetto ha limitato la possibilità di impugnare, al di
fuori del termine legale o regolamentare, una decisione presa
dall’amministrazione, in assenza di un riferimento ai mezzi e ai termini di
ricorso, solo entro un "termine ragionevole" [délai raisonnable], di norma non superiore a un anno dalla
notifica o dalla conoscenza della decisione, a meno che non si dimostrino
circostanze particolari. La Corte rinviene la creazione, da parte del
Consiglio di Stato e a titolo di precedente (decisione "Czabaj"), di una nuova condizione
di ammissibilità, basata su motivi di per sé sufficienti e che giustificano
l’inversione della giurisprudenza, pur con una probabile incidenza sulla
sostanza del diritto al ricorso, senza violare eccessivamente il diritto di
accesso a un tribunale. Tuttavia, la Corte ritiene che l’immediata
applicazione della nuova giurisprudenza ai procedimenti in corso fosse
imprevedibile in principio e in concreto per i ricorrenti del caso di specie,
restringendo il loro diritto d’accesso a una corte in modo tale da annullarlo
nel caso concreto. Rispetto alla violazione del diritto al godimento dei propri beni,
la Corte ritiene che il ricorrente non sia stato in grado, a seguito
dell’irricevibilità del ricorso, di ottenere una risposta giudiziaria al
merito della controversia relativa alla violazione del diritto al rispetto in
oggetto, con un conseguente sconvolgimento dell’equo bilanciamento fra i
diritti convenzionali. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 7 novembre 2023 (Durdaj e
Altri c. Albania) Art. 2 – Violazione del diritto alla vita, dal punto di vista
procedurale, a causa della mancanza d’efficacia del procedimento penale
relativo all’esplosione presso l’impianto di smantellamento delle armi di
Gërdec, che ha provocato morti e feriti gravi. L’indagine è qualificata dalla
Corte come adeguata dal punto di vista dell’aver accertato le circostanze
dell’incidente e dell’aver portato all’identificazione dei responsabili,
inoltre ai ricorrenti è stato concesso l’accesso all’indagine nella misura necessaria
a salvaguardare i loro legittimi interessi. Anche la pena detentiva e il
tempo trascorso in carcere non appaiono manifestamente sproporzionati
rispetto alla gravità degli atti commessi. Ai ricorrenti non è però stata
data la possibilità di partecipare effettivamente al procedimento penale
contro gli imputati, mentre il procedimento penale rivolto contro l’ex
ministro della Difesa albanese risulta ancora in corso, dopo oltre
quattordici anni, risultando dunque il procedimento afflitto da notevoli ritardi
e dall’inerzia delle autorità. Per quanto riguarda il profilo sostanziale del
diritto alla vita, sotto forma dell’entità della compensazione data ai feriti
o ai parenti delle vittime, la Corte ritiene che i ricorrenti non abbiano
esaurito le vie di ricorso interne, nel quadro di un ordinamento giuridico
nazionale che si presenta come pertinente e che prevede diverse basi
giuridiche per chiedere un risarcimento allo Stato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 31 ottobre 2023 (Bild GmbH & Co. KG c. Germania) Art. 10 – Violazione della libertà d’espressione nel caso di
un’ingiunzione che ordini alla società che gestisce un sito web
d’informazione di cessare la pubblicazione di un filmato a circuito chiuso di
un arresto di polizia, in quanto abbia mancato di sfocare il volto di uno dei
poliziotti. Nel caso di specie, l’ingiunzione riguardava due pubblicazioni,
ma anche qualsiasi futura pubblicazione di filmati non modificati,
indipendentemente dalla copertura che li accompagnava. La Corte rimarca come
i dipendenti pubblici e i funzionari pubblici, compresi gli agenti di
polizia, in assenza di accuse di cattiva condotta, non sono privati di un
interesse legittimo a proteggere la loro vita privata contro, tra l’altro, la
falsa rappresentazione di un abuso d’ufficio. La Corte aggiunge che, anche se
non esiste una regola generale ai sensi dell’Art. 8 secondo cui gli agenti di
polizia non dovrebbero essere generalmente riconoscibili nelle pubblicazioni
della stampa, possono esistere circostanze in cui prevale l’interesse alla
protezione della vita privata di un singolo agente. Se il bilanciamento dei
diritti concorrenti degli Artt. 8 e 10 effettuato dai tribunali nazionali è
sufficiente per la prima pubblicazione, esso non lo è per la seconda, così
come non è estendibile quale criterio generale per qualsiasi altra
pubblicazione futura. Per la Corte, particolare importanza va attribuita alla
presentazione editoriale della prima pubblicazione, in quanto vi è stata una
mancata valutazione, da parte del sito, della misura in cui la pubblicazione
dell’immagine avrebbe potuto alimentare un dibattito pubblico. D’altra parte,
il ragionamento generale secondo cui qualsiasi copertura non pixellata
sarebbe illegittima anche se riflettesse le circostanze effettive
dell’intervento della polizia, senza ritrarre negativamente l’agente di
polizia, potrebbe portare a un inaccettabile divieto di qualsiasi futura
pubblicazione non consensuale di immagini inedite di agenti di polizia che
svolgono le loro funzioni, a prescindere dall’interesse pubblico rispetto
all’uso della effettivo della forza da parte della polizia. Si determinerebbe
dunque un’interferenza qualificabile come non necessaria in una società
democratica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 24 ottobre 2023 (Pająk e
Altri c. Polonia) Art. 6 § 1, Art. 14 e Art. 8 – Violazione del diritto di accesso a
un tribunale nei confronti di tutti i ricorrenti a causa dell’assenza di
gravi motivi in grado di giustificare l’eccezionale assenza di controllo
giurisdizionale rispetto alla cessazione anticipata delle funzioni
giudiziarie dei ricorrenti a seguito di decisioni unilaterali del Ministro
della Giustizia, rappresentante dell’esecutivo, e del Consiglio giudiziario
nazionale, organo subordinato a quest’ultimo. La Corte ritiene applicabile l’Art
6 § 1 alla luce della seconda condizione stabilita nella causa “Eskelinen”. La Corte rinviene anche una violazione del divieto di
discriminazione, in combinato disposto con il diritto al rispetto della vita
privata, nei confronti delle tre ricorrenti che avevano presentato ricorso
per la violazione dei relativi diritti, lamentando il carattere
discriminatorio del pensionamento anticipato di cinque anni rispetto ai
giudici di sesso maschile che si trovavano in una situazione analoga e, più
in generale, della normativa che differenzia tra uomini e donne l’età di
pensionamento dei giudici e dei rifiuti ministeriali di autorizzare le
ricorrenti a continuare ad esercitare le loro funzioni oltre l’età massima
stabilita per le donne. Le ricorrenti lamentavano al riguardo il danno alle
rispettive carriere professionali e le ripercussioni significative
sull’importo delle pensioni di anzianità, con l’impossibilità di svolgere,
dopo il pensionamento, un’attività lavorativa che consenta loro di
raggiungere una soddisfacente realizzazione professionale. Due opinioni dissenzienti sono annesse al giudizio |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 24 ottobre 2023 (Myslihaka c.
Albania) Art. 3 P. 1 – Mancata violazione del diritto di voto da parte del
divieto di voto imposto dalla legge che impedisce ai detenuti in servizio
condannati per reati gravi di votare alle elezioni politiche, in quanto si
tratta di una restrizione non generale o universale. Infatti, la Corte nota
come l’applicazione della restrizione sia limitata a un elenco specifico di
reati, che interessano quindi un numero ristretto di persone, e come sia
comunque subordinata alla natura e alla gravità del reato commesso e destinata
a terminare quando la pena detentiva è stata scontata. Nel caso in oggetto,
considerata la gravità dei reati commessi dai richiedenti, la privazione del
diritto di voto è giustificata e proporzionata, e vi è un legame discernibile
e sufficiente tra i reati commessi dai richiedenti e la revoca del diritto di
voto, laddove gli interessi contrapposti appaiono essere stati ben
equilibrati, senza che il margine di apprezzamento sia stato oltrepassato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 24 ottobre 2023 (Stoianoglo c.
Moldavia) Art. 6 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale causato
dalla mancanza di controllo giurisdizionale rispetto alla sospensione
automatica di un pubblico ministero dalle proprie funzioni per più di due
anni, prevista dalla legge moldava nei casi in cui sia stato avviato un
procedimento penale nei confronti del pubblico ministero. La Corte ritiene
applicabile al caso di specie l’Articolo 6, paragrafo 1. Ritiene peraltro
soddisfatta la prima condizione dei criteri “Eskelinen”, in quanto era lo stesso diritto interno che non
consentiva al ricorrente d’impugnare il provvedimento di sospensione, pur in
assenza di una disposizione espressa al riguardo. Peraltro, successivamente
la legislazione interna è stata modificata per dare al Consiglio superiore dei
pubblici ministeri la possibilità di riesaminare l’opportunità o meno di
mantenere tale provvedimento. La Corte
ritiene però non soddisfatta la seconda condizione dei criteri dettati nel
caso “Eskelinen”, perché il mancato
accesso del ricorrente a un tribunale non è giustificato da ragioni oggettive
legate agli interessi dello Stato. Infatti, anche se il requisito
dell’indipendenza di cui all’articolo 6 paragrafo 1 si applica ai giudici e
ai tribunali e non ai pubblici ministeri, non è possibile tracciare una linea
di demarcazione netta tra i giudici e i pubblici ministeri per quanto
riguarda la necessità di protezione contro le interferenze arbitrarie nelle
loro funzioni da parte delle autorità pubbliche. È dunque necessario vi sia
il controllo da parte di un organo giudiziario indipendente in grado di
garantire efficacemente tale protezione nel caso di misure come la
destituzione. La Corte nota, del resto, come nella legislazione nazionale i
pubblici ministeri siano espressamente equiparati ai giudici per quanto
riguarda la loro indipendenza, deducendo che via sia stata un’insufficiente
giustificazione della limitazione del diritto coinvolto nel caso di specie,
dovuta al mero timore di un’influenza del pubblico ministero sospeso sul
procedimento penale avviato contro di lui, con una violazione della sostanza
stessa del diritto di accesso a un tribunale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 10 ottobre 2023 (Pengezov c.
Bulgaria) Art. 6 e Art. 8 CEDU – Violazione del diritto a un equo processo nel
caso di un giudice sospeso dalle sue funzioni a causa di un procedimento
penale avviato nei suoi confronti per reati asseritamente commessi
nell’esercizio delle sue precedenti funzioni e al fine di preservare
l’autorità della magistratura. La Corte infatti ritiene che la decisione
discrezionale del Consiglio superiore della magistratura bulgaro (CSM) non
sia stata circondata da sufficienti garanzie procedurali e sia stata invece
priva di motivazioni reali circa la necessità della misura somministrata. La
suprema Corte amministrativa ha poi formalmente esaminato le condizioni di
legittimità della decisione del CSM, ma ha limitato il proprio riesame, senza
portare avanti un’analisi indipendente dei fatti e rifiutando di controllare
la giustificazione dell’incriminazione. La Corte rileva come l’incriminazione
di un giudice da parte della Procura bulgara finisca per non essere soggetta
a un controllo giurisdizionale indipendente, derivandone un effetto
cumulativo problematico e un insufficiente spazio per il controllo da parte
dell’Alta Corte. La Corte rinviene poi una violazione del diritto alla vita privata
da parte della misura controversa, in quanto essa ha avuto gravi
ripercussioni sulla vita privata e professionale del ricorrente, come la
privazione della sua retribuzione e l’impossibilità di esercitare un’altra
attività professionale. Il ricorrente è stato lasciato nell’incertezza circa
la durata della sospensione in considerazione della durata del procedimento
penale e dell’assenza di mezzi di ricorso per chiedere la revoca della misura,
con un rischio intrinseco per l’indipendenza del giudice in questione. La
Corte rinviene dunque una mancanza di garanzie adeguate contro gli abusi e
una mancanza di motivi pertinenti e sufficienti a giustificazione della
compressione del diritto, per cui, nonostante il margine di apprezzamento
riservato allo Stato, la misura non appare proporzionata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 10 ottobre 2023 (I.V. c.
Estonia) Art. 8 CEDU – Violazione del diritto alla vita privata in una
vicenda conclusa a livello interno con il tentativo infruttuoso di un
cittadino lettone di ottenere l’annullamento di una decisione di un tribunale
estone in forza della quale il suo figlio biologico veniva adottato dal
marito della madre. La Corte censura in particolare la mancata diligenza dei
giudici nazionali nel procedimento di adozione in Estonia, in quanto hanno
mancato di considerare il procedimento di accertamento della paternità pendente ad opera del ricorrente in Lettonia e di
cui i giudici estoni erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza. A fronte
di tale profilo, la Corte censura l’avvenuto rigetto della domanda di
annullamento del ricorrente solo per motivi formali. La Corte statuisce che i
principi derivanti dalla giurisprudenza della Corte in materia di padri
putativi che contestano la paternità legale di una persona che ha
riconosciuto un figlio come proprio sono applicabili anche alla questione se
un presunto padre biologico debba essere autorizzato a contestare l’adozione
del suo presunto figlio da parte di un’altra persona. La Corte ritiene
dipendere il mancato raggiungimento di un giusto equilibrio tra le
concorrenti esigenze dalla mancata identificazione ed esame delle circostanze
particolari del caso e dalla mancata valutazione dei diritti e degli
interessi delle persone coinvolte nei procedimenti di adozione o di
annullamento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 10 ottobre 2023 (Internationale
Humanitäre Hilfsorganisation e.V. c. Germania) Art. 11 CEDU – Mancata violazione della libertà di associazione in
conseguenza della proscrizione dell’associazione ricorrente, con connesso
scioglimento e confisca dei suoi beni, a causa delle considerevoli donazioni
finanziarie da essa compiute a favore di società caritatevoli legate
all’organizzazione terroristica “Hamas”. La Corte ritiene che la lotta contro
il terrorismo internazionale attraverso la protezione del concetto di
“comprensione internazionale” [“international
understanding”] abbia costituito nel caso in oggetto un obiettivo
legittimo di protezione dei diritti e delle libertà altrui. Ciò in quanto gli
obiettivi perseguiti dal divieto di sostegno indiretto al terrorismo sono
molto importanti e il margine di apprezzamento degli Stati è in tale settore
più ampio. Inoltre, la proscrizione è una misura di ultima istanza, adottata
dallo Stato tedesco a seguito di un’ampia valutazione di misure
potenzialmente meno restrittive. Nel caso di specie è stato debitamente
stabilito che l’associazione ricorrente, pur presentando le proprie attività
sotto l’apparenza di aiuti umanitari, ha consapevolmente sostenuto il
terrorismo internazionale, direttamente o indirettamente. La condotta
dell’associazione era perciò incompatibile con i valori fondamentali della
Convenzione, a fronte dell’operazione di bilanciamento completo e trasparente
condotto dai giudici nazionali. La Corte valorizza i motivi pertinenti e
sufficienti posti dietro la scelta della proscrizione per ritenere il margine
di apprezzamento non oltrepassato in questo caso come, in generale, nei casi
di incitamento alla violenza. L’interferenza è stata dunque ritenuta
proporzionata e necessaria in una società democratica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 5 ottobre 2023 (Sarl
Couttolenc Frères c. Francia) Art. 1 P. 1 CEDU – Mancata violazione del divieto di privazione
della proprietà in conseguenza del
trasferimento a un ente locale, in virtù della regola nota come della
"proprietà reversibile" [“biens
de retour”], di impianti di risalita sciistica gestiti dalla società
ricorrente, la quale era stata previamente in grado di gestire
commercialmente gli impianti contestati per oltre ventotto anni dall’entrata
in vigore della legge francese del 9 gennaio 1985, da cui deriva la
qualificazione generale del servizio di risalita come "servizio
pubblico" [“service public”].
La Corte riscontra l’assenza di oneri speciali ed esorbitanti per il solo
fatto di non aver ottenuto la società il pagamento di una somma
corrispondente al valore di mercato dei beni trasferiti all’ente
territoriale. In un contesto caratterizzato da un ampio margine di
apprezzamento statale la Corte valorizza l’importanza dello scopo legittimo
perseguito, ossia la continuità di un servizio pubblico nell’ambito di una
politica di pianificazione territoriale e ritiene comunque proporzionata
l’azione dello Stato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 5 ottobre 2023 (Gurbanov c.
Armenia) Art. 8 e Art. 14 CEDU –
Mancata violazione del diritto alla vita privata e familiare in conseguenza
dell’imposizione da parte delle autorità armene di un’attesa di trentotto
giorni prima del rimpatrio della salma del figlio del ricorrente, un soldato
azero, dopo la sua morte durante una sparatoria al confine tra l’Armenia e
l’Azerbaigian. La Corte ritiene che l’attesa abbia perseguito lo scopo
legittimo di stabilire le circostanze dell’incidente, che ha portato anche
alla morte di alcuni soldati armeni, rendendosi necessari esami forensi che
sono comunque stati condotti entro i tempi previsti dal diritto interno e non
sono da ritenersi eccessivi o fuori luogo, date le relazioni conflittuali tra
lo Stato convenuto e l’Azerbaigian. La Corte nota come il Comitato
internazionale della Croce Rossa sia stato tenuto informato per tutto il
periodo della necessità di varie fasi investigative e che il periodo
complessivo, non irragionevole, si è mantenuto entro un equo equilibrio tra i
diritti del richiedente ai sensi dell’Art. 8 e lo scopo legittimo perseguito.
La Corte statuisce inoltre che non vi sia stata violazione del
divieto di discriminazione, data la giustificazione obiettiva e ragionevole
per un trattamento diverso nella restituzione del corpo del figlio del
ricorrente e dei corpi dei soldati armeni deceduti. La Corte dà rilievo
all’esistenza di un contesto generale di ostilità e tensione tra i due Paesi,
che richiede misure diverse per queste diverse situazioni, pur nel rispetto
del principio di proporzionalità rispetto allo scopo perseguito, in questo caso
comunque integrato. La Corte non rinviene nessuna indicazione di pregiudizio
etnico nella gestione del fascicolo penale che coinvolge il figlio del
ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 26 settembre 2023 (Yüksel
Yalçınkaya c. Turchia) Art. 15, Art. 7, Art. 6 § 1 e Art. 11 CEDU – Violazione del
principio di legalità penale, nelle forme della duplice violazione dei
principi nullum crimen sine lege e nulla poena sine lege, in conseguenza
di una condanna pronunciata per l’appartenenza a un’organizzazione
terroristica armata, basata in modo decisivo sull’uso dell’applicazione di
messaggistica criptata ByLock e
posteriore al tentato golpe del
2016, ossia durante un periodo
d’invocata deroga a taluni dei diritti convenzionali, in tempo di emergenza
pubblica minacciante la vita della nazione. La Grande Camera ritiene che non
siano stati debitamente accertati gli elementi materiali e psichici
costitutivi del reato in modo individualizzato, seguendo invece i giudici
nazionali un’interpretazione giudiziale espansiva e imprevedibile incoerente
con l’essenza del reato contestato, il quale avrebbe richiesto il dolo
specifico da parte dell’imputato. La Corte infatti ricorda come l’art. 7
richieda, ai fini della punizione, l’esistenza di un nesso mentale attraverso
il quale si possa stabilire la responsabilità penale personale, mentre
l’interpretazione dei tribunali nazionali ha attribuito la responsabilità
penale in modo praticamente automatico agli utenti di ByLock. In relazione all’Art. 15, la Corte ricorda come l’art. 7
costituisca un diritto inderogabile e le sue garanzie non avrebbero potuto
essere applicate in modo meno rigoroso nemmeno in relazione a reati
terroristici presumibilmente commessi in circostanze che abbiano minacciato
la vita della nazione, dal momento che la Convenzione richiede l’osservanza
delle garanzie dell’Art. 7 anche nelle circostanze più difficili. La Corte rinviene altresì una violazione del diritto a un equo
processo, derivante dal pregiudizio per la difesa causato dalla mancata
divulgazione dei dati grezzi ottenuti dal server dell’applicazione di
messaggistica criptata, non controbilanciato da adeguate garanzie procedurali
che assicurino l’equità complessiva del procedimento. La Corte sottolinea che
le gravi difficoltà nella raccolta e nel trattamento delle prove
elettroniche, sempre più utilizzate nei processi penali, non avrebbero
richiesto un’applicazione più rigorosa o più indulgente delle garanzie di cui
all’art. 6 § 1, tuttavia l’impossibilità per la difesa di avere accesso
diretto alle prove e di verificarne in prima persona l’integrità e
l’affidabilità avrebbe imposto ai tribunali nazionali di sottoporre tali
questioni a un esame più approfondito. Invece, l’incapacità dei tribunali
nazionali di motivare la mancata divulgazione dei dati grezzi e di affrontare
le questioni relative all’uso dei dati criptati non è stata compensata da
un’adeguata garanzia procedurale. L’accesso al materiale ByLock decriptato è importante per preservare i diritti della
difesa, mentre le carenze che hanno compromesso la capacità di condurre una
difesa efficace su un piano di parità con l’accusa sono incompatibili con
l’essenza stessa dei diritti procedurali del ricorrente. D’altra parte, il
mancato rispetto dei requisiti di un equo processo non era in questo caso
strettamente richiesto dalle esigenze della situazione ai sensi dell’Art. 15
CEDU. Per la Corte, la violazione della libertà di associazione deriva
invece dall’estensione imprevedibile della portata del reato da parte dei tribunali
nazionali quando si sono basati sulla sola appartenenza del richiedente a un
sindacato e ad un’associazione considerati affiliati al partito FETÖ/PDY per
corroborare la condanna, in quanto si tratterebbe di un’interferenza non
strettamente richiesta dalle esigenze della situazione ex Art. 15. La Corte rinviene un problema sistemico collegato all’orientamento
giurisprudenziale sanzionato nella presente sentenza, mentre ritiene che, dal
punto di vista dell’esecuzione individuale della propria decisione, la
riapertura del procedimento, se richiesta, sia il modo più appropriato per
porre fine alle violazioni riscontrate. In conformità all’Art. 46, lo Stato
turco è invece tenuto ad adottare misure generali appropriate per affrontare
il problema sistemico relativo all’approccio dei propri tribunali nazionali
all’uso dell’applicazione ByLock. Opinioni concorrenti e dissenzienti sono annesse al giudizio. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 14 settembre 2023 (Baret e
Caballero c. Francia) Art. 8 CEDU – Mancata violazione del diritto alla tutela della vita
privata in conseguenza del divieto legale assoluto di procreazione post mortem sul territorio nazionale
francese e del divieto di esportazione di gameti ed embrioni a tale scopo
verso la Spagna, paese che invece autorizza tale pratica. Pur ritenendo la
Corte in astratto applicabile l’Art. 8, essa rileva la mancanza di un
consenso europeo sul punto, nonché l’esistenza di differenze tra il caso in
oggetto e la causa Pejřilová c.
Repubblica Ceca. Nel caso francese odierno, il divieto assoluto di
inseminazione post mortem è infatti
volto a salvaguardare interessi generali ricollegabili a considerazioni
morali o etiche e lo stesso divieto di esportazione è perciò volto a
prevenire il rischio di eludere il divieto di procreazione post mortem, tant’è che non si fa
nessuna differenza a seconda che le richieste di procreazione medicalmente
assistita riguardino l’inseminazione o l’esportazione di embrioni dopo la
morte. La Corte compie sia un controllo di convenzionalità in astratto della
legge che un controllo in concreto delle conseguenze della sua applicazione
da parte del Consiglio di Stato. In concreto i ricorrenti del caso in oggetto
avevano come unico intento quello di eludere la legge francese e non hanno
indicato circostanze particolari in grado di giustificare la disapplicazione
del divieto di procreazione post
mortem. Per la Corte il consenso del coniuge poi deceduto o la presenza
di un embrione non sono sufficienti a dimostrare da soli un’ingerenza
eccessiva nel diritto al rispetto della volontà di tali due soggetti, tanto
più che un embrione non di per sé è titolare di diritti sotto la Convenzione
EDU, sicché si ritiene accettabile l’interpretazione della legge adottata dai
tribunali nazionali, che hanno raggiunto un equo equilibrio tra interessi
concorrenti, senza travalicare l’ampio margine di apprezzamento esistente in
materia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 14 settembre 2023 (Valiullina
e Altri c. Lettonia) Art. 14 + Art. 2 P.1 CEDU – Mancata discriminazione nel godimento
del diritto all’istruzione, ai danni di alcuni cittadini lettoni e di alcuni
residenti permanenti non cittadini parlanti la lingua russa, in conseguenza
delle modifiche legislative che hanno aumentato la percentuale di materie
insegnate nelle scuole pubbliche nell’unica lingua di Stato, ossia il
lettone, riducendo quindi l’uso del russo come lingua di insegnamento.
Secondo la Corte, gli alunni di lingua russa e lettone si troverebbero nel
caso di specie in una situazione analoga e la contestata differenza di
trattamento sarebbe giustificata dagli obiettivi legittimi di tutela e
rafforzamento del lettone, da considerarsi come uno dei valori costituzionali
fondamentali dello Stato, nonché dal bisogno di garantire l’unità del sistema
educativo. La Corte dà rilievo all’importanza del contesto storico specifico
dell’occupazione illegale e della successiva annessione della Lettonia
all’URSS, che ha limitato in modo significativo l’uso del lettone per più di
cinquant’anni, nonché delle difficili scelte [“difficult choices”] successive al ripristino dell’indipendenza.
Per la Corte le modifiche legislative sarebbero comunque state attuate in
modo graduale e flessibile, con sufficiente margine di adattamento alle
esigenze delle persone interessate. L’ampio margine di apprezzamento dello
Stato non è stato perciò superato, anche perché il precedente sistema
educativo in vigore garantiva l’uso delle lingue minoritarie in proporzioni
variabili, per cui la riforma ha trovato una giustificazione obiettiva e
ragionevole, essendo la differenza di trattamento in base alla lingua
coerente con le finalità legittime perseguite e proporzionata. La Corte fa poi riferimento all’Art. 2 P.1 “Ratione materiae” e cita le conclusioni tratte nel “caso
linguistico del Belgio”, ricordando che l’art. 2 P. 1 CEDU non include il
diritto di accedere all’istruzione in una lingua particolare, ma garantisce
solo il diritto all’istruzione in una delle lingue nazionali o ufficiali del
paese interessato. Essendo il lettone l’unica lingua ufficiale, i ricorrenti
non possono lamentarsi della diminuzione dell’uso del russo come lingua
d’insegnamento nelle scuole pubbliche lettoni, considerata per se stessa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 12 settembre 2023 (Wieder e
Guarnieri c. Regno Unito) Art. 1 e Art. 8 CEDU – Con riferimento al requisito della
sussistenza della giurisdizione di uno Stato contraente, la Corte ritiene che
la presunta intercettazione di massa delle comunicazioni dei ricorrenti,
residenti al di fuori dello Stato convenuto e ricercatori in tema di privacy e comunicazioni, rientrasse
comunque nella giurisdizione territoriale di quest’ultimo, in quanto
l’interferenza con la vita privata per il tramite della violazione della
riservatezza delle comunicazioni si verifica quando queste vengono
intercettate, fatte oggetto di perquisizione, esaminate e utilizzate e la
conseguente lesione dei diritti alla vita privata del mittente e/o del
destinatario avviene nel luogo in cui i summenzionati atti sono compiuti, in
questo caso nel territorio dello Stato convenuto. La Corte rinviene una violazione del diritto alla vita privata
basata sulle stesse ragioni individuate nel proprio precedente “Big Brother Watch e altri c. Regno Unito
[GC]”, e dunque per le carenze fondamentali presenti nel regime di
intercettazione di massa, per l’assenza di un’autorizzazione indipendente,
per la mancata inclusione di categorie di selezionatori [“categories of selectors”] nella
richiesta di un mandato e per l’assenza di un’autorizzazione interna
preventiva per i selezionatori collegati a un individuo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 7 settembre 2023 (Gauvin-Fournis e Silliau c. Francia) Art. 8 CEDU – Mancata violazione degli obblighi positivi connessi al
diritto alla vita privata in conseguenza del rifiuto da parte delle autorità
nazionali di consentire a persone nate da procreazione medicalmente assistita
con un donatore terzo di accedere alle informazioni che le riguardavano, in
virtù della regola dell’anonimato della donazione di gameti presente
nell’ordinamento francese fino alla recente riforma del settembre 2022, con
la quale è entrato in vigore un nuovo sistema per accedere alle informazioni
sulle proprie origini. La Corte riconosce allo Stato un ampio margine di
apprezzamento per quanto riguarda i mezzi da utilizzare per garantire ai
ricorrenti l’effettivo rispetto della propria vita privata, benché ridotto
dal fatto che sia pur sempre in gioco un aspetto essenziale della stessa
dimensione della vita privata e dal fatto che il diritto di accesso alle
proprie origini sia tutelato dalla Convenzione. La Corte prende anche atto
della sopravvenuta ponderazione degli interessi e dei diritti coinvolti da
parte del legislatore al termine di un processo di riflessione ricco ed
evolutivo sulla necessità di eliminare l’anonimato del donatore, nonché del
fatto che non vi è un chiaro consenso europeo sul diritto di accesso alle
proprie origini, nonostante una recente tendenza a favore dell’eliminazione
dell’anonimato del donatore. Nel caso di specie, si deve ritenere che lo
Stato ‒ senza superare il proprio margine di apprezzamento ‒
abbia mantenuto un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco nel
respingere le richieste di accesso alle informazioni mediche non
identificative di donatori terzi in base al rispetto del segreto medico,
fatte salve le deroghe a favore del medico per motivi sanitari. La scelta del
legislatore è stata di concedere l’accesso alle origini solo previo consenso
del donatore terzo, per i richiedenti nati prima dell’entrata in vigore della
nuova legge (1° settembre 2022), al fine di rispettare le situazioni sorte
prima della recente riforma. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 7 settembre 2023 (Bavčar
c. Slovenia) Art. 6 § 2 CEDU – Violazione della presunzione di innocenza in
conseguenza di dichiarazioni rilasciate dal Ministro della Giustizia e dal
Primo Ministro sloveno su un importante personaggio politico ed economico che
era stato condannato in primo grado per riciclaggio di denaro e
successivamente aveva presentato appello, a causa della stretta vicinanza
temporale tra la condanna in primo grado, la dichiarazione del Ministro e la
successiva sentenza di appello da parte della Corte Superiore. La Corte ritiene
vi sia stato un effetto cumulativo delle dichiarazioni in grado di
pregiudicare il processo decisionale della Corte Superiore [“Higher Court”] e di incoraggiare
l’opinione pubblica a ritenere il ricorrente colpevole prima che ciò fosse
provato in modo definitivo. La Corte ritiene d’altra parte che l’interpretazione e
l’applicazione del diritto interno da parte dei giudici nazionali siano state
coerenti con l’essenza del reato in questione e prevedibili, con frequenti
riferimenti alla stessa giurisprudenza della Corte EDU. Non rinviene dunque
una lesione dell’Art. 7 CEDU. Un’opinione concorrente e un’opinione in parte dissenziente sono
annesse al giudizio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 29 agosto 2023 (Kovačević
v. Bosnia-Erzegovina) Art. 1 P.12 CEDU – Violazione del divieto di discriminazione a causa
dell’impossibilità per il ricorrente, per via della combinazione di requisiti
territoriali ed etnici, di votare per i candidati di sua scelta alle elezioni
legislative e presidenziali a livello statale, in quanto il ricorrente stesso
non era affiliato a uno dei "popoli costituenti" costituzionalmente
definiti o a qualsiasi altro gruppo etnico a cui si fa riferimento
nell’ordinamento della Federazione di Bosnia-Erzegovina. La Corte giudica che
il caso in oggetto rappresenti un trattamento discriminatorio in base
all’etnia e al luogo di residenza, stigmatizzando in particolare le
disposizioni che escludono alcuni cittadini dalla Camera dei Popoli bosniaca
per motivi etnici amplificando le divisioni etniche e minando il carattere
democratico delle elezioni. La Corte rimarca inoltre come la riforma del
sistema elettorale nazionale, oggi basato sul concetto di "popoli
costituenti", fosse un obbligo a cui lo Stato si era vincolato al
momento dell’adesione al Consiglio d’Europa, anche a seguito dei rilievi
mossi dalla Commissione di Venezia nel 2002. I "popoli costituenti"
di cui alla Costituzione bosniaca godono ancora oggi di una posizione
privilegiata nell’attuale sistema politico e non possono essere inquadrati
come una minoranza in pericolo rispetto alla quale lo Stato, in sintonia con
la Convenzione EDU, possa cercare di riequilibrare una ipotetica situazione
di fatto ineguale [“factual
inequalities”]. La Corte rimarca invece come nessuno dovrebbe essere
costretto a votare solo secondo le linee etniche prescritte e
indipendentemente dal suo punto di vista politico. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 18 luglio 2023 (Camara c.
Belgio) Art. 6 e Art. 46 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un
tribunale da parte del rifiuto delle autorità nazionali di eseguire
un’ordinanza immediatamente esecutiva che impone allo Stato di fornire
alloggio e assistenza materiale a un richiedente protezione internazionale.
La Corte rileva come la presa in carico del richiedente sia avvenuta solo a
seguito del provvedimento provvisorio disposto dalla Corte europea stessa e,
pur prendendo atto della difficile situazione dello Stato convenuto in relazione
al significativo aumento del numero di domande di protezione internazionale e
all’insufficiente capacità di accoglienza dei richiedenti, rileva anche la
mancata esecuzione sistematica, da parte delle autorità nazionali, delle
decisioni giudiziarie definitive relative all’accoglienza, il che comporta un
pesante carico di lavoro per le autorità giudiziarie nazionali belghe e per
la stessa Corte EDU. Dal punto di vista della forza vincolante e
dell’attuazione delle sentenze della Corte nel caso di misure aventi
carattere generale, si rileva come lo Stato convenuto sia tenuto a porre
rimedio al problema sistemico della capacità delle autorità nazionali di
rispettare il diritto interno in materia di diritto all’accoglienza dei
richiedenti asilo, diritto interne che vede ricomprese le decisioni
giudiziarie definitive aventi carattere esecutivo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 13 luglio 2023 (A.A. c. Svezia) Art. 2 e Art. 3 CEDU – Mancata violazione del diritto alla vita e
del divieto di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti da parte
dell’espulsione di un cittadino libico in Libia dalla Svezia. La Corte
ritiene che l’allontanamento di un cittadino libico dopo il rifiuto della
domanda di asilo non comporti una violazione della Convenzione, in quanto la
situazione della sicurezza in Libia non è tale da far sorgere una necessità
generale di protezione internazionale per i richiedenti asilo. D’altra parte,
la valutazione da parte delle autorità nazionali delle circostanze
individuali del richiedente è accurata e fondata su motivi razionali, mentre
il richiedente non ha dimostrato il rischio di essere ucciso o sottoposto a
maltrattamenti al suo ritorno in Libia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 13 luglio 2023 (Golovin c.
Ucraina) Art. 8 e Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto alla vita privata
e al diritto a un equo processo da parte della dismissione dal servizio di un
giudice della Corte costituzionale ucraina, da parte del Parlamento e dopo i
rivolgimenti politici del 2014, per aver partecipato a una sentenza del 2010
ritenuta discutibile, senza che fosse però offerta una chiara interpretazione
della supposta "violazione del giuramento" a lui imputata e della
portata dell’immunità funzionale del ricorrente. La Corte compie un’applicazione
della precedente sentenza Ovcharenko
e Kolos c. Ucraina, chiarendo come
anche in questo caso sia dato riscontrare un controllo giurisdizionale
successivo alla dismissione del ricorrente, e svolto dalla Corte Suprema, che
è da ritenersi inadeguato alla tutela dei diritti convenzionali, con
l’assenza di risposte elaborate su questioni cruciali relative alle garanzie
offerte alla magistratura entro uno Stato di diritto. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 11 luglio 2023 (Semenya c.
Svizzera) Art. 14, Art. 8, Art. 13 CEDU – Violazione del divieto di
discriminazione in relazione alla tutela della vita privata, da parte delle
insufficienti garanzie istituzionali e procedurali contro la discriminazione
di una famosa atleta professionista sudafricana con differenze nello sviluppo
sessuale, obbligata da un regolamento non statale dell’International Association of Athletics Federations (IAAF) a
ridurre il suo livello naturale di testosterone per poter partecipare a
competizioni internazionali nella categoria femminile. La Corte ritiene
applicabile l’Art. 14, in quanto la ricorrente si trova in una situazione
paragonabile a quella di altre atlete e viene trattata in modo diverso a
causa della sua esclusione dalle competizioni sulla base dei regolamenti
sportivi internazionali. La Corte rileva come l’arbitrato imposto dai
regolamenti sportivi escluda il ricorso ai tribunali ordinari, a favore della
Corte di Arbitrato per lo Sport (CAS), con sede in Svizzera, la quale,
nonostante una motivazione molto dettagliata, non ha applicato la Convenzione
e ha lasciato cadere notevoli dubbi sulla validità dei regolamenti sportivi.
La Corte EDU lamenta in proposito un controllo molto limitato da parte del
Tribunale federale svizzero sulla decisione arbitrale, con la mancanza di un
esame completo e adeguato della pretesa di trattamento discriminatorio e di
una ponderazione appropriata e adeguata di tutti gli interessi in gioco. In
particolare, la Corte rileva come la mancanza di differenziazione tra
sportive transgender e intersessuali non sia stata sollevata dal Tribunale
federale e che una discriminazione basata sul sesso e sulle caratteristiche
sessuali può essere giustificata solo da "considerazioni molto
forti". Si rileva poi come dalla decisione abbia avuto origine un
problema personale assai significativo per la ricorrente, ossia l’esclusione
dall’esercizio della sua professione, per cui il margine di apprezzamento,
comunque ridotto in questo ambito, è da ritenersi superato, in quanto la
misura imposta non è stata obiettiva né proporzionata allo scopo perseguito. Dal punto di vista del diritto a un ricorso effettivo, la Corte
rileva la scarsa efficacia dei rimedi offerti dall’ordinamento nazionale per
la mancanza di sufficienti garanzie istituzionali e procedurali. La Corte
ritiene che la risposta del Tribunale federale alle accuse sostanziali e credibili di
discriminazione presentate dalla ricorrente sia stata inadeguata, in
particolare a causa del suo potere di controllo molto limitato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 6 luglio 2023 (Tuleya c.
Polonia) Art. 6 § 1, Art. 8 e Art. 10 CEDU – Violazione del diritto a un equo
processo sotto il profilo dell’indipendenza e dell’imparzialità dei tribunali
istituiti per legge di cui al § 1 dell’Art. 6, a causa della revoca
dell’immunità penale del giudice ricorrente e della sua sospensione dalle
funzioni giudiziarie da parte della Camera disciplinare della Corte suprema
polacca. La Corte rileva in primo luogo la perdita dello status di vittima
del ricorrente in relazione alla sola decisione sulla sospensione, in quanto
la risoluzione della nuova Camera di responsabilità professionale (CPL) della
Corte suprema ha riconosciuto la violazione dell’art. 6 § 1 in relazione al
procedimento della Camera disciplinare e ha fornito una riparazione adeguata
e sufficiente, con una risoluzione adottata da giudici la cui nomina alla
Corte suprema era precedente alla riforma del Consiglio nazionale della
magistratura (NCJ). La risoluzione rappresenta dunque uno sviluppo positivo
nel contesto della crisi dello Stato di diritto polacco. Invece, circa lo
status di vittima del ricorrente in relazione alla revoca dell’immunità, la
Corte EDU ritiene che le conseguenze negative della decisione della Camera
disciplinare non siano state risolte dalla citata risoluzione, in quanto non
è stata intrapresa alcuna azione per porre fine al procedimento penale contro
il ricorrente nonostante la sentenza del CPL sull’inesistenza di un reato. La
Corte ritiene peraltro che l’art. 6 sia applicabile, dal punto di vista del
suo profilo penalistico, ai procedimenti di immunità come quello di specie e
che vi sia stata una violazione manifesta del diritto interno a causa della
procedura di nomina della Camera disciplinare
da parte della NCJ riformata, che mancava di indipendenza dal
legislatore e dall’esecutivo ed è dunque da ritenersi intrinsecamente
carente. La Corte applica al caso in oggetto le precedenti sentenze Reczkowicz c. Polonia e Juszczyszyn c. Polonia e ribadisce
come l’indipendenza e l’imparzialità della Camera disciplinare polacca siano
compromesse. Sotto il profilo della tutela della vita privata, la Corte ritiene
applicabile al caso l’Art. 8 e ciò già per quanto riguarda le conseguenze
sulla reputazione professionale del giudice nazionale ricorrente determinate
dall’indagine preliminare sulla domanda di pronuncia pregiudiziale da lui
presentata alla Corte di giustizia dell’Unione europea, oltre che sulla più
grave decisione della sezione disciplinare che ha revocato l’immunità e
sospeso il ricorrente dalle sue funzioni. Infatti, tutti i provvedimenti
impugnati hanno inciso in misura molto significativa sulla vita privata del
ricorrente, traendo origine però da interferenze da ritenersi non
"conformi al diritto", come è da considerarsi già l’indagine
preliminare sulla domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto contraria al
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il quale prevale sul diritto
interno. La successiva decisione di revoca dell’immunità e di sospensione è
stata poi basata su di un’interpretazione imprevedibile dello stesso diritto
interno da parte di un organo che non costituisce un "tribunale
indipendente e imparziale istituito dalla legge". La Corte riscontra anche una violazione della libertà di espressione
nel caso delle indagini preliminari riguardanti le dichiarazioni pubbliche
del ricorrente su un canale televisivo e in riunioni pubbliche, seguite poi
dalla decisione sulla revoca dell’immunità e sulla sospensione. Il ricorrente
ha lamentato la lesione del diritto di cui all’Art. 10 nel suo secondo
ricorso. La Corte ritiene che i provvedimenti impugnati debbano essere
considerati nel contesto delle successive riforme polacche che hanno portato
all’indebolimento dell’indipendenza della magistratura e tenendo conto della
sequenza degli eventi nella loro interezza. L’azione delle autorità culminata
nella decisione della Camera disciplinare potrebbe essere considerata dunque
come una sanzione dissimulata per l’esercizio della libertà di espressione
del ricorrente, per cui i provvedimenti impugnati sono stati motivati dalle
opinioni e dalle critiche espresse pubblicamente dal ricorrente nella sua
veste professionale, con interferenze classificabili come non "previste
dalla legge" e non perseguenti scopi legittimi. Peraltro, la Corte
rileva come al ricorrente non siano state concesse garanzie procedurali
minime nel corso delle indagini preliminari, mentre la decisione sulla revoca
dell’immunità e sulla sospensione è stata presa da un organo che non
costituisce un "tribunale indipendente e imparziale istituito dalla
legge" ai sensi della Convenzione. Ne consegue l’assenza delle garanzie
procedurali necessarie per evitare l’applicazione arbitraria del diritto
sostanziale pertinente, con la conseguenza che le misure potrebbero essere
caratterizzate come una strategia volta a intimidire (o addirittura a mettere
a tacere) il ricorrente. Le misure impugnate mirerebbero dunque a ottenere un
effetto di congelamento [“chilling
effect”] sulla partecipazione dei giudici al dibattito pubblico sulle
riforme legislative che riguardano la magistratura e la sua indipendenza. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 4 luglio 2023 (B.F. e Altri c.
Svizzera) Art. 8 CEDU – Violazione
degli obblighi positivi derivanti dal diritto alla tutela della vita
familiare, nel caso del rifiuto di domande di ricongiungimento familiare, a
causa del mancato soddisfacimento della condizione di indipendenza economica,
da parte di rifugiati ammessi provvisoriamente in Svizzera e che temono di
essere perseguitati a causa della loro partenza illegale dal loro paese
d’origine. La Corte rileva che gli Stati membri dispongono di un margine di
apprezzamento nell’esigere il non ricorso all’assistenza sociale prima di
concedere il ricongiungimento familiare alla categoria di rifugiati
corrispondenti a quella del caso in oggetto. Tuttavia, il margine di
apprezzamento che ne risulta è
considerevolmente più ristretto di quello previsto per l’introduzione
di periodi di attesa per il ricongiungimento familiare verso persone prive
dello status di rifugiato, ma che hanno piuttosto lo status collegato a una
protezione sussidiaria o temporanea. La Corte riscontra un consenso
internazionale ed europeo a non distinguere tra i diversi rifugiati della
Convenzione del 1951 per quanto riguarda i requisiti per il ricongiungimento
familiare e per far sì che i rifugiati beneficino di una procedura di
ricongiungimento più favorevole rispetto agli altri stranieri. Tale consenso
riduce il margine di apprezzamento degli Stati. Inoltre, la situazione di
particolare vulnerabilità dei rifugiati in un determinato luogo deve essere
adeguatamente considerata nell’applicazione di un requisito ulteriore alla
loro richiesta di ricongiungimento familiare, senza contare che, per la
Corte, gli ostacoli insormontabili al godimento della vita familiare nel
paese d’origine assumono progressivamente maggiore importanza nella
valutazione dell’equo equilibrio con il passare del tempo. Ne discende la
necessità di applicare il requisito della non dipendenza dall’assistenza
sociale con sufficiente flessibilità, per cui ai rifugiati non deve essere
richiesto di "fare l’impossibile" per ottenere il ricongiungimento
familiare, mantenendo invece un equo equilibrio tra interessi contrastanti
che, nei casi in oggetto, è stato raggiunto in un solo ricorso ma non negli
altri tre. La Corte non riscontra invece nessuna violazione a causa della
durata del procedimento di ricongiungimento familiare. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 4 luglio 2023 (Hurbain c.
Belgio) Art. 10 CEDU – Mancata violazione del diritto alla
libertà di espressione nel caso dell’editore di un giornale a cui è stato
ordinato di rendere anonima la versione archiviata in rete di un articolo
legittimo pubblicato vent’anni prima, a causa del "diritto
all’oblio" [right to be forgotten]
riconosciuto in capo a un autista che aveva causato un incidente mortale. La
Corte riconosce da un lato la necessità di preservare l’integrità degli
archivi della stampa, compiendo però un chiarimento della portata del "diritto
all’oblio” in rete, configurato come un diritto non autonomo ma legato al
diritto al rispetto della reputazione e offrendo una definizione di criteri e
regole per bilanciare i vari diritti in gioco. La Corte rileva poi che vi è
stata la dovuta considerazione da parte dei giudici nazionali della natura e
della gravità dei fatti giudiziari riportati nell’articolo, della mancanza di
attualità, interesse storico e scientifico del fatto e della stessa
circostanza che la persona interessata non fosse molto conosciuta, ossia non
rivestisse funzioni pubbliche o di rilievo. Al contempo, la continua
disponibilità in rete dell’articolo senza restrizioni avrebbe potuto creare
un "casellario giudiziario virtuale" e parallelo a quello ufficiale
in considerazione della riabilitazione della persona interessata e del
notevole lasso di tempo trascorso dalla pubblicazione dell’articolo
originale. D’altra parte, l’anonimizzazione non ha imposto all’editore un
onere eccessivo e inattuabile, pur costituendo il mezzo più efficace per
tutelare la vita privata della persona interessata. Dunque, vi è stato un
bilanciamento degli interessi concorrenti da parte dei tribunali nazionali in
conformità con i requisiti della Convenzione e con un’interferenza
proporzionata e limitata a quanto strettamente necessario. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 4 luglio 2023 (Glukhin c.
Russia) Art. 8 e Art. 10 CEDU – Violazione del diritto alla libertà
di espressione da parte della condanna ingiustificata per illecito
amministrativo di un manifestante pacifico solitario, che utilizzava una
figura di cartone a grandezza naturale di un attivista politico con uno
striscione, somministrata per non aver egli presentato una notifica
preventiva alle autorità. La Corte riscontra la mancanza del necessario grado
di tolleranza da parte delle autorità e la mancanza di "ragioni
pertinenti o sufficienti". Inoltre, la Corte riscontra una violazione
del diritto alla vita privata causato dal trattamento ingiustificato dei dati
biometrici personali del richiedente mediante l’uso di una tecnologia di
riconoscimento facciale altamente intrusiva in un procedimento per illecito
amministrativo, al fine di identificarlo, localizzarlo e arrestarlo. La Corte
ritiene che l’uso di tale tecnologia per identificare e arrestare
manifestanti pacifici possa avere un effetto “raggelante” [chilling effect] sui diritti alla
libertà di espressione e di riunione. Nell’applicazione della tecnologia di
riconoscimento facciale, la Corte manifesta la previa necessità di norme
dettagliate che disciplinino la portata e l’applicazione delle misure, nonché
di forti garanzie contro il rischio di abusi e arbitrarietà. Tale necessità
di garanzie è ancora maggiore nel caso di utilizzo di tecnologie di
riconoscimento facciale dal vivo. Nel caso in oggetto la Corte riscontra del
resto come l’interferenza non sia stata corrispondente al parametro di una
"pressante necessità sociale" [pressing
social need]. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 29 giugno 2023 (Bijan Balahan
c. Svezia) Art. 3 CEDU – Mancata violazione del divieto di sottoposizione
a trattamenti inumani o degradanti in caso dell’estradizione del ricorrente
dalla Svezia agli Stati Uniti. La Corte rileva in particolare la mancanza di
prove che dimostrino il rischio reale di una condanna all’ergastolo senza
condizionale o con un periodo minimo di 61 anni prima dell’ammissibilità alla
libertà vigilata nel caso di specie e nel caso il richiedente fosse estradato
negli Stati Uniti e poi ivi condannato. In particolare, non sarebbe
dimostrato il rischio reale, de jure
o de facto, di una condanna
all’ergastolo senza condizionale, mentre la durata del potenziale periodo
minimo sopra citato dipende da una serie di fattori sconosciuti allo stato
attuale e potrebbe essere significativamente più breve. Dunque, la Corte
rileva come già la prima fase del test di cui alla sentenza Sanchez-Sanchez c. Regno Unito [GC]
non sia stata soddisfatta e ricorda come il test rigoroso per la
"sproporzione grave" [gross
disproportionality] ai sensi della convenzione possa venire soddisfatto
solo in rare e uniche occasioni. Al contrario, una pena non può essere
considerata gravemente sproporzionata per il solo fatto di essere più severa
di quella che sarebbe stata inflitta in un altro Stato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 27 giugno 2023 (Nurcan
Bayraktar c. Turchia) Art. 8 e Art. 14 e Art. 34 CEDU –Violazione del diritto al rispetto
della vita privata da parte del rifiuto dei giudici nazionali di esonerare la
ricorrente, senza sottoporsi a un esame medico per certificare la sua assenza
di gravidanza, dal periodo di attesa legale di trecento giorni imposto alle
donne divorziate che desiderano risposarsi nel diritto turco. La Corte rileva
come l’obiettivo di consentire l’accertamento biologico della paternità
collegato alla previsione legale sia irrealistico in una società moderna. La
questione della gravidanza di una donna è del resto strettamente legata
all’intimità della sua vita privata, mentre la motivazione poggiante sulle
caratteristiche biologiche specifiche delle donne riflette una visione
tradizionale della sessualità femminile che non riconosce l’importanza fisica
e psicologica della stessa per lo sviluppo delle donne come individui. Vista
la mancanza di motivi pertinenti e sufficienti, la misura è da ritenersi non
proporzionata. Per quanto riguarda la violazione del divieto di discriminazioni ex
Art. 14 CEDU, in collegamento con l’Art. 12, la Corte rileva il ristretto
margine di apprezzamento in capo agli Stati nel caso di discriminazioni
dirette basate sul sesso, in questo caso peraltro non giustificabili con
l’obiettivo di prevenire l’incertezza sulla paternità di un nascituro. Ne
consegue una differenza di trattamento non oggettivamente giustificata né
necessaria. Dal punto di vista dello status di vittima ex Art. 34
CEDU della ricorrente, la Corte rileva come l’interessata sia da ritenersi
direttamente colpita dalla disposizione di legge che prevede il termine in
questione per il solo fatto di appartenere alla categoria delle donne
divorziate capaci di contrarre matrimonio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 27 giugno 2023 (Bryan
e Altri c. Russia) Art. 35 § 2 (b), Art. 34, Art. 5 § 1, Art. 5 § 1 (c) e
Art. 10 CEDU – Circa la ricevibilità del ricorso ai sensi dell’Art. 35 § 2
(b), la Corte rileva che, nel caso del
fermo da parte russa di una nave battente bandiera dei Paesi Bassi e degli
attivisti di Greenpeace a bordo, seppure la questione sia già stata
sottoposta a un’altra procedura internazionale, ossia a una Procedura di
arbitrato interstatale ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul
diritto del mare, l’oggetto e gli obiettivi delle procedure e gli stessi
ricorrenti dinanzi alla Corte EDU e al Tribunale arbitrale siano
sostanzialmente diversi. La Corte conferma dunque la ricevibilità del
ricorso, anche considerando che, per quanto riguarda lo status di vittima ai
sensi dell’Art. 34, la transazione raggiunta nell’ambito di una controversia
interstatale che prevede, tra l’altro, il risarcimento dei ricorrenti, non li
priva del suddetto status di vittima ai sensi della Convenzione. La Corte
rileva del resto il mancato riconoscimento da parte del Governo convenuto, a
livello interno e internazionale, di una violazione della Convenzione, così
come il fatto che l’amnistia generale che ha comportato l’interruzione del
procedimento penale nei confronti dei ricorrenti non fosse riferita alla loro
situazione specifica o al riconoscimento di una violazione dei loro diritti. Dal punto di vista sostanziale, la Corte rileva una
violazione delle disposizioni di cui agli Art. 5 § 1 e Art. 5 § 1 (c) CEDU,
causata già in primo luogo dall’arresto e dalla detenzione illegali dei
ricorrenti a bordo di una nave russa a seguito di una protesta presso una
piattaforma di trivellazione petrolifera offshore nel Mare di Pechora,
all’interno della zona economica esclusiva della Federazione Russa, così
come, in seguito, dall’arresto e detenzione arbitrari su territorio russo. La
Corte rileva anche una violazione del diritto alla libertà di espressione,
visto che la natura illegale della detenzione subita incide sulla legittimità
stessa dell’ingerenza statale su tale libertà. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 27 giugno 2023 (Zhablyanov
c. Bulgaria) Art. 10 CEDU – Mancata violazione della libertà di
espressione nel caso della destituzione del vicepresidente del Parlamento
bulgaro per discorsi e comportamenti che giustificano le repressioni del
regime comunista. Per la Corte occorre tracciare una distinzione tra
destituzione da incarichi professionali e da incarichi politici come quello
ricoperto dal ricorrente, nel caso di dichiarazioni non meritevoli della
maggiore tutela normalmente accordata su questioni di interesse pubblico. La
Corte ritiene che la necessità del provvedimento vada valutata alla luce
della storia della Bulgaria dopo la Seconda guerra mondiale e della natura
totalitaria del regime comunista.
Stati che hanno vissuto le repressioni comuniste hanno una particolare
responsabilità morale nel prendere le distanze da esse, esercitando, come in
questo caso, una forma di rimozione da ritenersi simbolica e preventiva
piuttosto che punitiva. Si è perciò trattato di una misura qualificabile come
"necessaria in una società democratica”. Sono presenti un’opinione concorrente e un’opinione
dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 22 giugno 2023 (Poklikayew
c. Polonia) Art. 1 P. 7 CEDU – Violazione delle garanzie procedurali
relative all’espulsione di stranieri da parte dell’avvenuta espulsione per
motivi di sicurezza nazionale sulla base di informazioni classificate non
comunicate al ricorrente, senza sufficienti garanzie di controbilanciamento,
in quanto la vi è stata una limitazione significativa del diritto del
richiedente di essere informato delle circostanze di fatto e del contenuto
dei documenti alla base della decisione di espulsione. La Corte classifica
come inadeguate le informazioni comunicate al richiedente sulle accuse a suo
carico e sulla condotta che avrebbe messo in pericolo la sicurezza nazionale
e come molto generiche le motivazioni fornite dai tribunali nazionali a
sostegno di tali conclusioni. Inoltre
al richiedente non è stata concessa un’effettiva possibilità di farsi
rappresentare da un avvocato. Il coinvolgimento della più alta autorità
giudiziaria si configura dunque come
una salvaguardia significativa, ma insufficiente, date le scarse e
poco specifiche informazioni disponibili. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 22 giugno 2023 (Lorenzo
Bragado e Altri c. Spagna) Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un
tribunale a causa del rifiuto da parte della Corte costituzionale di un
ricorso diretto per amparo, in quanto tardivo e senza esame del merito,
contro la mancata prosecuzione del processo di nomina del nuovo Consiglio
generale della magistratura (CGG) da parte del Parlamento. Il ricorso per
amparo veniva presentato da parte dei magistrati facenti parte della lista
finale dei candidati. La Corte, ritenuto l’Art. 6 applicabile, fa valere
l’obbligatorietà e la specificità dell’azione che spettava al Parlamento
intraprendere entro un determinato lasso di tempo, così come il fatto che si
trattasse di una controversia reale e seria sulla presenza o meno di un
diritto civile, in capo ai ricorrenti e ai sensi del diritto interno, di
partecipare alla procedura di nomina dei membri del CGG e di avere un esame
tempestivo delle loro candidature da parte del Parlamento. Il reclamo dei
ricorrenti avrebbe potuto essere giudicato dalla Corte costituzionale, mentre
la Corte EDU ritiene che la prima condizione del “test di Eskelinen” non sia
stata in questo caso soddisfatta, in quanto vi sarebbero stati
un’interpretazione e applicazione imprevedibili del diritto interno
pertinente da parte della Corte costituzionale, ciò comportando l’illegittima
compromissione dell’essenza stessa del diritto di accesso a un tribunale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 20 giugno 2023 (Alkan
c. Turchia) Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un
tribunale causato dall’impossibilità per un candidato giudice, dopo il
completamento della formazione, di chiedere il controllo giurisdizionale
della decisione di rifiuto della nomina. In applicazione dell’Art. 6, la
Corte si esprime nel senso di un "diritto" esistente da parte dei
candidati in formazione nel diritto e nella prassi nazionale a ricorrere
contro la nomina o il rifiuto arbitrari. Facendo applicazione dei criteri
“Eskelinen” [Vilho Eskelinen e Altri c.
Finlandia], la Corte ritiene che la prima condizione del test di
Eskelinen, ossia la previsione legale dell’esclusione dalla tutela
giurisdizionale, sia stata soddisfatta da parte dello Stato, mentre la
seconda condizione del test, ossia la giustificatezza dell’eslcusione per un
determinata categoria di dipendenti pubblici, non lo sia stata. Ne discende
che l’esclusione del ricorrente, il quale soddisfa i requisiti di
ammissibilità previsti dalla legge, dalla fase finale del processo di nomina,
senza controllo giurisdizionale, non è nell’interesse di uno Stato di
diritto, dato il legame tra l’integrità del processo di nomina dei giudici e
il requisito dell’indipendenza della magistratura, nonché l’importanza
dell’equità procedurale nei casi che riguardano la selezione, la nomina e la
carriera dei giudici. La Corte riscontra del resto l’assenza di ragioni
eccezionali e convincenti che giustifichino il mancato controllo
giurisdizionale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 20 giugno 2023 (Alkan
c. Turchia) Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un
tribunale causato dall’impossibilità per un candidato giudice, dopo il
completamento della formazione, di chiedere il controllo giurisdizionale
della decisione di rifiuto della nomina. In applicazione dell’Art. 6, la
Corte si esprime nel senso di un "diritto" esistente da parte dei
candidati in formazione nel diritto e nella prassi nazionale a ricorrere
contro la nomina o il rifiuto arbitrari. Facendo applicazione dei criteri
“Eskelinen” [Vilho Eskelinen e Altri c.
Finlandia], la Corte ritiene che la prima condizione del test di
Eskelinen, ossia la previsione legale dell’esclusione dalla tutela
giurisdizionale, sia stata soddisfatta da parte dello Stato, mentre la
seconda condizione del test, ossia la giustificatezza dell’eslcusione per un
determinata categoria di dipendenti pubblici, non lo sia stata. Ne discende
che l’esclusione del ricorrente, il quale soddisfa i requisiti di
ammissibilità previsti dalla legge, dalla fase finale del processo di nomina,
senza controllo giurisdizionale, non è nell’interesse di uno Stato di
diritto, dato il legame tra l’integrità del processo di nomina dei giudici e
il requisito dell’indipendenza della magistratura, nonché l’importanza
dell’equità procedurale nei casi che riguardano la selezione, la nomina e la
carriera dei giudici. La Corte riscontra del resto l’assenza di ragioni
eccezionali e convincenti che giustifichino il mancato controllo
giurisdizionale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 15 giugno 2023 (Fanouni
c. Francia) Art. 2 P. 4 CEDU – Mancata violazione della libertà di
circolazione nel caso del confinamento obbligatorio nella propria residenza [Assignation à résidence] comminato in
via cautelare e amministrativa a un islamista radicalizzato, con armi e
munizioni sequestrate nella sua abitazione, disposta per tre mesi e due
giorni sulla base allo stato di emergenza successivo agli attentati
terroristici del 2015-2016. La Corte ritiene che le sufficienti garanzie
procedurali contornanti la misura la caratterizzino come proporzionata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 13 giugno 2023 (Aktürk
e Altri c.Turchia) Art. 1 P.1 CEDU – Mancata violazione del diritto al
rispetto dei propri beni da parte del rifiuto dell’amministrazione di
perfezionare il contratto di vendita di un terreno agricolo, in origine di
proprietà pubblica ma occupato ininterrottamente e legalmente dal de cujus
dei ricorrenti a partire dal 1966, iscrivendolo a nome di questi ultimi nel
registro fondiario dopo il versamento del corrispettivo richiesto dalla legge
turca per l’acquisto della proprietà in casi simili. La Corte rileva in
particolare che il mancato perfezionamento, ai sensi del diritto nazionale,
discende dalla decisione da parte dell’amministrazione, intervenuta dopo il
versamento del corrispettivo da parte dei ricorrenti, di destinare il terreno
a un uso di interesse pubblico, in conseguenza di un disastro naturale. La
Corte ricorda come il margine di apprezzamento dello Stato debba ritenersi in
questi casi particolarmente ampio nel valutare quale sia l’interesse generale
e che i ricorrenti avrebbero comunque avuto la concreta possibilità di
chiedere all’amministrazione il rimborso della somma versata dal loro de
cujus, senza ulteriori oneri inquadrabili come speciali ed esorbitanti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 6 giugno 2023 (Sarısu
Pehlivan c.Turchia) Art. 10 CEDU – Violazione della libertà di espressione
determinata dalla sanzione disciplinare inflitta dal Consiglio dei giudici e
dei pubblici ministeri turco a una magistrata e segretario generale
dell’Unione dei giudici a causa della sua intervista sul tema del referendum
sulle riforme costituzionali con riguardo all’ordinamento della magistratura.
La Corte ribadisce il diritto e dovere dell’interessata di esprimere il
proprio parere su tali riforme, in grado di esercitare un impatto sul sistema
giudiziario e sull’indipendenza della magistratura. Si è trattato infatti di
dichiarazioni relative a un dibattito su questioni d’interesse pubblico e
richiedenti un elevato livello di protezione. La Corte rileva che la pena pur
moderata della trattenuta dello stipendio per due giorni è da considerarsi
idonea ad avere un effetto dissuasivo per l’interessata e per la magistratura
nel suo complesso, e rileva altresì l’insufficienza dei motivi posti a
fondamento della sanzione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 6 giugno 2023 (Navalnyy
c. Russia (no. 3)) Art. 2 e Art. 46 CEDU – Riconosciuta violazione in
conseguenza del rifiuto delle autorità nazionali di indagare in un
procedimento penale sulle plausibili affermazioni relative all’avvelenamento
del ricorrente con un agente chimico nervino vietato dalla Convenzione sulle
armi chimiche. La Corte riscontra l’inadeguatezza dell’indagine preliminare,
svolta in forma non pubblica e senza tenere conto del diritto della vittima
di partecipare al procedimento. Si riscontra inoltre la mancata indagine su
un possibile movente politico per il tentato omicidio, sul coinvolgimento o
sulla collusione di agenti statali e sull’uso dichiarato di una sostanza
vietata. Rispetto all’esecuzione delle proprie sentenze, la Corte ribadisce
la necessità di indagini tempestive conformi all’Art. 2. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 6 giugno 2023 (Demirtaş
e Yüksekdağ Şenoğlu c.Turchia) Art. 5 § 4 CEDU – Violazione del diritto a una rapida
decisione sulla legalità della detenzione determinata dalla mancanza di
un’assistenza legale effettiva per contestare la detenzione preventiva dei
ricorrenti a causa della supervisione da parte delle autorità carcerarie
degli incontri con i loro avvocati. La Corte rileva l’assenza di garanzie
adeguate e sufficienti contro gli abusi in assenza di norme specifiche e
dettagliate, nonché l’assenza di circostanze eccezionali tali da derogare al
principio essenziale della riservatezza degli incontri con gli avvocati,
rilevando come le autorità nazionali non abbiano fornito prove dettagliate in
grado di giustificare l’imposizione delle misure contestate ai sensi del
decreto-legge adottato nel contesto dello stato di emergenza seguito al
fallito colpo di Stato del 2016. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 1 giugno 2023 (Maymulakhin
e Markiv c. Ucraina) Art. 14 e Art. 8 CEDU – Violazione del divieto di
discriminazione, unitamente alla mancata protezione del diritto alla vita
privata, determinata dall’assenza di qualsiasi forma di riconoscimento
giuridico e di protezione per una coppia dello stesso sesso, in quanto
integrante una differenza ingiustificata di trattamento rispetto a coppie di
sesso diverso sulla sola base dell’orientamento sessuale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 30 maggio 2023 (Nepomnyashchiy
e Altri c. Russia) Art. 14 e Art. 8 CEDU – Violazione del divieto di
discriminazione, unitamente alla mancata protezione del diritto alla vita
privata, causata dal mancato rispetto da parte delle autorità nazionali
dell’obbligo di rispondere adeguatamente alle dichiarazioni omofobe
pronunciate da funzionari statali nei confronti di membri della comunità
LGBTI. Nonostante l’esistenza di un quadro giuridico nazionale in grado, in
teoria, di offrire protezione contro le dichiarazioni stigmatizzanti, le
disposizioni giuridiche pertinenti non sono state applicate al caso dei
ricorrenti, con conseguente mancato raggiungimento, da parte dei tribunali
nazionali, di un giusto equilibrio tra i diritti concorrenti degli Artt. 8 e
10 nei procedimenti penali e con totale assenza di ogni tentativo di
bilanciamento nei procedimenti civili. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 30 maggio 2023 (Azzaqui
c. i Paesi Bassi) Art. 8 CEDU –
Violazione del diritto alla vita privata determinato dalla revoca del
permesso di soggiorno di un migrante stabilitosi da lungo tempo nello Stato e
affetto da malattia mentale, a cui si è aggiunta l’imposizione di un divieto
d’ingresso di dieci anni a causa dei reati violenti commessi, nonostante i
progressi compiuti dopo anni di detenzione in una clinica. La Corte rileva la
mancata considerazione della ridotta capacità d’intendere e di volere del richiedente
a causa della sua malattia mentale e il mancato bilanciamento degli interessi
in gioco e di tutti i fattori rilevanti nel caso di specie. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sezione IV) 23 maggio 2023 (Buhuceanu
e Altri c. Romania) Art. 8 CEDU – Violazione degli obblighi positivi
relativi al diritto alla vita privata e famigliare determinata dall’assenza
di qualsiasi forma di riconoscimento giuridico e di tutela per le coppie
dello stesso sesso. La Corte fa applicazione dei principi stabiliti nella
causa Fedotova e altri c. Russia
[G.C.] e ritiene che nel caso di specie i motivi di interesse pubblico
addotti non prevalgono sugli interessi dei ricorrenti, con conseguente
oltrepassamento del margine di apprezzamento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 15 maggio 2023 (Sanchez
c. Francia) Art. 10 CEDU – Mancata violazione della libertà di
espressione nel caso di una personalità politica multata in un procedimento
penale per non aver cancellato dalla sua "bacheca" Facebook,
accessibile al pubblico e usata per la sua campagna elettorale, commenti
islamofobici da parte di terzi, anch’essi condannati. La Corte ricorda i
doveri e le responsabilità dei politici che utilizzano i social network per
scopi politici ed elettorali, anche in conseguenza dell’impatto accentuato
dell’hate speech che provoca danni
maggiori in un periodo elettorale caratterizzato da tensioni e con la
conseguente necessità di una responsabilità condivisa tra tutti gli attori
coinvolti. Ciò rende auspicabile l’attuazione di un grado minimo di
moderazione o di filtraggio preventivo da parte del titolare dell’account per
identificare e rimuovere i commenti illeciti entro un tempo ragionevole,
anche in assenza di notifica da parte della parte lesa. È stata d’altra parte
una scelta deliberata del richiedente, esperto di comunicazione pubblica e
conoscitore delle piattaforme digitali, di consentire l’accesso pubblico
all’account. Il ricorrente non ha poi proceduta alla rimozione dei commenti
nonostante fosse a conoscenza degli stessi e sebbene non si trattasse di un
account con traffico potenzialmente eccessivo. La Corte compie un’analisi di
proporzionalità in funzione del livello di responsabilità della persona
interessata e del suo grado di notorietà e rappresentatività. Alla luce di
tale analisi, la condanna penale appare proporzionata e non imprevedibile da
parte del ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 9 maggio 2023 (Kitanovska
e Barbulovski c. Macedonia del Nord) Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un tribunale
determinato dal rigetto, da ritenersi sproporzionato, dell’opposizione contro
un’ingiunzione di pagamento emessa da un notaio, perché non presentata tramite un
avvocato come previsto dal diritto interno e senza che vi sia stato un esame
del merito. La Corte ritiene che la violazione consegua dal fatto che quello
in oggetto è un requisito di ordine generale e applicato automaticamente,
senza possibilità di ottenere un’esenzione. Di conseguenza i tribunali
nazionali non sono in grado di prendere in considerazione le circostanze
specifiche del caso, né vi è nessuna possibilità di diritto interno per il
debitore di rimediare a un vizio procedurale dopo la scadenza del termine per
la presentazione dell’opposizione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 9 maggio 2023 (Korkut
e Amnesty International Turchia c. Turchia) Art. 6 § 1 e Art. 11 CEDU – Violazione del diritto a un
equo processo determinata dalla sanzione amministrativa inflitta al
presidente della sezione turca di Amnesty
International per non aver rispettato una disposizione di legge che
impone alle associazioni di dichiarare i fondi ricevuti dall’estero alle
autorità prima di utilizzarli. Per la Corte le decisioni dei giudici
nazionali non sono state sufficientemente motivate, mentre, sotto il profilo
della libertà di associazione, si è trattato di un’interferenza non prevista
da una norma legislativa sufficientemente prevedibile. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 9 maggio 2023 (Testimoni
di Geova c. Finlandia) Art. 9 CEDU – Mancata violazione della libertà di
manifestazione della propria religione da parte della normativa nazionale che
vieta alla comunità religiosa dei Testimoni di Geova di raccogliere e
trattare dati personali durante la predicazione porta a porta senza il
consenso degli interessati. La Corte ritiene non arbitraria o irragionevole
la decisione nazionale da cui origina il ricorso, in quanto frutto
dell’interpretazione delle disposizioni pertinenti in materia di protezione
dei dati e basata sugli orientamenti della Corte di giustizia dell’Unione
europea. Per la Corte l’obbligo di consenso previsto dalla legge è una
salvaguardia appropriata e necessaria, senza alcuna prova di un lamentato
"effetto paralizzante" (“chilling
effect”). Vi è stato invece un equo bilanciamento tra gli interessi
contrapposti basati sugli Artt. 9 e 8. Si è trattato dunque di
un’interferenza "necessaria in una società democratica" e svoltasi
all’interno del margine di discrezionalità dello Stato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 9 maggio 2023 (Horion
c. Belgio) Art. 3 CEDU – Violazione del divieto di trattamenti
inumani e degradanti determinata dall’impossibilità per il ricorrente, dal
gennaio 2018, di essere collocato in un’unità psichiatrica forense (“unité de psychiatrie légale”), anche
se la sua detenzione in carcere non era più indicata come opportuna dalle
autorità nazionali. L’ammissione all’unità suddetta è stata considerata dai
tribunali nazionali come una tappa essenziale per il reinserimento nella
società del detenuto del caso in oggetto, che è stato recluso per un periodo
molto lungo dal 1979, nonché come misura necessaria per la sua liberazione.
Tuttavia, tale esigenza si è scontrata col fatto che il sostegno finanziario
pubblico all’ammissione alla suddetta unità psichiatrica fosse rivolto solo a
persone internate (“internées”) e
non a persone condannate (“condamnées”)
e in quanto tali ritenute penalmente responsabili degli atti commessi. La
Corte constata dunque che nel caso concreto non residuava in realtà nessuna
prospettiva realistica di rilascio, a causa di impedimenti pratici di
bilancio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 9 maggio 2023 (Ghadamian
c. Svizzera) Art. 8 CEDU – Violazione degli obblighi positivi
connessi al diritto al rispetto della vita privata a causa del rifiuto del
permesso di soggiorno per pensionati a un cittadino straniero anziano che
viveva in Svizzera da oltre 50 anni, ma illegalmente dal 2002, a causa di una
decisione di espulsione, mai eseguita, causata dalla sua condanna per gravi
reati. La Corte riscontra inizialmente l’assenza di una vita familiare tra il
ricorrente e i suoi figli adulti, ma rileva anche la presenza di circostanze
particolari, quali una durata totale del soggiorno estremamente lunga, con
conseguente radicamento per quanto riguarda la propria vita privata,
costruita durante il suo soggiorno legale a partire dall’arrivo nel 1969. Si
riscontra poi come sia dubbia l’esistenza di relazioni nel Paese d’origine
del ricorrente, l’Iran, nonché, quali altri fattori, l’assenza di reati gravi
commessi della stesso dal 2005 e l’insufficienza degli sforzi compiuti da
parte delle autorità nazionali per oltre 20 anni ai fini di espellere il
ricorrente. Inoltre, la Corte rileva come l’ambito del controllo esercitato
da parte del Tribunale federale elvetico sia stato del tutto insufficiente,
con un peso eccessivo attribuito all’interesse pubblico rispetto al diritto
alla vita privata del ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 4 maggio 2023 (Dieudonné
e Altri c. Francia) Art. 6 § 1 CEDU – Mancata violazione del diritto ad
accedere a un tribunale in conseguenza dell’impossibilità, per i
comproprietari di minoranza di un bene espropriato, di impugnare la sentenza
fissante l’indennità di espropriazione. La Corte rileva infatti che gli
interessi dei comproprietari come gruppo sono stati rappresentati nel
procedimento dal sindacato dei comproprietari, mentre sono state le stesse
autorità esproprianti a diventare comproprietari di maggioranza a seguito di
precedenti acquisti bonari. Vi era inoltre la possibilità per i
comproprietari divenuti minoranza di proporre un’azione per abuso di
maggioranza contro la decisione dell’assemblea generale dei comproprietari di
non impugnare la sentenza. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 4 maggio 2023 (A.C.
e M.C. c. Francia) Art. 3, Art. 5 § 1 e § 4 CEDU – Violazione del divieto
di trattamenti inumani e degradanti causata dalla detenzione amministrativa
di nove giorni di una madre e del figlio minorenne di sette mesi e mezzo, in
vista del loro trasferimento in Spagna, in quanto le condizioni di
accoglienza nel centro di detenzione sono state una fonte importante di
stress e di angoscia per un bambino in tenera età, superando la soglia di
gravità dell’Articolo 3, in relazione al trascorrere del tempo. Violazione
del diritto alla libertà e alla sicurezza a causa della detenzione amministrativa,
pur di per sé regolare, ma prorogata per ventotto giorni senza una
sufficiente verifica che si trattasse di una misura di ultima istanza e senza
la possibilità di sostituzione con un’altra misura meno restrittiva. La Corte
riscontra inoltre la mancanza di un controllo sulla legalità della proroga
della detenzione amministrativa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 2 maggio 2023 (S.P.
e Altri c. Russia) Art. 3 e Art 13 CEDU – Violazione del divieto di
sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti determinata dalla
segregazione, umiliazione e abuso dei detenuti da parte dei compagni di cella
a causa del loro status inferiore nella gerarchia informale dei detenuti. La
Corte rileva che si è trattato di abusi tollerati dal personale carcerario e
manifestatisi nella stigmatizzazione dei ricorrenti, nella loro assegnazione
a lavori umili e nella negazione dei bisogni primari, con minacce e
occasionali violenze fisiche e sessuali e conseguente paura costante nel
corso degli anni. La Corte rinviene la mancata adozione da parte delle
autorità nazionali di misure di protezione individuali dei detenuti più
deboli nelle carceri russe, che sarebbero invece necessarie per affrontare un
problema classificato nella sentenza come di tipo sistemico. La Corte ritiene
dunque che alla violazione dell’Art. 3 si unisca anche la violazione dell’Art
13, vista la mancanza di una possibilità di ricorso effettivo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 2 maggio 2023 (Mestan
c. Bulgaria) Art. 10 CEDU – Violazione del diritto alla libertà di
espressione, segnatamente della libertà di comunicare e ricevere
informazioni, a causa della sanzione amministrativa derivante dal divieto
assoluto per un politico di utilizzare una lingua non ufficiale in campagna
elettorale. La Corte ritiene inoltre che i tribunali nazionali siano stati
nel caso di specie privati del loro potere di esercitare un adeguato
controllo giurisdizionale e che l’Art. 10, letto alla luce dell’Art. 1 P.3,
deve essere inteso nel senso di garantire ai candidati di gruppi minoritari
il diritto di utilizzare la loro lingua madre nelle campagne elettorali al
fine di dare a queste minoranze un accesso alle elezioni pari a quello degli
altri cittadini, data l’importanza del pluralismo, della tolleranza e della tutela delle
minoranze in una società democratica. Il margine di discrezionalità statale,
particolarmente ampio nella politica linguistica, deve ritenersi dunque
ristretto per quanto riguarda il discorso politico e le elezioni. Alla luce
degli elementi sopra richiamati, il divieto in oggetto deve perciò ritenersi
sproporzionato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 28 aprile 2023 (Georgia
c. Russia (II)) Art. 41 CEDU – In punto di equa soddisfazione, la Corte
ha deciso a favore della concessione dei danni non pecuniari al Governo
ricorrente, a beneficio di vittime identificate, anche se la decisione è
basata solo su prove presentate dal Governo ricorrente in considerazione
della mancata partecipazione del Governo convenuto al procedimento. La
competenza della Corte viene ritenuta sussistente in quanto i fatti
all’origine delle violazioni si sono verificati prima della fuoriuscita della
Federazione russa al Consiglio d’Europa, mentre la mancata collaborazione del
Governo convenuto non costituisce un ostacolo all’esame delle richieste da
parte della Corte. La Corte fa in questo caso applicazione della stessa
metodologia utilizzata nella causa Georgia
c. Russia (I) (per quanto riguarda l’equa soddisfazione) e rimarca come
prosegua il controllo del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa
sull’esecuzione delle sentenze della Corte nei confronti della Federazione
russa, mentre l’istituzione di un meccanismo efficace per la distribuzione
delle somme assegnate alle singole vittime è affidata al governo ricorrente. È presente un’opinione separata, parzialmente
dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 13 aprile 2023 (E.K.
c. Lettonia) Art. 8 CEDU – Violazione degli obblighi positivi
ricollegati al diritto alla vita famigliare a causa della mancata tempestiva
adozione da parte delle autorità nazionali delle misure necessarie per far
valere i diritti di contatto del ricorrente con la figlia, cercando di
superare l’atteggiamento ostruzionistico della madre e di conciliare gli
interessi contrastanti delle parti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 11 aprile 2023 (Simonova
c. Bulgaria) Art. 8 CEDU – Violazione del diritto all’abitazione in
conseguenza dell’ordine di demolizione di un edificio costruito illegalmente,
e adibito ad abitazione della ricorrente e dei suoi figli minori, a causa
dell’assenza di una valutazione di proporzionalità della misura scelta, della
mancata considerazione del rischio di lasciare la famiglia senza casa e della
mancata adozione di misure per alleviare le gravi difficoltà derivanti dal
provvedimento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 6 aprile 2023 (Drozd
c. Polonia) Art. 10 CEDU – Violazione della libertà di espressione
causata dalla mancanza di adeguate garanzie procedurali nell’imposizione del
divieto di accesso al Parlamento per un anno ai membri di un movimento civico
informale per aver esposto uno striscione durante una manifestazione pacifica
al di fuori dell’edificio; in particolare la Corte ha censurato il fatto che
ai sensi del diritto interno non fosse possibile per i ricorrenti essere
coinvolti nella procedura che ha condotto all’imposizione del divieto e, al
contempo, la mancanza di una procedura chiara per impugnare il provvedimento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 4 aprile 2023 (Radonjić
e Romić c. Serbia) Art. 34, Art. 5 § 3 e Art. 5 § 4 CEDU – Alla luce
dell’art. 34 CEDU, la Corte ritiene in primo luogo che l’espresso
riconoscimento da parte della Corte costituzionale serba della violazione
dell’Art. 5 § 3 della Convenzione, per la seconda parte della custodia
cautelare dei ricorrenti, non sia di per sé, da solo, un rimedio sufficiente
alla violazione, in assenza dell’imposizione di un risarcimento a loro
favore. La Corte osserva infatti che manca una via chiara e consolidata nel
diritto interno serbo per richiedere un adeguato risarcimento e ritiene che
nel caso di specie, che riguarda due agenti dei servizi segreti accusati
dell’omicidio di un giornalista, vi sia stata anche una violazione del
principio di ragionevolezza in rapporto alla durata della custodia cautelare,
con la mancata indicazione da parte dei tribunali competenti, come da
conclusioni della Corte Costituzionale, di motivi pertinenti e sufficienti
per giustificare la seconda parte della custodia cautelare per un periodo di
oltre due anni, con conseguente violazione generale dell’Art. 5. Dal punto di
vista dell’Art. 5 § 4 CEDU e della rapidità del controllo giurisdizionale, la
Corte rileva come la Corte costituzionale serba abbia impiegato più di due
anni a pronunciarsi sulla legittimità della detenzione, un tempo che deve
essere considerato eccessivo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 4 aprile 2023 (A.H.
e altri c. Germania) Art. 8 CEDU – Mancata violazione degli obblighi positivi
collegati al diritto alla privacy
nel caso dell’impossibilità giuridica per un genitore transgender di indicare il proprio genere attuale, estraneo alla
propria funzione procreativa, sull’atto di nascita del figlio concepito dopo
il cambiamento di genere (nel giudizio in oggetto una donna transgender era stata indicata come
padre in virtù della precedente donazione del suo sperma per la
fecondazione). La Corte prende atto della mancanza di un consenso europeo sul
punto e del conseguente ampio margine d’apprezzamento per gli Stati. La Corte
riafferma il diritto del bambino a conoscere le proprie origini e il proprio
legame con il padre e la madre in modo stabile e immutabile e la conseguente
possibilità di ridurre le situazioni che rivelino l’identità transgender del genitore. D’altra
parte, la Corte ritiene che in questo caso il rapporto di filiazione tra il
genitore transgender e il figlio
non sia messo in discussione e che il giudice nazionale abbia trovato un
giusto equilibrio tra il diritto all’autodeterminazione del genitore transgender, gli interessi pubblici
della certezza del diritto e dell’affidabilità e coerenza dello stato civile,
e gli interessi anche in termini di benessere del bambino. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Ex Sez. V, giudizio
di Revisione) 30 marzo 2023 (X
c. Repubblica Ceca) Art. 8 CEDU e
Artt. 28 e 80 del Regolamento della Corte Mancata violazione del diritto alla vita famigliare, in
riferimento ai connessi obblighi positivi dello Stato, in conseguenza
dell’esecuzione dell’ordine di rimpatrio negli Stati Uniti (ai sensi della
Convenzione dell’Aia) del figlio del ricorrente, in quanto l’esame da parte
dei giudici nazionali è avvenuto nel rispetto dei requisiti procedurali
richiesti dall’art. 8, con una motivazione sufficiente e un equa ponderazione
degli interessi in gioco, avendo l’interesse superiore del minore come
considerazione principale. Dal punto di vista procedurale, la Corte ha ritenuto che
la domanda di revisione della propria precedente sentenza fosse fondata, pur
dichiarando nuovamente infondata nel merito la pretesa sollevata in giudizio
dal ricorrente. Per quanto riguarda in particolare l’incompatibilità e
l’esonero di un proprio giudice, la Corte ha dovuto giudicare del fatto
nuovo, ma d’influenza decisiva, della partecipazione ai procedimenti presso
la Corte EDU di un giudice nazionale in precedenza coinvolto in un
procedimento costituzionale strettamente connesso a quello esaminato dalla
Corte europea (nel giudizio sfociato nella sentenza oggetto di revisione). La
Corte ritiene che, ai sensi del Regolamento della Corte, l’incompatibilità (“inability to sit”) di un giudice,
derivante da una qualsiasi causa, non dipenda (anche) dalla posizione delle
parti nel procedimento, ma (solo) dai motivi indicati nell’articolo 28,
paragrafo 2 del Regolamento della Corte. La responsabilità per l’attuazione
del principio di imparzialità oggettiva non è dunque lasciata alla sola
iniziativa delle parti e la richiesta di revisione fondata sull’asserita
esistenza di impedimenti alla partecipazione di un giudice al procedimento
non può essere respinta, in linea di principio, solo perché la parte che ha
presentato tale richiesta aveva omesso di informare la Corte dei propri dubbi
prima dell’adozione della sentenza. È invece doveroso applicare rigorosamente
il principio d’imparzialità oggettiva, che impone la revisione quando è
dimostrata l’esistenza di motivi oggettivi di possibile impedimento del
giudice, anche se non è certo che la partecipazione del medesimo possa aver
influenzato la sentenza originaria. Per questo la Corte ha giudicato che le
condizioni di cui all’articolo 80 delle Regole della Corte siano state
soddisfatte e la sentenza è stata dunque sottoposta a revisione nella sua
interezza. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 30 marzo 2023 (Szolcsán
c. Ungheria) Art. 14, Art. 2
P.1 e Art. 46 – Violazione del divieto di discriminazione, congiuntamente al
diritto all’educazione, in un caso di segregazione di un alunno rom in una
scuola elementare frequentata quasi esclusivamente da bambini rom. La Corte
stigmatizza la mancata adozione, in assenza di una giustificazione obiettiva
e ragionevole, di misure di desegregazione adeguate per correggere la
situazione d’ineguaglianza di fatto e per evitare il suo perpetuarsi, in ciò
rinvenendo gli elementi della discriminazione. Per quanto riguarda
l’esecuzione della sentenza, la Corte giudica che lo Stato convenuto sia
tenuto ad adottare misure generali, oltre al caso di specie, per porre fine
alla segregazione degli alunni rom in scuole specifiche, sottolineando la
necessità di sviluppare una più ampia politica contro la segregazione
nell’istruzione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 28 marzo 2023 (Sârbu
c. Romania) Art. 8 – Mancata
violazione del diritto alla riservatezza e alla tutela della vita privata in
conseguenza dell’utilizzo, nell’ambito di un procedimento penale a carico del
ricorrente, di registrazioni effettuate a sua insaputa da un attuale
coimputato, tramite una videocamera miniaturizzata collegata ad una penna e
nell’ambito della comune attività lavorativa. Pur ritenendo che il caso in
oggetto rientri nell’ambito di applicabilità dell’art. 8 CEDU, la Corte giudica
vi sia stato un controllo effettivo dell’utilizzo del mezzo sopra indicato da
parte dello Stato. In particolare, le autorità nazionali hanno scoperto le
registrazioni in oggetto a seguito di una perquisizione informatica
autorizzata nell’ambito di un altro procedimento penale a carico del ricorrente
(e non in maniera accidentale, come sostenuto da quest’ultimo) e l’iscrizione
delle stesse nel fascicolo come prova incriminante è avvenuta in conformità
alla legge. L’uso delle suddette registrazioni è sempre stato limitato a
procedimenti penali che offrivano le dovute garanzie al ricorrente e si
tratta di registrazioni relative a due episodi specifici. Inoltre, le stesse
appaiono limitate nel tempo e non ottenute mediante una sorveglianza costante
o prolungata su un lungo periodo. Nel corso del procedimento penale, si è
anche avuta una appropriata valutazione scientifica e forense delle
registrazioni tesa ad accertarne caratteristiche e affidabilità. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 28 marzo 2023 (Saure
c. Germania (n. 2)) Art. 10 – Violazione della libertà di ricevere e
comunicare informazioni causata dal rigetto della richiesta di un giornalista
tedesco di divulgare informazioni su risultanze incriminanti, dal punto di
vista penale, a carico di giudici e di un pubblico ministero per i quali
sussistevano indizi di una precedente collaborazione con il Ministero della
Sicurezza dello Stato della ex Repubblica Democratica Tedesca (DDR). La Corte
ritiene che non vi sia stato un adeguato bilanciamento degli interessi
contrapposti, né l’indicazione di ragioni pertinenti e sufficienti per il
diniego di divulgazione. Inoltre, è mancata una verifica della possibilità di
fornire le informazioni in questione in forma anonima, a fronte del
significativo interesse pubblico alla conoscenza delle relative vicende. La
Corte non ritiene invece che una violazione della libertà di ricevere e
comunicare informazioni sia stata causata dal rifiuto della richiesta di
conoscere i nomi e le sedi di servizio dei giudici e del pubblico ministero,
in quanto vi è qui stata una ponderazione accurata degli interessi in gioco
da parte delle autorità dello Stato, sussistendo motivi pertinenti e
sufficienti per la mancata divulgazione. In specie, per la Corte esiste
comunque la possibilità di avere un dibattito pubblico sulla base di alcune
delle informazioni che sono state divulgate ed è giustificato il rifiuto
della richiesta generica e non motivata di fornire informazioni sul
coinvolgimento di giudici in "procedimenti relativi ad atti illeciti
commessi dalla DDR". |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 21 marzo 2023 (Telek e altri
c.Turchia) Art. 8 e Art. 2 P.2 – Violazione del diritto al rispetto
della vita privata e violazione del diritto all’educazione causate dal ritiro
illegale e arbitrario dei passaporti di alcuni ricercatori universitari, per
un periodo di tempo considerevole, in applicazione di decreti-legge adottati
durante lo stato di emergenza seguito al tentato golpe del 2016 in Turchia. La Corte giudica che le misure
governative, adottate a seguito del licenziamento dei ricorrenti dal servizio
pubblico per presunti legami con un’organizzazione terroristica non provati
dalle autorità, abbiano avuto un impatto significativo sulla vita all’estero
dei ricorrenti, sia dal punto di vista accademico e professionale che dal
punto di vista privato. Inoltre, la Corte rileva che nel caso in oggetto non
siano state rispettate quelle garanzie procedurali che devono circondare il
potere discrezionale delle autorità amministrative ai sensi della
Convenzione, mentre il controllo giurisdizionale è stato inadeguato e
inefficace, con conseguente mancato rispetto della proporzionalità rigorosa
(“stricte mesure”) richiesta dalle
particolari circostanze dello stato d’emergenza. Dal punto di vista del
diritto all’istruzione, la Corte ritiene che il provvedimento ha reso
impossibile il proseguimento degli studi di dottorato nelle università
all’estero a cui gli accademici erano stati ammessi e che l’Articolo 2,
paragrafo 1, sia applicabile anche agli studi di dottorato con l’obbligo per
gli Stati membri di non ostacolare in modo ingiustificato – e nel caso di
specie imprevedibile – l’esercizio del diritto all’istruzione sotto forma di
studi di grado superiore negli istituti di istruzione universitaria
all’estero (“études supérieures dans
des établissements d’enseignement supérieur”). Si registra un’opinione parzialmente dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 23 marzo 2023 (Rogalski
c. Polonia) Art. 10 – Violazione della libertà di espressione a
causa della ingiustificata sanzione disciplinare somministrata a un avvocato,
con la generica motivazione di una condotta non etica per aver egli segnalato
la commissione di un reato da parte di un pubblico ministero senza
un’adeguata base di fatto e senza moderazione, proporzionalità e cautela,
secondo le autorità dello Stato. La Corte rileva in particolare la mancata
(reale) motivazione della decisione da parte dei tribunali disciplinari
polacchi e il conseguente superamento del margine di apprezzamento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 14 marzo 2023 (Gran
Rabbinato della comunità ebraica di
Smirne c. Turchia) Art. 34, Art. 35
§ 3 e Art. 1 P. 1 – Violazione del diritto al rispetto della proprietà
causata dall’imprevedibile rifiuto da parte dei tribunali nazionali (in
applicazione di disposizioni non pertinenti, nella specie l’iscrizione del
terreno a nome del pubblico erario) di iscrizione nel catasto a nome del
richiedente di un terreno su cui è costruita un’antica sinagoga di proprietà
del Rabbinato, in considerazione del fatto che l’origine di quello che la
Corte qualifica come un vero e proprio diritto reale risale al periodo
dell’Impero Ottomano. Nel merito, la Corte ritiene infatti che l’interesse
patrimoniale rappresentato in giudizio dal Gran Rabbinato di Smirne debba
considerarsi un diritto di proprietà ai sensi del Protocollo 1, in quanto si
ravvisa l’esercizio di un possesso inequivocabile, ininterrotto e
incontrastato della sinagoga per circa quattro secoli in capo al Rabbinato e
il terreno e l’edificio sono caratterizzati da elementi particolari e da un
uso specifico, legati alla vita religiosa della comunità ebraica. Dal punto
di vista procedurale, la Corte chiarisce che il ricorso è ricevibile ai sensi
degli Articoli 34 e 35 CEDU, in quanto il Gran Rabbinato di Smirne dev’essere
considerato come un legittimo ricorrente secondo la Convenzione, in quanto
rappresenta i suoi fedeli e costituisce un’istituzione religiosa disciplinata
da disposizioni risalenti al periodo ottomano, avendo anche acquisito a suo
nome e utilizzato liberamente beni immobili, tanto che la sua capacità di
agire in giudizio e di acquisire beni immobili non è mai stata messa in
discussione dalle autorità amministrative o dai tribunali nazionali nel corso
del tempo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 14 marzo 2023 (Georgiou
c. Grecia) Art. 6 § 1 e Art. 46 – Violazione del diritto a un equo
processo a causa del mancato esame da parte della Corte di cassazione greca,
senza motivazione, della domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di
giustizia dell’Unione europea proposta dal ricorrente, ex presidente
dell’Autorità di Statistica Ellenica (ESTAT). In merito all’esecuzione della
sentenza, la Corte ritiene adeguata la riapertura del procedimento interno,
se richiesta dal ricorrente, per consentire l’esame della domanda di rinvio
pregiudiziale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 9 marzo 2023 (L.B. c. Ungheria) Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto della vita
privata in conseguenza della pubblicazione ingiustificata dei dati
identificativi del ricorrente, compreso l’indirizzo di casa, sul portale web
dell’autorità fiscale ungherese per non aver egli adempiuto ai suoi obblighi
fiscali. La Corte ritiene che a fronte delle finalità legittime di migliorare
l’efficienza del sistema fiscale e dell’ampio margine di discrezionalità
dello Stato nello stabilire il regime di diffusione dei dati personali dei
contribuenti che non adempiono agli obblighi fiscali, non sia stato però
raggiunto da parte del legislatore statale un giusto equilibrio tra gli
interessi pubblici e privati in gioco a causa della mancata previsione legale
dell’obbligo di una valutazione di proporzionalità individualizzata da parte
dell’autorità fiscale, della mancanza di valutazione della necessità di
pubblicare l’indirizzo di residenza del debitore fiscale al fine di ottenere
un effetto deterrente e della mancanza di una valutazione dell’impatto sul
diritto alla riservatezza. La Corte ritiene in specie che non sia stato
valutato l’impatto sul diritto alla riservatezza soprattutto alla luce del
mezzo utilizzato per la diffusione (Internet). Il legislatore non ha in
merito elaborato risposte adeguatamente personalizzate alla luce del
principio di minimizzazione dei dati e di altre considerazioni sulla
protezione dei dati personali su internet. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 7 marzo 2023 (Mamasakhlisi e altri c. Georgia e Russia) Art. 1, Art. 3, Art. 5 § 1 e Art. 6 § 1 e § 3 –
Violazione dell’obbligo di rispettare i diritti umani gravante in capo allo
Stato russo, in quanto avente controllo effettivo e influenza decisiva sul
territorio georgiano dell’Abkhazia in considerazione del sostegno politico,
economico e finanziario nonché del coinvolgimento militare alle autorità
secessioniste, con conseguente responsabilità della Russia per gli atti delle
autorità dell’Abkhazia in relazione ai ricorrenti detenuti e alle violazioni
dei diritti convenzionali da essi sopportate. La Corte chiarisce come,
rispetto agli obblighi positivi della Georgia nei confronti dell’Abkhazia, si
tratti di una parte del suo territorio su cui all’epoca dei fatti lo Stato
georgiano non aveva alcun controllo, con conseguente assenza di
responsabilità da parte della Georgia per quanto riguarda gli obblighi
positivi gravanti sullo Stato. La Corte accerta la violazione del divieto di
trattamenti inumani e degradanti a danno dei ricorrenti durante la loro
detenzione nonché l’illegalità della detenzione stessa e del precedente
arresto, per la mancanza di informazioni sulle leggi applicabili e la
scarsità di fonti ufficiali d’informazione sul sistema legale e giudiziario
vigente nella regione separatista dell’Abkhazia. La Corte non è anzi in grado
di verificare se le autorità e i tribunali abkhaziani soddisfino di fatto i
requisiti dell’art. 5; essa ritiene che manchi però la base per supporre
l’esistenza di un sistema nella regione che rifletta una tradizione giudiziaria
compatibile con la Convenzione. La Corte accerta la lesione del diritto a un
equo processo da parte di un tribunale indipendente e imparziale stabilito
dalla legge in quanto i tribunali abkhaziani esistono esclusivamente in via
fattuale ma senza una valida base giuridica, e non potevano né possono perciò
qualificarsi come "tribunale stabilito dalla legge”. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 7 marzo 2023 (Kogan e altri c. Russia) Art. 8, Art. 18 e Art. 38 – Violazione del diritto al
rispetto della vita privata e familiare in conseguenza della ingiustificata
revoca del permesso di soggiorno di un’avvocata per i diritti umani residente
in Russia ma di nazionalità statunitense, in nome di ragioni di sicurezza
nazionale non ulteriormente motivate dalle autorità statali. Secondo la Corte
si è avuto un esame puramente formale della decisione di revoca da parte dei
tribunali nazionali con conseguente privazione a danno della ricorrente della
possibilità di contestare o rispondere in contraddittorio alle accuse
fattuali a suo carico e mancato raggiungimento da parte dei tribunali
nazionali di un giusto equilibrio tra interessi concorrenti. Di conseguenza
il procedimento di revoca è stato inficiato da gravi vizi procedurali che ne
compromettono l’equità, con una restrizione dei diritti convenzionali per
scopi non autorizzati, nello specifico la revoca del permesso di soggiorno
apparendo finalizzata a punire le attività svolte dalla ricorrente e dal
marito a tutela dei diritti umani e a impedirne la prosecuzione. La Corte
prende in esame il contesto generale di aumento delle severe restrizioni nei
confronti delle ONG, dei difensori dei diritti umani e di altri attori della
società civile in Russia, con conseguente "effetto paralizzante" (“chilling effect”) sulle loro attività.
La Corte rileva anche il mancato rispetto da parte dello Stato russo
dell’obbligo di fornire le facilitazioni necessarie all’esame della causa
secondo l’Art. 38 della CEDU. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 28 febbraio 2023 (Căpăţînă
c. Romania) Art. 1 P.1 – Mancata violazione del diritto al godimento
pacifico dei propri beni nel caso di un sequestro temporaneo durante un
procedimento penale per corruzione e della confisca dei proventi di reato,
dopo la condanna, in quanto manca ogni profilo di arbitrarietà. La Corte non
riscontra inoltre alcun profilo di sproporzione con le somme sequestrate e
confiscate, tenuto conto delle circostanze e del metodo di calcolo
utilizzato, il procedimento si svolto inoltre rispettando il contraddittorio
e i principi dell’equo processo e dunque non è stato in questo caso alterato
l’equo bilanciamento tra interessi concorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 21 febbraio 2023
(Catană c. Repubblica di Moldavia) Art. 6 – Violazione del diritto a un equo processo
determinata dall’insufficienza dei requisiti d’indipendenza e imparzialità
presenti nei due procedimenti disciplinari contro un magistrato in Moldavia.
In particolare, i giudici non erano in maggioranza nel collegio disciplinare
che ha preso le decisioni, vista anche la presenza nel Consiglio superiore
della magistratura (CSM) moldavo di membri ex officio (tra cui il ministro della Giustizia e il procuratore
generale) e di professori di diritto scelti senza sufficienti garanzie
d’indipendenza. La Corte ritiene che già la sola presenza di membri del
Governo negli organi disciplinari della magistratura ponga seri problemi
rispetto all’art. 6, pur nei casi in cui questi ultimi rivestano un ruolo
meramente passivo. La Corte prende peraltro atto che una recente modifica
costituzionale del 2022 ha cambiato la composizione del CSM, escludendo vi
faccia parte il Ministro della Giustizia e stabilendo requisiti di merito più
stringenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 20 febbraio 2023 (Ucraina
e Paesi Bassi c. Russia) Art. 42 e Art. 71 del Regolamento della Corte EDU – La
Corte comunica che la Grande Camera ha deciso di riunire il ricorso
inter-statale Ucraina c. Russia (X) ai
precedenti ricorsi Ucraina e Paesi
Bassi c. Russia. I ricorsi citati saranno da ora denominati unitariamente
come Ucraina e Paesi Bassi c. Russia. La
decisione è stata prese in sintonia con l’interesse all’efficienza
dell’amministrazione della giustizia e l’ammissibilità del ricorso Ucraina c. Russia (X) sarà esaminata
insieme al merito dei due procedimenti esistenti Ucraina e Paesi Bassi c. Russia, rispetto ai quali la decisione circa l’ammissibilità è già stata presa dalla Corte, con esito
favorevole. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Comunicato stampa) 16 febbraio 2023 (Leszczyńska-Furtak
e altri c. Polonia; Gregajtys c. Polonia; Piekarska-Drążek c.
Polonia) Art. 39 del
Regolamento della Corte EDU – La Corte rende noto che il Governo polacco ha
comunicato che non intende rispettare le misure provvisorie pronunciate dalla
Corte europea rispetto ai casi sopra indicati, tutti riguardanti la rimozione
o altre sanzioni disciplinari imposte a giudici polacchi a seguito delle
riforme del sistema giudiziario entrate in vigore nel 2017-2018. Il Governo
polacco fa riferimento alla sentenza della Corte costituzionale polacca che ha
negato la competenza della Corte EDU a giudicare sull’organizzazione del
giudiziario in Polonia, oltre che su una dichiarazione pubblica del
Presidente della Corte d’Appello di Varsavia che nega vi siano elementi
fattuali o di diritto per ottemperare alle misure richieste dalla Corte di
Strasburgo. La Corte EDU offre anche una sommaria quantificazione dei ricorsi
intentati da giudici polacchi nel 2022 e tuttora pendenti davanti alla Corte. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 14 febbraio 2023 (Halet
c. Lussemburgo) Art. 10 – Violazione del diritto alla libertà di
espressione a causa dell’ammenda penale di 1.000 euro somministrata al
ricorrente per aver divulgato ai media documenti riservati di un datore di
lavoro del settore privato riguardanti le pratiche fiscali di società
multinazionali (c.d. caso “Luxleaks”).
Nel caso in oggetto, la Corte compie un consolidamento della propria
precedente giurisprudenza in materia di protezione dei pubblici informatori
(“whistle-blowers”), con un
perfezionamento dei criteri stabiliti nella precedente sentenza Guja. Constatata l’assenza di una
definizione astratta e generale della nozione di pubblico informatore, la
Corte ritiene che la richiesta di protezione in base a questo status debba
essere concessa in funzione delle circostanze e del contesto di ciascun caso.
Nella decisione in oggetto, la Corte compie una valutazione complessiva dei
criteri “Guja”, considerati
separatamente, ma senza gerarchia o ordine specifico. In particolare, si
ritiene che il canale scelto per effettuare la divulgazione fosse accettabile
pur in assenza di un comportamento illegale da parte del datore di lavoro,
per l’autenticità dei documenti divulgati e la buona fede del ricorrente. È
dunque stato necessario operare un bilanciamento degli interessi concorrenti
in gioco da parte della Grande Camera, in quanto l’esercizio di bilanciamento
dei giudici nazionali non soddisfaceva i requisiti individuati dalla Corte
EDU nella presente sentenza, avendo seguito i giudici del Lussemburgo
un’interpretazione eccessivamente restrittiva dell’interesse pubblico delle
informazioni divulgate e avendo essi preso in considerazione solo il
pregiudizio arrecato al datore di lavoro. Invece, l’interesse pubblico alla
divulgazione prevale su tutti gli effetti pregiudizievoli, tra cui il furto
di dati, la violazione del segreto professionale e il pregiudizio agli
interessi privati dei clienti del datore. In conseguenza, appare
sproporzionata la natura della condanna penale inflitta. |
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req. n. 58951/18 e 1308/19 |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 9 febbraio 2023 (Canal 8 c. Francia) Art. 10 – Mancata violazione del diritto alla libertà di
espressione da parte delle pesanti sanzioni pecuniarie inflitte alla società
televisiva C8 dal Conseil supérieur de
l’audiovisuel francese a causa del contenuto di sequenze trasmesse nel
programma "Touche pas à mon poste",
in quanto le sanzioni sono state circondate da adeguate garanzie procedurali ed erano previste
dalla legge, e le sequenze sanzionate erano lesive dell’immagine della donna
e idonee a stigmatizzare gli omosessuali e a violarne il diritto alla vita
privata, con particolare impatto su un pubblico giovane. La sanzione appare
dunque proporzionata, considerati anche i fini solo commerciali del programma
televisivo, le ripetute violazioni da parte della società ricorrente dei suoi
obblighi etici e l’ampio margine di discrezionalità in capo allo Stato. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 7 febbraio 2023 (Elvan c. Turchia) Art. 2 (procedurale) – Violazione del diritto alla vita
determinata dalla mancanza di un’indagine efficace sul possibile ruolo del
Prefetto e del Direttore della Sicurezza nella morte di un ragazzo di 15 anni
a causa di una ferita da lanciagranate durante gli eventi di protesta di Gezi
Park, a Istambul, nel 2013. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 7 febbraio 2023 (Jovanović c. Serbia) Art. 1 P. 12 e Art. 6 – Violazione del divieto di
discriminazione e del diritto a un’equa udienza e a un equo processo a causa
del comportamento ingiustificato del giudice che impedisce all’avvocato di
utilizzare la variante “Ijekavian”
o “fiumana” della lingua serbo-croata (maggioritaria in Croazia ma
riconosciuta nello Stato serbo) e consente invece l’uso del serbo “ekaviano”, nonostante la parità di
status ufficiale di entrambe le varianti. La Corte rileva in specie la
mancanza di un’adeguata motivazione da parte della Corte costituzionale serba
nel rifiutare di trattare il ricorso del ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 31 gennaio 2023 (Y.
c. Francia) Art. 8 – Mancata violazione degli obblighi positivi
ricollegati al diritto al rispetto della vita privata e famigliare in
conseguenza del rifiuto delle autorità nazionali d’inserire nel certificato
di nascita di una persona intersessuale la dicitura "neutro" o
"intersessuale" al posto di "maschio". La Corte riconosce
che anche se la discrepanza tra l’identità biologica e quella giuridica del
richiedente è fonte per lui di sofferenza e ansia, dal punto di vista del suo
diritto all’identità personale, assumono rilevanza al contempo gli argomenti
d’interesse pubblico portati dallo Stato, ossia il principio
d’indisponibilità dello stato civile, nonché la necessità di preservare la
certezza e l’affidabilità dei registri di stato civile e degli attuali
assetti legislativi e sociali vigenti in Francia, in quanto costruiti a
partire da una concezione binaria dei sessi (“de la binarité des sexes”). In mancanza di un consenso europeo
sul punto, la Corte rileva come la questione appartiene al novero di quelle
rispetto alle quali le opinioni ragionevoli possono differire ampiamente
entro una società democratica e spetta alla società stessa di compiere una
scelta, con conseguente ampio margine di apprezzamento per lo Stato. La Corte
ritiene dunque che la decisione su quanto velocemente e in che misura
rispondere alle richieste di stato civile delle persone intersessuali rientri
nella discrezionalità dello Stato convenuto, pur tenendo conto della
difficile situazione di questa categoria di persone. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 23 gennaio 2023 (Macatė
c. Lituania) Art. 10 –
Violazione della libertà di espressione a causa della sospensione
temporanea di un libro di favole per bambini che raffigura relazioni tra
persone dello stesso sesso e successiva etichettatura come dannoso per i
minori di 14 anni. Si tratta infatti di un libro che non promuove relazioni
tra persone dello stesso sesso a scapito di relazioni tra persone di sesso
diverso né “insulta, degrada o sminuisce” queste ultime. Le misure impugnate
non perseguono alcuno scopo legittimo ai sensi dell’articolo 10, par. 2,
nella misura in cui cercano di limitare l’accesso dei minori alle
informazioni che descrivono le relazioni tra persone dello stesso sesso come
essenzialmente equivalenti a quelle tra persone di sesso diverso. La Corte
ricorda come l’uguaglianza e il rispetto reciproco per le persone di diverso
orientamento sessuale siano insiti nell’intero tessuto della Convenzione. La
Corte chiarisce che, ai sensi della Convenzione, le restrizioni all’accesso
dei minori alle informazioni sulle relazioni tra persone dello stesso sesso,
basate unicamente su considerazioni di orientamento sessuale, sono
incompatibili con le nozioni di uguaglianza, pluralismo e tolleranza insite
in una società democratica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 19 gennaio 2023 (Pagerie
c. Francia) Art. 2 P. 4 – Mancata violazione della libertà di
movimento nel caso dell’obbligo di permanenza domiciliare preventiva (“assignation à résidence préventive”)
di un islamista radicalizzato, in quanto la misura, protrattasi per tredici
mesi durante lo stato di emergenza (“état
d’urgence”) successivo agli attentati terroristici del 2015, è stata
circondata da sufficienti garanzie procedurali. La Corte riconosce
l’intensità della misura amministrativa in oggetto, che assommava un
coprifuoco notturno e l’obbligo di presentarsi tre volte al giorno alla
polizia, pena l’incarcerazione, ma ritiene che la legge francese sull’“état d’urgence” stabilisca con
sufficiente chiarezza lo scopo e i modi d’esercizio del potere del Ministro
dell’Interno e garantisca comunque un controllo giurisdizionale effettivo
contro il rischio d’arbitrarietà e abusi. Inoltre, vi è stata nel caso di
specie una verifica periodica della necessità della misura da parte della
stessa amministrazione. Dunque, la misura è da considerarsi proporzionata e
non ha impedito la vita sociale e le relazioni con il mondo esterno del
ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 17 gennaio 2023 (Minasian e altri c. Repubblica di Moldavia) Art. 5 § 1 e § 4
– Violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza causata dalla
detenzione di figli minori che abbiano accompagnato la madre, migrante
irregolare e soggetto di provvedimento di espulsione, in detenzione. La
detenzione in sé è da considerare rispettosa dei criteri convenzionali di
legalità, ma la Corte censura invece la mancata verifica da parte dei
tribunali nazionali del carattere di ultima istanza della misura della
detenzione dei minori e la mancata verifica del fatto che il centro di
detenzione fosse o meno appropriato per ospitare famiglie con figli minori,
vista anche l’impossibilità per i minori di contestare la legittimità della
loro detenzione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 17 gennaio 2023 (Axel
Springer SE c. Germania) Art. 10 – Mancata violazione della libertà di
espressione da parte di un ordine giustificato e proporzionato del tribunale
alla società ricorrente, una casa editrice, di pubblicare la risposta di un
funzionario politico interessato ad un suo articolo di giornale al fine di
rettificare un’inesattezza fattuale, dal momento che la valutazione del
giudice nazionale risulta ben motivata e che tiene in debito conto la
giurisprudenza della Corte. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 17 gennaio 2023 (Fedotova
e altri c. Russia) Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi collegati
alla tutela della vita privata e famigliare determinata dall’assenza di
qualsiasi forma di riconoscimento giuridico e di protezione per le coppie
dello stesso sesso. La Corte conferma l’obbligo positivo di fornire un quadro
giuridico che garantisca a tali coppie un riconoscimento e una protezione
adeguati, facendo riferimento al fatto che i precedenti giurisprudenziali
della Corte sono consolidati da una chiara tendenza in atto nelle
legislazioni della maggioranza degli Stati contraenti e da posizioni
convergenti di vari organismi internazionali. Nell’ambito della tutela delle
minoranze omosessuali entro gli Stati membri, la Corte ritiene che il margine
di apprezzamento sia ridotto per la fornitura di un qualche quadro giuridico
e più ampio per la determinazione dell’esatta natura della forma di
riconoscimento e del contenuto della protezione. Non è infatti richiesta la
forma del matrimonio. Tuttavia, i motivi di interesse pubblico addotti dallo
Stato (nella specie, le preferenze espresse dalla maggioranza) non prevalgono
sugli interessi dei richiedenti e il margine di apprezzamento è stato
oltrepassato nel caso di specie. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 12 gennaio 2023 (Potoczká
e Adamčo c. Slovacchia) Art. 8 e Art. 13 – Violazione del diritto al
rispetto della vita privata e della corrispondenza da parte del mandato del
tribunale che autorizza le intercettazioni telefoniche durante un
procedimento penale senza motivazione e in modo non conforme allo stesso
diritto interno, in mancanza di un ricorso effettivo a tutela del diritto
leso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 12 gennaio 2023 (Ovcharenko
and Kolos c. Ucraina) Art. 8 e Art. 6 – Violazione del diritto a un equo
processo e del diritto al rispetto della vita privata a causa del
licenziamento, dopo i rivolgimenti politici del 2014, di due giudici della
Corte costituzionale ucraina per aver partecipato a una sentenza del 2010
ritenuta discutibile (“debatable”)
e che aveva dichiarato l’incostituzionalità degli emendamenti costituzionali
approvati dal Parlamento ucraino nel 2004, a causa di vizi procedurali. La
Corte EDU censura l’avvenuta rimozione perché disposta senza che vi sia stata
una chiara interpretazione dell’imputata "violazione del
giuramento" e della portata dell’immunità funzionale dei giudici. La
Corte rileva inoltre come dopo la propria decisione precedente Oleksandr Volkov c. Ucraina (del
gennaio 2013) non sia intervenuta nessuna modifica legislativa per portare a
una maggiore prevedibilità nei procedimenti contro i giudici per “violazione
del giuramento”, sottolineando che è richiesta la massima cautela e che una
motivazione dettagliata è cruciale quando i giudici costituzionali sono
licenziati dal Parlamento. L’uso di poteri discrezionali da parte delle
autorità nazionali mina la certezza del diritto e non è giustificato dal
contesto di proteste massicce e da un cambiamento straordinario del potere
dello Stato, eventi avvenuti in Ucraina a inizio 2014. Si rileva inoltre come
vi sia stato un inadeguato controllo giudiziario, senza una risposta
elaborata sulle questioni cruciali, a fronte di una chiara tendenza europea
verso la necessità di motivi rigorosi e ristretti per sanzionare i giudici
costituzionali. In termini generali e nell’ambito dei giudizi sui giudici
nazionali, la Corte traccia poi la necessità di operare una distinzione tra
un’interpretazione o un’applicazione discutibile della legge, da un lato, e
una violazione grave e flagrante della legge, l’arbitrarietà, una grave
distorsione dei fatti o un’evidente mancanza di base giuridica per un
provvedimento giudiziario, dall’altro. Inoltre, le decisioni riguardanti la
responsabilità dei giudici richiedono sempre l’esame dell’elemento
psicologico dietro la presunta cattiva condotta e la conseguente distinzione
tra un errore del giudice fatto in buona o in cattiva fede. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Misura provvisoria) 21 dicembre 2022 (Armenia
c. Azerbaigian n. 4) Art. 39 del Regolamento della Corte EDU –
Nell’ambito del contezioso intra-statale tra Armenia e Azerbaigian, che si
prolunga dal riaccendersi delle ostilità tra i due Stati intorno alla regione
separatista del Nagoro-Karbakh, la Corte si è nuovamente pronunciata - in via
provvisoria ex art. 39 del Regolamento - richiedendo al Governo
dell’Azerbaigian di adottare tutte le misure, nella sua sfera di competenza
domestica secondo il diritto internazionale (within their jurisdiction), per garantire un passaggio sicuro
attraverso il “Corridoio di Lachin”, che collega Nagoro-Karabakh e Armenia,
alle persone gravemente malate che necessitano di cure mediche in Armenia e
alle altre persone che sono rimaste bloccate sulla strada senza un riparo o
mezzi di sussistenza. La Corte fa riferimento, oltre alla Convenzione, agli
impegni assunti dall’Azerbaigian ai sensi dell’art. 6 della Dichiarazione
Trilaterale siglata il 9 novembre 2020. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 20 dicembre 2022 (Bakoyanni c. Grecia) Art. 6
– Violazione del diritto a un equo processo in conseguenza del rifiuto
del Parlamento greco di revocare l’immunità di un ministro dinnanzi
all’azione penale intentata contro di lui su iniziativa della ricorrente,
membro del Parlamento, per presunta diffamazione. La Corte rileva in primo
luogo che il rimedio specifico richiesto dalla ricorrente per tutelare il suo
diritto civile alla reputazione, attraverso la pubblicazione sui giornali di
qualsiasi futura sentenza in caso di condanna del ministro, è possibile solo
nell’ambito di un procedimento penale. La Corte rileva poi la mancanza di un
chiaro collegamento tra il presunto comportamento del ministro e le sue
attività parlamentari o ministeriali, con conseguente lesione dell’essenza
stessa del diritto di accesso al tribunale della ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 20 dicembre 2022 (Zemmour
c. France) Art. 10 – Mancata violazione del diritto alla
libertà di espressione in conseguenza di una condanna penale e di un’ammenda
per incitamento alla discriminazione e all’odio religioso nei confronti della
comunità musulmana francese, pronunciate a seguito di osservazioni formulate
dal ricorrente (noto giornalista e, in seguito, politico francese) nel 2016,
nel corso di un programma televisivo e nel contesto degli attentati
terroristici del 2015. La Corte ritiene le dichiarazioni del ricorrente non
sufficienti a dimostrare in modo immediato il loro essere dirette alla
distruzione dei diritti e delle libertà sanciti dalla Convenzione (rispetto
alla popolazione musulmana francese); inoltre, le affermazioni incriminate si
sono svolte in un dibattito d’interesse pubblico. Tuttavia, la Corte fa
riferimento all’ampio margine di apprezzamento riservato allo Stato in casi
come quello in oggetto, dal momento che discorsi di incitamento all’odio come
quello del ricorrente non godono di una protezione rinforzata sotto l’art. 10
e che sono stati pronunciati da una persona e in un contesto tali da
accrescerne la diffusione. La Corte rileva poi la presenza, nella decisione
dei giudici nazionali, di una motivazione sufficiente e pertinente, anche se
non espressamente fondata sull’articolo 10, e il fatto che la pena inflitta
vada considerata come non eccessiva. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 15 dicembre 2022 (Olivares
Zúñiga c. Spagna) Art. 6 – Violazione del diritto di accesso a un
tribunale in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso
di Amparo in relazione al requisito
imprevedibile del previo esperimento di altro ricorso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 15 dicembre 2022 (Rutar
e Rutar Marketing D.O.O. c. Slovenia) Art. 6 – Violazione del diritto a un equo processo
causata dalla mancata motivazione da parte del giudice nazionale del rifiuto
di accogliere la domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia
dell’Unione europea presentata dal ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 13 dicembre 2022 (RTBF.
c. Belgio) Art. 10 – Violazione della libertà di espressione
in un caso di condanna in sede civile di un’emittente radio-televisiva per
aver questa violato i diritti alla privacy
e alla presunzione di innocenza di due persone attraverso la diffusione di
una notizia sul loro comportamento sospetto relativo a possibili abusi
sessuali su minori. La Corte ritiene la motivazione della decisione statale
pertinente ma insufficiente, a fronte dell’assenza di un ragionevole rapporto
di proporzionalità, e questo nonostante la riconosciuta leggerezza della
sanzione inflitta. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 13 dicembre 2022 (Florindo
de Almeida Vasconcelos Gramaxo c.
Portogallo) Art. 8 e Art. 6 – Mancata violazione del diritto al
rispetto della vita privata in conseguenza del licenziamento disposto sulla
base dei dati raccolti grazie a un GPS installato dal datore di lavoro per
misurare i chilometri percorsi con l’auto aziendale dal ricorrente. Pur
considerando in astratto applicabile l’Art. 8, la Corte riconosce, da un
lato, l’esistenza di un quadro normativo statale a tutela dei lavoratori,
dall’altro, l’assenza di un precedente ricorso giurisdizionale, da parte
dell’attuale ricorrente, in merito all’installazione del dispositivo GPS, a
lui già nota. Inoltre, il Tribunale
portoghese di ultima istanza ha ridotto la portata dell’intrusione nella vita
privata limitandola ai dati strettamente necessari per il fine legittimo
perseguito dall’azienda (controllo delle spese), compiendo una ponderazione
dettagliata dei diritti concorrenti in gioco, in conformità alla
giurisprudenza della Corte. Il margine di apprezzamento non è stato perciò
superato. Mancata violazione al diritto a un equo processo nel
corso del procedimento di contestazione dei motivi di licenziamento, in
quanto esso non risulta viziato dall’utilizzo esclusivo dei dati di
geolocalizzazione legale come prova, infatti altri mezzi di prova sono stati
presi in considerazione, nel rispetto dei diritti della difesa. Perciò la
sentenza, emessa al termine di un procedimento in contraddittorio e motivata
in fatto e in diritto, non è arbitraria né manifestamente irragionevole. Un’opinione dissenziente comune a tre giudici è annessa
al giudizio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 8 dicembre 2022 (Yakovlyev
c. Ucraina) Art. 3 –
Violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti in un caso di
alimentazione forzata di un detenuto in sciopero della fame per protestare
contro il regime carcerario a cui era sottoposto. La Corte ritiene la
necessità medica dell’alimentazione forzata non dimostrata in modo
convincente, a fronte di garanzie procedurali insufficienti a causa
dell’assenza di norme giuridiche e dell’inefficacia del controllo
giudiziario. Per la Corte, la risposta dello Stato alle proteste pare essere
limitata all’alimentazione forzata dei detenuti, a fronte della necessità di
indagare le ragioni alla base delle proteste dei detenuti e di garantire una
risposta significativa alle loro denunce, essenziale per un esame e una
gestione adeguati della situazione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 8 dicembre 2022 (M.K.
e altri c. Francia) Art. 6 – Violazione del diritto di accesso a un
tribunale in conseguenza del rifiuto delle autorità amministrative di
eseguire le ordinanze provvisorie di un giudice amministrativo che impongono
allo Stato di fornire un alloggio d’emergenza ai richiedenti asilo e ai loro
figli. La Corte ritiene che l’Art. 6 § 1 sia applicabile alla concessione e
al rifiuto di un posto in un alloggio d’emergenza, nella misura in cui questo
costituisce un diritto civile. Si rileva poi la completa passività delle
autorità amministrative, nonostante il fatto che le ordinanze fossero il
risultato di una procedura d’emergenza, mentre la presa in carico dei
ricorrenti è avvenuta solo a seguito delle misure provvisorie pronunciate
dalla Corte europea. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 6 dicembre 2022 (Leszczyńska-Furtak
e altri c. Polonia) Art. 39 del
Regolamento della Corte EDU – In un caso concernente il trasferimento di
Sezione di tre giudici polacchi, per motivi disciplinari e potenzialmente
ricollegabile alle recenti riforme del sistema giudiziario in Polonia, la
Corte dispone in via provvisoria che lo Stato sospenda il trasferimento dei
ricorrenti fintanto che la Corte non abbia deliberato sul merito dei ricorsi. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 6 dicembre 2022 (Spasov
c. Romania) Art. 6 e Art. 1 Prot. 1 – Violazione del diritto a un
equo processo in conseguenza di una condanna penale basata su disposizioni
del diritto nazionale manifestamente contrarie a norme dell’U.E. prevalenti
sulle prime e direttamente applicabili. La Corte giudica che la mancata
considerazione della prevalenza del diritto euro-unitario dia luogo a un
errore manifesto di diritto che comporta un diniego di giustizia La confisca del valore e il divieto temporaneo di pesca
nella zona economica esclusiva rumena, in quanto conseguenti a una condanna
penale contraria al diritto dell’Unione Europea e perciò priva di base
legale, integrano anche una violazione dell’Art. 1 Prot. 1 della Convezione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 6 dicembre 2022 (K.K.
e altri c. Danimarca) Art. 8 – Affrontando diversi profili in un caso nel
quale ricorrenti erano congiuntamente dei minori nati all’estero tramite
maternità surrogata e moglie del loro padre genetico - alla quale era stato
concesso l’affidamento congiunto ma non l’adozione, in conformità con il
divieto posto dalla legge danese per l’ipotesi di versamento di un qualsiasi
tipo di corrispettivo economico volto a ottenere l’adozione - la Corte non
rinviene violazioni dell’Art. 8 né sotto il profilo del rispetto della vita
famigliare, in quanto nel caso di specie non vi è stato nessun ostacolo al
godimento di tale diritto da parte di tutti i ricorrenti, né sotto il profilo
del rispetto della vita privata della ricorrente madre intenzionale, in
ragione della legittima prevalenza degli interessi pubblici in gioco. Invece, la Corte giudica che via sia stata violazione
dell’Art. 8 sotto il profilo del rispetto della vita privata dei minori
ricorrenti a causa del rifiuto di consentire l’adozione da parte della moglie
del loro padre genetico, nonostante l’assenza di altre possibilità di
riconoscimento di un rapporto giuridico genitore-figlio nell’ordinamento
statale. La Corte riconosce in particolare l’impatto negativo che sul diritto
dei bambini al rispetto della loro vita privata ha l’incertezza giuridica
sulla loro identità all’interno della società, non risultando le soluzioni
previste dalla legge danese sufficienti a compensare il rifiuto dell’adozione
del figlio del partner (stepchild
adoption), da ciò derivando il mancato raggiungimento di un giusto
equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco. Un’opinione dissenziente è annessa al giudizio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 6 dicembre 2022 (Pannon
Plakát Kft e altri c. Ungheria) Art. 34 e Art. 1 Prot. 1 – Chiarendo i limiti entro i
quali si applica lo status di “vittima” ai sensi dell’Art. 34, la Corte
rimarca come il diritto di petizione individuale non sia un diritto
proprietario e non sia come tale trasferibile. La Corte rinviene una violazione del diritto al rispetto
del godimento pacifico dei propri beni, nella forma di un eccessivo controllo
dell’uso della proprietà, in conseguenza dello sproporzionato divieto legale
di affissioni pubblicitarie stradali al di fuori dei centri abitati, che ha
causato l’estinzione di una parte sostanziale delle attività delle società
ricorrenti. Pur essendo legittimo l’obiettivo della sicurezza del traffico
stradale e ampio il margine d’apprezzamento dello Stato in materia, la misura
impugnata si caratterizza per la sua natura inattesa e in parte retroattiva,
risultando il periodo transitorio molto breve e insufficiente per consentire
un’adeguata riorganizzazione delle società ricorrenti a fronte del repentino
venir meno di un’importante fonte di entrate, in assenza di un regime di
compensazione, da tali elementi derivando un onere eccessivo imposto ai
ricorrenti, che oltrepassa il margine d’apprezzamento. La Corte riconosce congiuntamente un danno patrimoniale
e non patrimoniale per la perdita di opportunità economica e per la
frustrazione subita a causa dell’interferenza legislativa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 1 dicembre 2022 (A.D. e altri c. Georgia) Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi di tutela
della vita privata in un caso di impossibilità per i ricorrenti, uomini
transgender, di ottenere il riconoscimento legale del proprio genere senza
sottoporsi a procedure mediche per cambiare le proprie caratteristiche
sessuali, a causa dell’imprecisione del quadro giuridico e della mancanza di
procedure rapide, trasparenti e accessibili per il riconoscimento legale del
genere da parte delle autorità nazionali. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 29 novembre 2022
(Godenau c. Germania) Art. 10 – Mancata violazione della libertà di
espressione a seguito dell’inserimento della ricorrente in un elenco interno
regionale di insegnanti ritenuti non idonei alla nomina nelle scuole
pubbliche a causa di dubbi sulla sua fedeltà alla Costituzione, per i legami
con movimenti di estrema destra. La Corte chiarisce come il caso vada
distinto dal precedente Vogt c. Germania, giacché la decisione esaminata nel
caso odierno è stata basata su motivi pertinenti e sufficienti, mentre la
limitata gravità della misura impugnata non impedisce l’assunzione della
ricorrente come insegnante in un altro Land tedesco o in una scuola privata.
Non si riscontra nessun grave effetto negativo sulla reputazione della
ricorrente a causa della limitata accessibilità dell’elenco e la ricorrente
ha potuto beneficiare di garanzie procedurali sufficienti. Il margine di
apprezzamento dello Stato non è stato oltrepassato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 22 novembre 2022
(D.B. e altri c. Svizzera) Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto della vita
privata del minore nel caso di non riconoscimento prolungato della filiazione
tra un bambino nato da maternità surrogata per contratto all’estero e il
partner registrato intenzionale del padre genetico. La Corte europea ha
applicato al caso di specie, pur in presenza di un’unione civile registrata
tra partner dello stesso sesso (‘partenaire
enregistré’), i medesimi principi giurisprudenziali relativi ai bambini
nati da maternità surrogata con genitori di sesso diverso, uniti da un
rapporto di matrimonio. La Corte censura il mancato perseguimento
dell’interesse superiore del bambino da parte dell’ordinamento dello Stato,
con un’interferenza sproporzionata con il diritto del minore al rispetto
della sua vita privata. La Corte riscontra come l’adozione del figlio di un
partner registrato sia stata prevista tardivamente dal legislatore elvetico,
con superamento del margine di apprezzamento dello Stato. La Corte ha ritenuto invece che la vita familiare di
entrambi i genitori non sia stata significativamente compromessa, escludendo
una lesione dell’Art. 8 nei loro confronti. Opinioni concorrenti e dissenzienti sono annesse al
giudizio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 22 novembre 2022
(G.M. e altri c. la Repubblica di
Moldavia) Art. 3 – Violazione del divieto di sottoposizione a
trattamenti inumani e degradanti, sia sotto il profilo procedurale che
sostanziale, causata, sotto il profilo procedurale, dall’inefficacia
dell’indagine sulle accuse di aborti forzati e contraccezione forzata dopo
uno stupro da parte di un medico in un manicomio residenziale
neuropsichiatrico di tre ricorrenti con disabilità intellettiva. Sotto il
profilo sostanziale e degli obblighi positivi dello Stato, la violazione
dell’Art. 3 è stata ricollegata alla mancata istituzione e applicazione
effettiva da parte dello Stato convenuto di un sistema di protezione delle
donne con disabilità intellettiva ricoverate in istituti psichiatrici contro
gravi violazioni della loro integrità. Il quadro giuridico interno è infatti
privo di adeguate garanzie per ottenere un valido e libero consenso da parte
delle donne con disabilità intellettiva e vi è un’inadeguata legislazione
penale e una generale mancanza di meccanismi per prevenire gli abusi. La
Corte statuisce dunque che vi sia stata una mancata protezione dell’integrità
fisica delle richiedenti dall’aborto non consensuale e, per quanto riguarda
la prima richiedente, anche dalla contraccezione forzata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 10 novembre 2022 (Bakirdzi
e E.C. c. Ungheria) Art. 3 P.1 e Art.
14 – Violazione del diritto a libere elezioni, in congiunzione con il divieto
di discriminazione, a causa delle carenze del sistema di voto per le
minoranze nazionali in Ungheria, tali da incidere sulla segretezza del voto e
sulla libertà di scelta degli elettori e tali da precludere a un candidato
delle minoranze nazionali la possibilità di conquistare un seggio in
Parlamento. Con riferimento alla regola che impone al candidato di una
minoranza nazionale di essere appoggiato dagli elettori della stessa minoranza,
la Corte sottolinea in particolare l’impossibilità per il candidato di
ottenere un seggio quando il numero totale di elettori della stessa minoranza
è inferiore alla soglia elettorale preferenziale fissata dalla legge. La
Corte censura poi la possibilità per gli elettori di una minoranza nazionale
di votare solo per le rispettive liste di minoranza nazionale e non per le
liste dei partiti politici e rileva inoltre la possibilità che la scelta
elettorale di un elettore di una minoranza nazionale sia indirettamente
rivelata a tutti. Secondo la Corte il sistema, dunque, limita l’opportunità
degli elettori delle minoranze nazionali di migliorare la loro efficacia
politica come gruppo e minaccia di ridurre la diversità e la partecipazione
delle minoranze al processo politico. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 3 novembre 2022 (Sanchez-Sanchez
c. Regno Unito) Art. 3 – Mancata
violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti in conseguenza
dell’estradizione di un cittadino messicano dal Regno Unito agli Stati Uniti,
per la mancanza di prove che dimostrino un rischio reale di condanna
all’ergastolo senza condizionale del ricorrente. La Corte aggiorna la propria giurisprudenza
sull’estradizione, chiarendo come gli Stati contraenti non possono essere
ritenuti responsabili, ai sensi della Convenzione, per le carenze del sistema
di uno Stato terzo, se valutate alla luce dell’intero standard stabilito
nella sentenza Vinter e Altri c. Regno
Unito, trattandosi in quel caso di una decisione riferita alla
giurisdizione interna agli Stati contraenti, e non all’estradizione in uno
Stato terzo. La Corte supera la propria precedente sentenza Trabelsi c. Belgio e chiarisce come,
nell’ambito di un’estradizione qual è quella sottoposta al suo giudizio,
laddove il ricorrente non è stato condannato ma deve ancora essere sottoposto
a giudizio, la disponibilità di garanzie procedurali per i "detenuti a
vita" nello Stato richiedente non è un prerequisito per il rispetto
dell’Art. 3 da parte dello Stato Contraente di invio. La Corte adatta un approccio in due fasi (“adapted two-stage
approach”) sviluppato per i casi di estradizione, consistente in 1) Una prima fase in cui si deve valutare
se il richiedente ha prodotto prove in grado di dimostrare l’esistenza di
motivi sostanziali per ritenere che, in caso di condanna, vi sia un rischio
reale di ergastolo senza condizionale. 2) Una seconda fase in cui si deve
valutare se, a partire dal momento della condanna, esiste un meccanismo di
revisione che consenta alle autorità nazionali di prendere in considerazione
i progressi del detenuto verso la riabilitazione, o qualsiasi altro motivo di
scarcerazione basato sul suo comportamento o su altre circostanze personali
rilevanti. Nel caso di specie il ricorrente non ha fornito elementi
tali da far ritenere di correre un rischio reale, negli Stati Uniti, di
subire una condanna obbligatoria all’ergastolo senza condizionale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 3 novembre 2022 (Mamaladze
c. Georgia) Art. 6 e Art. 35 – Nell’ambito della condanna di un
arciprete per la preparazione dell’omicidio del segretario personale del
Patriarca, la Corte non riscontra una violazione del diritto a un equo
processo nel modo in cui sono state ottenute e utilizzate le prove. Vi è stata invece una violazione del diritto alla
pubblicità del processo, a causa della decisione di svolgere sia il giudizio
di primo grado che quello di appello a porte chiuse, per via della non
considerazione dell’impatto negativo della chiusura totale sulla fiducia
generale nella corretta amministrazione della giustizia e della mancata
considerazione dell’opportunità di misure meno restrittive, senza che vi sia
stato un adeguato bilanciamento. La Corte riscontra poi una violazione della presunzione
di innocenza a causa della combinazione di dichiarazioni pubbliche da parte
di funzionari pubblici e autorità inquirenti, della diffusione del materiale
del fascicolo sui media e dell’applicazione non uniforme dell’obbligo di non
divulgazione (“non-disclosure obligation”), consentendo al testimone
principale di formulare accuse pubbliche. In punto di ammissibilità ai sensi dell’Art. 35 e in
merito all’esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ritiene
fondato, in astratto, il rilievo dello Stato sul mancato esperimento da parte
del ricorrente di un’azione civile di diffamazione, ma ritiene che, nel caso
di specie, non ci si possa aspettare che il ricorrente intraprenda un’azione
civile, in quanto la violazione della presunzione di innocenza è legata alla
violazione del principio di pubblicità. Nel caso di specie, la presunzione di
innocenza è cioè vista come una garanzia procedurale nel contesto dello
stesso processo penale, con conseguente esclusione della necessità di
esperire anche l’azione civile di diffamazione prima di poter adire la Corte. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 3 novembre 2022 (Vegotex
international S.A. c. Belgio) Art. 6 – Mancata violazione del diritto a un equo
processo nel caso del debito fiscale prescritto per effetto retroattivo di
una nuova giurisprudenza ma successivamente ripristinato, a controversia
ancora in corso, da una normativa retroattiva ma prevedibile, che ha
ripristinato la certezza del diritto. La Corte chiarisce la propria posizione in ordine
all’applicabilità in un caso fiscale dei principi giurisprudenziali in
materia di legislazione retroattiva che influisce sulla determinazione
giudiziaria di una controversia in cui lo Stato è parte. Al riguardo, la
Corte chiarisce che le garanzie dell’Art. 6 della Convenzione non si
applicano con tutta la loro forza alla materia fiscale, che esula dal
nocciolo duro del diritto penale. Il giudice sovranazionale fornisce poi dei
criteri per la valutazione del carattere imperativo delle pertinenti ragioni
di diritto qualificate come di interesse generale (“relevant grounds of
general interest”). La Corte statuisce che, nel caso di specie, non vi è
stata violazione del diritto di accesso al tribunale, del principio del
contraddittorio e del principio della parità delle armi; la Corte rileva però
una violazione del diritto all’equità del processo a causa dell’eccessiva
durata del procedimento, pari a più di tredici anni. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 3 novembre 2022 (Loste
c. Francia) Art. 13, Art. 3 e
Art. 9. – Violazione del diritto a un ricorso effettivo determinata
dall’inefficacia dell’azione risarcitoria, causata dall’eccessivo formalismo
dei tribunali amministrativi nazionali nell’applicazione delle norme sulla
decadenza quadriennale dei diritti fatti valere in giudizio e dalla mancata
considerazione del fatto che solo dopo la decadenza del termine la ricorrente
aveva avuto pieno accesso ai documenti atti a provare la responsabilità dell’amministrazione
nei suoi confronti. La Corte rileva inoltre una violazione del divieto di
trattamenti inumani e degradanti, sotto il profilo degli obblighi positivi
dello Stato, per l’aver le autorità nazionali omesso di proteggere la
ricorrente per dodici anni dai maltrattamenti subiti durante il suo
collocamento in una famiglia affidataria, con conseguente mancata attuazione
delle misure preventive previste dalla legge allo scopo d’individuare il
rischio di maltrattamenti del minore. La Corte rileva, da ultimo, una violazione degli
obblighi positivi collegati al diritto di libertà di religione, per non aver
le autorità nazionali adottato le misure necessarie affinché la famiglia
affidataria rispettasse la clausola di neutralità religiosa, in base alla
quale si era impegnata a rispettare le opinioni religiose della bambina e
della sua famiglia di origine musulmana, lasciando di conseguenza che la
minore fosse esposta al proselitismo dei coniugi affidatari, membri dei
Testimoni di Geova. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 3 novembre 2022 (Dahan
c. Francia) Art. 6 – Mancata
violazione del diritto a un equo processo nel ricorso amministrativo (ricorso
per "excès de pouvoir") che ha portato il Consiglio di Stato
francese a esercitare, nell’ambito di una piena giurisdizione (“plénitude de
juridiction”), un controllo sufficientemente ampio sul procedimento
disciplinare nei confronti del ricorrente, l’ambasciatore Dahan. La Corte
ritiene che il Consiglio di Stato abbia condotto uno scrutinio completo,
discostandosi dalla propria precedente giurisprudenza ed esaminando anche la
proporzionalità della sanzione del prepensionamento obbligatorio inflitta al
ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 18 ottobre 2022 (Fabbri
e altri c. San Marino) Art. 6 – Violazione del diritto di accesso a un
tribunale a causa dell’impossibilità per i ricorrenti, parti lese in un
procedimento penale, di ottenere l’accertamento delle loro pretese civili
come previsto dalla legge, per la totale inattività delle autorità
giudiziarie, che ha portato alla prescrizione dell’azione penale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 13 ottobre 2022 (Bouton
c. Francia) Art. 10 –
Violazione del diritto alla libertà di espressione in conseguenza
dell’irrogazione di una pena detentiva, sospesa, per esibizione sessuale in
relazione a un’esibizione di un’attivista del gruppo “Femen” a torso nudo in
una chiesa, volta a denunciare la posizione della Chiesa cattolica
sull’aborto, in quanto in materia di libertà di espressione il margine di
apprezzamento dello Stato è attenuato e vi è stata nel caso di specie una
ponderazione inadeguata degli interessi in gioco, non conforme ai criteri
stabiliti dalla Corte e con l’attribuzione di una pena sproporzionata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 11 ottobre 2022 (Beeler
c.
Svizzera) Art. 14 e Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto
della vita famigliare in conseguenza del trattamento discriminatorio di un
vedovo, che si occupa a tempo pieno dei figli, con la soppressione della sua
pensione di reversibilità quando il figlio minore ha raggiunto l’età adulta,
mentre in situazioni analoghe le vedove continuano a ricevere la pensione. La
Corte chiarisce i criteri che specificano o circoscrivono le prestazioni
sociali che rientrano nell’ambito dell’Art. 8, richiamando la decisione Konstantin Markin c. Russia (Grande
Camera), includendovi la prestazione in questione, in quanto mira a
promuovere la vita familiare e incide necessariamente sulle modalità di
organizzazione della vita familiare del ricorrente. Le norme nazionali che
disciplinano la pensione di reversibilità risultano basate su considerazioni
e ipotesi superate, dal momento che il ritorno al mercato del lavoro è
ugualmente difficile per entrambi i sessi all’età del ricorrente e dopo
diversi anni senza lavoro, mentre non c’è nessuna indicazione che la
cessazione della pensione abbia un impatto minore sul ricorrente rispetto a
una vedova in una situazione analoga. In questo caso resta dunque allo Stato
un margine di apprezzamento ristretto, in assenza di "ragioni molto
forti" o "particolarmente importanti e convincenti" che
giustifichino la differenza di trattamento in base al sesso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 11 ottobre 2022 (Constantin-Lucian
Spînu c. Romania) Art. 9 – Mancata
violazione del diritto alla libertà di religione per il rifiuto specifico, a
causa della pandemia da Covid-19, di consentire a un detenuto di partecipare
al culto nella sua chiesa d’appartenenza all’esterno del carcere, considerati
il carattere imprevedibile e senza precedenti della crisi sanitaria e il
conseguente ampio margine di apprezzamento dello Stato nel farvi fronte,
nonché gli sforzi ragionevoli delle autorità nazionali per controbilanciare
le restrizioni, con considerazione da parte delle autorità penitenziarie
della situazione individuale del ricorrente e dell’evoluzione della crisi
sanitaria. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 6 ottobre 2022 (Liu
c. Polonia) Art. 3 e Art. 5 – Violazione del divieto di tortura in
conseguenza della proposta di estradizione del ricorrente verso la Cina, dove
egli correrebbe un rischio reale di maltrattamenti durante la detenzione,
come da lui stesso affermato senza che le autorità nazionali esaminassero con
la dovuta attenzione le allegazioni credibili e coerenti di gravi abusi,
equiparati a una situazione generale di violenza nelle carceri cinesi, e
dovendo in questo caso prevalere il beneficio del dubbio concesso al richiedente
protezione, specie di fronte ad assicurazioni informali dalla Cina che
offrono garanzie insufficienti. La Corte rinviene inoltre una violazione del
diritto alla libertà e alla sicurezza della detenzione illegale dovuta a
ritardi ingiustificati nel procedimento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 6 ottobre 2022 (Juszczyszyn
c. Polonia) Art. 6, Art. 8 e Art. 18 – Violazione del diritto a un
equo processo per le gravi irregolarità nella nomina dei giudici della Camera
disciplinare della Corte Suprema polacca, di recente istituzione, che ha
sospeso un giudice dalle sue funzioni per l’aver questi cercato di verificare
l’indipendenza di un altro giudice nominato su raccomandazione del Consiglio
nazionale della magistratura (NCJ), da poco riformato. Nel caso di specie,
l’essenza stessa del diritto a un "tribunale istituito dalla legge"
è compromessa, in quanto sono compromesse l’indipendenza e l’imparzialità
della Camera disciplinare; la Corte procede dunque all’applicazione dei
criteri seguiti nel precedente Reczkowicz
c. Polonia, alla luce del test in tre fasi formulato in Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda
(Grande Camera). La Corte ritiene vi sia stata anche una violazione del
diritto alla vita privata del ricorrente, per l’imprevedibilità della sua
sospensione, avvenuta in relazione all’emissione di una decisione giudiziaria
e basata su un’applicazione manifestamente irragionevole della legge, da
parte di un organo che non è "un tribunale istituito dalla legge".
Vi è stata dunque una restrizione ai diritti della Convenzione per scopi non
autorizzati dalla stessa, con violazione dell’Art. 18 da parte delle misure
disciplinari che hanno portato alla sospensione del ricorrente al fine di
sanzionare e dissuadere quest’ultimo dal verificare la legittimità della
nomina di giudici su raccomandazione dell’NCJ riformato, in un contesto di
riforme successive che hanno portato all’indebolimento dell’indipendenza
giudiziaria e a misure incompatibili con i principi fondamentali
dell’indipendenza giudiziaria e dello Stato di diritto, come statuito anche
dalla CGUE e della Corte suprema polacca. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 4 ottobre 2022 (Mortier
c. Belgio) Art. 2 e Art. 8 –
In un caso di eutanasia della madre del ricorrente, che soffriva di
depressione da circa quarant’anni, e che ha compiuto la sua scelta in
conformità alla legge che la autorizzava, non si riscontra la violazione del
diritto alla vita dal punto di vista sostanziale e degli obblighi positivi
dello Stato, in quanto il quadro legislativo appare in grado di garantire in
linea di principio il diritto alla vita dei pazienti per quanto riguarda gli
atti e la procedura che precedono l’eutanasia, in particolare prevedendo
delle garanzie supplementari in materia di eutanasia per sofferenze psichiche
che non comportano la morte a breve termine. Si riscontra invece una
violazione del diritto alla vita ex Art. 2 dal punto di vista procedurale e
degli obblighi positivi dello Stato, per la mancanza di indipendenza della
commissione che controlla a posteriori tutte le eutanasie permettendo al
medico che le ha eseguite di votare sulla loro legalità e per la non
conformità ai requisiti dell’Art. 2 della verifica sulla sola base della
parte anonima del documento di registrazione, allo scopo di preservare la
riservatezza. La Corte ritiene invece che non configuri una violazione
degli obblighi positivi dello Stato di assicurare il diritto alla vita
privata e famigliare il mancato coinvolgimento del figlio da parte dei medici
nel processo di eutanasia in assenza della volontà della madre, in conformità
con la legge statale e stanti gli obblighi di riservatezza e mantenimento del
segreto medico posti dalla legislazione, in un giusto equilibrio tra i vari
interessi in gioco. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 4 ottobre 2022 (De
Legé c. Paesi Bassi) Art. 6 – Mancata
violazione del diritto a un equo processo nel caso dell’utilizzo di documenti
bancari in possesso del ricorrente, per la rideterminazione di un’ammenda
fiscale, ottenuti con un ordine giudiziario di divulgazione nei confronti del
signor. De Legé, a pena di sanzioni. La Corte ritiene che il caso in oggetto
non rientri nell’ambito del privilegio contro l’autoincriminazione, relativo
in questo ambito alla coercizione nel fornire documenti nel contesto del
diritto finanziario. Il Collegio rileva che le autorità erano a conoscenza di
documenti preesistenti che attestavano la detenzione di un conto bancario
estero quando hanno richiesto un ordine giudiziario di divulgazione e che il
suddetto ordine indicava specificamente i documenti da fornire. Inoltre,
l’imposizione di penali in caso di inosservanza dell’ordine giudiziario non
equivale a un trattamento in violazione dell’art. 3 |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 15 settembre 2022 (Rabczewska
c. Polonia) Art. 10 – Violazione del diritto alla libertà di
espressione per la mancanza di motivazioni sufficienti per la condanna e
l’ammenda del ricorrente per aver questi offeso i sentimenti religiosi altrui
insultando pubblicamente la Bibbia, trattandosi di dichiarazioni non
equivalenti a discorsi di odio o ad aggressioni ingiuriose e non minacciose
per l’ordine pubblico, con conseguente travalicamento del pur ampio margine
di apprezzamento riservato allo Stato in materia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 14 settembre 2022 (H.F.
e altri c. Francia) Art. 1, Art. 3 P. 4 e Art. 46 –
Violazione del diritto del cittadino a entrare nel territorio del proprio
Stato (Art. 3 P. 4) in conseguenza del rifiuto di rimpatriare cittadini
detenuti con i loro figli minorenni in campi gestiti dai curdi dopo la caduta
dello "Stato Islamico". La Corte chiarisce che, pur in assenza di
un diritto generale al rimpatrio (in particolare per coloro che non sono in
grado di raggiungere la frontiera dello Stato a causa della situazione
materiale), vi sono in questo contesto obblighi procedurali positivi che
scattano in circostanze eccezionali (come fattori extraterritoriali che
minacciano direttamente la vita e il benessere fisico di un minore in una
situazione di estrema vulnerabilità), tra i quali l’obbligo di garantire che
il processo decisionale sia circondato da adeguate garanzie contro
l’arbitrarietà e sia soggetto a una revisione indipendente. In materia di competenza degli
Stati, sotto l’Art. 1 della Convenzione, la competenza è stata stabilita per
quanto riguarda la violazione del diritto di entrare nel proprio Stato, in
considerazione delle caratteristiche speciali relative alla situazione nei
campi di accoglienza, mentre non è stata stabilita per quanto riguarda la
denuncia di maltrattamenti subiti in prigionia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 13 settembre 2022 (Timur
Sharipov c. Russia) Art. 10 – Violazione del diritto alla libertà di
espressione da parte delle autorità nazionali che, in assenza di una
motivazione pertinente e sufficiente, allontanano un osservatore elettorale
dal seggio elettorale, in quanto la funzione di “cane da guardia pubblico” (“public watchdog”) esercitata dagli
osservatori elettorali richiede una tutela rafforzata del diritto di cui
all’Art. 10 nei loro confronti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 8 settembre 2022 (Janson
c. Lettonia) Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto del proprio
domicilio per il mancato adempimento dell’obbligo positivo di proteggere il
ricorrente dal nuovo proprietario che è entrato illegalmente e con la forza
nella sua casa e ne ha impedito l’accesso, con susseguente sfratto illegale
da parte dello stesso ufficiale giudiziario e con garanzie procedurali
interne rese inoperanti a causa della loro mancata osservanza da parte delle
autorità. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 8 settembre 2022 (Drelon
c. France) Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto della vita
privata, con superamento del margine di apprezzamento dello Stato, nel caso
di una raccolta di dati relativi alle pratiche sessuali di potenziali
donatori di sangue, esclusi dalla donazione sulla base di una legge che
impone una controindicazione agli uomini che hanno avuto rapporti sessuali
con altri uomini. La Corte ritiene che l’applicazione della normativa statale
sia viziata da speculazioni non poggianti su una base fattuale, bensì sul
solo rifiuto dei ricorrenti di rispondere alle domande sul proprio
orientamento sessuale, oltre che dall’eccessiva durata della conservazione
dei dati da parte di un’istituzione pubblica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 6 settembre 2022 (Ete
c. Türkiye) Art. 10 – Violazione del diritto alla libertà di
espressione della condanna penale del ricorrente per propaganda a favore di
un’organizzazione terroristica per aver tagliato e distribuito una torta che
celebrava il compleanno del leader del PKK (Partito dei Lavoratori del
Kurdistan). Per la Corte si tratta di atti che non devono essere percepiti
come un appello all’uso della violenza, alla resistenza armata o alla
rivolta, né come un discorso di odio, con conseguente assenza di un’esigenza
sociale imperativa e mancanza di proporzionalità della sanzione, che risulta
quindi esorbitare da quanto possa ritenersi necessario in una società
democratica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 30 agosto 2022 (Y.G.
c. Russia) Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi dello Stato
nell’assicurare il diritto al rispetto della vita privata per la mancanza di
una protezione adeguata della riservatezza dei dati sanitari del richiedente
da parte delle autorità e la successiva mancata indagine sulla loro
divulgazione, compiuta attraverso una banca dati poi venduta sul mercato
nero. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 11 luglio 2022 (Kavala
c. Turchia) Art. 46, Art. 5 e Art. 18 – Violazione dell’obbligo di
esecuzione delle sentenze della Corte e conseguente procedura di infrazione
contro la Turchia per non aver rispettato la decisione definitiva della Corte
che richiedeva esplicitamente la liberazione immediata del ricorrente, a
fronte della continuazione della sua detenzione per motivi insufficienti
riguardanti esattamente lo stesso contesto fattuale, con una mera
riqualificazione degli stessi fatti incapace di modificare la base delle
conclusioni della sentenza definitiva in mancanza di altre circostanze
pertinenti e sufficienti, in violazione del diritto alla libertà e alla
sicurezza, considerato in sé e in combinazione con l’Art. 18 della
Convezione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 7 luglio 2022 (Chocholáč
c. Slovenia) Art. 8 – Violazione del rispetto della vita privata del
detenuto in conseguenza del divieto generale e indiscriminato di possesso di
materiale pornografico da parte dei detenuti, divieto che non consente di
valutare la proporzionalità in un caso individuale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 5 luglio 2022 (Association
of Civil Servants and Union for Collective Bargaining e altri c. Germania) Art. 11 – Mancata violazione del diritto di costituire e
aderire ai sindacati da parte della normativa che renda inapplicabili i
contratti collettivi tra loro contrastanti stipulati da sindacati minoritari,
entro la medesima “unità operativa” di azienda, in quanto la restrizione, di
portata limitata, ricade entro il margine di apprezzamento dello Stato e non pregiudica la libertà sindacale,
laddove l’interferenza statale persegue il rilevante obbiettivo di garantire
il corretto funzionamento del sistema di contrattazione collettiva,
nell’interesse dei lavoratori e dei datori di lavoro. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 23 giugno 2022 (Rouillan
c. Francia) Art. 10 – Violazione della libertà di espressione per la
mancanza di proporzionalità della pena detentiva inflitta a un ex terrorista
per aver inneggiato agli autori degli attentati di Parigi del 2015, in
un’intervista poi trasmessa via radio e Internet, in quanto la restrizione
della libertà di espressione si sarebbe verificata oltre il margine di
apprezzamento dello Stato, tenuto conto che le esternazioni pronunciate
nell’ambito di un dibattito di interesse pubblico possono essere sottoposte a
restrizioni solo in casi eccezionali. Nel caso di specie l’ingerenza nella
libertà di espressione, pur rispondente in astratto a un imperioso bisogno
sociale, non è motivata in modo sufficiente da poter ritenere che la sanzione
in concreto inflitta sia proporzionata allo scopo legittimo perseguito. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V ) 16 giugno 2022 (Goulandris
e Vardinogianni c. Grecia) Art. 4 P. 7 – Viola il diritto a non essere giudicato o
punito due volte la duplicazione dei procedimenti verificatasi nel caso
dell’irrogazione di un’ammenda amministrativa avente natura penale e del
successivo procedimento penale per la costruzione di muri in violazione della
licenza edilizia, in quanto i due procedimenti non sono sufficientemente
collegati nella sostanza e nel tempo per essere ritenuti parti di un
procedimento complessivo coerente e proporzionato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 9 giugno 2022 (Xavier
Lucas c. Francia) Art. 6 –
Violazione del diritto a un equo processo (diritto di accesso al giudice) in
conseguenza della dichiarazione di inammissibilità dell’atto introduttivo non
trasmesso per via telematica, in quanto l’eccessivo formalismo non tiene
conto degli ostacoli pratici che rendevano la piattaforma Internet inadatta
alla presentazione del tipo di ricorso in esame (un ricorso di annullamento
di un lodo arbitrale). |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 31 maggio 2022 (Arnar
Helgi Lárusson c. Islanda) Art. 8 e Art. 14 – Mancata violazione del diritto al
rispetto della vita privata e dell’obbligo di non discriminazione,
segnatamente dei connessi obblighi positivi in capo allo Stato, nel caso di
una persona in sedia a rotelle impossibilitata ad accedere a due edifici
pubblici locali, all’esito positivo della valutazione, da parte della Corte,
se lo Stato abbia apportato "adattamenti necessari e appropriati",
che non costituiscano un "onere sproporzionato o indebito", in modo
da accogliere e agevolare le persone con disabilità, nei limiti delle
disponibilità finanziarie concrete e secondo un ragionevole ordine di
priorità nella scelta degli edifici da adeguare. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 5 maggio 2022 (Vlahov
c. Croazia) Art. 11 –
Violazione della libertà di associazione per la condanna penale di un
rappresentante sindacale, il quale aveva rifiutato l’ammissione al sindacato
di aspiranti membri, poi comunque ammessi dopo la rimozione del ricorrente.
La Corte qualifica la condanna avutasi
nel caso di specie come non necessaria in una società democratica e rileva
inoltre la mancanza di motivazione nelle decisioni dei tribunali nazionali. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 28 aprile 2022 (Wang
c. Francia) Art. 6 – Violazione del diritto a un equo processo e dei
diritti di difesa, a seguito dell’audizione informale della ricorrente da
parte delle forze dell’ordine, non preceduta da espresso avviso del diritto
al silenzio e del diritto a essere assistita da un’interprete, a cui aveva
fatto seguito l’utilizzo delle dichiarazioni rese senza garanzie per
confermare le dichiarazioni rese successivamente davanti al giudice, dando
luogo a una violazione dell’Art. 6 determinata dalla necessità di considerare
contestualmente specifici elementi che, presi singolarmente, pur non
avrebbero da soli determinato una lesione del diritto all’equità del
processo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 7 aprile 2022 (Miklić
c. Croazia) Art. 5 – Violazione determinata dall’illegittimo prolungamento
dell’internamento psichiatrico obbligatorio del richiedente a seguito della
sua condanna penale per reati commessi in mancanza di capacità mentale,
essendosi svolta la procedura di valutazione dello stato mentale del
richiedente in violazione del diritto interno e non essendo basata su perizie
mediche obiettive e recenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 5 aprile 2022 (NIT
S.R.L. c. Repubblica di Moldavia) Art. 10 e Art. 1 P. 1 – Riconoscimento della mancata
violazione della libertà di espressione, per la giustificatezza della revoca
della licenza di radiodiffusione di un canale televisivo dopo la ripetuta e
grave violazione dell’obbligo di legge di garantire l’equilibrio politico e
il pluralismo nei notiziari, con conseguente elaborazione di principi
generali per l’equilibrio tra pluralismo politico nei media e libertà
editoriale, stante la necessità di valutare in via combinata il pluralismo
interno agli organi d’informazione e quello esterno a essi. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 5 aprile 2022 (Teslenko
e altri c. Russia) Art. 5 e 10 - Violazione del divieto di arresti e
detenzioni illegittime e violazione della libertà di espressione, in
conseguenza del mancato rispetto del diritto interno nell’accompagnare i
richiedenti alla stazione di polizia, nell’ambito di un illecito
amministrativo consistente nell’aver invitato gli elettori a non votare per
un determinato partito politico o ad astenersi dal voto, con conseguente
superamento del margine di apprezzamento nazionale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 31 marzo 2022 (N.B.
et autres c. France) Art. 3 e 34 – Violazione del divieto di trattamenti
inumani e degradanti a causa del protrarsi per quattordici giorni di una
detenzione amministrativa in un centro inidoneo, allo scopo di allontanare un
bambino straniero di otto anni accompagnato dai suoi genitori, con
ingiustificata mancata esecuzione per sette giorni del provvedimento
provvisorio di cessazione della detenzione del minore. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 29 marzo 2022 (Nuh
Uzun et autres c. Turquie) Art. 8 – Violazione determinata dalla registrazione ed
inserimento della corrispondenza privata dei detenuti nel sistema informatico
della Rete giudiziaria nazionale, misure disposte sulla base di istruzioni
interne e non pubblicate formulate dal Ministero della Giustizia e inidonee
pertanto a offrire una adeguata base legale ai sensi dell’art. 8 della
Convenzione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 24 marzo 2022 (C.E.
et autres c. France) Art. 8 – Riconoscimento della non violazione degli
obblighi positivi relativi alla tutela della vita privata e familiare in
conseguenza dell’impossibilità di ottenere, mediante adozione o mediante atto
notorio, il pieno riconoscimento ufficiale di una relazione genitore-figlio
tra un minore e l’ex partner della sua madre biologica, valorizzandosi invece
la garanzia, da parte dello Stato convenuto, del rispetto effettivo della
vita privata e familiare dei ricorrenti, e dell’interesse superiore del
minore, in virtù di altre previsioni del diritto interno. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 24 marzo 2022 (Zayidov
v. Azerbaijan - no. 2) Art. 10 e Art. 6 – Riconosciuta violazione della libertà
di espressione in conseguenza del sequestro e della distruzione del
manoscritto di un libro, scritto da un giornalista in detenzione, sul
fondamento di una base legale insufficientemente prevedibile e priva di
garanzie contro decisioni arbitrarie ‒ Riconosciuta iniquità del
procedimento per danni, per non aver i tribunali nazionali considerato la
necessità e le modalità della presenza del ricorrente alle udienze, per aver
essi irragionevole rifiutato di chiamare ulteriori testimoni, e per aver adottato
decisioni non adeguatamente motivate. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 24 marzo 2022 (Wikimedia
Foundation, Inc. v. Turkey) Art. 10 – Decisione di inammissibilità di un’istanza
della Wikimedia Foundation riguardante un ordine di blocco del suo sito web,
a seguito di una decisione della Corte costituzionale turca che aveva
sostanzialmente riconosciuto la violazione dell’articolo 10 della Convenzione
e concesso una riparazione adeguata, con conseguente perdita dello status di
vittima del ricorrente, il tutto con significative precisazioni sul
rispettivo ruolo della Corte costituzionale interna e della Corte europea in
un contesto in cui era stata riconosciuta la natura sistemica del problema. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 22 marzo 2022 (Filippovy
v. Russia) Art. 2 (profilo sostanziale e procedurale) –
Riconosciuta inosservanza degli obblighi positivi relativi alla tutela del
diritto alla vita in ragione della mancata adozione di misure normative e
operative idonee a salvaguardare la vita del militare di leva, suicidatosi in
seguito a vessazioni da parte di compagni di leva, e in ragione del mancato
svolgimento di una indagine efficace sulla morte. Art. 3 (profilo sostanziale e procedurale) -
Riconosciuta inosservanza degli obblighi positivi relativi al divieto di
trattamenti degradanti in ragione della mancata protezione effettiva del
militare di leva contro i maltrattamenti subiti da altri militari di leva per
un lungo periodo di tempo, tali da causare un stato di costante ansia, e
riconosciuta inefficacia dell’indagine svolta, con mancata attribuzione di
responsabilità ai livelli gerarchici superiori dell’autorità, nel contesto
generale delle pratiche endemiche di nonnismo all’interno delle forze
militari russe. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 22 marzo 2022 (Gvozdeva
v. Russia) Art. 2 (profilo procedurale) – Riconosciuta violazione
degli obblighi positivi di tutela del diritto alla vita in ragione del
mancato svolgimento, a seguito del suicidio di un coscritto, di una indagine
inefficace sulla possibilità che vi fosse stato un incitamento al suicidio da
parte di altri militari, non essendosi chiarita tra l’altro l’origine delle
ferite trovate sul corpo del coscritto, non essendosi inspiegabilmente
proceduto all’interrogatorio di due testimoni nonostante le istruzioni del
tribunale nazionale in tal senso, ed essendo rimaste irrisolte le discrepanze
nelle dichiarazioni di altri testimoni. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 22 marzo 2022 (Y
and Others v. Bulgaria) Art 2 (profilo sostanziale) – Inosservanza degli obblighi
positivi di tutela del diritto alla vita, essendosi riscontrata una mancata
protezione, da parte delle autorità, della vita di una donna uccisa dal
marito, nonostante le sue numerose denunce di violenza domestica per un
periodo di 9 mesi, essendosi in particolare riscontrata l’inadeguatezza delle
misure preventive inadeguate, la mancata risposta immediata e la mancata
valutazione dei rischi in ogni occasione di denuncia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 15 marzo 2022 (Grzęda
v. Poland) Art. 6 § 1 (civile) - Indipendenza della magistratura e
necessità di proteggere l’indipendenza di un consiglio giudiziario dai poteri
esecutivo e legislativo in modo da salvaguardare l’integrità del processo di
nomina giudiziaria - Necessità di garanzie procedurali simili a quelle
previste nei casi di licenziamento o rimozione dei giudici anche nei casi di
rimozione dei membri del consiglio giudiziario - Riforme polacche che hanno
portato all’indebolimento dell’indipendenza giudiziaria e dell’aderenza agli standard
dello Stato di diritto, con compromissione dell’essenza del diritto di
accesso a un giudice. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 15 marzo 2022 (OOO
Memo v. Russia) Art. 10 – Violazione della libertà d’espressione in
conseguenza di un’azione civile per diffamazione nei confronti di un mezzo di
comunicazione, azione ritenuta priva di obiettivo legittimo e asseritamente
volta a proteggere la “reputazione” di un’autorità pubblica in quanto tale,
con considerazioni della Corte circa la differenza tra gli interessi degli
organi esecutivi titolari di poteri pubblici a mantenere una buona
reputazione e quelli delle persone fisiche o giuridiche che competono sul
mercato, e segnatamente sul rischio di ostacolare la libertà dei media e di
ottenere un effetto di ingessamento attraverso la protezione degli organi
esecutivi dalle critiche dei media, in un contesto in cui gli individui
membri dell’organo in questione risultavano facilmente identificabili e
avrebbero avuto la possibilità di intentare eventualmente un’azione a proprio
nome. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 15 marzo 2022 (Communauté
genevoise d’action syndicale (CGAS) c. Suisse) Art. 11 – Riconosciuta violazione della libertà di
riunione in conseguenza del divieto generale di riunioni pubbliche per due
mesi e mezzo all’inizio della pandemia Covid-19, accompagnato da sanzioni
penali e senza controllo giudiziario di proporzionalità, laddove una misura
così radicale che incideva (anche) sull’attività dell’associazione ricorrente
per un periodo di tempo considerevole avrebbe richiesto una giustificazione
solida e un controllo giudiziario particolarmente serio, non posto in essere
dato il riscontrato mancato esame del merito dei ricorsi da parte della Corte
federale durante il confinamento generalizzato, il tutto senza che si sia
fatto ricorso all’art 15 da parte dello Stato per adottare misure
derogatorie. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 10 marzo 2022 (Shenturk
and Others v. Azerbaijan) Art. 3 (profilo procedurale) e Ar. 5 ‒ Illegittima
detenzione dei ricorrenti nel contesto di un’espulsione e di un trasferimento
extra-legale verso i loro paesi d’origine in violazione delle garanzie di
diritto interno e internazionale, con diniego di effettive garanzie di
protezione contro il respingimento arbitrario e mancata valutazione dei
rischi cui sarebbero stati così esposti i ricorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 8 marzo 2022 (Y.Y.
and Y.Y. v. Russia) Art. 8 - Obblighi positivi in relazione al diritto al
rispetto della vita familiare - Mancata adozione da parte delle autorità,
senza indebito ritardo, di ogni ragionevole misura volta a far rispettare
l’ordine di residenza del minore presso la madre. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 8 marzo 2022 (Reyes
Jimenez c. Espagne) Art. 8 - Violazione degli obblighi positivi relativi
alla rispetto della vita privata in conseguenza del rigetto ingiustificato da
parte dei giudici interni del ricorso contro il mancato rispetto dell’obbligo
legale di ottenere il consenso scritto ad una operazione chirurgica, con
affermazione da parte della Corte della necessità di rispettare le
prescrizioni del diritto interno in materia ancorché la Convenzione di per sé non stabilisca alcuna forma
particolare di rilascio del consenso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 8 marzo 2022 (Ekrem
Can and Others v. Turkey) Art. 11 letto alla luce dell’art. 10 – Riconosciuta
violazione della libertà di riunione in conseguenza di una detenzione
preventiva e di pene detentive sproporzionatamente lunghe per la
partecipazione a una protesta non violenta in tribunale tale da disturbare
l’ordinata amministrazione della giustizia, con precisazioni circa
l’ampiezza, non illimitata, del margine di apprezzamento in materia. Art. 6 – Riconoscimento della complessiva iniquità del
processo in ragione, tra l’altro, del mancato esame da parte dei tribunali
nazionali delle condizioni relative alla presunta rinuncia dei ricorrenti al
diritto a un avvocato durante la detenzione da parte della polizia,
dell’utilizzo di prove raccolte in assenza di un avvocato e del mancato
rispetto delle necessarie garanzie procedurali. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 8 marzo 2022 (Tonkov
c. Belgique) Art. 6 – Riconoscimento dell’iniquità del processo per
l’essere stata la condanna del ricorrente basata sul contenuto delle
dichiarazioni sue e dei suoi coaccusati rese nella fase iniziale delle
indagini senza la presenza di un avvocato, con precisazioni della Corte circa
la portata delle restrizioni al diritto di accesso a un avvocato derivanti
dalla legge applicabile e circa il modo di interpretare questa da parte dei
giudici. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 8 marzo 2022 (Sabani
c. Belgique) Art. 8 - Violazione del domicilio e del diritto al
rispetto alla vita privata in conseguenza dell’ingresso della polizia
nell’abitazione del ricorrente, senza base legale né consenso - l’apertura
volontaria della porta alla polizia non potendo essere considerata come una
rinuncia libera e informata al diritto alla protezione del proprio domicilio
– nell’ambito di una verifica sull’esecuzione di un ordine di espulsione, con
censura altresì dell’utilizzo non necessario delle manette sulla ricorrente
durante il suo arresto in presenza della figlia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 3 marzo 2022 (Nikoghosyan
and Others v. Poland) Art. 5 – Riconosciuta violazione in conseguenza del
collocamento automatico di una famiglia di adulti e bambini richiedenti asilo
in un stato di detenzione per sei mesi in assenza di una valutazione
approfondita e individualizzata della situazione e dei bisogni particolari,
con riconoscimento della necessità di procedere con maggior rapidità e
diligenza dato il coinvolgimento di minori. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 3 marzo 2022 (Shorazova
v. Malta) Art. 1 Prot. 1 – Riconosciuta violazione del diritto
all’uso dei propri beni in ragione della mancanza di garanzie procedurali per
il lungo congelamento di tutti i beni del ricorrente a Malta su richiesta
delle autorità kazake, probabilmente per motivi di persecuzione politica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 1 marzo 2022 (Kozan
c. Turquie) Art. 10 – Riconosciuta violazione della libertà di dare
e ricevere informazioni in conseguenza di una sanzione disciplinare inflitta
a un magistrato per aver condiviso, nel suo gruppo Facebook riservato ai suoi
colleghi, un articolo di stampa che criticava il Consiglio superiore dei
giudici e dei procuratori e metteva in dubbio la sua indipendenza dal potere
politico, tale sanzione non rispondendo ad alcuna necessità sociale
impellente. Art. 13 - Riconosciuta mancanza di rimedi effettivi. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 1 marzo 2022 (I.V.Ț.
v. Romania) Art. 8 – Riconosciuta violazione degli obblighi positivi
di tutela del rispetto della vita privata in un caso in cui, senza il
consenso dei genitori, si era effettuata un’intervista di un minore,
successivamente trasmessa in televisione, sulla morte accidentale di un
compagno di scuola durante una gita scolastica alla quale l’intervistato non
aveva partecipato – Riconoscimento della necessità di assolvere al dovere di
informare il pubblico proteggendo al contempo l’identità dei minori
interessati, in particolare considerando che, data la maggiore vulnerabilità
di un bambino, la divulgazione di informazioni sulla sua identità potrebbe
mettere in pericolo la sua dignità e il suo benessere più gravemente che nel
caso degli adulti, da ciò derivando la necessità di speciali garanzie
giuridiche e di un bilanciamento tra il diritto alla vita privata e la
libertà di espressione che sia conforme (come non è avvenuto nel caso di
specie) ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 24 febbraio 2022 (Association
des familles des victimes du JOOLA c. France) Art. 6 e Art. 13 - Decisione di inammissibilità di un
ricorso presentato da un’associazione di parenti e amici di persone decedute
nell’affondamento di un traghetto senegalese, o vittime sopravvissute
all’incidente, nel quale si lamentava di essere stati privati del diritto di
accesso ad un tribunale a causa del opposizione dell’immunità giurisdizionale
degli Stati, che ha portato all’interruzione del procedimento avviato dalle
loro denunce penali in Francia ‒ Riconoscimento preliminare da parte
della Corte, alla stregua della sua giurisprudenza costante, che la
concessione dell’immunità sovrana di uno Stato in un procedimento civile
persegue l’obiettivo legittimo di rispettare il diritto internazionale al fine
di promuovere le buone relazioni tra gli Stati attraverso il rispetto della
sovranità di un altro sovranità di un altro Stato ‒ Presa d’atto, con
riferimento al caso di specie, della considerazione dei tribunali francesi
secondo cui le violazioni delle norme internazionali di navigazione
marittima, che sono state imputate a personalità di alto livello del governo
senegalese, derivavano dall’esercizio da parte del Senegal della sua
sovranità, e non da atti di amministrazione privata, avendo in particolare la
Corte di Cassazione sottolineato che le condotte dei dirigenti senegalesi al
momento del naufragio, per quanto gravi potessero essere, non rientravano
nelle eccezioni al principio dell’immunità dei rappresentanti dello Stato su
questioni “sovrane” ‒ Assenza di discostamento dalle norme
internazionali attualmente accettate e di elementi di arbitrarietà o
irragionevolezza nell’interpretazione da parte dei giudici nazionali dei
principi giuridici applicabili o nel modo in cui sono stati applicati nel caso
di specie. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 24 febbraio 2022 (Bonnet
c. France) Art. 10 - Decisione di inammissibilità, per
manifestamente infondatezza, di un ricorso sollevato a seguito della condanna
penale del ricorrente (al pagamento di una pena pecuniaria di 10.000 euro) da
parte dei tribunali francesi per proferimento di un insulto pubblico di
natura razziale contro un individuo o gruppo a causa della loro origine o
dell’appartenenza a una determinata etnia, nazione, razza o religione, e per
il reato di mettere in dubbio l’esistenza di crimini contro l’umanità ‒
Esame e valutazione approfondita dell’operato dei giudici nazionali, con
significative indicazioni su come questo debba essere condotto, soppesando il
diritto alla libertà di espressione, da un lato, e la protezione dei diritti
degli altri, dall’altro, sulla base di una motivazione adeguata e pertinente ‒
Conclusione che, anche supponendo che l’articolo 10 della Convenzione fosse
applicabile, l’interferenza con la libertà di espressione del ricorrente era
stata necessaria in una società democratica, risultando quindi il reclamo
manifestamente infondato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 17 febbraio 2022 (Y
v. Poland) Art. 8 – Non violazione del diritto al rispetto della
vita privata e familiare per il fatto che una persona transgender non può
ottenere la rimozione dal certificato di nascita del riferimento al suo
genere assegnato o la predisposizione un nuovo certificato di nascita
completo senza riferimento al cambiamento di sesso, laddove invece il suo
estratto breve e i nuovi documenti d’identità indicano solo il sesso
riassegnato - Mancata dimostrazione da parte del richiedente di conseguenze
negative sufficientemente gravi di tale impossibilità, anche in ragione della
rara necessità di utilizzare la copia completa del certificato di nascita,
non essendo il potenziale rischio di conseguenze negative di per sé in grado di rendere carente l’attuale
sistema nazionale, espressivo di un equo bilanciamento tra i diversi
interessi in gioco, rientrante nell’ambito del margine di apprezzamento
consentito non superato. Art. 14 (+ Art. 8) – Non riscontrata discriminazione,
non trovandosi il richiedente in una situazione analoga a quella dei bambini
adottati che abbiano ottenuto un nuovo certificato di nascita in caso di
adozione completa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 15 febbraio 2022 (Anatoliy
Marinov v. Bulgaria) Art. 3 Prot. 1 – Violazione del diritto di voto in
conseguenza della sua privazione sproporzionata per il ricorrente a causa di
un provvedimento di tutela parziale basato sulla sua disabilità mentale senza
un controllo giudiziario individualizzato della capacità di voto –
Inammissibilità di una restrizione automatica e generale che colpisce tutti
coloro che siano sotto tutela parziale, indipendentemente dalle loro
effettive facoltà - Mancato bilanciamento da parte del legislatore degli
interessi concorrenti e mancata valutazione della proporzionalità della
restrizione – Discutibilità di un trattamento unitario, come una singola
classe, delle persone con disabilità intellettuali o mentali, la cui
limitazione dei diritti richiede invece uno scrutinio rigoroso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 3 febbraio 2022 (Advance
Pharma sp. z o.o v. Poland) Art. 6 - Tribunale istituito per legge e indipendenza
del potere giudiziario – Riconoscimento di violazioni manifeste (anche del
diritto interno) e di una disfunzioni sistemica, a seguito della riforma
legislativa, nella nomina dei giudici della Camera civile della Corte suprema
che ha esaminato l’appello della società ricorrente - Mancanza di
indipendenza del Consiglio nazionale della magistratura dal legislatore e
dall’esecutivo - Nomina dei giudici della Camera da parte del presidente
della Polonia, nonostante la sospensione dell’attuazione della risoluzione
applicabile in attesa del controllo giurisdizionale, ed intervento del
legislatore nel processo di nomina con vanificazione degli effetti di tale
controllo - Assenza di mezzi di ricorso per contestare i difetti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 3 febbraio 2022 (N.M.
et autres c. France) Art. 1 Prot. 1 – Ritenuta violazione del diritto di
proprietà in conseguenza dell’applicazione retroattiva di una legge tale da
determinare il venire meno della possibilità di compensazione degli oneri
derivanti dall’handicap di un bambino non individuato come tale a causa di un
errore nella diagnosi prenatale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 25 gennaio 2022 (Yücel
c. Turquie) Art. 5 ‒ Riconosciuta violazione sotto plurimi
profili ‒ Detenzione preventiva illegale di un giornalista in assenza
di ragionevoli sospetti di un reato (senza possibilità di invocare, con
riguardo al caso, deroghe ex Art. 15 ‒ Manifesta insufficienza del
risarcimento concesso e connessa manifesta ineffettività, nel caso di specie,
del ricorso individuale alla Corte costituzionale. Art. 10 – Riconosciuta violazione della libertà di
espressione, l’irregolarità della detenzione riverberandosi sulla
(il)legalità dell’interferenza con tale libertà. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 25 gennaio 2022 (Negovanović
e Altri c. Serbia) Art. 1 Prot. 12 ‒ Divieto di discriminazione (con
emersione delle differenze rispetto all’articolo 14) – Riconoscimento della
natura discriminatoria della negazione a giocatori di scacchi non vedenti dei
premi concessi a giocatori vedenti come riconoscimento sportivo nazionale per
aver vinto competizioni internazionali di alto livello – Precisazioni
sull’ampiezza (fortemente ridotta) del margine di apprezzamento nei casi in
cui si stabilisca un trattamento giuridico diverso per le persone con
disabilità, anche in relazione all’esistenza di standard previsti da plurime
convezioni internazionali sull’inclusività – Necessità che il “prestigio” di
una competizione non dipenda semplicemente dal fatto che vi partecipino
persone con o senza disabilità. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 20 gennaio 2022 (Edzgveradze
c. Georgia) Art. 2 (aspetto procedurale) – Diritto alla vita e
portata dell’obbligo delle autorità nazionali di condurre indagini penali
effettive, con riferimento a un caso di suicidio avvenuto il giorno dopo la
sottoposizione a un interrogatorio di polizia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 18 gennaio 2022 (Lyubov
Vasilyeva v. Russia) Art. 2 – Violazione dei relativi “obblighi positivi” per
mancata adozione di misure appropriate per proteggere la vita del figlio del
ricorrente, suicidatosi durante il servizio militare obbligatorio in un
contesto di pratiche di nonnismo, in mancanza di specifici meccanismi e
garanzie, nel quadro normativo nazionale, per proteggere le vittime e coloro
che denunciano pratiche di nonnismo, bullismo o altre forme di maltrattamento
nelle forze armate. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 18 gennaio 2022 (Atristain
Gorosabel v. Spain) Art. 6 - Utilizzo nel processo delle dichiarazioni
inizialmente rese da un sospetto terrorista tenuto in isolamento e privato,
senza ragioni individualizzate, dell’accesso a un avvocato di propria scelta
e anche, in quella fase, della possibilità di comunicare privatamente con un
avvocato d’ufficio (pur presente durante l’interrogatorio), con conseguente
compromissione della complessiva equità del procedimento penale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 21 dicembre 2021 (Kuzminas
v. Russia) Art. 8 – Violazione del domicilio e della vita privata
in conseguenza di una perquisizione illegale e ingiustificata dell’abitazione
del ricorrente effettuata utilizzando la “procedura d’urgenza” nell’ambito di
un’indagine penale per reati connessi al possesso di sostanze stupefacenti,
con precisazioni circa l’inadeguatezza del controllo giudiziario ex post. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 16 dicembre 2021 (Women’s
Initiatives Supporting Group and Others v. Georgia) Art. 3 e Art. 11 (+ Art. 14) – Violazione degli obblighi
positivi volti a prevenire e reprimere la sottoposizione a trattamenti
degradanti e le violazioni della libertà di riunirsi pacificamente e del
diritto a non essere discriminati, in conseguenza della mancata adozione da
parte dello Stato di misure preventive e operative tali da proteggere i
richiedenti dalla violenza omofobica e/o transfobica e da garantire che la
manifestazione LGBT procedesse pacificamente, il tutto in assenza di
un’indagine efficace sui fatti verificatisi e in presenza, al contrario, di
indicazioni ufficiali di acquiescenza, connivenza e partecipazione attiva a
comportamenti individuali motivati dal pregiudizio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 16 dicembre 2021 (Zaklan
v. Croatia) Art. 1 Prot. 1 – Violazione del diritto al godimento
pacifico dei beni in conseguenza di una sospensione prolungata di un
procedimento, nell’ambito della successione degli Stati, tale da impedire al
ricorrente di recuperare il denaro temporaneamente confiscato dall’ex
Repubblica socialista federale di Iugoslavia ("RFI"), con imputabilità della violazione alla
Croazia, che si è fatta carico del procedimento dopo la dichiarazione di
indipendenza. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 14 dicembre 2021 (Tunikova
and Others v. Russia) Art. 3 (sostanziale e procedurale) - Obblighi positivi -
Mancata adozione di misure adeguate per proteggere le vittime di violenza
domestica e condurre un’indagine efficace, a causa del persistente problema
strutturale – Assenza nel quadro giuridico nazionale di una definizione di
"violenza domestica", di adeguate disposizioni sostanziali e
procedurali per perseguire le sue varie forme, e di qualsiasi forma di ordini
di protezione ‒ Impossibilità per le autorità, in ragione delle carenze
del quadro giuridico, di adottare una visione globale in presenza di un
continuum di violenza ed affrontarla il problema a livello sistemico. Art. 14 (+ Art. 3) - Effetti discriminatori sulle donne
della perdurante assenza di una legislazione volta a combattere la violenza
domestica e di qualsiasi misura di protezione Art. 46 - Sentenza pilota - Indicazione da parte della
Corte di misure generali dettagliate che comprendono tutti i settori
dell’azione statale per affrontare in modo globale la mancanza strutturale e
discriminatoria di protezione delle donne contro la violenza domestica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 14 dicembre 2021 (Mukhin
v. Russia) Art. 10 - Libertà di espressione - Ingiustificata
condanna del direttore di un giornale e revoca dello status di mass-media del
giornale stesso, con conseguente divieto assoluto e permanente di
distribuzione, sulla base delle leggi anti-estremismo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 10 dicembre 2021 (Abdi
Ibrahim v. Norvegia) Art. 8 letto alla luce dell’art. 9 - Rispetto della vita
familiare - Carenze nel processo decisionale che ha portato alla rottura dei
legami madre-figlio, in un contesto di diversità dei background culturali e
religiosi della madre e dei genitori adottivi - Insufficiente peso attribuito
all’interesse reciproco della madre e del bambino di mantenere i legami
attraverso il contatto e mancata considerazione dell’interesse della madre di
permettere al bambino di mantenere alcuni legami con le sue origini culturali
e religiose. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 7 dicembre 2021 (Savran
v. Denmark) Art. 3 e Art. 8 - Violazione del diritto al rispetto
della vita privata in conseguenza dell’adozione di un provvedimento di
espulsione nei confronti di un immigrato di lunga data affetto da
schizofrenia, nonostante i progressi dopo anni di cure obbligatorie, a causa
di reati violenti, senza alcuna considerazione per la mancanza di
colpevolezza penale del ricorrente a causa della malattia mentale, e in
assenza di una adeguata considerazione e di un bilanciamento da parte delle
autorità degli interessi in gioco e di tutti i fattori pertinenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 7 dicembre 2021 (Yefimov
and Youth Human Rights Group v. Russia) Art. 10 e Art. 11 - Violazione della libertà
d’espressione e della libertà di associazione in conseguenza della
ingiustificata accusa di incitamento all’odio e dell’inserimento nella lista
dei terroristi ed estremisti, nonché dello scioglimento dell’associazione di
cui era fondatore il ricorrente, per aver questi pubblicato una nota in cui
si criticava la Chiesa ortodossa russa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 28 novembre 2021 (Genov
and Sarbinska v. Bulgariay) Art 10 - Violazione della libertà di espressione in
conseguenza di una ingiustificata condanna penale (per “hooliganismo”) per
aver imbrattato con della vernice spray un monumento legato al regime
comunista (qualificato come “criminale” da un Atto dell’Assemblea nazionale
del 2000) nel contesto di una protesta politica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 23 novembre 2021 (Turan
and Others v. Turkey) Art. 5 § 1 - Illegittima detenzione preventiva di
giudici sospettati di appartenere a un’organizzazione illegale in seguito a
un tentativo di colpo di stato, sulla base di un’estensione irragionevole del
concetto di flagranza di reato |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 8 novembre 2021 (Dolińska
- Ficek and Ozimek v. Poland) Art. 6 (civile) - Violazioni manifeste nella procedura
di nomina dei giudici della Camera di revisione straordinaria e degli affari
pubblici della Corte suprema polacca, tali da minare la sua legittimità e
compromettere il nucleo essenziale del diritto a un “tribunale istituito
dalla legge” - Applicazione del test a tre fasi formulato in Guðmundur Andri
Ástráðsson c. Islanda [GC] - Mancanza di indipendenza del Consiglio nazionale
della magistratura dal legislatore e dall’esecutivo - Nomina dei giudici della
Camera da parte del presidente della Polonia, nonostante la sospensione
dell’attuazione della pertinente risoluzione in pendenza di controllo
giudiziario - Assenza di adeguate procedure e rimedi disponibili. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 28 ottobre 2021 (Bancsók
and László Magyar (no.2) v. Hungary) Art 3 - divieto di trattamenti inumani o degradanti -
violazione in un caso in cui, a seguito di condanna all’ergastolo, si
consenta di valutare la possibilità di liberazione condizionata solo dopo
aver scontato quarant’anni. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 26 ottobre 2021 (León
Madrid c. Espagne) Art. 14 (+ Art. 8) – Principio di non discriminazione in
base al sesso, rispetto delle vita privata e attribuzione del cognome –
Violazione riscontrata nell’automatica precedenza del cognome del padre
rispetto a quello della madre nell’ordine dei cognomi del bambino, se i
genitori non sono d’accordo, senza possibilità di tener conto di circostanze
particolari – Non giustificabilità dell’applicazione automatica della legge,
eccessivamente rigida e discriminatoria nei confronti delle donne, senza che
assuma rilevanza nel caso di specie la possibilità di cambiare cognome nel
corso della vita. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 19 ottobre 2021 (Vedat
Şorli c. Turquie) Art. 10 – Riconosciuta violazione della libertà
d’espressione per I’irrogazione di sanzioni penali per vilipendio al
Presidente della Repubblica (commesso mediante condivisione di alcune
caricature e commenti sarcastici su Facebook) in applicazione di una norma
speciale volta a tutelare l’interesse dello Stato a proteggere la reputazione
del suo leader. Art. 46 - Misure generali – Riconosciuta necessità di
allineare la norma in questione all’articolo 10 alla CEDU come forma
appropriata di riparazione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 12 ottobre 2021 (J.C.
et autres c. Belgique) Art. 6 § 1 (civile) - Diritto di accesso a un tribunale
e immunità dalla giurisdizione della Santa sede - Non violazione dell’art.
6§1 della Convenzione in conseguenza del diniego di giurisdizione da parte
del giudice interno con riguardo ad azioni di responsabilità civile per abusi
sessuali intentate contro la Santa Sede, in virtù del riconoscimento a
quest’ultima dell’immunità dalla giurisdizione, con decisioni delle Corti
interne ritenute conformi ai principi di diritto internazionale generalmente
riconosciuti, non arbitrarie né manifestamente irragionevoli, e non
sproporzionate, in presenza tra l’altro della astratta possibilità di
esaminare nel merito le domande dei ricorrenti laddove dirette contro i
funzionari della Chiesa cattolica belga. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 7 ottobre 2021 (Zambrano
c. France) Decisione di irricevibilità, per diverse ragioni, di un
ricorso in tema di pass sanitario (green pass) e obbligo vaccinale, con
argomentazioni di rilievo sotto più profili. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 16 settembre 2021 (X
v. Poland) Art. 14 e Art. 8 - Discriminazione - Vita familiare -
Riconosciuta violazione -Rifiuto di concedere alla ricorrente la piena
potestà genitoriale e la custodia del suo figlio minore unicamente o
prevalentemente sul fondamento di considerazioni relative al suo orientamento
sessuale e del rilievo decisivamente e discriminatoriamente attribuito
all’importanza del modello maschile. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 15 settembre 2021 (richiesta di parere consultivo
presentata dal Comitato per la Bioetica del Consiglio d’Europa) Non ammissione di una richiesta di parere consultivo
presentata ai sensi dell’articolo 29 della Convenzione sui Diritti dell’Uomo
e la biomedicina (cd. “Convenzione di Oviedo”), con innovative precisazioni
sull’oggetto e i limiti di tale competenza consultiva. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 14 settembre 2021 (Tuncer
Bakirhan c. Turquie) Art 5 § 3 e art. 10 - Ragionevolezza della detenzione
preventiva e Libertà di espressione - Mancanza di motivi sufficienti e
mancato rispetto del principio di proporzionalità nel disporre e mantenere
una misura di detenzione preventiva nei confronti di un rappresentante eletto
(un sindaco esponente di un partito di opposizione) in attesa di giudizio,
per circa due anni e undici mesi, a causa delle sue attività politiche. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 2 settembre 2021 (Sanchez
c. France) Articolo 10 – Assenza di violazione della libertà di espressione
in un caso di condanna penale, con pena proporzionata, di un candidato alle
elezioni a causa del non aver egli prontamente cancellato dichiarazioni
illecite di terzi (integranti il reato di provocazione all’odio o alla
violenza contro persone di fede musulmana) sulla bacheca del proprio account
Facebook pubblicamente accessibile, utilizzato durante la campagna elettorale
- Responsabilità del ricorrente in quanto titolare dell’account, distinta dai
terzi redattori (che sono stati parimenti condannati). |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 22 luglio 2021 (Reczkowicz
v. Poland) Art. 6, par. 1 – Violazione dell’essenza del diritto a
un “tribunale costituto per legge” a causa di gravi irregolarità nella nomina
dei giudici della nuova Camera disciplinare della Corte suprema riconducibili
all’assenza di indipendenza del riformato Consiglio nazionale della
magistratura rispetto al potere legislativo ed esecutivo, il tutto in
mancanza di un’analisi completa, equilibrata e obiettiva delle questioni
sottoposte alla Corte costituzionale nella prospettiva della Convenzione ed
in mancanza di rimedi interni per contestare le carenze allegate. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 22 luglio 2021 (Gumenyuk
and Others v. Ukraine) Art. 6 e Art. 8 – Lesione dell’indipendenza del potere
giudiziario, interferenza illegale con l’esercizio delle funzioni giudiziarie
dei ricorrenti come giudici della Corte Suprema dell’Ucraina dopo la
liquidazione della stessa e la sua sostituzione con una nuova Corte, dalla
quale essi erano stati esclusi in violazione delle indicazioni di diverso
tenore fornite dalla Corte costituzionale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 8 luglio 2021 (D.A.
and Others v. Poland) Art. 3, Art. 4 protocollo 4, Art. 13 e Art. 34 -
Espulsioni collettive e dinieghi di accesso alla procedura di asilo alla
frontiera polacco-bielorussa, con conseguente rischio di respingimenti a
catena verso la Siria e sottoposizioni a torture e trattamenti inumani e
degradanti, nel quadro di una più ampia politica di rifiuto d’ingresso e
noncuranza verso l’intenzione dei richiedenti di chiedere protezione
internazionale, con assenza di rimedi efficaci per presentare reclami alle
autorità nazionali, e ancora con ostacolo all’esercizio del diritto di
ricorso ex art. 34 e mancato rispetto del provvedimento provvisorio ex art.
39. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 6 luglio 2021 (Norman
v. the United Kingdom) Art 10 - Libertà d’informazione – Non violazione per
azione penale e condanna di un agente penitenziario per aver fornito
informazioni sulla prigione a un giornalista in cambio di denaro - Forte
interesse pubblico all’azione penale per il mantenimento dell’integrità,
dell’efficacia e della fiducia pubblica nel servizio penitenziario - Assenza
di interesse pubblico nella maggioranza delle informazioni divulgate e
assenza di allegazioni volte alla riconduzione della condotta a quella del
“whistle-blower” - Divulgazione del nome del ricorrente da parte del
proprietario del giornale non imputabile allo Stato convenuto, in assenza di
qualsiasi coercizione da parte della polizia. Art 7 - Nullum crimen sine lege - Sufficiente
prevedibilità dell’imputazione e della condanna per il reato di cattiva
condotta in pubblico ufficio . |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 25 maggio 2021 (Big
Brother Watch and Others c. The United Kingdom) Art. 8 - Vita privata - Conformità alla Convenzione di
un regime di sorveglianza segreta, compresa l’intercettazione di massa delle comunicazioni
e la condivisione dell’intelligence - Necessità di sviluppare la
giurisprudenza alla luce delle importanti differenze tra l’intercettazione
mirata e l’intercettazione di massa - Carenze fondamentali presenti nel
regime di intercettazione di massa. Art 10 - Libertà di espressione - Protezione
insufficiente del materiale giornalistico confidenziale nei regimi di
sorveglianza elettronica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 25 maggio 2021 (Centrum
för rättvisa c. Suède) Art 8 - Privacy - Conformità alla convenzione di un
regime di sorveglianza segreta - Necessità di sviluppare la giurisprudenza
alla luce delle significative differenze tra intercettazioni mirate e
intercettazioni di massa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 8 aprile 2021 (Vavřička
et autres c. République tchèque) Art. 8 e obblighi di vaccinazione - mancata violazione
in caso di multa al genitore ed esclusione dei bambini dalla scuola materna
per il rifiuto di rispettare l’obbligo di vaccinazione dei bambini, alla luce
tra l’altro del dovere di solidarietà verso i più vulnerabili, che richiede
al resto della popolazione di assumersi un rischio minimo con la
vaccinazione, e della coerenza dell’obbligo con l’interesse superiore dei
bambini - Riconoscimento della proporzionalità delle misure impugnate
rispetto agli scopi legittimi perseguiti e mancato superamento dell’ampio
margine di apprezzamento statale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 1 aprile 2021 (Sedletska v.
Ukraine) Art 10 - Libertà d’espressione e protezione delle fonti
giornalistiche - Interferenza con i diritti della ricorrente a causa di un
accesso giudizialmente autorizzato ai dati delle sue comunicazioni
telefoniche mobili non necessaria in una società democratica, gravemente
sproporzionata e non giustificata da una esigenza imperativa di interesse
pubblico. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 16 febbraio 2021 (Hanan
c. Allemagne) Art. 1 e 2 (aspetto procedurale) - Esistenza di un
“nesso giurisdizionale” tale da far scattare l’obbligo di indagare sulle
morti di civili causate da un attacco aereo ordinato durante una fase di
ostilità attiva di un conflitto armato extraterritoriale, giurisdizione
esclusiva dello Stato su gravi violazioni commesse dalle proprie truppe e
obbligo di indagare ai sensi del diritto internazionale umanitario (IHL) e
del diritto interno. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 16 febbraio 2021 (Budinova
and Chaprazov v. Bulgaria) Violazione congiunta degli artt. 8 e 14 per mancata tutela
contro affermazioni discriminatorie rese pubblicamente da un politico nei
confronti di una minoranza etnica, con chiarimenti espliciti sui criteri per
determinare se una affermazione discriminatoria relativa ad un gruppo etnico
abbia "raggiunto il livello necessario" per costituire violazione
dei diritti di un singolo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 16 febbraio 2021 (V.C.L.
and A.N. v. the United Kingdom) Tratta di esseri umani e obblighi statali di protezione
con particolare riguardo all’ipotesi di incriminazione delle relative vittime
(violazione degli artt. 4 e 6). |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 2 febbraio 2021 (X
et Autres c. Bulgarie) Obblighi positivi, procedurali e sostanziali, derivanti
dall’art. 3 ed abusi sessuali nei confronti dei minori (violazione dell’art.
3 sotto il profilo procedurale). |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 20 aprile 2020 (Tête c. Francia) Libertà di espressione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 9 aprile 2019 Parere consultivo ex Prot. n. 16 in tema di maternità
surrogata, su domanda della Corte di Cassazione francese |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 20 marzo 2018 (Mehmet
Hasan Altan c. Turchia) Condanna della Turchia per le misure adottate contro
giornalisti a seguito del tentato colpo di Stato |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 27 giugno 2017 (Charlie
Gard and Others V. United Kingdom) Sospensione delle cure mediche |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 17 gennaio 2017 (Hutchinson
C. Royaume Uni) Ergastolo |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 29 marzo 2016 (Bédat
C. Suisse) Segreto istruttorio e libertà di stampa) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 19 gennaio 2016 (Görmüş
e A. c. Turchia) Libertà di stampa |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 15 ottobre 2015 (Perinçek
c. Switzerland) Negazionismo |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 10 novembre 2015
(M’Bala M’Bala c. Francia) Libertà di opinione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 5 giugno 2015 (Lambert.
c. Francia) Legittimità dell’ordine d’interruzione delle cure tese
al mantenimento artificiale in vita |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. ex II) 10 marzo 2015 (Y.Y.
c. Turchia) Diritto di cambiare sesso |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera 1 luglio 2014 (S.A.S. c. France) Divieto d’indossare il burqa integrale nello spazio
pubblico; violazione degli artt. 8 e 9 CEDU: insussistenza |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 27 maggio 2014 (Baka
v. Hungary) Fine anticipata prevista in Costituzione del mandato del
presidente della Corte suprema ungherese; violazione dell’articolo 6 CEDU -
diritto ad un processo equo; violazione dell’art. 10 CEDU - libertà di
espressione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (ex Sez. V) 12 giugno 2014 (Couderc
et Hachette Filipacchi Associés c. France) Libertà di stampa e tutela della privacy |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 12 maggio 2014 (Chypre
c. Turquie) "Gravi e continue" violazioni dei diritti
commesse dalla Turchia nei confronti dei greco-ciprioti della parte nord di
Cipro |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 21 ottobre 2013 (Del
Rio Prada c. Russia) Principio di legalità delle pene |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 14 marzo 2013 (Öcalan
c. Turquie n. 2) Condizioni di detenzione in carcere |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 19 settembre 2013 (Von
Hannover c. Allemagne n. 3) Rispetto della vita privata |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 14 marzo 2013 (Eon
c. France) Offesa al Presidente della Repubblica |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 19 febbraio 2013 (c.d.
caso “Pirate Bay”) Violazione del copyright |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 19 febbraio 2013 (caso
X e al.) Adozione della prole del partner omosessuale |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 15 gennaio 2013 (caso
Eweida) Libertà di religione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 13 dicembre 2012 (caso
De Souza Ribeiro) Immigrazione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 13 dicembre 2012 (caso
El-Masri) Terrorismo |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 25 ottobre 2012 (caso
Vistiņš et Perepjolkins) Diritto di proprietà |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 19 ottobre 2012 (caso
Catan) Diritto all’istruzione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 4 ottobre 2012 (caso
Chabauty) Non discriminazione e diritto di proprietà |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 12 settembre 2012 (caso
Nada) Terrorismo |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 6 novembre 2012 (caso
Ekoglasnost) Elezioni |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 12 settembre 2012 (caso
Savda) Obiezione di coscienza |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 28 giugno 2012 (caso
Ressiot) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 8 giugno 2012 (caso
Célice) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 8 giugno 2012 (caso
Cadène) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 15 marzo 2012 (caso
Austin et autres c. Rouyame Uni) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 3 novembre 2011 (caso
S.H. e altri c. Austria) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 20 settembre 2011 (caso
Oao Neftyanaya Kompaniya Yukos c. Russia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 1 aprile 2010 (caso
S.H. et altri c. Austria) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 29 marzo 2010 (caso
Medvedyev c. Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 16 marzo 2010 (caso
Oršuš et altri c. Croazia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 16 marzo 2010 (caso
Carson e altri c. Regno Unito) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 28 ottobre 2009 (caso
Si Amer c. Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 22 dicembre 2009 (caso
Sejdić e Finci c. Bosnia Erzegovina) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 21 giugno 2007 (caso
Scanner de L’Ouest Lyonnais e altri c. Francia) |
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Corte europea dei
diritti dell’uomo (Grande Camera) 10 aprile 2007 (caso
Evans c. Regno Unito) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 27 novembre 2007 (caso
Luczak c. Pologna) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 10 novembre 2005 (caso
Leyla Sahin c. Turchia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 6 ottobre 2005 (caso
Draon c. Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 25 ottobre 2005 (caso
Niedzwiecki c. Germania) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 27 maggio 2004 (caso
Ogis-institut Stanislas, Ogec St. Pie X e Blanche De Castille e altri c.
Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo, (Sez. II) 20 febbraio 2003 (caso
Forrer-Niedenthal c. Germania) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo, (Grande Camera) 13 febbraio 2003 (caso
Refah Partisi et a. c Turchia c. Germania) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo, (Sez. II) 30 settembre 2003 (caso Koua Poirrez c. France) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 11 luglio 2002 (caso
Christine Goodwin c. Regno Unito) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 29 aprile 2002 (caso
Pretty c. Regno Unito) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 20 dicembre 2001 (caso P.S. c.
Germania) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 22 giugno 2000 (caso Coëme et
a. c. Belgio) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 28 ottobre 1999 (caso
Zielinski e altri c. Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo, 23 ottobre 1997 (caso National
& Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society Et
Yorkshire Building Society C. Regn. Unito) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo 22 ottobre 1997 (caso Papageorgiou
c. Grecia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo 9 dicembre 1994 (caso Raffineries Grecques Stran e Stratis Andreadis c. Grecia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo 2 marzo 1987 (caso
Mathieu-Mohin et Clerfayt c. Belgio) |