SENTENZA N. 77
ANNO 2015
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de
PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale degli artt. 16, commi 3, 4 e 9, e 24-bis del decreto-legge
6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di
rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135;
dell’art 1, comma 118, della legge
24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), e
dell’art. 11, comma 8, del decreto-legge
8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti
della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti
territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti
locali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge
6 giugno 2013, n. 64, promossi dalla Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste, dalla Provincia autonoma di Bolzano,
dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, dalla Provincia
autonoma di Trento, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla Regione
autonoma Sardegna e dalla Regione siciliana, rispettivamente notificati il
12-17, il 9, il 13, il 15, il 12 e il 13 ottobre 2012, il 19-22, il 25, il 27,
il 26 e il 27 febbraio e il 5 agosto 2013, depositati il 16, il 17, il 18, il
19 e il 23 ottobre 2012, il 25 febbraio, il 4, il 5, l’8 marzo e il 12
agosto 2013 e iscritti ai nn. 144, 149, 155, 156, 159, 160 e 170
del registro ricorsi 2012 ed ai nn. 24, 30, 32, 33, 35, 41, 43 e 80 del
registro ricorsi 2013.
Visti
gli atti di costituzione del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 marzo 2015 il
Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
uditi
gli avvocati Francesco Saverio
Marini per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste,
Michele Costa e Cristina Bernardi per la Provincia autonoma di Bolzano,
Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento, per la Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia e per la Regione autonoma Trentino-Alto
Adige/Südtirol, Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna, Beatrice
Fiandaca e Marina Valli per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato
Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1.– Con ricorso spedito per
notificazione il 12 ottobre 2012, ricevuto il successivo 17 ottobre e
depositato il 16 ottobre 2012 (reg. ric. n. 144 del 2012), la Regione autonoma
Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste ha promosso, tra le altre,
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e
24-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la
revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini
nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore
bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 7 agosto 2012, n. 135, in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3,
lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle
d’Aosta), e alla legge
26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della
regione Valle d’Aosta), nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione,
in combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), e ai principi di leale collaborazione
e di ragionevolezza.
L’art. 16, comma 3, nel testo
oggetto di ricorso, stabilisce che «Con le procedure previste
dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto
speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla
finanza pubblica per l’importo complessivo di 600 milioni di euro per
l’anno 2012, 1.200 milioni di euro per l’anno 2013 e 1.500 milioni
di euro per l’anno 2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere
dall’anno 2015. Fino all’emanazione delle norme di attuazione di
cui al predetto articolo 27, l’importo del concorso complessivo di cui al
primo periodo del presente comma è annualmente accantonato, a valere
sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, sulla base di apposito
accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano e recepito con decreto del Ministero dell’economia e
delle finanze entro il 30 settembre 2012. In caso di mancato accordo in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, l’accantonamento è effettuato,
con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da emanare entro
il 15 ottobre 2012, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi
desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE. Fino all’emanazione delle
norme di attuazione di cui al citato articolo 27, gli obiettivi del patto di
stabilità interno delle predette autonomie speciali sono rideterminati
tenendo conto degli importi derivanti dalle predette procedure».
La ricorrente evidenzia che la norma
impugnata pone a carico del bilancio regionale, «senza limiti temporali
precisi», un contributo che ne compromette la solidità finanziaria
e che viene imposto unilateralmente, in violazione del principio pattizio che
dovrebbe regolare «tutti i rapporti finanziari tra lo Stato e le
Autonomie speciali». In particolare, sarebbe inadeguato il rinvio operato
dalla norma impugnata all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione), posto che non si prevede alcun
termine entro il quale adottare la normativa di attuazione statutaria.
In secondo luogo, la normativa statale
non potrebbe incidere sulla partecipazione della Regione ai tributi erariali
stabilendo che il contributo dovuto dalla prima sia accantonato a valere su
quanto spettante alla Valle d’Aosta a tale titolo.
Come precisato dall’art. 1 del
decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto
speciale della regione Valle d’Aosta), la compartecipazione ai tributi
erariali, nella misura determinata dalla legge n. 690 del 1981 in relazione
all’art. 12 dello statuto, non sarebbe modificabile se non attraverso il
procedimento di revisione dello statuto e di adozione delle norme di attuazione
(artt. 48-bis e 50 dello statuto regionale speciale).
Per mezzo della norma impugnata, il
legislatore statale avrebbe perciò violato la competenza regionale in
materia di ordinamento contabile (art. 2, lettera a, dello statuto) e di
finanze regionali e comunali (art. 3, lettera f, dello statuto) anche in
riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., applicabili in forza dell’art.
10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Tale violazione ricadrebbe in
danno dell’esercizio delle funzioni amministrative spettanti alla Regione
ai sensi dell’art. 4 dello statuto.
Per i medesimi motivi il meccanismo
introdotto dal legislatore statale contrasterebbe con i principi di
ragionevolezza e di leale collaborazione, quest’ultimo desunto dagli
artt. 5 e 120 Cost.
L’art. 16, comma 4, impugnato, si
riferisce, invece, all’ulteriore concorso delle autonomie speciali alla
manovra finanziaria previsto dall’art. 32, comma 10, della legge 12
novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012). L’art.
32, commi 11 e 12, prevede che un accordo tra lo Stato e le autonomie speciali
determini, sulla base degli importi indicati dal comma 10, il livello delle
spese correnti e in conto capitale (comma 11) e, in alternativa, quanto alla
sola Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e di
Bolzano, il saldo programmatico (comma 12). La disposizione censurata aggiunge
all’art. 32 un comma 12-bis, che regola l’ipotesi in cui
l’accordo non sia raggiunto entro il 31 luglio, imponendo alle autonomie
speciali l’osservanza dei contributi specificamente indicati dalle
lettere a) e b), oltre che di ogni altro contributo gravante su di esse
(lettera d).
La ricorrente ritiene che tale
previsione sia afflitta dai medesimi vizi già dedotti a proposito del
precedente comma 3, con particolare riferimento alla violazione del principio
dell’accordo tra Stato ed autonomie speciali.
Infine, per i medesimi motivi, sarebbe
illegittima la clausola di salvaguardia recata dall’art. 24-bis del d.l.
n. 95 del 2012, dato che essa prevederebbe la diretta applicabilità alla
Regione Valle d’Aosta delle regole enunciate dall’impugnato art.
16.
2.– Con un secondo ricorso spedito
per la notificazione il 19 febbraio 2013, ricevuto il successivo 22 febbraio e
depositato il 25 febbraio 2013 (reg. ric. n. 24 del 2013), la Regione autonoma
Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste ha promosso, tra le altre,
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità
2013), in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e
50 della legge
costituzionale n. 4 del 1948 e agli artt. da 2 a 7 della legge
n. 690 del 1981, nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma,
e 119 Cost., in
combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001, e ai principi di ragionevolezza e di
leale collaborazione, quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost.
La norma impugnata modifica l’art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, stabilendo che, fino all’emanazione
delle norme di attuazione di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009,
gli importi posti a carico delle autonomie speciali sono incrementati di 500
milioni di euro annui.
La ricorrente ritiene illegittima tale
previsione per le medesime ragioni enunciate con riguardo all’art. 16,
comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
3.– Con ricorso notificato il 9
ottobre 2012 e depositato il 17 ottobre 2012 (reg. ric. n. 149 del 2012), la
Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, tra le altre, questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del
d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 70, 75, 79, 103, 104 e 107
del d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), agli artt. 9,
10, 10-bis e 16 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale),
all’art. 2 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali
e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di
indirizzo e coordinamento), all’art. 2, commi 106 e 108, della legge
23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), nonché ai
principi di ragionevolezza
e di leale
collaborazione.
La Provincia autonoma osserva che, con
l’art. 16, commi 3 e 4, del d.l. n. 95 del 2012, il legislatore statale
ha imposto alla ricorrente contributi alla finanza pubblica in via unilaterale,
e in violazione del principio dell’accordo tra Stato ed autonomie
speciali, desunto dagli artt. 79, 83, 103, 104 e 107 dello statuto, e del
principio di leale collaborazione. Né varrebbe replicare che le
disposizioni impugnate producono effetti solo fino alla conclusione
dell’accordo o comunque fino all’adozione di norme di attuazione
dello statuto, posto che non è previsto, né può esserlo,
alcun termine perentorio a tali fini.
Inoltre, il carattere immediatamente
applicativo dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 genererebbe un
contrasto con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che, nelle materie di
competenza provinciale, pone a carico della Provincia un mero obbligo di
adeguamento alla sopravvenuta normativa statale, e non consente che essa
produca subito effetti. Nel caso di specie, sarebbero in gioco le competenze
della Provincia in materia di autonomia finanziaria (art. 83 dello statuto e
art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992), ordinamento degli uffici e del personale
(art. 8, numero 1 dello statuto), finanza locale (artt. 80 e 81 dello statuto),
igiene e sanità (art. 9, numero 10 dello statuto), con riguardo al
finanziamento del sistema sanitario.
La ricorrente aggiunge, in riferimento
all’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 che, in base agli artt. 69,
70, 75 e 79 dello statuto, nonché all’art. 2, commi 106 e 108,
della legge n. 191 del 2009, approvata ai sensi dell’art. 104 dello
statuto, le quote dei proventi erariali spettanti alla Provincia non possono
venire trattenute dallo Stato, ma vanno immediatamente poste a disposizione
presso la tesoreria provinciale dello Stato, secondo le modalità
definite dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 20 luglio
2011 (Attuazione dell’articolo 2, comma 108, della legge 23 dicembre
2009, n. 191, in materia di versamenti diretti delle quote dei proventi
erariali spettanti alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ed alle
Province autonome di Trento e di Bolzano).
Infine la Provincia autonoma di Bolzano
lamenta, con riguardo ai parametri già enunciati, che il concorso alla
finanza pubblica indicato dall’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012
non incontra limiti temporali.
La ricorrente impugna, con riferimento
ai parametri già esposti, anche l’art. 24-bis del d.l. n. 95 del
2012, nella parte in cui rende direttamente applicabile l’art. 16, comma
3, alla Provincia. Si tratterebbe di norma di dettaglio, che irragionevolmente
comprime l’autonomia statutaria.
4.– Con un secondo ricorso spedito
per la notificazione il 25 febbraio 2013, ricevuto il successivo 5 marzo e
depositato il 4 marzo 2013 (reg. ric. n. 30 del 2013), la Provincia autonoma di
Bolzano ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in
riferimento agli artt. 75, 79, 83, 103, 104 e 107 dello statuto,
all’art. 2 del d.lgs.
n. 266 del 1992, all’art. 16 del d.lgs.
n. 268 del 1992 e ai principi di leale collaborazione,
di ragionevolezza
e di delimitazione temporale.
La ricorrente ribadisce che
l’incremento del contributo previsto dall’art. 16, comma 3, del
d.l. n. 95 del 2012 nella misura di 500 milioni di euro all’anno incorre
nei medesimi vizi già dedotti nei confronti dell’art. 16.
5.– Con ricorso notificato il 13
ottobre 2012 e depositato il 18 ottobre 2012 (reg. ric. n. 155 del 2012), la
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha promosso, tra le altre,
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e
24-bis del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 79, 104 e 107 del
d.P.R.
n. 670 del 1972 e all’art. 2, comma 108, della legge
n. 191 del 2009.
L’art. 16, comma 3, impugnato,
determinerebbe «una ulteriore rilevante sottrazione di risorse alle
Regioni speciali» che «non ha alcuna base statutaria».
La ricorrente evidenzia, in particolare,
che il concorso alla finanza pubblica avviene o nei modi indicati dall’art.
79 dello statuto o in forza dell’accordo con lo Stato ivi previsto.
Pertanto, un accantonamento unilaterale, come quello derivante dalla norma
impugnata, lede il principio dell’accordo, in riferimento agli artt. 79,
104 e 107 dello statuto.
Esso, inoltre, contrasta con tali
parametri anche sotto tre altri profili. La norma impugnata, predeterminando il
contenuto dell’accordo quanto al rispetto degli importi indicati, rende
meramente fittizio il rinvio alla fonte concertata e introduce un criterio per
ripartire il contributo tra le autonomie speciali, quello relativo alle spese
sostenute per consumi intermedi, che non è stato oggetto di
concertazione. Infine, il contributo è disposto a decorrere
dall’anno 2015, e dunque a tempo indeterminato, in contrasto con la
natura necessariamente transitoria che esso dovrebbe rivestire.
La Regione aggiunge che disporre un
accantonamento sulla compartecipazione ai tributi erariali assicurati
dall’art. 69 dello statuto viola tale ultima previsione, nonché
l’art. 2, comma 108, della legge n. 191 del 2009, che assicura il diretto
versamento delle somme mediante il deposito presso la tesoreria provinciale
dello Stato.
L’art. 16, comma 4, a propria
volta, violerebbe gli artt. 79 e 104 dello statuto ed il principio dell’accordo,
perché prevede una modalità di partecipazione della Regione al
patto di stabilità incompatibile con tali previsioni. Peraltro, nella
parte in cui la disposizione impugnata ribadisce la vigenza di contributi posti
a carico della ricorrente da altra normativa, anch’essa impugnata in
separati giudizi innanzi a questa Corte, vi sarebbe una illegittimità in
via derivata.
L’art. 16, comma 4, lederebbe il
principio pattizio anche perché prevede un termine perentorio di
conclusione dell’accordo, scaduto il quale vengono imposte alla
ricorrente conseguenze unilateralmente determinate dallo Stato, con
l’effetto di vanificare la previsione stessa dell’intesa.
Infine, l’art. 24-bis, nella parte
in cui afferma l’applicabilità alle autonomie speciali
dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, incorrerebbe nei medesimi
vizi dedotti rispetto a quest’ultima disposizione.
6.– Con un secondo ricorso
notificato il 27 febbraio 2013 e depositato il 5 marzo 2013 (reg. ric. n. 33
del 2013), la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha promosso,
tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1,
comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 79, 104 e
107 del d.P.R.
n. 670 del 1972 e all’art. 2, comma 108, della legge
n. 191 del 2009.
La ricorrente svolge le medesime censure
proposte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 155 del 2012) avverso
l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
7.– Con ricorso notificato il 13
ottobre 2012 e depositato il 18 ottobre 2012 (reg. ric. n. 156 del 2012), la
Provincia autonoma di Trento ha promosso, tra le altre, questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del
d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 75, 79, 104 e 107 del d.P.R.
n. 670 del 1972 e all’art. 2, comma 108, della legge
n. 191 del 2009.
Il ricorso è analogo a quello
proposto dalla Regione Trentino-Alto Adige (reg. ric. n. 155 del 2012) e svolge
le medesime censure.
8.– Con un secondo ricorso
notificato il 27 febbraio 2013 e depositato il 5 marzo 2013 (reg. ric. n. 35
del 2013), la Provincia autonoma di Trento ha promosso, tra le altre, questioni
di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge
n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 75, 79, 104 e 107 del d.P.R.
n. 670 del 1972 e all’art. 2, comma 108, della legge
n. 191 del 2009.
La ricorrente svolge le medesime censure
proposte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 156 del 2012) avverso
l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
9.– Con ricorso notificato il 15
ottobre 2012 e depositato il 19 ottobre 2012 (reg. ric. n. 159 del 2012), la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso, tra le altre, questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del
2012, in riferimento agli artt. 3, 116 e 119 Cost., agli
artt. 49, 63 e 65 della
legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia) e al principio di leale collaborazione.
La medesima Regione ha poi impugnato l’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95
del 2012, in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis, e 51 dello statuto. La
ricorrente, con riguardo all’art. 16, comma 3, impugnato, premette che i
rapporti finanziari tra Stato ed autonomie speciali sono retti dal principio
dell’accordo, in conformità al quale è stato approvato
l’art. 1, commi 152 e 156, della legge
13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011).
Quest’ultima disposizione, perciò, regola già il concorso
della Regione alla finanza pubblica, e non potrebbe essere modificata in via
unilaterale dal legislatore statale.
L’art. 16, comma 3, sarebbe,
pertanto, lesivo del principio di leale collaborazione e degli artt. 63 e 65
dello statuto, posto che le sole modifiche consentite all’accordo
andrebbero introdotte con il procedimento di revisione statutaria o di adozione
della normativa di attuazione.
Sarebbe violato anche l’art. 49
dello statuto, perché l’accantonamento disposto a carico della
compartecipazione regionale ai tributi erariali priva la Regione di entrate
assicurate dalla previsione statutaria, senza che ricorrano i presupposti
richiesti a tale scopo dall’art. 4 del d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114
(Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia
in materia di finanza regionale), quanto alla riserva all’erario di
determinati tributi. Né gioverebbe il rinvio operato dalla norma
impugnata alla normativa di attuazione statutaria, posto che
l’accantonamento ha efficacia immediata e considerato che l’art.
16, comma 3, introdurrebbe un vincolo di contenuto per le norme di attuazione,
tale da rendere fittizio il rinvio alla fonte concertata.
L’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95
del 2012 sarebbe in contrasto con tali parametri anche nella parte in cui
adotta un criterio di riparto del contributo tra le autonomie speciali non
pattuito con queste ultime, e nella parte in cui prescrive un contributo alla
finanza pubblica privo di limite temporale.
La ricorrente aggiunge che l’art.
16, comma 3, contrasta anche con gli artt. 3, 116 e 119 Cost. e con
l’art. 48 dello statuto sotto molteplici profili. Anzitutto, esso non
terrebbe conto della speciale autonomia finanziaria della Regione
Friuli-Venezia Giulia, ed anzi le imporrebbe un trattamento deteriore rispetto
alle Regioni ordinarie.
In secondo luogo, il sacrificio
richiesto alla Regione sarebbe manifestamente irragionevole, perché
gravoso.
In terzo luogo, spetterebbe allo Stato
dimostrare che tali interventi sono compatibili con il corretto esercizio delle
funzioni assegnate al sistema regionale, anzitutto valutando il fabbisogno di
spesa regionale: nel caso di specie, tale valutazione è stata omessa,
ciò che avrebbe comportato il paventato effetto in danno del regolare
adempimento delle funzioni pubbliche regionali.
Viene poi impugnato l’art. 16,
comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis, e
51 dello statuto. Tale disposizione vieta alle Province di assumere personale a
tempo indeterminato nelle more dell’attuazione delle disposizioni di
riduzione e razionalizzazione di tali enti.
La ricorrente ritiene che la norma
impugnata non le sia applicabile, in forza della clausola di salvaguardia di
cui all’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012. In caso contrario, la
Regione ritiene la disposizione illegittima, in ragione dell’incostituzionalità
delle procedure di razionalizzazione indicate dall’art. 17 del d.l. n. 95
del 2012, impugnato con l’odierno ricorso. In ogni caso si tratterebbe di
disposizione «specifica e puntuale», tale da ledere la competenza
regionale in materia di ordinamento degli enti locali (art. 4, comma 1-bis,
dello statuto, non richiamato espressamente) e di finanza locale (art. 51 dello
statuto, non richiamato espressamente).
10.– Con un secondo ricorso
notificato il 27 febbraio 2013 e depositato il 4 marzo 2013 (reg. ric. n. 32
del 2013), la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso, tra le altre,
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118,
della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 116 e 119 Cost., agli
artt. 49, 63 e 65 della legge
costituzionale n. 1 del 1963 e al principio di leale
collaborazione.
La ricorrente svolge le medesime censure
proposte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 159 del 2012) avverso
l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
11.– Con ricorso notificato il 12
ottobre 2012 e depositato il 19 ottobre 2012 (reg. ric. n. 160 del 2012), la
Regione autonoma Sardegna ha promosso, tra le altre, questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del
d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost., agli
artt. 6, 7 e 8 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e
al principio di leale
collaborazione.
Con riguardo all’art. 16, comma 3,
la ricorrente premette che lo Stato non ha ancora provveduto a conferire piena
attuazione all’art. 8 dello statuto, che ha rideterminato le forme di
compartecipazione della Regione Sardegna ai tributi erariali. Il contributo
richiesto appare perciò lesivo, secondo la ricorrente, dell’art. 8
dello statuto e del principio di leale collaborazione, non potendo lo Stato
operare accantonamenti prima di avere adempiuto ai propri obblighi.
Sarebbero poi lesi l’art. 119,
quinto comma, Cost. e l’art. 6 dello statuto, perché il contributo
richiesto impedirebbe alla Regione di finanziare e porre in essere le funzioni
pubbliche di cui è titolare.
Infine la natura temporalmente
indeterminata del contributo sarebbe in contrasto con l’autonomia
finanziaria regionale garantita dall’art. 119 Cost. e dall’art. 7
dello statuto.
Quanto all’art. 16, comma 4, del
d.l. n. 95 del 2012, la ricorrente osserva che esso ha carattere peggiorativo
riguardo alle modalità di partecipazione della Regione al patto di
stabilità. La previsione secondo cui le misure indicate dalla norma
impugnata si applicano ove l’accordo tra Stato e Regioni non sia
raggiunto entro il 31 luglio violerebbe il principio di leale collaborazione
per un duplice profilo. Anzitutto, il termine del 31 luglio sarebbe
«sostanzialmente impossibile da rispettare», posto che il d.l. n.
95 del 2012 è stato pubblicato solo il 6 luglio e la legge di
conversione il 14 agosto. In secondo luogo, tale termine sarebbe perentorio,
anche perché posteriore al termine del 31 marzo 2012, entro il quale la
Regione deve inviare la proposta di intesa. Ma la perentorietà non si
concilierebbe con il principio dell’accordo, cui sono ispirati i rapporti
finanziari tra Stato ed autonomie speciali.
La ricorrente impugna inoltre
l’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, evidenziando che la norma, nella
parte in cui afferma la diretta applicabilità dell’art. 16, comma
3, alle autonomie speciali, è affetta dai medesimi vizi denunciati
rispetto a quest’ultima disposizione.
12.– Con un secondo ricorso
notificato il 26 febbraio 2013 e depositato l’8 marzo 2013 (reg. ric. n.
41 del 2013), la Regione autonoma Sardegna ha promosso, tra le altre, questioni
di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge
n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 117 e 119 Cost., agli
artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge
costituzionale n. 3 del 1948 e al principio di leale
collaborazione.
Approfondendo le censure già
rivolte verso l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, la ricorrente
denuncia anzitutto la violazione del metodo dell’accordo nel disciplinare
i rapporti finanziari con lo Stato, come imposto dagli artt. 117 e 119 Cost.,
dagli artt. 7 e 8 dello statuto e dal principio di leale collaborazione.
Vengono poi riproposte le censure
già mosse verso l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012,
sottolineando che il pregiudizio relativo al corretto esercizio delle funzioni
amministrative della Regione determina la violazione degli artt. 3, 4, 5 e 6
dello statuto.
Infine, la ricorrente reputa
particolarmente “odioso” nei sui confronti l’accantonamento
delle compartecipazioni sui tributi erariali, poiché l’art. 8
dello statuto continuerebbe a non ricevere applicazione da parte dello Stato,
come questa Corte avrebbe già affermato con le sentenze n. 99 e n. 118 del 2012.
Sarebbe perciò manifestamente irragionevole e contraddittorio (art. 3
Cost.) imporre un ulteriore sacrificio alle finanze regionali, mentre si nega
alla Regione di elevare il livello delle spese in ragione dell’incremento
delle compartecipazioni assicurato dall’art. 8 dello statuto.
13.– Con un terzo ricorso
notificato il 5 agosto 2013 e depositato il 12 agosto 2013 (reg. ric. n. 80 del
2013), la Regione autonoma Sardegna ha impugnato, tra le altre disposizioni,
l’art. 11, comma 8, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni
urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per
il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia
di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, in riferimento
agli artt. 117, terzo
comma, e 119 Cost.,
in combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001, agli artt. 7 e 8 dello statuto
e al principio di
leale collaborazione.
La norma impugnata modifica l’art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, stabilendo che, in alternativa all’accantonamento
delle compartecipazioni regionali ai tributi erariali, la Regione può
concordare con il Ministero per la coesione territoriale ed il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti che le somme siano trattenute dalle risorse del
Fondo per lo sviluppo e la coesione.
La ricorrente reputa che tale previsione
aggravi il vizio già contenuto nell’art. 16, comma 3, del d.l. n.
95 del 2012, perché il Fondo, disciplinato dall’art. 2 e seguenti
del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di
risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri
economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009,
n. 42), conferisce attuazione al principio di perequazione territoriale fissato
dall’art. 119, quinto comma, Cost. Tale Fondo non potrebbe venire
«depauperato in ragione di un contributo di finanza pubblica
illegittimo», anche in forza dell’art. 8, comma 1, lettera l),
dello statuto, che annovera tra le entrate regionali i contributi straordinari dello
Stato per particolari piani di opere pubbliche.
La Regione ribadisce, poi, le censure
già svolte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 160 del 2012) a
proposito dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, anche con
riferimento alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.,
perché la norma eccederebbe i limiti dei principi di coordinamento della
finanza pubblica.
14.– Con ricorso notificato il 13
ottobre 2012 e depositato il 23 ottobre 2012 (reg. ric. n. 170 del 2012), la
Regione siciliana ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, in
riferimento agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15
maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), e
all’art. 2 del d.P.R.
26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione
siciliana in materia finanziaria).
La ricorrente ritiene che il contributo
posto a carico della Regione costituisca una «dissimulata riserva»
a favore dello Stato di quote regionali di compartecipazione ai tributi erariali,
in difetto dei presupposti a tal fine imposti allo Stato dall’art. 2 del
d.P.R. n. 1074 del 1965, ed in violazione dell’art. 36 dello statuto. A
maggior ragione, sarebbe illegittimo che il contributo non abbia limiti
temporali.
Con tale meccanismo, non derogato dalla
clausola di salvaguardia, la norma impugnata violerebbe il principio
dell’accordo nella disciplina dei rapporti finanziari tra Stato e Regione
siciliana, desumibile dall’art. 43 dello statuto. Tale principio, a
parere della ricorrente, non sarebbe soddisfatto neppure in presenza di un
accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, essendo invece necessario
osservare le procedure speciali previste dallo statuto.
Infine la ricorrente sottolinea che, per
effetto delle riserve all’erario di quote regionali di tributi spettanti
ai sensi dell’art. 36 dello statuto, la norma impugnata compromette
l’esercizio delle funzioni amministrative da parte del sistema regionale.
15.– Con un secondo ricorso
notificato il 27 febbraio 2013 e depositato l’8 marzo 2013 (reg. ric. n.
43 del 2013), la Regione siciliana ha promosso, tra le altre, questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge
n. 228 del 2012, in riferimento all’art. 43 dello statuto, all’art.
2 del d.P.R.
n. 1074 del 1965 e al principio di leale
collaborazione.
La ricorrente ripropone le censure
già svolte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 170 del 2012) nei riguardi
dell’art. 16, comma 3, ricostruendo l’evoluzione della normativa
statale in punto di contributi alla finanza pubblica da parte delle autonomie
speciali.
16.– In tutti i ricorsi si
è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, con memorie di
analogo contenuto, chiedendo che essi siano dichiarati inammissibili o
infondati.
Le norme impugnate costituirebbero
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, imposti
dall’emergenza finanziaria, a fronte dei quali non vi sarebbe ragione di
distinguere Regioni ordinarie e autonomie speciali. Le prerogative regionali
sarebbero adeguatamente salvaguardate, sia dal rinvio operato all’art. 27
della legge n. 42 del 2009, sia dalla natura residuale delle misure, che
scattano solo se non è raggiunto un accordo tra lo Stato e le autonomie
speciali. Con riguardo al riparto del contributo tra le autonomie speciali,
aggiunge l’Avvocatura generale dello Stato, l’accordo è
stato raggiunto e recepito con il decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze 27 novembre 2012 (Riparto del contributo alla finanza pubblica
previsto dall’articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95 tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
Bolzano. Determinazione dell’accantonamento).
Su tale profilo del contenzioso sarebbe
perciò sopraggiunta la cessazione della materia del contendere.
In questo contesto le norme impugnate
non arrecherebbero alcun pregiudizio alle ricorrenti, così da renderne
inammissibili i ricorsi. In particolare le ricorrenti non avrebbero allegato
alcuna disparità di trattamento tra le Regioni in conseguenza delle
norme impugnate, né l’esistenza di squilibri economico-finanziari.
Con specifico riferimento all’art.
79 dello statuto speciale regionale, applicabile alla Regione autonoma
Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano,
l’Avvocatura afferma che esso assoggetta al principio dell’accordo
solo le modalità di conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica,
ma non la determinazione della misura del contributo, la quale costituirebbe
oggetto di competenza legislativa statale.
Con riguardo all’impugnativa
dell’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012 da parte della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, l’Avvocatura dubita che la norma sia
applicabile a tale ricorrente, in forza della clausola di salvaguardia di cui
all’art. 24-bis, e afferma che, in ogni caso, essa costituisce principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.
Con riferimento all’art. 11, comma
8, del d.l. n. 35 del 2013, impugnato dalla Regione autonoma Sardegna, la
difesa dello Stato sottolinea che si tratta di una norma applicabile solo su
richiesta della Regione, sicché la censura sarebbe inammissibile e, nel
merito, non fondata.
17.– Tutte le ricorrenti hanno
depositato memorie, insistendo per l’accoglimento dei ricorsi.
La Regione autonoma Valle d’Aosta,
in particolare, contesta il carattere eccezionale dell’intervento
normativo statale, posto che esso fa seguito ad analoghe norme volte a
trattenere le quote di tributi erariali spettanti alle autonomie speciali,
ovvero agli artt. 13, comma 17, 14, comma 13-bis, e 28, comma 3, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,
l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.
214; all’art. 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1
(Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la
competitività), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, e all’art. 1, comma 132, della legge
n. 228 del 2012. Da tali misure è derivata una riduzione delle entrate
pari ad euro 93,5 milioni su 1,2 miliardi nel 2012, destinata a divenire di 163
milioni nel 2013.
La Provincia autonoma di Bolzano, alla
luce delle sentenze n. 229 e n. 236 del 2013
di questa Corte, afferma di avere proposto ricorso solo in via cautelativa e
reputa che l’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012 imponga di escludere
l’applicabilità delle norme impugnate alle autonomie speciali.
Peraltro, tale applicazione è stata già disposta con il decreto
ministeriale 27 novembre 2012 e con il decreto del Ministro dell’economia
e delle finanze 23 settembre 2013 (Riparto del contributo alla finanza pubblica
previsto dall’articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95 tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
Bolzano. Determinazione dell’accantonamento), atti impugnati dalla
Provincia con conflitto di attribuzione. Essi hanno infatti operato il riparto
del contributo tra le autonomie speciali secondo criteri che la ricorrente
reputa illegittimi, sulla base di argomenti che non sono stati posti a base dei
ricorsi trattati in questa sede.
La Provincia ribadisce, infine, che le
norme impugnate non possono reputarsi transitorie, poiché non è
previsto alcun termine ai fini dell’adozione delle norme di attuazione
statutaria che renderebbero inapplicabili le misure da esse disposte.
La Regione autonoma Trentino-Alto Adige
e la Provincia autonoma di Trento hanno depositato memorie di analogo contenuto,
con cui si è replicato alle eccezioni dell’Avvocatura generale
dello Stato, svolte con l’atto di costituzione, e con successive memorie.
Dopo avere rilevato che le modifiche
normative intervenute nelle more del giudizio non hanno attenuato la lesività
delle norme impugnate, le ricorrenti negano che il decreto ministeriale 27
novembre 2012 abbia determinato la cessazione della materia del contendere sul
contestato criterio di riparto del contributo enunciato dall’art. 16,
comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, poiché tale decreto ministeriale
avrebbe applicato una norma efficace, nelle more del giudizio finalizzato alla
declaratoria di incostituzionalità di tale disposizione. Inoltre le
ricorrenti contestano che, ai fini dell’ammissibilità, i ricorsi dovessero
evidenziare una disparità di trattamento tra Regioni, ovvero dimostrare
che le norme impugnate arrechino squilibri finanziari, essendo sufficiente,
invece, denunciarne il contrasto con lo statuto.
Con riferimento all’art. 16, comma
4, del d.l. n. 95 del 2012, le ricorrenti reputano le censure ampiamente
motivate e del tutto autonome rispetto a quelle dedotte negli altri contenziosi
pendenti innanzi a questa Corte.
Inoltre esse osservano che l’art.
79 dello statuto assoggetta al principio dell’accordo non le
modalità di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica ma
direttamente i saldi di bilancio, ovvero il risparmio pubblico (entrate
correnti-spese correnti), il saldo netto da finanziare (entrate finali-spese
finali), l’avanzo primario e il ricorso al mercato. Si tratta,
perciò, di valori, e non di mere modalità.
Sarebbe priva di rilievo la circostanza
che le misure contestate trovino applicazione solo in caso di mancato accordo
tra lo Stato e le autonomie speciali, posto che i ricorsi deducono proprio
l’illegittimità costituzionale di un simile meccanismo con cui lo
Stato intende sfuggire all’obbligo di raggiungere l’intesa.
Infine andrebbe escluso che l’art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 corrisponda a competenze dello Stato
diverse dal coordinamento della finanza pubblica.
La Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia ha svolto deduzioni analoghe a quelle appena esposte per i punti di
comune interesse con la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e con la Provincia
di Trento.
Quanto poi all’art. 16, comma 9,
del d.l. n. 95 del 2012, la ricorrente ribadisce che un divieto di assumere
personale eccede i limiti che lo Stato può imporre a titolo di principio
di coordinamento della finanza pubblica, giacché sarebbero ammissibili
solo limiti alla spesa per il personale nel suo complesso.
Inoltre, una volta dichiarata, con la sentenza n. 220 del
2013 di questa Corte, l’illegittimità costituzionale
dell’art. 17 del d.l. n. 95 del 2012, ne dovrebbe seguire
l’inapplicabilità dell’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del
2012, che sarebbe stato applicabile nelle more del processo di riduzione delle
Province disposto dall’art. 17.
La Regione autonoma Sardegna rileva che,
sulla base della sentenza
n. 236 del 2013 di questa Corte, sarebbe auspicabile attribuire
all’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012 il significato di escludere
l’applicabilità integrale delle norme impugnate alle autonomie
speciali.
In caso contrario, la ricorrente
ribadisce che il rinvio operato dall’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del
2012 alle procedure di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009 non
vale a salvaguardare le prerogative regionali, anche perché
rimarrà comunque in capo alle Regioni il contributo straordinario senza
limiti temporali fissato dalla disposizione impugnata, mentre potrebbe mutare
solamente il modo in cui le regolazioni finanziarie si traducono in effettivi
trasferimenti di liquidità e di risorse.
Quanto alle eccezioni di
inammissibilità sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato, la
ricorrente osserva che lo squilibrio finanziario cui è costretta emerge
con evidenza dal contenzioso, già rammentato, relativo all’attuazione
dell’art. 8 dello statuto, e che, anzi, proprio la modifica di
quest’ultima disposizione comprova la grave alterazione tra mezzi e
risorse. Alla luce di ciò il ritardo nella definizione degli accordi tra
Stato e Regione attinenti alla finanza pubblica sarebbe da imputare allo Stato
e non potrebbe giustificare le misure imposte a titolo suppletivo dalle norme
impugnate.
Con riferimento all’art. 11, comma
8, del d.l. n. 35 del 2013, per ribadire il grave pregiudizio che la norma
impugnata le arreca, la ricorrente si dilunga nuovamente sul contenzioso in
corso con lo Stato circa l’attuazione dell’art. 8 dello statuto.
La Regione siciliana premette che le
modifiche normative intervenute sull’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del
2012 non hanno carattere satisfattivo e sostiene che, per effetto di plurime
normative, il contributo della ricorrente alla finanza pubblica è
ingente, e tale da comportare un pregiudizio rilevante.
18.– Anche l’Avvocatura
generale dello Stato ha depositato memorie, insistendo sulle conclusioni
già formulate.
In particolare, l’Avvocatura
sottolinea che il riparto del contributo di cui all’art. 16, comma 3, del
d.l. n. 95 del 2012, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi
desunti dal SIOPE, si affida ad un criterio non arbitrario, ma certificato e
garantito.
L’accantonamento delle quote di
tributi erariali corrisponderebbe, poi, all’esercizio della competenza
statale in materia di «sistema tributario e contabile e di perequazione
finanziaria».
Viene poi dedotta l’inammissibilità
delle censure svolte dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige e dalla
Provincia autonoma di Trento rispetto all’art. 16, comma 4, del d.l. n.
95 del 2012, per genericità, anche con riguardo alle censure di
illegittimità per invalidità derivata.
19.– Talune ricorrenti hanno
depositato ulteriori memorie. La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha
rammentato che l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 ha ricevuto
attuazione anche nel 2014 tramite il decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze 17 giugno 2014 (Riparto del contributo alla finanza pubblica
previsto dall’articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95, tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
Bolzano. Determinazione dell’accantonamento).
La Provincia autonoma di Bolzano, allo
stesso modo, riferisce che l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 ha
trovato attuazione, prima con il decreto ministeriale 27 novembre 2012, poi con
il decreto ministeriale 23 settembre 2013, ed infine con il decreto
ministeriale 17 giugno 2014, e aggiunge di avere proposto contro tali atti
conflitto di attribuzione.
La ricorrente specifica che i decreti
ministeriali appena citati hanno determinato una sproporzione tra le autonomie
speciali, in danno della Provincia autonoma di Bolzano, perché sono
state privilegiate le «amministrazioni con maggiore spesa indiretta,
rispetto a quelle con maggiore spesa diretta». Più favorevole, per
tale aspetto, appare alla ricorrente l’art. 46, comma 2, del decreto-legge
24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la
giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 23 giugno 2014, n. 89. Questa stessa Corte, con la sentenza n. 79 del
2014, avrebbe ritenuto che i criteri di riparto del contributo tra le
autonomie speciali, in quanto basati sul livello dei consumi intermedi,
sarebbero costituzionalmente illegittimi.
L’art. 1, comma 118, della legge
n. 228 del 2012 avrebbe ulteriormente aggravato il pregiudizio subito dalla
ricorrente, incrementando l’importo dovuto a titolo di contributo. Ogni
modifica normativa intervenuta sul testo dell’art. 16, comma 3,
impugnato, è tale, secondo la ricorrente, da comportare il trasferimento
delle questioni sul testo attualmente vigente.
Da ultimo la Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia ha depositato due memorie, con le quali ha dichiarato che
intende rinunciare all’impugnativa dell’art. 16, comma 3, del d.l.
n. 95 del 2012, e dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012.
La Regione insiste, invece, per
l’accoglimento della questione relativa all’art. 16, comma 9, del
d.l. n. 95 del 2012, rilevando che tale disposizione non ha subito modifiche.
1.– Le Regioni autonome Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste (reg. ric. n. 144 del 2012),
Trentino-Alto Adige/Südtirol (reg. ric. n. 155 del 2012), Sardegna (reg.
ric. n. 160 del 2012), Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 159 del 2012), la Regione
siciliana (reg. ric. n. 170 del 2012) e le Province autonome di Trento e di
Bolzano (rispettivamente, reg. ric. n. 156 e n. 149 del 2012) hanno promosso,
tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art.
16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per
la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini
nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore
bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 7 agosto 2012, n. 135. L’art. 16, comma 4, e l’art. 24-bis
del d.l. n. 95 del 2012, invece, sono stati impugnati da tutte le ricorrenti,
con l’eccezione della Regione siciliana e della Regione automa
Friuli-Venezia Giulia. Quest’ultima ha censurato anche l’art. 16,
comma 9, del d.l. n. 95 del 2012.
Tutte le ricorrenti hanno poi proposto
altri ricorsi (rispettivamente, reg. ric. n. 24, n. 33, n. 41, n. 32, n. 43, n.
35 e n. 30 del 2013), con i quali hanno impugnato, tra l’altro,
l’art. 1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge
di stabilità 2013), che apporta modifiche all’art. 16, comma 3,
del d.l. n. 95 del 2012. La sola Regione autonoma Sardegna, con separato
ricorso (reg. ric. n. 80 del 2013), ha impugnato, tra l’altro, anche
l’art. 11, comma 8, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni
urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per
il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia
di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, che reca
un’ulteriore modifica all’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del
2012.
2.– Più in particolare, la
Regione autonoma Valle d’Aosta ha impugnato gli artt. 16, commi 3 e 4, e
24-bis, del d.l. n. 95 del 2012, e l’art. 1, comma 118, della legge n.
228 del 2012, in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12,
48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale
per la Valle d’Aosta), e alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione
dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta),
nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della
Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione,
quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost.
La Regione autonoma Trentino-Alto Adige
e la Provincia autonoma di Trento hanno impugnato gli artt. 16, commi 3 e 4, e
24-bis del d.l. n. 95 del 2012, e l’art. 1, comma 118, della legge n. 228
del 2012, in riferimento agli artt. 69, 75, 79, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e all’art.
2, comma 108, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010).
La Regione autonoma Sardegna ha
impugnato gli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, in
riferimento agli artt. 117 e 119 Cost., agli artt. 6, 7 e 8 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e al
principio di leale collaborazione. Ha impugnato, inoltre, sia l’art. 1,
comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 117 e 119
Cost., agli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948 e
al principio di leale collaborazione, sia l’art. 11, comma 8, del d.l. n.
35 del 2013, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in
combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001, agli artt. 7 e 8 dello statuto e al principio di leale collaborazione.
La Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia ha impugnato l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, e
l’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli
artt. 3, 116 e 119 Cost., agli artt. 49, 63 e 65 della legge costituzionale 31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e al
principio di leale collaborazione. Ha impugnato inoltre l’art. 16, comma
9, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis, e 51
dello statuto.
La Regione siciliana ha impugnato
l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 36
e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello
statuto della Regione siciliana), e all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965,
n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia
finanziaria). Ha impugnato inoltre l’art. 1, comma 118, della legge n.
228 del 2012, in riferimento all’art. 43 dello statuto, all’art. 2
del d.P.R. n. 1074 del 1965 e al principio di leale collaborazione.
La Provincia autonoma di Bolzano ha
impugnato gli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis, del d.l. n. 95 del 2012, in
riferimento agli artt. 69, 70, 75, 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del
1972, agli artt. 9, 10, 10-bis e 16 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.
268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in
materia di finanza regionale e provinciale), all’art. 2 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali
e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di
indirizzo e coordinamento), all’art. 2, commi 106 e 108, della legge n.
191 del 2009, nonché ai principi di leale collaborazione e di
ragionevolezza. Ha impugnato inoltre l’art. 1, comma 118, della legge n.
228 del 2012, in riferimento agli artt. 75, 79, 83, 103, 104 e 107 dello statuto,
all’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, all’art. 16 del d.lgs. n.
268 del 1992 e ai principi di leale collaborazione, ragionevolezza e di
«delimitazione temporale».
3.– I ricorsi vertono sulle
medesime disposizioni e pongono problemi analoghi, sicché ne appare
opportuna la riunione ai fini di una decisione congiunta, riservando a separate
decisioni la trattazione delle questioni vertenti sulle altre disposizioni con
essi impugnate.
4.– Nelle more del giudizio, le
Regioni autonome Trentino-Alto Adige, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, e le
Province autonome di Trento e di Bolzano hanno raggiunto con lo Stato accordi
in materia di finanza pubblica. Ne è seguita, da parte di tali
ricorrenti, per quanto qui di interesse, la rinuncia ai ricorsi, salva
l’impugnazione dell’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012 da
parte della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Nonostante abbia raggiunto un analogo
accordo, la Regione siciliana non ha rinunciato ai ricorsi.
L’accettazione della rinuncia, ai
sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale, determina l’estinzione dei giudizi promossi dalla
Regione autonoma Trentino-Alto Adige e dalle Province autonome. In difetto di
accettazione, ma anche di un interesse da parte dello Stato a coltivare i
giudizi, va dichiarata cessata la materia del contendere con riferimento a
tutti i giudizi promossi dalle Regioni autonome Sardegna e Friuli-Venezia
Giulia, con l’eccezione del ricorso reg. ric. n. 159 del 2012 di quest’ultima,
limitatamente all’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012 (da ultimo, sentenza n. 46 del
2015).
Restano altresì da decidere i
ricorsi della Regione autonoma Valle d’Aosta e della Regione siciliana.
5.– L’art. 16, comma 3, del
d.l. n. 95 del 2012 ha subito, nelle more dei giudizi, alcune modifiche, una
delle quali, introdotta dall’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del
2012, è stata oggetto di autonoma impugnazione da parte delle ricorrenti.
L’art. 11, comma 8, del d.l. n. 35 del 2013, ha permesso di imputare il
concorso delle autonomie speciali, previsto dalla norma impugnata, al Fondo per
lo sviluppo e la coesione, mentre l’art. 1, comma 469, della legge n. 228
del 2012 ha modificato le date dell’anno entro cui dare corso agli
adempimenti previsti dalla disposizione censurata. Si tratta di modificazioni
marginali, che non incidono sulle censure svolte dalle ricorrenti e, in forza
del principio di effettività della tutela costituzionale delle parti nei
giudizi in via di azione (da ultimo, sentenza n. 46 del
2015), impongono di trasferire le originarie questioni sul testo
attualmente vigente dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
6.– L’Avvocatura generale
dello Stato ha eccepito l’inammissibilità dei ricorsi,
perché non è stata dedotta la violazione del principio di
uguaglianza tra le Regioni come conseguenza delle norme impugnate. Si tratta di
un’eccezione palesemente infondata, dato che non vi è alcuna
ragione per subordinare l’ammissibilità di un giudizio
costituzionale allo svolgimento, da parte del ricorrente, di questa peculiare
censura di merito. Parimenti non è necessaria, come ha eccepito
l’Avvocatura, la deduzione, da parte della Regione, che le disposizioni
impugnate determinano un grave squilibrio economico-finanziario, posto che il
giudizio in via principale, avente ad oggetto una legge dello Stato, verte
sull’osservanza dei criteri costituzionali di riparto della competenza
legislativa (sentenza
n. 79 del 2014).
7.– L’art. 16, comma 3, del
d.l. n. 95 del 2012, nel testo attualmente vigente ed oggetto di scrutinio,
stabilisce che «Con le procedure previste dall’articolo 27 della
legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le Province
autonome di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla finanza pubblica per
l’importo complessivo di 600 milioni di euro per l’anno 2012, 1.200
milioni di euro per l’anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l’anno
2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Fino
all’emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo
27, l’importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del
presente comma è annualmente accantonato, a valere sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali, o, previo accordo tra la Regione
richiedente, il Ministero per la coesione territoriale e il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, a valere sulle risorse destinate alla
programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione sulla base di
apposito accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano e recepito con decreto del Ministero
dell’economia e delle finanze entro il 31 gennaio di ciascun anno. In
caso di mancato accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
l’accantonamento è effettuato, con decreto del Ministero
dell’economia e delle finanze da emanare entro il 15 febbraio di ciascun
anno, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per
l’anno 2011, dal SIOPE. Fino all’emanazione delle norme di
attuazione di cui al citato articolo 27, gli obiettivi del patto di
stabilità interno delle predette autonomie speciali sono rideterminati
tenendo conto degli importi incrementati di 500 milioni di euro annui derivanti
dalle predette procedure. In caso di utilizzo delle risorse del Fondo per lo
sviluppo e la coesione per le finalità di cui al presente comma, la
Regione interessata propone conseguentemente al CIPE per la presa d’atto,
la nuova programmazione nel limite delle disponibilità residue, con
priorità per il finanziamento di interventi finalizzati alla promozione
dello sviluppo in materia di trasporti, di infrastrutture e di investimenti
locali».
L’Avvocatura generale dello Stato
ha eccepito la cessazione della materia del contendere, perché per
l’anno 2012 (decreto ministeriale 27 novembre 2012) è stato
raggiunto l’accordo con le autonomie speciali sulle modalità di
riparto del contributo tra di esse.
L’eccezione non ha fondamento,
dato che concludere un accordo imposto da una norma di legge mentre la si
impugna non comporta alcuna acquiescenza nel giudizio in via principale (sentenza n. 98 del
2007). In ogni caso l’accordo non è stato raggiunto né
nel 2013 (decreto ministeriale 23 settembre 2013), né nel 2014 (decreto
ministeriale 17 giugno 2014).
8.– La Regione autonoma Valle
d’Aosta e la Regione siciliana contestano, con riferimento all’art.
16, comma 3, impugnato, e all’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del
2012, che la legge dello Stato possa imporre loro una forma di partecipazione
alle manovre di risanamento della finanza pubblica senza che essa sia stata
precedentemente concordata. Il principio pattizio, infatti, sarebbe desumibile
dalle rispettive norme statutarie e di attuazione statutaria.
In particolare, le competenze valdostane
in materia di ordinamento contabile, di ordinamento degli uffici (viene
richiamato l’art. 2, comma 1, lettera a, dello statuto) e di finanze
regionali e comunali (art. 3, comma 1, lettera f, dello statuto; artt. 117,
terzo comma, e 119 Cost.) sarebbero presidiate dagli artt. 48-bis e 50 dello
statuto, che vieterebbero, anche in riferimento al principio di leale
collaborazione, interventi statali, in difetto delle particolari procedure
previste per modificare lo statuto ed introdurre la normativa di attuazione di
esso.
Analoga conclusione dovrebbe essere
tratta per la Regione siciliana dagli artt. 36 e 43 dello statuto e dal
principio di leale collaborazione.
Le questioni non sono fondate.
Questa Corte ha di recente ribadito,
proprio con riguardo alla Regione siciliana (sentenza n. 46 del
2015), che, di regola, i principi di coordinamento della finanza pubblica
recati dalla legislazione statale si applicano anche ai soggetti ad autonomia
speciale (sentenza
n. 36 del 2004; in seguito, sentenze n. 54 del 2014,
n. 229 del 2011,
n. 169 e n. 82 del 2007,
n. 417 del 2005
e n. 353 del
2004). È vero che rispetto a questi ultimi merita di essere
privilegiata la via dell’accordo (sentenza n. 353 del
2004), con la quale si esprime un principio generale, desumibile anche
dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Delega al
Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo
119 della Costituzione» (sentenze n. 193 e n. 118 del 2012),
ma è anche vero che quel principio, in casi particolari, può
essere derogato dal legislatore statale (sentenze n. 46 del 2015,
n. 23 del 2014
e n. 193 del
2012). È da aggiungere che, contrariamente a quanto hanno sostenuto
le ricorrenti, si tratta di un principio che non è stato recepito dagli
statuti di autonomia o dalle norme di attuazione di essi.
È per questa ragione che
l’art. 27, comma 1, della legge n. 42 del 2009 prevede che le autonomie
speciali concorrono al patto di stabilità interno «secondo criteri
e modalità stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi
statuti», nel presupposto che tali fonti non abbiano ancora provveduto a
disciplinare la materia e non abbiano, allo stato, recepito né declinato
il principio pattizio nelle forme necessarie a renderlo opponibile al
legislatore ordinario. Perciò, benché non valga ad alterare il
riparto costituzionale delle competenze (sentenze n. 89 del 2014
e n. 39 del 2013),
l’emergenza finanziaria, ove la legge ordinaria non incontri un limite in
una fonte superiore, ben può alimentare interventi settoriali, che, per
quanto non oggetto di accordo (sentenza n. 23 del
2014), pongano, caso per caso, obblighi finanziari a carico delle autonomie
speciali, tanto più in casi come quello in esame, in cui la norma
impugnata si colloca in un ampio contesto normativo, nel quale il principio
pattizio è già largamente adottato per volontà dello
stesso legislatore ordinario, posto che gli interventi unilaterali dello Stato
in materia di finanza pubblica sono accompagnati dall’obbligo di raggiungere
comunque con le autonomie speciali un accordo di un contenuto più ampio
di quello costituito dalla mera definizione del livello delle spese correnti (sentenza n. 19 del
2015). Anche la disposizione oggi censurata, nel definire e quantificare
ulteriori contributi a carico delle ricorrenti, rinvia alle procedure che
verranno determinate in sede di revisione delle norme di attuazione statutaria
e opera perciò transitoriamente, in attesa che il principio
dell’accordo venga recepito da tale ultima fonte.
9.– Le ricorrenti, sulla base dei
medesimi parametri indicati al punto precedente, cui la Regione autonoma Valle
d’Aosta aggiunge il principio di ragionevolezza, censurano l’art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, anche nella parte in cui impone un
contributo a tempo indeterminato, vale a dire «a decorrere
dall’anno 2015».
Su tale questione deve ritenersi cessata
la materia del contendere.
Infatti, l’art. 1, comma 454, lettera
c), della legge n. 228 del 2012 ha stabilito che le ricorrenti concordino con
il Ministro dell’economia e delle finanze l’obiettivo finanziario
per gli anni dal 2013 al 2017, riducendo il livello delle spese finali di una
serie di importi, tra i quali quelli determinati in attuazione dell’art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012. Il contributo previsto in tale ultima
disposizione, perciò, per gli anni successivi al 2012, è
governato da una nuova norma, che lo ha espressamente circoscritto temporalmente
fino al 2017. La modifica normativa ha privato tale contributo del suo
carattere cronologicamente illimitato e in tal modo ha abrogato tacitamente la
norma impugnata, nella parte in cui ne prevedeva una durata destinata a
protrarsi indefinitamente, fino all’approvazione delle norme di
attuazione statutaria.
10.– Le ricorrenti, sempre con
riferimento ai parametri sopra indicati, impugnano l’art. 16, comma 3,
del d.l. n. 95 del 2012, anche nella parte in cui si prevede che, fino al
perfezionamento della procedura di cui all’art. 27 della legge n. 42 del
2009, il contributo sia annualmente accantonato a valere sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali che spettano loro in base agli statuti e
alle norme di attuazione. Mentre la Regione autonoma Valle d’Aosta
evidenzia che la partecipazione ai tributi erariali è assicurata, oltre
che dall’art. 12 dello statuto, anche dalla legge di attuazione
statutaria n. 690 del 1981, e non può pertanto venire modificata con
legge ordinaria, la Regione siciliana aggiunge che i soli casi in cui lo Stato
può riservare a sé quote di tributi di spettanza regionale sono
tassativamente elencati nell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965,
disposizione che sarebbe perciò anch’essa violata dalla norma
impugnata.
Le questioni non sono fondate.
È opportuno partire proprio dalla
censura della Regione siciliana relativa all’istituto della riserva,
perché mette in luce la differenza che corre tra questo e la previsione
oggetto del ricorso.
Attraverso la riserva, lo Stato, ove sussistano
le condizioni previste, sottrae definitivamente all’ente territoriale una
quota di compartecipazione al tributo erariale che gli sarebbe spettata, e se
ne appropria a tutti gli effetti al fine di soddisfare proprie finalità
(ex plurimis, sentenze n. 145 del 2014,
n. 97 del 2013
e n. 198 del 1999).
Per mezzo dell’accantonamento previsto dalla norma impugnata, invece,
poste attive che permangono nella titolarità della Regione, cui infatti
spettano in forza degli statuti e della normativa di attuazione (sentenza n. 23 del
2014), sono sottratte a un’immediata disponibilità per
obbligare l’autonomia speciale a ridurre di un importo corrispondente il
livello delle spese. Una volta chiarito che il contributo imposto a tal fine
alle ricorrenti è legittimo, si deve concludere che
l’accantonamento transitorio delle quote di compartecipazione, in attesa
che sopraggiungano le norme di attuazione cui rinvia l’art. 27 della
legge n. 42 del 2009, costituisce il mezzo procedurale con il quale le
autonomie speciali, anziché essere private definitivamente di quanto
loro compete, partecipano al risanamento delle finanze pubbliche, impiegando a
tal fine le risorse che lo Stato trattiene. Le quote accantonate rimangono, in
tal modo, nella titolarità della Regione e sono strumentali
all’assolvimento di un compito legittimamente gravante sul sistema
regionale.
Naturalmente non è questa una
situazione che si possa protrarre senza limite, perché altrimenti
l’accantonamento si tramuterebbe di fatto in appropriazione. Ma,
nell’attuale contesto emergenziale, ove è particolarmente forte
l’esigenza di obbligare le Regioni a contenere la spesa, una simile
tecnica non viola i parametri dedotti dalle ricorrenti, giacché si
risolve nell’omessa erogazione, in via transitoria, di somme che queste
ultime non avrebbero potuto comunque impiegare per incrementare il livello
della spesa.
Va inoltre ribadito che, per effetto
dell’art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, il contributo
prescritto dall’art. 16, comma 3, impugnato, e con esso
l’accantonamento, cesserà di essere dovuto, in ogni caso, nel
2017.
11.– Le ricorrenti, richiamando i
parametri già indicati, cui la Regione autonoma Valle d’Aosta
affianca l’art. 4 dello statuto, lamentano anche che il contributo previsto
dall’art. 16, comma 3, impedisce loro di svolgere adeguatamente le
funzioni amministrative cui sono preposte.
Le questioni non sono fondate,
perché manca qualunque dimostrazione di tale assunto (da ultimo,
sentenze n. 26
e n. 23 del 2014).
12.– L’art. 16, comma 4, del
d.l. n. 95 del 2012 aggiunge un comma 12-bis all’art. 32 della legge 12
novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012). Questo comma
stabilisce che, in caso di mancato accordo tra Stato ed autonomie speciali in
materia di finanza pubblica entro il 31 luglio di ciascun anno, gli obiettivi
di queste ultime sono rideterminati applicando all’obiettivo fissato con
l’ultimo accordo i “miglioramenti” indicati dalla norma
impugnata, ovvero tenendo in conto ulteriori contributi a carico delle Regioni
e delle Province autonome, come già introdotti da separate disposizioni
di legge.
La Regione autonoma Valle d’Aosta
censura questa disposizione, con riferimento ai medesimi parametri dedotti
rispetto all’art. 16, comma 3. La ricorrente sostiene che una
predeterminazione unilaterale dell’obiettivo lede la sua autonomia
finanziaria e si pone in contrasto con il principio dell’accordo.
La questione non è fondata.
Questa Corte ha già scrutinato la
legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 12, della legge n.
183 del 2011, respingendo analoghe censure (sentenza n. 19 del
2015), con riguardo all’imposizione unilaterale e preventiva di
misure a carico delle autonomie speciali, in attesa del raggiungimento
dell’accordo.
La disposizione oggi impugnata regola
appunto l’ipotesi che l’accordo non si perfezioni nei termini
previsti, e, a tal fine, recupera l’ultimo degli obiettivi concordati,
apportandovi correttivi già operanti in forza delle disposizioni
normative che pongono contributi a carico delle autonomie speciali, comunque
dovuti in forza delle specifiche norme di legge che già li prevedono.
In tal modo la disposizione impugnata fa
salvo, come è possibile, il principio consensualistico, integrandolo con
quanto prescritto da specifiche norme di legge, la cui legittimità
costituzionale deve essere eventualmente contestata impugnando queste ultime
nei termini stabiliti dall’ordinamento.
Né viene lesa l’autonomia
finanziaria regionale, posto che si è in presenza di vincoli transitori
al livello generale della spesa, che per lo più preservano
l’autonomia regionale circa i modi di perseguimento dell’obiettivo
programmato (sentenza
n. 36 del 2004).
13.– La Regione autonoma Valle
d’Aosta impugna anche l’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, con
riferimento agli stessi parametri dedotti rispetto all’art. 16, commi 3 e
4. La disposizione impugnata contiene una clausola di salvaguardia, che, fermo
restando il contributo di cui agli artt. 15 e 16, comma 3, stabilisce che il
d.l. n. 95 del 2012 si applica alle autonomie speciali secondo le procedure
previste dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.
La ricorrente lamenta che questa clausola non la sottrae all’applicazione
dell’art. 16, commi 3 e 4, impugnati.
La questione è inammissibile per
carenza di autonoma lesività della disposizione censurata.
Premesso che l’art. 16, commi 3 e
4, del d.l. n. 95 del 2012 è senza dubbio applicabile alle autonomie
speciali, dato che le riguarda espressamente (sentenza n. 219 del
2013), va osservato che la norma impugnata non ha alcuna capacità
lesiva laddove fa salve le procedure di attuazione degli statuti, mentre, come
si è visto, l’applicabilità dell’art. 16, commi 3 e
4, alla ricorrente non dipende dalla clausola di salvaguardia, ma direttamente
da queste disposizioni, che sono perciò le sole a poter essere impugnate
allo scopo di rimuovere la pretesa violazione.
14.– La Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia censura l’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del
2012, secondo cui «Nelle more dell’attuazione delle disposizioni di
riduzione e razionalizzazione delle Province è fatto comunque divieto
alle stesse di procedere ad assunzioni di personale a tempo
indeterminato».
La ricorrente osserva che la norma
impugnata si collega al procedimento di riordino delle Province indicato dal
successivo art. 17, anch’esso impugnato, e sostiene che la stessa
è in contrasto con le competenze provinciali in materia di ordinamento
degli enti locali e di finanza locale (art. 4, comma 1-bis, e 51 dello
statuto).
Sulla questione è cessata la
materia del contendere.
L’art. 17 del d.l. n. 95 del 2012
è stato infatti dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 220 del
2013, e di conseguenza non può trovare applicazione un divieto che a
tale disposizione era strettamente collegato, né la ricorrente ha
dedotto che, nel breve periodo di vigenza della norma, essa ha impedito il
perfezionamento di procedure di assunzione eventualmente in corso.
per questi motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la
decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse
con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara
estinti i processi relativamente alle questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis, del decreto-legge 6
luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica
con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento
patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, e
dell’art. 1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– Legge di stabilità 2013), promosse dalla Regione autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla
Provincia autonoma di Bolzano, con i ricorsi indicati in epigrafe;
2) dichiara
cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, promosse, in
riferimento agli artt. 117 e 119 della Costituzione, agli artt. 6, 7 e 8 della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna)
e al principio di leale collaborazione, dalla Regione autonoma Sardegna, con il
ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara
cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n.
228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato – Legge di stabilità 2013), promosse, in riferimento agli
artt. 3, 117 e 119 Cost., agli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge
costituzionale n. 3 del 1948 e al principio di leale collaborazione, dalla
Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara
cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 11, comma 8, del decreto-legge 8 aprile 2013, n.
35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica
amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali,
nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno
2013, n. 64, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.,
agli artt. 7 e 8 dello statuto regionale speciale e al principio di leale
collaborazione, dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in
epigrafe;
5) dichiara
cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, e
dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, promosse, in
riferimento agli artt. 3, 116 e 119 Cost., agli artt. 49, 63 e 65 della legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia) e al principio di leale collaborazione, dalla Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, con i ricorsi indicati in epigrafe;
6) dichiara cessata la materia del
contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art.
16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 4,
comma 1-bis, e 51 dello statuto regionale speciale, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia, con il ricorso indicato in epigrafe;
7) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, promossa, in riferimento agli
artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale
26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), e alla
legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario
della regione Valle d’Aosta), nonché in riferimento agli artt.
117, terzo comma, e 119 Cost. e ai principi di ragionevolezza e di leale
collaborazione, quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost., dalla
Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con il
ricorso indicato in epigrafe;
8) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, nel testo vigente a seguito
dell’art. 11, comma 8, del d.l. n. 35 del 2013, e dell’art. 1,
comma 469, della legge n. 228 del 2012, nonché le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n.
228 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f),
4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale n. 4 del 1948, alla legge n. 690
del 1981, nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.
e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest’ultimo
desunto dagli artt. 5 e 120 Cost., dalla Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste, con i ricorsi indicati in epigrafe;
9) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art.
16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, nel testo vigente a seguito
dell’art. 11, comma 8, del d.l. n. 35 del 2013, e dell’art. 1,
comma 469, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 36
e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello
statuto della Regione siciliana), e all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965,
n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia
finanziaria), dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
10) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art.
1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento
all’art. 43 dello statuto regionale speciale, all’art. 2 del d.P.R.
n. 1074 del 1965 e al principio di leale collaborazione, dalla Regione
siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
11) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art.
16, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 2,
lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale n. 4
del 1948, alla legge n. 690 del 1981, nonché in riferimento agli artt.
117, terzo comma, e 119 Cost. e ai principi di ragionevolezza e di leale
collaborazione, quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost., dalla
Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con il
ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2015.