Sentenza n. 353 del 2004

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SENTENZA N.353

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Valerio           ONIDA                                                          Presidente

- Carlo              MEZZANOTTE                                              Giudice

- Fernanda       CONTRI                                                                ”

- Guido            NEPPI MODONA                                                ”

- Piero Alberto CAPOTOSTI                                                         ”

- Annibale        MARINI                                                                ”

- Franco           BILE                                                                      ”

- Giovanni Maria FLICK                                                               ”

- Francesco      AMIRANTE                                                         ”

- Ugo               DE SIERVO                                                         ”

- Romano         VACCARELLA                                                   ”

- Paolo             MADDALENA                                                    ”

- Alfio              FINOCCHIARO                                                  ”

- Alfonso         QUARANTA                                                        ”

- Franco           GALLO                                                                 ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 18, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Bolzano, della Provincia autonoma di Trento e della Regione Trentino-Alto Adige, notificati il 28 febbraio ed il 1° marzo 2003, depositati in cancelleria il 7 marzo successivo ed iscritti ai nn. 20, 23 e 24 del registro ricorsi 2003.

  Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 28 settembre 2004 il Giudice relatore Valerio Onida;

  uditi gli avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento e per la Regione Trentino-Alto Adige e l’avvocato dello Stato Glauco Nori per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso notificato il 28 febbraio 2003 e depositato il 7 marzo 2003 (reg. ric. n. 20 del 2003), la Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 1° marzo 2003 e depositato il 7 marzo 2003 (reg. ric. n. 23 del 2003), e la Regione Trentino-Alto Adige, con ricorso notificato il 1° marzo 2003 e depositato il 7 marzo 2003 (reg. ric. n. 24 del 2003) hanno sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale (quanto alle Province autonome, unitamente ad altre disposizioni della medesima legge) dell’articolo 29, comma 18, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), per violazione dell’autonomia finanziaria di cui alle disposizioni del titolo VI del d. P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e relative norme di attuazione, nonché, quanto alla Provincia di Bolzano, per violazione dell’ articolo 119 della Costituzione e degli articoli 8, 9 e 16 dello statuto speciale.

La disposizione impugnata stabilisce, nel primo periodo non oggetto di censura, che “le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell’economia e delle finanze, per gli esercizi 2003, 2004 e 2005, il livello delle spese correnti e dei relativi pagamenti”.

Il secondo periodo, oggetto di ricorso, aggiunge che “fino a quando non sia raggiunto l’accordo, i flussi di cassa verso gli enti sono determinati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2003-2005”.

Le ricorrenti rilevano che la necessità di un accordo tra lo Stato e gli enti ad autonomia speciale nasce dall’esigenza di rispettare l’autonomia finanziaria di questi ultimi, e trova conferma in altre disposizioni normative, tra cui l’art. 14 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), concernente l’intesa per il rimborso delle spese sostenute dall’ente nell’esercizio delle funzioni delegate.

Osservano in particolare la Provincia di Trento e la Regione Trentino-Alto Adige di avere assicurato il rispetto degli obiettivi sanciti dal cd. patto di stabilità, attraverso il meccanismo previsto dall’art. 1, comma 4, del decreto legge 18 settembre 2001 n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, in forza del quale il livello delle spese correnti e dei relativi pagamenti per gli esercizi 2002, 2003 e 2004 sono concordati con il Ministero dell’economia e delle finanze.

Tuttavia, proseguono le ricorrenti, sarebbe illegittimo consentire allo Stato, in mancanza dell’accordo, di procedere unilateralmente alla determinazione dei flussi di cassa, ignorando del tutto le concrete esigenze e gli obiettivi degli enti.

In tal modo, anzi, si renderebbe superfluo il raggiungimento dell’accordo e si indurrebbe lo Stato ad ostacolarlo, proprio al fine di esercitare unilateralmente detto potere.

La Provincia di Bolzano osserva inoltre che, tramite la disposizione impugnata, le si impedirebbe di svolgere pienamente ed adeguatamente diverse funzioni legislative ed amministrative ad essa spettanti in forza degli artt. 8, 9 e 16 dello statuto, consentendo allo Stato di incidere unilateralmente sull’ammontare delle risorse necessarie a tale scopo.

Ciò, precisa la Provincia di Trento, anche in violazione dell’art. 10, comma 9, del d.lgs. n. 268 del 1992 (sul versamento della c.d. quota variabile attribuita alle Province), e, più in generale, del principio per il quale l’ente ad autonomia speciale deve poter disporre delle somme necessarie per l’esercizio delle funzioni affidategli dallo statuto.

La norma impugnata, riguardando i flussi di cassa, non si riferirebbe inoltre alle sole spese correnti, “naturale oggetto del patto di stabilità”, ma si estenderebbe anche agli investimenti.

In via subordinata, la Provincia di Trento e la Regione Trentino-Alto Adige lamentano che il potere di determinazione dei flussi di cassa sia affidato ad un singolo Ministro, anziché al Governo, in violazione dell’art. 10, comma 2 e dell’art. 14 delle norme di attuazione dello statuto, le quali norme postulerebbero che “in generale il rapporto con lo Stato intercorra con il Governo”.

2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, con analoghi argomenti, la reiezione di tutti i ricorsi.

Lo Stato osserva in particolare che gli enti ad autonomia speciale diversi dagli odierni ricorrenti non hanno ritenuto di dover impugnare la disposizione censurata, e ne sottolinea il carattere provvisorio e transitorio.

La norma varrebbe infatti ad assicurare la determinazione dei flussi di cassa, in attesa del raggiungimento dell’accordo, proprio per impedire che “abbiano a verificarsi gli inconvenienti temuti” dalle parti ricorrenti.

Si tratterebbe di una “funzione puramente meccanica e strumentale, in base a criteri quasi aritmetici”, desumibili dagli “obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2003-2005”, che non si estenderebbe neppure agli investimenti.

Per tali ragioni, lo Stato ritiene che le ricorrenti non abbiano neppure interesse a proporre il ricorso.

3. – In prossimità dell’udienza pubblica, le ricorrenti hanno depositato memorie illustrative, con cui hanno ribadito le proprie doglianze ed insistito per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

In particolare, la Provincia di Bolzano sottolinea che lo Stato potrebbe “al più”, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo sui flussi di cassa, valersi dei poteri sostitutivi che gli spettavano già prima della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, previa delibera del Consiglio dei ministri.

Sarebbe viceversa lesiva dell’autonomia provinciale l’adozione del decreto ministeriale previsto dalla norma impugnata, al di fuori di tale procedura di sostituzione.

Né l’Avvocatura dello Stato, nei propri atti difensivi, avrebbe contestato il carattere lesivo del riparto costituzionale delle competenze di tale norma, essendosi limitata a sottolinearne la natura provvisoria e transitoria: tale natura, secondo la ricorrente, dovrebbe viceversa negarsi, “in quanto essa detta una regola destinata a trovare applicazione almeno per un lungo periodo di tempo (3 anni)”, e comunque suscettibile di divenire “stabile” nella legislazione futura.

Peraltro, aggiunge la ricorrente, la pretesa transitorietà della disposizione non ne farebbe venir meno il carattere incostituzionale.

La Provincia di Trento e la Regione Trentino-Alto Adige osservano dal canto proprio che permane l’interesse alla decisione, benché l’accordo sia stato raggiunto per gli anni 2003 e 2004, posto che la norma potrà trovare applicazione anche nel 2005.

Essa finirebbe per incidere anche sui livelli di spesa, poiché i flussi di cassa non rappresenterebbero “una realtà oggettiva e solo tecnicamente determinabile, ma il frutto di una valutazione economica circa l’opportunità di un determinato livello di spesa”, opportunità discrezionalmente apprezzabile.

Alla luce delle richieste avanzate dallo Stato in ordine alle previsioni di pagamento per il 2004, che hanno avuto per oggetto “tutte le spese”, resterebbe poi concreto il timore che i flussi siano determinati anche con riguardo alle spese per investimenti.

4. – Anche l’Avvocatura dello Stato, nell’imminenza dell’udienza pubblica, ha depositato memorie illustrative di analogo tenore, con cui ha insistito per la reiezione dei ricorsi.

Secondo lo Stato, la norma impugnata si sarebbe limitata ad adeguare alle esigenze del cd. patto di stabilità il meccanismo, previsto dall’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 268 del 1992, di determinazione a titolo provvisorio degli acconti spettanti all’ente: al Ministro si richiederebbe “un solo calcolo matematico senza alcun margine di discrezionalità”.

In ogni caso, il raggiungimento dell’accordo per gli anni 2003 e 2004 circoscrive la materia del contendere al 2005.

Il ricorso dovrebbe poi essere giudicato inammissibile “per omessa puntualizzazione, prima che per non pertinenza, dei parametri costituzionali invocati”, poiché sia il titolo VI dello statuto, sia il d.lgs. n. 268 del 1992 sarebbero stati invocati “in blocco”, senza la dovuta specificazione delle norme parametro che si assumono violate.

Inoltre, tali disposizioni non avrebbero ad oggetto il “contenimento dei disavanzi finanziari delle autonomie” e “l’equilibrio delle finanze regionali e locali”, su cui cadrebbe, invece, la norma impugnata: essa, per il 2005, prevede (commi 11 e 12), aggiunge l’Avvocatura, una percentuale di variazione del disavanzo (per le Province e i Comuni) del 7,8% rispetto al livello del 2003.

La norma impugnata concerne invece i soli flussi di cassa e non l’insieme delle spese correnti, e si traduce in una sorta di misura “cautelare” che, conclude l’Avvocatura, “giova alle autonomie e non le lede affatto, per il che appare insussistente o almeno difficilmente ravvisabile l’interesse oggettivo alla doglianza”.

Considerato in diritto

1.– La Provincia autonoma di Bolzano (reg. ric. n. 20 del 2003), la Provincia autonoma di Trento (reg. ric. n. 23 del 2003) e la Regione Trentino-Alto Adige (reg. ric. n. 24 del 2003) impugnano, con distinti analoghi ricorsi, l’art. 29, comma 18, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003) per violazione dell’autonomia finanziaria delle ricorrenti quale risultante dal titolo VI dello statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, nonché (quanto alla Provincia di Bolzano) per violazione dell’art. 119 della Costituzione e degli artt. 8, 9 e 16 dello statuto speciale, relativi alle competenze legislative e amministrative della Provincia.

Il comma 18 dell’art. 29 della legge n. 289 del 2002 (dedicato al Patto di stabilità interno per gli enti territoriali) recita, al primo periodo, che “Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell’economia e delle finanze, per gli esercizi 2003, 2004 e 2005, il livello delle spese correnti e dei relativi pagamenti”. Questa disposizione non è contestata dalle ricorrenti, le quali invece censurano il successivo secondo periodo del comma, ai cui sensi “Fino a quando non sia raggiunto l’accordo, i flussi di cassa verso gli enti sono determinati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2003-2005”.

La disposizione impugnata, consentendo che sia il Ministro a determinare unilateralmente, in mancanza dell’accordo, i flussi di cassa verso gli enti, svuoterebbe di significato, secondo le ricorrenti, la previsione stessa dell’accordo, pregiudicandone l’autonomia finanziaria. Inoltre, secondo la Provincia di Bolzano, permettendo allo Stato di incidere unilateralmente sull’ammontare delle risorse di cui l’ente autonomo può disporre, si finirebbe per impedire che esso possa svolgere pienamente le funzioni legislative e amministrative che gli spettano, in violazione delle relative norme statutarie.

Secondo la Provincia di Trento e la Regione Trentino-Alto Adige, la disposizione censurata violerebbe altresì le norme di attuazione che disciplinano il versamento agli enti delle somme ad essi spettanti, nonché il principio, ricavabile dal sistema statutario, per cui le somme di spettanza degli enti autonomi dovrebbero essere per gli stessi effettivamente disponibili; in subordine, dette ricorrenti sostengono che, se un simile potere potesse essere riconosciuto allo Stato, esso non potrebbe essere intestato ad un singolo Ministro, ma solo al Governo nel suo complesso.

2.– La presente pronunzia è limitata all’impugnazione della predetta disposizione dell’art. 29, comma 18, secondo periodo, della legge n. 289 del 2002, restando riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni sollevate, negli stessi ricorsi, dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Provincia autonoma di Trento.

Limitatamente alle questioni concernenti detto art. 29, comma 18, secondo periodo, i giudizi devono essere riuniti, data l’identità dell’oggetto, per essere decisi con unica pronunzia.

3.– Le questioni sono infondate nei termini di seguito indicati.

La disposizione impugnata si inquadra nel contesto delle norme sul cosiddetto patto di stabilità interna per gli enti territoriali, nel cui ambito, al fine di coinvolgere anche Regioni ed enti locali nelle misure dirette ad assicurare il rispetto dei vincoli di origine comunitaria in ordine al disavanzo pubblico, la legge dello Stato, negli ultimi anni, ha stabilito limiti al disavanzo e talvolta alla crescita della spesa complessiva degli enti territoriali.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare come non sia contestabile “il potere del legislatore statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti”, e come, “in via transitoria e in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale”, possano anche imporsi limiti complessivi alla crescita della spesa corrente degli enti autonomi (sentenza n. 36 del 2004).

Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, l’art. 48, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), aveva previsto che esse concorressero agli obiettivi di stabilizzazione finanziaria “secondo criteri e procedure stabilite d’intesa tra il Governo e i presidenti delle giunte regionali e provinciali nell’ambito delle procedure previste negli statuti e nelle relative norme di attuazione”: a questa disposizione hanno fatto rinvio in seguito l’art. 28, comma 15, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, l’art. 30, comma 16, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2000), e l’art. 53, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

Successivamente l’art. 1, comma 4, del d.l. 18 settembre 2001, n. 347, convertito dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, ha stabilito che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome avrebbero concordato con il Ministero dell’economia e delle finanze “il livello delle spese correnti e dei relativi pagamenti per gli esercizi 2002, 2003 e 2004”: disposizione, quest’ultima, sostanzialmente riprodotta, con effetto per gli esercizi 2003, 2004 e 2005, dall’art. 29, comma 18, primo periodo, della legge n. 289 del 2002, qui evocato in giudizio ma, come si è ricordato, non censurato dalle ricorrenti. E in effetti tali accordi risultano intervenuti, sia per il 2003 – in data 30 marzo 2003 (Provincia di Trento), 25 marzo 2003 (Provincia di Bolzano) e 20 maggio 2003 (Regione Trentino-Alto Adige) – sia per il 2004 – in data 6 aprile 2004 (Province autonome di Trento e di Bolzano) e 20 aprile 2004 (Regione Trentino-Alto Adige).

La novità introdotta dall’impugnato secondo periodo dello stesso art. 29, comma 18, rispetto all’art. 1, comma 4, del d.l. n. 347 del 2001, e contestata dalle ricorrenti, consiste dunque nella previsione che, fino a quando non sia raggiunto l’accordo, un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze determini “i flussi di cassa verso gli enti”, “in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2003-2005”.

4.– Questa Corte osserva che, pur dovendosi privilegiare il metodo dell’accordo, non si può escludere che, in pendenza delle trattative finalizzate al raggiungimento dello stesso, lo Stato possa imporre qualche limite, analogo a quelli imposti dalla legge alle Regioni ordinarie (cfr. art. 29, comma 2, della stessa legge n. 289 del 2002), anche alle Regioni speciali, nell’esercizio del potere di coordinamento della finanza pubblica nel suo complesso e in vista di obiettivi nazionali di stabilizzazione finanziaria, al cui raggiungimento tutti gli enti autonomi, compresi quelli ad autonomia speciale (cfr. sentenze n. 357 del 1993 e n. 416 del 1995), sono chiamati a concorrere.

Se però il potere di determinare i flussi di cassa verso gli enti, al fine di limitarne indirettamente la spesa, fosse esercitabile, sia pure transitoriamente, in via amministrativa dal Ministro al di fuori di criteri e limiti sostanziali, esso risulterebbe lesivo dell’autonomia finanziaria degli enti autonomi, risolvendosi in un “anomalo strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale”, della specie di quelli di cui questa Corte ha sempre escluso la compatibilità con l’autonomia finanziaria e di spesa delle Regioni (sentenza n. 155 del 1977; e cfr. inoltre, ad esempio, sentenze n. 62 del 1987, n. 132 del 1993)

Nella specie, tuttavia, deve ritenersi che il potere attribuito al Ministro dalla norma impugnata non abbia siffatta caratteristica di ampia discrezionalità. Non solo la stessa norma lo vincola agli “obiettivi di finanza pubblica per il triennio”, come definiti fra l’altro dal documento annuale di programmazione economico-finanziaria; ma, collocandosi la previsione nel quadro del “patto di stabilità interno”, non possono non valere, come limiti di detta discrezionalità, i vincoli quantitativi alla crescita della spesa che la stessa legge fissa per le Regioni ordinarie (cfr. art. 1, comma 1, del d.l. n. 347 del 2001, richiamato e integrato dall’art. 29, comma 2, della legge n. 289 del 2002).

Il potere di determinare transitoriamente i flussi di cassa può dunque essere esercitato solo in correlazione e al fine del contenimento della spesa degli enti entro i limiti oggettivi risultanti dalla legge, oltre che dai documenti di programmazione. Ed è evidente che, ove così non fosse, la Regione o la Provincia autonoma disporrebbe dei rimedi giurisdizionali del caso per far valere le eventuali lesioni della propria autonomia.

5.– Così intesa, la norma impugnata si rivela esente dalle censure mosse dalle ricorrenti.

Né è fondata la censura subordinata svolta dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Trentino-Alto Adige, circa l’attribuzione al singolo Ministro di un potere che, in ipotesi, potrebbe essere esercitato solo dal Governo nella sua collegialità.

Infatti il Ministro, in questo caso, non gode di un ambito di discrezionalità politica, bensì solo di un potere di determinazione prevalentemente tecnica il cui esercizio è ancorato a parametri oggettivi.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunzie la decisione delle altre questioni sollevate con i ricorsi n. 20 e n. 23 del reg. ric. 2003;

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 18, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), sollevate, in riferimento al titolo VI dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e alle relative norme di attuazione, dalla Provincia autonoma di Bolzano (reg. ric. n. 20 del 2003), dalla Provincia autonoma di Trento (reg. ric. n. 23 del 2003) e dalla Regione Trentino-Alto Adige (reg. ric. n. 24 del 2003), nonché, in riferimento all’art. 119 della Costituzione e agli articoli 8, 9 e 16 del predetto statuto speciale, dalla medesima Provincia autonoma di Bolzano (reg. ric. n. 20 del 2003), con i ricorsi in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2004.

Valerio ONIDA, Presidente e Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2004.