SENTENZA N.
80
ANNO 2017
Commento alla decisione di
Flavio Guella
per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai
signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO
Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Franco MODUGNO
”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 7, comma 4, 8, 12,
14, 15, 16, 17, 18 e 66 della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre 2015, n. 17 (Ordinamento
finanziario e contabile dei comuni e delle comunità comprensoriali),
promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 29
febbraio-3 marzo 2016, depositato in cancelleria il 3 marzo 2016 ed iscritto
al n. 6 del registro ricorsi 2016.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di
Bolzano;
udito nell’udienza pubblica
del 7 febbraio 2017 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato dello Stato
Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stephan Beikircher per la
Provincia autonoma di Bolzano.
1.– Il
Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 29 febbraio-3
marzo 2016, e depositato il 3 marzo 2016 (reg. ric. n. 6 del 2016),
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 7, comma 4, 8, 12,
14, 15, 16, 17, 18 e 66, nonché delle «ulteriori disposizioni a queste connesse
e correlate», della legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre 2015,
n. 17 (Ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità
comprensoriali), pubblicata nel BUR n. 52 del 29 dicembre 2015, in riferimento
all’art. 117, secondo
comma, lettera e), della Costituzione ed all’art. 79, comma 4-octies, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige), e in relazione agli artt. 1, comma 1; 11, comma 3; 48; 74, comma 1,
numeri 5), 6), 11), 12), 18), 22), 23) e 61); e all’allegato 4/1 del decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione
dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti
locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio
2009, n. 42).
Il
ricorrente premette che il d.lgs. n. 118 del 2011 ‒ a garanzia
dell’unitarietà e dell’omogeneità della disciplina contabile dei bilanci
pubblici, ed in particolare di quelli delle Regioni, e per evitare situazioni
patologiche determinate dall’uso di regole contabili non adeguate che
potrebbero avere ripercussioni sul sistema economico nazionale – disciplina
l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
regioni, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. che riserva
alla potestà esclusiva statale la materia «armonizzazione dei bilanci
pubblici».
La ratio
della riserva statale prevista nell’art. 117 Cost. e della disciplina attuativa
contenuta nel d.lgs. n. 118 del 2011, e delle norme presupposte e successive,
è, difatti, quella di rendere omogenei i sistemi di bilancio delle regioni e
delle provincie autonome, fornendo una disciplina di riferimento unica, cui
esse debbono attenersi, al fine di disporre di regole comuni per il
consolidamento dei conti pubblici, come, peraltro, previsto dalla legge 5
maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), dalla legge 31 dicembre 2009,
n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) e dalla legge 24 dicembre
2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di
bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione).
In questo
contesto, anche la Provincia autonoma di Bolzano è tenuta a rispettare l’ambito
di competenza esclusiva dello Stato e la normativa statale interposta.
La
Provincia autonoma ha, infatti, l’obbligo di recepire con propria legge,
mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni,
degli enti locali e dei loro organismi, previste dal d.lgs. n. 118 del 2011,
nonché degli eventuali atti successivi e presupposti, in modo da consentire
l’operatività e l’applicazione delle predette disposizioni nei termini previsti
dal citato d.lgs. n. 118 del 2011 per le regioni a statuto ordinario,
posticipati di un anno, secondo quanto previsto, dall’art. 79, comma 4-octies,
del d.P.R. n. 670 del 1972. Detto articolo, ha, peraltro, recepito il contenuto
di uno specifico accordo del medesimo tenore intervenuto in materia tra lo Stato
e la Provincia autonoma nell’ottobre del 2014.
2.– Ciò premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri censura,
specificamente, le disposizioni della legge prov. n. 17 del 2015 che si pongono
in contrasto con quanto previsto dal d.lgs. n. 118 del 2011.
2.1.– In particolare, l’art. 2 della legge prov. in esame stabilisce che
«l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è disciplinato dalle
disposizioni della presente legge».
Secondo il
ricorrente, la disposizione individuerebbe un perimetro «normativo» non
coincidente con quello indicato dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del
2011, atteso che la disciplina statale si applica anche agli organismi ed agli
enti strumentali individuati dal successivo comma 2; essa, inoltre non contempla,
quale disciplina prevalente su quella regionale, quella recata dal d.lgs. n.
118 del 2011 e le norme presupposte e successive, necessarie per assicurare
unitarietà e uniformità.
2.2.– Anche l’art. 3 della legge prov. in esame detta una disciplina in materia
di programmazione difforme dalla disciplina del d.lgs. n. 118 del 2011 e
segnatamente dal «principio contabile applicato concernente la programmazione
di bilancio» di cui all’allegato n. 4/1 del menzionato d.lgs., che contiene una
disciplina articolata ed organica di detta materia.
2.3.– L’art. 4 demanda agli enti una potestà regolamentare che differisce da
quanto previsto dall’art. 152 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267
(Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come modificato
dall’art. 74, comma 1, numero 6), lettera b) [recte:
lettere a e b], del d.lgs. n. 118 del 2011 e successive modifiche.
In
particolare, l’art. 4, comma 1, prevede che: «Con il regolamento di contabilità
ciascun ente locale applica i principi contabili stabiliti dalla presente
legge, dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche,
con modalità organizzative corrispondenti alle proprie caratteristiche, ferme
restando le disposizioni previste dalla presente legge per assicurare
l’unitarietà ed uniformità del sistema finanziario e contabile», mentre,
secondo il ricorrente, la disciplina di riferimento per assicurare unitarietà
ed uniformità deve essere esclusivamente quella statale prevista dall’art. 152
del TUEL come modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011, a cui non potrebbe essere
«sovrapposta» quella regionale.
2.4.– L’art. 7, comma 4, della legge prov. impugnata disciplina la redazione del
bilancio in contrasto con gli artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267 del 2000, come
modificati dall’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11) del d.lgs. n. 118 del 2011,
nella parte in cui prevede eccezioni non contemplate nella citata disciplina
statale.
L’art. 7,
comma 4, infatti, prevede «Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo
delle spese di riscossione a carico degli enti locali e di altre eventuali
spese connesse, tutte le spese sono parimenti iscritte in bilancio
integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate. La gestione
finanziaria è unica come il relativo bilancio di previsione: sono vietate
pertanto le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in bilancio,
salvo le eccezioni previste dall’articolo 37, comma l». A sua volta, il
richiamato art. 37, comma 1, recita: «Riconoscimento di legittimità di debiti
fuori bilancio. l. Con deliberazione consiliare di cui all’articolo 36, comma
2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti
locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: a)
sentenze passate in giudicato o immediatamente esecutive, nonché decreti
ingiuntivi, transazioni giudiziarie, lodi arbitrali e relative spese legali; b)
copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei
limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi,
purché sia stato rispettato l’obbligo del pareggio di bilancio di cui
all’articolo 45, comma 3, della legge regionale 4 gennaio 1993, n. l, e
successive modifiche, e il disavanzo derivi da fatto di gestione oggettivamente
non valutabile; c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal
codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per
l’esercizio di servizi pubblici locali; d) procedure espropriative o di
occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità; e) fatti e provvedimenti
ai quali non abbiano concorso, in alcuna fase, interventi o decisioni di
amministratori, funzionari o dipendenti dell’ente; f) acquisizione di beni e
servizi, in violazione degli obblighi di cui all’articolo 35, commi l e 2, nei
limiti dell’accertata e dimostrata utilità e arricchimento per l’ente,
nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza».
Secondo il
ricorrente, le illustrate eccezioni in materia di redazione del bilancio non
sono contenute nella citata disciplina statale di riferimento e, pertanto, sono
illegittime.
2.5.– L’art. 8 disciplina il documento unico di programmazione, indicando un
termine difforme per l’adozione di detto documento rispetto a quello previsto
dall’art. 74, comma l, numero 5), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica
l’art. 151 del d.lgs. 267 del 2000.
L’art. 8,
comma 1, prevede, infatti, che «Entro il 31 ottobre di ciascun anno la giunta
presenta al consiglio il documento unico di programmazione per le conseguenti
deliberazioni. Il primo documento unico di programmazione è adottato con
riferimento agli esercizi finanziari 2016 e successivi»; diversamente, l’art.
74, comma l, numero 5), prevede che il documento di programmazione sia
presentato entro il 31 luglio di ogni anno.
2.6.– L’art. 12 disciplina il fondo di riserva anche in relazione all’organo
competente a disporre l’utilizzo del fondo, in contrasto con l’art. 48 del
d.lgs. n. 118 del 2011, che lascia all’ente solo la regolamentazione delle
modalità e dei limiti di prelievo.
L’art. 12,
al comma 2, prevede, infatti, che «Il fondo è utilizzato, con deliberazioni
dell’organo esecutivo da comunicare all’organo consiliare nei tempi stabiliti
dal regolamento di contabilità, nei casi in cui si verifichino esigenze
straordinarie relative alla gestione corrente di bilancio o le dotazioni degli
interventi di spesa corrente si rivelino insufficienti», mentre, al comma 5,
prevede che «I prelevamenti dal fondo di riserva, dal fondo di riserva di cassa
e dai fondi spese potenziali sono di competenza dell’organo esecutivo e possono
essere deliberati sino al 31 dicembre di ciascun anno».
Al
contrario, l’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011 stabilisce che
«L’ordinamento contabile della regione disciplina le modalità e i limiti del
prelievo di somme dai fondi di cui al comma l, escludendo la possibilità di
utilizzarli per l’imputazione di atti di spesa. I prelievi dal fondo di cui al
comma l, lettera a), [«fondo di riserva per spese obbligatorie»] sono disposti
con decreto dirigenziale. I prelievi dal fondo di cui al comma l, lettera b),
[«fondo di riserva per spese impreviste»] sono disposti con delibere della
giunta regionale».
2.7.– L’art. 14 disciplina il piano esecutivo di gestione e le sue variazioni in
contrasto con l’art. 74, comma l, numero 18), del d.lgs. n. 118 del 2011, che
modifica l’art. 169 del d.lgs. n. 267 del 2000, perché la disciplina statale
non concede le facoltà previste dalla norma provinciale in esame in favore
degli enti di popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.
L’art. 14,
al comma 3, infatti, prevede che «L’applicazione dei commi l e 2 del presente
articolo è facoltativa per gli enti locali con popolazione inferiore a 10.000
abitanti, fermo restando l’obbligo di rilevare unitariamente i fatti gestionali
secondo la struttura del piano dei conti secondo lo schema di cui all’allegato
n. 6 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche»,
mentre al comma 9, prevede che «Negli enti locali con meno di l0.000 abitanti,
in mancanza del piano esecutivo di gestione, la giunta emana atti programmatici
di indirizzo, attuativi del bilancio e/o della relativa relazione previsionale
e programmatica, a cui conseguono le determinazioni di impegno di spesa da
parte dei responsabili dei servizi».
Tale
facoltà non è, invece, prevista dall’art. 74 del d.lgs. n. 118 del 2011, che la
consente solo per gli enti di popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.
2.8.– L’art. 15 disciplina la predisposizione e l’approvazione del bilancio di
previsione e dei suoi allegati in modo difforme da quanto previsto dall’art.
174 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero
22), del d.lgs. n. 118 del 2011, prevedendo, tra l’altro, dei termini non
conformi a quelli indicati nella normativa statale.
L’art. 15
stabilisce che: «1. Lo schema di bilancio di previsione finanziario e il
documento unico di programmazione sono predisposti dall’organo esecutivo e da
questo presentati all’organo consiliare unitamente agli allegati e alla
relazione dell’organo di revisione entro il termine previsto dal regolamento di
contabilità. 2. Il regolamento di contabilità dell’ente prevede per tali
adempimenti un congruo termine, nonché i termini entro i quali possono essere
presentati da parte dei membri dell’organo consiliare e dalla giunta
emendamenti agli schemi di bilancio. A seguito di variazioni del quadro
normativo di riferimento sopravvenute, l’organo esecutivo presenta all’organo
consiliare emendamenti allo schema di bilancio e alla nota di aggiornamento al
documento unico di programmazione in corso di approvazione. 3. Il bilancio di
previsione finanziario è deliberato dall’organo consiliare entro il 31 dicembre
ovvero altro termine stabilito con l’accordo previsto dall’articolo 81 del
decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive
modifiche, e dall’articolo 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268».
Mentre l’art. 174 del TUEL così prevede: «Lo schema di bilancio di previsione,
finanziario e il Documento unico di programmazione sono predisposti dall’organo
esecutivo e da questo presentati all’organo consiliare unitamente agli allegati
ed alla relazione dell’organo di revisione entro il 15 novembre di ogni anno.
2. Il regolamento di contabilità dell’ente prevede per tali adempimenti un
congruo termine, nonché i termini entro i quali possono essere presentati da
parte dei membri dell’organo consiliare e dalla Giunta emendamenti agli schemi
di bilancio. A seguito di variazioni del quadro normativa di riferimento
sopravvenute, l’organo esecutivo presenta all’organo consiliare emendamenti
allo schema di bilancio e alla nota di aggiornamento al Documento unico di
programmazione in corso di approvazione. 3. Il bilancio di previsione
finanziario è deliberato dall’organo consiliare entro il termine previsto
dall’articolo 151. 4. [omissis]».
In
particolare, il termine per la predisposizione e per la presentazione dello
schema di bilancio, del Documento unico di programmazione e degli allegati è
inderogabilmente quello del 15 novembre di ogni anno e non può essere stabilito
dal regolamento di contabilità, tantomeno in modo difforme a quanto previsto
nella disciplina statale di riferimento.
2.9.− L’art. 16 della legge prov. in esame concede ai comuni
con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti una facoltà in materia di
allegazione di documenti al bilancio di previsione in contrasto con l’art. 11,
comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011, che sancisce l’obbligo di predisposizione
degli allegati al bilancio di previsione.
L’art. 16,
infatti, prevede che «Al bilancio di previsione sono allegali i documenti
previsti dall’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.
118, e successive modifiche. Per i comuni con popolazione inferiore a 5.000
abitanti, la predisposizione degli allegati di cui alle lettere e) e f) della
disposizione citata è facoltativa».
Al
contrario, l’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011 si limita a
prevedere, senza eccezioni, gli allegati al bilancio di previsione, «oltre a
quelli previsti dai relativi ordinamenti contabili: a) il prospetto esplicativo
del presunto risultato di amministrazione; b) il prospetto concernente la
composizione, per missioni e programmi, del fondo pluriennale vincolato per
ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio di previsione; c) il prospetto
concernente la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità per
ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio di previsione; d) il prospetto
dimostrativo del rispetto dei vincoli di indebitamento; e) per i soli enti
locali, il prospetto delle spese previste per l’utilizzo di contributi e
trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali, per ciascuno
degli anni considerali nel bilancio di previsione; f) per isoli enti locali, il
prospetto delle spese previste per lo svolgimento delle funzioni delegate dalle
regioni per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione; g) la
nota integrativa redatta secondo le modalità previste dal comma 5; h) la
relazione del collegio dei revisori dei conti)».
2.10.‒ L’art. 17 prevede una disciplina dell’esercizio
provvisorio in contrasto con l’art. 74, comma l, numero 12), del d.lgs. n. 118
del 2011, che modifica l’art. 163 del d.lgs. n. 267 del 2000, laddove prevede
che l’esercizio provvisorio possa essere autorizzato con accordo invece che con
legge.
L’art. 17,
infatti, prevede che «2. L’esercizio provvisorio è autorizzato con accordo
previsto dall’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto
1972, n. 670, e successive modifiche, e dall’articolo 18 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268». L’art. 74, comma l, numero 12), al
contrario dispone: «3. L’esercizio provvisorio è autorizzato con legge o con
decreto del Ministro dell’interno che, ai sensi di quanto previsto dall’art.
151, primo comma, differisce il termine di approvazione del bilancio, d’intesa
con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza
Stato-città ed autonomia locale, in presenza di motivate esigenze».
2.11.‒ L’art. 18 disciplina le variazioni al bilancio di
previsione in difformità con quanto previsto dall’art. 175 del d.lgs. 267 del
2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 23), del d.lgs. n. 118 del
2011.
2.12.‒ Infine, l’art. 66 disciplina le funzioni del revisore
dei conti in difformità dall’art. 239 del d.lgs. 267 del 2000, come modificato
dall’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs. n. 118 del 2011.
In
particolare, l’art. 66 prevede tra i compiti del revisore la vigilanza sugli
inventari (comma l, lettera c), e quella sui contratti collettivi (lettera g)
non previste nel TUEL che prevede che il revisore adotti pareri sugli strumenti
di programmazione economica-finanziaria (art. 239, comma l, lettera b, numero
l), sulle modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di
partecipazione ad organismi esterni (numero 3), sulle proposte di ricorso
all’indebitamento (numero 4), sulle proposte di utilizzo di strumenti di
finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale vigente in materia
(numero 5) e sulle proposte di regolamento di contabilità,
economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi locali
(numero 7).
L’Avvocatura
generale dello Stato ha quindi concluso per l’accoglimento del ricorso.
3.– Si è
costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, con atto depositato
l’8 aprile 2016, chiedendo che il ricorso sia dichiarato manifestamente
inammissibile o, comunque, infondato.
La
Provincia resistente ha premesso che il ricorso presentato dal Presidente del
Consiglio dei ministri si fonda sull’asserita violazione del d.lgs. n. 118 del
2011, in quanto attuativo dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che
riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia della «armonizzazione
dei bilanci pubblici», e che, pertanto, le regioni e le province autonome
sarebbero tenute a rispettarlo a garanzia dell’unitarietà della disciplina
contabile dei bilanci pubblici.
Il
ricorrente sostiene, quindi, che la Provincia autonoma di Bolzano avrebbe
l’obbligo di recepire con propria legge, mediante rinvio formale recettizio, le
disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi
di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi secondo
quanto previsto dall’articolo 79, comma 4-octies, dello Statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670).
Tale
conclusione sarebbe errata in riferimento all’ordinamento finanziario e
contabile dei comuni e delle comunità comprensoriali.
In forza
del Titolo VI dello Statuto di autonomia, la Provincia autonoma di Bolzano gode
di una particolare autonomia in materia finanziaria, rafforzata dalla
previsione di un meccanismo peculiare per la modifica delle disposizioni recate
dal medesimo Titolo VI, che ammette l’intervento del legislatore statale con
legge ordinaria solo in presenza di una preventiva intesa con la Regione e le
Province autonome, in applicazione dell’art. 104 dello stesso Statuto.
Con il
cosiddetto "Accordo di Milano” del 30 novembre 2009, la Regione autonoma
Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno
concordato con il Governo la modificazione del Titolo VI dello Statuto di
autonomia, secondo la menzionata procedura rinforzata.
La predetta
intesa ha, quindi, portato, ai sensi dell’art. 2, commi da 106 a 126, della
legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2009), ad un nuovo sistema di
relazioni finanziarie con lo Stato, anche in attuazione del processo di riforma
in senso federalista contenuto nella legge n. 42 del 2009. Il comma 106 citato
ricorda espressamente che le disposizioni recate dai commi da l07 a 125 sono
approvate ai sensi e per gli effetti del predetto art. 104 dello Statuto, per
cui vanno rispettati i suddetti parametri statutari e le relative norme
interposte.
Successivamente
è intervenuto l’accordo del 15 ottobre 2014, c.d. "patto di garanzia”, tra lo
Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, il quale ha portato all’ulteriore modificazione del Titolo VI dello
Statuto di autonomia, stipulato secondo la procedura rinforzata prevista dal
menzionato art. 104.
Tale ultima
intesa, recepita con legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015),
ha, quindi, ulteriormente rinnovato, ai sensi dell’art. l, commi da 407 a 413,
della medesima legge, il sistema di relazioni finanziarie con lo Stato. Anche
il comma 406 ricorda espressamente che le disposizioni recate dai commi da 407
a 413 sono approvate ai sensi e per gli effetti del predetto art. 104 dello
Statuto di autonomia, per cui vanno rispettati i parametri statutari e le
relative norme interposte.
È
espressamente previsto che nei confronti della Regione e delle Province e degli
enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono
applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti,
riserve all’erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti
il patto di stabilità interno, diversi da quelli previsti dal Titolo VI dello
Statuto speciale di autonomia; che sono la Regione e le Province autonome a
provvedere, per sé e per gli enti del sistema territoriale regionale integrato
di rispettiva competenza, alle finalità di coordinamento della finanza pubblica
contenute in specifiche disposizioni statali, adeguando, ai sensi dell’art. 2
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti
legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale
di indirizzo e coordinamento), la propria legislazione ai principi i quali
costituiscono limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello Statuto di autonomia,
nelle materie individuate dal medesimo Statuto; che, conseguentemente, vengono
adottate autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa, anche
orientate alla riduzione del debito pubblico, idonee ad assicurare il rispetto
delle dinamiche della spesa aggregata delle amministrazioni pubbliche del territorio
nazionale, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, e, per converso,
non vengono applicate le misure adottate per le regioni e per gli altri enti
nel restante territorio nazionale.
In
particolare, l’art. 79 dello Statuto di autonomia, nel definire i termini e le
modalità del concorso – da parte del sistema territoriale regionale integrato,
costituito dalla regione, dalle province e dagli enti locali, dai propri enti e
organismi strumentali pubblici e privati e da quelli degli enti locali, dalle
aziende sanitarie, dalle università, incluse quelle non statali di cui all’art.
17, comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo
snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di
controllo), dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
dagli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati
dalle stesse in via ordinaria − al conseguimento degli obiettivi di
finanza pubblica, di perequazione e di solidarietà e all’esercizio dei diritti
e dei doveri dagli stessi derivanti, nonché all’osservanza dei vincoli
economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea,
stabilisce che detto concorso avvenga nel rispetto dell’equilibrio dei relativi
bilanci ai sensi della legge n. 243 del 2012, con la precisazione che tali
misure possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista
dall’art. l04 dello stesso Statuto e che fino alla loro eventuale modificazione
costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica (comma 2).
Fermo
restando il coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato ai sensi
dell’art. 117 Cost., il comma 3 della medesima disposizione stabilisce che sono
le province a provvedere al coordinamento della finanza pubblica provinciale,
nei confronti degli enti del loro territorio facenti parte del sistema
territoriale regionale integrato; che, al fine di conseguire gli obiettivi in
termini di saldo netto da finanziare previsti in capo alla regione e alle province
ai sensi dello stesso articolo, spetta alle province definire i concorsi e gli
obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale integrato di
rispettiva competenza; che sono le province a vigilare sul raggiungimento degli
obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti del sistema territoriale
integrato di rispettiva competenza e che, ai soli fini del monitoraggio dei
saldi di finanza pubblica, comunicano al Ministero dell’economia e delle
finanze gli obiettivi fissati e i risultati conseguiti.
L’art. 80,
comma 1, del medesimo Statuto, da ultimo sostituito dall’art.1, comma 518,
della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)»,
attribuisce, poi, al comma 4, alle Province autonome la potestà legislativa
primaria, anziché concorrente, in materia di finanza locale, potestà da
esercitarsi nel rispetto dell’art. 4 dello stesso Statuto e dei vincoli
derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
L’art. 81,
comma 2, dello Statuto prevede inoltre che, allo scopo di adeguare le finanze
dei Comuni al raggiungimento delle finalità ed all’esercizio delle funzioni
stabilite dalle leggi, le Province autonome corrispondono ai Comuni stessi
idonei mezzi finanziari da concordare tra il Presidente della relativa
Provincia ed una rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni.
Infine,
l’art. 83 dello Statuto di autonomia prevede che la regione, le province ed i
comuni hanno un proprio bilancio per l’esercizio finanziario e che la regione e
le province adeguano la propria normativa alla legislazione dello Stato in
materia di armonizzazione dei bilanci pubblici. E nella normativa di attuazione
statutaria alle province autonome è attribuita la potestà di emanare norme in
materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio e di
contratti delle medesime e degli enti da esse dipendenti (art. 16 del d.lgs. 16
marzo 1992, n. 268, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale»); dette
norme di attuazione contengono inoltre specifiche disposizioni per quanto
attiene l’attribuzione e l’esercizio delle funzioni in materia di finanza
locale da parte delle Province autonome (artt. 17, 18, e 19).
Nel
contesto normativo così descritto, si colloca il regime dei rapporti finanziari
tra Stato e autonomie speciali, dominato dal principio dell’accordo e dal
principio di consensualità (sentenze n. 82 del
2007, n. 353
del 2004, n.
98 del 2000 e n.
39 del 1984), definito, per quanto riguarda la Regione Trentino-Alto Adige
e le Province autonome di Trento e di Bolzano, dagli artt. 103, 104 e 107 dello
Statuto di autonomia.
In particolare,
con riferimento al d.lgs. n. 118 del 2011, questa Corte, nella sentenza n. 178 del
2012, ha precisato chiaramente che tutte le censure della ricorrente
Regione autonoma muovevano dall’erronea premessa interpretativa che la norma
impugnata (art. 37, comma l, primo periodo, del d.lgs. n. 118 del 2011)
imponesse agli enti ad autonomia differenziata di adottare, sia pure mediante
le procedure di attuazione statutaria, il contenuto dell’intero decreto
legislativo delegato. L’erroneità di tale premessa discende dal fatto che la
previsione di una procedura "pattizia” al fine di applicare agli enti ad
autonomia speciale una normativa in materia di sistemi contabili e di bilancio
implica necessariamente una determinazione paritetica del contenuto di detta
normativa ed esclude, perciò, l’automatica recezione della disciplina prevista
dal decreto legislativo delegato per le regioni a statuto ordinario.
Se è vero,
difatti, che con la lettera e), numero 4), dell’art. l, comma 407, della legge
n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), in attuazione del c.d. "patto di
garanzia”, è stato introdotto il comma 4-octies dell’art. 79 dello Statuto
d’autonomia, sarebbe parimenti da escludersi che il termine «recepire» usato in
tale disposizione possa intendersi come recepimento passivo dell’intera
disciplina senza alcun adattamento alla particolare situazione degli enti
locali.
Infatti,
nella sentenza
n. 263 del 2013 questa Corte ha già chiarito che, con riferimento alla
norma in base alla quale la titolarità di cariche, uffici od organi di natura
elettiva negli enti territoriali non previsti dalla Costituzione è, in linea di
principio, esclusivamente onorifica e non comporta alcuna forma di
remunerazione, l’attività di adeguamento normativa non può essere ridotta, ove
non si vogliano intendere ed applicare in senso esclusivamente formale i
principi della autonomia locale, alla mera sostituzione della fonte normativa
regionale o, in questo caso, provinciale, a quella statale, essendo in questa
già dettagliatamente predeterminato il contenuto dell’intervento legislativo
decentrato. Si deve, invece, prevedere, nel rispetto del perseguimento
dell’obiettivo del contenimento delle spese per la gestione degli organismi
rappresentativi locali, che sia il legislatore, in questo caso, provinciale ad
individuare gli specifici mezzi ed ambiti di realizzazione dei predetti
obiettivi.
L’obiettivo
dell’art. 79, comma 4-octies, sarebbe enunciato nella stessa disposizione ed
indirettamente avallato dalla citata sentenza n. 178 del
2012, ed è unicamente volto a consentire l’operatività e l’applicazione
delle predette disposizioni in attuazione dei principi contenuti nella legge n.
42 del 2009.
Una diversa
interpretazione, nel senso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri,
comporterebbe una lesione della gerarchia delle fonti, essendo la Provincia
autonoma di Bolzano unicamente vincolata al recepimento dei principi
enucleabili dalla legge delega.
Peraltro,
ove ciò non fosse già sufficiente, la Provincia autonoma evidenzia che il
medesimo d.lgs. n. 118 del 2011, con l’art. 74, comma 1, numero 4), lettera a),
ha modificato l’art. 50 del d.lgs. n. 267 del 2000, prevedendo che
l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è riservato alla legge
dello Stato e stabilito non solo dalle disposizioni di principio del d.lgs. n. 267
del 2000, ma anche del d.lgs. n. 118 del 2011.
Il
legislatore delegato avrebbe dunque precisato che l’ordinamento finanziario dei
comuni e delle comunità comprensoriali è retto unicamente dalle disposizioni di
principio enucleabili dal d.lgs. n. 118 del 2011 e non da ogni norma di
dettaglio dello stesso.
Le
disposizioni del predetto d.lgs. n. 267 del 2000 non si applicano comunque alle
regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano se
incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme
di attuazione (art. l, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000).
La
Provincia autonoma di Bolzano rammenta, infine, che in passato la competenza
legislativa per la contabilità dei comuni era in capo alla Regione Trentino-Alto
Adige (art. 4, numero 3, dello Statuto di autonomia).
Sulla base
di quanto previsto dall’art. 52-bis del d.P.G.R. 28 maggio 1999, n. 4/L (Approvazione del Testo
unico delle leggi regionali sull’ordinamento contabile e finanziario nei comuni
della Regione Trentino-Alto Adige), la Provincia autonoma di Bolzano, nel
rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 79 dello Statuto di autonomia, ha
provveduto a riassumere le disposizioni della previgente legge regionale 23
ottobre 1998, n. 10 recante «Modifiche alla legge regionale 4 gennaio 1993, n.
1 (Nuovo ordinamento dei comuni della Regione Trentino-Alto Adige)», del testo
unico di cui al d.P.R.G. n. 4/L del 1999, e del
relativo regolamento di attuazione (decreto della Presidente della Giunta
regionale 27 ottobre 1999, n. 8/L), modificando e aggiornando la disciplina
regionale, ora provinciale, alle disposizioni del d.lgs. n. 267 del 2000, come
modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011.
Attualmente,
comunque, le norme statutarie attribuiscono alla Provincia autonoma di Bolzano
la potestà legislativa esclusiva, e la corrispondente potestà amministrativa,
in materia di finanza locale, nonché il coordinamento della finanza pubblica
provinciale che comprende la finanza locale (artt. 16, 79, 80 e 81, in
particolare, commi 3 e 4 dello Statuto di autonomia, e artt. 17 e 18 del d.lgs.
n. 268 del 1992).
4.−
In merito alle singole censure la Provincia autonoma di Bolzano svolge le
seguenti osservazioni.
4.1.− Secondo il ricorrente, l’art. 2 della legge prov. n. 17
del 2015 − che stabilisce che l’ordinamento finanziario e contabile degli
enti locali è disciplinato dalle disposizioni di detta legge e reca l’ambito di
applicazione della stessa − sarebbe illegittimo, in quanto si
rivolgerebbe ad un perimetro normativo non coincidente con quello indicato
dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011.
La
Provincia autonoma sostiene l’inconferenza del
parametro evocato e la carente ricostruzione del quadro normativo in materia di
armonizzazione dei bilanci.
In
particolare, l’applicazione dei principi di cui al d.lgs. n. 118 del 2011 agli
enti strumentali deriverebbe dal disposto dell’art. 23, comma 1, della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 23 dicembre 2014, n. 11, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017 (Legge finanziaria 2015)», in base
al quale: «Le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e
degli schemi di bilancio previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n.
118, e successive modifiche, sono recepite negli ordinamenti contabili della
Provincia, degli enti locali e dei relativi enti e organismi strumentali e
trovano applicazione a decorrere dall’esercizio finanziario successivo a quello
previsto per le regioni a statuto ordinario».
Peraltro,
il comma 3 dell’art. 71 della legge prov. n. 17 del 2015 rinvia espressamente
all’art. 23, commi 2 e 3, della legge prov. n. 11 del 2014, che nella versione
attualmente vigente dispone: «2. L’adozione dei principi applicati della
contabilità economico-patrimoniale e il conseguente affiancamento della
contabilità economico patrimoniale alla contabilità finanziaria previsto
dall’articolo 2, commi l e 2, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e
successive modifiche, è rinviato all’anno 2017. 3. A decorrere dal 2016 la
Provincia autonoma di Bolzano e gli enti locali del territorio provinciale
adottano gli schemi di bilancio e di rendiconto previsti dal comma l
dell’articolo 11 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive
modifiche, cui è attribuita funzione autorizzatoria».
La
legittimità dell’impugnato art. 2 deriverebbe inoltre indirettamente dall’art.
52 della legge prov. n. 17 del 2015, che al comma 4 così dispone:
«Contestualmente al rendiconto, l’ente approva il rendiconto consolidato,
comprensivo dei risultati degli eventuali organismi strumentali secondo le
modalità previste dall’articolo 11, commi 8 e 9, del decreto legislativo 23
giugno 2011, n. 118, e successive modifiche».
L’art. 59
della legge prov. n. 17 del 2015 disciplina inoltre il bilancio consolidato e
prevede che lo stesso bilancio consolidato di gruppo è predisposto secondo le
modalità previste dal d.lgs. n. 118 del 2011, e successive modifiche, e che è
redatto secondo lo schema previsto dall’allegato n. 11 del menzionato decreto.
In
conclusione, la lettura combinata della legge prov. Bolzano n. 17 del 2015 e
dell’art 23 della legge prov. Bolzano n. 11 del 2014 consentirebbe di ritenere
l’impugnato art. 2 costituzionalmente legittimo.
4.2.‒ L’art. 3 della legge prov. n. 17 del 2015 stabilisce
genericamente i principi generali e differisce leggermente dall’art. 151 del
TUEL (d.lgs. n. 267 del 2000) al fine di rendere le disposizioni provinciali
compatibili con l’art. 81 dello Statuto d’autonomia e con la relativa norma di
attuazione, costituita dall’art. 18 del d.lgs. n. 268 del 1992.
L’art. 3
impugnato, secondo il ricorrente, sarebbe illegittimo, in quanto non farebbe
proprio l’allegato 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011.
La Provincia
resistente evidenzia la non fondatezza della doglianza, sia in quanto l’art.
151 del d.lgs. n. 267 del 2000 non si riferisce in alcun modo all’allegato 4/1;
sia in quanto l’adozione degli schemi di bilancio è disciplinata dal menzionato
art. 23 (commi 2 e 3) della legge prov. n. 11 del 2014. Infine, l’art. 71 della
legge prov. n. 17 del 2015 rinvia alle disposizioni della legge prov. n. 11 del
2014.
Ne consegue
che anche gli enti locali della provincia di Bolzano, nel redigere gli
strumenti della programmazione degli enti locali di cui al numero 4.2.)
dell’allegato 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011, dovranno attenersi alle
indicazioni ivi contenute essendo altrimenti tali strumenti ‒ quali il
Documento unico di programmazione (DUP), nota di aggiornamento del DUP, schema
di bilancio di previsione finanziario, il piano esecutivo di gestione e delle
performances, il piano degli indicatori di bilancio, lo schema di delibera di
assestamento del bilancio, il controllo della salvaguardia degli equilibri di
bilancio, le variazioni di bilancio e lo schema di rendiconto sulla gestione ‒
illeggibili.
Ad ogni
modo, l’art. 8, comma 4, della legge prov. n. 17 del 2015 richiama
espressamente il principio in base al quale il documento unico di
programmazione è predisposto nel rispetto di quanto previsto dal principio
applicato della programmazione di cui all’allegato n. 4/1 del d.lgs. n. 118 del
2011 e successive modifiche.
La
questione di legittimità costituzionale sollevata è quindi inammissibile, in
quanto si sostanzia in una mera enunciazione di principio, che non solo
prescinde dal contenuto delle norme impugnate, ma che neppure specifica quali
principi statali dei bilanci pubblici entrino nella specie in gioco.
Peraltro,
l’invocato parametro normativo è inconferente e non tiene conto della
disciplina provinciale in materia di armonizzazione, che è contenuta anche in
altre disposizioni provinciali, sicché la doglianza è priva di fondamento.
4.3.− L’art. 4 della legge prov. n. 17 del 2015 stabilisce il
potere regolamentare degli enti locali.
Secondo il
ricorrente tale norma sarebbe illegittima, in quanto non citerebbe l’art. 152
del TUEL.
Una simile
doglianza è priva di ogni fondamento, in quanto, come già detto, ai sensi
dell’art. l, comma 2, del TUEL, le disposizioni dello stesso non si applicano
direttamente alla Provincia autonoma di Bolzano.
In ogni
caso la mancata riproduzione testuale dell’art. 152 del TUEL è comunque
irrilevante, in ragione del rinvio al d.lgs. n. 118 del 2000 che con l’art. 74,
comma 1, numero 6), lettera b) [recte: lettere a e
b], ha modificato il menzionato art. 152 del TUEL.
Inoltre,
l’art. 4, comma 4, della legge prov. n. 17 del 2015, si limita a consentire
agli enti locali, con il regolamento di contabilità, di disciplinare alcuni
aspetti particolari.
L’unica
differenza tra l’art. 4, comma 4, della legge prov. n. 17 del 2015 e l’art. 152
TUEL consisterebbe nel fatto che sono stati tralasciati gli aspetti regolati in
altre parti della stessa legge prov., quali, ad esempio, le disposizioni sul
servizio di tesoreria e sui revisori dei conti, nonché ulteriori disposizioni
in materia di enti locali.
Questa
Corte ha comunque più volte affermato che alla legge regionale e provinciale
«non è consentito ripetere quanto già stabilito da una legge statale» (sentenze n. 98
e n. 18 del 2013
e n. 271 del
2009), perché in tal modo si verifica «un’indebita ingerenza in un settore,
[...] costituente principio fondamentale della materia» (sentenza n. 153 del
2006).
4.4.− L’art. 7 della legge prov. n. 17 del 2015, che
disciplina i principi per la redazione del bilancio di previsione, sarebbe,
secondo il ricorrente, illegittima, in quanto in contrasto con gli artt. 151 e
162 del TUEL, come modificati dal d.lgs. n. 118 del 2011, che non prevederebbero eccezioni di sorta.
Tale
doglianza è del tutto generica e non tiene conto dell’intero impianto del TUEL
e della disciplina provinciale.
L’art. 162,
comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 non rinvia esplicitamente alle eccezioni con
riferimento alla procedura del riconoscimento dei debiti fuori bilancio, in
quanto l’istituto dei debiti fuori bilancio è di per sé un’eccezione alla
gestione contabile regolare, prevista anche dal TUEL.
L’art. 194
del TUEL, difatti, così dispone: «1. Con deliberazione consiliare di cui
all’articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti
di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori
bilancio derivanti da: a) sentenze esecutive; b) copertura di disavanzi di
consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi
derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato
rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il
disavanzo derivi da fatti di gestione; c) ricapitalizzazione, nei limiti e
nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di
capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali; d) procedure
espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità; e)
acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi l,
2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed
arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza. 2. Per il pagamento l’ente può provvedere anche mediante
un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello
in corso, convenuto con i creditori».
Quelli
indicati nell’art. 194 del TUEL sarebbero gli stessi casi elencati che
ricorrono anche nell’art. 37, comma l, della legge prov. n. l7 del 2015.
Pertanto
anche questa doglianza sarebbe infondata.
4.5.− Secondo il ricorrente, l’art. 8 della legge prov. n. 17
del 2015 che disciplina il documento unico di programmazione sarebbe
illegittimo, in quanto prevederebbe un termine
difforme per l’adozione di detto documento di programmazione rispetto a quello
previsto dall’art. 151 del TUEL, come modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011.
Effettivamente,
l’art. 151 del TUEL prevede il termine del 31 luglio, mentre la norma
provinciale prevede quello del 31 ottobre.
In base
alla competenza in materia di enti locali, di cui all’art. 81 dello Statuto
speciale, si è stabilito un termine diverso da quello previsto dal d.lgs. n.
118 del 2011, e successive modifiche, anche in considerazione del fatto che
tale disciplina non comporterebbe in alcun modo una lesione dei principi
previsti dal citato decreto legislativo, né per quanto riguarda la
programmazione, né per quanto riguarda in generale i documenti programmatici ed
il loro inserimento all’interno della gestione dell’esercizio finanziario degli
enti.
Peraltro,
il termine di cui all’art. 151 del TUEL non sarebbe in alcun caso da ritenere
termine perentorio ed inderogabile.
Il
legislatore nazionale ha, difatti, più volte prorogato il termine del 31
luglio, talvolta con un decreto.
In
particolare, il Decreto del Ministro dell’interno 3 luglio 2015 ha differito al
31 ottobre 2015 il termine per la presentazione del documento unico di
programmazione degli enti locali, relativo almeno ad un triennio decorrente
dall’anno 2016.
Successivamente,
stante le difficoltà applicative emerse a livello nazionale in sede di stesura
del documento unico di programmazione, da adottarsi per la prima volta nel
2015, in quanto introdotto dal d.lgs. n. 118 del 2011, coordinato con il d.lgs.
10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e correttive del decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni,
degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della
legge 5 maggio 2009, n. 42), che ha aggiornato il testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, ed alla luce delle possibili modifiche
normative al patto di stabilità interno per gli enti locali e per l’attuazione
del principio del pareggio di bilancio da parte della legge 28 dicembre 2015,
n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», con l’art. l, comma l, del
D.M. 28 ottobre 2015 è stato disposto un ulteriore differimento del termine per
la presentazione del Documento unico di programmazione degli enti locali,
relativo ad almeno un triennio, dal 31 ottobre al 31 dicembre 2015. In
conseguenza di detto differimento è stato previsto che gli enti locali
presentino la relativa nota di aggiornamento entro il 28 febbraio 2016.
Questa
Corte, con la sentenza
n. 77 del 2013, si è già espressa incidenter
tantum circa la legittimità della fissazione del termine per l’approvazione del
bilancio di previsione da parte del legislatore provinciale ed esigerebbe,
pertanto, una coerenza con i termini statali, ma non «la pedissequa copiatura».
Il termine
fissato dal legislatore provinciale terrebbe comunque conto delle realtà medie
e piccole degli enti comunali in provincia di Bolzano e risulta, quindi,
legittimo.
4.6.− L’art. 12 della legge prov. n. 17 del 2015 disciplina il
fondo di riserva.
Secondo il
ricorrente tale norma sarebbe illegittima, in quanto disciplinerebbe l’organo
competente a disporre l’utilizzo del fondo in contrasto con l’art. 48 del
d.lgs. n. 118 del 2011 che lascerebbe all’ente solo la regolamentazione delle
modalità e dei limiti di prelievo.
Tale
censura è inammissibile per errata individuazione del parametro.
L’art. 48
del d.lgs. n. 118 del 2011 richiamato fa, difatti, chiaramente riferimento
all’ordinamento contabile della regione. Infatti, esso si trova nel Titolo III
concernente l’ordinamento finanziario e contabile delle regioni e disciplina i
fondi di riserva del bilancio regionale.
Ma anche
nel merito la questione sarebbe infondata.
L’art. 12, comma
5, della legge prov. n. 17 del 2015, difatti, attribuisce la competenza per
quanto riguarda il fondo di riserva all’organo esecutivo e tale competenza
corrisponde perfettamente all’organo individuato a livello statale dall’art.
176 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011.
4.7.− L’art. 14 della legge prov. n. 17 del 2015, che
disciplina il piano esecutivo di gestione, secondo il Presidente del Consiglio
dei ministri sarebbe illegittimo, in quanto la disciplina statale non
concederebbe le facoltà previste dalla norma in esame in favore degli enti di
popolazione inferiore ai 10.000 abitanti e sarebbe pertanto in contrasto con
l’art. 74, comma l, numero 18), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art.
169 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Secondo la
Provincia autonoma, le disposizioni censurate sarebbero ascrivibili alla
potestà esclusiva in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative
circoscrizioni», di cui all’art. 4 dello Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige
e, pertanto, la denunciata violazione dell’art. 169 del TUEL sarebbe
insussistente.
Il limite
dei 10.000 abitanti discende, difatti, direttamente dall’art. 4, comma l, del d.P.Reg. l febbraio 2005, n. 3/L (Testo unico delle leggi
regionali sull’ordinamento dei comuni della Regione autonoma Trentino-Alto
Adige), ove è prevista la possibilità di attribuire tramite statuto e norme
regolamentari compiti di natura tecnico-gestionale al sindaco, agli assessori o
all’organo esecutivo nei comuni privi di figure dirigenziali.
La
possibilità di prevedere tali figure dirigenziali è prevista dall’art. 37,
comma l, del d.P.Reg. l febbraio 2005, n. 2/L
(Approvazione del testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento dei comuni
della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige) unicamente per i comuni sopra i
10.000 abitanti; motivo per cui anche il PEG è obbligatorio unicamente per
questi comuni.
I comuni
più piccoli operano con un atto programmatico (art. 37, comma 9), come già
previsto nella normativa regionale ora abrogata.
In
conclusione, dal momento che la Provincia autonoma di Bolzano è tenuta
all’applicazione solo dei principi desumibili dalla normativa statale, e
prevedendo la normativa statale una disciplina semplificata per i comuni con
una determinata popolazione, l’art. 14 della legge prov. n. 17 del 2015 sarebbe
rispettoso di tale principio, adattandolo ai diversi presupposti desumibili
dall’ordinamento regionale.
4.8.− Sostiene l’Avvocatura generale dello Stato che l’art. 15
della legge prov. n. 17 del 2015, che disciplina la predisposizione e
l’approvazione del bilancio di previsione e dei suoi allegati, sarebbe
illegittimo, in quanto prevederebbe dei termini non
conformi a quelli indicati nella normativa statale, di cui all’art. 174 TUEL.
Il termine
di cui al menzionato art. 174 non sarebbe comunque da ritenere termine
perentorio ed inderogabile, in base a quanto già illustrato in relazione
all’impugnato art. 8.
I termini
di cui all’art. 151 del TUEL, al quale rinvia espressamente l’art. 174, sono
stati difatti prorogati con D.M. 28 ottobre 2015 e, successivamente, con D.M.
10 marzo 2016.
La
disponibilità di detti termini da parte dello Stato dovrebbe comportarne la
modificabilità anche da parte della Provincia autonoma di Bolzano, che gode di
competenze esclusive in materia.
4.9.− L’art. 16 della legge prov. n. 17 del 2015, che concede
ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti l’allegazione facoltativa
al bilancio di previsione di determinati documenti, sarebbe illegittima, in
quanto secondo la normativa statale, di cui all’art. 11, comma 3, del d.lgs. n.
118 del 2011, tale facoltà di non allegazione non sarebbe prevista.
Anche
questa questione sarebbe infondata.
In primo
luogo, si evidenzia l’erroneità del parametro normativo invocato, dal momento
che l’art. 11 ora citato, dopo aver elencato, al comma 3, i documenti da
allegare al bilancio di previsione, al successivo comma 10 ne prevede la
facoltatività, per alcuni documenti, per i comuni con popolazione inferiore a
5.000 abitanti. L’art. 16 della legge prov. n. 17 del 2015 risulta dunque
rispettosa dei principi statali, che prevedono per i comuni più piccoli un
attenuato obbligo di allegazioni, giustificato sicuramente dalla dimensione del
comune.
4.10.‒ L’art. 17 della legge prov. n. 17 del 2015, che
disciplina l’esercizio provvisorio e la gestione provvisoria, sarebbe
illegittimo, in quanto secondo la normativa statale, di cui all’art. 163 del
TUEL, l’esercizio provvisorio deve essere autorizzato con legge o con decreto
del Ministero dell’interno e non con accordo, come invece previsto dalla norma
impugnata.
La
questione sarebbe infondata, in quanto non tiene conto delle specifiche norme
in materia di finanza locale vigenti in provincia di Bolzano e, in particolare ‒
oltre ai già menzionati artt. 81 dello Statuto di autonomia e 18 del d.lgs. n.
268 del 1992 ‒ dell’art. 17, comma 1, delle norme di attuazione dello
Statuto di autonomia in materia di finanza regionale e provinciale (d.lgs. n.
268 del 1992), in base al quale «Le attribuzioni dell’amministrazione dello
Stato in materia di finanza locale esercitate direttamente dagli organi
centrali e periferici dello Stato, nonché quelle già spettanti alla Regione
Trentino-Alto Adige nella stessa materia, sono esercitate per il rispettivo territorio
dalle province di Trento e Bolzano […]». In provincia di Bolzano, dunque, il
Ministro dell’interno non potrebbe differire i termini di approvazione del
bilancio, in quanto privo di competenza in materia.
4.11.‒ La censura relativa all’art. 18 della legge prov. n. 17
del 2015, che disciplina le variazioni al bilancio di previsione, per essere in
contrasto con la disciplina di cui all’articolo 175 del TUEL, sarebbe,
innanzitutto, inammissibile per genericità, non comprendendosi in quale parte
la disciplina provinciale differirebbe da quella statale.
In ogni
caso la Provincia autonoma di Bolzano evidenzia che le differenze tra le
menzionate disposizioni sarebbero meramente lessicali e non inciderebbero sulla
disciplina sostanziale.
Le
differenze tra le due disposizioni consisterebbero, infatti, nella dicitura
«della gestione provvisoria» contenuta nel comma 6, lettera a), dell’art. 18
della legge prov. n. 17 del 2015, anziché nell’espressione «dell’esercizio
provvisorio» del comma 5-bis, lettera a), dell’art. 175 del TUEL; nel comma 10
dell’art. 18 della legge prov. n. 17 del 2015, che omette la dicitura «di
giunta», contenuta nel comma 6 dell’art. 175 del TUEL; nel fatto che l’art. 18
in esame contiene i riferimenti normativi relativi alla medesima legge, mentre
il corrispondente art. 175 del TUEL contiene i riferimenti normativi allo
stesso; infine, nei commi dell’art. 18, che sono indicati numericamente (dal
comma l al comma 14), a differenza di quelli dell’articolo 175 del TUEL,
elencati alfabeticamente.
Queste
lievi differenze non sarebbero tali da considerare la disciplina illegittima,
con consequenziale rigetto della questione.
4.12.‒ Infine, quanto all’asserita illegittimità costituzionale
dell’art. 66, per aver ricompreso tra i compiti del revisore la vigilanza sugli
inventari e quella sui contratti collettivi, non previste dalla disciplina
statale, la Provincia autonoma osserva, innanzitutto, che la vigilanza della
tenuta degli inventari si giustifica sulla considerazione che stati patrimoniali
e conti economici corretti si devono basare sugli inventari.
L’evoluzione
dei sistemi di rivelazione contabile nell’ambito degli enti pubblici
territoriali, che ha portato alla rendicontazione economico-patrimoniale,
impone, tra l’altro, la predisposizione e l’aggiornamento periodico degli
inventari degli elementi attivi e passivi del patrimonio dell’ente. L’art. 230,
comma 7, del TUEL dispone che gli enti locali provvedono annualmente
all’aggiornamento degli inventari.
Tale
attività rientra nel più ampio obbligo di vigilanza previsto dal legislatore
secondo il quale al collegio dei revisori spetta la vigilanza sulla regolarità
contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente
all’acquisizione delle entrate, all’effettuazione delle spese, all’attività
contrattuale, all’amministrazione dei beni, alla completezza della
documentazione, agli adempimenti fiscali e alla tenuta della contabilità.
Il
riferimento alla tenuta della contabilità pone a carico dell’organo di
revisione il controllo anche degli inventari, per i quali il legislatore si è
limitato a prevedere l’aggiornamento.
In
generale, la difesa della Provincia autonoma rammenta che per inventario si
intende una raccolta di elenchi analitici delle partite che, sommate e
raggruppate, conducono, sulla base delle valutazioni effettuate, agli importi
delle rispettive voci di bilancio. Al fine di fornire elementi di riflessione
per l’attività di revisione da parte del Collegio dei revisori relativamente a
tale scrittura contabile, in assenza di altre previsioni normative specifiche,
si deve fare riferimento a quanto previsto nel codice civile e nella normativa
tributaria.
In
particolare, l’art. 2217 cod. civ. stabilisce che l’inventario deve essere
redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e, successivamente, ogni anno e
deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività
relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore
estranee alla medesima.
L’inventario
si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite, il quale
deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite.
Nelle valutazioni di bilancio l’imprenditore deve attenersi ai criteri
stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili.
Infine, è previsto che l’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore
entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi
ai fini delle imposte dirette.
Quindi,
sulla base di tale quadro normativo, sarebbe certamente opportuno prevedere la
vigilanza degli inventari da parte dei revisori dei conti.
In
relazione all’art. 66, comma 2, lettera g), della legge prov. impugnata, che
prevede tra le funzioni del revisore dei conti anche la vigilanza
sull’applicazione dei contratti collettivi, la Provincia autonoma osserva che
essa si giustifica per il fatto che dai contratti collettivi possono derivare
delle spese che potrebbero influenzare la gestione economica, come, ad esempio,
la particolare disciplina in materia di bilinguismo che prevede il pagamento di
indennità non previste a livello statale.
Anche a
livello legislativo statale, dall’art. 40, comma 3-sexies, del d.lgs. 30 marzo
2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), è previsto un simile controllo.
Un richiamo
a tale obbligo di vigilanza non contrasterebbe dunque con il sistema giuridico
nazionale: la disposizione provinciale, pertanto, è pienamente compatibile con
l’impianto normativo statale e si sottrae alla denunciata illegittimità.
Infine, per
quanto concerne gli altri punti previsti dalla disciplina statale (art. 175,
comma l, lettera b, numeri l, 3, 4, 5 e 7 del TUEL), non sono stati
espressamente ripetuti nel censurato art. 66, perché sono contenuti, anche
implicitamente, nelle disposizioni di cui al medesimo art. 66, comma l, lettere
b), numero 1), e c).
In
particolare, il numero 1) previsto dalla disciplina statale (art. 175, comma l,
lettera b, del TUEL) non è stato ripreso nella disciplina provinciale, perché
rientra nelle proposte di cui all’art. 66, comma l, lettera b), numero 1); il
numero 7) previsto dalla disciplina statale (art. 175, comma l, lettera b, del
TUEL) non è stato ripreso nella disciplina provinciale, perché rientra nelle
proposte di cui all’art. 66, comma l, lettera c); riguardo ai punti 3), 4) e 5)
previsti dalla disciplina statale (art. 175, comma l, lettera b, del TUEL),
essi sono di importanza secondaria rispetto alle altre funzioni dell’organo di
revisione contabile a livello locale.
Tale
disciplina terrebbe anche conto del fatto che in provincia di Bolzano non sono
molto diffuse le partecipazioni ad organismi esterni e che il ricorso
all’indebitamento già da anni è in netta diminuzione, risultando sporadici i
casi in cui, ad oggi, i comuni contraggono contratti di mutuo; infine, in
provincia di Bolzano non esistono comuni strutturalmente deficitari o con
disavanzo di amministrazione.
La
Provincia ha dunque concluso per il rigetto del ricorso.
5.−
In prossimità dell’udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello Stato ha
depositato memoria in cui ha confutato le argomentazioni difensive.
La
Provincia autonoma di Bolzano, difatti, ha l’obbligo, in virtù dell’art. 79,
comma 4-octies, del d.P.R. n. 670 del 1972, di recepire il d.lgs. n. 118 del
2011 e la facoltà di regolamentare aspetti contabili non disciplinati dal
suddetto decreto o da questo demandati all’ente o alle peculiarità statutarie
garantite alla Provincia, mentre non è legittimata a dettare disposizioni in
contrasto con la disciplina statale.
Le
censurate disposizioni, invece, nel provvedere alla regolamentazione della
disciplina contabile applicabile ai comuni e alle comunità comprensoriali della
Provincia in contrasto con il d.lgs. n. 118 del 2011, lede l’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., nonché l’art. 81, sesto
comma, Cost., con riguardo al principio del pareggio del bilancio e l’art. 97,
primo comma, Cost. in relazione ai principi dell’equilibrio del bilancio ed alla
sostenibilità del debito pubblico, derivanti dalla partecipazione dell’Italia
all’Unione europea. I parametri da ultimo menzionati (artt. 81, sesto comma, e
97, primo comma, Cost.) possono ritenersi implicitamente richiamati nel ricorso
introduttivo, secondo quanto affermato nella recente sentenza n. 184 del
2016 ed in considerazione della loro intima connessione.
Quanto alle
singole disposizioni, il ricorrente ribadisce l’illegittimità del censurato
art. 2, dal momento che la disposizione richiamata dalla resistente (art. 23
della legge prov. n. 11 del 2014) si è limitata a stabilire l’obbligo di
recepire le disposizioni in materia di armonizzazione negli ordinamenti degli
enti e degli organismi strumentali ma, allorché la Provincia ha dato attuazione
alle predette disposizioni, non avrebbe potuto generare il rischio di un non
consentito restringimento del campo applicativo della disciplina statale.
Quanto
all’art. 3, l’omesso riferimento all’allegato 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011,
che detta prescrizioni puntuali ed organiche in relazione alla materia della
programmazione di bilancio, consentirebbe agli enti di applicare solo il
dettato normativo e non il predetto allegato.
L’art. 4 della
legge prov. impugnata, inoltre, non richiama i principi statali di carattere
inderogabile, facendo comunque salva la legge provinciale; inoltre, le
eccezioni previste dalla disciplina provinciale sono in parte differenti da
quella statale.
L’art. 7,
nel disciplinare il bilancio di previsione, prevede eccezioni non contemplate
dalla disciplina statale; inoltre, il richiamo al corrispondente art. 194 del
d.lgs. n. 267 del 2000 non sarebbe corretto, dal momento che anche le eccezioni
previste da quest’articolo con riguardo ai debiti fuori bilancio risultano
essere inferiori a quelle previste dalla Provincia autonoma.
Anche la
previsione, ai sensi dell’art. 8, di un termine per la presentazione del
documento unico di programmazione differente da quello previsto dal legislatore
statale sarebbe lesivo degli evocati parametri, dal momento che la proroga di
detto termine da parte dello Stato per ragioni straordinarie non comporta la
facoltà della Provincia di sottrarsi alla scadenza sancita dal d.lgs. n. 118 del
2011.
L’art. 12
della legge prov. Bolzano n. 17 del 2015 attribuisce all’organo esecutivo la
competenza in ordine all’utilizzo del fondo di riserva in contrasto con il
d.lgs. n. 118 del 2011 che stabilisce, al contrario, che i prelievi dal fondo
sono disposti con decreto dirigenziale per il fondo di riserva per spese
obbligatorie, e con delibera della giunta regionale per quanto concerne il
fondo di riserva per spese impreviste. La legge provinciale, se poteva definire
le modalità ed i limiti di prelievo dal fondo, non poteva incidere sulla
titolarità delle delibere di utilizzo.
Anche
l’art. 14 sarebbe illegittimo, in quanto prevede la facoltatività di alcuni
adempimenti concernenti il Piano esecutivo di gestione per gli enti di
popolazione inferiore ai 10.000, e non per quelli con popolazione inferiore ai
5.000, come invece previsto dalla norma statale.
Il termine
per la predisposizione e la presentazione del bilancio di previsione
finanziario e il documento unico di programmazione, previsto dall’art. 15,
sarebbe in contrasto con quello previsto dall’art. 174 del d.lgs. n. 267 del
2000 e, dunque, lesivo degli evocati parametri, dal momento che la proroga di
detto termine da parte dello Stato per ragioni straordinarie non comporta la
facoltà della Provincia di sottrarsi alla scadenza sancita dal d.lgs. n. 118
del 2011.
L’art. 16
consente l’allegazione facoltativa al bilancio di previsione, da parte dei
Comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, in termini più restrittivi
del d.lgs. n. 118 del 2011, limitando la facoltà di allegazione della
presentazione solo ad alcuni dei documenti.
La
previsione dell’art. 17 stabilisce che l’esercizio provvisorio possa essere
autorizzato con accordo anziché con legge o con decreto del Ministero
dell’interno, in violazione dell’art. 74, comma 1, numero 12), del d.lgs. n.
118 del 2011. Non possono al riguardo essere utilmente invocati, a differenza
di quanto fa la Provincia autonoma, l’art. 81 dello Statuto di autonomia e
l’art. 18 delle Disposizioni di attuazione, i quali si occupano della
corresponsione dei mezzi finanziari ai Comuni per il raggiungimento delle
finalità previste dalle leggi e l’esercizio delle funzioni da queste stabilite,
da effettuare mediante accordo, ma non riguardano l’esercizio provvisorio.
L’art. 18
prevede una disciplina dettagliata delle variazioni al bilancio di previsione
in violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato
dall’art. 74, comma 1, numero 23) del d.lgs. n. 118 del 2011.
Anziché
limitarsi a regolamentare le procedure amministrative che il d.lgs. n. 118 del
2011 demanda alle regioni e alle province autonome, e l’esercizio di eventuali
facoltà concesse nell’individuazione della titolarità dell’organo competente,
la disposizione impugnata prevede i singoli casi e indica l’organo competente
ad operare le variazioni al bilancio, mancando, peraltro, di esaustività.
Infine, la
mancata indicazione di alcune competenze del revisore contabile, nell’art. 66
della legge impugnata, contrasta con l’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000, non
potendosi ritenere implicitamente evocate anche quelle non espressamente
previste, né sostenerne l’importanza secondaria, dal momento che tutte le
funzioni elencate nella norma statale si propongono di garantire l’uniformità
delle procedure a livello nazionale e la salvaguardia dei valori indicati nelle
norme costituzionali violate.
L’Avvocatura
generale ha quindi concluso per l’accoglimento del ricorso.
6.− Anche la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato memoria in cui, in
via preliminare, ha chiesto volersi dichiarare la cessazione della materia del
contendere, in considerazione dell’intervenuta abrogazione della legge
impugnata ad opera della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre
2016, n. 25 (Ordinamento contabile e finanziario dei comuni e delle comunità
comprensoriali della Provincia di Bolzano), entrata in vigore il 1°gennaio
2017.
Ha, infine,
richiamato le conclusioni rassegnate nell’atto di costituzione.
7.‒
All’udienza pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri, ritenendo, al
contrario, alcune disposizioni riproduttive della legge impugnata ha chiesto il
trasferimento delle questioni di legittimità costituzionale promosse nel
presente giudizio alle norme sopravvenute.
In
particolare, l’Avvocatura generale dello Stato ha indicato gli artt. 1, 3, 4,
5, 6, 7, 8, 14, 28 e 32 della legge prov. n. 25 del 2016.
Entrambe le
parti hanno, quindi, insistito nelle conclusioni già formulate.
1.– Il
Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 7, comma 4, 8, 12, 14, 15, 16, 17, 18 e 66,
nonché delle «ulteriori disposizioni a queste connesse e correlate», della
legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre del 2015, n. 17
(Ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità
comprensoriali), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della
Costituzione ed in relazione agli artt. 1, comma 1; 11, comma 3; 48; 74, comma
1, numeri 5), 6), 11), 12), 18), 22), 23) e 61); e all’allegato 4/1 del decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione
dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti
locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio
2009, n. 42).
1.1.– Il ricorrente premette che il menzionato d.lgs. n. 118 del 2011 ‒ a
garanzia dell’unitarietà e dell’omogeneità della disciplina contabile dei
bilanci pubblici – disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli
schemi di bilancio delle regioni, in conformità all’art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., che riserva alla potestà esclusiva statale la materia
«armonizzazione dei bilanci pubblici».
La ratio di
tale competenza esclusiva statale della disciplina attuativa contenuta nel
citato d.lgs. n. 118 del 2011, nonché delle norme presupposte e successive,
sarebbe quella di rendere omogenei i sistemi di bilancio delle regioni e delle
province autonome, fornendo una disciplina di riferimento unica, vincolante per
tutti gli enti territoriali, al fine di disporre regole comuni per il
consolidamento dei conti pubblici, come previsto dalla legge 5 maggio 2009, n.
42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione), dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196
(Legge di contabilità e finanza pubblica) e dalla legge 24 dicembre 2012, n.
243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai
sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione).
In questo
contesto, anche la Provincia autonoma di Bolzano sarebbe tenuta a rispettare
l’ambito di competenza esclusiva dello Stato e la normativa statale interposta.
La
Provincia autonoma si dovrebbe limitare – ai sensi dell’art. 79, comma
4-octies, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), come introdotto dall’art. 1, comma 407,
lettera e), numero 4), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge di stabilità 2015)» (detto articolo, ha, peraltro, recepito il contenuto
di uno specifico accordo del medesimo tenore intervenuto in materia tra lo
Stato e la Provincia autonoma di Bolzano nell’ottobre del 2014), – al mero
recepimento, mediante rinvio formale recettizio, delle disposizioni in materia
di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
regioni, degli enti locali e dei loro organismi, previste dal d.lgs. n. 118 del
2011, in modo da omogeneizzare l’operatività e l’applicazione delle predette
disposizioni nel contesto organizzativo della Provincia autonoma, ferma
restando, tuttavia, l’immediata applicabilità agli enti locali della Provincia
autonoma di Bolzano delle regole contenute nel citato decreto legislativo.
1.2.– Ciò premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri censura le
disposizioni della legge prov. n. 17 del 2015 perché, a suo avviso, si
porrebbero in contrasto con quanto previsto dal richiamato d.lgs. n. 118 del
2011.
L’art. 2
della legge prov. impugnata, stabilendo che «l’ordinamento finanziario e
contabile degli enti locali è disciplinato dalle disposizioni della presente
legge», individuerebbe un «perimetro normativo» non coincidente con quello
indicato dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, atteso che la
disciplina statale si applica anche agli organismi ed agli enti strumentali
individuati dal successivo comma 2; la norma impugnata, inoltre, non
contemplerebbe, quale disciplina prevalente su quella provinciale, quella
recata dal d.lgs. n. 118 del 2011.
L’art. 3
della legge prov. n. 17 del 2015 detterebbe in tema di programmazione una
disciplina difforme da quella del d.lgs. n. 118 del 2011 e segnatamente dal
«principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio», di
cui all’allegato n. 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011, che contiene una disciplina
articolata ed organica di detta materia.
Il
successivo art. 4 demanderebbe agli enti locali una potestà regolamentare che
differisce da quanto previsto dall’art. 152 del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come
modificato dall’art. 74, comma 1, numero 6), lettera b) [recte:
lettere a e b], del d.lgs. n. 118 del 2011 e successive modifiche, il quale
dovrebbe costituire l’unica disciplina di riferimento per assicurare unitarietà
ed uniformità.
L’art. 7,
comma 4, della legge prov. impugnata regolerebbe la redazione del bilancio in
contrasto con gli artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificati
dall’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11), del d.lgs. n. 118 del 2011, nella parte
in cui prevede eccezioni non contemplate nella citata normativa statale.
Il
successivo art. 8, nel disciplinare il documento unico di programmazione,
indicherebbe un termine difforme per la sua adozione rispetto a quello previsto
dall’art. 74, comma l, numero 5), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica
l’art. 151 del d.lgs. 267 del 2000. La norma impugnata, infatti, prescrivendo
che «Entro il 31 ottobre di ciascun anno la giunta presenta al consiglio il
documento unico di programmazione per le conseguenti deliberazioni. Il primo
documento unico di programmazione è adottato con riferimento agli esercizi
finanziari 2016 e successivi», contrasterebbe con il citato art. 74, comma l,
numero 5), il quale prevede che il documento di programmazione sia presentato
entro il 31 luglio di ogni anno.
L’art. 12
della legge prov. n. 17 del 2015, disciplinando il fondo di riserva anche in
relazione all’organo competente a disporne l’utilizzo, sarebbe in contrasto con
l’art. 48 del d.lgs. n. 118 del 2011, che lascia all’ente solo la
regolamentazione delle modalità e dei limiti di prelievo.
L’art. 14
della legge prov. impugnata, regolando il piano esecutivo di gestione e le sue
variazioni in contrasto con l’art. 74, comma l, numero 18), del d.lgs. n. 118
del 2011, che modifica l’art. 169 del d.lgs. n. 267 del 2000, conferirebbe
prerogative non consentite agli enti locali della Provincia autonoma con
popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.
Il
successivo art. 15, in tema di predisposizione e approvazione del bilancio di
previsione e dei suoi allegati, contrasterebbe con l’art. 174 del d.lgs. n. 267
del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 22), del d.lgs. n. 118
del 2011, prevedendo, tra l’altro, dei termini non conformi a quelli ivi
indicati.
L’art. 16
della legge prov. in esame concede ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000
abitanti una facoltà in materia di allegazione di documenti al bilancio di
previsione in contrasto con l’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011,
che, viceversa, sancirebbe l’obbligo di predisposizione degli allegati al bilancio
di previsione.
L’art. 17
della medesima legge prevederebbe una disciplina dell’esercizio provvisorio in
contrasto con l’art. 74, comma l, numero 12), del d.lgs. n. 118 del 2011, che
modifica l’art. 163 del d.lgs. n. 267 del 2000, laddove è stabilito che
l’esercizio provvisorio possa essere autorizzato con accordo invece che con
legge.
Il
successivo art. 18, disciplinando le variazioni al bilancio di previsione,
sarebbe in contrasto con l’art. 175 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato
dall’art. 74, comma l, numero 23), del d.lgs. n. 118 del 2011.
Infine,
l’art. 66 della legge prov. n. 17 del 2015, in tema di funzioni del revisore
dei conti, contrasterebbe con l’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000, come
modificato dall’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs. n. 118 del 2011, nella
parte in cui non prevede le funzioni dei revisori dei conti stabilite dal
d.lgs. da ultimo menzionato e includerebbe, tra i loro compiti, la vigilanza
sugli inventari (comma l, lettera c) e quella sui contratti collettivi (lettera
g), non previste nella disciplina statale.
1.3.– Si è
costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato manifestamente inammissibile o, comunque, infondato.
Dopo aver
premesso che il ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri si
fonda sull’asserita violazione del d.lgs. n. 118 del 2011, in quanto attuativo
dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza
esclusiva dello Stato la materia dell’armonizzazione dei bilanci pubblici, e
che le regioni e le province autonome sarebbero tenute a rispettarlo a garanzia
dell’unitarietà della disciplina contabile dei bilanci pubblici, la resistente
richiama l’art. 79, comma 4-octies, del proprio Statuto di autonomia, in base
al quale la Provincia autonoma di Bolzano avrebbe l’obbligo di recepire con
propria legge, mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in materia
di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
regioni, degli enti locali e dei loro organismi. In tale attività di
recepimento godrebbe di un’autonomia che troverebbe limiti solo nei principi
sussumibili dal d.lgs. n. 118 del 2011 e non nelle singole regole di dettaglio
di quest’ultimo.
In forza
del Titolo VI dello Statuto speciale di autonomia la Provincia autonoma di
Bolzano beneficerebbe di una particolare autonomia in materia finanziaria,
rafforzata dalla previsione di un meccanismo peculiare per la modifica delle
disposizioni recate dal medesimo Titolo VI, che ammette l’intervento del
legislatore statale con legge ordinaria solo in presenza di una preventiva
intesa con la Regione e le Province autonome, in applicazione dell’art. 104
dello stesso Statuto.
A tal fine
la resistente ricorda che, con il cosiddetto "Accordo di Milano” del 30
novembre 2009, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e le Province autonome
di Trento e di Bolzano hanno concordato con il Governo la modificazione del
Titolo VI dello Statuto di autonomia, secondo la menzionata procedura
rinforzata.
L’intesa
avrebbe introdotto, ai sensi dell’art. 2, commi da 106 a 126, della legge 23
dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), un nuovo sistema di
relazioni finanziarie con lo Stato, anche in attuazione del processo di riforma
in senso federalista contenuto nella legge n. 42 del 2009. In tale prospettiva
il comma 106 precisa che le disposizioni recate dai commi da 107 a 125 sono
approvate ai sensi e per gli effetti del predetto art. 104 dello Statuto, onde
la necessità di rispettare i parametri statutari e le relative norme di
attuazione.
Il
successivo accordo del 15 ottobre 2014, cosiddetto "Patto di garanzia”, tra lo
Stato, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento
e di Bolzano, avrebbe introdotto l’ulteriore modificazione del Titolo VI dello
Statuto di autonomia, sempre secondo la procedura rinforzata prevista dal
menzionato art. 104.
Detta
intesa, recepita con la legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilità 2015)», avrebbe ulteriormente innovato, ai sensi dell’art. l, commi
da 407 a 413, della legge stessa, il sistema di relazioni finanziarie con lo
Stato. In tale contesto il comma 406, prescrivendo che le disposizioni recate
dai commi da 407 a 413 sono approvate ai sensi e per gli effetti del predetto
art. 104, conferirebbe rango costituzionale ai contenuti dell’intesa medesima.
In virtù
del descritto contesto normativo, nei confronti della Regione, delle Province
autonome e degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato
non sarebbero applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri,
accantonamenti, riserve all’erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi
quelli afferenti al patto di stabilità interno, diversi da quelli previsti dal
Titolo VI dello Statuto di autonomia. In tale prospettiva la Regione e le
Province autonome provvederebbero, per sé e per gli enti del sistema
territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle finalità di
coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni
statali, adeguando, ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992,
n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e
provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), la
propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli artt. 4 e 5
dello Statuto di autonomia, nelle materie individuate dal medesimo Statuto.
Conseguentemente, verrebbero adottate autonome misure di razionalizzazione e
contenimento della spesa idonee ad assicurare il rispetto delle dinamiche della
spesa aggregata delle amministrazioni pubbliche del territorio nazionale, in
coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea e, per converso, non verrebbero
applicate le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante
territorio nazionale.
Nel
contesto normativo così descritto, si collocherebbe il regime dei rapporti
finanziari tra Stato ed autonomie speciali, dominato dal principio dell’accordo
e dal principio di consensualità, definito, per quanto riguarda la Regione
autonoma Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano,
dagli artt. 103, 104 e 107 dello Statuto di autonomia.
L’interpretazione
del parametro costituzionale proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri
sarebbe in contrasto con il principio di gerarchia delle fonti, essendo la
Provincia autonoma di Bolzano unicamente vincolata al recepimento dei principi
enucleabili dalla legge delega n. 42 del 2009.
Secondo la
resistente, l’ordinamento finanziario dei comuni e delle comunità
comprensoriali sarebbe retto unicamente dalle disposizioni di principio
enucleabili dal d.lgs. n. 118 del 2011 e non da ogni norma di dettaglio dello
stesso.
Sulla base
di tali argomentazioni la Provincia autonoma ha quindi specificamente svolto
specifiche e articolate deduzioni in relazione alle singole disposizioni
censurate, concludendo per il rigetto del ricorso.
1.4.−
In prossimità dell’udienza pubblica, entrambe le parti hanno depositato
memorie.
La
Provincia autonoma di Bolzano ha chiesto volersi dichiarare la cessazione della
materia del contendere in considerazione dell’intervenuta abrogazione della
legge impugnata ad opera della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12
dicembre 2016, n. 25 (Ordinamento contabile e finanziario dei comuni e delle
comunità comprensoriali della Provincia di Bolzano), entrata in vigore il 1°
gennaio 2017.
1.5.– Nel corso dell’udienza, la difesa del Presidente del Consiglio dei
ministri ha dichiarato che l’intervenuta abrogazione delle disposizioni
censurate non sarebbe affatto satisfattiva delle pretese del ricorrente.
Fermo
restando che la legge impugnata avrebbe avuto piena attuazione fino alla
abrogazione, intervenuta il 20 dicembre 2016, e che, quindi, non potrebbe
operare l’istituto della cessazione della materia del contendere, l’Avvocatura
generale dello Stato sottolinea come una serie di norme della legge abrogativa
sopravvenuta abbiano riprodotto ed aggravato i vizi della precedente; a tal
fine ha sollecitato questa Corte ad operare il trasferimento delle originarie
censure sulle nuove disposizioni.
L’Avvocatura
indica come riproduttivi o peggiorativi delle precedenti violazioni gli artt.
1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 14, 28 e 32 della legge prov. n. 25 del 2016, ricordando
che alcune di tali disposizioni contrasterebbero con quanto precedentemente
deciso da questa Corte in fattispecie analoghe.
2.– In via preliminare, è necessario decidere sulla richiesta di declaratoria
di cessazione della materia del contendere avanzata dalla resistente.
Trattandosi
di questioni inerenti a norme che hanno disciplinato l’esercizio 2016 e posto
che la loro abrogazione decorre dal 1° gennaio 2017, è evidente l’avvenuta
applicazione medio tempore della normativa censurata, con conseguente
impossibilità di dichiarare cessata la materia del contendere.
3.– Prima di procedere all’esame delle singole censure proposte dal Presidente
del Consiglio dei ministri occorre soffermarsi sui punti di dissenso
interpretativo tra le parti; punti la cui risoluzione risulta pregiudiziale ai
fini della decisione delle questioni proposte, dal momento che essi
costituiscono la premessa maggiore delle contrapposte argomentazioni.
Tale
dialettica ermeneutica riguarda essenzialmente: a) il rapporto tra il parametro
costituzionale invocato – l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – in
relazione alle norme interposte e l’art. 79, comma 4-octies, dello Statuto
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige; b) il carattere del «rinvio formale
recettizio» al d.lgs. n. 118 del 2011 previsto – per la Provincia autonoma di
Bolzano – dal citato art. 79, comma 4-octies, dello Statuto speciale; c)
l’interpretazione della sentenza n. 184 del
2016 di questa Corte in tema di rapporti tra armonizzazione dei conti
pubblici ed autonomia finanziaria delle regioni, nel caso di specie della
Provincia autonoma di Bolzano.
3.1.–
Quanto al profilo sub a), il ricorrente ritiene che il parametro costituzionale
invocato e le norme interposte attuative dello stesso costituiscano regole
direttamente vincolanti per tutti gli enti territoriali nazionali, mentre la
Provincia autonoma di Bolzano assume che da tali norme interposte dovrebbero
essere desunti i soli principi, rimanendo in capo alla Provincia stessa la
competenza ad attuarli nel modo più peculiare e congruente con le
caratteristiche territoriali degli enti sub-provinciali.
Peraltro,
per quanto riguarda più specificamente il riferimento al d.lgs. n. 118 del 2011
– sia per la parte direttamente applicata agli enti locali, sia per quella
indirettamente ad essi riferita attraverso le modifiche che il decreto in
questione ha apportato al d.lgs. n. 267 del 2000 – esso è inteso dal Presidente
del Consiglio dei ministri come "integrale”, cioè comprensivo di tutte le
disposizioni che riguardano la struttura e la disciplina dei bilanci, mentre la
Provincia autonoma di Bolzano ritiene che, per quanto la riguarda, valgano solo
i principi desumibili dal medesimo d.lgs. n. 118 del 2011, ben potendosi – come
avvenuto attraverso la legge impugnata – adeguare i principi attraverso diverse
norme espressive delle peculiarità provinciali.
3.2.– Per
quanto riguarda il «rinvio formale recettizio» prescritto dall’art. 79, comma
4-octies, dello Statuto di autonomia, norma assurta a rango costituzionale per
effetto del meccanismo di "decostituzionalizzazione”
della parte finanziaria dello Statuto della Regione autonoma Trentino-Alto
Adige, precedentemente descritto, lo Stato ritiene che tale prescrizione,
intervenuta a seguito dell’accordo (Patto di garanzia) tra le parti, sia un
mero adempimento formale della Provincia autonoma di Bolzano per rendere
coerente al dettato costituzionale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost. l’ordinamento finanziario e contabile della Provincia stessa e dei
suoi enti locali. La resistente, al contrario, ritiene che detta disposizione
costituisca il fondamento di un’autonomia finanziario-contabile, legittimante
un regime peculiare degli enti locali altoatesini, pur nel rispetto dei principi
desumibili dal d.lgs. n. 118 del 2011.
3.3.– Alla
luce di tali divergenti opinioni viene letta anche la sentenza di questa
Corte n. 184 del 2016: lo Stato la interpreta come confermativa del proprio
assunto in considerazione del fatto che detta sentenza conferirebbe
all’armonizzazione contabile un carattere "integrato” tra tutti i precetti
costituzionali posti a tutela degli interessi finanziari di carattere generale;
la Provincia autonoma di Bolzano la richiama, al contrario, come legittimante
la propria autonomia finanziaria nei confronti dello Stato.
3.4.– Con riguardo ai dialettici profili ermeneutici precedentemente
sintetizzati, occorre innanzitutto precisare che l’armonizzazione dei bilanci
pubblici è una competenza esclusiva dello Stato, che non può subire deroghe
territoriali, neppure all’interno delle autonomie speciali costituzionalmente
garantite.
Prima
ancora che una conseguenza giuridica dello spostamento di tale competenza
statale dal terzo al secondo comma dell’art. 117 Cost. per
effetto della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del
principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale)
l’indefettibilità del principio di armonizzazione dei bilanci pubblici è
ontologicamente collegata alla necessità di leggere, secondo il medesimo
linguaggio, le informazioni contenute nei bilanci pubblici. Ciò per una serie
di inderogabili ragioni tra le quali, è bene ricordare, la stretta relazione
funzionale tra «armonizzazione dei bilanci pubblici», «coordinamento della
finanza pubblica», «unità economica della Repubblica», osservanza degli
obblighi economici e finanziari imposti dalle istituzioni europee. Ai fini
della tutela dell’unità economica della Repubblica, la finanza di regioni ed
enti locali concorre con la finanza statale al perseguimento degli obiettivi di
convergenza e stabilità derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
europea, operando in coerenza con i vincoli che ne derivano in ambito
nazionale, sulla base dei principi fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci
e del coordinamento della finanza pubblica (in tal senso, in un affollato
contesto di recenti disposizioni, merita di essere ricordato l’art. 1, comma 1,
della legge n. 196 del 2009, ove si stabilisce che le amministrazioni pubbliche
«concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti in
ambito nazionale in coerenza con le procedure e i criteri stabiliti dall’Unione
europea e ne condividono le conseguenti responsabilità»; con precisazione che
il «concorso al perseguimento di tali obiettivi si realizza secondo i principi
fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci e del coordinamento della finanza
pubblica».
Già prima
dello spostamento della materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» dal terzo
al secondo comma dell’art. 117 Cost., questa Corte aveva precisato che i
vincoli generali a tutela dell’equilibrio finanziario e dei bilanci riguardano
in modo indifferenziato tutti gli enti operanti nell’ambito del sistema di
finanza pubblica allargata.
È stato
così affermato che «[l]a finanza delle Regioni a statuto speciale è infatti
parte della "finanza pubblica allargata” nei cui riguardi lo Stato aveva e
conserva poteri di disciplina generale e di coordinamento, nell’esercizio dei
quali poteva e può chiamare pure le autonomie speciali a concorrere al
conseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica, connessi anche
ai vincoli europei (cfr. sentenze n. 416 del
1995; n. 421
del 1998), come quelli relativi al cosiddetto patto di stabilità interno
(cfr. sentenza
n. 36 del 2004). Il nuovo sesto comma dell’art. 119 Cost. trova dunque
applicazione nei confronti di tutte le autonomie, ordinarie e speciali, senza
che sia necessario all’uopo ricorrere a meccanismi concertati di attuazione
statutaria: e di conseguenza non è illegittima l’estensione che la legge
statale ha disposto, nei confronti di tutte le regioni, della normativa
attuativa. Né si potrebbero rinvenire ragioni giustificatrici di una così
radicale differenziazione fra i due tipi di autonomia regionale, in relazione
ad un aspetto – quello della soggezione a vincoli generali di equilibrio
finanziario e dei bilanci – che non può non accomunare tutti gli enti operanti
nell’ambito del sistema della finanza pubblica allargata» (sentenza n. 425 del
2004).
Analogamente,
in tema di controlli di legittimità-regolarità della Corte dei conti nei
confronti degli enti locali, è stato affermato che la disciplina e
l’attribuzione di tali controlli riguarda l’intera platea degli enti locali ed
è riservata alla competenza esclusiva dello Stato poiché «se è vero che, al
momento dell’emanazione della Costituzione, per indicare l’intera finanza
pubblica non poteva non farsi riferimento al bilancio dello Stato, è
altrettanto vero che oggi tale dizione deve intendersi riferita non solo al
bilancio dello Stato, ma anche a quello di tutti gli altri enti pubblici che
costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della finanza pubblica allargata»
(sentenza n. 179
del 2007) e che «i vincoli di finanza pubblica obbligano l’Italia nei
confronti dell’Unione europea ad adottare politiche di contenimento della
spesa, il cui rispetto viene verificato in relazione al bilancio consolidato
delle amministrazioni pubbliche (sentenze n. 138 del
2013, n. 425
e n. 36 del 2004)
[…]. Quest’ultimo deve corrispondere ai canoni stabiliti dalla stessa Unione
europea mentre le sue componenti aggregate, costituite dai bilanci degli enti
del settore allargato, sono soggette alla disciplina statale che ne coordina il
concorso al raggiungimento dell’obiettivo stabilito in sede comunitaria» (sentenza n. 40 del
2014).
In tale
contesto «occorre ricordare che l’armonizzazione dei bilanci pubblici è
finalizzata a realizzare l’omogeneità dei sistemi contabili per rendere i
bilanci delle amministrazioni aggregabili e confrontabili, in modo da
soddisfare le esigenze informative connesse a vari obiettivi quali la
programmazione economico-finanziaria, il coordinamento della finanza pubblica,
la gestione del federalismo fiscale, le verifiche del rispetto delle regole
comunitarie, la prevenzione di gravi irregolarità idonee a pregiudicare gli
equilibri dei bilanci» (sentenza n. 184 del
2016).
In
sostanza, senza l’uniformità dei linguaggi assicurata dall’armonizzazione dei
conti pubblici a livello nazionale non sarebbe possibile alcun consolidamento
della finanza pubblica allargata, il quale – essendo una sommatoria dei singoli
bilanci delle amministrazioni pubbliche – non può che avvenire in un contesto
espressivo assolutamente omogeneo.
L’omogeneità
dell’espressione finanziaria e contabile deve ricomprendere non solo gli schemi
ed i modelli aggreganti ma anche la rappresentazione uniforme dei fenomeni
giuridici ed economici sottesi alla struttura matematica dei bilanci. Così, ad
esempio, deve essere uniforme la disciplina dei residui attivi e passivi perché
i crediti e i debiti delle amministrazioni pubbliche devono possedere lo stesso
comun denominatore a prescindere dal livello di autonomia di cui sono dotate le
amministrazioni stesse. Analogamente va detto per il riconoscimento dei debiti
fuori bilancio, la cui "tipicità” è connotato essenziale per l’inclusione nelle
scritture contabili degli enti territoriali.
Il
carattere polifunzionale dell’armonizzazione dei conti pubblici è stato messo
in luce da questa Corte: l’armonizzazione in «un ambito finanziario
astrattamente riferibile a più interessi costituzionali protetti, trova la sua
ragione nella disciplina di specifiche prerogative dell’ente territoriale e
nella "omogeneizzazione” di dette prerogative attraverso modalità di
"espressione contabile” le quali devono essere compatibili con le regole
indefettibili poste a tutela della finanza pubblica, in attuazione di una
pluralità di precetti costituzionali […]. Rispetto alle altre competenze
legislative dello Stato in materia finanziaria […] può dirsi che
l’armonizzazione – ancorché finalizzata a rendere i documenti contabili delle
amministrazioni pubbliche omogenei e confrontabili – dopo la legge 5 maggio
2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione), e la legge costituzionale 20 aprile
2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta
costituzionale), che ne ha sancito il passaggio dalla competenza concorrente a
quella esclusiva dello Stato, ha assunto gradualmente una sua fisionomia più
ampia e rigorosa attraverso la legislazione ordinaria ed in particolare, per
quel che riguarda gli enti territoriali, attraverso il d.lgs. n. 118 del 2011.
Il nesso di interdipendenza che lega l’armonizzazione alle altre materie, e la
conseguente profonda e reciproca compenetrazione, hanno comportato che proprio
in sede di legislazione attuativa si sia verificata un’espansione della stessa
armonizzazione ad ambiti di regolazione che si pongono nell’alveo di altri
titoli di competenza, nominati ed innominati. In sostanza, la stretta
compenetrazione degli ambiti materiali ha reso inseparabili alcuni profili di
regolazione. Così, a titolo esemplificativo, si può affermare che
l’armonizzazione si colloca contemporaneamente in posizione autonoma e
strumentale rispetto al coordinamento della finanza pubblica: infatti, la
finanza pubblica non può essere coordinata se i bilanci delle amministrazioni
non hanno la stessa struttura e se il percorso di programmazione e previsione
non è temporalmente armonizzato con quello dello Stato. [… Nel] d.lgs. n. 118
del 2011, quale norma interposta [in tema di armonizzazione], vengono
richiamate disposizioni ascrivibili, sotto il profilo teleologico, sia al
coordinamento della finanza pubblica, sia alla disciplina degli equilibri di
bilancio di cui all’art. 81 Cost., sia al principio del buon andamento
finanziario e della programmazione di cui all’art. 97 Cost. (sul collegamento
tra buon andamento finanziario e programmazione, sentenze n. 129
e n. 10 del 2016)»
(sentenza n. 184
del 2016).
4.– Dunque,
è proprio in relazione a questa sequenza dinamica e mutevole che caratterizza
la legislazione attuativa della tutela costituzionale degli interessi
finanziari, «ambito connotato dall’intreccio di competenze trasversali,
concorrenti e residuali» (sentenza n. 184 del
2016), che devono essere inquadrate le censure del Presidente del Consiglio
dei ministri con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed
in relazione a specifiche disposizione del d.lgs. n. 118 del 2011.
Se il
sistema contabile provinciale – indipendentemente dalla sua possibile
configurazione come autonoma materia ascrivibile alla potestà legislativa della
Provincia autonoma di Bolzano – non è stato totalmente sottratto ad un’autonoma
regolazione, quest’ultima è, tuttavia, «intrinsecamente soggetta a limitazioni
necessarie "a consentire il soddisfacimento contestuale di una pluralità di
interessi costituzionalmente rilevanti” (sentenza n. 279 del
2006). In particolare, l’autonomia della Provincia autonoma in questo
settore normativo trova il suo limite esterno nelle disposizioni poste dallo
Stato nell’ambito della salvaguardia degli interessi finanziari riconducibili
ai parametri precedentemente richiamati. Tali considerazioni comportano quindi
che le censure mosse alla legge […] in esame debbano essere valutate non in
astratto, ma in riferimento ad una concreta collisione con i precetti
ricavabili direttamente dalle norme costituzionali in materia finanziaria o da
specifiche norme interposte come quelle contenute nel d.lgs. n. 118 del 2011» (sentenza n. 184 del
2016).
Ai fini
della presente decisione occorre anche tener conto del fatto che non rileva in
tale contesto l’esistenza di una potestà provinciale – riconosciuta anche in
sede di accordi ai sensi dell’art. 27 della legge n. 42 del 2009 – nella
determinazione delle procedure di programmazione e contabili degli enti locali
insistenti sul proprio territorio, poiché la potestà di esprimere nella
contabilità di tali enti locali le peculiarità connesse e conseguenti
all’autonomia costituzionalmente garantita alla Provincia autonoma di Bolzano
trova il suo limite esterno nella legislazione statale ed europea in materia di
vincoli finanziari (in tal senso, la sentenza n. 6 del
2017, riferita alla Regione autonoma Sardegna).
Neppure si
verte in tema di relazioni finanziarie nel cui ambito gli accordi – ed in
particolare quelli richiamati dalla Provincia autonoma di Bolzano – diventano
indefettibili.
In
proposito questa Corte ha affermato che detti accordi servono «a determinare
nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni finanziarie
tra Stato e Regioni, sia ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza
pubblica nel rispetto dei vincoli europei, sia al fine di evitare che il
necessario concorso delle Regioni comprima oltre i limiti consentiti
l’autonomia finanziaria ad esse spettante. Ciò anche modulando le regole di
evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti, in relazione alla diversità
delle situazioni esistenti nelle varie realtà territoriali. Per questo motivo,
il contenuto degli accordi, oltre che la riduzione dei programmi in rapporto al
concorso della Regione interessata ad obiettivi di finanza pubblica, può e deve
riguardare anche altri profili di natura contabile quali, a titolo
esemplificativo, le fonti di entrata fiscale, la cui compartecipazione sia
quantitativamente controversa, l’accollo di rischi di andamenti difformi tra
dati previsionali ed effettivo gettito dei tributi, le garanzie di
finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione globale o parziale
dei rapporti finanziari tra i due livelli di governo e di adeguatezza delle
risorse rispetto alle funzioni svolte o di nuova attribuzione, la verifica di
congruità di dati e basi informative finanziarie e tributarie, eventualmente
conciliandole quando risultino palesemente difformi, ed altri elementi
finalizzati al percorso di necessaria convergenza verso gli obiettivi derivanti
dall’appartenenza all’Unione europea. In definitiva, l’oggetto dell’accordo è
costituito dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie che, nel loro
complesso, comprendono e trascendono la misura del concorso regionale. Infatti,
gli obiettivi conseguenti al patto di stabilità esterno sono i saldi
complessivi, non le allocazioni di bilancio. Per questo motivo, ferme restando
le misure finanziarie di contenimento della spesa concordate in sede europea,
le risorse disponibili nel complesso della finanza pubblica allargata ben
possono essere riallocate, a seguito di accordi, anche ad esercizio inoltrato.
Dunque, l’accordo stipulato dalle autonomie speciali consente la negoziazione
di altre componenti finanziarie attive e passive, ulteriori rispetto al concorso
fissato nell’ambito della manovra di stabilità ed è soprattutto in questo
spazio convenzionale che deve essere raggiunto l’accordo previsto
dall’impugnato comma 11» (sentenza n. 19 del
2015).
Dall’esame
del ricorso precedentemente illustrato si evince che nessuna delle censure
formulate dallo Stato ha quale oggetto le relazioni finanziarie tra lo Stato e
la Provincia autonoma di Bolzano; esse riguardano, al contrario, le modalità di
esposizione e classificazione dei fenomeni economico-finanziari finalizzate
alla omogenea redazione dei bilanci degli enti territoriali nell’ambito del
consolidamento della finanza pubblica allargata.
5.– Venendo al merito del ricorso, occorre innanzitutto esaminare, con i
criteri precedentemente espressi, la questione promossa dal Presidente del
Consiglio dei ministri nei confronti dell’art. 2 della legge prov. n. 17 del
2015, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in
relazione all’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011.
La
disposizione censurata, stabilendo che «l’ordinamento finanziario e contabile
degli enti locali è disciplinato dalle disposizioni della presente legge»,
individuerebbe un «perimetro normativo» non coincidente con quello indicato
dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, atteso che la disciplina
statale si applica anche agli organismi ed agli enti strumentali individuati
dal successivo comma 2; essa, inoltre, non contemplerebbe, quale disciplina prevalente
su quella regionale, quella recata dal d.lgs. n. 118 del 2011.
5.1– La
questione è fondata in relazione all’art. 1 del d.lgs. n. 118 del 2011, come
modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni
integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118,
recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli
schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a
norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), nella parte in
cui non prevede che il sistema contabile e lo schema di bilancio degli enti
locali provinciali e dei loro enti ed organismi strumentali sono disciplinati
dal d.lgs. n. 118 del 2011 e nella parte in cui non prevede che al legislatore provinciale
rimane attribuita una competenza normativa che non sia in contrasto con le
disposizioni della armonizzazione, del coordinamento nazionale della finanza
pubblica, del rispetto dei vincoli europei e della salvaguardia degli equilibri
di bilancio.
Infatti,
l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, stabilisce che «ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, il presente
titolo e il titolo III disciplinano l’armonizzazione dei sistemi contabili e
degli schemi di bilancio delle Regioni, ad eccezione dei casi in cui il Titolo
II disponga diversamente, con particolare riferimento alla fattispecie di cui
all’art. 19, comma 2, lettera b), degli enti locali di cui all’art. 2 del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e dei loro enti e organismi
strumentali, esclusi gli enti di cui al titolo II del presente decreto. A
decorrere dal 1° gennaio 2015 cessano di avere efficacia le disposizioni
legislative regionali incompatibili con il presente decreto».
Tale
disposizione è espressione di un principio generale dell’armonizzazione –
inteso nell’accezione "integrata” fissata dalla sentenza n. 184 del
2016 – che governa i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie
territoriali, ivi incluse le autonomie speciali. La mancata fedele
trasposizione della norma statale nella legislazione provinciale non può
comportare la sostanziale disapplicazione della prima nell’ambito della
Provincia autonoma di Bolzano. In tal senso va letto anche l’invocato art. 79,
4-octies, dello Statuto, laddove è stabilito che il recepimento del parametro
di armonizzazione interposto avvenga «mediante rinvio formale recettizio»,
senza consentire alcuna possibilità di variante al legislatore provinciale,
neppure attraverso il ricorso al principio pattizio largamente adottato per
volontà dello stesso legislatore ordinario quando quest’ultimo intende
riconoscere alcune peculiarità del sistema regionale, meritevoli di disciplina
differenziata da quella statale.
Se il
sistema contabile provinciale – come in precedenza sottolineato – non è stato
totalmente sottratto ad una differente regolazione, l’autonomia della Provincia
autonoma di Bolzano in questo settore normativo trova il suo limite esterno
nelle disposizioni poste dallo Stato nell’ambito della salvaguardia di
interessi finanziari unitari riconducibili all’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost. ed agli altri parametri inderogabili precedentemente richiamati.
Questi ultimi si integrano in modo sincretico nel concetto di armonizzazione
dei bilanci pubblici così da operare, nel giudizio di costituzionalità, «non in
astratto, ma in riferimento ad una concreta collisione con i precetti
ricavabili direttamente dalle norme costituzionali in materia finanziaria o da
specifiche norme interposte come quelle contenute nel d.lgs. n. 118 del 2011» (sentenza n. 184 del
2016). Ed è appunto questo il caso della disposizione in esame, la quale
capovolge la regola unitaria secondo cui il sistema contabile e lo schema di
bilancio degli enti locali provinciali e dei loro enti ed organismi strumentali
devono essere conformi al d.lgs. n. 118 del 2011 e non alla legge provinciale
di settore.
Come già in
precedenza ricordato da questa Corte, l’autonomia degli enti territoriali nella
materia dell’espressione finanziaria e contabile viene circoscritta, ma non
certo eliminata, perché sopravvive nella più elevata prospettiva del "rapporto
di mandato elettorale” tra amministratori ed amministrati. È stato, infatti,
precisato che «le indefettibili esigenze di armonizzazione dei conti pubblici,
di custodia della finanza pubblica allargata e della sana gestione finanziaria
non precludono peculiari articolazioni del bilancio regionale fondate
sull’esigenza di scandire la programmazione economico-finanziaria nelle
procedure contabili e le modalità analitiche di illustrazione di progetti e di
interventi. Occorre ricordare che il bilancio è un "bene pubblico” nel senso
che è funzionale a sintetizzare e rendere certe le scelte dell’ente
territoriale, sia in ordine all’acquisizione delle entrate, sia alla
individuazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche, onere
inderogabile per chi è chiamato ad amministrare una determinata collettività ed
a sottoporsi al giudizio finale afferente al confronto tra il programmato ed il
realizzato. In altre parole, la specificazione delle procedure e dei progetti
in cui prende corpo l’attuazione del programma, che ha concorso a far ottenere
l’investitura democratica, e le modalità di rendicontazione di quanto
realizzato costituiscono competenza legislativa di contenuto diverso
dall’armonizzazione dei bilanci. Quest’ultima, semmai, rappresenta il limite
esterno – quando è in gioco la tutela di interessi finanziari generali – alla
potestà regionale di esprimere le richiamate particolarità. Il carattere
funzionale del bilancio preventivo e di quello successivo, alla cui mancata
approvazione, non a caso, l’ordinamento collega il venir meno del consenso
della rappresentanza democratica, presuppone quali caratteri inscindibili la
chiarezza, la significatività, la specificazione degli interventi attuativi
delle politiche pubbliche. Sotto tale profilo, i moduli standardizzati
dell’armonizzazione dei bilanci, i quali devono innanzitutto servire a rendere
omogenee, ai fini del consolidamento dei conti e della loro reciproca
confrontabilità, le contabilità dell’universo delle pubbliche amministrazioni,
così articolato e variegato in relazione alle missioni perseguite, non sono
idonei, di per sé, ad illustrare le peculiarità dei programmi, delle loro
procedure attuative, dell’organizzazione con cui vengono perseguiti, della
rendicontazione di quanto realizzato. Le sofisticate tecniche di
standardizzazione, indispensabili per i controlli della finanza pubblica ma
caratterizzate dalla difficile accessibilità informativa per il cittadino di
media diligenza, devono essere pertanto integrate da esposizioni incisive e
divulgative circa il rapporto tra il mandato elettorale e la gestione delle
risorse destinate alle pubbliche finalità. Pertanto, la peculiarità del sistema
contabile [provinciale] mantiene, entro i limiti precedentemente precisati, la
sua ragion d’essere in relazione alla finalità di rappresentare le qualità e le
quantità di relazione tra le risorse disponibili e gli obiettivi in concreto
programmati al fine di delineare un quadro omogeneo» (sentenza n. 184 del
2016; in senso conforme, con riguardo alla Regione autonoma Sardegna, sentenza n. 6 del
2017).
6.– È inoltre impugnato l’art. 3 della legge prov. in esame, il quale
detterebbe una disciplina in materia di programmazione difforme dalla
disciplina del d.lgs. n. 118 del 2011, e segnatamente dal «principio contabile
applicato concernente la programmazione di bilancio» di cui all’allegato n. 4/1
del d.lgs. n. 118 del 2011, che contiene una regolamentazione articolata ed
organica di detta materia.
Occorre
preliminarmente verificare se la genericità del richiamo all’allegato n. 4/1 –
in quanto nel ricorso viene contestata la difformità dell’art. 3 rispetto al
suddetto allegato senza indicarne analiticamente i motivi – sia in grado di
superare il vaglio di ammissibilità, anche alla luce della successiva
specificazione contenuta nella memoria del ricorrente, in cui si fa espresso
riferimento alla possibilità per gli enti locali della Provincia autonoma di
Bolzano di derogare al termine del 31 dicembre previsto dalla norma interposta.
Raffrontando
il contenuto della disposizione impugnata con quest’ultima si ricava in modo
inequivocabile che la difformità riguarda – come appunto specificato nella
memoria del ricorrente – il termine di approvazione del bilancio di previsione.
Infatti, l’impugnato art. 3, comma 1, prescrive che gli enti locali della
Provincia autonoma «approvano […] il bilancio di previsione finanziario entro
il 31 dicembre o entro altro termine stabilito con accordo previsto
dall’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.
670, e successive modifiche, e dall’articolo 18 del decreto legislativo 16
marzo 1992, n. 268, riferiti a un orizzonte temporale almeno triennale».
Ai fini che
qui interessano è da sottolineare come l’ultima parte della disposizione faccia
riferimento alla norma statutaria ed alla disposizione di attuazione, le quali
prevedono un accordo tra il Presidente della Provincia e la rappresentanza
unitaria dei rispettivi comuni. È evidente che detto accordo è potenzialmente
in grado di derogare, sulla base della norma impugnata, al termine del 31
dicembre stabilito dall’allegato n. 4/1, numero 9.3, terzo comma, del d.lgs. n.
118 del 2011, il quale dispone: «Entro il 31 dicembre di ciascun anno il
Consiglio approva il bilancio di previsione riguardante le previsioni di
entrata e di spesa riguardanti almeno il triennio successivo».
Alla luce
di tali considerazioni, la questione in esame deve, dunque, essere ritenuta
ammissibile.
6.1.– Essa risulta altresì fondata, in riferimento all’art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost. e in relazione all’allegato n. 4/1, numero 9.3, terzo comma,
del d.lgs. n. 118 del 2011, nella parte in cui prevede che gli enti locali
possano approvare il bilancio di previsione entro un termine diverso dal 31
dicembre, attraverso l’accordo fra il Presidente della Provincia e la
rappresentanza unitaria dei comuni di cui agli artt. 81 del d.P.R. n. 670 del
1972, e successive modifiche, e 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.
268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in
materia di finanza regionale e provinciale). Nel caso di specie, infatti, la
deroga al termine generale previsto dal d.lgs. n. 118 del 2011 non costituisce
uno scostamento meramente formale poiché «la norma interposta – pur contenuta
nel decreto di armonizzazione dei bilanci – per effetto delle strette
interrelazioni tra i principi costituzionali coinvolti è servente al
coordinamento della finanza pubblica, dal momento che la sincronia delle
procedure di bilancio è collegata alla programmazione finanziaria statale e
alla redazione della manovra di stabilità, operazioni che presuppongono da
parte dello Stato la previa conoscenza di tutti i fattori che incidono sugli
equilibri complessivi e sul rispetto dei vincoli nazionali ed europei» (sentenza n. 184 del
2016).
7.‒ L’art. 4 della legge prov. n. 17 del 2015 demanderebbe agli enti locali
una potestà regolamentare che differisce da quanto previsto dall’art. 152 del
d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma 1, numero 6),
lettera b) [recte: lettere a e b], del d.lgs. n. 118
del 2011, e successive modifiche, il quale dovrebbe costituire l’unica
disciplina di riferimento per assicurare unitarietà ed uniformità.
7.1.– La questione, proposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost. ed in relazione alle citate norme interposte, è fondata,
limitatamente ai commi 1 e 4 del censurato art. 4.
Il comma 1
dispone infatti che: «Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale
applica i principi contabili stabiliti dalla presente legge, dal decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche, con modalità
organizzative corrispondenti alle proprie caratteristiche, ferme restando le
disposizioni previste dalla presente legge» ed il comma 4 che «I regolamenti di
contabilità sono approvati nel rispetto delle norme della presente legge e
della relativa normativa regionale, da considerarsi come principi generali con
valore di limite inderogabile, con eccezione delle sottoelencate norme, le
quali non si applicano qualora il regolamento di contabilità dell’ente rechi una
differente disciplina».
L’art. 152
del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma 1, numero 6),
lettera a), del d.lgs. n. 118 del 2011, dispone invece – nell’esercizio della
competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost. – che «1. Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale applica i
principi contabili stabiliti dal presente testo unico e dal decreto legislativo
23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, con modalità organizzative
corrispondenti alle caratteristiche di ciascuna comunità, ferme restando le
disposizioni previste dall’ordinamento per assicurare l’unitarietà ed
uniformità del sistema finanziario e contabile […] 3. Il regolamento di
contabilità stabilisce le norme relative alle competenze specifiche dei
soggetti dell’amministrazione preposti alla programmazione, adozione ed
attuazione dei provvedimenti di gestione che hanno carattere finanziario e
contabile, in armonia con le disposizioni del presente testo unico e delle altre
leggi vigenti […]».
Dal
confronto tra le norme impugnate e le disposizioni interposte appare evidente
come la Provincia autonoma sostituisca, di fatto, il riferimento all’art. 152
con quello alla legge provinciale, anziché ribadire – conformemente a quanto
precisato da questa Corte (sentenze n. 6 del
2017 e n.
184 del 2016) – l’indefettibilità del principio di armonizzazione e la
possibilità di applicare la legge provinciale e la potestà regolamentare degli
enti locali nei margini consentiti dal legislatore statale. Ciò senza contare
che anche le fattispecie rimesse alla potestà normativa secondaria dell’ente
locale sono parzialmente diverse da quelle previste dalla norma interposta.
L’art. 4,
comma 1, della legge prov. n. 17 del 2015 è dunque costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui dispone che ciascun ente locale provinciale
applica i principi contabili stabiliti dalla legge provinciale e che rimangono
ferme le disposizioni previste dalla legge provinciale per assicurare
l’unitarietà e l’uniformità del sistema finanziario e contabile.
L’art. 4,
comma 4, della medesima legge, invece, è costituzionalmente illegittimo in
quanto prevede che i regolamenti di contabilità sono approvati nel rispetto
delle norme della legge provinciale, da considerarsi come principi generali con
valore di limite inderogabile, e perché prevede ipotesi di potestà
regolamentare degli enti locali diverse da quelle previste dal d.lgs. n. 118
del 2011.
8.– L’art. 7, comma 4, della legge prov. impugnata disciplinerebbe la
redazione del bilancio in contrasto con gli artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267
del 2000, come modificati dall’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11), del d.lgs. n.
118 del 2011, nella parte in cui prevede eccezioni non contemplate nelle citate
disposizioni. Secondo il ricorrente, le illustrate eccezioni in materia di
redazione del bilancio non sarebbero contenute nella normativa statale di
riferimento.
La
disposizione sarebbe, dunque, illegittima in riferimento all’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost. ed in relazione all’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11),
del d.lgs. n. 118 del 2011, modificativo degli artt. 151 e 162 del d.lgs. n.
267 del 2000.
8.1.– La
questione è fondata.
Come
correttamente sostenuto dal ricorrente, tra i principi di redazione del
bilancio di previsione contenuti nella norma provinciale impugnata sono
previste eccezioni non contemplate nei correlati artt. 151 e 162 del d.lgs. n.
267 del 2000, come rispettivamente modificati dall’art. 74, comma 1, numero 5)
e numero 11) del d.lgs. n. 118 del 2011. Emerge con chiarezza dal raffronto tra
la norma provinciale e quelle interposte che dette eccezioni consistono in un
rinvio al successivo art. 37, comma 1, della medesima legge provinciale.
Infatti, dopo il richiamo ad alcuni principi generali in tema di redazione del
bilancio di previsione, i quali sono sostanzialmente conformi alle norme
interposte invocate dal ricorrente ed alle buone pratiche della materia, il
censurato art. 7, comma 4, individua, in deroga ai principi contabili, le
eccezioni previste dall’art. 37, comma 1, della medesima legge provinciale.
Quest’ultima disposizione contempla fattispecie di riconoscimento di debito
diverse e più ampie di quelle tassativamente previste per gli enti locali
dall’art. 194 del d.lgs. n. 267 del 2000.
È proprio
l’ultimo inciso della disposizione impugnata a violare l’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., poiché esso si discosta dai
principi dell’armonizzazione, peraltro invadendo, come si vedrà, altre materie
riservate allo Stato. In proposito, questa Corte ha già avuto modo di precisare
che non può essere disconosciuta la potestà di esprimere nella contabilità
regionale, pur nel rispetto dei vincoli statali, le peculiarità connesse e
conseguenti all’autonomia costituzionalmente garantita alla Regione (nel caso
di specie alla Provincia autonoma di Bolzano). La fattispecie del
riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio non rientra, tuttavia,
nella pluralità di prerogative che vanno dall’esercizio dell’autonomia
organizzativa e finanziaria, alla salvaguardia dei propri equilibri finanziari
e della programmazione, alle modalità di declinazione delle regole di volta in
volta emanate a livello statale in tema di coordinamento della finanza pubblica
e neppure è ascrivibile agli strumenti di governo e di indirizzo dell’attività
dell’amministrazione, elementi che consentirebbero di disciplinare il
riconoscimento stesso senza travalicare i limiti esterni costituiti dalla
legislazione statale ed europea in tema di vincoli finanziari (in tal senso, sentenza n. 184 del
2016).
Al
contrario, la disciplina del riconoscimento dei debiti fuori bilancio attiene
certamente a finalità connesse all’armonizzazione, al coordinamento della
finanza pubblica e all’ordinamento civile.
In
particolare, per quel che riguarda l’armonizzazione dei bilanci pubblici, non
può essere consentito che l’eccezionale immissione in bilancio di spese
irritualmente ordinate sia disciplinata in modo differenziato dagli altri enti
locali; per quanto riguarda il coordinamento della finanza pubblica, è evidente
come una disposizione di più ampia applicazione, come quella provinciale,
consenta di espandere indebitamente la spesa dei comuni insistenti sul
territorio provinciale secondo moduli diversi da quelli degli altri enti
locali; infine, per quanto concerne l’ordinamento civile, la disposizione in
questione comporta una vera e propria invasione della competenza esclusiva del
legislatore statale perché introduce, nelle fattispecie costitutive di
obbligazioni passive degli enti provinciali, ipotesi negoziali non previste dal
legislatore statale. Non a caso, il riconoscimento del debito è disciplinato
nell’art. 194 del d.lgs. n. 267 del 2000, il quale opera in regime di
specialità rispetto alle norme civilistiche che prevedono la legittimazione a
contrarre e le procedure contrattuali delle amministrazioni pubbliche.
Da quanto
considerato emerge la stretta connessione funzionale tra l’art. 37, comma 1,
della legge prov. n. 17 del 2015, relativo al riconoscimento di debiti fuori
bilancio, e la norma impugnata, della quale condivide analoga illegittimità: di
talché dalla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4,
della legge prov. n. 17 del 2015 consegue, in applicazione dell’art. 27 della
legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), in ragione dell’evidenziato rapporto di
consequenzialità, anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1,
della stessa legge provinciale.
9.– L’art. 8 della legge prov. n. 17 del 2015, nel disciplinare il documento
unico di programmazione, indicherebbe un termine difforme per l’adozione del
documento di programmazione rispetto a quello previsto dall’art. 74, comma l,
numero 5), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 151 del d.lgs. 267
del 2000. In particolare, la norma provinciale, prescrivendo che «Entro il 31
ottobre di ciascun anno la giunta presenta al consiglio il documento unico di
programmazione per le conseguenti deliberazioni. Il primo documento unico di
programmazione è adottato con riferimento agli esercizi finanziari 2016 e
successivi», contrasterebbe con l’art. 74, comma l, numero 5), del d.lgs. n.
118 del 2011, il quale prevede che il documento di programmazione sia
presentato entro il 31 luglio di ogni anno.
9.1.– La questione, proposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost. ed in relazione ai citati parametri interposti, è fondata nella parte
in cui prevede che il documento unico di programmazione viene presentato al
Consiglio entro il 31 ottobre di ciascun anno per le conseguenti deliberazioni
anziché entro il 31 luglio, come previsto dalla evocata disposizione statale.
10.– L’art. 12 della legge prov. n. 17 del 2015, disciplinando il fondo di
riserva anche in relazione all’organo competente a disporne l’utilizzo, sarebbe
lesivo dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in relazione all’art. 48
del d.lgs. n. 118 del 2011, che lascia all’ente solo la regolamentazione delle
modalità e dei limiti di prelievo.
10.1.– La
questione non è fondata.
La
disposizione richiamata dal ricorrente ‒ l’art. 48 del d.lgs. n. 118 del
2011 ‒ è inconferente in quanto disciplina i fondi di riserva delle
regioni e non quelli degli enti locali, regolati, invece, dall’art. 167 del
d.lgs. n. 267 del 2000.
11.– L’art. 14 della legge prov. n. 17 del 2015, disciplinando il piano
esecutivo di gestione (PEG) e le sue variazioni in contrasto con l’art. 74,
comma l, numero 18), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 169 del
d.lgs. n. 267 del 2000, consentirebbe ai comuni di popolazione inferiore ai
10.000 abitanti di evitare la predisposizione del citato PEG.
11.1.– La questione, proposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost. ed in relazione alle citate norme interposte, è fondata.
Il decreto
legislativo n. 118 del 2011 prevede, attraverso la norma invocata dal
Presidente del Consiglio dei ministri, tale deroga solo per gli enti locali con
popolazione inferiore ai 5000 abitanti, limite che deve essere applicato anche
agli enti locali appartenenti alla Provincia autonoma di Bolzano. È vero che il
PEG non riguarda espressamente la struttura del bilancio dell’ente locale, di
talché si potrebbe ritenere che la facoltà di predisporlo possa essere rimessa
all’autonomia dell’ente territoriale. Tuttavia il PEG, in quanto tale, è
elemento consustanziale alla espressione del rapporto tra politiche
finanziarie, espresse nella redazione del bilancio in senso stretto, e loro
attuazione. È strumento di programmazione e di autorizzazione alla spesa
finalizzato ad ordinare ed a razionalizzare l’attività degli enti locali,
attraverso la previsione di obiettivi, risorse e responsabilità di gestione.
Esso consente la programmazione analitica dei flussi finanziari, l’attribuzione
delle risorse ai responsabili, la possibilità di correlare l’utilizzo di tali
risorse agli obiettivi assegnati, fornendo nel contempo gli strumenti adatti a
creare, in capo ai funzionari competenti, attribuzioni specifiche e coerenti
responsabilità attuative.
L’indefettibilità
della sua redazione non lede certamente l’autonomia dell’ente locale, ed in
particolare quella organizzativa, perché il PEG è costruito "a matrice”
sull’organizzazione dell’ente senza creare alcuna preclusione o predefinizione dei moduli operativi che l’ente stesso,
nella sua autonomia, può darsi.
Infatti,
successivamente all’approvazione del bilancio annuale da parte del Consiglio
comunale, la Giunta, attraverso la redazione del PEG, suddivide il bilancio
(del quale il piano esecutivo di gestione costituisce peraltro un’analitica
rappresentazione) in partite di entrata e di spesa relative agli obiettivi da
raggiungere, assegnando ciascun obiettivo ai responsabili dei servizi
competenti, secondo l’organizzazione autonomamente fissata dall’ente territoriale.
Costituendo
un documento nel quale viene a concretizzarsi, dal punto di vista
attuativo-gestionale, l’indirizzo politico dell’ente locale, il PEG assume la
qualità di strumento di raccordo tra l’organo politico ed i funzionari
preposti, definito per ampiezza e contenuto (obiettivi da raggiungere,
dotazioni da impiegare, relativa tempistica) e commisurato ai fattori reali e
potenziali (cambiamenti organizzativi, legislativi ecc.) incidenti sul piano
operativo, di modo che risulti più immediata l’individuazione delle relative
responsabilità.
Non
prescrivendo la legge statale alcun modello organizzativo vincolante, la
concreta definizione del PEG spetta, in ultima analisi, alla libertà di
autoregolamentazione dell’ente locale, come risulta confermato dalla prassi,
nella quale molteplici sono i modelli che di tale strumento sono stati
realizzati.
Quanto
detto permette anche di inquadrare la ratio della diversa e più rigorosa
delimitazione demografica dell’esenzione da parte della norma statale rispetto a
quella provinciale impugnata: essa non risiede certamente in un ampliamento
dell’autonomia degli enti cui è riservata la possibilità di derogare
all’impiego del PEG, bensì trova ragione nelle specifiche dimensioni
amministrative dei destinatari della facoltà, di regola caratterizzate da una
dotazione burocratica talmente limitata da rendere sostanzialmente irrilevante
la scansione analitica degli obiettivi in relazione alle singole competenze ed
alle conseguenti responsabilità gestorie. E tale
situazione dimensionale non è certo diversa con riguardo agli enti locali della
Provincia autonoma di Bolzano.
12.– L’art. 15 della legge prov. n. 17 del 2015, in tema di predisposizione e
approvazione del bilancio di previsione e dei suoi allegati, contrasterebbe con
l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 174 del
d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 22), del
d.lgs. n. 118 del 2011, prevedendo, tra l’altro, dei termini non conformi a
quelli indicati nella normativa statale.
12.1.– La questione è fondata, nella parte (commi 1 e 3) in cui prevede per la
presentazione dello schema di bilancio finanziario e del documento unico di
programmazione nonché per la deliberazione del bilancio di previsione la
possibilità di termini diversi da quelli stabiliti dal d.lgs. n. 118 del 2011.
Infatti, il
comma 1 dell’articolo impugnato prevede la presentazione dello schema di
bilancio di previsione e del documento unico di programmazione entro il termine
previsto dal regolamento di contabilità dell’ente locale, anziché entro il
termine del 15 novembre di ogni anno fissato dall’art. 174, comma 1, del d.lgs.
n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma 1, numero 22), lettera a),
del d.lgs. n. 118 del 2011, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera aa), del
decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e
correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).
Il comma 3
della disposizione censurata, a sua volta, ammette la possibilità di derogare
al termine del 31 dicembre per deliberare il bilancio di previsione, previsto
dall’art. 174, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000, attraverso un diverso
termine fissato mediante accordi ai sensi dell’art. 81 del d.P.R. n. 670 del
1972, e successive modifiche, e dell’art. 18 del d.lgs. n. 268 del 1992.
Valgono,
anche in questo caso, le considerazioni svolte in ordine all’illegittimità
costituzionale dell’art. 3, comma 1, della medesima legge provinciale.
13.– L’art. 16 della legge prov. in esame concede ai comuni con popolazione
inferiore ai 5.000 abitanti una facoltà derogatoria in materia di allegazione
di documenti al bilancio di previsione. Il Presidente del Consiglio ritiene che
ciò sia in contrasto con l’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011, il
quale prevede, tra l’altro, l’obbligo, per gli enti locali, di allegazione al
bilancio del prospetto delle spese previste per l’utilizzo di contributi e
trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali e del prospetto
delle spese previste per lo svolgimento delle funzioni delegate dalle regioni.
13.1.– La censura del ricorrente non è fondata perché il successivo comma 10 del
medesimo art. 11 prevede una eccezione, in termini di facoltatività,
assolutamente speculare a quella della norma provinciale impugnata. Si tratta,
in sostanza, di un recepimento formale della disposizione statale come
prescritto dall’art. 79, comma 4-octies del decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, introdotto dall’art. 1, comma 407, lettera
e), numero 4), della legge n. 190 del 2014.
14.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge prov.
n. 17 del 2015, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
ed in relazione all’art. 74, comma l, numero 12), del d.lgs. n. 118 del 2011,
aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera aa), del d.lgs. n. 126 del 2014, che
modifica l’art. 163 del d.lgs. n. 267 del 2000, è fondata nella parte in cui
prevede che l’esercizio provvisorio è autorizzato con accordo tra il Presidente
della Provincia ed una rappresentanza del comune, mentre la norma statale
dispone che «L’esercizio provvisorio è autorizzato con legge o con decreto del
Ministro dell’interno che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 151, primo
comma, differisce il termine di approvazione del bilancio, d’intesa con il
Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed
autonomia locale, in presenza di motivate esigenze».
Valgono,
anche in questo caso, le considerazioni svolte in ordine all’illegittimità
costituzionale dell’art. 3, comma 1, della medesima legge provinciale.
15.– L’art. 18, della legge prov. n. 17 del 2015, disciplinando le variazioni
al bilancio di previsione, sarebbe lesivo dell’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost. in relazione all’art. 74, comma l, numero 23), del d.lgs. n. 118 del
2011, che ha modificato l’art. 175 del d.lgs. 267 del 2000.
15.1.– La
questione è fondata.
Deve,
difatti, essere condivisa la censura del Presidente del Consiglio dei ministri,
secondo cui la disposizione si sarebbe dovuta limitare all’individuazione dei
soggetti competenti e delle procedure amministrative afferenti all’adozione
delle variazioni di bilancio, lasciando del tutto inalterate le fattispecie
consentite dal d.lgs. n. 118 del 2011.
Al
contrario, la norma provinciale individua casistiche diverse, ingenerando dubbi
applicativi che possono riverberarsi sull’uniformità delle risultanze dei
bilanci.
16.– L’art. 66 della legge prov. n. 17 del 2015, in tema di funzioni del
revisore dei conti, sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost., in relazione all’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs. n. 118 del
2011, che ha modificato l’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000, nella parte in
cui non prevede le funzioni dei revisori dei conti stabilite dal d.lgs. da
ultimo menzionato, bensì quelle di vigilanza sugli inventari (comma l, lettera
c) e sui contratti collettivi (lettera g), non contemplate nella disciplina
statale.
16.1.– La
questione non è fondata.
Secondo il Presidente
del Consiglio dei ministri, l’impugnato art. 66, disciplinando le funzioni del
revisore dei conti in difformità con quanto disposto dall’art. 239 del d.lgs.
n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs.
n. 118 del 2011, sarebbe costituzionalmente illegittimo. Ciò in quanto
prevederebbe, tra i compiti del revisore, la vigilanza sugli inventari (comma
l, lettera c) e quella sui contratti collettivi (lettera g) non contemplate
nella richiamata norma interposta. Al contrario, non prevederebbe
che il revisore fornisca pareri sugli strumenti di programmazione
economico-finanziaria (di cui all’art. 239, comma l, lettera b, numero l, del
d.lgs. n. 267 del 2000), sulle modalità di gestione dei servizi e proposte di
costituzione o di partecipazione ad organismi esterni (art. 239, comma l,
lettera b, numero 3), sulle proposte di ricorso all’indebitamento (art. 239
comma l, lettera b, numero 4), sulle proposte di utilizzo di strumenti di
finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale vigente in materia
(art. 239, comma 1, lettera b, numero 5) e sulle proposte di regolamento di
contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi
locali (art. 239, comma 1, lettera b, numero 7).
In ordine a
tali profili, deve essere condivisa la tesi della Provincia autonoma, la quale
fa presente come il compito naturale della revisione contabile, sia negli
ordinamenti pubblici che privatistici, è quello di vigilare sulla
corrispondenza alla legge ed alle regole contabili ed economiche dei fatti di
gestione, come rappresentati in bilancio e nelle scritture contabili.
Sottolinea in particolare la Provincia autonoma come siano naturale terreno
della revisione contabile le verifiche inerenti «all’acquisizione delle
entrate, all’effettuazione delle spese, all’attività contrattuale,
all’amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli
adempimenti fiscali e alla tenuta della contabilità». In tal senso depongono
anche le specifiche norme di settore contenute nel decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 286 (Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di
monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati
dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11
della L. 15 marzo 1997, n. 59), laddove è previsto che «Ai controlli [interni]
di regolarità amministrativa e contabile provvedono gli organi appositamente
previsti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti della pubblica
amministrazione, e, in particolare, gli organi di revisione, ovvero gli uffici
di ragioneria, nonché i servizi ispettivi» (art. 2, comma 1), che «[l]e
pubbliche amministrazioni, nell’ambito della rispettiva autonomia, si dotano di
strumenti adeguati a: a) garantire la legittimità, regolarità e correttezza
dell’azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e
contabile)» (art. 1, comma 1) e che «è fatto divieto di affidare verifiche di
regolarità amministrativa e contabile a strutture addette al controllo di gestione,
alla valutazione dei dirigenti, al controllo strategico. Gli enti locali […]
possono adeguare le normative regolamentari alle disposizioni del presente
decreto, nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concernenti
l’ordinamento finanziario e contabile» (art. 1, comma 2, lettera e, e comma 3).
In
definitiva, la vigilanza sulla corretta compilazione degli inventari e quella
sulla corrispondenza della spesa del personale ai contratti collettivi è un
sindacato ascrivibile alla categoria dei controlli interni di
legittimità-regolarità ed alla funzione di revisione contabile.
In tale
prospettiva funzionale, le attribuzioni richiamate nella norma impugnata in
aggiunta a quelle previste dall’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000 fanno
ontologicamente parte, come correttamente evidenziato dalla Provincia
resistente, della revisione contabile, così come delineata dai principi
specifici della materia, contenuti nel d.lgs. n. 286 del 1999 e da quelli
corrispondenti vigenti in ambito civilistico.
Rimangono
da esaminare le ragioni della non fondatezza della seconda censura, inerente al
mancato inserimento, tra i compiti del revisore, di quello di esprimere pareri
sugli strumenti di programmazione economico-finanziaria, sulle modalità di
gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad
organismi esterni, sulle proposte di ricorso all’indebitamento, sulle proposte
di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disciplina
statale vigente in materia, e sulle proposte di regolamento di contabilità,
economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi locali.
È evidente
come detti adempimenti rientrino tutti nel concetto di «vigilanza sulla
regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione» di cui all’art.
66, comma 1, lettera c), della legge prov. n. 17 del 2015.
La
disposizione impugnata (art. 66 della legge prov. n. 17 del 2015) richiama,
come quella interposta (art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000) l’istituto del
parere che – con riguardo all’attività dei revisori – può essere definito
obbligatorio e non vincolante. Infatti, il controllo interno di regolarità
amministrativa e contabile cui appartiene la revisione contabile non è
vincolante per le definitive determinazioni in ordine all’efficacia dell’atto,
le quali sono comunque di pertinenza dell’organo amministrativo responsabile
(art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1999) ma è obbligatorio, come
prescritto sia dalla disposizione impugnata (art. 66, comma 2, della legge
prov. n. 17 del 2015), sia da quella interposta (art. 239, comma 1-bis, del
d.lgs. n. 267 del 2000) secondo cui «[i] pareri sono obbligatori. L’organo
consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare
adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall’organo di
revisione».
In buona
sostanza, se l’attività degli organi di revisione non può sovrapporsi al potere
decisionale dell’ente locale, la segnalazione di violazioni di regole
contabili, finanziarie ed economiche e di appropriate prescrizioni per la loro
rimozione pone l’ente interessato di fronte alla responsabilità politica ed
amministrativa di adottare eventuali decisioni in difformità da tali
prescrizioni, che potrebbero comportare ipotesi di consapevole illegittimità od
illecito nell’espletamento delle proprie funzioni.
Così
interpretato, il combinato della disposizione impugnata e di quella interposta
non presenta profili di contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost., poiché spiega esaurientemente il significato pregnante della funzione
consultiva dei revisori e l’inerenza di detta attività all’obiettivo di
avvertire e salvaguardare gli organi preposti dal rischio di adottare eventuali
decisioni non conformi a legge su tutte le questioni che hanno un impatto sulla
gestione del bilancio, ivi comprese la programmazione economico-finanziaria, la
gestione dei servizi, la costituzione o la partecipazione ad organismi esterni,
il ricorso all’indebitamento, l’utilizzo di strumenti di finanza innovativa,
l’adozione del regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio
e l’applicazione dei tributi locali. Detti adempimenti sono, dunque, in
astratto ricompresi nella norma regionale impugnata.
17.– Nel corso del presente giudizio è stata promulgata la legge prov. n. 25
del 2016 che, tra l’altro, ha abrogato, a far data dal 1° gennaio 2017, le
disposizioni impugnate. Detta sopravvenienza ha indotto la resistente a
chiedere la cessazione della materia del contendere della cui impraticabilità
si è in precedenza argomentato.
Il
Presidente del Consiglio dei ministri, ritenendo, al contrario, alcune
disposizioni riproduttive della legge impugnata ed affette da vizi di
legittimità ancora più gravi, ha chiesto il trasferimento delle questioni di
legittimità costituzionale promosse nel presente giudizio alle norme
sopravvenute ed, in particolare, agli artt. 1, 3, 4, 5, 6 ,7, 8, 14, 28 e 32,
comma 3, della nuova legge.
17.1.– È
costante orientamento di questa Corte che, in caso di ius
superveniens, la questione di legittimità
costituzionale può essere trasferita sul nuovo testo della norma impugnata,
anzitutto, a condizione che quest’ultima non «appaia dotata di un contenuto
radicalmente innovativo rispetto alla norma originaria» (sentenza n. 141 del
2016), che le modifiche siano marginali (tra le tante, sentenza n. 30 del
2012) o che comunque non abbiano «alterato la portata precettiva della
norma impugnata» (sentenza
n. 193 del 2012); ed, infine, che non siano satisfattive rispetto alle
censure proposte (sentenza
n. 219 del 2013).
La Corte ha
precisato che, ove le modifiche introdotte incidano in maniera sostanziale
sulla disciplina oggetto di impugnativa, «il supposto trasferimento della
questione di costituzionalità, lungi dal garantire il principio di effettività
della tutela delle parti nel giudizio in via di azione, supplirebbe
impropriamente all’onere di impugnazione» (sentenza n. 300 del
2012; nello stesso senso, sentenze n. 162 del
2007 e n.
137 del 2004). Si è ulteriormente affermato che «[i]n definitiva, se dalla
disposizione legislativa sopravvenuta sia desumibile una norma sostanzialmente
coincidente con quella impugnata, la questione – in forza del principio di
effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via d’azione
– deve intendersi trasferita sulla nuova norma (sentenza n. 326 del
2010 e, nello stesso senso, da ultimo, sentenze n. 40 del
2016, n. 155,
n. 77 e n. 46 del 2015)»
(sentenza n. 141
del 2016).
Anche in
relazione alle deduzioni del ricorrente, occorre verificare, quindi, se e quali
disposizioni della novella legislativa provinciale abbiano reiterato i già
dedotti vizi di illegittimità costituzionale: il che comporterebbe la
dichiarazione di illegittimità della norma in entrambi i testi scrutinati,
nella formulazione originaria ed in quella successiva (sentenza n. 178 del
2013).
18.– Tanto premesso, il trasferimento delle questioni proposte dal ricorrente
deve essere effettuato nei confronti degli artt. 1, commi 2 e 3; 3, 4 e 8,
comma 1, della legge prov. n. 25 del 2016.
18.1.– I commi 2 e 3 dell’art. 1 della legge prov. n. 25 del 2016 riproducono
sostanzialmente il contenuto dell’art. 2 e dell’art. 4, commi 1 e 4, della
legge prov. n. 17 del 2015, sulla cui illegittimità costituzionale si è
precedentemente argomentato.
Tali
disposizioni invadono la competenza esclusiva dello Stato nella determinazione
dei criteri di armonizzazione dei bilanci degli enti locali provinciali, delle
relative eccezioni nonché dei criteri di definizione degli enti interessati ad
attuare i principi dell’armonizzazione e, come le norme sostanzialmente riprodotte,
risultano, quindi, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost., in relazione all’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011 ed all’art.
74, comma 1, numero 6), lettera a), del medesimo decreto.
Pertanto
anch’esse devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime.
18.2.– Quanto all’art. 3, appare evidente che esso riproduce in modo pedissequo
il contenuto degli artt. 8 e 17 dell’abrogata legge prov. n. 17 del 2015,
dettando tempi e modalità difformi da quanto statuito rispettivamente
nell’allegato 4/1, punto 9.3, terzo comma, del d.lgs. n. 118 del 2011 e
nell’art. 74, comma 1, numero 22), lettera c), del medesimo decreto, come
aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera aa), del d.lgs. n. 126 del 2014.
Per questi
motivi anche l’art. 3 della legge prov. n. 25 del 2016 deve essere dichiarato
costituzionalmente illegittimo, in riferimento all’art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost.
18.3.– L’art. 4, comma 1, della legge prov. n. 25 del 2016 riproduce
specularmente la formulazione dell’art. 14, comma 3, della legge prov. n. 17
del 2015, alzando la soglia della deroga facoltativa alla redazione del PEG per
gli enti locali con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.
Anch’esso
deve essere quindi dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con
l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in
relazione all’art. 169, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato
dall’art. 3, comma 1, lettera g-bis), del d.l. n. 174 del 2012, così sostituito
dall’art. 74, comma 1, numero 18), del d.lgs. n. 118 del 2011, aggiunto
dall’art. 1, comma 1, lettera aa), del d.lgs. n. 126 del 2014.
18.4.– L’art. 8, comma 1, della legge prov. n. 25 del 2016, in tema di
riconoscimento di debiti fuori bilancio, riproduce specularmente l’art. 37,
comma 1, della legge prov. n. 17 del 2015 e pertanto deve essere dichiarato
costituzionalmente illegittimo per contrasto con l’art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost. in relazione all’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11), del
d.lgs. n. 118 del 2011, che ha modificato gli artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267
del 2000.
19.– Gli
artt. 5, 6, 7, 14, 28 e 32 della legge prov. n. 25 del 2016, sui quali
l’Avvocatura generale dello Stato ha chiesto il trasferimento delle questioni
di legittimità costituzionale, presentano un contenuto radicalmente innovativo
rispetto alle norme impugnate della precedente legge, di talché un loro esame
in questa sede supplirebbe impropriamente all’onere di impugnazione (ex multis,
sentenza n. 300
del 2012).
Occorre
peraltro ricordare che, sulle pretese della Provincia autonoma di Bolzano di autoattribuirsi le funzioni di controllo della Corte dei
conti nei confronti degli enti territoriali provinciali, questa Corte si è già
pronunciata.
In sede di
conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Bolzano nei
confronti dello Stato e della Corte dei conti è stato affermato che le funzioni
di controllo della Provincia e della Corte dei conti non sono assolutamente
fungibili: «Alla Corte dei conti è infatti attribuito il controllo
sull’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni
pubbliche a tutela dell’unità economica della Repubblica, in riferimento a
parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti
dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma,
Cost.): equilibrio e vincoli che trovano generale presidio nel sindacato della
Corte dei conti quale magistratura neutrale ed indipendente, garante imparziale
dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico. Alla Provincia
autonoma spettano invece diverse forme di controllo interno sulla gestione
delle risorse finanziarie, ancorché declinate in forma differenziata rispetto
agli altri enti territoriali secondo quanto previsto dalle peculiari condizioni
dello statuto di autonomia. Né può trascurarsi che tale distinzione, su cui
poggia l’estensione agli enti territoriali dotati di autonomia speciale del
controllo sulla legalità e sulla regolarità della gestione
economico-finanziaria, assuma ancora maggior rilievo nel quadro delineato
dall’art. 2, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1
(Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta
costituzionale), che, nel comma premesso all’art. 97 Cost., richiama il
complesso delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento
dell’Unione europea, ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità
del debito pubblico» (sentenza n. 60 del
2013).
Successivamente,
in sede di ricorso promosso dallo Stato nei confronti della Provincia autonoma
di Bolzano in ordine a disposizione di analogo tenore, è stato affermato che il
controllo della Corte dei conti ai sensi dell’art. 148-bis del d.lgs. n. 267
del 2000 nei confronti degli enti locali è di natura generale ed obbligatoria,
di talché «I controlli delle sezioni regionali della Corte dei conti – previsti
a partire dalla emanazione dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23
dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2006) e poi trasfusi nell’art. 148-bis
del TUEL – hanno assunto progressivamente caratteri cogenti nei confronti dei
destinatari (sentenza
n. 60 del 2013), proprio per prevenire o contrastare gestioni contabili non
corrette, suscettibili di alterare l’equilibrio del bilancio (art. 81 Cost.) e
di riverberare tali disfunzioni sul conto consolidato delle pubbliche
amministrazioni, vanificando conseguentemente la funzione di coordinamento
dello Stato finalizzata al rispetto degli obblighi comunitari. Dunque, tale
tipo di sindacato, che la norma impugnata vorrebbe concentrare nella sfera di
attribuzioni della Provincia autonoma di Bolzano, è esercitato nell’interesse
dello Stato per finalità che riguardano la finanza pubblica nel suo complesso e
non può essere confuso e sovrapposto a controlli esercitati da un ente ad
autonomia speciale. Per la sua intrinseca finalità questo tipo di verifica non
può essere affidato ad un singolo ente autonomo territoriale, ancorché a
statuto speciale, che non ne potrebbe assicurare la conformità ai canoni
nazionali, la neutralità, l’imparzialità e l’indipendenza con riguardo agli
interessi generali della finanza pubblica coinvolti. Questi ultimi trascendono
l’ambito territoriale provinciale e si pongono potenzialmente anche in rapporto
dialettico con gli interessi della Provincia autonoma sotto il profilo del
concreto riscontro delle modalità con cui i singoli enti del territorio
provinciale rispettano i limiti di contenimento della spesa. […] Dunque, l’art.
12, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 22 del 2012 viola gli artt. 81,
quarto comma, e 117, terzo comma, Cost. e gli artt. 8, 9 e 79 dello statuto
speciale e deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, in quanto
sottrae – per acquisirlo alla sfera funzionale della Provincia, in assenza di
previsione statutaria – alla Corte dei conti, organo a ciò deputato dal
legislatore statale, il sindacato sulla legittimità e regolarità dei bilanci
degli enti locali della Provincia autonoma, finalizzato a verificare il
rispetto – in detto ambito provinciale – dei limiti e degli equilibri
complessivi di finanza pubblica, alla cui attuazione detti enti concorrono» (sentenza n. 40 del
2014).
20.– In definitiva, l’impianto della legge impugnata e di quella successiva che
l’ha abrogata – così come scandito dalle norme costituzionalmente illegittime –
non appare improntato a valorizzare la conoscenza e la "leggibilità
finanziaria” dei programmi attuativi delle politiche pubbliche degli enti
territoriali della Provincia autonoma di Bolzano.
È proprio
quest’ultimo l’ambito di competenza finanziario-contabile che questa Corte ha
già individuato come proprio del legislatore regionale e delle Province
autonome, quello, cioè, di chiarire e specificare le scelte e le priorità
politiche del governo territoriale, tradotte nella composizione quantitativa,
qualitativa e finalistica delle partite attive e passive del bilancio. È stato,
infatti, precisato che in ossequio alle esigenze «della democrazia
rappresentativa […] deve essere assicurata ai membri della collettività la
cognizione delle modalità con le quali le risorse vengono prelevate, chieste in
prestito, destinate, autorizzate in bilancio ed infine spese» (sentenza n. 184 del
2016).
In altre
parole, la disciplina dell’esposizione divulgativa (riservata al legislatore
provinciale) dei termini numerici che caratterizzano il bilancio di previsione
costituisce elemento di razionalizzazione e di trasparenza del processo
decisionale dell’ente territoriale, fornendo alla collettività amministrata il
senso delle priorità politiche e della loro proiezione finanziaria, così da
individuare, rispettivamente ex ante (bilancio di previsione) ed ex post
(rendiconto) la reale traiettoria delle gestioni pubbliche e dei loro risultati
effettivi.
Al
contrario, le norme censurate non appaiono, nel loro complesso, idonee ad
integrare – sotto il profilo della trasparenza, della chiarezza, della
significatività e della specificazione degli interventi attuativi delle
politiche pubbliche – la forte connotazione tecnica dei principi di
armonizzazione.
Tali
principi – come già osservato da questa Corte – risultano indispensabili per
assicurare l’uniformità giuridica delle transazioni finanziarie e l’omogeneità
dei dati finanziario-contabili della finanza pubblica allargata ed, in ragione
di questi obiettivi, sono caratterizzati da una accentuata standardizzazione
tecnica che produce, di riflesso, una difficile accessibilità informativa per
il cittadino di media diligenza (ancora, sentenza n. 184 del
2016). Proprio nello scopo di qualificare la natura ed il funzionamento
reale di un sistema di democrazia rappresentativa su base territoriale, trova
fondamento e limite l’autonomia finanziaria e contabile della Provincia
autonoma di Bolzano che, con riguardo alle norme censurate – le quali vengono,
al contrario, a realizzare una mera integrazione finalizzata soprattutto a
derogare e distorcere le regole dell’armonizzazione del d.lgs. n. 118 del 2011
– non è stata correttamente esercitata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 2 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre 2015,
n. 17 (Ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità
comprensoriali), nella parte in cui non prevede che l’ordinamento finanziario e
contabile degli enti locali provinciali e dei loro enti ed organismi
strumentali è disciplinato dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi
di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma
degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e nella parte in cui non
prevede che al legislatore provinciale rimane attribuita una competenza
normativa che non sia in contrasto con le disposizioni della armonizzazione,
del coordinamento nazionale della finanza pubblica, del rispetto dei vincoli
europei e della salvaguardia degli equilibri di bilancio;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 3, comma 1, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, limitatamente
alle parole «o entro altro termine stabilito con accordo previsto dall’articolo
81 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e
successive modifiche, e dall’articolo 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992,
n. 268, riferiti a un orizzonte temporale almeno triennale»;
3) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 1, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, nella parte in
cui dispone che ciascun ente locale provinciale applica i principi contabili
stabiliti «dalla presente legge» e nella parte in cui prevede «ferme restando
le disposizioni previste dalla presente legge per assicurare l’unitarietà e
l’uniformità del sistema finanziario e contabile»;
4) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 4, della medesima legge prov. n. 17 del 2015;
5) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 7, comma 4, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, limitatamente
all’inciso «salvo le eccezioni previste dall’articolo 37, comma 1»;
6) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 8, comma 1, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, nella parte in
cui prevede che il documento unico di programmazione sia presentato al
Consiglio entro il 31 ottobre di ciascun anno per le conseguenti deliberazioni
anziché entro il 31 luglio;
7) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 14, comma 3, della medesima legge prov. n. 17 del 2015;
8) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 15, commi 1 e 3, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, nella
parte in cui prevede per la presentazione dello schema di bilancio finanziario
e del documento unico di programmazione, nonché per la deliberazione del
bilancio di previsione, termini diversi da quelli stabiliti dal d.lgs. n. 118
del 2011;
9) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 17, comma 2, della medesima legge prov. n. 17 del 2015;
10) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 18 della medesima legge prov. n. 17 del 2015;
11) dichiara, in via consequenziale, ai sensi
dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale
dell’art. 37, comma 1, della medesima legge prov. n. 17 del 2015;
12) dichiara l’illegittimità costituzionale
degli artt. 1, commi 2 e 3; 3, 4, comma 1, e 8, comma 1, della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2016, n. 25 (Ordinamento contabile e
finanziario dei comuni e delle comunità comprensoriali della Provincia di
Bolzano);
13) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge prov. Bolzano n. 17 del
2015 promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
ed in relazione all’art. 48 del d.lgs. n. 118 del 2011, dal Presidente del
Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
14) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 16 della medesima legge prov. n. 17 del
2015 promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ed
in relazione all’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011, dal Presidente
del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
15) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 66 della medesima legge prov. n. 17 del
2015, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
e in relazione all’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs. n. 118 del 2011,
dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.
Così deciso
in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 7
febbraio 2017.
F.to:
Paolo
GROSSI, Presidente
Aldo
CAROSI, Redattore
Carmelinda
MORANO, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 13 aprile 2017.