SENTENZA N. 126
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1,
comma 2, 2, comma 2, e 17, comma 3, della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 24 maggio 2016, n. 10 (Modifiche di leggi
provinciali in materia di salute, edilizia abitativa agevolata, politiche
sociali, lavoro e pari opportunità), promosso dal Presidente del Consiglio
dei ministri con ricorso
notificato il 29 luglio-2 agosto 2016, depositato in cancelleria il 2 agosto
2016 ed iscritto al n. 45 del registro ricorsi 2016.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di
Bolzano;
udito nell’udienza pubblica dell’11 aprile 2017 il Giudice
relatore Daria de Pretis;
uditi l’avvocato dello Stato Leonello Mariani per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l’avvocato Renate von Guggenberg per la Provincia
autonoma di Bolzano.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notificazione il 29 luglio 2016, ricevuto
il 2 agosto 2016 e depositato lo stesso giorno nella cancelleria della Corte,
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt.
1, comma 2, 2, comma 2, e 17, comma 3, della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 24 maggio 2016, n. 10 (Modifiche di leggi provinciali in materia di
salute, edilizia abitativa agevolata, politiche sociali, lavoro e pari
opportunità).
1.1.– L’art. 1, comma 2, della legge provinciale n. 10 del 2016 ha
sostituito il comma 1 dell’articolo 18 della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 15 novembre 2002, n. 14 (Norme per la formazione di base, specialistica
e continua nonché altre norme in ambito sanitario), che detta disposizioni sul
«tutorato» nell’ambito dei corsi di formazione specifica in medicina generale.
L’art. 18, comma 1, della legge provinciale n. 14 del 2002, come sostituito,
prevede quanto segue: «I medici tutori sono medici di medicina generale e, per
la parte concernente la formazione pediatrica, medici pediatri di libera
scelta, convenzionati da almeno sei anni con il servizio sanitario nazionale o
provinciale e in possesso della titolarità di un numero di assistiti almeno
pari alla metà del massimale vigente. I medici che svolgono la funzione docente
o di coordinamento o tutoriale sono iscritti in un elenco provinciale a tal
fine istituito.».
Ad avviso del ricorrente tale disposizione contrasterebbe con
l’art. 27, comma 3, del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CEE in
materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei
loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE,
98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE), che a sua volta
prevede quanto segue: «I tutori di cui all’articolo 26 sono medici di medicina
generale convenzionati con il servizio sanitario nazionale con un’anzianità di
almeno dieci anni di attività convenzionale con il servizio sanitario
nazionale, nonché possedere la titolarità di un numero di assistiti nella
misura almeno pari alla metà del massimale vigente e operare in uno studio
professionale accreditato. I medici che svolgono la funzione docente o di
coordinamento o tutoriale sono iscritti in un elenco regionale all’uopo
istituito».
Il ricorrente rileva ancora che secondo la norma
provinciale, dunque, il ruolo di tutore nei corsi di formazione specifica in
medicina generale potrebbe essere svolto da medici di medicina generale o da
medici pediatri di libera scelta che siano convenzionati con il servizio
sanitario da un numero di anni (sei) di poco superiore alla metà di quelli
(dieci) previsti dalla norma statale.
Il citato art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 368 del
1999, tuttavia, avrebbe natura di norma di principio, considerato che, da un
lato, la durata del periodo di convenzionamento esprimerebbe il possesso di
competenze ed esperienze professionali adeguate allo svolgimento della funzione
e che, dall’altro lato, i medici tutori sarebbero chiamati ad assolvere
delicati compiti di tipo formativo e valutativo, previsti dai commi 4, 5 e 6
dello stesso art. 27, con ricadute sul giudizio di idoneità dei partecipanti al
superamento delle varie fasi nelle quali si articolano i corsi.
La norma impugnata eccederebbe
pertanto la competenza legislativa provinciale concorrente in materia di
«sanità e assistenza sanitaria», non rispettando i principi stabiliti dalle
leggi dello Stato e violando così il combinato disposto degli artt. 5 e 9,
numero 10), del d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
Sarebbe violato anche l’art. 117,
terzo comma, della Costituzione, che il ricorrente ritiene
applicabile ai sensi dell’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), in quanto la norma provinciale contrasterebbe con i
principi fondamentali della materia «tutela della salute», espressi dall’art.
27, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999.
1.2.– L’art. 2, comma 2, della legge provinciale n. 10
del 2016, ha sostituito il comma 1 dell’articolo 24 della legge della Provincia
autonoma di Bolzano 5 marzo 2001, n. 7 (Riordinamento del servizio sanitario
provinciale), che detta disposizioni in tema di stipulazione di contratti a
tempo determinato da parte del Direttore generale dell’Azienda sanitaria
provinciale.
Il testo dell’art. 24, comma 1, della legge
provinciale n. 7 del 2001, come sostituito, è il seguente: «Per l’espletamento
di compiti e funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico, il
Direttore generale dell’Azienda Sanitaria può conferire incarichi, mediante la
stipula di contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro esclusivo, a
laureati di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano
svolto attività in centri ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o
private e che non godano del trattamento di quiescenza. Tali incarichi non
possono essere assegnati ad un contingente di personale superiore al due per
cento della dotazione organica della dirigenza. I contratti hanno durata non
inferiore a due e non superiore a cinque anni, con facoltà di rinnovo».
Tale norma
contrasterebbe, nel definire i requisiti per l’assegnazione degli incarichi,
con l’art. 15-septies, comma 1, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia
sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421),
che così dispone: «I direttori generali possono conferire incarichi per
l’espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico
mediante la stipula di contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro
esclusivo, rispettivamente entro i limiti del due per cento della dotazione
organica della dirigenza sanitaria e del due per cento della dotazione organica
complessiva degli altri ruoli della dirigenza, fermo restando che, ove le
predette percentuali determinino valori non interi, si applica in ogni caso il
valore arrotondato per difetto a laureati di particolare e comprovata
qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti
pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per
almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito
una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica
desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da
pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro e che non godano
del trattamento di quiescenza. I contratti hanno durata non inferiore a due
anni e non superiore a cinque anni, con facoltà di rinnovo».
Il contrasto deriverebbe dalla mancata previsione,
nella norma provinciale, dell’ulteriore requisito previsto dalla norma statale
per il conferimento degli incarichi, consistente nella «esperienza acquisita
per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali» o, in alternativa,
nel conseguimento di «una particolare specializzazione professionale, culturale
e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria,
da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro».
Ad avviso del ricorrente, anche l’art. 15-septies, comma 1, del d.lgs. n. 502 del
1992 avrebbe natura di norma di principio della materia
«tutela della salute», in quanto i requisiti in esso previsti sarebbero
complessivamente preordinati a garantire il possesso in capo agli aspiranti
della «particolare e comprovata qualificazione professionale»
necessaria per lo svolgimento «di funzioni di particolare rilevanza e di
interesse strategico» in ambito sanitario.
La norma impugnata,
pertanto, eccederebbe a sua volta la competenza legislativa
provinciale concorrente in materia di «sanità e assistenza sanitaria» prevista
dal combinato disposto degli artt. 5 e 9, numero 10), dello statuto
speciale, e violerebbe altresì l’art. 117,
terzo comma, Cost., per il contrasto con i principi fondamentali
della materia «tutela della salute», la determinazione dei quali è riservata
alla competenza concorrente dello Stato.
1.3.– L’art. 17 della legge provinciale n. 10 del 2016 detta norme sulla «Razionalizzazione e semplificazione
dei controlli sulle imprese» in materia di tutela e sicurezza del lavoro. Il
comma 3 così recita: «Con regolamento di esecuzione sono individuate le ipotesi
di violazioni amministrative che non danno luogo a danni irreversibili e per le
quali, in caso di accertamento di una violazione, vengono emesse le
prescrizioni di adeguamento con il relativo termine di adeguamento, per
assicurare il rispetto delle norme violate e per le quali l’irrogazione della
sanzione amministrativa è condizionata all’inosservanza, anche parziale, delle
prescrizioni».
La norma, demandando a un regolamento di esecuzione l’individuazione delle
violazioni amministrative che non danno luogo a danni irreversibili,
consentirebbe di irrogare le sanzioni solo in caso di inosservanza, anche
parziale, delle prescrizioni impartite dalle autorità che hanno accertato la
violazione, entro il termine assegnato per l’adeguamento.
Ad avviso del ricorrente, tale previsione produrrebbe l’effetto, nel caso
contrario, di estinguere le violazioni con la sola tempestiva osservanza delle
prescrizioni di adeguamento, senza alcuna conseguenza di ordine patrimoniale,
neppure nella forma del pagamento di una somma in misura ridotta rispetto
all’importo della sanzione amministrativa astrattamente irrogabile per la
violazione accertata.
Considerando che la
Provincia autonoma di Bolzano non avrebbe competenza legislativa primaria in
materia di «tutela e sicurezza del
lavoro» e che la
sua competenza concorrente sarebbe circoscritta, ai sensi dell’art. 9, numeri
4) e 5), dello statuto speciale, alle materie «apprendistato; libretti di
lavoro; categorie e qualifiche dei lavoratori», nonché «costituzione e
funzionamento di commissioni comunali e provinciali di controllo sul
collocamento», la norma impugnata eccederebbe tali attribuzioni
statutarie.
Sarebbe violato altresì l’art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost., in quanto la previsione che esclude qualsiasi conseguenza
sanzionatoria a carico del trasgressore e dell’eventuale obbligato in solido,
in caso di ottemperanza alle prescrizioni impartite, comporterebbe l’esonero
totale di costoro dalla responsabilità per l’illecito amministrativo commesso,
con invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento
civile».
Secondo il ricorrente, inoltre, la norma regionale
contrasterebbe con i principi fondamentali della materia «tutela e sicurezza
del lavoro» espressi dall’art. 13 del decreto
legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (Razionalizzazione delle funzioni ispettive
in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della L.
14 febbraio 2003, n. 30), in base al quale l’ottemperanza alla diffida
intimata dal personale ispettivo a regolarizzare le inosservanze comunque
materialmente sanabili comporta la sola riduzione dell’importo della somma
dovuta dal trasgressore e dall’eventuale obbligato in solido, non esentandoli
dalle conseguenze sanzionatorie derivanti dalla responsabilità amministrativa
accertata. Sarebbe violato, di conseguenza, anche l’art. 117,
terzo comma, Cost.
Infine, la norma provinciale eccederebbe le competenze
delegate alla Provincia autonoma di Bolzano dalle norme di attuazione in
materia di vigilanza e tutela del lavoro, in quanto l’art. 3, comma 5, del d.P.R.
26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in
materia di igiene e sanità approvate con D.P.R. 28 marzo 1975, n. 474) ha
stabilito che le funzioni amministrative delegate alle Province autonome nella
materia indicata «[…] vengono esercitate dagli organi provinciali in conformità
alle direttive emanate dal competente organo statale».
2.– Con atto depositato in cancelleria il 6 settembre 2016 si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano,
chiedendo che venga dichiarata la manifesta inammissibilità e, in ogni caso, la
non fondatezza delle questioni promosse dal ricorrente.
2.1.– Quanto all’impugnazione dell’art. 1, comma 2,
della legge provinciale n. 10 del 2016, sul tutorato nei corsi di formazione
specifica in medicina generale, la Provincia osserva in primo luogo che il
requisito della durata del convenzionamento con il servizio sanitario per la
nomina a medico tutore non avrebbe natura di principio della legislazione
statale e in ogni caso che la norma impugnata non sarebbe espressione solo
della sua competenza concorrente in materia di igiene e sanità, ma anche della
competenza esclusiva in materia di «addestramento e formazione professionale»
attribuita alle province autonome dall’art. 8, numero 29), dello statuto
speciale, che comprenderebbe anche la formazione professionale dei medici in
sede post-universitaria, come sarebbe già stato affermato da questa Corte (è
citata la sentenza
n. 316 del 1993).
La definizione tradizionale dei caratteri propri della
«formazione professionale» dovrebbe essere aggiornata alla luce dell’evoluzione
normativa. Di essa costituirebbe segno evidente la previsione contenuta
nell’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 267 (Norme di attuazione
dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti modifiche a norme
di attuazione già emanate), che, integrando l’art. 5 del d.P.R. 1° novembre
1973, n. 689 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione
Trentino-Alto Adige concernente addestramento e formazione professionale), ha
riconosciuto alle province autonome il potere di attivare e gestire corsi di
studio orientati al conseguimento della formazione «richiesta da specifiche
aree professionali» e ha stabilito che gli attestati rilasciati al termine di
tali corsi abilitino all’esercizio di un’attività professionale «in
corrispondenza alle norme comunitarie».
La norma impugnata avrebbe fissato in sei anni il
periodo minimo di convenzionamento con il servizio sanitario per sopperire alla
mancanza di sufficiente disponibilità di tutori in possesso di un’anzianità di
almeno dieci anni e garantire così la formazione di un numero adeguato di
medici di medicina generale. A causa di una serie di fattori – pensionamenti,
limite numerico di pazienti per ogni medico, nonché crescente presenza di
medici di sesso femminile che limitano volontariamente il numero dei pazienti –
sarebbe infatti prevedibile una futura carenza di medici di medicina generale,
tale da compromettere il rapporto ottimale fra numero di pazienti e medici.
La previsione
contestata sarebbe pertanto diretta a evitare le conseguenze negative
dell’insufficiente numero di medici tutori sulla tutela della salute nel
territorio provinciale e a garantire il mantenimento di un’assistenza medica e
clinica di qualità elevata, equilibrata e generalmente accessibile,
compatibilmente con il diritto dell’Unione europea. Quest’ultimo, infatti, non
esigerebbe l’identità dei sistemi di tutela della salute scelti dagli Stati
membri o dagli enti territoriali a esso subordinati, purché i provvedimenti
adottati in materia siano rispettosi del principio di proporzionalità rispetto
allo scopo perseguito. Peraltro, nella stessa materia la Provincia autonoma di
Trento avrebbe previsto, con norma legislativa non impugnata dal Governo,
un’anzianità minima dei tutori pari a cinque anni di convenzionamento con il
servizio sanitario.
Anche in materie
diverse, come quella della giustizia ordinaria, l’ordinamento non
riconoscerebbe alla durata nel tempo della formazione la natura di principio
inderogabile, come dimostrerebbe una recente disposizione che ha ridotto la
durata del tirocinio dei magistrati al fine di consentire la celere copertura
delle vacanze nell’organico degli uffici giudiziari (è citato l’art. 2, comma
3, del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, recante « Misure urgenti
per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per
l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa»,
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 25 ottobre
2016, n. 197).
Infine, non si
potrebbe invocare come parametro l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001,
essendo questa una norma volta ad estendere alle regioni a statuto speciale e
alle province autonome le più ampie autonomie riconosciute alle regioni a
statuto ordinario dalla riforma del titolo V della parte seconda della
Costituzione, senza limitazione delle forme di autonomia già attribuite dagli
statuti speciali.
2.2.– Quanto all’impugnazione dell’art. 2, comma 2,
della legge provinciale n. 10 del 2016, la Provincia osserva in primo luogo che
non costituisce un principio della legislazione statale nemmeno il requisito
dell’esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali
apicali o il conseguimento di una particolare specializzazione professionale, culturale
e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria,
da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro, previsto
dall’art. 15-septies, comma 1, del
d.lgs. n. 502 del 1992 per il conferimento di incarichi dirigenziali nelle
aziende sanitarie.
La norma impugnata, in
secondo luogo, non costituirebbe espressione della sola competenza provinciale
concorrente in materia di «igiene e sanità», ex art. 9, numero 10), dello statuto speciale, ma anche della
competenza esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del
personale ad essi addetto», attribuita dall’art. 8, numero 1), del medesimo
statuto, che ha trovato specifica attuazione nell’art. 2 del d.P.R. 28 marzo
1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto
Adige in materia di igiene e sanità).
L’invocata competenza
esclusiva provinciale non sarebbe stata esercitata in contrasto con le norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, quali sono i principi concernenti l’organizzazione delle
strutture del servizio sanitario nazionale, in quanto la disposizione assunta
dal ricorrente a parametro di riferimento, sui requisiti previsti dall’art. 15-septies, comma 1, del d.lgs. n. 502 del
1992, costituirebbe una norma di dettaglio, inidonea a vincolare l’esercizio
delle competenze provinciali.
La natura dettagliata
della norma statale escluderebbe altresì la violazione dell’art. 9, numero 10),
dello statuto speciale, anche qualora si intendesse riferire la disposizione
provinciale alla sola competenza concorrente in materia di «igiene e sanità».
Non sussisterebbe, infatti, un preminente interesse nazionale che giustifica
l’applicazione della norma statale di dettaglio in ambito provinciale, anche
considerando che la Provincia autonoma di Bolzano finanzia integralmente il
proprio servizio sanitario.
2.3.– Quanto all’impugnazione dell’art. 17, comma 3,
della legge provinciale n. 10 del 2016, secondo la Provincia la norma impugnata
non contrasterebbe con la norma statale assunta dal ricorrente a parametro di
riferimento, prevedendo anche quest’ultima l’estinzione dell’illecito
amministrativo per ottemperanza alla diffida.
La norma impugnata, in secondo luogo, avrebbe natura
meramente procedurale, non contrastando perciò con i principi fondamentali
della legislazione statale in materia di sanzioni amministrative irrogate per
violazioni di norme sulla tutela e sicurezza del lavoro, né invadendo la
competenza statale in materia di «ordinamento civile».
Essa costituirebbe
attuazione del principio "ammonire invece di sanzionare” in tema di violazioni
amministrative che non hanno causato «danni irreversibili», così definiti
dall’art. 1 del decreto del Presidente della Provincia di Bolzano 27 ottobre
2010, n. 39, emanato in esecuzione dell’art. 4/bis della legge della Provincia
autonoma di Bolzano 7 gennaio 1977, n. 9 (Norme di procedura per l’applicazione
delle sanzioni amministrative).
Infine, la Provincia
osserva che la delega di funzioni amministrative statali in materia di vigilanza
e tutela del lavoro, attuata con le norme richiamate dal ricorrente, si
accompagnerebbe a uno spostamento della competenza materiale, comprendendo di
conseguenza il trasferimento alle province autonome del potere decisionale per
l’emissione di provvedimenti amministrativi, per la vigilanza sul rispetto
delle leggi di settore e per l’irrogazione delle sanzioni conseguenti alla loro
violazione.
3.– Dopo la proposizione del ricorso, la legge della
Provincia autonoma di Bolzano 18 ottobre 2016, n. 21 (Modifiche di leggi
provinciali in materia di procedimento amministrativo, enti locali, cultura,
beni archeologici, ordinamento degli uffici, personale, ambiente, utilizzazione
delle acque pubbliche, agricoltura, foreste, protezione civile, usi civici,
mobilità, edilizia abitativa, dipendenze, sanità, sociale, lavoro, patrimonio,
finanze, fisco, economia e turismo), ha modificato con l’art. 28, comma 2, in
primo luogo il comma 1 dell’articolo 24 della legge provinciale n. 7 del 2001,
come sostituito dall’art. 2, comma 2, della legge provinciale n. 10 del 2016.
La modifica è consistita nell’inserimento delle parole «con esperienza
acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che
abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e
scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da
pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro,», dopo le parole
«che abbiano svolto attività in centri ed enti pubblici o privati o aziende
pubbliche o private».
In secondo luogo, l’art. 31, comma 1, lettera b), della medesima legge provinciale n.
21 del 2016 ha abrogato l’art. 17, comma 3, della legge provinciale n. 10 del
2016.
In seguito a ciò, con atto notificato il 14 marzo 2017
e depositato in cancelleria il 17 marzo 2017, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha rinunciato al ricorso limitatamente all’impugnazione degli artt. 2,
comma 2, e 17, comma 3, della legge provinciale n. 10 del 2016, previa
deliberazione del Consiglio dei ministri del 10 marzo 2017.
La Provincia autonoma di Bolzano ha accettato la
rinuncia con atto depositato il 29 marzo 2017.
4.– In prossimità dell’udienza il Presidente del
Consiglio dei ministri ha depositato una memoria illustrativa, nella quale osserva,
con riguardo alla questione residua, che la formazione dei medici di medicina
generale costituirebbe una materia trasversale, riconducibile sia alla sanità e
all’assistenza sanitaria, attribuita alla competenza provinciale concorrente,
sia all’addestramento e alla formazione professionale, oggetto di competenza
provinciale esclusiva, ai sensi dell’art. 8, numero 29), dello statuto. In
quanto tale, la legislazione provinciale in materia dovrebbe rispettare non
solo gli obblighi internazionali, ai sensi dell’art. 4 dello statuto speciale,
ma anche i principi stabiliti dalle leggi dello Stato, ai sensi dell’art. 5
dello statuto.
Secondo l’Avvocatura,
la Provincia sosterrebbe comunque una tesi contraddittoria, dal momento che,
dopo avere affermato l’estraneità della norma impugnata alla materia della
sanità di cui all’art. 9, numero 10), dello statuto speciale, essa
pretenderebbe di giustificarne la legittimità proprio in funzione delle
esigenze di tutela del diritto fondamentale alla salute, adducendo ragioni
collegate alla supposta carenza di medici tutori in ambito provinciale, che
pregiudicherebbe la possibilità di formare un numero idoneo di medici di
medicina generale. Pur riconoscendo così l’inerenza della disciplina a una
materia ad essa assegnata in regime di potestà concorrente, la Provincia
ignorerebbe il limite della soggezione ai principi stabiliti dalle leggi dello
Stato, espressi dall’art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999.
In ogni caso, anche
volendo ricondurre la norma impugnata alla competenza legislativa provinciale
esclusiva, sarebbe violato l’art. 4 dello statuto speciale e in particolare il
limite del rispetto degli obblighi internazionali, di cui il d.lgs. n. 368 del
1999 costituirebbe attuazione. Né varrebbe invocare la sentenza della
Corte n. 316 del 1993, che risale a un’epoca anteriore al mutamento della
disciplina, sovranazionale e nazionale, in tema di formazione specifica in
medicina generale. Alla luce di questa nuova disciplina il potere della
Provincia di regolare corsi di formazione nell’esercizio della sua competenza
esclusiva, non potrebbe comunque travalicare i limiti inderogabilmente fissati
dall’art. 4 dello statuto, in riferimento al citato d.lgs. n. 368 del 1999.
Neppure potrebbero essere addotti in senso contrario inconvenienti legati alla
carenza di medici tutori, che costituirebbero una mera quaestio facti.
Sarebbe irrilevante,
altresì, il richiamo all’art. 9 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea, sulla possibile eterogeneità della disciplina di tutela del diritto
fondamentale della salute nei vari Stati membri, giacché non sarebbe possibile
equiparare l’ipotesi della eterogeneità della disciplina dettata da diversi
Stati membri all’ipotesi della difformità tra la disciplina statale e la
disciplina di un ente territoriale dello stesso Stato membro.
Neppure rileverebbe,
ancora, la mancata impugnazione di una norma analoga emanata dalla Provincia
autonoma di Trento, non potendosi trarre da questa eventuale omissione alcuna
legittima aspettativa di analogo trattamento.
Infine l’Avvocatura
replica alla tesi della Provincia sull’inapplicabilità dell’art. 10 della legge
cost. n. 3 del 2001. Il riferimento a tale norma contenuto nel ricorso
introduttivo non dovrebbe essere inteso nel senso che alle province autonome è
riservato un regime differenziato in
pejus rispetto alle regioni a statuto ordinario, bensì nel senso che le
autonomie speciali beneficiano delle più ampie forme di autonomia previste dal
novellato titolo V della Costituzione, rispetto a quelle attribuite dai
rispettivi statuti. Di conseguenza la norma impugnata risulterebbe lesiva anche
dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i
principi fondamentali della materia della «tutela della salute», oltre
che dei limiti posti sia dall’art. 5 dello statuto speciale in materia di «sanità e
assistenza sanitaria», sia dall’art. 4 dello stesso statuto in materia di «addestramento
e formazione professionale».
5.– Anche la Provincia autonoma di Bolzano ha
depositato una memoria in prossimità dell’udienza. In essa sono illustrati e
approfonditi, sulla questione residua della durata del convenzionamento dei
medici tutori, gli argomenti già svolti nell’atto di costituzione, ed è
sottolineato in particolare che, secondo la giurisprudenza della Corte, la
competenza statutaria esclusiva in materia di formazione professionale
comprende anche quella dei medici in ambito extra-universitario. Viene inoltre
ribadito che le finalità della norma, analoga a quella "trentina” non impugnata,
riguardano il superamento di un insufficiente numero di medici tutori nei corsi
attivati nel territorio provinciale.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato gli artt. 1, comma 2, 2, comma
2, e 17, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 24 maggio
2016, n. 10 (Modifiche di leggi provinciali in materia di salute, edilizia
abitativa agevolata, politiche sociali, lavoro e pari opportunità). Si tratta
di norme di contenuto eterogeneo in tema di corsi di formazione specifica in
medicina generale, di contratti a tempo determinato stipulati dal Direttore
generale dell’Azienda sanitaria provinciale e di controlli sulle imprese per la
tutela e la sicurezza del lavoro.
2.– Preliminarmente si rileva che, in seguito alla modifica dell’art. 2, comma 2, e
all’abrogazione dell’art. 17, comma 3, della legge provinciale n. 10 del 2016,
entrambe sopravvenute alla proposizione del ricorso, il Presidente del
Consiglio dei ministri ha rinunciato
all’impugnazione di tali norme e che la Provincia autonoma di Bolzano ha
accettato la rinuncia.
Ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale, va pertanto dichiarata l’estinzione del
processo relativamente alle questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 2, comma 2,
e 17, comma 3, della legge provinciale n. 10 del 2016, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri
in riferimento, quanto alla prima norma, agli artt.
5 e 9, numero 10), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del
testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige) e all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, nonché in
riferimento, quanto alla seconda norma, all’art. 9, numeri 4) e 5), dello
statuto speciale, all’art. 3 del d.P.R.
26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in
materia di igiene e sanità approvate con D.P.R. 28 marzo 1975, n. 474) e all’art. 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost. (ex plurimis,
sentenze n. 238
e n. 77 del 2015,
ordinanze n. 49
del 2017, n.
171, n. 62
e n. 6 del 2016).
Residua quindi l’impugnazione dell’art. 1, comma 2, della
legge provinciale n. 10 del 2016.
3.– L’art. 1, comma
2, della legge provinciale n. 10 del 2016 ha sostituito il comma 1
dell’articolo 18 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 15 novembre
2002, n. 14 (Norme per la formazione di base, specialistica e continua nonché
altre norme in ambito sanitario), che detta disposizioni sul «tutorato»
nell’ambito dei corsi di formazione specifica in medicina generale. Il testo
dell’art. 18, comma 1, della legge provinciale n. 14 del 2002, come sostituito
dalla norma impugnata, è ora il seguente: «I medici tutori sono medici di
medicina generale e, per la parte concernente la formazione pediatrica, medici
pediatri di libera scelta, convenzionati da almeno sei anni con il servizio
sanitario nazionale o provinciale e in possesso della titolarità di un numero
di assistiti almeno pari alla metà del massimale vigente. I medici che svolgono
la funzione docente o di coordinamento o tutoriale sono iscritti in un elenco
provinciale a tal fine istituito».
Ad avviso del ricorrente tale disposizione contrasterebbe con l’art. 27, comma 3, del decreto legislativo 17
agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera
circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi,
certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e
99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE), che a sua volta prevede quanto
segue: «I tutori di cui all’articolo 26 sono medici di medicina generale
convenzionati con il servizio sanitario nazionale con un’anzianità di almeno
dieci anni di attività convenzionale con il servizio sanitario nazionale,
nonché [devono] possedere la titolarità di un numero di assistiti nella misura
almeno pari alla metà del massimale vigente e operare in uno studio
professionale accreditato. I medici che svolgono la funzione docente o di
coordinamento o tutoriale sono iscritti in un elenco regionale all’uopo
istituito».
Il
ricorrente rileva che, in base alla norma provinciale, il ruolo di tutore nei
corsi di formazione specifica in medicina generale potrebbe essere svolto da
medici di medicina generale o da medici pediatri di libera scelta che siano
convenzionati con il servizio sanitario da un numero di anni (sei) di poco
superiore alla metà di quelli (dieci) previsti dalla norma statale, e che a ciò
osterebbe la natura di principio di questa seconda. Tale natura si desume a suo
avviso, da un lato dal fatto che la durata del periodo di convenzionamento
fissata nell’art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999 esprimerebbe il
possesso di competenze ed esperienze professionali adeguate allo svolgimento
della funzione e, dall’altro, dalla delicatezza dei compiti di tipo formativo e
valutativo assegnati ai medici tutori, previsti dai commi 4, 5 e 6 dello stesso
art. 27, e delle loro ricadute sul giudizio di idoneità dei partecipanti al
superamento delle varie fasi nelle quali si articolano i corsi.
La norma impugnata eccederebbe
pertanto la competenza legislativa provinciale concorrente in materia di
«igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza ospedaliera», non rispettando i
principi stabiliti dalle leggi dello Stato e violando così il combinato
disposto degli artt. 5 e 9, numero 10), dello statuto speciale.
In ogni caso sarebbe
violato anche l’art. 117, terzo comma, Cost. – che il ricorrente ritiene applicabile
in base all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al titolo V della parte seconda della Costituzione) – in quanto la norma
provinciale contrasterebbe anche con i principi fondamentali della materia
«tutela della salute» espressi dal citato art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 368
del 1999.
Mentre dunque il
Governo fa riferimento alla competenza provinciale concorrente in materia di
«igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria», che trova fondamento
nell’art. 9, numero 10), dello statuto speciale, e al contempo alla materia
della «tutela della salute» ex art. 117, terzo comma,
Cost., in applicazione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, la
Provincia di Bolzano riconduce la norma impugnata primariamente alla propria
competenza esclusiva in materia di «addestramento e formazione professionale»,
attribuita dall’art. 8, numero 29), dello statuto speciale. Pur non negando
infatti che la disposizione possa riguardare anche la materia sanitaria di
competenza concorrente (della quale non esprime comunque un principio
fondamentale), essa invoca come prevalente il titolo di competenza esclusiva.
4.– È dunque
innanzitutto necessario stabilire di quale titolo di competenza legislativa
provinciale sia espressione la disposizione impugnata.
4.1.– Con riguardo
alla prima delle due materie evocate, va preliminarmente chiarito che, secondo
la costante giurisprudenza di questa Corte, in ambito sanitario non vengono in
rilievo le norme dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol (o
delle relative disposizioni di attuazione), bensì l’art. 117 Cost., in quanto
la competenza legislativa concorrente concernente la «tutela della salute»,
assegnata alle regioni ordinarie dall’art. 117, terzo comma, Cost., è «assai
più ampia» di quella, attribuita alle province autonome dallo statuto speciale,
in materia di «assistenza ospedaliera» (sentenza n. 162 del
2007; nello stesso senso, sentenze n. 134 del 2006
e n. 270 del
2005). La formula utilizzata dall’art. 117, terzo comma, Cost, esprime
inoltre «l’intento di una più netta distinzione fra la competenza regionale a
legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla
determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 282 del
2002). Ne consegue che per le province autonome deve trovare applicazione
la clausola di favore contenuta nell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 e
che di conseguenza il regime delle competenze provinciali in materia sanitaria
è quello fissato dall’art. 117, terzo comma, Cost.,
per la materia della «tutela della salute».
4.2.– Ciò chiarito,
si deve allora stabilire se la fissazione ad opera del
legislatore provinciale della durata minima del convenzionamento del medico
tutore, nell’ambito della disciplina della formazione specifica in medicina
generale, rientri nella materia della «tutela della salute», di potestà
legislativa concorrente nei termini appena esposti, o in quella della
«formazione professionale» riservata alla potestà legislativa provinciale
esclusiva. Nella prima ipotesi si dovrebbe poi stabilire se la norma statale
assunta dal ricorrente a parametro di riferimento esprima un principio
fondamentale della materia a competenza ripartita e se la disposizione
provinciale impugnata lo rispetti. Nella seconda, tale aspetto non avrebbe
rilievo, trattandosi appunto di materia rimessa alla competenza esclusiva
provinciale per la quale non opera il limite dei principi fondamentali
stabiliti dalla legge dello Stato.
5.– La formazione specifica in medicina
generale è regolata dal diritto dell’Unione europea nel
quadro della più ampia disciplina della libera circolazione dei medici e del reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri
titoli. In materia si sono succeduti nel tempo i seguenti atti normativi:
1) la direttiva 86/457/CEE del
Consiglio, del 15 settembre 1986, relativa alla formazione specifica in
medicina generale, che è stata attuata con il decreto legislativo 8 agosto
1991, n. 256 (Attuazione della direttiva n. 86/457/CEE, relativa alla formazione
specifica in medicina generale, a norma dell’art. 5 della legge 30 luglio 1990,
n. 212);
2) la direttiva 93/16/CEE del
Consiglio, del 5 aprile 1993, diretta ad agevolare la libera circolazione dei
medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri
titoli, che ha abrogato, tra le altre, la direttiva 86/457/CEE, riproducendone
le disposizioni in un testo unico (sub artt.
30-41). Questa direttiva è stata attuata con il d.lgs. n. 368 del 1999, che ha
abrogato il precedente d.lgs. n. 256 del 1991 e che, all’art. 27, comma 3, detta la norma sui medici tutori
invocata in questa sede quale parametro di riferimento;
3) la direttiva n. 2005/36/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al
riconoscimento delle qualifiche professionali, che ha a sua volta abrogato, tra
le altre, la direttiva 93/16/CEE, raggruppando in un nuovo testo unico anche le
disposizioni concernenti la formazione specifica in medicina generale (ora
regolata dall’art. 28). Essa è stata attuata con il decreto legislativo 9
novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al
riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva
2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle
persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania), che dedica alla
formazione specifica in medicina generale l’art. 36.
Per quello che qui interessa, la
disciplina europea ha sempre previsto che la formazione specifica in medicina
generale segue alla formazione medica
di base di tipo universitario, che essa deve essere «più pratica
che teorica» e che è impartita, quanto
alla formazione pratica, per un periodo presso un centro ospedaliero abilitato
e per un altro periodo presso un ambulatorio di medicina generale autorizzato o presso un centro autorizzato in cui i medici dispensano cure primarie (art. 2
della direttiva 86/457/CEE, art. 31
della direttiva 93/16/CEE e art.
28 della direttiva 2005/36/CE, che
disciplina ora la materia).
Nel dare attuazione alle direttive,
lo Stato ha attribuito alle regioni e alle province autonome l’organizzazione e
l’attivazione dei corsi di formazione specifica in medicina generale (art. 4
del d.lgs. n. 256 del 1991, poi sostituito dall’art. 28 del d.lgs. n. 368 del
1999) e ha previsto che i medici tutori presso i quali si svolge un periodo
della formazione siano convenzionati con il servizio sanitario nazionale da
almeno dieci anni (art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 256 del 1991, poi sostituito
dall’art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999).
La Provincia
autonoma di Bolzano ha disciplinato la formazione specifica in medicina
generale con la legge provinciale n. 14 del 2002, il cui art. 18, comma 1,
prevedeva originariamente per i medici tutori un’anzianità di convenzionamento
di dieci anni, come stabilito anche dal legislatore statale. Tale anzianità è
ridotta ora a sei anni dall’art. 1, comma 2, della legge provinciale qui
impugnata.
6.– Il rapporto tra la formazione
specifica in medicina generale e la materia «addestramento e formazione
professionale» di competenza esclusiva delle Province autonome di Trento e di Bolzano ex
art. 8, numero 29), dello statuto speciale, è stato più volte esaminato da
questa Corte.
Nella vigenza della
direttiva 86/457/CEE e del d.lgs. n. 256 del 1991, il Governo aveva impugnato
vari articoli della legge della Provincia autonoma di Bolzano approvata il 4
dicembre 1992 (in sede di riesame a seguito di rinvio governativo), in tema di
formazione specifica in medicina generale e specialistica e di concorsi
pubblici presso le unità sanitarie locali, ritenendo che quanto in essi
previsto esorbitasse dalle competenze provinciali per contrasto con i principi
contenuti nel citato d.lgs. n. 256 del 1991. La tesi allora sostenuta dal
Governo era che nella competenza provinciale in materia di «addestramento e
formazione professionale» (art. 8, numero 29, dello statuto speciale) non
potesse ricadere la formazione dei medici, per la natura di insegnamento di
carattere eminentemente pratico della prima, che nulla avrebbe a che vedere con
l’attività di formazione scientifica realizzata, nel caso dei medici, in sede
"post-universitaria”.
La sentenza n. 316 del
1993 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale
sul presupposto che anche la formazione specifica in medicina generale rientra
nell’ambito della materia «addestramento e formazione professionale» prevista
all’art. 8, numero 29), dello statuto speciale, come si evince dai ricordati
sviluppi normativi, specialmente comunitari, essendo in particolare «segno
eloquente dell’evoluzione normativa in materia la previsione contenuta
nell’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 267, che, integrando
l’art. 5 del d.P.R. 1° novembre 1973, n. 689, ha riconosciuto alle Province
autonome il potere di attivare e gestire corsi di studio orientati al
conseguimento della formazione "richiesta da specifiche aree professionali”; e
ha statuito che gli attestati rilasciati al termine di tali corsi abilitano
all’esercizio di un’attività professionale "in corrispondenza alle norme
comunitarie”».
La pronuncia
continua richiamando il principio per il quale «nelle materie di competenza
esclusiva le due Province autonome possono dare immediata attuazione alle
direttive comunitarie, secondo quanto previsto dall’art. 7 del d.P.R. n. 526
del 1987», e giunge alla conclusione che le norme provinciali impugnate sono
espressione di questo potere, in quanto «l’esame della direttiva comunitaria
86/457 rivela che la "formazione specifica in medicina generale” deve essere
"più pratica che teorica”» e che «l’insegnamento pratico è impartito in un
centro ospedaliero abilitato o presso un ambulatorio di medicina generale
riconosciuto: art. 2, comma 1, lett. c) della direttiva».
Questo orientamento,
che valorizza il carattere pratico-professionale della formazione medica
specifica post-laurea in medicina generale e ne desume l’inerenza all’ambito
della formazione professionale affidata alla disciplina delle Province autonome,
è stato confermato da pronunce successive di questa Corte.
La successiva sentenza n. 354 del
1994 ha accolto l’impugnazione di una norma statale che la Provincia
autonoma di Bolzano aveva ritenuto lesiva delle proprie competenze in materia
di addestramento e formazione professionale, affermando che in tale materia
«rientra la formazione specifica in medicina generale (sent. n. 316 del
1993)».
Ancora, con la sentenza n. 406 del
2001 è stato respinto il ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Trento
contro lo Stato relativamente a vari articoli del d.lgs. n. 368 del 1999
disciplinanti la formazione specifica in medicina generale (artt. 24, comma 2,
25, commi 2, 3 e 4, 26, commi 1, 2 e 3), per violazione dell’art. 8, numero
29), dello statuto speciale, con la considerazione che «[l]’unica
interpretazione costituzionalmente compatibile delle disposizioni impugnate è
quella che, per la Regione Trentino-Alto Adige e le […] Province autonome
titolari di competenze specifiche in materia (cfr. per la Provincia autonoma di
Bolzano la sentenza
n. 316 del 1993), le norme in questione sono cedevoli con carattere
suppletivo, rispetto a quelle che la Provincia autonoma di Trento potrà emanare
nei limiti della propria competenza, e fermo il rispetto delle norme
comunitarie e nazionali cogenti». Pertanto, sul presupposto che la formazione
specifica in medicina generale, come risultante dalla disciplina allora
vigente, comunitaria e nazionale, si inquadra nella materia della «formazione
professionale», riservata alla competenza provinciale esclusiva e comprensiva
anche del potere di dare immediata attuazione alle pertinenti direttive
comunitarie, questa Corte ha respinto l’impugnazione perché la Provincia
autonoma ricorrente non aveva ancora esercitato questo suo potere, con la
conseguenza che «[i]n tali materie, ove il legislatore provinciale non abbia
provveduto e finché non provveda, la legge statale di attuazione opera in via
suppletiva e nella integrità delle sue disposizioni» (sentenza n. 406 del
2001).
7.– Non vi sono motivi per
discostarsi dall’orientamento espresso nelle citate pronunce, non potendo
essere condivisa, in particolare, la tesi dell’Avvocatura secondo cui esse
sarebbero superate dall’intervenuto mutamento del quadro normativo. Ai fini che
qui rilevano, infatti, i caratteri sostanziali della disciplina della
formazione professionale dei medici di medicina generale
sono rimasti invariati, sicché è corretto ritenere che, anche nel sistema
vigente, essa continua a rientrare principalmente nella materia
dell’«addestramento e formazione professionale», spettante alla Provincia
autonoma in regime di potestà legislativa esclusiva.
7.1.– Conviene in primo luogo
ricordare che questa Corte ha già avuto modo di chiarire come la riforma del
titolo V della parte seconda della Costituzione non abbia inciso sul titolo di
competenza delle Province autonome in questo ambito,
giacché «[…] "in materia di istruzione
e formazione professionale l’art. 117 Cost. non prevede
una forma di autonomia più ampia di quella configurata dagli artt. 8 e 9 dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, sicché non ricorrono, nella
specie, le condizioni per l’applicazione dell’art. 10 della legge cost. n.
3/2001” (sentenza
n. 213 del 2009)» (sentenza n. 328 del
2010) ed è dunque alla stessa materia dell’addestramento e della formazione
professionale, già definita nei suoi contenuti dalla citata giurisprudenza
costituzionale, che occorre fare riferimento.
7.2.– Quanto al
sistema della disciplina europea e nazionale della formazione specifica in
medicina generale, si deve osservare che l’intervenuta direttiva n. 2005/36/CE non innova se non marginalmente
l’impianto anteriore, limitandosi a raccogliere in un nuovo testo unico le
disposizioni contenute nelle direttive precedenti e in particolare all’art. 28.
Sicché è corretto fare riferimento ai «considerando» di quelle direttive, che
continuano ad esprimere le specifiche ragioni delle scelte operate in materia
dal legislatore comunitario, e più precisamente alla considerazione che «[il] bisogno di una formazione specifica in medicina generale
risulta in particolare dal fatto che lo sviluppo delle scienze ha prodotto un
divario sempre più ampio tra l’insegnamento e la ricerca medica da un lato e la
pratica della medicina generale dall’altro, al punto che importanti aspetti
della medicina generale non possono più essere insegnati in modo soddisfacente
nel quadro della tradizionale formazione medica di base esistente negli Stati
membri» (quarto «considerando» della direttiva 86/457/CEE e sedicesimo
«considerando» della direttiva 93/16/CEE).
Il carattere prevalentemente
pratico-professionale della formazione specifica in esame risulta espressamente
confermato dalla normativa di attuazione della citata direttiva e segnatamente
dall’art. 36 del d.lgs. n. 206 del 2007, il quale al comma 6 espressamente
afferma che «[i]l corso di formazione specifica di medicina generale
che si svolge a tempo pieno sotto il controllo delle regioni e delle province
autonome, è di natura più pratica che teorica».
È dunque ancora a questa specifica connotazione pratica
della formazione professionale in medicina generale che occorre avere riguardo
per risolvere il dubbio se essa ricada o meno nella competenza della provincia
autonoma di Bolzano in materia di addestramento e formazione professionale. Se
è vero infatti che non necessariamente ogni tipo di formazione professionale
può rientrare nell’ambito oggettivo della materia individuata all’art. 8, n.
29), dello statuto speciale, le ragioni attinenti al carattere empirico di tale
particolare tipo di formazione, che questa Corte ha ritenuto decisive per
concludere nel senso della sua inerenza alla materia di attribuzione esclusiva
provinciale, permangono in identica misura anche nel vigente quadro normativo.
Ad esse si può aggiungere la considerazione che,
fermo restando quanto si dirà al successivo punto 7.3. sull’autonoma portata
della materia sanitaria, non può essere estranea a queste conclusioni la
specifica attinenza della formazione professionale medica alla competenza legislativa provinciale in ambito
sanitario e, più precisamente, alla competenza concorrente della Provincia
autonoma in materia di «tutela della salute» ex art. 117, terzo comma, Cost., come visto ad essa applicabile in
base all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. E non può non rilevare, di
conseguenza, l’indiretta incidenza della formazione dei medici su interessi comunque
appartenenti alla sfera della sanità (si veda la sentenza n. 108 del
2012, nella quale, affermata l’inerenza di una legge regionale toscana
sulla formazione obbligatoria dei responsabili di panificio alla materia della
formazione professionale di competenza residuale, si osserva come per mezzo
della stessa legge si persegua, altresì, «la tutela di interessi connessi all’osservanza delle
norme igienico-sanitarie e di sicurezza sul luogo di lavoro, appartenenti anche
alla sfera di governo decentrato», ex
art. 117, terzo comma, Cost.).
7.3.– Al di là di
queste considerazioni sul rilievo, nei termini detti, della competenza
provinciale in materia sanitaria in funzione della definizione dell’ambito di
estensione oggettiva della materia della formazione professionale, si deve
conclusivamente osservare che la circostanza che la disposizione impugnata possa
incidere anche sulla «tutela della salute» – come la stessa Provincia ammette
nelle sue difese – non muta le conclusioni raggiunte circa la sua prevalente
inerenza alla formazione professionale, che costituisce lo specifico oggetto
regolato dalla norma impugnata.
Il nucleo essenziale
della disposizione, al quale si deve avere riguardo per stabilire l’ambito
materiale prevalente (ex plurimis, sentenze n. 126 del 2014
e n. 52 del 2010),
concerne invero l’attività di tutorato e, in particolare, i requisiti dei
medici tutori e i loro compiti durante il periodo di formazione pratica dei
partecipanti ai corsi. Sia per il suo oggetto che per il fine, dunque, la norma
costituisce primariamente espressione della competenza provinciale nella
materia della «formazione professionale».
8.– Nella memoria depositata in prossimità
dell’udienza, l’Avvocatura deduce che, anche nel caso in cui si trattasse
dell’esercizio di tale competenza legislativa esclusiva, la previsione
provinciale sarebbe comunque illegittima, perché travalicherebbe il limite del
rispetto degli obblighi internazionali fissato dall’art. 4 dello statuto. Gli
obblighi in questione sarebbero quelli derivanti dalla normativa dell’Unione
europea in materia di formazione specifica dei medici in medicina generale –
che non si occupa peraltro della durata del convenzionamento dei medici tutori
– di cui il d.lgs. n. 368 del 1999 costituirebbe strumento di attuazione
nell’ordinamento interno.
L’assunto si traduce
in un autonomo motivo di impugnazione della norma provinciale, fondato sulla
violazione degli artt. 4 e 8, numero 29), dello statuto speciale, sotto il
profilo dell’eccedenza dalla potestà legislativa esclusiva della Provincia in
materia di «formazione professionale». In quanto tale si tratta di una censura
inammissibile, perché non proposta tempestivamente. In ogni caso, i parametri
statutari invocati non sono tra quelli per cui il Consiglio dei ministri ha
deliberato la proposizione del ricorso.
9.– In conclusione, la
disposizione provinciale impugnata costituisce legittima espressione della
potestà legislativa della Provincia autonoma di
Bolzano in materia di «formazione professionale» e la questione promossa dal
Governo deve essere dichiarata non fondata.
per questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Provincia
autonoma di Bolzano 24 maggio 2016, n. 10 (Modifiche di leggi provinciali in
materia di salute, edilizia abitativa agevolata, politiche sociali, lavoro e
pari opportunità), promossa dal
Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 5 e 9, numero
10), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige) e all’art. 117, terzo comma,
della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara estinto il processo
relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 2, e 17, comma 3, della
legge provinciale n. 10 del 2016,
promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in
epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 aprile
2017.
F.to:
Paolo
GROSSI, Presidente
Daria de
PRETIS, Redattore
Roberto
MILANA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 26 maggio 2017.