CONSULTA ONLINE
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de
PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di
legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 541, 542, 543, 544 e 574, della legge
28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
di stabilità 2016), promossi dalla Provincia autonoma di Bolzano,
dalla Regione Veneto e dalla Provincia autonoma di Trento con ricorsi
notificati il 26 febbraio - 7 marzo, il 26 - 29 febbraio e il 29 febbraio 2016,
depositati in cancelleria il 4, l’8 e il 10 marzo 2016, ed iscritti,
rispettivamente, ai nn. 10, 17 e 20 del
registro ricorsi 2016.
Visti gli atti di
costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella udienza
pubblica del 26 settembre 2017 il Giudice relatore Marta Cartabia;
uditi gli avvocati Renate
von Guggenberg per la Provincia autonoma di Bolzano,
Luca Antonini per la Regione Veneto, Giandomenico Falcon
per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto
in fatto
1.– Con ricorso depositato il 4 marzo 2016 (r.r. n. 10 del 2016), la Provincia autonoma di Bolzano ha chiesto che venga dichiarata l’illegittimità, fra gli altri, dei commi 541, 542, 543, 544 e 574, dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», per violazione degli artt. 4, n. 7), 8, n. 1), 9, n. 10), 16, 79, 80, 81, 87, 88, 99, 100, 103, 104 e 107 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e relative norme di attuazione, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), nonché degli artt. 3, 117, commi secondo, terzo, quarto e sesto, 118, 119, quest’ultimo in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), 120 e 136 della Costituzione.
1.1.– La ricorrente ritiene che le norme impugnate sono state dettate al fine di adeguare la normativa nazionale agli obblighi imposti dall’Unione europea in materia di organizzazione dell’orario di lavoro del personale sanitario e di garantire, contestualmente, la continuità dei servizi sanitari.
A tale scopo il legislatore nazionale ha previsto che anche le Province autonome adottino un provvedimento di riduzione dei posti letto ospedalieri accreditati a carico del Servizio sanitario regionale e predispongano un piano concernente il fabbisogno di personale e le modalità operative per garantire il rispetto delle norme dell’Unione europea sull’orario di lavoro del personale sanitario, in coerenza con l’art. 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161, recante «Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (Legge europea 2013-bis)».
I predetti provvedimenti debbono essere trasmessi
entro il 29 febbraio 2016 al Tavolo di verifica degli adempimenti e al Comitato
permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza
(LEA) di cui, rispettivamente, agli artt. 12 e 9 dell’Intesa sancita il 23
marzo 2005 dalla Conferenza Stato-Regioni, nonché al Tavolo per il monitoraggio
dell’attuazione del regolamento di cui al decreto del Ministro della salute 2
aprile 2015, n. 70.
L’impugnato art. 1, comma 542, prevede la possibilità, nelle more dell’adozione e della verifica dei piani di fabbisogno del personale, di ricorrere a forme di lavoro flessibile in deroga ai limiti fissati dall’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, oppure di prorogare i relativi contratti sino al 31 ottobre 2016, previa comunicazione ai Ministeri della salute nonché dell’economia e delle finanze.
Ai sensi dell’impugnato art. 1, commi 543 e 544, in caso di criticità emergenti dal piano per l’assunzione del personale, è consentita l’indizione di concorsi straordinari per l’assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, nel rispetto delle disposizioni in materia di contenimento del costo del personale e dei piani di rientro per i casi di disavanzo finanziario, di cui al comma 541 del medesimo art. 1.
Il successivo comma 574 dell’impugnato art. 1 introduce poi la possibilità, a partire dal 2016, nel rispetto di una serie di condizioni, di acquistare prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità, nonché prestazioni erogate da parte degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) a favore dei cittadini residenti in altre Regioni, con l’obbligo trimestrale di trasmettere ai Ministeri della salute nonché dell’economia e delle finanze i provvedimenti di compensazione della maggior spesa sanitaria regionale, e di pubblicare e comunicare alle Regioni di residenza il valore delle relative prestazioni.
1.2.– La ricorrente osserva che le norme di cui ai commi 541, 542, 543, 544 e 574 dell’impugnato art. 1 si applicano, per loro espressa previsione, anche alle Province autonome, così contrastando con l’ordinamento statutario, che le attribuisce potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri (art. 4, n. 7, dello Statuto) e di ordinamento dei propri uffici e del relativo personale (art. 8, n. 1, dello Statuto); potestà legislativa concorrente in materia di igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera (art. 9, n. 10, dello Statuto); e la corrispondente potestà amministrativa (art. 16 dello Statuto).
La ricorrente ricorda che, in base a un orientamento costante della giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 328 del 2006), con la riforma del titolo V della Costituzione, l’art. 117, secondo e quarto comma, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, ha confermato ed esteso la potestà legislativa delle Province autonome alla materia più ampia della «tutela della salute». Più precisamente, si dovrebbe distinguere la materia di competenza regionale concorrente «tutela della salute», da considerarsi più ampia rispetto all’assistenza sanitaria e ospedaliera (sentenze n. 181 del 2006 e n. 270 del 2005), e la materia dell’organizzazione sanitaria, in cui è possibile una disciplina regionale anche sostitutiva di quella statale (sentenza n. 510 del 2002). Per quanto concerne la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, le norme di attuazione dello Statuto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di igiene e sanità), attribuiscono alla Regione la disciplina del modello di organizzazione delle istituzioni e degli enti sanitari, mentre alle Province autonome è attribuita la disciplina sul funzionamento e la gestione degli stessi enti e istituzioni. Le medesime norme di attuazione stabiliscono, poi, a carico delle Province autonome un obbligo di adeguamento della propria legislazione ai principi e alle norme costituenti limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello Statuto, senza che gli organi statali possano esercitare funzioni amministrative, anche di vigilanza, al di fuori di quelle loro attribuite dallo Statuto e dalle relative norme di attuazione.
1.3.– Ad avviso della ricorrente, le disposizioni impugnate interferirebbero con le competenze in materia di «tutela della salute» e in materia di assistenza sanitaria, comprendente altresì l’organizzazione del servizio sanitario, e con le competenze in materia di autonomia finanziaria anche di spesa, nonché con il divieto di attribuire con legge ordinaria a organi dello Stato funzioni amministrative di vigilanza nelle predette materie di competenza delle Province autonome.
Più precisamente, la ricorrente ravvisa nell’art. 1, comma 541, lettera a), in tema di riduzione dei posti letto ospedalieri, una violazione del giudicato costituzionale, in riferimento alla sentenza n. 125 del 2015, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui imponeva anche alle Province autonome l’adozione di provvedimenti volti a ridurre i posti letto ospedalieri.
In generale, secondo la ricorrente, tutte le disposizioni impugnate, in quanto norme di dettaglio immediatamente precettive anche nei confronti delle Province autonome, sarebbero in contrasto con la disciplina statutaria recante l’obbligo di adeguamento delle medesime Province autonome alle norme statali di principio, che sole potrebbero essere dettate in materia da parte dello Stato, senza possibilità di diretta applicazione di disposizioni statali di dettaglio, in coerenza con l’insegnamento della già citata sentenza n. 125 del 2015.
2.– Con atto depositato il 7 aprile 2016 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni vengano dichiarate infondate.
2.1.– In particolare, la difesa dello Stato ha posto l’accento sulla clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 1, comma 992, della legge n. 208 del 2015, in forza della quale le disposizioni del provvedimento si applicano alle Regioni a speciale autonomia e alle Province autonome nella misura in cui siano compatibili con i rispettivi Statuti e le correlative norme di attuazione. Pertanto, ad avviso del resistente, in base alla giurisprudenza costituzionale (sono richiamate le sentenze n. 237 e n. 23 del 2014, n. 215 del 2013 e n. 241 del 2012), le questioni dovrebbero ritenersi infondate, in quanto, ove le disposizioni statali non contrastino con gli statuti, non sussiste alcuna violazione dei medesimi; ove la violazione, invece, sussista, le disposizioni medesime non sono applicabili.
Più precisamente, la citata clausola di salvaguardia – da valutare anche alla luce della gravità ed eccezionalità della situazione di crisi in cui l’intervento legislativo si è inserito, tale da richiedere di discostarsi dal modello consensualistico nella determinazione delle modalità di concorso delle autonomie speciali alle manovre di finanza pubblica (viene citata la sentenza n. 193 del 2012) – rimuoverebbe ogni ostacolo all’applicazione della speciale procedura di adeguamento, prevista dallo Statuto e dalle relative norme di attuazione, ai principi generali stabiliti dalla legislazione statale in materia di potestà legislativa concorrente.
2.2.– Il resistente insiste, inoltre, sul fatto che le impugnate norme in materia sanitaria si sono rese necessarie per ovviare alle ricadute negative, in termini di erogazione dei servizi di assistenza sanitaria, conseguenti all’abrogazione delle deroghe previste per il personale sanitario in materia di orario di lavoro, segnatamente dall’art. 14 della Legge europea 2013-bis, che ha abrogato le disposizioni derogatorie contenute negli artt. 17, comma 6-bis, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), e 41, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le quali sottraevano il personale dell’area dirigenziale e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale all’applicazione degli artt. 4 e 7 del d.lgs. n. 66 del 2003, in attuazione della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003, ciò al fine di adeguare la normativa italiana alle indicazioni fornite dalla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione n. 2011/4185.
Al fine di assicurare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza
sanitaria, il legislatore nazionale ha previsto il ricorso a forme di lavoro
flessibile e ha consentito assunzioni straordinarie di personale – a
completamento e integrazione del percorso intrapreso con il decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015 (Disciplina delle procedure concorsuali riservate per l’assunzione di personale precario
del comparto sanità) – nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica
da conseguire attraverso il contenimento della spesa di cui all’art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2010) e
all’art. 17, commi 3, 3-bis
e 3-ter, del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 11, e dei piani di rientro.
Sarebbero, dunque, state introdotte misure organizzative (art. 1, commi 541, 542 e 543 della legge impugnata), limiti alla spesa del settore sanitario (commi 542 e 544 del medesimo art. 1) e procedure di verifica e controllo, le quali, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non detterebbero una disciplina di dettaglio, ma conterrebbero principi generali ai quali le Regioni e le Province autonome devono adeguarsi, nell’esercizio della loro competenza in materia di «tutela della salute», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (vengono citate le sentenze n. 162 del 2007, n. 134 e n. 51 del 2006, n. 249 del 2005 e n. 341 del 2001).
Ad avviso del resistente, la normativa impugnata si sarebbe dunque resa necessaria al fine di evitare che in alcune parti del territorio dello Stato l’assistenza sanitaria risultasse inferiore rispetto ai livelli qualitativi e quantitativi ritenuti intangibili dallo Stato medesimo (viene citata la sentenza n. 207 del 2010), fatta salva la possibilità di aumentare i livelli di prestazione nell’ambito della competenza concorrente (viene richiamata la sentenza n. 200 del 2009).
2.3.– D’altro canto, prosegue il resistente, poiché le misure introdotte dalle disposizioni censurate sono volte a razionalizzare la spesa sanitaria per far fronte a una particolare congiuntura economica, esse si configurerebbero quali misure di contenimento della spesa che lo Stato può imporre – quali principi di coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost. – anche alle autonomie speciali, in forza del loro obbligo di partecipazione all’azione di risanamento, al fine di garantire l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva sia per il perseguimento di obiettivi nazionali di riduzione del debito sia per l’assolvimento di obblighi comunitari (vengono citate le sentenze n. 229 del 2011, n. 284 del 2009, n. 120 del 2008 e n. 169 del 2007). Tali norme di coordinamento della finanza pubblica, rimarca il resistente, ben possono comprendere, in base alla giurisprudenza costituzionale (vengono citate le sentenze n. 284 e n. 237 del 2009, n. 35 del 2005 e n. 376 del 2003), anche norme puntuali per realizzare in concreto il coordinamento finanziario che, per sua natura, eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali.
Tali considerazioni, secondo il resistente, si estenderebbero anche alle norme in materia di stabilizzazione del personale, da qualificarsi quali disposizioni in materia di coordinamento della finanza pubblica in quanto ispirate alla finalità di contenimento della spesa nello specifico settore del personale (vengono citate le sentenze n. 310, n. 108, n. 69 e n. 68 del 2011).
In questo quadro, sempre secondo il resistente, la già ricordata clausola di salvaguardia, di cui al comma 992 dell’impugnato art. 1, avrebbe il significato di escludere l’immediata cogenza delle disposizioni censurate nei confronti delle Province autonome, le quali avrebbero invece l’obbligo di adeguarsi alla normativa statale secondo le procedure previste dallo Statuto e dalle norme di attuazione (si cita la sentenza n. 141 del 2015).
3.– Con ricorso depositato l’8 marzo 2016 (r.r. n. 17 del 2016), la Regione Veneto ha chiesto che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale, fra gli altri, del comma 574 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, per violazione degli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost.
Secondo la ricorrente, la norma impugnata derogherebbe, a partire dall’anno 2016, al tetto di spesa fissato dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012 per l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità dagli IRCCS di natura privata, mentre per gli IRCCS di natura pubblica resterebbero in vigore le numerose disposizioni di spending review, tra cui in particolare i tetti di spesa che i residui commi dell’articolo impugnato hanno fissato in forma di percentuale sul finanziamento complessivo per la spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera, nonché tetti di spesa per il costo del personale.
In questo modo si realizzerebbe una disparità di trattamento tra situazioni parificabili, dirottando sugli IRCCS privati la mobilità interregionale, proprio in forza della rimozione di limiti valida solo per questi ultimi. Ciò determinerebbe un contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., che ricadrebbe sulle competenze regionali in materia di organizzazione e programmazione sanitaria di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost.
4.– Con atto depositato il 7 aprile 2016, si è costituto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata infondata.
La difesa dello Stato osserva che la disposizione censurata è destinata a disciplinare la mobilità interregionale attraverso la possibilità di acquistare da IRCCS prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità da destinare a cittadini residenti in altre Regioni. Sotto questo profilo la norma rappresenterebbe, pertanto, una tipica disposizione statale di indirizzo e coordinamento che, come tale, sfugge alla competenza regionale.
Quanto poi alla denunciata discriminazione irragionevole tra IRCCS privati e pubblici, proprio la loro diversa natura giuridica dimostrerebbe l’infondatezza della censura, non potendosi ritenere omogenee le situazioni messe a confronto.
5.– Con ricorso depositato il 10 marzo 2016 (r.r. n. 20 del 2016), la Provincia autonoma di Trento ha promosso questioni di legittimità costituzionale, fra gli altri, dei commi 541, 542, 543, 544 e 574, dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, per violazione degli artt. 8, n. 1), 9, n. 10), 16, 79 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, nonché degli artt. 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, nonché dell’art. 136 Cost.
5.1.– In particolare, la ricorrente ritiene che l’impugnato art. 1, comma 541, contenga norme di dettaglio destinate ad applicarsi direttamente anche nelle Province autonome, in violazione delle regole generali sul riparto costituzionale delle competenze legislative nelle materie di potestà concorrente (art. 9, n. 10, dello Statuto o, se più favorevole, art. 117, terzo comma, Cost., in combinazione con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001) e delle regole specifiche sui rapporti tra fonti statali e provinciali dettate dall’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), nonché con lesione dell’autonomia amministrativa della Provincia nelle materie di competenza provinciale (art. 16 dello Statuto).
Con particolare riguardo poi alla lettera a) dell’impugnato art. 1, comma 541, la ricorrente rimarca che tale disposizione riproduce la norma, in tema di riduzione dei posti letto ospedalieri, di cui all’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, già dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 125 del 2015. Sotto questo profilo, dunque, la ricorrente denuncia anche la violazione del giudicato costituzionale e dell’art. 136 Cost.
5.2.– La Provincia ricorrente rimarca inoltre che l’impugnato art. 1, commi 542, 543 e 544, disciplina forme e modi di reperimento del personale sanitario necessario a far fronte alle eventuali carenze connesse all’osservanza degli obblighi europei sul riposo giornaliero, ritenuti dalla Commissione europea applicabili anche al personale medico. Le suddette disposizioni conterrebbero norme di dettaglio in violazione del riparto di competenze in materia di personale (art. 8, numero 1, dello Statuto, come interpretato dall’art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 474 del 1975) e in materia di sanità (art. 9, numero 10, dello Statuto o, se più favorevole, art. 117, terzo comma, Cost., in combinazione con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001). Inoltre, esse sarebbero incompatibili con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, nonché con l’autonomia amministrativa della Provincia garantita dall’art. 16 dello Statuto nelle materie di competenza provinciale (nella specie, del personale e della sanità).
Viene inoltre sottolineato che, ai sensi dell’art. 117, quinto comma, Cost., la Provincia autonoma di Trento è tenuta ad adempiere, nelle materie di sua competenza, agli obblighi imposti dall’Unione europea e in tal senso aveva già provveduto con la delibera 27 novembre 2015, n. 2168, recante «Disposizioni organizzative in ordine al Servizio ospedaliero provinciale (SOP)».
Secondo le argomentazioni della ricorrente, le disposizioni in parola neppure potrebbero giustificarsi quali norme di coordinamento della finanza pubblica in quanto, secondo la giurisprudenza costituzionale (vengono citate le sentenze n. 125 del 2015 e n. 341 del 2009), la legge statale non avrebbe titolo a dettare norme di contenimento di una spesa sanitaria che è interamente a carico della Provincia. Inoltre, il concorso della Provincia autonoma alla finanza pubblica potrebbe avvenire soltanto nelle forme e nei modi previsti dall’art. 79 dello Statuto e dall’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, cioè adeguando la legislazione provinciale alle leggi statali costituenti limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello Statuto.
5.3.– In ordine all’impugnato art. 1, comma 574, lettera b), primo, secondo e quarto periodo, la ricorrente rimarca che si tratta di norme di dettaglio dettate per far fronte alla riduzione dei posti letto ospedalieri di cui all’art. 1, comma 541, parimenti, impugnato, e che anch’esse determinerebbero una violazione del giudicato costituzionale di cui alla sentenza n. 125 del 2015. Né tali disposizioni di dettaglio potrebbero vincolare la spesa sanitaria, che è interamente a carico della Provincia, così da ritenersi stabilite sine titulo o, comunque, in violazione delle regole sul coordinamento finanziario di cui all’art. 79 dello Statuto.
6.– Con atto depositato il 7 aprile 2016, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto il rigetto del ricorso, per le medesime ragioni già esposte in relazione all’atto di costituzione nel giudizio promosso dalla Provincia autonoma di Bolzano (r.r. n. 10 del 2016).
7.– Con memorie depositate il 4 agosto 2017, il Presidente del
Consiglio dei ministri ha insistito perché le questioni di legittimità
costituzionale siano dichiarate infondate. Premessa l’avvenuta modifica del
comma 543 dell’impugnato art. 1 ad opera dall’art. 1, comma
10, lett.
a) e b), del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244
(Proroga e definizione di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, il
resistente rileva che le disposizioni di cui ai censurati commi 541, 542, 543 e
544 rientrerebbero «in un più ampio, organico e complesso disegno messo a punto
dal legislatore nazionale», volto al superamento di «criticità derivanti
dall’attuazione anche nel comparto sanità delle disposizioni comunitarie in
materia di orario di lavoro». La difesa statale sottolinea
che i commi 542 e 543 introdurrebbero, per le Regioni e le Province autonome,
non un obbligo ma una mera facoltà di indire nuove procedure concorsuali in
deroga alla vigente normativa; il comma 541 prevedrebbe adempimenti
strettamente connessi alla eventuale successiva indizione delle procedure
concorsuali; il comma 544, limitandosi a richiamare il rispetto della cornice
finanziaria programmata per il Servizio sanitario nazionale, si rivolgerebbe
alle sole Regioni, il cui servizio sanitario è finanziato dallo Stato, con la
conseguenza che, per le Province autonome che intendessero avvalersi della
suddetta facoltà di indire nuove procedure concorsuali, ciò dovrebbe avvenire
nel rispetto degli equilibri complessivi del proprio bilancio; il comma 574 si
limiterebbe a introdurre la facoltà di erogare prestazioni sanitarie a favore
di cittadini residenti in altre Regioni. Il carattere facoltativo delle
disposizioni, dunque, escluderebbe ogni lesione dell’autonomia provinciale.
Inoltre, la difesa statale richiama quella giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 36 del
2004, n. 169
del 2007 e, da ultimo, 191 del 2017)
secondo cui il legislatore statale può, per ragioni di coordinamento
finanziario, imporre anche agli enti autonomi vincoli alle politiche di
bilancio, e secondo cui permane in capo alla Provincia autonoma un obbligo di adeguamento
della normativa provinciale ai principi fondamentali dettati dalla legge
statale, contemperando così la cogenza dei principi di coordinamento della
finanza pubblica con il necessario margine di apprezzamento riservato alle
autonomie speciali. Analoghe argomentazioni sono riprese nella richiesta di
dichiarazione di infondatezza della questione promossa
nei confronti del comma 574 dalla Regione Veneto.
8.– Con memoria depositata il 30 agosto 2017, la Provincia autonoma di Bolzano ha insistito per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate.
In particolare, la ricorrente osserva che la generale clausola di salvaguardia di cui all’art. 1, comma 992, della legge n. 208 del 2015 deve considerarsi vanificata dalla presenza di specifiche disposizioni nelle quali sia prevista espressamente la loro applicazione nei confronti delle autonomie, come già chiarito dalla giurisprudenza costituzionale (in particolare viene citata la sentenza n. 191 del 2017). Ciò è, appunto, quanto avvenuto con le disposizioni impugnate che prevedono la loro applicazione alle Province autonome e delle quali è stata denunciata l’illegittimità costituzionale, non risultando praticabile alcuna interpretazione adeguatrice delle medesime. Del resto, si insiste nella memoria, sarebbe lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri ad ascrivere le norme censurate tra i principi di coordinamento della finanza pubblica e a ritenerli perciò vincolanti per le medesime autonomie.
Peraltro, prosegue la ricorrente, anche le disposizioni di coordinamento della finanza pubblica, dominate dal principio consensualistico nei confronti delle Regioni ad autonomia speciale e delle Province autonome, non potrebbero essere introdotte o modificate unilateralmente, specie dopo i limiti introdotti dall’Accordo del 15 ottobre 2014 stipulato tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, recepito con la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2015). Inoltre, in base alla giurisprudenza costituzionale (vengono citate le sentenze n. 133 del 2010 e n. 341 del 2009), lo Stato non avrebbe titolo a dettare norme di coordinamento finanziario quando non concorre al finanziamento dell’ente autonomo, nella specie della spesa sanitaria. Infine, non è sufficiente l’autoqualificazione per ricondurre le disposizioni impugnate a principi di coordinamento della finanza pubblica, trattandosi viceversa di norme che incidono sulle competenze statutarie in materia di organizzazione e di spesa sanitaria.
La ricorrente contesta la tesi statale secondo cui le norme di cui all’impugnato comma 574 esulerebbero dalle competenze provinciali, in quanto finalizzate a valorizzare il ruolo dell’alta specialità all’interno del territorio nazionale; viceversa, la Provincia ritiene che si tratti di norme di estremo dettaglio volte a illegittimamente ridurre o mantenere invariata la spesa sanitaria.
Riportando per il resto le argomentazioni già esposte a sostegno del ricorso, la Provincia autonoma di Bolzano ha quindi ribadito la richiesta di accoglimento delle questioni promosse.
9.– Con memoria depositata il 5 settembre 2017, la Regione Veneto ha insistito per l’accoglimento del suo ricorso.
La disposizione impugnata non riguarderebbe esclusivamente le prestazioni di alta specialità, ma tutte le prestazioni rese dagli IRCCS, comprese quelle a bassa complessità per le quali non sussiste alcuna esigenza di razionalizzazione della spesa sanitaria che giustifichi il privilegio assicurato agli istituti privati.
In ordine alla ridondanza della ingiustificata disparità di trattamento sulle competenze regionali, la ricorrente ha osservato che le repliche statali hanno confermato che la Regione Veneto non è in condizione di evitare una forte migrazione dei residenti nella Regione verso altre Regioni dove insiste un maggior numero di IRCCS privati, senza poter organizzare e attrezzare i propri IRCCS pubblici in modo concorrenziale.
10.– Con memoria depositata il 5 settembre 2017 la Provincia autonoma di Trento ha insistito per l’accoglimento.
Nel ribadire le argomentazioni a sostegno delle questioni promosse, ha ricordato i principi esposti dalla recente sentenza n. 191 del 2017 in punto di rapporti tra clausola di salvaguardia e disposizioni specificamente dirette alle Province autonome, ritenendo che la loro applicazione nella specie dimostrerebbe l’infondatezza delle osservazioni sviluppate sul punto dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Inoltre, ad avviso della ricorrente, le disposizioni statali sarebbero solo apparentemente facoltizzanti, posto che la loro applicazione nei confronti delle autonomie avrebbe l’effetto di limitare il ricorso alla flessibilità o ad assunzioni straordinarie.
Considerato in
diritto
1.– La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso depositato il 4
marzo 2016 (r.r. n. 10 del
2016), ha promosso, fra le altre, questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 1, commi 541, 542, 543, 544 e 574, della legge 28 dicembre 2015,
n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato –
Legge di stabilità 2016), i quali contengono norme di dettaglio in una
pluralità di materie: riduzione di posti letto ospedalieri (comma 541, lettera a); predisposizione e comunicazione di
piani per il fabbisogno del personale (comma 541, lettere b e c); possibilità di ricorso a forme di
lavoro flessibile in deroga alle disposizioni in materia (comma 542) e
indizione di concorsi straordinari per l’assunzione di personale sanitario
(commi 543 e 544); acquisto
di prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità da Istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) (comma 574).
1.1.– La ricorrente ritiene che tali disposizioni violino gli artt. 4, n. 7), 8, n. 1), 9, n. 10), 16, 79, 80, 81, 87, 88, 99, 100, 103, 104 e 107 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e relative norme di attuazione, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), nonché degli artt. 3, 117, commi secondo, terzo, quarto e sesto, 118, 119 (quest’ultimo in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione»), 120 e 136 della Costituzione, in quanto incompatibili con l’ordinamento statutario che attribuisce alle autonomie potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri (art. 4, n. 7, dello Statuto) e di ordinamento dei propri uffici e del relativo personale (art. 8, n. 1, dello Statuto); con la potestà legislativa concorrente in materia di igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera (art. 9, n. 10, dello Statuto o, se più favorevole, art. 117, terzo comma, Cost.), e con la corrispondente potestà amministrativa (art. 16 dello Statuto).
1.2.– Limitatamente al comma 541, lettera a) – che riproduce l’art. 15, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», in materia di riduzione di posti letto ospedalieri, già dichiarato illegittimo dalla sentenza n. 125 del 2015 della Corte costituzionale nella parte in cui si applica alla Province autonome –, la ricorrente ritiene che tale disposizione sia lesiva del giudicato costituzionale ex art. 136 Cost.
2.– La Regione Veneto, con ricorso depositato l’8 marzo 2016 (r.r. n. 17 del 2016), ha promosso, fra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 574, della legge n. 208 del 2015, che deroga, a partire dall’anno 2016, al tetto di spesa fissato dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012 per l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità dagli IRCCS di natura privata, lasciando invece sussistere le limitazioni di spesa per gli IRCCS di natura pubblica.
La ricorrente ritiene che la disposizione impugnata determinerebbe una disparità di trattamento tra situazioni parificabili, dirottando, in forza della rimozione di limiti valida solo per gli IRCCS privati, la mobilità interregionale su questi ultimi, così violando gli artt. 3 e 97 Cost., con ricadute sulle competenze regionali in materia di organizzazione e programmazione sanitaria di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost.
3.– La Provincia autonoma di Trento, con ricorso depositato il 10 marzo 2016 (r.r. n. 20 del 2016), ha promosso, fra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 541, 542, 543, 544 e 574, lettera b), della legge n. 208 del 2015.
3.1.– In primo luogo, ad avviso della ricorrente, l’art. 1, comma 541, riproducendo la norma, in tema di riduzione dei posti letto ospedalieri, di cui all’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012, già dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 125 del 2015, violerebbe l’art. 136 Cost., in quanto lesiva del corrispondente giudicato costituzionale sul punto.
3.2.– In secondo luogo, la Provincia autonoma di Trento dubita che l’art. 1, comma 541, della legge n. 208 del 2015, contenendo norme di dettaglio destinate ad applicarsi direttamente anche nelle Province autonome, in materia di riduzione di posti letto ospedalieri e di predisposizione e comunicazione di piani per il fabbisogno del personale, violi il riparto costituzionale delle competenze legislative nelle materie di potestà concorrente della sanità (art. 9, n. 10, dello Statuto o, se più favorevole, art. 117, terzo comma, Cost., in combinazione con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001) e delle regole specifiche sui rapporti tra fonti statali e provinciali dettate dall’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), nonché l’autonomia amministrativa della Provincia nelle materie di competenza provinciale (art. 16 dello Statuto) e le regole sul coordinamento finanziario applicabile alle Province autonome (art. 79 dello Statuto).
3.3.– La ricorrente ritiene, altresì, che l’art. 1, commi 542, 543 e 544, della legge n. 208 del 2015, disciplinando forme e modi di reperimento del personale sanitario necessario a far fronte alle eventuali carenze connesse all’osservanza degli obblighi europei sul riposo giornaliero, ritenuti dalla Commissione europea applicabili anche al personale medico, violi il riparto di competenze legislative in punto di potestà primaria in materia di personale (art. 8, numero 1, dello Statuto, come interpretato dall’art. 2, comma 3, del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, recante «Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità») e di potestà concorrente in materia di sanità (art. 9, numero 10, dello Statuto o, se più favorevole, art. 117, terzo comma, Cost., in combinazione con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001). Inoltre, essi sarebbero incompatibili sia con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, sia con l’autonomia amministrativa della Provincia, garantita dall’art. 16 dello Statuto nelle materie di competenza provinciale, specificamente nelle materie del personale e della sanità.
3.4.– Infine, l’art. 1, comma 574, lettera b), della legge n. 208 del 2015, contenente disposizioni sull’acquisto di prestazioni ospedaliere di alta specialità dagli IRCCS privati al fine di far fronte alla riduzione dei posti letto ospedalieri di cui all’art. 1, comma 541, violerebbe il riparto costituzionale delle competenze legislative nelle materie, di potestà concorrente, della sanità (art. 9, n. 10, dello Statuto o, se più favorevole, art. 117, terzo comma, Cost., in combinazione con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001) e delle regole specifiche sui rapporti tra fonti statali e provinciali dettate dall’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, nonché l’autonomia amministrativa della Provincia nelle materie di competenza provinciale (art. 16 dello Statuto) e le regole sul coordinamento finanziario applicabile alle Province autonome (art. 79 dello Statuto)
riservate a separate pronunce le decisioni delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 541, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2016)», nella parte in cui si applica alle Province autonome di Trento e di Bolzano;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 574, lettera b), della legge n. 208 del 2015, nella parte in cui impone alle Province autonome di Trento e di Bolzano di adottare misure alternative al fine di garantire, in ogni caso, l’invarianza dell’effetto finanziario;
3) dichiara inammissibili le
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi
541, 542, 543, 544 e 574, della legge n. 208 del 2015, nel testo risultante a seguito delle
modifiche introdotte dall’art. 1, comma 10,
lettere a) e b), del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 (Proroga e definizione di termini), convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, e dalla proroga introdotta
dall’art. 20, comma 10, del decreto legislativo 25
maggio 2017, n. 75 (Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d)
ed e), 17, comma 1, lettere a), c),
e), f), g), h), l),
m), n), o), q), r),
s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano limitatamente al riferimento agli artt. 80,
81, 87, 88, 99, 100, 103, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige);
4) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 541 (nella parte residua), 542, 543 e 544 della legge n. 208 del 2015, nel testo risultante a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 10, lettere a) e b), del decreto-legge n. 244 del 2016, e dalla proroga introdotta dall’art. 20, comma 10, del d.lgs. n. 75 del 2017, promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano, in riferimento agli artt. 4, n. 7), 8, n. 1), 9, n. 10), 16, 79 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e relative norme di attuazione, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), nonché degli artt. 3, 117, secondo, terzo, quarto e sesto comma, 118, 119, quest’ultimo in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e 120 della Costituzione, e dalla Provincia autonoma di Trento in riferimento agli artt. 8, n. 1), 9, n. 10), 16, 79 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, nonché dell’art. 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
5) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 574, della legge n. 208 del 2015, promossa dalla Regione Veneto in riferimento agli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Filomena PERRONE,
Cancelliere
Depositata in Cancelleria
il 2 novembre 2017.