SENTENZA N. 54
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano
SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino
CASSESE "
- Giuseppe
TESAURO "
- Paolo Maria
NAPOLITANO "
- Giuseppe
FRIGO "
- Alessandro
CRISCUOLO "
- Paolo
GROSSI "
- Giorgio
LATTANZI "
- Aldo
CAROSI "
- Marta
CARTABIA "
- Sergio
MATTARELLA "
- Mario Rosario
MORELLI "
- Giancarlo
CORAGGIO "
- Giuliano
AMATO "
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2,
commi 1 e 8, 3, comma 37, 4, comma 68, 10, commi 68 e 69, 12, commi 30 e 31, e
14, commi 43 e 44, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 29
dicembre 2010, n. 22 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e
annuale della Regione – legge finanziaria 2011), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 5-10 marzo
2011, depositato in cancelleria il 15 marzo 2011 ed iscritto al n. 23 del
registro ricorsi 2011.
Visto l’atto
di costituzione della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza
pubblica del 25 febbraio 2014 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi l’avvocato
dello Stato Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri e
l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in
fatto
1.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso
notificato il 5-10 marzo 2011, depositato in cancelleria il 15 marzo 2011 e
iscritto al registro ricorsi n. 23 del 2011, ha impugnato gli artt. 2,
commi 1 e 8, 3, comma 37, 4, comma 68, 10, commi 68 e 69, 12, commi 30 e 31, e
14, commi 43 e 44, della legge
della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 29 dicembre 2010, n. 22
(Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della
Regione – legge finanziaria 2011), per violazione degli artt. 3, 117, commi primo,
secondo, lettere e), r) e s),
e terzo, e 120,
primo comma, della Costituzione, nonché degli artt.
12, 39 e 43 del Trattato della Comunità europea, fatto a Roma il 25 marzo
1957, dell’art.
7 del Regolamento CEE n. 1612/1968 del Consiglio, del 15 ottobre 1968,
relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità,
della direttiva
n. 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione
degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche,
e della direttiva
n. 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009,
concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e degli artt.
4, 5 e 51 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia).
2.– Le disposizioni impugnate
contengono misure eterogenee in materia di imposte, ambiente, sportello unico
per le attività produttive e personale delle pubbliche amministrazioni nella
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
2.1.– L’art. 2 della legge censurata
detta norme riguardanti varie attività economiche. Il comma 1 prevede che «[a]i
sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123
(Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico
alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59), e dell’articolo 39, comma 1,
della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia
di procedimento amministrativo e di diritto di accesso), l’Amministrazione
regionale è autorizzata a concedere per le seguenti finalità, nel limite
massimo determinato dall’articolo 1, comma 13, contributi nella forma di
credito d’imposta a valere sull’imposta regionale sulle attività produttive
(IRAP), determinata per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2011 e,
limitatamente alla finalità di cui alla lettera b), per i soggetti con esercizio sociale non coincidente con l’anno
solare, anche con riferimento al periodo d’imposta 2011 - 2012: a) salvaguardia
del livello occupazionale nel territorio regionale; b) incremento
dell’occupazione e creazione di nuove opportunità di inserimento stabile in
ambito lavorativo nel territorio regionale; c) sostegno e conservazione dei
valori tradizionali della panificazione artigiana quale elemento
caratterizzante di un territorio e della comunità su di esso localizzata». Il comma 7 stabilisce il limite massimo ai fini del
calcolo del contributo previsto per l’incremento dell’occupazione e la
creazione di nuove opportunità di inserimento stabile in ambito lavorativo nel
territorio regionale. Il comma 8 dispone che tale limite massimo «è elevato di
5 punti percentuali per le imprese che assumono soggetti disoccupati e
inoccupati residenti in Italia da almeno dieci anni, e nella regione Friuli
Venezia Giulia da almeno cinque anni».
2.2.– L’art. 3 della legge impugnata
riguarda la tutela dell’ambiente e la difesa del territorio. Il comma 37 di tale articolo inserisce quattro nuovi commi dopo il
comma 1 dell’articolo 12 della legge regionale 15 ottobre 2009, n. 17
(Disciplina delle concessioni e conferimento di funzioni in materia di demanio
idrico regionale). Il comma 1-bis
prevede che «[s]u proposta dell’Assessore regionale all’ambiente, la Giunta
regionale può emettere un’autorizzazione in deroga alla presente legge e alla
legge regionale 25 agosto 2006, n. 17 (Interventi in materia di risorse
agricole, naturali, forestali e montagna e in materia di ambiente,
pianificazione territoriale, caccia e pesca), per lo svolgimento di
manifestazioni sportive motoristiche all’interno di tutte le aree naturali
protette (SIC, ZPS, prati stabili, biotopi, A.R.I.A.), valutando la positività
che ne trarrebbe la Regione in termini di presenza turistica, comunicazione
mediatica e valore sportivo della manifestazione. L’evento sportivo deve avere
una validità internazionale, europea o mondiale, confermata dall’Assessorato
regionale alle attività sportive e deve essere già stato sostenuto
finanziariamente per almeno tre anni dalla Regione». Il comma 1-ter stabilisce
che «[l]a Giunta autorizza, per quanto di propria competenza, gli eventi
sportivi di cui al comma 1-bis
unicamente su percorsi ricavati entro specifiche aree golenali e fluviali, ivi
comprese tutte le aree magredili adiacenti, incluse
quelle appartenenti al demanio militare alla data del 31 dicembre 2009, in
deroga alle disposizioni previste dall’articolo 12 della presente legge e
dall’articolo 22 della legge regionale n. 17/2006. Tali aree sono così
delimitate: a) fiume Tagliamento: dal ponte di Pinzano al ponte di Madrisio; b)
fiume Cosa: dal ponte di Lestans al Tagliamento; c) fiume Cellina: dal ponte
della Ferrovia fino al Meduna; d) fiume Meduna: dal ponte di Meduno al ponte
sulla SR 13; e) fiume Colvera: dal ponte sulla 464
fino al Meduna». Il comma 1-quater
prevede che «[l]a struttura regionale competente insieme all’ente promotore
predispongono un percorso che utilizzi piste o tracce esistenti a terra. Ai
fini della presente legge sono da intendersi piste anche le tracce a piede
argine interne ed esterne allo stesso. Laddove non vi siano piste segnate a
terra, saranno autorizzati percorsi solo su alveo attivo, affinché sia
individuabile una traccia, possibilmente con livellamenti del terreno operati
da macchine operatrici in accordo con l’Ufficio provinciale dei lavori
pubblici. L’Ufficio provinciale dei lavori pubblici è incaricato a rilasciare
il decreto autorizzativo di utilizzo delle aree demaniali, successivamente alla
delibera della Giunta regionale e a informare tutti i Comuni entro i cui
perimetri ricade il tracciato della manifestazione». Il comma 1-quinquies,
infine, stabilisce che «Per le finalità previste dai commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies, il canone dovuto dall’ente
promotore è stabilito, in 1.000 euro indipendentemente dalla quantità di
chilometri utilizzati per lo svolgimento dell’attività. Nel caso in cui
l’attività ricada su due province, l’importo sarà frazionato percentualmente
sulla base dei chilometri ricadenti su ciascuna provincia».
2.3.– L’art. 4 della legge censurata
riguarda la gestione del territorio. Il comma 68, in particolare, stabilisce
che «[i] rifiuti urbani prodotti in Regione possono circolare liberamente sul
territorio regionale e possono essere trattati anche in impianti non
appartenenti all’ambito territoriale ottimale di produzione».
2.4.– L’art. 10 della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 2010 detta norme in materia di
«sussidiarietà e devoluzione». Il comma 68 prevede che «All’articolo 6 della legge
regionale 12 febbraio 2001, n. 3 (Disposizioni in materia di sportello unico
per le attività produttive e semplificazione di procedimenti amministrativi e
del corpo legislativo regionale), come da ultimo modificato dall’articolo 26,
comma 1, della legge regionale n. 17/2010, sono apportate le seguenti
modifiche: a) al comma 2, le parole "entro il 31 dicembre 2010” sono sostituite
dalle seguenti: "entro il 30 giugno 2011”; b) al comma 3, le parole "entro il
31 dicembre 2010” sono sostituite dalle seguenti: "entro il 30 giugno 2011”».
Il comma 69 prevede che «all’articolo 53 della legge regionale 30 luglio 2009, n.
13 (Legge comunitaria 2008), come modificato dall’articolo 11, comma 23, della
legge regionale n. 24/2009, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma
3, le parole "entro il 31 dicembre 2010” sono sostituite dalle seguenti: "entro
il 30 giugno 2011”; b) il comma 4 è sostituito dal seguente: "4. Nel caso in
cui, al momento della scadenza del termine di cui al comma 3, il Comune non
abbia istituito lo sportello unico, l’esercizio delle relative funzioni è
delegato, decorsi trenta giorni dal predetto termine, alla Camera di Commercio
territorialmente competente.”; c) i commi 5, 6 e 7 sono abrogati».
2.5.– L’art. 12 della legge
impugnata contiene disposizioni urgenti in materia di razionalizzazione e
contenimento della spesa pubblica. Il comma 30 prevede che «[a]i fini del
conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica di cui
all’articolo 9, commi 5, 6, 7, 8 e 28 del decreto legge 78/2010, convertito
dalla legge 122/2010, per le Amministrazioni di cui al comma 21 e gli enti del
servizio sanitario della Regione, continuano a trovare applicazione le
disposizioni di cui all’articolo 13, commi dal 14 al 23, della legge regionale
30 dicembre 2009, n. 24 (Legge finanziaria 2010), come modificato dall’articolo
8, comma 1, della presente legge». Ai sensi del successivo comma 31, «[i]
limiti di spesa di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto legge 78/2010,
convertito dalla legge 122/2010, non si applicano all’Agenzia regionale del
lavoro di cui all’articolo 9 della legge regionale 9 agosto 2005, n. 18 (Norme
regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro)».
2.6.– L’art. 14 della legge
censurata detta misure sul funzionamento della Regione. Il comma 43 stabilisce
che «[a]ll’articolo 13 della legge regionale n.
24/2009 sono apportate le seguenti modifiche: a) alla lettera b) del comma 16, prima del numero 1 è
introdotto il seguente: "01. per i comuni con popolazione fino ai 5.000
abitanti;”; b) alla lettera b) del
comma 16, dopo il numero 3 è inserito il seguente: "3-bis. nel caso di rapporti di lavoro coperti da finanziamenti
concessi ai sensi della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di
tutela delle minoranze linguistiche storiche), e della legge regionale 23
febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della
regione Friuli-Venezia Giulia);”; c) dopo il comma 16 è inserito il seguente:
"16-bis. Con riferimento agli enti
locali della Regione, sono previste le seguenti ulteriori fattispecie di deroga
ai limiti di cui al comma 16: a) per il contratto di lavoro a tempo
indeterminato: 1) esigenze di copertura da parte dei comuni gestori di ambito
socio-assistenziale di posti resisi vacanti a seguito di cessazioni; b) per il
contratto di lavoro a tempo determinato e, ove previsto, per il ricorso alla
collaborazione coordinata e continuativa: 1) attività finanziate totalmente o
cofinanziate con fondi a destinazione vincolata; 2) esigenza di assicurare
attività correlate all’esercizio di attività stagionale non utilmente
fronteggiabile con altre modalità; 3) esigenza di fronteggiare stati di
emergenza dichiarata o calamità naturale; 4) esigenze di copertura da parte dei
comuni gestori di ambito socio-assistenziale di posti resisi vacanti a seguito
di cessazioni.”; d) al comma 17 le parole "al numero 3” sono sostituite dalle
seguenti: "ai numeri 3 e 3-bis”; e)
il terzo periodo del comma 17, è sostituito dal seguente: "La Giunta regionale
è autorizzata ad assentire, su richiesta dei singoli enti locali, ulteriori
deroghe al limite di cui al comma 16, con riferimento alla sola ipotesi di
figure uniche e non fungibili.”; f) il quarto periodo del comma 17 è soppresso;
g) al comma 40 le parole "31 dicembre 2010” sono sostituite dalle parole "31
dicembre 2011”». Il successivo comma 44 prevede che «[p]er
le finalità di cui al terzo periodo del comma 17 dell’articolo 13 della legge
regionale n. 24/2009, come sostituito dalla lettera e) del comma 43, trovano applicazione le modalità e le tempistiche
già definite dalla Giunta regionale, alla data di entrata in vigore della
presente legge, per le ipotesi di deroga al limite di cui al comma 16 del
medesimo articolo 13».
3.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri censura la legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 22
del 2010 sotto diversi profili.
3.1. – La difesa dello Stato
impugna, in primo luogo, l’art. 2, comma 1, perché il legislatore regionale,
introducendo un meccanismo agevolativo, avrebbe ecceduto la propria competenza
statutaria (artt. 4, 5 e 51) e invaso quella esclusiva dello Stato in materia
di sistema tributario di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Il ricorrente censura, poi,
l’art. 2, comma 8, per violazione delle norme comunitarie sulla libera
circolazione dei lavoratori, con conseguente lesione dell’art. 117, primo
comma, e 120 Cost.
3.2.– La difesa dello Stato censura,
in secondo luogo, l’art. 3, comma 37, della legge impugnata, per violazione
dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera s), Cost., e degli artt. 4 e 5 dello statuto della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonché della direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio
delle Comunità europee del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e della
direttiva n. 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre
2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Il ricorrente
sostiene che tale disposizione, autorizzando lo svolgimento di manifestazioni
sportive motoristiche all’interno delle aree protette, sarebbe in contrasto con
l’art. 11, comma 2, lettera c), della
legge 6 dicembre 1991, n. 394 ((Legge quadro sulle aree protette), secondo cui
il Regolamento del parco disciplina «il soggiorno e la circolazione del
pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto».
3.3.– Il ricorrente censura, in
terzo luogo, l’art. 4, comma 68, della legge impugnata, per violazione
dell’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., e degli artt. 4 e 5 dello statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia. La norma impugnata sarebbe in contrasto con l’art. 182-bis del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),
il quale sancisce il principio di autosufficienza e di prossimità per lo
svolgimento di attività di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani non
pericolosi.
3.4.– La difesa dello Stato censura, in quarto luogo,
l’art. 10, commi 68 e 69, della legge impugnata, che detta disposizioni in
materia di sportello unico per le attività produttive. Ad avviso del
ricorrente, il legislatore regionale avrebbe ecceduto la propria competenza
statutaria di cui agli artt. 4 e 5 dello statuto della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia e invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia
di «coordinamento informativo, statistico ed informatico dei
dati dell’amministrazione statale, regionale e locale» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost. Le norme impugnate – che
consentono di disciplinare l’attività dello sportello unico con un decreto del
Presidente della Regione, fissano il termine al 30 giugno 2011 per
l’istituzione dello sportello unico e autorizzano le Camere di commercio a
subentrare nelle attività nell’ipotesi di inerzia dei Comuni – sarebbero in
contrasto con gli artt. 4 e 12 del decreto del Presidente della Repubblica 7
settembre 2010, n. 160 (Regolamento per
la semplificazione ed il riordino della
disciplina sullo sportello unico
per le attività
produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n.
133). Tali disposizioni statali prevedono che le procedure di
semplificazione e il riordino della disciplina sullo sportello unico per le
attività produttive siano fissate entro 180 giorni dalla data di pubblicazione
del d.P.R. n. 160 del 2010, pubblicato il 30 settembre 2010. Il termine
stabilito dal legislatore statale non ammette deroghe, sicché il legislatore
regionale, nel prevedere tempi di attuazione diversi, renderebbe inefficace il
coordinamento dello sportello unico a livello nazionale.
3.5.– Il ricorrente censura, in quinto luogo, l’art. 12,
commi 30 e 31, della legge impugnata, per violazione dell’art. 117, terzo
comma, Cost., e degli artt. 4 e 5 dello statuto della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia. Quanto al comma 30, il legislatore regionale avrebbe
ecceduto la propria competenza statutaria (artt. 4 e 5 dello statuto) e, non
prevedendo un risparmio di spesa per le amministrazioni della Regione, avrebbe
violato l’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di «coordinamento della finanza pubblica». Con riguardo al successivo comma 31, il quale dispone che
i limiti di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di
competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122, non trovano applicazione per l’Agenzia regionale del lavoro, la
Regione avrebbe violato l’articolo 117, terzo comma, Cost., in materia di
coordinamento della finanza pubblica, perché l’art. 9, comma 28, del
decreto-legge n. 78 del 2010 prevede espressamente che la riduzione di spesa si
applica anche alle agenzie. Sarebbero dunque lesi anche gli articoli 4 e 5
dello statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
3.6.– La difesa dello Stato censura, infine, l’art. 14,
commi 43 e 44, della legge impugnata, per violazione dell’art. 117, terzo
comma, Cost., e degli artt. 4 e 5 dello statuto della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia. L’art. 14, commi 43 e 44, stabilisce una serie di
deroghe in materia di assunzioni, ulteriori rispetto a quanto già previsto
dall’art. 13, comma 16, della legge regionale n. 24 del 2009. Infatti, il comma
43 dell’articolo 14, nel modificare l’art. 13 della legge regionale n. 24 del
2009, dispone che le amministrazioni, prima di procedere alle assunzioni di
personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato, nonché a quelle con
contratto di lavoro a tempo determinato, verificano, in attuazione del
principio generale di sussidiarietà e ai fini di una spesa pubblica
reversibile, la possibilità e la convenienza di ricorrere ad appalti di servizi
o ad incarichi professionali; prevede che, in caso di esito negativo della
suddetta verifica, l’assunzione di personale con contratto di lavoro a tempo
indeterminato e determinato e il ricorso alla collaborazione coordinata e
continuativa possono avvenire, per gli esercizi 2010 e 2011, nonché 2012, 2013
e 2014, nel limite di un contingente di personale la cui spesa annua
onnicomprensiva non superi il 20 per cento di quella relativa alle cessazioni
di personale a tempo indeterminato avvenute nel corso dell’esercizio precedente
e non già riutilizzata nel corso dell’esercizio stesso. La stessa norma
stabilisce, inoltre, che detto limite è derogabile in una serie di ipotesi. Con
riferimento agli enti locali della Regione, sono previste le condizioni per
ulteriori deroghe: «a) per il contratto di lavoro a tempo indeterminato: 1)
esigenze di copertura da parte dei comuni gestori di ambito socio-assistenziale
di posti resisi vacanti a seguito di cessazioni; b) per il contratto di lavoro
a tempo determinato e, ove previsto, per il ricorso alla collaborazione
coordinata e continuativa: 1) attività finanziate totalmente o cofinanziate con
fondi a destinazione vincolata; 2) esigenza di assicurare attività correlate
all’esercizio di attività stagionale non utilmente fronteggiabile con altre
modalità; 3) esigenza di fronteggiare stati di emergenza dichiarata o calamità
naturale; 4) esigenze di copertura da parte dei comuni gestori di ambito
socio-assistenziale di posti resisi vacanti a seguito di cessazioni». Il comma
44 del medesimo art. 14 prevede, poi, che per alcune delle finalità richiamate
trovino applicazione le modalità e le tempistiche già definite dalla Giunta
regionale, alla data di entrata in vigore della legge impugnata, per le ipotesi
di deroga al limite di cui al comma 16 dell’art. 13 della legge regionale n. 24
del 2009.
Ad avviso del ricorrente, il quadro normativo risultante
dalle modifiche introdotte dalle disposizioni censurate contrasterebbe con
l’art. 14, commi da 7 a 10, del decreto-legge n. 78 del 2010, il quale dispone
che, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli
obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità
interno devono assicurare, tra l’altro, anche la riduzione delle spese di
personale. Il legislatore regionale, non rispettando tali limiti, eccederebbe
la propria competenza legislativa di cui agli artt. 4 e 5 dello statuto della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e violerebbe i principi stabiliti
dall’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di «coordinamento
della finanza pubblica».
4.– Si è costituita in giudizio la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con atto depositato in cancelleria il
14 aprile 2011, chiedendo che il ricorso venga respinto perché inammissibile e
non fondato, per le ragioni da illustrare in separata memoria.
5.– Con atto depositato in cancelleria il 4 ottobre 2011, il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, ha dichiarato di rinunciare parzialmente al ricorso n. 23 del 2011, con
riguardo alle censure relative agli art. 2, commi 1 e 8, 3, comma 37, e 4,
comma 68, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 22 del
2010. La rinuncia parziale è stata formalmente accettata dalla Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia con atto depositato in cancelleria il 7 dicembre 2011.
6.– In data 22 novembre 2011, la Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia ha depositato in cancelleria memoria illustrativa,
limitatamente alle questioni relative agli art. 10, commi 68 e 69, 12, commi 30
e 31, e 14, commi 43 e 44, della legge impugnata.
6.1.– In primo luogo, la difesa regionale rileva che le
censure riferite all’art. 10, commi 68 e 69, riguardante lo sportello unico per
le attività produttive, sono inammissibili e comunque non fondate.
La legge impugnata sarebbe intervenuta sulla disciplina
dettata dall’art. 6 della legge regionale n. 3 del 2001 esclusivamente
introducendo il termine del 30 giugno 2011, dapprima fissato al 31 dicembre
2010. Il testo delle disposizioni modificate dall’art. 10, comma 68, della
legge impugnata sarebbe quindi rimasto uguale a quello che risultava dall’art.
9 della legge regionale n. 13 del 2009, fatta eccezione per il nuovo termine,
peraltro soppresso dall’art. 5, comma 1, della legge regionale 1 aprile 2011, n.
4 (Modifiche alla L.R. n. 22/2010, n.
11/2009, n. 4/2005, n.3/2001 e n. 13/2009 in materia di agevolazioni alle
imprese, di sportello unico per le attività produttive e di accordi di
programma). Di conseguenza, l’impugnazione del comma 68 sarebbe inammissibile
in quanto il ricorso non contiene alcuna censura rivolta alla modifica dei
predetti termini, mentre farebbe riferimento a previsioni già in vigore
precedentemente all’emanazione della legge impugnata. Sarebbe inoltre cessata
la materia del contendere con riguardo alla questione di cui all’art. 10, comma
69, della legge censurata, per effetto della abrogazione, disposta dall’art. 5,
comma 2, della stessa legge regionale n. 4 del 2011, dei commi 3 e 4 dell’art.
53 della legge regionale n. 13 del 2009, così come erano stati modificati dalla
legge impugnata. In ogni caso, la difesa regionale ritiene la censura riferita
agli artt. 4 e 5 dello statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
inammissibile per genericità e la censura fondata sull’art. 117, secondo comma,
lettera r), Cost., inammissibile per
difetto di motivazione, in quanto il ricorrente non argomenta le ragioni per
cui «una norma del titolo V, certamente non più favorevole dello Statuto
speciale (dato che attribuisce una competenza esclusiva allo Stato), dovrebbe
applicarsi ad una Regione speciale».
Nel merito, la difesa regionale osserva che la censura
riferita al termine per l’attivazione dello sportello unico per le attività
produttive non avrebbe più ragione di essere, perché le relative disposizioni
sono state abrogate e pertanto risulta ora applicabile direttamente la norma
statale. Con riguardo alla delega di funzioni alle camere di commercio, la
parte resistente, oltre a ribadire la cessazione della materia del contendere
(in quanto la norma regionale è stata abrogata prima del termine e, quindi, non
avrebbe trovato applicazione), sottolinea che la disposizione impugnata ha il
medesimo contenuto della norma statale di cui all’art. 4 del d.P.R. n. 160 del
2010, per cui non sussisterebbe il contrasto lamentato nel ricorso. Infine, la
difesa regionale ribadisce che l’art. 10, comma 68, della legge censurata non
avrebbe il contenuto contestato dal ricorrente, né appare chiaro in quale modo
«la previsione di un decreto del Presidente della Regione con cui "sono
individuati i procedimenti amministrativi regionali che a partire dal termine
indicato nel decreto medesimo sono inseriti nel procedimento di competenza
dello sportello unico” possa ritenersi eccedente le competenze regionali o lesiva
della competenza statale di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera r), Cost.».
Andrebbero quindi considerate le diverse materie di competenza esclusiva
regionale, tra cui l’organizzazione interna. E sarebbe lo stesso d.P.R. n. 160
del 2010 a rinviare «in più punti […] alle discipline regionali, con ciò
dimostrando che neppure lo Stato pretende competenza esclusiva» sullo sportello
unico per le attività produttive.
6.2.– La difesa regionale sostiene, poi, la inammissibilità
e l’infondatezza delle censure riferite all’art. 12, commi 30 e 31, della legge
impugnata.
Con riguardo al comma 30, la Regione resistente rileva la
genericità della relativa censura, perché tale disposizione, nel richiamare
l’art. 13 della legge regionale n. 24 del 2009, rinvierebbe a una complessa
disciplina diretta a limitare la spesa pubblica. Il ricorrente non
spiegherebbe, dunque, perché questa disciplina non comporterebbe un risparmio
di spesa, né illustrerebbe i termini del contrasto con i principi statali di
coordinamento della finanza pubblica.
Nel merito, la Regione sottolinea che l’art. 12, comma 30,
della legge censurata fa riferimento all’art. 9, commi 5, 6, 7 e 8, del
decreto-legge n. 78 del 2010 come tramite «per l’individuazione degli obiettivi
di contenimento della spesa pubblica, e che essi di per sé non sono destinati
ad applicarsi alle Regioni». Essi porrebbero «limiti rigidi ed autoapplicativi a voci puntuali di spesa, consistendo nella
fissazione di limiti specifici alle assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni
espressamente indicate; e si tratta di limiti di natura tale che, qualora
fossero applicabili alle Regioni, sarebbero illegittimi, eccedendo dalla
potestà statale di principio». Ne deriva che tali norme, secondo la parte
resistente, non potrebbero essere invocati quali parametri interposti. Infine,
sarebbe lo stesso terzo periodo del comma 28 dell’art. 9 del decreto-legge n.
78 del 2010 a stabilire che «Le disposizioni di cui al presente comma
costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza
pubblica ai quali si adeguano le regioni», oltre che le Province autonome, gli
enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.
Con riferimento al comma 31 del citato art. 12, la Regione
ritiene la censura inammissibile e non fondata, in quanto l’applicazione dei
limiti di cui all’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 alla
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia «potrebbe derivare solo dal recepimento
di essi nella legislazione regionale, nel quadro delle complessiva legislazione
di adeguamento agli obiettivi».
6.3.– Parimenti inammissibili e non fondate sarebbero,
secondo la Regione, le censure riferite all’art. 14, commi 43 e 44, della legge
impugnata.
L’inammissibilità deriverebbe dalla genericità e dal
difetto di motivazione delle censure, in quanto il ricorrente non illustrerebbe
in che modo le deroghe previste dalla disposizione censurata implicherebbero
una violazione delle norme statali, né indicherebbe quale dei commi cui è fatto
riferimento (da 7 a 10 dell’art. 14 del decreto-legge n. 78 del 2010) sarebbe
leso dalla norme impugnata. Quanto al merito, la Regione rileva che, dei
parametri genericamente indicati dalla difesa dello Stato, l’art. 14, comma 7,
del decreto-legge n. 78 del 2010 modifica l’art. 1, comma 557, della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2007), prescrivendo la riduzione
delle spese di personale, ma «senza porre limiti rigidi». Inoltre, il limite stabilito
dall’art. 14, comma 9, che modifica l’art. 76 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,
ad avviso della Regione non potrebbe essere invocato quale parametro di
costituzionalità della norma impugnata, per le medesime ragioni esposte con
riguardo all’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010. Sarebbe
evidente, infine, che il complesso della disciplina contenuta dell’art. 13
della legge regionale n. 24 del 2009 «limita e riduce le spese per il
personale: sicché, in mancanza di alcuna contestazione specifica, relativa a
disposizioni specifiche, deve ritenersi che esso sia coerente con l’articolo 1,
comma 557, della legge n. 296 del 2006, e dunque perfettamente legittimo».
7.– In data 4 febbraio 2014, il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha
depositato in cancelleria una memoria illustrativa, in cui si ribadiscono le
argomentazioni dedotte nel ricorso con riguardo alle censure non oggetto di
rinuncia.
Con riferimento all’art. 10 delle legge impugnata, la
difesa dello Stato sostiene che l’interesse a ricorrere permarrebbe anche
successivamente all’abrogazione dell’impugnato comma 68, in quanto la proroga
al 30 giugno 2011 del termine per la istituzione dello sportello unico ha avuto
comunque efficacia, seppur per un breve periodo di tempo. Secondo la difesa
dello Stato, parimenti illegittimo sarebbe l’art. 12, comma 30, della legge
impugnata, in quanto l’ultrattività che essa dispone di norme regionali
antecedenti l’emanazione del decreto-legge n. 78 del 2010 determinerebbe il
mancato rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica da questa
previsti. Il Presidente del Consiglio dei ministri osserva, inoltre, che la
Regione non ha dimostrato in alcun modo che la conservazione dei limiti fissati
dalla legislazione regionale antecedente consentirebbe di rispettare i nuovi e
più ristrettivi limiti stabiliti con legge statale successiva. Infine, la
difesa dello Stato insiste sulla illegittimità costituzionale dell’art. 14,
commi 43 e 44, della legge regionale impugnata, perché le deroghe ivi previste
sarebbero in contrasto con l’art. 14, commi da 7 a 10, del decreto-legge n. 78
del 2010, secondo cui gli enti sottoposti al patto di stabilità interno devono
assicurare anche le spese di riduzione di personale. Anche in questo caso,
secondo la difesa dello Stato, la Regione non avrebbe dimostrato che i principi
di «coordinamento della finanza pubblica» siano stati rispettati.
8.– Con atto depositato in cancelleria il 4 febbraio 2014,
la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha presentato una memoria
illustrativa.
Con riguardo all’art. 12 della legge impugnata, la difesa
regionale rileva che il comma 31 è stato abrogato dall’art. 18, comma 1,
lettera e), della legge della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 agosto 2012, n. 16 (Interventi di
razionalizzazione e riordino di enti, aziende e agenzie della Regione), mentre
l’art. 14 della medesima legge regionale ha soppresso l’Agenzia regionale del
lavoro, a decorrere dal 1° gennaio 2013. Sostiene la Regione che, nel periodo
della sua vigenza, il citato comma 31 non sarebbe stato applicato, sicché si
sarebbe determinata la cessazione della materia del contendere. In ogni caso,
la difesa regionale sottolinea la inapplicabilità dell’art. 9, comma 28, del
decreto-legge n. 78 del 2010 alle Regioni a statuto speciale.
Con riferimento all’art. 14, commi 43 e 44, della legge
impugnata, la Regione osserva che, a séguito della soppressione del terzo
periodo del comma 17 dell’art. 13 della legge regionale n. 24 del 2009 –
divenuto quarto periodo per effetto dell’art. 12, comma 27, lettera d), della legge regionale 11 agosto
2011, n. 11 (Assestamento del bilancio 2011 e del bilancio pluriennale per gli
anni 2011-2013 ai sensi dell’articolo 34 della legge regionale n. 21/2007) –
disposta dall’art. 12, comma 6, lettera f),
della legge regionale 31 dicembre 2012, n. 27 (Disposizione per la formazione
del bilancio pluriennale e annuale – Legge finanziaria 2013), l’impugnato comma
44 sarebbe divenuto inapplicabile. La difesa regionale comunque ribadisce
l’inammissibilità della questione perché promossa con riferimento a una
pluralità di norme regionali e di norme statali interposte. Infine, la Regione
rileva che l’art. 76, comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008 (sostituito
dall’art. 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010) è stato più volte
modificato e la versione attuale porrebbe limiti meno severi rispetto all’art.
13, comma 16, della legge regionale n. 24 del 2009, richiamato dall’impugnato
comma 43.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato gli artt. 2, commi 1 e 8, 3, comma 37, 4, comma 68, 10,
commi 68 e 69, 12, commi 30 e 31, e 14, commi 43 e 44, della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 29 dicembre 2010, n. 22 (Disposizioni
per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione – legge
finanziaria 2011), per violazione degli artt. 3, 117, commi primo, secondo,
lettere e), r) e s), e terzo, e 120,
primo comma, della Costituzione, nonché degli artt. 12, 39 e 43 del Trattato
della Comunità europea, fatto a Roma il 25 marzo 1957, dell’art. 7 del
Regolamento CEE n. 1612/1968 del Consiglio, del 15 ottobre 1968,
relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità, della direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna
selvatiche, e della direttiva n. 2009/147/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli
selvatici, e degli artt. 4, 5 e 51 della legge costituzionale 31 gennaio 1963,
n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
Le disposizioni impugnate contengono misure
eterogenee in materia di imposte, ambiente, sportello unico per le attività
produttive e personale delle pubbliche amministrazioni nella Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia.
2.– Nelle more del giudizio, il Presidente del
Consiglio dei ministri, con atto depositato in
cancelleria il 4 ottobre 2011, ha
dichiarato di rinunciare parzialmente al ricorso, con riguardo agli artt. 2,
commi 1 e 8, 3, comma 37, e 4, comma 68, della legge impugnata. La rinuncia
parziale è stata formalmente accettata dalla Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia, con atto depositato in cancelleria il 7 dicembre 2011.
Va quindi dichiarata l’estinzione
del giudizio relativamente alle questioni riferite alle anzidette disposizioni
(da ultimo, per un caso analogo, sentenza n. 77 del
2013).
3. – Con riguardo ai motivi di ricorso non oggetto
di rinuncia, va preliminarmente rilevato che, nelle more del giudizio, alcune delle
disposizioni impugnate sono state modificate. Occorre quindi accertare se tale ius superveniens
abbia determinato, come sostenuto dalla difesa regionale, la cessazione della
materia del contendere delle questioni riferite agli artt. 10, commi 68 e 69,
12, comma 31, e 14, comma 44, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia n. 22 del 2010.
3.1– Successivamente al ricorso, gli impugnati commi
68 e 69 dell’art. 10 della legge censurata sono stati entrambi oggetto di
modifiche da parte dell’art. 5 della legge regionale 1° aprile 2011, n. 4
(Modifiche alla L.R. n. 22/2010, n. 11/2009, n. 4/2005, n. 3/2001 e n. 13/2009
in materia di agevolazioni alle imprese, di sportello unico per le attività
produttive e di accordi di programma), entrata in vigore il 7 aprile 2011. Tale
legge, da un lato, è intervenuta sull’art. 6, commi 2 e 3, della legge
regionale 12 febbraio 2001, n. 3 (Disposizioni in materia di sportello unico
per le attività produttive e semplificazione di procedimenti amministrativi e del
corpo legislativo regionale), come modificati dal censurato comma 68, abrogando
le parole «entro il 30 giugno 2011»; dall’altro, ha soppresso i commi 3 e 4
dell’art. 53 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 13 (Legge comunitaria
2008), come modificati dall’impugnato comma 69.
A séguito di tali modifiche, è stato perciò abrogato
quanto disposto dall’art. 10, comma 69, lettera b), della legge censurata, il quale aveva introdotto un potere
sostitutivo delle camere di commercio nei confronti dei Comuni, esercitabile
nell’ipotesi in cui questi ultimi non avessero provveduto ad attivare gli
sportelli unici entro il termine stabilito. La norma è stata soppressa prima
della scadenza del termine del 30 giugno 2011 e, quindi, prima che abbia potuto
trovare applicazione. Va dunque dichiarata cessata la materia del contendere
con riguardo alla questione riferita all’art. 10, comma 69, lettera b), della legge impugnata (ex plurimis,
per casi analoghi, sentenze n. 19 del 2014
e n. 298 del
2013).
Non può giungersi alla stessa conclusione per le
censure riferite alle altre disposizioni di cui al medesimo comma 69 e al comma
68. Dette disposizioni hanno posticipato dal 31 dicembre 2010 al 30 giugno 2011
il termine per l’attivazione degli sportelli unici; attivazione che, in base
alla normativa statale, sarebbe dovuta comunque avvenire entro centottanta
giorni dalla pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica 7
settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della
disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi
dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), vale a dire
entro il 29 marzo 2011. La citata legge regionale n. 4 del 2011, come
anticipato, ha abrogato le parole «entro il 30 giugno 2011» inserite dalla
legge censurata, così rinviando implicitamente al termine previsto dalla
disciplina statale. L’abrogazione è però entrata in vigore il 7 aprile 2011,
ossia dopo il 29 marzo 2011. Non può quindi essere dichiarata cessata la
materia del contendere perché le disposizioni impugnate, seppur per pochi
giorni, hanno avuto medio tempore
applicazione.
3.2.– Ancora nelle more del giudizio, l’art. 18,
comma 1, lettera e), della legge
della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 agosto 2012, n. 16 (Interventi
di razionalizzazione e riordino di enti, aziende e agenzie della Regione), ha
abrogato l’art. 12, comma 31, della legge censurata. Secondo la Regione, il
citato comma 31, nei suoi circa diciannove mesi di vigenza, non avrebbe trovato
applicazione, sicché sarebbe cessata la materia del contendere. La difesa
regionale, però, non ha fornito alcun elemento a sostegno di tale assunto,
tanto più necessario perché la disposizione impugnata risulta di agevole
applicazione. Essa, infatti, sottrae l’Agenzia regionale del lavoro ai limiti
stabiliti dal legislatore statale per le assunzioni a tempo determinato, così
violando, ad avviso del ricorrente, l’art. 117, terzo comma, Cost.
3.3.– Né determina la cessazione della materia del
contendere la modifica legislativa che, secondo la Regione, avrebbe reso
inapplicabile l’art. 14, comma 44, della legge impugnata. Tale modifica è
intervenuta ad opera dell’art. 12, comma 6, lettera f), della legge regionale 31 dicembre 2012, n. 27 (Disposizione per
la formazione del bilancio pluriennale e annuale –
Legge finanziaria 2013). La
disposizione censurata, che richiamava il potere della Giunta regionale di
autorizzare gli enti locali a ulteriori deroghe al limite di assunzioni di
personale, è perciò rimasta in vigore per circa due anni, ma la Regione non ha offerto
alcun elemento idoneo a mostrare che, in tale periodo, la norma impugnata non
ha trovato applicazione.
4.– Ancora in via preliminare, vanno respinte le
eccezioni di inammissibilità sollevate dalla parte resistente.
4.1.– La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia,
innanzitutto, eccepisce l’inammissibilità delle censure riguardanti l’art. 10,
commi 68 e 69, della legge impugnata. La difesa regionale ritiene che la
censura riferita agli artt. 4 e 5 dello statuto speciale della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia sia inammissibile per genericità e che la censura fondata
sull’art. 117, secondo comma, lettera r),
Cost., sia inammissibile per difetto di motivazione, in quanto il ricorrente
non argomenta le ragioni per cui «una norma del titolo V, certamente non più
favorevole dello Statuto speciale (dato che attribuisce una competenza
esclusiva allo Stato), dovrebbe applicarsi ad una Regione speciale».
Le eccezioni non sono fondate.
In primo luogo, il richiamo compiuto dalla difesa
dello Stato agli artt. 4 e 5 dello statuto della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia, i quali elencano le materie di potestà legislativa
regionale, non è generico, bensì sufficiente per identificare le disposizioni
statutarie asseritamente violate. Il ricorrente, infatti, lamenta che la
Regione sia intervenuta in un ambito materiale non attribuito alla competenza
regionale e, dunque, non indicato dai parametri statutari invocati.
In secondo luogo, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha motivato adeguatamente circa l’applicabilità alla Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia dell’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost. Il ricorrente, infatti,
precisa che le disposizioni statutarie relative alla potestà legislativa
regionale non includono il «coordinamento
informativo, statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione». Inoltre, la difesa dello Stato sottolinea la
necessità che tale materia, in cui il ricorrente colloca la disciplina dello
sportello unico per le attività produttive, venga regolata a livello nazionale
e dunque non compete alla Regione né in base allo statuto, né ai sensi del
Titolo V della Parte II della Costituzione.
4.2.– La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia,
infine, eccepisce l’inammissibilità delle censure riferite agli artt. 12, commi
30 e 31, e 14, commi 43 e 44, della legge impugnata in quanto generiche e non
sufficientemente motivate. Secondo la difesa regionale, il ricorrente non
spiegherebbe perché la disciplina censurata non comporterebbe un risparmio di
spesa, né illustrerebbe in che modo le deroghe previste dalla normativa
regionale impugnata implicherebbero una violazione delle norme statali, né
indicherebbe con precisione quale dei commi cui è fatto riferimento nel ricorso
– da 5 a 8 e 28 dell’art 9 e da 7 a 10 dell’art. 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 – sarebbe leso dalle disposizioni censurate.
L’eccezione non è fondata.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiarito
i motivi di gravame e ha illustrato, seppur sinteticamente, le ragioni per le
quali le disposizioni impugnate violerebbero i parametri invocati.
In primo luogo, il ricorrente riporta che l’art. 12,
comma 30, della legge impugnata rinvia, dopo aver richiamato espressamente i
parametri interposti di cui all’art. 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, alla
disciplina in materia di assunzioni già prevista dalla legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 30 dicembre 2009, n. 24 (Legge finanziaria 2010). Ad avviso della difesa dello Stato, la
normativa regionale, così facendo, detterebbe misure diverse da quelle
stabilite dalla legislazione statale in materia di «coordinamento della finanza pubblica», con conseguente violazione dell’art. 117, terzo
comma, Cost.
In secondo luogo, il Presidente del Consiglio dei
ministri sottolinea che l’art. 14, commi 43 e 44, della legge censurata amplia
le ipotesi di deroga al limite stabilito dalla legislazione regionale in
materia di assunzioni di personale. Ciò, ad avviso del ricorrente, sarebbe in
contrasto con le disposizioni legislative statali che dettano una riduzione
della spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni e un preciso
limite alle assunzioni (art. 14, commi 7, 8, 9 e 10, del decreto-legge n. 78
del 2010).
Le censure prospettate, dunque, risultano
sufficientemente motivate e i parametri invocati adeguatamente indicati.
5.– Nel merito, restano da esaminare le questioni
per le quali non va dichiarata la cessazione della materia del contendere,
riguardanti la disciplina dello sportello unico per le attività produttive e le
assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni.
6.– Il Presidente del Consiglio dei ministri censura
le norme regionali in materia di sportello unico per le attività produttive
rilevando che la Regione avrebbe ecceduto la propria competenza statutaria di
cui agli artt. 4 e 5 dello statuto speciale della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia e invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia
di «coordinamento informativo, statistico ed informatico
dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost.
6.1.– Va premesso che, da quanto esposto nel
ricorso, la questione deve intendersi limitata all’art. 10, commi 68 e 69,
lettera a), della legge censurata,
nella parte in cui le disposizioni impugnate sono intervenute sul termine
previsto per l’attivazione degli sportelli unici per le attività produttive.
6.2.– La questione, così delimitata, è fondata.
La disciplina dello sportello unico per le attività
produttive riguarda non solo la regolamentazione dei compiti e del
funzionamento degli sportelli, ma anche il termine entro cui questi ultimi debbono
essere attivati. Questa Corte ha già chiarito che tale disciplina rientra nella
materia del «coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati della
amministrazione statale, regionale e locale» (sentenza n. 15 del
2010). Detta materia è affidata alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., e non è indicata dagli artt. 4 e 5 dello statuto della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia tra le materie di potestà legislativa
regionale.
Le disposizioni regionali impugnate, nell’estendere
il termine stabilito dalla normativa statale per l’attivazione degli sportelli
unici, hanno violato l’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost. Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 10, commi 68, e 69, lettera a),
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 2010.
7.– Con riguardo alle questioni riferite alle
disposizioni in materia di assunzione di personale, va innanzitutto confermata
l’applicabilità alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dei principi di
coordinamento della finanza pubblica stabiliti dalla legislazione statale, più
volte riconosciuta da questa Corte (da ultimo, sentenze n. 3 del 2013 e
n. 217 del 2012).
Non può accogliersi, perciò, la
tesi della difesa regionale, la quale, per sostenere la inapplicabilità alla
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dei principi di coordinamento della
finanza pubblica dettati dal decreto-legge n. 78 del 2010, richiama le pronunce
n. 260 del 2013, n. 267 e 215 del 2012. Dette sentenze si riferiscono esclusivamente
alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e
si basano sulle specifiche disposizioni riguardanti tale Regione. Le relative
motivazioni non possono quindi estendersi alla Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia, per la quale la legge 30 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità
2011) ha previsto espressamente l’applicazione dei principi di coordinamento
della finanza pubblica di cui al decreto-legge n. 78 del 2010 (articolo 1,
comma 156); né vi sono disposizioni statutarie che ostano a tale applicazione.
7.1.– Risolta positivamente la questione circa
l’applicabilità alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia del decreto-legge
n. 78 del 2010, va ribadita la natura di principio fondamentale in materia di «coordinamento della finanza pubblica» delle disposizioni statali invocate dal ricorrente
quali parametri interposti, come più volte affermato da questa Corte (da
ultimo, sentenza
n. 289 del 2013). Tali disposizioni statali, successivamente al ricorso,
sono state oggetto di modifiche che, come già rilevato in altri giudizi, non ne
hanno alterato la «sostanza normativa» (sentenza n. 148 del
2012).
7.2.– Una volta confermata l’applicabilità alla
Regione autonoma Friuli-Venezia dei principi di coordinamento della finanza
pubblica di cui al decreto-legge n. 78 del 2010, e in particolare delle
disposizioni di tale decreto invocate dal ricorrente quali parametri del
presente giudizio, va deciso il merito della questione.
L’art. 12, comma 30, della legge impugnata, da un
lato, richiama espressamente gli obiettivi stabiliti dall’art. 9, commi 5, 6,
7, 8, 9 e 28 del decreto-legge n. 78 del 2010, dall’altro, però, prevede che
continuino ad applicarsi le disposizioni già dettate dall’art. 14, commi da 13
a 24, della legge regionale n. 24 del 2009. Tale disciplina, oltre a contenere
un lungo elenco di deroghe, fissa un limite diverso da quello stabilito dalla
legislazione statale. Infatti, il comma 16 dell’art. 14 della legge regionale
n. 24 del 2009 fa riferimento, per le assunzioni di personale a tempo sia
determinato, sia indeterminato, al 20 per cento della spesa corrispondente alle
cessazioni dell’anno precedente, mentre l’art. 9, comma 28, del decreto-legge
n. 78 del 2010 fa riferimento al 50 per cento della spesa per il personale a
tempo determinato nell’anno 2009. La norma censurata, nel rinviare alla
menzionata disciplina regionale, viola il principio di coordinamento della
finanza pubblica di cui all’art. 9, commi 5, 6, 7, 8 e 28, del decreto-legge n.
78 del 2010, perché si discosta dal limite previsto da tali disposizioni e
perché contempla una serie di deroghe non individuate dalla legislazione
statale.
Parimenti illegittimo è l’art. 12, comma 31, che,
non sottoponendo l’Agenzia regionale del lavoro al limite per le assunzioni di
cui all’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010, introduce una
deroga, non prevista dal legislatore statale, all’ambito soggettivo di
applicazione di tale principio di coordinamento della finanza pubblica.
Va, dunque, dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 12, commi 30 e 31, della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
7.3.– Infine, anche i commi 43 e 44 dell’art. 14
della legge censurata sono in contrasto con i principi di coordinamento della
finanza pubblica dettati dal legislatore statale.
Le norme impugnate introducono ulteriori ipotesi di
deroga al limite per le assunzioni stabilito dall’art. 13, comma 16, della
legge regionale n. 24 del 2009: il comma 43 aggiunge nuove fattispecie a quelle
già previste; il comma 44 attribuisce alla Giunta regionale il potere di
autorizzare ulteriori deroghe. È evidente, quindi, la violazione dei principi
di coordinamento della finanza pubblica stabiliti dall’art. 14, commi 7, 8, 9 e
10, del decreto-legge n. 78 del 2010, che impongono alle pubbliche
amministrazioni una riduzione delle spese per il personale e un limite alle
assunzioni, non consentendo l’incremento delle ipotesi di deroga a detto
limite.
Né può accogliersi la tesi sostenuta dalla Regione,
per cui il limite previsto dall’art. 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del
2010, a séguito delle modifiche intervenute, sarebbe divenuto meno restrittivo
di quello stabilito in sede regionale. Detto limite – fatte salve alcune
specifiche ipotesi di deroga – vale ora solo per il personale a tempo
indeterminato e nella misura del 40 per cento; per il personale a tempo
determinato continua ad applicarsi l’art. 9, comma 28, del medesimo
decreto-legge n. 78 del 2010. Invece, l’art. 13, comma 16, della legge
regionale n. 24 del 2009, richiamato dai censurati commi 43 e 44, per un verso,
prevede il limite del 20 per cento per il personale sia a tempo determinato,
sia a tempo indeterminato; per altro verso, detta una serie di deroghe
differenti e aggiuntive rispetto alla normativa statale.
In conclusione, i commi 43 e 44 dell’art. 14 della
legge impugnata, nell’introdurre ulteriori ipotesi di deroga al limite di
assunzioni già stabilito dalla legislazione regionale, sono in contrasto con i
principi di coordinamento della finanza pubblica dettati dall’art. 14, commi 7,
8, 9 e 10, del decreto-legge n. 78 del 2010, con conseguente violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale degli artt. 10, commi 68 e 69, lettera a), 12, commi 30 e 31, e 14, commi 43 e
44, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 29 dicembre 2010,
n. 22 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e annuale della
Regione – legge finanziaria 2011);
2) dichiara estinto, relativamente alle
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 8, 3, comma
37, e 4, comma 68, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n.
22 del 2010, il giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con
il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara la cessazione della materia del
contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 10,
comma 69, lettera b), della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 2010, promossa, in riferimento
all’art. 117, secondo comma, lettera r),
della Costituzione e agli artt. 4 e 5 della legge costituzionale 31 gennaio
1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2014.