SENTENZA N. 10
ANNO 2016
Commento alla decisione di
Loredana Mollica Poeta,
L’integrale finanziamento delle funzioni degli enti locali e la tutela dei
diritti sociali. Alcune osservazioni a margine della sent.
Corte cost., n. 10 del 2016, per g.c. dell’Osservatorio AIC
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de
PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale
dell'art. 1, comma 1, della legge
della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 1 (Legge finanziaria per l’anno
2014), in combinato disposto con l’Allegato A della stessa legge; degli
artt. 2, commi 1 e 2, e 3 della legge
della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 2 (Bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2014 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016),
in combinato disposto con l’Allegato A della stessa legge; dell’art. 1 della legge
della Regione Piemonte 1° agosto 2014, n. 6 (Variazione al bilancio di
previsione per l’anno finanziario 2014 e pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016)
e dell’art. 1 della legge
della Regione Piemonte 1° dicembre 2014, n. 19 (Assestamento al bilancio di previsione
per l’anno finanziario 2014 e disposizioni finanziarie), in combinato
disposto con l’Allegato A della stessa
legge, promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte con
un’ordinanza del 20 novembre 2014 e due ordinanze del 16 aprile 2015,
rispettivamente iscritte ai nn. 6, 141 e 142
del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 6 e 28, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;
udito nell’udienza pubblica del 12 gennaio 2016 il
Giudice relatore Aldo Carosi.
Ritenuto in fatto
1.– Il Tribunale amministrativo
regionale per il Piemonte, con tre ordinanze pronunciate in tre ricorsi promossi
rispettivamente dalla Provincia di Novara, dalla Provincia di Asti e nuovamente
dalla Provincia di Novara, ed iscritti rispettivamente ai nn. 6, 141 e 142 del
reg. ord. del 2015, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione
Piemonte 5 febbraio 2014, n. 1 (Legge finanziaria per l’anno 2014), in
combinato disposto con l’Allegato A della medesima legge, laddove è stanziata
la somma di euro 10.790.508,00 per l’anno 2014, degli artt. 2, commi 1 e 2,
nella parte relativa alla unità previsionale di base (UPB) DB05011, capitolo
149827 ("Fondo per l’esercizio delle funzioni conferite – L.R. 34/98”) e 3, in
combinato disposto con l’Allegato A della legge della Regione Piemonte 5
febbraio 2014, n. 2 (Bilancio di previsione per l’anno finanziario 2014 e
bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), nella parte relativa
all’UPB DB05011, capitolo 149827, dell’art. 1 della legge della Regione
Piemonte 1° agosto 2014, n. 6 (Variazione al bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2014 e pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), nella parte
in cui non apporta alcuna variazione in aumento alla cifra già stanziata di
soli euro 10.790.508,00 in favore degli enti locali, nonchè
dell’art. 1, in combinato disposto con l’Allegato A della legge della Regione
Piemonte 1° dicembre 2014, n. 19 (Assestamento al bilancio di previsione per
l’anno finanziario 2014 e disposizioni finanziarie), laddove, con riferimento,
all’UPB DB05011, assegna ulteriori risorse per euro 14.040.000,00 in favore
degli enti locali, per violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione.
Espone il giudice rimettente nelle
ordinanze pronunciate nei suddetti giudizi, che la Provincia di Novara ha
impugnato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, la
deliberazione della Giunta della Regione del Piemonte n. 2-157 del 28 luglio
2014, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 33 del 14
agosto 2014, (avente ad oggetto "Leggi regionali 17/99 e 44/00 s.m.i. Art. 10 l.r. 34/98 e s.m.i. Ripartizione dei fondi agli Enti Locali piemontesi
per l’esercizio delle funzioni conferite dalla Regione – anno 2014”), e la
determinazione del dirigente del Servizio rapporti con le autonomie locali n.
165 del 29 luglio 2014 (avente ad oggetto "Leggi regionali 17/99, 44/00 e s.m.i. Impegno di spesa di Euro 9.390.428,71 da destinare
alle Province piemontesi per l’esercizio delle funzioni conferite sul cap.
149827 del bilancio di previsione 2014”).
La Provincia di Novara ha chiesto anche
la conseguente condanna della Regione Piemonte all’esatto adempimento
dell’obbligo di garantire la capienza dello stanziamento delle risorse per le
funzioni delegate alla Provincia di Novara per l’anno 2014, l’accertamento del
diritto della Provincia di Novara, in virtù dell’accordo raggiunto con la
Regione Piemonte, di ottenere trasferimenti finanziari adeguati alle funzioni
ad essa delegate dalla Regione Piemonte per gli anni 2011, 2012 e 2013 e la
conseguente condanna della Regione Piemonte al pagamento in favore della
Provincia di Novara degli importi dovuti per tali ragioni.
La medesima ricorrente, in un successivo
giudizio promosso davanti al TAR del Piemonte, ha altresì impugnato la
determinazione dirigenziale n. 7 del 12 dicembre 2014 (avente ad oggetto "Leggi
regionali 17/99, 44/00 e s.m.i. Impegno di spesa di
euro 9.839.941,88 da destinare alle Province piemontesi per l’esercizio delle
funzioni conferite sul cap. 149827 del bilancio di previsione 2014”) e la nota
della Regione Piemonte prot. n. 849/A13010 del 23
gennaio 2015 con la quale l’amministrazione regionale ha evidenziato che il
nuovo stanziamento in favore della Provincia di Novara (elevatosi per effetto
della legge di assestamento del bilancio dalla precedente somma di euro
881.525,86 ad euro 923.723,89) deve considerarsi disposto in ottemperanza alla
decisione cautelare del TAR, di cui all’ordinanza n. 431 del 2014, resa nel
parallelo giudizio tra le medesime parti (RG n. 1101/2014). La Provincia di
Novara ha chiesto anche la conseguente condanna della Regione Piemonte
all’esatto adempimento dell’obbligazione di garantire la capienza dello
stanziamento delle risorse per le funzioni delegate alla Provincia di Novara
per l’anno 2014, e quindi al pagamento in favore della Provincia di Novara
degli importi dovuti per tali ragioni.
La Provincia di Asti ha impugnato,
chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, la deliberazione
della Giunta della Regione Piemonte n. 2-157 del 28 luglio 2014, pubblicata sul
B.U.R. n. 33 del 14 agosto 2014 (avente ad oggetto "Leggi regionali 17/99 e
44/00 s.m.i. Art. 10 l.r.
34/98 c s.m.i. Ripartizione dei fondi agli Enti
Locali piemontesi per l’esercizio delle funzioni conferite dalla Regione – anno
2014”) nella parte in cui viene determinata in euro 741.486,32 la somma da
destinare alla Provincia di Asti per l’esercizio delle funzioni conferite,
nonché la successiva determinazione del dirigente del Servizio rapporti con le
autonomie locali n. 165 del 29 luglio 2014 (avente ad oggetto "Leggi regionali
17/99, 44/00 e s.m.i. Impegno di spesa di Euro
9.390.428,71 da destinare alle Province piemontesi per l’esercizio delle
funzioni conferite sul cap. 149827 del bilancio di previsione 2014”) con la
quale le suddette somme sono state impegnate e ne è stata autorizzata la
liquidazione, nonché, con motivi aggiunti depositati in data 3 marzo 2015, la
deliberazione della Giunta regionale n. 1-665 del 27 novembre 2014 (avente ad
oggetto "Variazione delle risorse finanziarie sull’assestamento al bilancio di
previsione 2014”), pubblicata sul B.U.R. in data 18 dicembre 2014 e la
determinazione dirigenziale n. 7 del 12 dicembre 2014 (avente ad oggetto "Leggi
regionali 17/99, 44/00 e s.m.i. Impegno di spesa di
Euro 9.839.941,88 da destinare alle Province piemontesi per l’esercizio delle
funzioni conferite sul cap. 149827 del bilancio di previsione dell’anno 2014”),
pubblicata sul B.U. R in data 22 gennaio 2015.
Riferisce il giudice a quo che le
Province ricorrenti lamentano nei rispettivi ricorsi che le somme stanziate in
bilancio dalla Regione Piemonte nell’anno 2014 per l’esercizio di varie
funzioni amministrative loro conferite con leggi regionali in attuazione del
sistema di decentramento amministrativo previsto dalla legge 15 marzo 1997, n.
59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed
enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa) e dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed
agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59),
non sono sufficienti neppure a coprire gli oneri relativi alle retribuzioni del
personale a suo tempo trasferito dalla Regione alle Province ricorrenti per
l’espletamento di tali funzioni. Riferisce il TAR Piemonte che ha ritenuto di
sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme contenute nella
legge finanziaria regionale per il 2014, nella legge di approvazione del
bilancio di previsione 2014 e nelle disposizioni di assestamento e, con
separate ordinanze, ha disposto la sospensione cautelare degli atti impugnati
sino alla prima camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti
relativi ai giudizi a quibus da parte della Corte
costituzionale. Secondo il TAR Piemonte dagli atti prodotti risulterebbe che in
attuazione delle leggi regionali n. 1 del 2014 e n. 2 del 2014, la Giunta della
Regione Piemonte, con delibera n. 2-157 del 28 luglio 2014, ha individuato
nell’importo complessivo di euro 10.790.508,00 le risorse finanziarie da
destinare per l’esercizio delle funzioni conferite agli enti locali; in
particolare, alle Province è stata assegnata la somma complessiva di euro
9.390.428,71.
Di conseguenza, con determinazione
dirigenziale n. 165 del 29 luglio 2014, è stata autorizzata la liquidazione di
quest’ultima somma a favore delle Province piemontesi sul capitolo n.
149827/2014. In base alla ripartizione proporzionale tra le varie Province,
alla Provincia di Novara è stata così assegnata la somma di euro 881.525,86, ed
alla Provincia di Asti la somma di euro 741.486,32.
In seguito, per effetto della legge
regionale di assestamento del bilancio, n. 19 del 2014, il capitolo n. 149827 è
stato incrementato complessivamente dell’importo di euro 14.040.000,00 e la
quota riservata alle Province è stata conseguentemente aumentata di euro
9.839.941,88 (somma individuata nell’allegato n. 1 alla d.G.R.
n. 1-665 del 27 novembre 2014), conseguentemente per la Provincia di Novara la
somma assegnata si è elevata ad euro 1.805.249,75 e per la Provincia di Asti ad
euro 1.518.467,06.
Espone il rimettente che tuttavia tali
importi sarebbero manifestamente insufficienti a garantire la copertura di
tutte le spese necessarie a far fronte all’esercizio delle funzioni conferite
alle due Province ricorrenti, in quanto, come documentato nei giudizi, per il
pagamento dei soli stipendi del personale la Provincia di Novara sosterrebbe
una spesa superiore ad euro 2.500.000 annui, mentre la Provincia di Asti, per
il pagamento dei soli stipendi al personale impiegato nelle varie funzioni
conferite e delegate dalla Regione Piemonte necessiterebbe di una somma
superiore ad euro 3.600.000 annui, con la conseguenza che le due
amministrazioni provinciali – oltre a non poter materialmente esercitare le
funzioni loro conferite – non sarebbero neanche in grado di mantenere le
obbligazioni contratte con i terzi.
Il TAR per il Piemonte sostiene che le
questioni di legittimità costituzionale sarebbero rilevanti per le decisioni da
assumere in quanto le delibere impugnate, nell’attribuire lo stanziamento
oggetto di contestazione alle Province ricorrenti, non avrebbero potuto
riconoscere agli enti locali piemontesi maggiori risorse rispetto a quelle
indicate negli allegati della legge finanziaria e delle leggi di approvazione e
di assestamento del bilancio 2014, con riferimento alle somme da queste
indicate nella summenzionata unità previsionale di base (UPB) DB05011 e,
segnatamente, nel capitolo n. 149827.
Infatti, prosegue il rimettente, le
delibere in questione nelle loro premesse riferiscono di dare attuazione alle
predette disposizioni legislative. Secondo il giudice a quo sarebbe quindi
evidente che le doglianze avanzate dalle Province ricorrenti non potrebbero che
coinvolgere, in via necessaria e pregiudiziale, proprio la legge finanziaria e
la legge di bilancio alle quali esse premettono di voler dare attuazione.
Secondo il giudice a quo vengono quindi
in rilievo per la decisione dei ricorsi l’art. 1, comma 1, della legge reg.
Piemonte n. 1 del 2014, che ha previsto il rifinanziamento delle vigenti leggi
regionali di spesa, tra le quali è indicata anche la legge della Regione
Piemonte 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti
amministrativi della Regione e degli Enti locali), in combinato disposto con
l’Allegato A della medesima legge, laddove viene stanziata la somma di euro
10.790.508,00 per l’anno 2014; l’art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Piemonte
n. 2 del 2014, mediante i quali è stato approvato il totale generale delle
spese ed è stata autorizzata l’assunzione degli impegni di spesa entro i limiti
degli stanziamenti di competenza dello stato di previsione della spesa per
l’anno finanziario 2014, l’art. 3 della medesima legge regionale, che ha
approvato il quadro generale riassuntivo del bilancio per l’anno finanziario
2014, entrambi in combinato disposto con l’Allegato A della medesima legge,
nella parte relativa all’UPB DB05011, laddove assegna al capitolo 149827
("Fondo per l’esercizio delle funzioni conferite – L.R. 34/98”) la somma, in
termini di competenza, di euro 10.790.508,00; l’art. 1 della legge reg.
Piemonte n. 6 del 2014, nella parte in cui non apporta alcuna variazione in
aumento, nei sensi già indicati, con riferimento alla cifra già stanziata di
euro 10.790.508,00 in favore degli enti locali; nonché l’art. 1 della legge
reg. Piemonte n. 19 del 2014, che ha introdotto gli aggiornamenti e le
variazioni allo stato di previsione dell’entrata e della spesa del bilancio di
previsione per l’anno finanziario 2014, in combinato disposto con l’Allegato A
della medesima legge, nella parte relativa all’UPB DB05011, ed al predetto
capitolo 149827, assegnando ulteriori risorse agli enti locali per euro
14.040.000,00 e portando quindi lo stanziamento complessivo assestato ad euro
24.830.508,00.
Al riguardo, il rimettente espone che,
in effetti, a norma dell’art. 19, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio
2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a
statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei
fabbisogni standard nel settore sanitario), a decorrere dall’anno 2013,
ciascuna Regione a statuto ordinario deve assicurare la soppressione di tutti i
trasferimenti regionali, aventi carattere di generalità e permanenza, di parte
corrente e, ove non finanziati tramite il ricorso all’indebitamento, in conto
capitale diretti al finanziamento delle spese delle Province, ai sensi
dell’art. 11, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al
Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119
della Costituzione). Peraltro, rammenta il TAR per il Piemonte che tale
previsione normativa, nel concorrere ad attuare il disegno di federalismo
fiscale ai sensi dell’art. 119 Cost., ha altresì
stabilito che, per assicurare alle Province un importo corrispondente ai trasferimenti
regionali così soppressi, ciascuna Regione deve comunque determinare, con
proprio atto amministrativo (previo accordo concluso in sede di Consiglio delle
autonomie locali, d’intesa con le Province del proprio territorio), una
compartecipazione delle Province alla tassa automobilistica regionale e che
tale compartecipazione può essere successivamente incrementata sulla base di
disposizioni legislative regionali sopravvenute riguardanti le funzioni delle
Province o in misura corrispondente alla riduzione di altri trasferimenti
regionali; è altresì previsto che in caso di incapienza della tassa
automobilistica rispetto all’ammontare delle risorse regionali soppresse, le
Regioni debbano assicurare una compartecipazione ad altro tributo regionale,
nei limiti della compensazione dei trasferimenti soppressi alle rispettive
Province (comma 2 dell’art. 19 citato) ed è stato altresì previsto che, in caso
di mancata fissazione della compartecipazione alla tassa automobilistica entro
la data del 30 novembre 2012, lo Stato sarebbe intervenuto in via sostitutiva
ai sensi dell’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per
l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3).
Con riguardo alla situazione esistente
in Piemonte, riferisce il TAR che la difesa della Regione non ha documentato se
essa abbia fissato, entro il 30 novembre 2012, la misura della suddetta
compartecipazione; né se si sia verificato un successivo intervento statale
sostitutivo; né, ancora, se sia stato istituito il "Fondo sperimentale
regionale di riequilibrio” che, ai sensi del comma 4 dell’art. 19 del
menzionato d.lgs. n. 68 del 2011, potrebbe consentire di realizzare, in forma
progressiva e territorialmente equilibrata, l’attuazione del nuovo sistema;
neppure risulta, si prosegue, che qualche determinazione sia stata ancora
adottata; con la conseguenza che l’eventuale venir meno dei trasferimenti
regionali, ai sensi del comma 1 dell’art. 19 del d.lgs. n. 68 del 2011, non
potrebbe attualmente trovare la sua compensazione in alcuna voce. Pertanto,
osserva il giudice a quo che l’attuale inoperatività, per la Regione Piemonte,
della complessiva previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 68 del 2011,
rimasta inattuata nella pars construens (ossia,
laddove assicura il recupero delle risorse soppresse), avrebbe dovuto impedire
l’applicazione anche della pars destruens (ossia,
laddove dispone la soppressione dei trasferimenti regionali alle Province);
tale sarebbe difatti, secondo il giudice a quo, la necessaria interpretazione
costituzionalmente orientata di tale previsione, nel senso cioè che la sua
operatività debba intendersi sospesa fino a quando non saranno concretamente
stabilite le modalità di recupero delle risorse soppresse. Per quanto sopra
esposto, secondo il rimettente le leggi regionali che hanno approvato la
finanziaria 2014 ed il bilancio di previsione per l’anno 2014, nonchè la legge di assestamento di bilancio 2014, hanno
confermato – nonostante un leggero aumento recato dalla legge di assestamento –
la consistente riduzione degli stanziamenti a favore delle Province per le
funzioni loro delegate – riduzione che, evidenzia il rimettente, rispetto allo
stanziamento per l’anno 2010, allora pari ad euro 60.000.000,00, assume proporzioni
davvero inusitate, tenuto conto che la somma destinata alle Province per il
2014, anche dopo la legge di assestamento, era pari a meno di 20 milioni di
euro – in tal modo esse di fatto impediscono alle Province la concreta
possibilità di esercitare quelle funzioni, in violazione degli artt. 3, 97,
114, 117, 118 e 119 Cost.
Secondo il giudice a quo una siffatta
riduzione violerebbe l’autonomia finanziaria delle Province, di cui agli artt.
117 e 119 Cost., con negative ricadute anche sul buon
andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost).
Osserva difatti il TAR piemontese che fino a quando le Province continueranno
ad essere individuate, nella Costituzione, come enti costituenti la Repubblica
e dotati di autonomia, anche finanziaria (art. 114, primo e secondo comma, e
119, primo comma, Cost.), la sottrazione delle
risorse loro spettanti in base alle leggi regionali impugnate si tradurrebbe in
una menomazione della loro autonomia finanziaria (è richiamata la sentenza n. 241 del
2012) perché costringerebbe tali enti a dare copertura ai costi delle
funzioni trasferite con risorse proprie – che, peraltro, le Province ricorrenti
sostengono di non possedere – ed altresì in un ostacolo all’assolvimento dei
compiti istituzionali che, anche in base al sistema di decentramento
amministrativo avviato con la legge n. 59 del 1997, tali enti territoriali sono
chiamati a svolgere (è richiamata la sentenza n. 63 del
2013). Pertanto, secondo il rimettente, il ruolo delle autonomie locali,
quale attualmente disegnato dalle richiamate norme costituzionali, non potrebbe
considerarsi compatibile con una drastica riduzione dei servizi che gli enti
locali sono chiamati a fornire ai cittadini, se giustificata esclusivamente da
considerazioni di carattere finanziario fondate sull’equilibrio di bilancio.
Rammenta il TAR che il soddisfacimento
delle ordinarie attività amministrative non dipenderebbe solo dalle risorse
disponibili, ma anche dalle scelte sulla loro allocazione ed utilizzazione,
dovendosi evitare che queste possano comportare la compromissione delle istanze
costituzionali già richiamate. Pertanto, anche le leggi regionali in questione
avrebbero dovuto allocare od utilizzare diversamente le risorse a disposizione
della Regione, pur di garantire alle Province la salvaguardia della loro
autonomia finanziaria e – correlativamente – di mantenere il buon andamento
nell’amministrazione pubblica, ovviamente nel necessario rispetto del principio
di previa copertura della spesa in sede legislativa (art. 81, quarto comma, Cost.).
Secondo il rimettente sarebbe altresì
violato l’art. 3 Cost., sia sotto il profilo dell’irragionevolezza,
in quanto la drastica riduzione degli stanziamenti disposta dalla Regione non
terrebbe conto dell’esigenza (logica, ancor prima che giuridica) che le
funzioni assegnate siano conferite unitamente alle risorse disponibili per il
loro svolgimento, in considerazione del livello dei costi delle funzioni
medesime; sia sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza
sostanziale in quanto il mancato esercizio delle funzioni delegate alle
Province – afferenti a settori nevralgici della vita economica e sociale della
comunità territoriale (sono citati l’industria, le miniere, l’inquinamento
atmosferico, acustico ed elettromagnetico, la gestione dei rifiuti, l’energia,
la tutela delle acque, la difesa del suolo, la protezione civile, il turismo, i
trasporti, l’istruzione, i servizi sociali, i beni culturali), lungi dal
rimuovere gli ostacoli descritti dall’art. 3, secondo comma, Cost., al contrario li causerebbe e, allo stesso tempo, si
tradurrebbe in inaccettabili discriminazioni di fatto tra i cittadini e nella
sostanziale negazione dei loro diritti di libertà.
Il giudice a quo lamenta infine la
violazione dell’art. 118 Cost. e dei principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza: siffatti principi
postulerebbero, secondo il rimettente, che determinate funzioni siano conferite
anche alle Province le quali, così, ne diventano titolari ai sensi dell’art.
118, secondo comma, Cost. In tale quadro
costituzionale, il mantenimento delle funzioni già conferite con legge statale,
accompagnato però dal taglio delle risorse destinate a quelle funzioni,
equivarrebbe ad una sostanziale espropriazione delle funzioni di cui le
Province sono divenute titolari, in violazione del dettato costituzionale e del
principio di sussidiarietà verticale (in applicazione del quale, invece, quelle
funzioni erano state attribuite alle Province) ed anche del principio di
adeguatezza, in quanto lo stanziamento disposto sarebbe del tutto inidoneo a
consentire alle Province di far fronte ai costi che lo svolgimento di tali
funzioni implicherebbe.
2.– È intervenuta in tutti i giudizi la
Regione Piemonte, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale
siano dichiarate inammissibili od infondate. La Regione Piemonte sottolinea
innanzi tutto che le cifre che si indicano come insufficienti comprenderebbero
solo parte delle funzioni delegate, mentre altre materie (quali quelle dei
trasporti e dei servizi sociali), sarebbero finanziate con specifiche leggi
regionali (leggi della Regione Piemonte 4 gennaio 2000, n. 1, recante «Norme in
materia di trasporto pubblico locale, in attuazione del decreto legislativo 19
novembre 1997, n. 422» e 8 gennaio 2004, n. 1, recante «Norme per la
realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e
riordino della legislazione di riferimento»).
Inoltre, con riferimento al fatto che i
suddetti finanziamenti non basterebbero nemmeno a coprire le spese del
personale, la Regione eccepisce che non sarebbe stato dimostrato che essi
vengano utilizzati solo per l’esercizio delle funzioni conferite e delegate.
Evidenzia inoltre l’interveniente che la
Regione Piemonte e le Province, nei tavoli della "Conferenza Permanente
Regione-Autonomie Locali”, non avrebbero mai concordato di fissare i
finanziamenti a seguito di resoconti dettagliati sui costi forniti dalle
Province, optando diversamente per una forfetizzazione dei contributi. La
Regione Piemonte, dopo aver descritto nel dettaglio i settori oggetto del
d.lgs. n. 112 del 1998, che sarebbero stati a loro volta delegati alle Province
con la legge della Regione Piemonte 26 aprile 2000, n. 44 (Disposizioni
normative per l’attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
«Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed
agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»),
osserva che occorrerebbe tenere conto delle attività coperte con fondi europei
e che alcune delle attività delegate (per esempio in materia contributiva)
verrebbero esercitate solamente in quanto vi sia la disponibilità finanziaria,
mentre altre attività (ad esempio trasporti) sarebbero finanziate con altri
fondi non compresi nella delibera impugnata. Prosegue la Regione Piemonte che
l’art. 7 del d.lgs. n. 112 del 1998 menziona i fondi regionali "effettivamente”
trasferiti dallo Stato, sicché la Regione non avrebbe potuto incrementare i
fondi provinciali con fondi propri, in quanto già soggetti ad una drastica
riduzione per effetto dei minori trasferimenti statali; non essendosi mai proceduto
ad un esame dettagliato degli effettivi costi delle funzioni trasferite, che
tengano conto anche degli elementi sopra elencati si sarebbe optato per la
forfetizzazione del versamento regionale alle Province, come tale non
necessariamente vincolato alla spesa storica degli anni precedenti. Tale
versamento sarebbe stato peraltro concordato in sede di "Conferenza permanente
Regione-Autonomie Locali”, a cui avrebbero partecipato anche le Province
ricorrenti. La Regione richiama altresì il decreto legislativo 26 novembre
2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei
fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province) che individua
l’anno 2013 quale anno di avvio della fase transitoria comportante il
superamento del criterio della spesa storica, ed in particolare l’art. 3, che
enumera le funzioni fondamentali della Provincia ai fini della determinazione
dei fabbisogni standard: secondo la Regione Piemonte sarebbe evidente che gran
parte delle funzioni delegate dalla Regione siano attualmente ricomprese
nell’esercizio delle funzioni fondamentali delle Province, così come
ridefinite, sicché resterebbe «[d]ifficile […]
stabilire un finanziamento ultroneo per attività analoghe svolte dal medesimo
personale».
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale amministrativo
regionale per il Piemonte, con le ordinanze indicate in epigrafe, pronunciate
in giudizi promossi rispettivamente dalla Provincia di Novara, dalla Provincia
di Asti e nuovamente dalla Provincia di Novara, ed iscritti rispettivamente ai
nn. 6, 141 e 142 del registro ordinanze dell’anno 2015, ha sollevato questione
di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione
Piemonte 5 febbraio 2014, n. 1 (Legge finanziaria per l’anno 2014), in combinato
disposto con l’Allegato A della medesima legge, laddove è stanziata la somma di
euro 10.790.508,00 per l’anno 2014, degli artt. 2, commi 1 e 2, nella parte
relativa alla Unità previsionale di base (UPB) DB05011, capitolo 149827 ("Fondo
per l’esercizio delle funzioni conferite – L.R. 34/98”) e 3, in combinato
disposto con l’Allegato A della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014,
n. 2 (Bilancio di previsione per l’anno finanziario 2014 e pluriennale per gli
anni finanziari 2014-2016), nella parte relativa all’UPB DB05011, capitolo
149827, dell’art. 1 della legge della Regione Piemonte 1° agosto 2014, n. 6
(Variazione al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2014 e bilancio
pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), nella parte in cui non apporta
alcuna variazione in aumento alla cifra già stanziata di soli euro
10.790.508,00 in favore degli enti locali, nonchè
dell’art. 1, in combinato disposto con l’Allegato A della legge della Regione
Piemonte 1° dicembre 2014, n. 19 (Assestamento al bilancio di previsione per
l’anno finanziario 2014 e disposizioni finanziarie), laddove, con riferimento,
all’UPB DB05011, assegna ulteriori risorse per euro 14.040.000,00 in favore
degli enti locali, per violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118 e 119 della
Costituzione.
Espone il giudice rimettente che le due
Province hanno impugnato la deliberazione della Giunta della Regione Piemonte e
la determinazione del dirigente del Servizio rapporti con le autonomie locali
con le quali sono stati ripartiti ed impegnati i fondi contenuti nella
richiamata posta di bilancio regionale.
Le medesime ricorrenti hanno altresì
impugnato con ulteriore ricorso – la Provincia di Asti con motivi aggiunti – la
deliberazione della Giunta regionale e la determinazione dirigenziale con le
quali sono state incrementate ed impegnate le somme precedentemente ripartite
sulla base della legge regionale di assestamento dell’esercizio 2014. È stata
altresì impugnata la nota della Regione Piemonte prot.
n. 849/A13010 del 23 gennaio 2015 con la quale l’amministrazione regionale ha
evidenziato che il nuovo stanziamento in favore della Provincia di Novara deve
considerarsi disposto in ottemperanza alla decisione cautelare del TAR, di cui
all’ordinanza n. 431 del 2014, resa nel parallelo giudizio tra le medesime
parti (RG n. 1101/2014).
Riferisce il giudice a quo che le
Province ricorrenti lamentano nei rispettivi ricorsi che le somme stanziate in
bilancio dalla Regione Piemonte nell’anno 2014 per l’esercizio di varie
funzioni amministrative ad esse conferite con leggi regionali in attuazione del
sistema di decentramento amministrativo previsto dalla legge 15 marzo 1997, n.
59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed
enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa) e dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed
agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)
non sono sufficienti neppure a coprire gli oneri relativi alle retribuzioni del
personale a suo tempo trasferito dalla Regione alle Province ricorrenti per
l’espletamento di tali funzioni.
Secondo il TAR piemontese, dagli atti
prodotti risulterebbe che, in attuazione delle leggi della Regione Piemonte n.
1 del 2014 e n. 2 del 2014, la Giunta ha individuato nell’importo complessivo
di euro 10.790.508,00 le risorse finanziarie da destinare per l’esercizio delle
funzioni conferite agli enti locali; in particolare, alle Province è stata
assegnata la somma complessiva di euro 9.390.428,71. Di conseguenza, con
determinazione dirigenziale n. 165 del 29 luglio 2014, è stata autorizzata la
liquidazione di quest’ultima somma a favore delle Province piemontesi sul
capitolo n. 149827/2014. In base alla ripartizione proporzionale tra le varie
Province, alla Provincia di Novara è stata così assegnata la somma di euro
881.525,86 ed alla Provincia di Asti la somma di euro 741.486,32.
In seguito, per effetto della legge
regionale di assestamento del bilancio n. 19 del 2014, il capitolo n. 149827 è
stato incrementato complessivamente dell’importo di euro 14.040.000,00 e la
quota riservata alle Province è stata aumentata di euro 9.839.941,88 (somma
individuata nell’allegato n. 1 alla d.G.R. n. 1-665,
del 27 novembre 2014). Per la Provincia di Novara la somma assegnata si è
elevata dunque ad euro 1.805.249,75 e per la Provincia di Asti ad euro
1.518.467,06. Tali importi – anche nella misura temporaneamente incrementata
dalla legge di assestamento in esecuzione della ordinanza cautelare – sarebbero
manifestamente insufficienti a garantire la copertura di tutte le spese
necessarie a far fronte all’esercizio delle funzioni conferite alle due
ricorrenti, in quanto, come documentato nei giudizi, per il pagamento dei soli
stipendi del personale la Provincia di Novara sosterrebbe una spesa superiore
ad euro 2.500.000 annui, mentre la Provincia di Asti, per il pagamento dei soli
stipendi al personale impiegato nelle varie funzioni conferite e delegate dalla
Regione Piemonte, necessiterebbe di una somma superiore ad euro 3.600.000
annui, con la conseguenza che le amministrazioni provinciali – oltre a non
poter materialmente esercitare le funzioni loro conferite – non sarebbero neanche
in grado di adempiere le obbligazioni contratte con i terzi.
Le questioni sollevate sarebbero
rilevanti per le decisioni da assumere in quanto le delibere impugnate,
nell’attribuire lo stanziamento oggetto di contestazione alle Province
ricorrenti, non avrebbero potuto riconoscere agli enti locali piemontesi
maggiori risorse rispetto a quelle indicate negli allegati della legge
finanziaria e delle leggi di approvazione e di assestamento del bilancio 2014.
Pertanto le doglianze avanzate dalle Province non potrebbero che coinvolgere,
in via necessaria e pregiudiziale, proprio la legge finanziaria, la legge di
bilancio e le successive modifiche, le quali fissano il limite finanziario al
potere dispositivo della Giunta e del dirigente preposto al settore.
Nelle ordinanze di rimessione viene
ricordato che, a norma dell’art. 19, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio
2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a
statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei
fabbisogni standard nel settore sanitario), a decorrere dall’anno 2013,
ciascuna Regione a statuto ordinario avrebbe dovuto assicurare la soppressione
di tutti i trasferimenti regionali di parte corrente aventi carattere di
continuità sostituendoli con una compartecipazione delle Province alla tassa
automobilistica regionale e, in caso di insufficienza della tassa
automobilistica rispetto all’ammontare delle risorse regionali soppresse, con
una compartecipazione ad altro tributo regionale, nei limiti della
compensazione dei trasferimenti soppressi (comma 2 dell’art. 19 citato). Tali
prescrizioni normative non risulterebbero attuate dalla Regione Piemonte per
cui le riduzioni dei trasferimenti regionali sono rimaste prive di
compensazione.
In base alla lettura dei bilanci
approvati con legge regionale il valore assoluto dei trasferimenti sulla
apposita UPB DB05011, capitolo 149827, mette in luce la seguente evoluzione
negativa: esercizio 2010 – stanziamento euro 60.000.000,00; esercizio 2011 –
stanziamento euro 59.000.000,00; esercizio 2012 – stanziamento euro
40.000.000,00; esercizio 2013 – stanziamento euro 20.000.000,00 (euro
21.065.336,47 a seguito di assestamento); esercizio 2014 – stanziamento euro
10.790.508,00 (incrementato con legge di assestamento di euro 9.839.941,88, da
destinare concretamente alle Province).
Secondo il giudice a quo una siffatta
contrazione violerebbe l’autonomia finanziaria delle Province, di cui agli
artt. 117 e 119 Cost., con negative ricadute anche
sul buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.)
poiché le risorse assegnate servirebbero solo a sostenere parzialmente gli
oneri del personale senza una correlata utilità in termini di servizi resi.
Viene altresì lamentata la violazione
dell’art. 3 Cost., sia sotto il profilo della
ragionevolezza, in quanto la riduzione degli stanziamenti disposta dalla
Regione sarebbe assolutamente priva di proporzionalità, non tenendo in alcun
conto che le funzioni sono state a suo tempo conferite contestualmente alle
risorse umane e finanziarie necessarie per il loro svolgimento; sia sotto il
profilo del principio di eguaglianza sostanziale, in quanto il mancato o
cattivo esercizio delle funzioni delegate alle Province, «afferenti a settori
nevralgici della vita economica e sociale della comunità territoriale: si
pensi, solo per citarne alcuni, all’industria, alle miniere, all’inquinamento
atmosferico, acustico ed elettromagnetico, alla gestione dei rifiuti,
all’energia, alla tutela delle acque, alla difesa del suolo, alla protezione
civile, al turismo, ai trasporti, all’istruzione, ai servizi sociali, ai beni
culturali […] si tradurrebbe in inaccettabili discriminazioni di fatto tra i
cittadini e nella sostanziale negazione dei loro diritti di libertà».
Il giudice a quo lamenta infine la
violazione dell’art. 118 Cost. e dei principi di
sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza: siffatti principi
postulerebbero, secondo il rimettente, che determinate funzioni debbano essere
conferite anche alle Province le quali, così, ne diverrebbero titolari ai sensi
dell’art. 118, secondo comma, Cost. In tale quadro
costituzionale, il mantenimento delle funzioni già conferite con legge statale,
accompagnato però dal taglio delle risorse destinate a quelle funzioni,
equivarrebbe ad una sostanziale espropriazione delle funzioni di cui le
Province sono divenute titolari, in violazione del dettato costituzionale e dei
principi di sussidiarietà verticale e di adeguatezza.
2.– I tre giudizi, aventi ad oggetto le
medesime disposizioni regionali, vanno riuniti per essere decisi con un’unica
pronuncia.
Preliminarmente occorre esaminare il
problema dell’ammissibilità delle questioni rivolte contro disposizioni di
legge che, in sede di bilancio preventivo e di modifiche in corso d’anno,
determinano le risorse da assegnare per il raggiungimento degli obiettivi di
competenza dell’ente territoriale. Si tratta invero, nel caso delle scelte di
bilancio, di decisioni di natura politico-economica che, proprio in ragione di
questo carattere, sono costituzionalmente affidate alla determinazione dei
governi e delle assemblee parlamentari (nel caso in questione della Regione
Piemonte).
Con riguardo alla fattispecie in esame è
necessario tuttavia considerare l’ormai consolidato orientamento di questa
Corte secondo cui nella materia finanziaria non esiste «un limite assoluto alla
cognizione del giudice di costituzionalità delle leggi. Al contrario, ritenere
che [il sindacato sulla materia] sia riconosciuto in Costituzione non può avere
altro significato che affermare che esso rientra nella tavola complessiva dei
valori costituzionali, [cosicché] non si può ipotizzare che la legge di
approvazione del bilancio […] o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa
costituiscano una zona franca sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di
costituzionalità, dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale
la cui attuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia
rappresentata dal giudizio di legittimità costituzionale» (sentenza n. 260 del
1990; in senso sostanzialmente conforme sentenze n. 188 del 2015
e 70 del 2012).
In particolare, proprio con la citata sentenza n. 260 del
1990 è stata superata anche la risalente concezione dottrinaria, di cui è
traccia anche nella sentenza n. 7 del
1959 di questa Corte, secondo cui quella di bilancio sarebbe una legge
meramente formale priva di prescrizioni normative. Da ciò conseguirebbe la inidoneità
a modificare leggi finanziarie preesistenti e quindi ad essere sindacata in
sede costituzionale.
In realtà, l’evoluzione legislativa in
materia finanziaria ha presentato sovente fattispecie (ad esempio quella decisa
con sentenza n.
188 del 2015) in cui anche attraverso i semplici dati numerici contenuti
nelle leggi di bilancio e nei relativi allegati possono essere prodotti effetti
novativi dell’ordinamento. Questi ultimi costituiscono scelte allocative di
risorse, suscettibili di sindacato in quanto rientranti «nella tavola
complessiva dei valori costituzionali, la cui commisurazione reciproca e la cui
ragionevole valutazione sono lasciate al prudente apprezzamento di questa Corte»
(sentenza n. 260
del 1990).
3.– Sempre con riguardo ai profili di
ammissibilità, dalla lettura delle ordinanze di rimessione si evince
inequivocabilmente la rilevanza delle questioni sollevate, atteso che il
giudice rimettente ritiene pregiudiziale all’esame del merito del giudizio a quibus risolvere il dubbio circa la legittimità di norme
che – per effetto della cosiddetta "funzione autorizzatoria”
della spesa, la quale astringe la gestione delle risorse disponibili entro i
limiti determinati dalle singole poste del bilancio di previsione (in merito ai
caratteri di tale funzione, ex plurimis, sentenza n. 188 del
2015) – non consentirebbero di attribuire adeguate risorse per l’esercizio
delle funzioni conferite dalla legge reg. Piemonte 20 novembre 1998, n. 34
(Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli
Enti locali). Viene precisato al riguardo che il provvedimento di riparto dei
trasferimenti tra le Province ha utilizzato per intero lo stanziamento del
bilancio 2014, sicché, nella vigenza delle disposizioni impugnate, risulterebbe
impossibile accogliere le pretese delle ricorrenti. Il sindacato costituzionale
sulle norme, della cui legittimità si dubita, risulta quindi propedeutico
all’esame nel merito delle rivendicazioni finanziarie delle Province. Infatti,
le impugnate delibere di Giunta regionale e le determinazioni dirigenziali conseguenti
non avrebbero potuto attribuire agli enti locali piemontesi maggiori risorse
rispetto a quelle indicate nella legge finanziaria n. 1 del 2014 e negli
allegati delle leggi di approvazione e di assestamento dell’esercizio 2014. Per
questo motivo, le doglianze delle Province ricorrenti vengono a coinvolgere, in
via necessaria e pregiudiziale, proprio le citate disposizioni di legge.
Dalle ordinanze di rimessione si ricava
anche che non vi è questione sui criteri di distribuzione dello stanziamento di
bilancio tra le Province piemontesi e che, quindi, la lesione dedotta da
entrambe le ricorrenti riguarda non i parametri di riparto, bensì l’ammontare
dei relativi trasferimenti, la cui limitazione dipende dal monte finanziario
complessivo di cui si lamenta la drastica riduzione nell’esercizio 2014.
In altre parole, non essendo contestata
l’invarianza dei criteri di riparto, l’oggetto del giudizio rimane circoscritto
all’evoluzione in senso fortemente riduttivo degli stanziamenti complessivi e
non investe le reciproche proporzioni tra risorse assegnate alle singole
Province piemontesi. Le doglianze del giudice rimettente riguardano detta
riduzione che – anche prendendo a riferimento lo stanziamento finale che la
Regione precisa comunque essere adempimento della misura cautelare del TAR e
non scelta definitiva e irreversibile di politica finanziaria – risulta pari a
circa due terzi delle risorse annualmente assegnate a far data dal conferimento
delle funzioni ex lege n. 59 del 1997.
È utile anche ricordare che per analoga
fattispecie è stato già precisato che il sindacato costituzionale «non può
essere esteso alle ragioni che hanno condotto la Regione Piemonte a non dare
applicazione al meccanismo sostitutivo dei trasferimenti come delineato
dall’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011 (soppressione, a decorrere
dall’anno 2013, dei trasferimenti di parte corrente con contestuale
assegnazione alle Province di un importo fiscale sostitutivo dei trasferimenti
regionali così eliminati). La mancata attuazione della norma statale, che
prevedeva una sostanziale invarianza finale del nuovo regime delle entrate
provinciali, risulta, ai fini del presente giudizio, un mero presupposto di
fatto» (sentenza
n. 188 del 2015).
4.– Alla luce delle esposte premesse, le
questioni di legittimità sollevate in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 119 Cost. devono essere ritenute ammissibili ad eccezione di
quelle rivolte alla legge della Regione Piemonte n. 6 del 2014 di variazione al
bilancio di previsione 2014. Con riguardo a quest’ultima il giudice rimettente
non precisa i motivi per cui essa osterebbe alla determinazione del giusto
contributo per l’esercizio delle funzioni provinciali conferite. Nel contesto del ricorso [rectius: delle ordinanze; v. ord.
n. 113 del 2016] egli sembra affermare implicitamente che il pregiudizio
provocato dalla legge di variazione del bilancio consisterebbe nel non aver
provveduto al congruo incremento della partita di spesa contestata.
Una simile impostazione del rapporto di
causalità tra la legge di variazione ed il preteso insufficiente stanziamento
non è condivisibile: le leggi di variazione di bilancio hanno quale finalità
l’adeguamento delle previsioni iniziali alle nuove realtà economico-finanziarie
venutesi a creare in corso di esercizio, in modo da garantire una flessibilità
nell’attuazione delle politiche pubbliche sottese all’esercizio di bilancio ed
una maggiore rapidità nell’adeguamento alle problematiche emergenti.
Il limite alla loro adozione sta appunto
nella garanzia dell’equilibrio di bilancio, che deve essere ripristinato
laddove le sopravvenienze lo abbiano turbato, oppure deve essere conservato,
nel caso in cui lo scopo normativo sia semplicemente quello di aggiornare il
quadro degli obiettivi di natura politico-finanziaria.
Se è vero che questa Corte ha più volte
configurato il principio dell’equilibrio finanziario come doveroso adempimento
in fieri del legislatore per porre rimedio alle risultanze negative del
complesso dei fatti finanziariamente rilevanti sui risultati della gestione del
bilancio, è di tutta evidenza come per la fattispecie in esame non esistessero,
alla data di emanazione della legge, fatti normativamente vincolanti
all’incremento dei trasferimenti.
5.– Ciò premesso, le questioni di
legittimità sollevate nei confronti della legge finanziaria regionale, di
quella di bilancio e di quella di assestamento con riguardo agli artt. 3, 97,
117 e 119 Cost. possono essere così sintetizzate: a)
violazione degli artt. 117 e 119 Cost. per lesione
dell’autonomia finanziaria, ridondante sul principio di buon andamento di cui
all’art. 97 Cost., in quanto lesiva del principio di
programmazione e di proporzionalità tra risorse assegnate e funzioni
esercitate; b) violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. per l’entità della riduzione in assenza di misure
riorganizzative o riallocative di funzioni; c)
violazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo
comma, Cost. per il pregiudizio alla fruizione dei
diritti sociali causato dal mancato finanziamento dei servizi.
6.– Tutte le censure così riassunte sono
fondate.
È acclarato dalla lettura dei bilanci
della Regione e già accertato nei giudizi a quibus
che – malgrado la Regione Piemonte eccepisca, in modo generico e non
documentato, che le poste contabili oggetto di impugnazione non siano esaustive
delle risorse assegnate per funzioni conferite alle Province ricorrenti –
l’entità degli stanziamenti contenuti nella specifica posta del bilancio della
Regione, a fronte di una originaria continuità dalla data di conferimento delle
funzioni all’esercizio 2011, viene notevolmente ridotta negli ultimi tre
esercizi.
Come si evince dalla progressione
storica degli stanziamenti precedentemente illustrata, rispetto all’importo
"consolidato” di 60 milioni relativo all’esercizio 2010 (e rimasto
sostanzialmente invariato nel 2011), si sono avute riduzioni del 33,33%
nell’esercizio 2012, del 64,89% nell’esercizio 2013, dell’82% nell’esercizio
2014 (percentuale poi rideterminata al 65,62% a seguito del censurato
assestamento di bilancio).
Il citato quadro finanziario, in quanto
non accompagnato da adeguate misure di riorganizzazione o di riallocazione
delle funzioni, risulta decisivo per ritenere fondati i richiamati profili di
censura.
6.1. – Quanto alle questioni sollevate
in riferimento agli artt. 117, 119 e 97 Cost.,
l’entità della riduzione delle risorse necessarie per le funzioni conferite
alle Province piemontesi si riverbera sull’autonomia di queste ultime, entrando
in contrasto con detti parametri costituzionali, nella misura in cui non
consente di finanziare adeguatamente le funzioni stesse. La lesione
dell’autonomia finanziaria si riflette inevitabilmente sul buon andamento
dell’azione amministrativa in quanto la diminuzione delle risorse in così
elevata percentuale, «in assenza di correlate misure che ne possano
giustificare il dimensionamento attraverso il recupero di efficienza o una
riallocazione di parte delle funzioni a suo tempo conferite» (sentenza n. 188 del
2015), costituisce una menomazione della autonomia stessa, che comporta
contestualmente un grave pregiudizio all’assolvimento delle funzioni attribuite
in attuazione della legge n. 59 del 1997, e delle altre disposizioni statali e
regionali in tema di decentramento amministrativo.
Per analoga fattispecie è stato
ricordato che «ogni stanziamento di risorse deve essere accompagnato da scopi
appropriati e proporzionati alla sua misura [e che] [i]l principio di buon
andamento implica, da un lato, che le risorse stanziate siano idonee ad
assicurare la copertura della spesa, a cominciare da quella relativa al
personale dell’amministrazione, e, dall’altro, che dette risorse siano spese
proficuamente in relazione agli obiettivi correttamente delineati già in sede
di approvazione del bilancio di previsione» (sentenza n. 188 del
2015). Il principio del buon andamento – ancor più alla luce della modifica
intervenuta con l’introduzione del nuovo primo comma dell’art. 97 Cost. ad opera della legge costituzionale 20 aprile 2012,
n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta
costituzionale) – è strettamente correlato alla coerenza della legge
finanziaria regionale e di quella di bilancio con la programmazione delle
attività e dei servizi che si intendono finanziare a legislazione vigente.
In assenza di adeguate fonti di
finanziamento a cui attingere per soddisfare i bisogni della collettività di
riferimento in un quadro organico e complessivo, è arduo rispondere alla
primaria e fondamentale esigenza di preordinare, organizzare e qualificare la
gestione dei servizi a rilevanza sociale da rendere alle popolazioni
interessate. In detto contesto, la quantificazione delle risorse in modo
funzionale e proporzionato alla realizzazione degli obiettivi previsti dalla
legislazione vigente diventa fondamentale canone e presupposto del buon
andamento dell’amministrazione, cui lo stesso legislatore si deve attenere
puntualmente. Nel caso di specie le stesse leggi della Regione Piemonte n. 34 del
1998 e 26 aprile 2000, n. 44 (Disposizioni normative per l'attuazione del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del
capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»), attuative della legge n. 59 del 1997
e del decreto legislativo n. 112 del 1998, attribuendo una serie di funzioni
alle Province piemontesi, comportano l’obbligo di assicurare un adeguato
finanziamento. È stato in proposito più volte ribadito da questa Corte che
«l’esistenza di oneri nascenti dal contenuto della legge determina la necessità
dell’indicazione dei mezzi finanziari per farvi fronte. Verrebbe altrimenti
"disatteso un obbligo costituzionale di indicazione al quale il legislatore,
anche regionale (ex plurimis,
sentenza n. 68
del 2011), non può sottrarsi, ogni qual volta esso preveda attività che non
possano realizzarsi se non per mezzo di una spesa” (sentenza n. 51 del
2013)» (sentenza
n. 4 del 2014).
Una dotazione finanziaria così
radicalmente ridotta, non accompagnata da proposte di riorganizzazione dei
servizi o da eventuale riallocazione delle funzioni a suo tempo trasferite,
comporta una lesione dei principi in considerazione. Dunque, l’eccessiva
riduzione delle risorse e l’incertezza sulla loro definitiva entità (la stessa
Regione, malgrado l’adozione dell’insufficiente incremento di risorse in sede
di assestamento del bilancio, precisa la provvisorietà di tale statuizione) non
consentono una proficua utilizzazione delle stesse in quanto «[s]olo in presenza di un ragionevole progetto di impiego è
possibile realizzare una corretta ripartizione delle risorse […] e garantire il
buon andamento dei servizi con esse finanziati» (sentenza n. 188 del
2015).
6.2. – Anche le questioni sollevate in
riferimento al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. sono fondate.
La riduzione sproporzionata delle
risorse, non corredata da adeguate misure compensative, è infatti in grado di
determinare un grave vulnus all’espletamento da parte delle Province delle
funzioni espressamente conferite dalla legge regionale, determinando una
situazione di "inadempimento” rispetto ai parametri legislativi fissati dalla
legge n. 59 del 1997 e dalla stessa legge regionale di attuazione, la cui
vigenza permane nella sua originaria configurazione. Sotto tale profilo, le
norme impugnate «non supera[no] il test di proporzionalità, il quale "richiede
di valutare se la norma oggetto di scrutinio […] sia necessaria e idonea al
conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti [e se] stabilisca oneri
non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi” (sentenza n. 1 del
2014)» (sentenza
n. 272 del 2015). Dette norme operano, nel quadro ordinamentale dei servizi
esercitati sul territorio regionale, in direzione opposta all’obiettivo di
assicurare lo svolgimento delle funzioni conferite alle Province.
Dunque la forte riduzione delle risorse
destinate a funzioni esercitate con carattere di continuità ed in settori di
notevole rilevanza sociale risulta manifestamente irragionevole proprio per
l’assenza di proporzionate misure che ne possano in qualche modo giustificare
il dimensionamento (su analoga questione, sentenza n. 188 del
2015).
6.3.– L’art. 3 Cost.
è stato ulteriormente violato sotto il principio dell’eguaglianza sostanziale a
causa dell’evidente pregiudizio al godimento dei diritti conseguente al mancato
finanziamento dei relativi servizi.
Tale profilo di garanzia presenta un
carattere fondante nella tavola dei valori costituzionali e non può essere
sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma
delle autonomie territoriali.
Questa Corte non ignora il processo
riorganizzativo generale delle Province che potrebbe condurre alla soppressione
di queste ultime per effetto della riforma costituzionale attualmente in
itinere. Tuttavia l’esercizio delle funzioni a suo tempo conferite – così come
obiettivamente configurato dalla legislazione vigente – deve essere
correttamente attuato, indipendentemente dal soggetto che ne è temporalmente titolare
e comporta, soprattutto in un momento di transizione caratterizzato da plurime
criticità, che il suo svolgimento non sia negativamente influenzato dalla
complessità di tale processo di passaggio tra diversi modelli di gestione.
Per questo motivo lo stesso legislatore
statale si è preoccupato di assicurare un coerente quadro di relazioni
finanziarie alternative tra Regione e Province, come quello contenuto nell’art.
19, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011 e rimasto inattuato nel Piemonte, al
fine di non pregiudicare l’assetto economico-finanziario diretto al concreto
esercizio delle funzioni nel periodo in cui le stesse rimangono attribuite alle
Province.
Pertanto, il principio di continuità dei
servizi di rilevanza sociale non viene salvaguardato, risultando inutile a tal
fine lo stesso insufficiente finanziamento previsto dalle disposizioni
impugnate. A fronte della prescrizione normativa di astratti livelli di
prestazione dei servizi nelle leggi regionali di settore, si verifica – per
effetto delle disposizioni sproporzionatamente riduttive delle risorse – una
rilevante compressione dei servizi resi alla collettività.
7.– Dunque le norme impugnate, nella
parte in cui, in modo irragionevole e sproporzionato, riducono – senza alcun
piano di riorganizzazione o di riallocazione – le dotazioni finanziarie per
l’esercizio delle funzioni conferite dalla legge della Regione Piemonte n. 34
del 1998, pregiudicandone in tal modo lo svolgimento, risultano in contrasto
con gli artt. 3, 97, 117 e 119 Cost. e debbono,
pertanto, essere dichiarate costituzionalmente illegittime.
Restano assorbite le ulteriori censure
formulate dal giudice rimettente.
per questi
motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione
Piemonte 5 febbraio 2014, n. 1 (Legge finanziaria per l’anno 2014), in
combinato disposto con l’Allegato A della medesima legge regionale,
relativamente all’unità previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827,
nella parte in cui non consente di attribuire adeguate risorse per l’esercizio
delle funzioni conferite dalla legge della Regione Piemonte 20 novembre 1998,
n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e
degli Enti locali) e dalle altre leggi regionali che ad essa si richiamano;
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 2, e 3 della legge
della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 2 (Bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2014 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), in
combinato disposto con l’Allegato A della medesima legge regionale,
relativamente all’unità previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827,
nella parte in cui non consentono di attribuire adeguate risorse per
l’esercizio delle funzioni conferite dalla legge reg. Piemonte n. 34 del 1998 e
dalle altre leggi regionali che ad essa si richiamano;
3) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Piemonte
1° dicembre 2014, n. 19 (Assestamento al bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2014 e disposizioni finanziarie), in combinato disposto con
l’Allegato A della medesima legge regionale, relativamente all’unità
previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827, nella parte in cui non
consente di attribuire adeguate risorse per l’esercizio delle funzioni
conferite dalla legge reg. Piemonte n. 34 del 1998 e dalle altre leggi
regionali che ad essa si richiamano;
4) dichiara
l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1
della legge della Regione Piemonte 1° agosto 2014, n. 6 (Variazione al bilancio
di previsione per l’anno finanziario 2014 e pluriennale per gli anni finanziari
2014-2016), promosse dalle Province di Novara e di Asti con i ricorsi indicati in
epigrafe [rectius: dal Tribunale amministrativo per il Piemonte; v. ord.
n. 113 del 2016].
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2016.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 gennaio
2016.