SENTENZA N. 357
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, recante (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), promossi con ricorsi delle Province autonome di Bolzano e di Trento, notificati il 28 gennaio 1993, depositati in cancelleria il 2 e l'8 febbraio 1993 ed iscritti ai nn. 5 e 9 del registro ricorsi 1993.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 22 giugno 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
uditi l'avv. Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano, l'avv.Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'avv. dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con ricorsi distinti, ma sostanzialmente analoghi, le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno impugnato l'art. 8, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), nella parte in cui prevede, a danno delle ricorrenti: a) per l'anno 1993 la riduzione del 42 per cento delle risorse, loro spettanti, provenienti dal fondo sanitario nazionale e dalla attribuzione dei contributi sanitari riscossi nel territorio provinciale e versati dai contribuenti ivi domiciliati; b) per gli anni successivi, la conferma della aliquota di riduzione della quota spettante del fondo sanitario nazionale, stabilita dall'art.4, comma 11, della legge 30 dicembre 1991 n. 412 e pari al 28 per cento.
Entrambe le ricorrenti lamentano la lesione della loro autonomia finanziaria nell'assetto risultante da numerose norme statutarie e di attuazione. In particolare la Provincia di Trento ritiene violati gli artt. 3 e 5 della Costituzione, le norme del titolo VI dello statuto speciale di autonomia, nonchè gli artt. 5 della legge 30 novembre 1989 n. 386 e 27 della legge 5 agosto 1978 n. 468 (reg. ric. n. 9 del 1993), mentre la Provincia di Bolzano invoca gli artt. 8, 9 n. 10, 16, primo comma, 69 e seguenti, 78, 104 e 107 dello Statuto speciale di autonomia, le norme di attuazione di cui ai d.P.R.28 marzo 1975 n. 474 e 26 gennaio 1980 m. 197 ed i decreti legislativi 16 marzo 1992 nn. 267 e 268 (spec.art. 10), nonchè gli artt. 3, 81, 116 e 119 della Costituzione (reg. ric. n.5 del 1993).
Dopo aver ricordato le precedenti riduzioni subìte nell'assegnazione delle quote ad esse spettanti del fondo sanitario nazionale, disposte, la prima volta, con l'art. 19, comma 1, del decreto legge 28 dicembre 1989, n. 415, convertito nella legge 28 febbraio 1990 n. 38 (pari al 20 per cento) e, la seconda volta, con l'art. 4, comma 11, della legge 30 dicembre 1991 n. 412 (pari al 28 per cento) - riduzioni considerate non illegittime da questa Corte con le sentenze nn. 381 del 1990 e 356 del 1992, sul rilievo del carattere provvisorio delle relative norme e dell'eccezionalità di misure contingenti in attesa della definitiva legge di riordino della materia - le ricorrenti rilevano che la legge di delega 23 ottobre 1992 n.421 e il decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 hanno disciplinato in modo nuovo ed organico il finanziamento del servizio sanitario, dovendosi quindi ritenere superata la fase dei provvedimenti legislativi derogatori e contingenti, caratterizzati dall'urgenza e dalla necessità; inoltre recenti norme di attuazione dello statuto speciale (da ultimo, il decreto legislativo n.268 del 1992) hanno compiutamente disciplinato la materia della finanza provinciale, sì che ancor meno può trovare giustificazione una norma, come quella impugnata, che, ignorando la normativa anzidetta, viene a ledere le competenze delle province autonome e la loro autonomia finanziaria.
Per il primo dei profili evidenziati le province autonome osservano che il nuovo sistema di finanziamento, disposto per il servizio sanitario nazionale, prevede che le quote del relativo fondo da attribuirsi alle regioni (e alle medesime province autonome) siano commisurate non più alla spesa "storica", bensì a livelli di assistenza da assicurare in condizioni di uniformità - cui si correlano "standard organizzativi e di attività da utilizzare per il calcolo del parametro capitario di finanziamento per ciascun livello assistenziale" (art. 4, comma 1, della legge n. 412 del 1991) - e che la spesa superiore a quella parametrica sia posta interamente a carico delle regioni e delle province autonome (art. 4, comma 5, cit.).
É inoltre previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 1993, siano alle stesse attribuiti i contributi per le prestazioni del servizio sanitario nazionale localmente riscossi, con riferimento al domicilio fiscale del contribuente, e che sia contestualmente ridotta la parte corrente del fondo e, quindi, la quota di spettanza degli enti di autonomia.
Essendo quindi la quota regionale e provinciale commisurata ad un fabbisogno oggettivamente calcolato e rapportato a livelli di assistenza imposti dalla legge statale, la riduzione operata dalla norma impugnata, sia alla quota di spettanza del fondo sia ai contributi localmente riscossi si pone in palese contraddizione con i principi di disciplina della materia;è gravemente lesiva dell'autonomia finanziaria provinciale e viola altresì i principi di uguaglianza e ragionevolezza perchè realizza un'ingiustificata disparità di trattamento nei confronti delle altre regioni ad autonomia ordinaria e speciale;
comporta per il 1993 una drastica riduzione di entrate, a fronte di spese incomprimibili, senza indicare i mezzi a copertura dell'onere; consolida per il il futuro le aliquote di riduzione stabilite in via soltanto provvisoria, prescindendo da qualsiasi considerazione dell'effettivo fabbisogno, ed infine addossa alle province l'onere di coprire il deficit della spesa o ricorrendo all'indebitamento o distogliendo risorse finanziarie proprie destinate all'esercizio delle normali funzioni, con conseguente sconvolgimento delle previsioni del bilancio provinciale.
Quanto al secondo profilo entrambe le ricorrenti evidenziano, in primo luogo, che l'art. 5, comma 1, della legge n. 386 del 1989 assicura alle province autonome di partecipare al riparto dei "fondi istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme... secondo i criteri... stabiliti" per detti fondi dalle rispettive leggi statali, mentre nella specie la disciplina impugnata comporta una determinazione quantitativa del tutto scissa dai criteri fissati dalla legge di riforma sanitaria per la ripartizione del fondo in relazione ai costi.
In particolare la Provincia di Bolzano osserva che la nuova disciplina organica della finanza provinciale, dettata dal decreto legislativo n. 268 del 1992 (artt. 10, comma 4, lett. d, e 12, comma 1), già vigente all'epoca dell'emanazione della norma censurata, ha ribadito, per la ripartizione del fondo sanitario nazionale, l'applicazione dell'art. 5 della legge n. 386 del 1989 cit., con la conseguenza che la provincia partecipa in condizioni di parità con le altre regioni e che degli stanziamenti statali, relativi al fondo, non si tiene conto ai fini della determinazione annuale della "quota variabile", di cui all'art. 78 dello Statuto, solo in quanto la quota del fondo sia trasferita alle province. Dal che deriva che eventuali difficoltà finanziarie dello Stato avrebbero dovuto essere valutate nella sede appropriata, costituita appunto dalla procedura di determinazione della "quota variabile", ovvero mediante la modifica delle norme statutarie o di attuazione ai sensi degli artt. 104 e 107 dello Statuto, non potendosi ammettere che manovre perequative dello Stato vadano a colpire le risorse destinate al finanziamento del servizio sanitario e, in particolare, i contributi sanitari.
A questo riguardo la Provincia di Trento critica la tesi secondo cui i tagli alla spesa sanitaria verrebbero a realizzare una compensazione con le entrate - maggiori rispetto alle altre regioni - costituite dalla compartecipazione delle province autonome al gettito dei tributi erariali.
Infatti, di fronte all'asserito (ma non provato) privilegio di cui godrebbero le province autonome, e cioé la disponibilità di risorse superiori alle necessità effettive, lo Stato avrebbe l'alternativa o di devolvere loro ulteriori funzioni (ma ciò in realtà non avviene per un diffuso orientamento accentratore nella gestione degli interventi), ovvero di adeguare la compartecipazione all'effettivo riparto delle funzioni, all'uopo modificando le disposizioni statutarie d'intesa con le province come prevede l'art. 104 dello Statuto, ma certamente non di ricorrere all'espediente di agire sui trasferimenti dal proprio bilancio, riducendoli.
2.- Si è costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, con atti di identico contenuto, rilevando in primo luogo che lo strumento essenziale di governo dell'azione pubblica nel settore sanitario è il Piano sanitario nazionale (art. 1 del decreto legislativo n. 502 del 1992) di durata triennale che, per il periodo 1994-96, va adottato entro il 31 luglio 1993. Ne consegue che a regime il nuovo assetto sanitario sarà realizzabile soltanto dal 1994, mentre per il 1993 si è resa necessaria la riduzione del fondo di parte corrente, contestualmente alla disposta attribuzione alle regioni e province autonome dei contributi sanitari riscossi nell'ambito dei rispettivi territori.
Ciò consente sia di ritenere non fondata la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, dal momento che anche le regioni ordinarie sono coinvolte da analoga riduzione pur globalmente disposta, sia di sottolineare che le misure speciali rispondono, a un tempo,allo stato di necessità e urgenza rappresentato dall'attuale grave deficit finanziario e all'inevitabile momento di raccordo con il nuovo sistema sanitario delineato dalla riforma.
Premesso che sia la quota del fondo sanitario sia i contributi sanitari non godono di garanzia, in termini quantitativi, di rango costituzionale, la difesa dello Stato osserva che permangono i caratteri di transitorietà e di eccezionalità che hanno qualificato i precedenti interventi riduttivi dello Stato nella spesa sanitaria; che peraltro l'ultima misura finanziaria trova un correttivo nella previsione di un consentito aumento, fino al 75 per cento della aliquota dei tributi provinciali vigenti (art. 1, comma 1, lett.i, della legge n. 421 del 1992; art. 8 [impugnato], comma 2, e art. 13, comma 2, del decreto legislativo n. 502 del 1992); che, infine, all'eventuale insufficienza della manovra può comunque provvedersi con l'emanazione di ulteriori "disposizioni correttive", come previsto dall'art.1, comma 4, della legge n. 421 del 1992.
3.l.- In prossimità dell'udienza hanno presentato memorie entrambe le ricorrenti. La Provincia di Trento, dopo aver rilevato che, nel proprio territorio, il gettito dei contributi copre la spesa sanitaria solo per il 65-70 per cento, dovendo il residuo 30-35 per cento restare a carico della quota del fondo, sottolinea che le riduzioni di non lieve entità (42 per cento), operate sia a carico del fondo che a carico dei contributi, comportano di fatto l'azzeramento delle risorse di propria spettanza, essendo il taglio della spesa superiore alla quota complessiva prima coperta dal fondo sanitario, ed inoltre determinano una devoluzione allo Stato di una parte del gettito locale dei con tributi (42-35 = 7 per cento); lo Stato, cioè, nella provincia non finanzierebbe più nemmeno in misura minima le prestazioni sanitarie che sarebbero per intero a carico della collettività locale, la quale, oltre ad essere gravata di tale onere, concorrerebbe al finanziamento del sistema sanitario in misura diversa e superiore rispetto al resto della popolazione nazionale. Sarebbero così disattese sia le previsioni della legge di delega n. 421 del 1992, che dispone l'attivazione del nuovo sistema di finanziamento a partire dal 1° gennaio 1993, sia la consolidata giurisprudenza costituzionale, secondo cui la parte essenziale della spesa ospedaliera deve gravare sullo Stato per assicurare livelli assistenziali uniformi.
Quanto poi all'asserita misura compensativa cui si riferisce l'Avvocatura dello Stato e rappresentata dalla facoltà attribuita alle province autonome (e alle regioni) di aumentare le aliquote dei tributi di propria competenza, la ricorrente precisa che tale misura è stata prevista solo a copertura della parte di spesa che eccede gli standard di prestazioni fissati a livello nazionale, con conseguente palese infondatezza delle deduzioni della difesa erariale.
3.2.- La Provincia di Bolzano, dal canto suo, contesta la difesa della Presidenza del Consiglio fondata sull'asserito carattere di transitorietà e assoluta eccezionalità delle nuove misure finanziarie disposte dalla norma impugnata, in vista dell'adozione del Piano sanitario per il triennio 1994- 1996, perchè ciò determinerebbe una mancata attuazione della delega da parte del decreto legislativo n. 502 del 1992.
Inoltre, dopo più di 15 anni di funzionamento del servizio sanitario senza nemmeno l'avvio delle procedure per l'adozione del Piano, non dovrebbe essere più consentito invocare ragioni che differiscano ulteriormente l'attuazione del nuovo sistema di finanziamento, perchè ciò equivarrebbe a sostenere che un asserito regime di provvisorietà, di cui non si vede la fine, possa legittimamente ledere l'autonomia delle province autonome.
Considerato in diritto
l. - Le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno impugnato l'art.8, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n.498 nella parte in cui dispone, nei loro riguardi, per l'anno 1993, la riduzione del 42 per cento delle risorse, provenienti sia dal fondo sanitario nazionale di parte corrente che dall'attribuzione dei contributi sanitari, ad esse spettanti in attuazione dell'art. 1, comma 1, lett. i), della legge di delega 23 ottobre 1992 n. 421 sulla revisione della disciplina in materia di sanità, e conferma, per gli anni successivi, l'aliquota di riduzione del 28 per cento dell'assegnazione di parte corrente del fondo medesimo, già prevista dall'art. 4, comma 11, della legge 30 dicembre 1991 n. 412. Entrambe lamentano la lesione dell'autonomia provinciale, nell'assetto risultante da numerose norme costituzionali, statutarie e di attuazione. In particolare, per la Provincia autonoma di Trento, sarebbero violati gli artt. 3, 5 e 81, quarto comma, della Costituzione, le norme del titolo VI dello Statuto, nonchè gli artt. 5, comma 1, della legge 30 novembre 1989 n. 386 e 27 della legge 5 agosto 1978 n. 468; mentre, per la Provincia autonoma di Bolzano, si avrebbe la violazione degli artt. 8,9, n. 10,16, primo comma, titolo VI, 104 e 107 dello Statuto, delle norme di attuazione di cui ai d.P.R. 28 marzo 1975 n.474 (spec.art. 2) e 26 gennaio 1980 n. 197 e ai decreti legislativi 16 marzo 1992 nn. 267 (spec.art. 1) e 268, nonchè degli artt. 3,81,116 e 119 della Costituzione.
Le ricorrenti, dopo aver ricordato di aver già subìto due riduzioni della quota del fondo sanitario loro spettante (art. 19, comma 1, del decreto legge n. 415 del 1989 e art. 4, comma 11, della legge n. 412 del 1991),denunciano il trattamento differenziato che sarebbe stato loro da ultimo riservato rispetto agli altri enti di autonomia (speciale e comune),per i quali non è prevista identica riduzione dei finanziamenti destinati al settore sanitario; rilevano che le decurtazioni operate a loro danno, senza la previsione di mezzi di copertura idonei, comportano che esse debbano provvedere con risorse proprie distogliendole dalla naturale loro destinazione all'esercizio delle competenze statutarie;
sostengono che la particolare autonomia finanziaria, garantita dal titolo VI dello Statuto e dalle norme a questo collegate, sarebbe compromessa da un meccanismo che, invocandosi per la terza volta inammissibili ragioni di temporaneità ed eccezionalità, verrebbe impiegato per presunte esigenze di compensazione con le entrate proprie definite dalle norme statutarie;
osservano, infine, che, per effetto della legge di delega 23 ottobre 1992 n.421 e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il finanziamento del servizio sanitario nazionale è stato disciplinato in modo nuovo ed organico, essendosi previsto un sistema di livelli di assistenza uniformi nel territorio nazionale collegato ad "un parametro capitario di finanziamento" in relazione a "standard organizzativi e di attività", ed essendosi disposta l'assegnazione alle regioni e alle province autonome dei contributi sanitari riscossi in sede locale, tutto ciò a partire dal 1° gennaio 1993, sì che sarebbe confermata l'illegittimità costituzionale della norma impugnata che si porrebbe in violazione con il nuovo sistema dinanzi illustrato.
2. - Le censure non sono fondate.
La legge 23 dicembre 1992 n. 498, recante interventi urgenti in materia di finanza pubblica, rappresenta uno dei provvedimenti collegati con la legge finanziaria 1993, per l'esame dei quali la Camera dei deputati approvò il 4 ottobre 1992 una risoluzione che vietava l'inclusione di norme non direttamente rivolte al contenimento del disavanzo pubblico in termini di competenza o di cassa (v. resoconto Commissione bilancio della Camera del 3 novembre 1992, p. 41), disponendosi nel contempo che detti provvedimenti mantenessero "l'effetto finanziario di riduzione del disavanzo ad essi attribuito al fine di rispettare i saldi stabiliti come limite per la legge finanziaria", tanto che venivano giudicati "inammissibili per estraneità di materia tutti gli emendamenti ... [recanti] misure non direttamente rivolte al contenimento della spesa". La manovra di finanza pubblica per il 1993, in tal modo avviata, aveva lo scopo precipuo di "perseguire con maggiore efficacia, in una situazione di rilevante difficoltà interna ed internazionale, l'obiettivo della riduzione del disavanzo dei conti pubblici che ...[avrebbe potuto], in assenza di ulteriori interventi, essere compromessa dal peggioramento della congiuntura economica internazionale e dalle forti tensioni ... [che caratterizza vano] il mercato finanziario, con conseguenti riflessi fortemente negativi sul livello dei tassi d'interesse interno" (v.resoconto della discussione in aula alla Camera del disegno di legge n.1684, del 9 novembre 1992).
In sede di tale esame la Camera dei deputati introdusse, tra le altre, alcune modifiche tendenti a redistribuire le riduzioni previste alla spesa sanitaria e a coordinare le nuove disposizioni con quelle stabilite dall'art. 1 della legge delega n. 421 del 1992, nel frattempo intervenuta.
La finalità, perseguita dal Governo e dal Parlamento, di contenere il perdurante disavanzo della spesa pubblica giustifica l'adozione di misure, come quella denunciata, che rispondono ad esigenze di interesse nazionale caratterizzate dall'urgenza del risanamento finanziario, attraverso una manovra complessiva di riduzione della spesa in tutti i settori e, con specifico riferimento alla spesa sanitaria, mediante misure che incidono su tutti gli enti di autonomia, a statuto speciale e ordinario.
La censura, con cui si deduce il trattamento deteriore che sarebbe stato riservato alle ricorrenti rispetto a quello delle regioni di diritto comune, con conseguente violazione degli artt. 3,5 e 116 della Costituzione - oltre ad essere generica, perchè non specifica in che termini si sarebbe realizzato l'asserito trattamento deteriore, dato che il raffronto dovrebbe riguardare il sistema di finanziamento complessivo - è comunque infondata.
Ciò sia perchè il contenimento della spesa del servizio sanitario nazionale opera nei riguardi di tutte le regioni, pur con strumenti diversi in relazione al diverso sistema di trasferimento ad esse delle risorse statali, sia perchè il sistema di finanziamento per le regioni a statuto speciale e per le province autonome risulta in concreto più favorevole rispetto agli altri enti di autonomia, essendosi riscontrato un andamento crescente della partecipazione delle prime al gettito dei tributi erariali (v., da ultimo, sent. n. 356 del 1992).
3. - Per quel che riguarda in modo specifico il finanziamento del servizio sanitario nazionale, va ricordato che con l'art. 19, comma 1, del decreto legge 28 dicembre 1989 n. 415, convertito nella legge 28 febbraio 1990 n.38, fu disposta la riduzione delle assegnazioni di parte corrente del fondo sanitario nazionale alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in una misura percentuale differenziata (dal 20 al 5 per cento), "tenuto conto del livello delle compartecipazioni ai tributi statali risultanti dai rispettivi ordinamenti".
Successivamente, con l'art. 4, comma 11, della legge 30 dicembre 1991 n.412, le percentuali di riduzione anzidette sono state elevate (dal 28 al 7 per cento), autorizzandosi nel contempo i soggetti incisi ad "assumere mutui con istituti di credito nel rispetto dei limiti massimi previsti dai rispettivi statuti e dalle vigenti disposizioni" per far fronte agli oneri conseguenti alle dette riduzioni, a giustificare le quali valeva sempre la considerazione circa la compartecipazione ai tributi statali di quei soggetti ad autonomia speciale.
É poi intervenuta la legge di delega n. 421 del 1992 che, nel quadro della razionalizzazione della disciplina in materia di sanità, all'art. 1, comma 1, lett. i), ha previsto a decorrere dal 1° gennaio 1993, da un canto, l'attribuzione alle regioni (tutte) e alle province autonome dei contributi per le prestazioni sanitarie localmente riscossi e la contestuale riduzione del fondo sanitario nazionale di parte corrente e, dall'altro, la imputazione ai medesimi soggetti di autonomia degli effetti finanziari per gli eventuali livelli di assistenza sanitaria superiori a quelli uniformi da fissarsi nell'adottando Piano sanitario nazionale, per le strutture (presìdi e posti letto) eccedenti gli standard minimi, nonchè per gli eventuali disavanzi di gestione da ripianare "con totale esonero finanziario dello Stato"; per far fronte a tale fabbisogno finanziario le regioni e le province autonome sono state autorizzate ad utilizzare le risorse del proprio bilancio , a graduare l'esonero dai ticket, a variare in aumento entro il 6 per cento l'aliquota dei contributi sanitari ed entro il 75 per cento l'aliquota dei tributi regionali vigenti.
Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, emanato in attuazione della suddetta delega, ha poi precisato:
a) che il Piano sanitario nazionale - che per il triennio 1994-1996 è adottato entro il 31 luglio 1993 - deve indicare, tra l'altro, i livelli uniformi di assistenza (art.1, commi 3 e 4, lett. b);
b) che la "quota capitaria di finanziamento", da assicurare alle regioni e da valere per la ripartizione ad esse del fondo sanitario nazionale, viene determinata sulla base di un sistema di coefficienti parametrici, in relazione ai predetti livelli uniformi contenuti nel Piano sanitario (art.12, comma 3);
c) che i contributi sanitari riscossi, da attribuirsi alle regioni in relazione al domicilio fiscale dell'iscritto al servizio sanitario nazionale, sono versati mensilmente su conti correnti infruttiferi aperti presso la tesoreria centrale dello Stato e intestati alle regioni e che ai detti conti affluiscono anche le quote del fondo sanitario nazionale (art.11, comma 10);
d) che, in sede di prima applicazione, per il primo trimestre 1993, il versamento o l'accreditamento dei contributi ai conti correnti infruttiferi è effettuato con riferimento all'intero primo trimestre (quindi dopo il marzo 1993), con la conseguente ripartizione alle regioni entro il 30 giugno 1993;
e) che i soggetti tenuti a versare i contributi inviano trimestralmente alle regioni i rendiconti, mentre quello annuale è comunicato entro 30 giorni dall'approvazione dei bilanci consuntivi per gli enti pubblici o dalla presentazione al Parlamento del rendiconto generale per le amministrazioni centrali dello Stato e che, nella prima applicazione, il rendiconto per il primo trimestre è inviato unitamente al rendiconto per il secondo trimestre (art. 11, comma 11);
f) che, per il 1993, sono ridotti i capitoli di entrata e di spesa del bilancio dello Stato relativi al Fondo sanitario di parte corrente, per importi pari ai contributi accreditati alle regioni (art. 11, comma 14);
g) che, sempre per il 1993, il CIPE delibera l'assegnazione alle regioni di un acconto della quota del fondo sanitario di parte corrente, tenuto conto dell'importo complessivo presunto dei contributi di spettanza delle singole regioni, e che l'assegnazione del saldo avviene entro il febbraio 1994.
La particolare complessità del sistema - che presuppone l'adozione del Piano sanitario nazionale fissata per il prossimo triennio ad una data (31 luglio 1993) necessariamente differita rispetto a quella della entrata in vigore della legge, e la cui mancanza impedisce, per il 1993, l'attuazione della nuova disciplina - comporta un inevitabile slittamento nelle assegnazioni dei mezzi finanziari alle regioni; difatti i contributi riscossi nel primo trimestre 1993 sono accreditati soltanto nel secondo trimestre dello stesso anno, mentre per le quote del fondo sanitario le modalità di erogazione sono rimesse ad un decreto del Ministro del tesoro (art. 11, comma 10), pur disponendosi che il CIPE provveda alla ripartizione di un acconto, ma senza specificare in quale momento (art. 11, comma 15), essendosi solo precisato che "all'assegnazione definitiva" per il 1993 si provvede entro il febbraio 1994.
Si è, perciò, in presenza di una situazione transitoria resa necessaria sia dalla perdurante congiuntura, sia dalla attivazione del nuovo sistema che prevede un regime secondo cui il fondo - che è determinato annualmente dalla legge finanziaria al netto, per la parte corrente, dell'importo complessivo presunto dei contributi attribuiti direttamente alle regioni - è ripartito entro il 31 ottobre di ciascun anno, con riferimento al triennio successivo.
In tale quadro normativo si colloca l'art. 8 della legge n. 498 del 1992 che, pur pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 29 dicembre 1992 e quindi il giorno precedente quello della pubblicazione del decreto legislativo n. 502 del 1992, non è stata da questo espressamente abrogata nè, per quel che riguarda l'anno 1993, è con esso incompatibile, ma anzi mantiene la sua efficacia, sia pure in parte, come si vedrà in prosieguo. L'art. 8 citato si inserisce nel sistema di finanziamento della spesa sanitaria anteriore alla riforma per quanto riguarda le erogazioni del fondo sanitario nazionale e tiene in ogni caso conto della attribuzione alle regioni, a partire dal 1° gennaio 1993, dei contributi sanitari localmente riscossi, al fine di assicurare l'assegnazione delle risorse finanziarie alle regioni pur in misura ridotta, come previsto per il 1993.
Va in proposito considerato che, secondo la legge di riforma, lo strumento essenziale di governo dell'azione pubblica nello specifico settore è costituito dal Piano sanitario nazionale, anche per ciò che attiene alla disciplina delle risorse a disposizione, "in coerenza con l'entità del finanziamento assicurato al servizio sanitario nazionale" (art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992). Poichè detto piano, che è triennale, per il periodo 1994-96 va adottato entro il 31 luglio 1993, è evidente che il nuovo assetto, nella sua organicità, non potrà avere applicazione prima del 1994, permanendo pertanto la necessità di assicurare i finanziamenti per l'anno 1993.
É sorta, quindi, l'esigenza di uno strumento di raccordo tra il vecchio e il nuovo regime per non interrompere i flussi finanziari fino al momento in cui, espletati tutti gli adempimenti previsti per il nuovo sistema, questo inizierà ad avere integrale applicazione.
Tale strumento di raccordo non ha potuto, d'altra parte, non tener conto della perdurante crisi economica, risultando così non illegittime le previste riduzioni, per il 1993, sia della quota del fondo, sia dei contributi sanitari riscossi localmente. Detta riduzione, giustificata dalla manovra complessiva di risanamento finanziario, non è difatti lesiva delle competenze delle province autonome sia perchè, come più volte la Corte ha precisato (sent. n. 356 del 1992 cit.), dall'autonomia finanziaria di queste non derivano vincoli di carattere quantitativo definiti da norme di rango costituzionale - ciò valendo anche in relazione ai contributi sanitari - sia perchè permane il crescente andamento della partecipazione delle regioni a statuto speciale e delle province autonome al gettito dei tributi erariali. Un sistema di finanziamento, questo, più favorevole in termini generali e che deve essere considerato comunque in un periodo congiunturale caratterizzato da un rilevante disavanzo economico e finanziario. Tale criterio rientra, d'altra parte, nella linea di una razionale politica economica, dovendo le entrate e le uscite del bilancio essere adeguate alle mutevoli contingenze e non contrastando con i parametri costituzionali invocati una misura che richieda agli enti di autonomia più favoriti una maggiore partecipazione alle esigenze di solidarietà nazionale.
4.- A diverse conclusioni si deve pervenire per quanto riguarda la norma impugnata nella parte in cui conferma, per gli anni successivi al 1993, l'aliquota di riduzione, pari al 28 per cento per le province autonome, della quota di parte corrente loro spettante del fondo sanitario nazionale, già prevista dall'art. 4, comma 11, della legge 30 dicembre 1991 n. 412.
Una siffatta previsione è divenuta incompatibile, per tali anni, con il nuovo sistema di finanziamento del servizio sanitario nazionale contemplato dal decreto legislativo citato. Questo infatti si basa su precisi documenti di programmazione (piano sanitario triennale); presuppone la fissazione di criteri, livelli di prestazione e modalità che dovrebbero rendere plausibile il raggiungimento dell'equilibrio tra entrate e spese;
coinvolge tutti gli enti interessati al settore ed infine ha applicazione a partire dal 1994. Una volta delineato un nuovo sistema, non avrebbe senso la previsione anticipata della riduzione a regime di una delle voci (fondo sanitario) che concorrono al finanziamento del servizio sanitario.
Pertanto l'incompatibilità di detta previsione con la nuova riforma (posteriore di un giorno alla norma impugnata) consente di ritenere che la prima, relativamente agli anni successivi al 1993, sia stata implicitamente abrogata dalla seconda, così superandosi le censure riferite alla parte della disposizione riguardante tali anni.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), sollevate:
a) in riferimento agli artt. 3, 5, 81, quarto comma, della Costituzione, al titolo VI dello statuto approvato con d.P.R.31 agosto 1972 n. 670, nonchè agli art. 5, comma 1, della legge 30 novembre 1989 n. 386 e 27 della legge 5 agosto 1978 n. 468, dalla Provincia autonoma di Trento, con il ricorso indicato in epigrafe;
b) in riferimento agli artt. 8, 9, n. 10, 16, primo comma, titolo VI, 104 e 107 del predetto statuto, alle norme di attuazione approvate con d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474 e 26 gennaio 1980 n. 197 e con decreti legislativi 16 marzo 1992 nn. 267 e 268, e agli artt. 3, 81, 116 e 119 della Costituzione, dalla Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/07/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Vincenzo CAIANIELLO, Redattore
Depositata in cancelleria il 28/07/93.