SENTENZA N.
68
ANNO 2011
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo
Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale degli artt. 2, commi 1, 2 e 4, 13, 15, 16, commi 1, 2 e 3, 17,
18, 19, commi 1, 6 e 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, 22, comma 1, 24, commi 1 e
3, 26 e 30 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 4 (Norme
urgenti in materia di sanità e servizi sociali) promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 7-10 maggio 2010, depositato
in cancelleria il 14 maggio 2010 ed iscritto al n. 77 del registro ricorsi
2010.
Visto l’atto di
costituzione della Regione Puglia;
udito nell’udienza
pubblica dell’8 febbraio 2011 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi l’avvocato
dello Stato Diana Ranucci per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Massimo Luciani,
Luigi Volpe e Luca Alberto Clarizio per
Ritenuto in fatto
1. – Il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, con ricorso notificato il 7 maggio 2010 e depositato il
14 maggio 2010 (reg. ric. n. 77 del 2010), ha promosso questione di legittimità
costituzionale degli artt. 2, commi 1, 2 e 4, 13, 15, 16, commi 1, 2 e 3, 17,
18, 19, commi 1, 6 e 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, 22, comma 1, 24, commi 1 e
3, 26 e 30 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 4 (Norme
urgenti in materia di sanità e servizi sociali), per violazione degli articoli
3, 24, 31, 33, 51, 81, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 118 della Costituzione.
2. – Le
disposizioni impugnate contengono misure riguardanti interventi in materia di
sanità nella Regione Puglia, con specifico riguardo al personale.
2.1. – In
particolare, l’art. 2 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010
sostituisce l’art. 4 della legge regionale 23 dicembre 2008, n. 45 (Norme in
materia sanitaria), dettando previsioni in materia di servizio presso le
direzioni sanitarie. La disposizione stabilisce, al comma 1, che entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della legge citata, «il personale appartenente
alla dirigenza medica del servizio sanitario regionale (SSR) che alla stessa
data, con formale atto di data certa, emanato dal legale rappresentante
dell’ente, risulti in servizio da almeno cinque anni in un posto di disciplina
diversa da quella per la quale è stato assunto è inquadrato, a domanda, nella
disciplina nella quale ha esercitato le funzioni, qualora in possesso dei
requisiti previsti dal regolamento recante la disciplina concorsuale per il
personale dirigenziale del servizio sanitario nazionale emanato con decreto del Presidente della Repubblica 10
dicembre 1997, n. 483». Il comma 2 prevede, poi, che, entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 45 del 2008, i direttori
generali delle aziende sanitarie e degli istituti del SSR, da un lato, sono
tenuti a «verificare la permanenza dei fabbisogni che avevano determinato
l’impiego del personale nella disciplina diversa da quella per la quale era
stato assunto»; dall’altro lato, fermo restando l’organico complessivo,
«dispongono nel contempo la modifica delle piante organiche conseguenti ai
passaggi di disciplina mediante incardinamento del
dirigente medico nel posto vacante della disciplina acquisita, con soppressione
del posto lasciato libero nella disciplina di provenienza, oppure mediante
trasformazione del posto già ricoperto e lasciato libero nella disciplina di
provenienza». Il comma 3 stabilisce che i dirigenti medici non in possesso dei
requisiti di cui ai commi 1 e 2 sono riassegnati, ai sensi del comma 27 dell’art. 3 della legge regionale 31 dicembre
2007, n. 40 (Disposizioni per la formazione del bilancio previsione 2008
e bilancio pluriennale 2008-2010 della regione Puglia), allo svolgimento dei
compiti propri del profilo professionale per il quale sono stati assunti.
Infine, in base al comma 4, al personale che alla data del 31 dicembre 2010
risulti in servizio da almeno cinque anni e iscritto alle scuole di
specializzazione per il conseguimento dei requisiti di cui al presente articolo
non si applica la norma di cui al comma 3.
2.2. – L’art.
13 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 contiene disposizioni
relative ad incarichi a tempo determinato, stabilendo che «nel limite dei posti
vacanti nella dotazione organica e nel rispetto della riduzione della spesa del
personale imposto dalle norme vigenti, il personale già titolare di contratto
ovvero di incarico a tempo indeterminato presso aziende o enti del servizio
sanitario nazionale (SSN) e in servizio a tempo determinato al 31 dicembre 2009
presso un’azienda o ente del servizio sanitario della Regione Puglia è
confermato nei ruoli di quest’ultima, a tempo indeterminato, previa
presentazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, di apposita domanda di mobilità».
2.3. – L’art.
15 della legge censurata detta norme in materia di personale precedentemente
addetto ai lavori socialmente utili. Tale disposizione prevede che, «agli ex lavoratori socialmente utili (LSU)
già utilizzati, attraverso piani di impresa e successive proroghe, in forma
continuativa, nelle ASL e negli enti del SSR da almeno cinque anni alla data di
entrata in vigore della presente legge nei servizi di riabilitazione,
tossicodipendenze, assistenza domiciliare integrata (ADI) e prevenzione e altri
servizi, si applica il processo di stabilizzazione previsto dall’articolo 30
della L.R. n. 10/2007 e dalla L.R.
n. 40/2007 nei limiti dei posti vacanti della dotazione organica, i cui oneri
già gravano sul bilancio di ciascuna azienda ovvero nell’ambito di una
revisione della consistenza della dotazione stessa».
2.4. – L’art.
16 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 contiene norme in materia di
personale sanitario. Il comma 1 prevede che, «nel rispetto delle norme di legge
relative alla spesa per il personale di cui all’articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
"legge finanziaria
2.5. – L’art.
17 della legge impugnata disciplina il «Servizio emergenza territoriale 118»,
prevedendo che i «medici titolari d’incarico a tempo determinato» in tale
servizio «presso un’azienda sanitaria della Regione che: a) siano titolari
d’incarico provvisorio nel SEU 118 con anzianità di almeno tre anni nella
stessa azienda sanitaria; b) siano in possesso dell’attestato di formazione
specifico nel SEU conseguito entro il 1° ottobre 2006, hanno titolo a
presentare domanda di conferimento d’incarico a tempo indeterminato presso le sedi
delle postazioni ove risultano in servizio sulla base dell’incarico provvisorio
in corso, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge» (comma 1). Gli incarichi sono conferiti il primo giorno del mese
successivo all’acquisizione delle domande (comma 2).
2.6. – L’art.
18 della legge censurata dispone che «ai fini della stabilizzazione del
personale sanitario di cui al comma 38 dell’articolo 3 della L.R. n. 40/2007, il
periodo di servizio continuativo di cui al succitato comma deve intendersi
decorrente dalla data di sottoscrizione del contratto di lavoro presso le ASL».
2.7. – L’art.
19 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 riguarda le assunzioni e
dotazioni organiche in materia sanitaria. Il comma 1 stabilisce che «nel
rispetto di quanto previsto dalla legge
regionale 27 novembre 2009, n. 27 (Servizio sanitario regionale -
Assunzioni e dotazioni organiche), al fine di dare completa applicazione alle
finalità di cui all’articolo 4 (Criteri di assunzione di personale), comma 5,
della legge regionale 30 dicembre
2005, n. 20 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione
2006 e bilancio pluriennale 2006-2008 della Regione Puglia), e di cui al
terzultimo capoverso della deliberazione
della Giunta della Regione Puglia 15 ottobre 2007, n. 1657 (Legge 27 dicembre 2006, n. 296 articolo 1,
comma 565. Piano di stabilizzazione del personale precario in servizio
presso le Aziende sanitarie e degli IRCCS pubblici in applicazione dell’articolo 30 della L.R.
n. 10/2007. Criteri applicativi), i direttori generali delle ASL BA,
BAT, AOU "Policlinico” di Bari, IRCCS "Giovanni Paolo II” di Bari e IRCCS. "S.
De Bellis” di Castellana Grotte destinano una
percentuale pari al 10 per cento dei posti vacanti nella categoria A della propria
dotazione organica in favore del reclutamento dei lavoratori collocati in
mobilità dalle strutture sanitarie private della Regione Puglia».
Il comma 6,
poi, inserisce quattro nuovi commi nell’articolo 1 della legge della Regione
Puglia 27 novembre 2009, n. 27 (Servizio sanitario regionale – Assunzioni e
dotazioni organiche), numerandoli dall’1-bis
all’1-quinquies. In particolare, il
comma 1-bis stabilisce che «le
aziende sanitarie, gli IRCCS pubblici e le aziende ospedaliero – universitarie
(AOU) provvedono alla rideterminazione delle dotazioni organiche entro il 31
dicembre 2010 sulla base dei principi di cui al comma 1» – della legge n. 27
del 2009 – «e, comunque, tenuto conto dei principi di riorganizzazione del SSR
di cui alla legge regionale 3 agosto
2006, n. 25 (Principi e organizzazione del servizio sanitario
regionale), così come esplicitati nel documento di indirizzo del piano
regionale di salute approvato con legge
regionale 19 settembre 2008, n. 23 e dai relativi piani attuativi locali
(PAL) e dell’avvenuta modifica degli ambiti territoriali delle aziende
sanitarie locali realizzata in applicazione dell’articolo 5 (Modifica ambiti
territoriali delle ASL) della legge
regionale 28 dicembre 2006, n. 39 (Norme relative all’esercizio provvisorio
del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2007), nonché di quanto
previsto dall’articolo 2, comma 71,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2010)». Il comma
1-ter prevede che «sino al
perfezionamento dei provvedimenti di rideterminazione di cui al comma 1-bis, le dotazioni organiche sono
provvisoriamente individuate in misura pari ai posti previsti dalle vigenti
dotazioni organiche approvate dalla Giunta regionale in attuazione del regolamento regionale 30 marzo 2007, n. 9
(Disposizioni regolamentari e attuative per l’applicazione dell’articolo 5 della L.R.
n. 39/2006), ovvero da quelle autorizzate in applicazione di leggi
regionali, decurtate nel limite di un contingente di posti complessivamente
corrispondente a una spesa annua lorda del 40 per cento dei cessati nell’anno
2009, qualora i relativi posti non siano stati già coperti ovvero oggetto di
procedure di reclutamento in itinere». Il comma 1-quater dispone che «le aziende sanitarie, gli IRCCS pubblici e le
AOU, in forza di atti di programmazione regionali determinanti l’attivazione di
nuove attività e/o servizi, fermo restando gli adempimenti di cui al comma 1-ter, possono, altresì, individuare il
fabbisogno di personale finalizzato a garantire l’assolvimento di dette nuove
attività». Il comma 1-quinquies
stabilisce che, in sede di applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1
della legge n. 27 del 2009, «è assicurato il principio dell’invarianza della
spesa delle dotazioni organiche rideterminate dalle aziende sanitarie, dagli
IRCCS pubblici e dalle AOU».
L’art. 19,
comma 8, della legge censurata, infine, prevede che «le disposizioni di cui
all’articolo 25 della legge reg.
Puglia n. 10 del 2007 sono estese ai dirigenti medici che alla data del
31 dicembre 2009 hanno maturato almeno un anno di attività nei servizi di
medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza».
2.8. – L’art.
20 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 detta norma in materia di
personale dell’Agenzia regionale sanitaria e di progetti di piano. In
particolare, il comma 1 prevede che «al comma 3 dell’articolo 9
(Stabilizzazione del personale dell’Agenzia regionale sanitaria) della L.R. n. 1/2008 dopo le parole: "alla stessa
data” sono inserite le seguenti: "oppure risultare in servizio alla data di
entrata in vigore della presente legge e aver prestato servizio per almeno
dodici mesi alla stessa data”». Il comma 2 stabilisce che «fatto salvo quanto
previsto dalla normativa vigente in materia di spesa del personale di cui
all’articolo 2, comma 71, della L. 191/2009, per l’attuazione delle direttive
di cui al documento d’intesa 20 ottobre 2008, n. 116, della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di
Trento e Bolzano, il rapporto di lavoro del personale medico vincitore di
avviso pubblico bandito dall’Agenzia regionale sanitaria (ARES) per la
realizzazione di progetti previsti dalla Delib.G.R.
28 ottobre 2004, n. 1582 (Programma di utilizzo delle quote vincolate agli
obiettivi del PSN 2003-2005. Relazione attività anno 2003. Progetti di piano
per l’anno 2004), che sia in servizio a tempo determinato alla data di entrata
in vigore della presente legge e che abbia svolto il progetto per almeno un
biennio è trasformato a tempo indeterminato con l’osservanza delle procedure
concorsuali di cui al comma 40 dell’articolo
3 della L.R. n. 40/2007, come da ultimo
modificato dall’articolo 1 della L.R. n. 45/2008».
2.9. – L’art.
21 della legge censurata contiene norme in materia di personale sanitario degli
istituti penitenziari. Al comma 1, esso dispone che, «al fine di garantire la
continuità dell’assistenza sanitaria alla popolazione detenuta e di non
disperdere la specifica professionalità del personale che opera negli istituti
di pena, transitato al SSR, per effetto di quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 1 aprile 2008 (Modalità e criteri per il trasferimento al
servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro,
delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di
sanità penitenziaria), si autorizzano le ASL, nei pubblici concorsi da bandire
per la copertura dei posti vacanti nei servizi o unità operative multiprofessionali di cui alla Delib.G.R.
27 ottobre 2009, n. 2020 (D.P.C.M. 1°
aprile 2008 - Indicazioni in ordine all’individuazione di specifici
modelli organizzativi differenziati con riferimento alla tipologia e
consistenza degli istituti di pena), a prevedere, ai sensi della normativa
vigente, una riserva di posti per consentire l’accesso nei ruoli aziendali del
personale sanitario non medico le cui convenzioni sono state prorogate al 30
giugno 2010». Il successivo comma 4 stabilisce che «la spesa inerente
l’inquadramento del personale di cui ai commi precedenti non rientra nei limiti
prescritti dall’articolo 1, comma 565,
lettera a), della L. 296/2006 trattandosi di trasferimento
successivo di funzioni i cui oneri sono assicurati con le risorse finanziarie
di cui all’articolo 6 del D.P.C.M. 1° aprile 2008». Il comma 5, poi, prevede
che «il personale medico titolare di incarico provvisorio di cui all’articolo 50 della legge 9 ottobre 1970, n.
740 (Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli
istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici
dell’Amministrazione penitenziaria), è equiparato al personale medico titolare
di incarico definitivo di cui all’articolo
3, comma 4, del D.P.C.M. 1° aprile 2008. Tale
personale è collocato in apposito elenco nominativo a esaurimento istituito
presso l’ASL di competenza. Nei confronti del personale di cui al presente
comma si applica lo stesso trattamento giuridico ed economico dei medici con
incarico definitivo, ivi compresi i trattamenti contributivi e previdenziali».
Il comma 6, infine, dispone che «i contratti di lavoro dei medici del servizio
integrativo di assistenza sanitaria e dei medici specialisti di cui agli articoli 51 e 52 della L. 740/1970,
come rispettivamente modificati dagli articoli
4 e 5 della legge 15 gennaio 1991, n. 26, sono disciplinati dagli
accordi integrativi regionali per la medicina generale e per la specialistica
ambulatoriale, da approvare a seguito della sottoscrizione degli accordi
collettivi nazionali stipulati in data 27 maggio
2.10. –
L’art. 22, comma 1, della legge impugnata dispone che «le ASL, le AOU e gli
IRCCS del SSR, attraverso gli uffici formazione, sono tenuti a predisporre
entro il 30 novembre il piano aziendale formativo (PAF) annuale o pluriennale,
da attuarsi nell’anno o negli anni successivi».
2.11. –
L’art. 24 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 detta norme in materia
di nomina dei direttori generali sanitari. Il comma 1 istituisce «l’elenco
regionale dei candidati idonei alla nomina di direttore generale delle aziende
e istituti del servizio sanitario della Regione Puglia». Il comma 3 affida alla
Giunta regionale il compito di disciplinare «con apposito provvedimento, le
modalità di emanazione degli avvisi pubblici finalizzati all’aggiornamento
annuale dell’elenco di cui al comma 1, i criteri metodologici per la verifica
del possesso dei requisiti previsti dall’articolo
3-bis, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
(Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della
l. 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dall’articolo 8 del decreto legislativo n. 254 del 2000, ai fini
dell’inserimento nel suddetto elenco dei candidati idonei, sulla base dei
titoli posseduti».
2.12. –
L’art. 26 della legge censurata modifica l’art. 17 (Norme in materia di spesa
sanitaria) della legge regionale 12
gennaio 2005, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di
previsione 2005 e bilancio pluriennale 2005-2007 della Regione Puglia),
sostituendone i commi 6, 7 e 8 e inserendo un comma 8-bis. Il comma 6 stabilisce che «il trattamento economico annuo del
direttore generale delle ASL, delle Aziende ospedaliero – universitarie (AOU) e
degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici è
equiparato al trattamento economico massimo complessivo, esclusi la
retribuzione di risultato ed eventuali assegni ad personam, previsto dalla
contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza
medica, incrementato del 25 per cento, fatta salva la decurtazione del 20 per
cento prevista per le nomine effettuate successivamente alla data di entrata in
vigore della legge 6 agosto 2008, n.
133 (Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni
urgenti, per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) e
successive modificazioni». Il comma 7 prevede che tale trattamento economico
«può essere integrato, a fine mandato, di un ulteriore 20 per cento dello
stesso, previa valutazione della realizzazione degli obiettivi di salute e dei
servizi assegnati con il provvedimento di nomina e annualmente con il documento
di indirizzo economico-funzionale, nonché previa verifica dei risultati di
gestione ottenuti in riferimento al mantenimento del pareggio di bilancio
ovvero alla riduzione di disavanzi accertati all’atto dell’insediamento,
abbattuti almeno del 30 per cento in caso di mandato triennale e del 50 per
cento in caso di mandato quinquennale». Il comma 8, inoltre, dispone che «il
trattamento economico annuo del direttore sanitario e del direttore
amministrativo delle ASL, delle AOU e degli IRCCS pubblici è definito nell’80
per cento di quello spettante al direttore generale, incrementato del 10 per
cento, previa valutazione da parte del direttore generale sulla realizzazione
degli obiettivi annualmente assegnati, fatta salva la decurtazione del 20 per
cento per le nomine effettuate successivamente alla data di entrata in vigore
della L. 133/2008 e successive
modificazioni». Il comma 8-bis
prevede che i trattamenti economici disciplinati dalle citate disposizioni «devono
essere aggiornati con le stesse decorrenze stabilite per i contratti nazionali
di lavoro della dirigenza medica».
2.13. –
Infine, l’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sostituisce
integralmente l’art. 25 della legge della Regione Puglia 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento e seconda variazione al
bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007), riguardante
l’utilizzo del personale di imprese appaltatrici e società strumentali. Il
comma 1 dispone che «fatte salve le previsioni della contrattazione collettiva,
ove più favorevoli,
3. – Il
Presidente del Consiglio dei ministri sostiene, innanzitutto, che le
disposizioni impugnate mirino ad operare l’inquadramento e la progressiva
stabilizzazione di personale precario, «adottando una procedura speciale di
reclutamento del personale dirigente medico finalizzata a valorizzare
l’esperienza conseguita con contratti a tempo determinato, in violazione [...]
dei principi costituzionali di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento
della pubblica amministrazione, di cui sono espressione i principi normativi
statali propri del regime di assunzione previsto per ciascun settore, dei
vincoli finanziari in materia di spesa del personale e del principio per cui è
possibile accedere all’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni
solo mediante pubblico concorso».
3.1. – In
particolare, secondo la difesa dello Stato, l’art. 2, comma 1, della legge
censurata, consentendo l’inquadramento e la stabilizzazione di personale
dirigente precario in violazione del principio costituzionale dell’accesso agli
impieghi della pubblica amministrazione e del pubblico concorso, lederebbe gli
artt. 3, 51 e 97 Cost. Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, non
ricorrerebbero le peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico che,
in base alla giurisprudenza costituzionale, potrebbero consentire una deroga
alla regola del pubblico concorso. Inoltre, la difesa dello Stato rileva che la
formulazione generica della disposizione, la quale non specifica quali
categorie di soggetti che in concreto appartengono al personale dirigente
medico siano beneficiarie della norma, «conduce al risultato di ricomprendere
tra i suoi destinatari anche personale titolare di rapporto di lavoro non
suscettibile di stabilizzazione alla luce della normativa statale di
principio». Il ricorrente lamenta, quindi, che la stabilizzazione prevista dalla
norma impugnata, compiuta in assenza di procedure di selezione, contrasterebbe
con la necessità che alla dirigenza sanitaria si acceda per concorso pubblico
per titoli ed esami, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in
relazione ai principi fondamentali in materia di «tutela della salute» stabiliti dall’art. 15 del d.lgs. 30
dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421). La difesa dello Stato
censura anche la violazione dei principi fondamentali in materia di
coordinamento di finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.) di cui
all’art. 17, commi 10, 11, 12 e 13, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione
italiana a missioni internazionali), convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102.
Tali disposizioni statali prevedono per il solo personale non dirigente «nuove
modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita, attraverso l’espletamento
di concorsi pubblici con parziale riserva dei posti»; dette norme, richiamate
anche dall’art. 2, comma 74, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato "legge
finanziaria
L’art. 2,
comma 2, ad avviso della difesa dello Stato, violerebbe l’art. 81 Cost., in
quanto la verifica da esso prevista della permanenza dei fabbisogni di
personale nelle diverse discipline non costituirebbe condizione prodromica all’inquadramento dei dirigenti. Ne discende
che, anche nel caso di verificata insussistenza di detti fabbisogni, conseguono
comunque maggiori oneri.
Infine,
l’art. 2, comma 4, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost, dal
momento che consentirebbe di procedere all’inquadramento di personale anche in
assenza dei requisiti prescritti dalla disciplina concorsuale vigente,
«ritenendo utile a tale fine la mera iscrizione alla scuola di
specializzazione, e non il possesso del titolo di specializzazione».
3.2. – La
difesa dello Stato censura, poi, l’art. 13 della legge della Regione Puglia n.
4 del 2010 sotto diversi profili. Ad avviso del ricorrente, tale articolo, nel
prevedere per il personale titolare di contratto ovvero di incarico a tempo
indeterminato nel servizio sanitario nazionale e in servizio a tempo
determinato al 31 dicembre 2009 nel servizio sanitario della Regione Puglia, la
possibilità, alle condizioni ivi prescritte di transitare nei ruoli di
quest’ultima, a tempo indeterminato, consentirebbe di fatto «l’utilizzo
dell’istituto della mobilità per effettuare inquadramenti presso gli enti
sanitari della Regione Puglia». Tale disposizione si porrebbe in contrasto, in
primo luogo, con i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento
della pubblica amministrazione, nonché con il principio del pubblico concorso,
di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost. In secondo luogo, vi sarebbe una violazione
delle «disposizioni contrattuali che regolano l’istituto della mobilità e che
consentono la mobilità stessa solo nel rispetto della categoria, profilo
professionale, disciplina e posizione economica di appartenenza del
dipendente», con conseguente invasione della materia dell’ordinamento civile,
riservata alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost. In terzo luogo,
secondo la difesa dello Stato la disposizione impugnata violerebbe l’art. 97 Cost anche in relazione ad alcuni principi fondamentali
stabiliti dalla legislazione statale in materia di pubblico impiego: l’art. 30
del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che, nel disciplinare i
passaggi di personale tra amministrazioni diverse, limita l’immissione nei
ruoli delle amministrazioni in cui si presta servizio al solo personale in
posizione di comando o di fuori ruolo; gli artt. 24 e 31 del d.lgs. 27 ottobre
2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n.
3.3. – L’art.
15 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, diretto a stabilizzare gli ex lavoratori socialmente utili in
servizio da almeno cinque anni negli enti del servizio sanitario regionale, è
censurato dalla difesa dello Stato in quanto formulato in modo generico e tale
da ricomprendere tra i suoi destinatari anche personale titolare di rapporto di
lavoro non suscettibile di stabilizzazione alla luce della normativa statale di
principio. La norma, inoltre, consentendo la stabilizzazione anche in assenza
di posti vacanti, determinerebbe maggiori oneri (con conseguente violazione
dell’art. 81 Cost.) e non offrirebbe idonee garanzie circa il rispetto
dell’art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, norma di coordinamento
della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
3.4. – Il
ricorrente, poi, censura unitariamente gli artt. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1,
e 22, comma 1, della legge impugnata, per violazione del principio di leale
collaborazione (artt. 117 e 118 Cost.) a cui devono ispirarsi i rapporti tra
servizio sanitario nazionale e università, nonché dell’autonomia universitaria
(art. 33 Cost.), in quanto, riferendosi anche al personale delle aziende ospedialiero-universitarie, priverebbero «l’università
della facoltà di procedere alla individuazione della quota di personale di
eventuale propria competenza, obliterando l’atto aziendale e/o i protocolli
d’intesa tra regione ed università, di cui all’art. 3, comma 2, del d.lgs. n.
517 del 1999, o una forma d’intesa» con il rettore. Analoghi profili di censura
sono sollevati dalla difesa dello Stato con riferimento all’art. 24, commi 1 e
3, della legge impugnata, i quali prevedono sia l’istituzione di un elenco
regionale dei candidati idonei alla nomina di direttore generale delle aziende
del servizio sanitario della regione, sia la competenza della Giunta regionale
ad emanare, con proprio provvedimento, le modalità di aggiornamento annuale
dell’elenco e i criteri per la verifica dei requisiti (previsti dall’art. 3-bis, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992)
dei candidati idonei alla predetta nomina. Tali disposizioni sarebbero in
contrasto con l’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999 – secondo cui il
direttore generale delle aziende ospedialiero-universitarie
è nominato dalla Regione d’intesa con il rettore – in quanto «gli idonei
presenti nell’elenco sono quelli scelti dalla regione, così restringendosi la
scelta del rettore, poiché nell’individuazione della rosa di candidati non è
prevista alcuna forma di collaborazione con l’università».
3.5. – Secondo
la difesa dello Stato, inoltre, gli artt. 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, e
20 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, prorogando gli effetti e
ampliando i destinatari di interventi di stabilizzazione già previsti o
introducendone di nuovi, lederebbero i principi del pubblico concorso e della
imparzialità dell’azione amministrativa.
3.6. –
L’articolo 19, comma 6, della legge impugnata è invece censurato in quanto, ad
avviso del ricorrente, comporterebbe oneri tali da pregiudicare il contenimento
delle spese per il personale nei limiti previsti da ultimo con l’art. 2, comma
71, della legge n. 191 del 2009, con conseguente violazione dei principi
fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica ai sensi
dell’art. 117, terzo comma, Cost.
3.7. – Il
ricorrente censura poi l’art. 21 della legge impugnata sotto diversi profili.
Il comma 1, prevedendo una riserva di posti nei concorsi pubblici per l’accesso
ai ruoli aziendali per il personale sanitario non medico operante in regime di
convenzione nelle carceri, violerebbe l’art. 97 Cost. in quanto non stabilisce
la misura percentuale della riserva né ne delimita in maniera rigorosa l’area,
ponendo così ostacoli per l’accesso all’impiego da parte di chi vi abbia
interesse. Il comma 4, secondo la difesa dello Stato, determinerebbe oneri
finanziari non coperti, in violazione dell’art. 81 Cost., dal momento che la
disposizione, collegando la spesa inerente all’inquadramento del personale non
medico operante in regime di convenzioni nelle carceri alle risorse previste
per il trasferimento di funzioni dall’art. 6 del d.P.C.m.
1° aprile 2008 (Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario
nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse
finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità
penitenziaria), non tiene conto del fatto che «la spesa sostenuta per detto
personale è inferiore a quella conseguente all’inquadramento in considerazione
del differente trattamento economico spettante alle due categorie di
personale». I commi 5 e 6, nel prevedere rispettivamente l’equiparazione, anche
a fini presidenziali, dei medici titolari di incarico provvisorio di cui
all’art. 50 della legge 9 ottobre 1970, n. 740 (Ordinamento delle categorie di
personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non
appartenenti ai ruoli organici dell’Amministrazione penitenziaria) ai medici
titolari di incarico definitivo, e l’assoggettamento del predetto personale
alla disciplina degli accordi integrativi per la medicina generale e la
specialistica ambulatoriale, violerebbero l’art. 4, comma 3 (recte art. 3,
comma 4), del d.P.C.m. 1° aprile
3.8. – Il
ricorrente impugna l’art. 26 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010,
per violazione dell’art. 81 Cost. La norma censurata, in particolare,
interviene in materia di trattamento economico dei direttori generali,
amministrativi e sanitari, senza alcun riferimento alla corrispondente
disciplina statale (d.P.C.m. 19 luglio 1995, n. 502 «Regolamento recante norme sul contratto
del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario
delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere del 1999», come modificato dal d.P.C.m.
31 maggio 2001, n. 319) e al limite massimo ivi fissato, talché «la concreta
applicazione della norma può dare luogo al riconoscimento di emolumenti
superiori a quelli massimi previsti dalla [...] normativa statale, con
conseguente disparità di trattamento rispetto alle altre regioni e maggiori
oneri per la regione Puglia».
3.9. –
Infine, la difesa dello Stato censura l’art. 30 della legge della Regione
Puglia n. 4 del 2010, che modifica l’art. 25 della legge regionale 3 agosto
2007, n. 25 (Assestamento e seconda
variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007).
Tale disposizione consentirebbe un illegittimo inquadramento, all’interno di
società, aziende o organismi della Regione, di soggetti provenienti da imprese
o società cooperative, in quanto contrasterebbe con l’art. 97 Cost. e con la
normativa statale – art. 18 del decreto-legge 12 luglio 2008, n. 112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria) e art. 19 del d.l. n. 78 del 2009 – che impone «il rispetto di
forme di selezione pubblica del personale anche alle società pubbliche
affidatarie di servizi, nonché l’adeguamento, da parte di queste, alle misure di
contenimento della spesa di personale fissate per le amministrazioni
controllanti».
4. – Si è
costituita in giudizio
4.1. – La
difesa regionale osserva, innanzitutto, che i motivi di gravame ruotano
essenzialmente intorno alla pretesa violazione dell’art. 97 Cost. Sul punto,
4.2. – Quanto
all’art. 2, comma 1, della legge impugnata, la difesa regionale sostiene che la
norma non sarebbe dedicata al personale dirigente medico precario, ma sarebbe
rivolta al personale con profilo professionale di dirigente medico in servizio
a tempo indeterminato, vincitore di concorso pubblico, che «a causa di
peculiari esigenze connesse alle funzioni riconosciute dalle leggi nazionali e
regionali alle direzioni sanitarie delle Aziende sanitarie e dei Presidi
ospedalieri, nonché in virtù degli accorpamenti delle Aziende sanitarie operate
sulla scorta di quanto stabilito con L.R. n. 39/2006,
è stato assegnato, con mobilità interna, su posti vacanti presso le direzioni
sanitarie». La norma, pertanto, non genererebbe alcuna stabilizzazione e non
comporterebbe la trasformazione del posto di lavoro da tempo determinato a
tempo indeterminato, atteso che il personale in questione «è già occupato a
tempo indeterminato in ragione del concorso a cui aveva partecipato,
superandolo». La disposizione mirerebbe quindi a consentire alle aziende
sanitarie di «riequilibrare le posizioni di coloro che avevano partecipato e
vinto un concorso per un impiego a tempo indeterminato per uno specifico posto
e che per ragioni esterne alla loro volontà hanno occupato posti differenti».
Per queste ragioni, ad avviso della difesa regionale, non possono ritenersi
violati i principi di cui agli artt. 97 e 117, terzo comma, Cost., in relazione
a quanto stabilito dall’art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992. Insussistenti
sarebbe poi l’asserito contrasto della norma con l’art. 17, commi 10, 11, 12 e
13, del decreto legge n. 78 del 2009 e con l’art. 2, comma 74, della legge n.
191 del 2009, dal momento che la norma non disciplina la stabilizzazione di
personale precario.
Con
riferimento all’art. 2, comma 2, della legge della Regione Puglia n. 4 del
2010, la difesa regionale respinge le censure prospettate dal ricorrente, in
quanto la verifica dei fabbisogni prevista dalla norma segue ad una operazione
a «somma zero», perché dal nuovo inquadramento disposto
dal comma 1 non deriverebbe alcun aumento degli oneri finanziari.
Quanto al
comma 4, la censura risulterebbe generica e oscura, posto anche che la
disposizione impugnate andrebbe letta congiuntamente al precedente comma 3, non
impugnato dal ricorrente.
4.3. – In
merito all’art. 13 della legge censurata,
Non vi
sarebbe, inoltre, l’asserita lesione dell’art. 33 Cost., perché la norma
riguarda il personale del servizio sanitario nazionale sottoposto alla
disciplina nazionale e regionale e non il personale universitario il cui
rapporto con il servizio sanitario nazionale è regolato mediante i protocolli
d’intesa. Tale argomentazione è dedotta dalla difesa regionale anche in
relazione alle censure riferite agli art. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1, e 22,
comma 1, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010.
4.4. – Quanto
all’art. 15 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale
lamenta la genericità e, dunque, l’inammissibilità della censura prospettata
dal ricorrente. Nel merito, poi,
4.5. – Con
riferimento all’art. 19, comma 6, della legge della Regione Puglia n. 4 del
2010, la difesa regionale contesta l’asserita violazione dei principi
fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, dal momento
che la norma prevede una decurtazione nelle dotazioni organiche del 40 per
cento dei cessati nell’anno 2009, riducendo così la spesa del personale
sanitario.
4.6. – In
relazione al censurato art. 21, commi 1, 4, 5 e 6, della legge impugnata,
4.7. – Per
quanto riguarda l’art. 24, commi 1 e 3, della legge della Regione Puglia n. 4
del 2010, la difesa regionale lamenta che il ricorrente ha omesso di
considerare che la valutazione degli aspiranti alla nomina di direttore
generale è effettuata da una commissione, formata da tre componenti, uno dei
quali «designato dalla Conferenza dei rettori delle università degli studi di
Puglia» al fine di coinvolgere le università pugliesi nelle scelte che
riguardano le aziende ospedaliero-universitarie. Alla
nomina, poi, provvede
4.8. – Con
riferimento al censurato art. 26 della legge impugnata,
4.9. –
Infine, quanto al censurato art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del
2010, la difesa regionale rileva che la norma impugnata in nessun modo intende
inquadrare all’interno di società pubbliche soggetti provenienti da imprese
private. La disposizione sarebbe invece finalizzata a garantire l’applicazione
della cosiddetta «clausola
sociale», in base
alla quale «
5. – In data
17 gennaio 2011,
5.1. – Quanto
all’art. 2 della legge censurata,
5.2. – Con
riferimento all’art. 13 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la
difesa regionale ribadisce che la disposizione è riferita al personale già
titolare di una posizione lavorativa a tempo indeterminato che, per qualche
legittima ragione di dissociazione tra il rapporto di impiego e il rapporto di
servizio, si sia trovato a prestare temporaneamente servizio presso azienda o
ente del Servizio sanitario nazionale diverso da quello presso cui si è
instaurato il rapporto di impiego. Di conseguenza, ad avviso della Regione
Puglia, il richiamo al principio del pubblico concorso sarebbe del tutto fuori
luogo.
5.3. – Per
quanto riguarda il censurato art. 15 della legge della Regione Puglia n. 4 del
2010, la difesa regionale sottolinea che l’operazione di stabilizzazione degli ex lavoratori socialmente utili prevista
dalla norma è a «somma zero». Inappropriati e inconferenti,
inoltre, sarebbero i rilievi del ricorrente relativi al personale con rapporto
di lavoro a tempo determinato, dal momento che in tale categoria non rientrano
i lavoratori «utilizzati» a mezzo di «piani di impresa», per i quali non può
farsi riferimento a posti vacanti, bensì al costo consolidato esterno.
5.4. – In
merito agli artt. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1, e 22, comma 1, della legge
censurata, la difesa regionale, oltre a ribadire che essi non configurerebbero
alcuna lesione dell’autonomia universitaria, osserva che «il protocollo
d’intesa altro non è, a sua volta, che un atto convenzionale-negoziale
che di certo ex se non può costituire
limite alla legislazione regionale, essendo piuttosto a sua volta atto di
autonomia negoziata adempitivo sia della legislazione
statale che della legislazione regionale, giacché, ad avverso avviso,
costituirebbe una forma anomala di delegificazione concertata, laddove, tutt’al
contrario, la sua natura è di atto di esecuzione concertata di normative sia
statali che regionali». La medesima argomentazione è usata per contrastare le
censure prospettate dal ricorrente all’art. 22, comma 1, della legge impugnata,
ritenute comunque inammissibili per genericità della motivazione.
5.5. – Con riguardo
agli artt. 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, e 20 della legge della Regione
Puglia n. 4 del 2010, la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità delle
censure, in quanto motivate per relationem alle argomentazioni dedotte per l’art. 2,
comma 1, della medesima legge. Nel merito, le censure sarebbero comunque non
fondate.
5.6. – Con
riferimento all’art. 19, comma 6, della legge impugnata,
5.7. – Quanto
all’art. 21 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, la difesa
regionale, in primo luogo, ribadisce le argomentazioni dedotte nell’atto di
costituzione. In particolare, la asserita violazione dell’art. 81 Cost.,
riferita al comma
5.8. –
Infine, con riferimento all’art. 30 della legge censurata, la difesa regionale
lamenta che «l’impugnativa governativa abbia completamente travisato il
significato della disposizione denunciata». In particolare, la norma impugnata
non disporrebbe alcun inquadramento del personale dipendente dalle imprese già
affidatarie di servizi, perché essa prevedrebbe solo «l’utilizzo» di detto
personale. Sarebbero inappropriati, poi, i riferimenti all’art. 18 del
decreto-legge n. 112 del
Considerato in diritto
1. – Il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, con ricorso notificato il 7 maggio 2010 e depositato il
14 maggio 2010 (reg. ric. n. 77 del 2010), ha promosso questione di legittimità
costituzionale degli artt. 2, commi 1, 2 e 4, 13, 15, 16, commi 1, 2 e 3, 17,
18, 19, commi 1, 6 e 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, 22, comma 1, 24, commi 1 e
3, 26 e 30 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 4 (Norme
urgenti in materia di sanità e servizi sociali), per violazione degli articoli
3, 24, 31, 33, 51, 81, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 118 della Costituzione.
Ad avviso del
Presidente del Consiglio dei ministri, le disposizioni impugnate violerebbero
numerosi parametri costituzionali, in quanto introdurrebbero una «normativa
diversa e più favorevole sia in punto di stabilizzazione che sotto il profilo
economico valida solo in ambito regionale, con conseguente disparità di
trattamento nei confronti di omologhe categorie lavorative radicate in altre
regioni, nonché massimamente dell’art. 97 Cost. sotto il profilo della
violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa e
uniformità della stessa sul territorio nazionale».
2. – Deve
essere innanzitutto dichiarata la cessazione della materia del contendere con
riferimento alla questione riguardante l’art. 19, comma 6, della legge della
Regione Puglia n. 4 del 2010, relativo alle dotazioni organiche.
Tale
disposizione ha inserito quattro nuovi commi nell’articolo 1 della legge della
Regione Puglia 27 novembre 2009, n. 27 (Servizio sanitario regionale –
Assunzioni e dotazioni organiche), numerandoli dall’1-bis all’1-quinquies.
Successivamente al ricorso, questa Corte, con la sentenza n. 333 del
2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2,
3 e 4, della legge della Regione Puglia n. 27 del 2009, talché sono venuti meno
i presupposti su cui si fondano i commi da 1-bis a 1-quinquies di tale
articolo, introdotti dall’art. 19, comma 6, della legge della Regione Puglia n.
4 del 2010. Con l’art. 10 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n.
19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio
pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia),
3. – Vanno
preliminarmente esaminati i profili di ammissibilità delle censure prospettate
dal ricorrente.
3.1. – Innanzitutto, deve essere dichiarata la
manifesta inammissibilità delle censure riferite agli artt. 24 e 31 Cost. Tali
parametri, infatti, sono menzionati nell’epigrafe del ricorso, senza però
essere successivamente richiamati, né accompagnati da alcuna argomentazione.
Sono altresì inammissibili le censure riferite
all’art. 30 della legge impugnata, nella parte in cui ha sostituito l’art. 25,
commi 2, 3, 5 e 6, della legge Regione Puglia 3 agosto 2007, n. 25
(Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio
finanziario 2007), in quanto non sorrette da specifica motivazione. Anche se il
ricorrente impugna il citato art. 30 nel suo complesso, le argomentazioni
sviluppate a sostegno delle censure sono chiaramente indirizzate ai soli commi
1 e 4 della disposizione sostituita.
3.2. – Va poi respinta l’eccezione di
inammissibilità sollevata dalla Regione Puglia secondo cui le censure
riguardanti gli artt. 15, 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, e 20 della legge
della Regione Puglia n. 4 del 2010 sarebbero motivate per relationem a quelle dedotte dal
ricorrente per l’art. 2, comma 1, della medesima legge e, comunque, sarebbero
generiche e insufficientemente argomentate.
I motivi di gravame riferiti all’art. 2, comma 1,
della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sono illustrati dal Presidente
del Consiglio dei ministri all’inizio del ricorso in modo esaustivo. Le censure
prospettate non sono generiche o non sufficientemente motivate. Le violazioni
lamentate e i parametri invocati – come già emerso nella descrizione del fatto
– sono chiaramente individuati (ex plurimis, sentenza n. 332 del
2010).
Non è ragione di inammissibilità il fatto che il
ricorrente rinvii in modo puntuale ad argomentazioni già esposte nelle pagine
precedenti per motivare censure di analogo tenore. Nonostante il diverso
contenuto delle disposizioni impugnate, infatti, è agevole dedurre le asserite
ragioni di illegittimità costituzionale delle singole norme. Non si tratta,
quindi, di motivazione per relationem. Quest’ultima presuppone che, diversamente
da quanto è avvenuto nel presente giudizio, una censura sia sviluppata in atti
diversi dal ricorso o dall’ordinanza in cui essa è contenuta (come nel caso di
motivazione con rinvio ad altro ricorso – sentenza n. 40 del
2007 – o ad altra ordinanza di rimessione: ex plurimis, sentenze n. 197
e n. 143 del
2010).
4. – Nel
merito, le censure prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri
possono essere articolate in otto gruppi, ciascuno riferito a uno o più
articoli della legge impugnata.
5. – Il primo gruppo di censure riguarda l’art. 2, quanto ai commi 1, 2 e
4 del sostituito art. 4 della legge della Regione Puglia 23 dicembre 2008, n.
45 (Norme in materia sanitaria), della legge della Regione Puglia n. 4 del
2010. Il comma 1 prevede che «il personale appartenente alla dirigenza medica
del servizio sanitario regionale (SSR) che alla stessa data, con formale atto
di data certa, emanato dal legale rappresentante dell’ente, risulti in servizio
da almeno cinque anni in un posto di disciplina diversa da quella per la quale
è stato assunto è inquadrato, a domanda, nella disciplina nella quale ha
esercitato le funzioni, qualora in possesso dei requisiti previsti» dalla
normativa statale vigente. Il comma 2
stabilisce, da un lato, che i direttori generali delle aziende sanitarie
e degli istituti del SSR verificano «la permanenza dei fabbisogni che avevano
determinato l’impiego del personale nella disciplina diversa da quella per la
quale era stato assunto», e, dall’altro che, «fermo restando l’organico
complessivo, i direttori generali dispongono nel contempo la modifica delle
piante organiche conseguenti ai passaggi di disciplina mediante incardinamento del dirigente medico nel posto vacante della
disciplina acquisita, con soppressione del posto lasciato libero nella
disciplina di provenienza, oppure mediante trasformazione del posto già
ricoperto e lasciato libero nella disciplina di provenienza». In base al comma
3, i dirigenti medici non in possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 2 sono
riassegnati allo svolgimento dei compiti propri del profilo professionale per
il quale sono stati assunti. Ai sensi del comma 4, infine, detta riassegnazione non opera nel caso di «personale che alla
data del 31 dicembre 2010 risulti in servizio da almeno cinque anni e iscritto
alle scuole di specializzazione per il conseguimento dei requisiti di cui al
presente articolo».
5.1. – Ad
avviso del ricorrente, l’art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 4
del 2010 violerebbe innanzitutto gli artt. 3, 51 e 97 Cost., in quanto
consentirebbe l’inquadramento e la stabilizzazione di personale dirigente
precario in assenza delle peculiari e straordinarie ragioni di interesse
pubblico che, in base alla giurisprudenza costituzionale, potrebbero consentire
una deroga alla regola del pubblico concorso. La disposizione lederebbe anche l’art.
117, terzo comma, Cost., sotto un duplice profilo: in primo luogo, in relazione
ai principi fondamentali in materia di tutela della salute stabiliti dall’art.
15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina
in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della l. 23 ottobre 1992, n.
421), in quanto la stabilizzazione prevista dalla norma, compiuta in assenza di
procedure di selezione, contrasterebbe con la necessità che alla dirigenza
sanitaria si acceda per concorso pubblico per titoli ed esami; in secondo
luogo, in relazione ai principi fondamentali in materia di coordinamento di
finanza pubblica di cui all’art. 17, commi 10, 11, 12 e 13, del decreto-legge
1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e
della partecipazione italiana a missioni internazionali), convertito in legge 3
agosto 2009, n.
Il comma 2
violerebbe l’art. 81 Cost., in quanto la verifica da esso prevista della
permanenza dei fabbisogni di personale nelle diverse discipline non
costituirebbe condizione prodromica all’inquadramento
dei dirigenti, talché, anche nel caso di verificata insussistenza di detti
fabbisogni, conseguirebbero comunque maggiori oneri finanziari.
Il comma 4,
infine, lederebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto consentirebbe l’inquadramento di personale
anche in assenza dei requisiti prescritti dalla disciplina concorsuale vigente,
«ritenendo utile a tale fine la mera iscrizione alla scuola di
specializzazione, e non il possesso del titolo di specializzazione».
5.2. – La
questione è fondata.
L’art. 2
della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 sostituisce l’art. 4 della legge
regionale n. 45 del 2008. Quest’ultima disposizione prevedeva che «I dirigenti
medici in servizio a tempo indeterminato presso gli uffici a staff della
direzione generale funzionalmente dipendenti dalle direzioni sanitarie delle
aziende sanitarie locali (ASL), delle aziende ospedaliero-universitarie
e degli IRCCS pubblici ovvero in servizio presso le direzioni sanitarie di
presidio ospedaliero da almeno tre anni, alla data di entrata in vigore della
presente legge sono inquadrati, a domanda, nelle direzioni sanitarie con la
disciplina "Direzione medica di presidio ospedaliero”».
Tale articolo
è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 150 del
2010, successiva alla legge della Regione Puglia n. 4 del 2010. Questa
Corte ha ritenuto la norma in contrasto con gli artt. 97 e 117, terzo comma,
Cost., in quanto la disposizione prevedeva ipotesi di accesso alla dirigenza
sanitaria medica che, «in assenza di peculiari e straordinarie ragioni di
interesse pubblico, derogano significativamente al criterio del concorso
pubblico, richiesto sia, in via generale, dall’art. 97 Cost., sia da specifiche
disposizioni legislative statali che, ai sensi dell’art. 117, terzo comma,
costituiscono principi fondamentali in materia di tutela della salute». In
particolare, «l’inquadramento, a domanda, dei dirigenti medici in servizio a
tempo indeterminato nelle direzioni sanitarie [...] contravviene alla regola
generale desumibile dall’art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, come
integrato dall’art. 24 del d.P.R. 10 dicembre 1997,
n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale
dirigenziale del Servizio sanitario nazionale)».
Le
argomentazioni della sentenza n. 150 del
2010 possono applicarsi anche all’art. 2 della legge impugnata con il
presente ricorso. Infatti, l’espressione «è inquadrato [...] nella disciplina
nella quale ha esercitato le funzioni», usata in luogo della formula
«inquadrati nelle direzioni», non rappresenta una ipotesi diversa da quella già
sanzionata da questa Corte con la citata sentenza n. 150 del
2010. La disposizione censurata, dunque, prevede l’accesso a posti di
dirigente medico in assenza di concorso, in violazione degli artt. 97 e 117,
terzo comma, Cost., in materia di tutela della salute.
5.3. – L’art.
117, terzo comma, Cost., è violato anche con riguardo alla materia del
coordinamento della finanza pubblica, in quanto l’art. 2, quanto al comma 1 del
sostituito art. 4 della legge della Regione Puglia n. 45 del 2008, della legge
impugnata prevede l’assunzione di personale in violazione dei principi
fondamentali stabiliti dalla legislazione statale. La norma censurata, infatti,
contempla l’inquadramento di dirigenti medici già in servizio in una «disciplina
diversa da quella per la quale» sono stati assunti, mentre l’art. 17, commi 10,
11, 12 e 13, del decreto-legge n. 78 del 2009 – richiamato dall’art. 2, comma
74, della legge n. 191 del 2009 – prevede per le amministrazioni la possibilità
di stabilizzare il solo personale non dirigenziale.
5.4. –
Dall’accoglimento delle censure dell’art. 2, quanto al comma 1 del sostituito
art. 4 della legge della Regione Puglia n. 45 del 2008, della legge della
Regione Puglia n. 4 del 2010, discende l’illegittimità costituzionale dei commi
2 e 4 del medesimo articolo 4, perché contengono norme applicative o
strumentali al citato comma 1. Restano assorbiti gli ulteriori profili di
censura.
6. – Il secondo
gruppo di censure riguarda l’art. 13 della legge della Regione Puglia n. 4 del
2010. Tale articolo stabilisce che «Nel limite dei posti vacanti nella
dotazione organica e nel rispetto della riduzione della spesa del personale
imposto dalle norme vigenti, il personale già titolare di contratto ovvero di
incarico a tempo indeterminato presso aziende o enti del servizio sanitario
nazionale (SSN) e in servizio a tempo determinato al 31 dicembre 2009 presso
un’azienda o ente del servizio sanitario della Regione Puglia è confermato nei
ruoli di quest’ultima, a tempo indeterminato, previa presentazione, entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di
apposita domanda di mobilità».
6.1. –
Secondo il ricorrente, la disposizione violerebbe, in primo luogo, gli artt. 3,
51 e 97 Cost., in quanto consentirebbe di fatto «l’utilizzo dell’istituto della
mobilità per effettuare inquadramenti presso gli enti sanitari della Regione
Puglia», ledendo i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento
della pubblica amministrazione, nonché il principio del pubblico concorso.
L’art. 97 Cost. sarebbe violato anche in relazione ad alcuni principi
fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di pubblico
impiego: l’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),
che, nel disciplinare i passaggi di personale tra amministrazioni diverse,
limita l’immissione nei ruoli delle amministrazioni in cui si presta servizio
al solo personale in posizione di comando o di fuori ruolo; gli artt. 24 e 31
del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n.
Inoltre, la
norma regionale sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. in quanto lederebbe le
«disposizioni contrattuali che regolano l’istituto della mobilità e che
consentono la mobilità stessa solo nel rispetto della categoria, profilo
professionale, disciplina e posizione economica di appartenenza del
dipendente», con conseguente invasione della materia dell’ordinamento civile.
Sarebbero
violati, infine, gli artt. 117 e 118 Cost. (sotto il profilo del principio di
leale collaborazione a cui si ispirano i rapporti tra servizio sanitario
nazionale e università) e l’art. 33 Cost. (sotto il profilo dell’autonomia
universitaria), in quanto, riferendosi al personale di tutti gli enti del
servizio sanitario regionale, comprese le aziende ospedaliero-universitarie,
non rinvia all’atto aziendale o ai protocolli d’intesa tra Regione ed
università, di cui all’art. 3, comma 2, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517
(Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a
norma dell’articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419) o ad una forma
d’intesa con il Rettore.
6.2. – La
questione è fondata.
La
disposizione impugnata, facendo ricorso all’istituto della mobilità, prevede la
«ruolizzazione» – ossia l’inquadramento a tempo
indeterminato nei ruoli del servizio sanitario regionale – di personale «già
titolare di contratto ovvero di incarico a tempo indeterminato» presso enti del
servizio sanitario nazionale. La norma consente l’inquadramento di personale e
trasforma rapporti di lavoro a tempo determinato oppure rapporti di lavoro non
di ruolo a tempo indeterminato in rapporti di lavoro di ruolo a tempo
indeterminato. Ne discende la violazione dell’art. 97 Cost., perché la
disposizione censurata non prevede il pubblico concorso per l’inquadramento, e
dell’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., in materia di ordinamento civile, perché la norma concerne l’istituto della
mobilità, disciplinato dai contratti collettivi di lavoro.
Restano
assorbiti gli ulteriori profili di censura.
7. – Il terzo
gruppo di censure concerne l’art. 15 della legge della Regione Puglia n. 4 del
2010, ai sensi del quale «agli ex
lavoratori socialmente utili (LSU) già utilizzati, attraverso piani di impresa
e successive proroghe, in forma continuativa, nelle ASL e negli enti del SSR da
almeno cinque anni alla data di entrata in vigore della presente legge nei
servizi di riabilitazione, tossicodipendenze, assistenza domiciliare integrata
(ADI) e prevenzione e altri servizi, si applica il processo di stabilizzazione
previsto dall’articolo 30 della L.R. n. 10/2007 e
dalla L.R. n. 40/2007 nei limiti dei posti vacanti
della dotazione organica, i cui oneri già gravano sul bilancio di ciascuna
azienda ovvero nell’ambito di una revisione della consistenza della dotazione
stessa».
7.1. – Ad
avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione violerebbe
gli artt. 3, 51 e 97 Cost., in quanto ricomprenderebbe tra i suoi destinatari
anche personale titolare di rapporto di lavoro non suscettibile di
stabilizzazione alla luce della normativa statale di principio. La disposizione
lederebbe altresì l’art. 81 Cost., in quanto, consentendo la stabilizzazione
anche in assenza di posti vacanti, determinerebbe maggiori oneri non coperti, e
l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto non offrirebbe idonee garanzie circa
il rispetto dell’art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.
7.2. – La
questione è fondata.
La
disposizione prevede la stabilizzazione di personale alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni senza fornire indicazioni circa la sussistenza dei
requisiti per poter ammettere deroghe al principio del concorso pubblico, vale
a dire la peculiarità delle funzioni che il personale svolge (sentenze n. 267
e n. 195 del
2010 e n.
293 del 2009) o specifiche necessità funzionali dell’amministrazione (da
ultimo, sentenza
n. 67 del 2011 e n. 195 del 2010),
con conseguente violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost.
La norma,
inoltre, dispone una stabilizzazione di personale che richiede una revisione
della dotazione organica, in tal modo violando i limiti di spesa fissati per il
personale sanitario dall’articolo 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, con
conseguente violazione dei principi fondamentali stabiliti in materia di
coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Parimenti
violato è l’art. 81 Cost. L’applicazione alle Regioni dell’obbligo di copertura
finanziaria delle disposizioni legislative è stata ribadita più volte da questa
Corte (sentenze
n. 100 del 2010 e n. 386 e n. 213 del 2008)
e ha trovato ulteriore conferma nell’art. 19, comma 2, della legge 31 dicembre
2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica). La sola formula «nei
limiti dei posti vacanti della dotazione organica, i cui oneri già gravano sul
bilancio di ciascuna azienda ovvero nell’ambito di una revisione della
consistenza della dotazione stessa», usata a chiusura della disposizione
impugnata, non indica una copertura delle nuove spese derivanti dalla prevista
stabilizzazione tale da essere «credibile, sufficientemente sicura, non
arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende
effettuare in esercizi futuri» (sentenze n. 100 del
2010 e n.
213 del 2008).
8. – Il
quarto gruppo di censure riguarda gli artt. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1, 22,
comma 1, e 24, commi 1 e 3, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010.
In
particolare, l’art. 16, comma 1, prevede che «Nel rispetto delle norme di legge
relative alla spesa per il personale di cui all’articolo 2, comma 71, della L.
191/2009 e fermo restando quanto stabilito dall’articolo 24 del decreto legislativo
27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n.
L’art. 19
stabilisce che «nel rispetto di quanto previsto dalla legge regionale 27
novembre 2009, n. 27 (Servizio sanitario regionale – Assunzioni e dotazioni
organiche), al fine di dare completa applicazione alle finalità di cui
all’articolo 4 (Criteri di assunzione di personale), comma 5, della legge
regionale 30 dicembre 2005, n. 20 (Disposizioni per la formazione del bilancio
di previsione 2006 e bilancio pluriennale 2006-2008 della Regione Puglia), e di
cui al terzultimo capoverso della Delib.G.R. 15
ottobre 2007, n. 1657 (Legge 27 dicembre 2006, n. 296 articolo 1, comma 565.
Piano di stabilizzazione del personale precario in servizio presso le Aziende
sanitarie e degli IRCCS pubblici in applicazione dell’articolo 30 della L.R. n. 10/2007. Criteri applicativi), i direttori generali
delle Asl BA, BAT, AOU "Policlinico” di Bari, IRCCS "Giovanni Paolo II” di Bari
e IRCCS. "S. De Bellis” di Castellana Grotte
destinano una percentuale pari al 10 per cento dei posti vacanti nella
categoria A della propria dotazione organica in favore del reclutamento dei
lavoratori collocati in mobilità dalle strutture sanitarie private della
Regione Puglia».
L’art. 22
prevede che le Asl, le Aou e gli Irccs
del Ssr, attraverso gli uffici formazione, sono
tenuti a predisporre entro il 30 novembre il piano aziendale formativo (Paf) annuale o pluriennale, da attuarsi nell’anno o negli
anni successivi.
L’art. 24,
infine, contiene norme in materia di nomina dei direttori generali delle Asl.
In particolare, il comma 1 prevede l’istituzione di un elenco regionale dei
candidati idonei alla nomina di direttore generale delle aziende e istituti del
servizio sanitario della Regione Puglia. In base al comma 3, «
8.1. – Il
Presidente del Consiglio dei ministri censura queste disposizioni in quanto
esse violerebbero gli artt. 117 e 118 Cost. (sotto il profilo del principio di
leale collaborazione a cui si ispirano i rapporti tra servizio sanitario
nazionale e università) e l’art. 33 Cost. (sotto il profilo dell’autonomia
universitaria), in quanto, riferendosi anche al personale delle aziende ospedaliero-universitarie, «priverebbero l’università della
facoltà di procedere alla individuazione della quota di personale di eventuale
propria competenza, obliterando l’atto aziendale e/o i protocolli d’intesa tra
regione ed università, di cui all’art. 3, comma 2, del decreto legislativo n.
517 del 1999, o una forma d’intesa» con il rettore.
L’art. 24,
commi 1 e 3, contrasterebbe anche con l’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 517 del
1999 – secondo cui il direttore generale delle aziende ospedaliero-universitarie
è nominato dalla Regione d’intesa con il rettore – perché «gli idonei presenti
nell’elenco sono quelli scelti dalla regione, così restringendosi la scelta del
rettore, poiché nell’individuazione della rosa di candidati non è prevista
alcuna forma di collaborazione con l’università».
8.2. – La
questione è fondata.
A prescindere
da qualsiasi valutazione sulla legittimità costituzionale della riserva di
posti contemplata dagli artt. 16, commi 1 e 2, e 19, comma 1, della legge della
Regione Puglia n. 4 del 2010 (non oggetto di impugnazione), le disposizioni
censurate si riferiscono anche al personale delle aziende ospedaliero-universitarie,
privando così le università della facoltà di procedere alla individuazione
della quota di personale di eventuale propria competenza, secondo quanto
previsto dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999. Ne discende la
violazione dell’autonomia universitaria (art. 33 Cost.), nella parte in cui le
norme impugnate non escludono il personale delle aziende ospedaliero-universitarie
o, comunque, non prevedono un rinvio a protocolli di intesa tra università ed
enti ospedalieri, né alcuna forma d’intesa con il rettore (sentenza n. 233 del
2006).
Restano
assorbiti gli ulteriori profili di censura.
9. – Il
quinto gruppo di censure si riferisce agli artt. 16, comma 3, 17, 18, 19, comma
8, e 20 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010. Tali articoli prevedono
misure di stabilizzazione del personale sanitario, da realizzare tramite
l’estensione dell’ambito di applicazione di procedure già disposte da norme
regionali a favore di determinate categorie di personale: servizio di ADI,
riabilitazione e integrazione scolastica (art. 16, comma 3); personale sanitario in genere (art. 18);
dirigenti medici «che svolgono attività nei servizi di medicina e chirurgia
d’accettazione e d’urgenza» (art. 19); personale
dell’Agenzia regionale sanitaria e di progetti di piano (art. 20). Nel caso del
personale del «Servizio emergenza
territoriale 118», invece, la stabilizzazione è prevista senza il richiamo a
precedenti disposizioni regionali (art. 17).
9.1. – Il
ricorrente censura queste norme, innanzitutto, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., in
quanto esse, ampliando i destinatari e prorogando gli effetti di interventi di
stabilizzazione già previsti o introducendone di nuovi, lederebbero i principi
del pubblico concorso e della imparzialità dell’azione amministrativa.
Le norme
impugnate lederebbero anche l’art. 117, terzo comma, Cost., sotto un duplice
profilo: in primo luogo, in relazione ai principi fondamentali in materia di
tutela della salute stabiliti dall’art. 15 del d.lgs. n. 502 del
9.2. – La
questione è fondata.
Le
disposizioni impugnate prevedono misure di stabilizzazione del personale sanitario
che abbia prestato servizio anche non continuativo con rapporto convenzionale
e/o con incarico a tempo determinato, in assenza di pubblico concorso. Ciò si
pone in contrasto, innanzitutto, con l’art. 117, terzo comma, Cost., con
riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica, dal momento
che le norme censurate ampliano «il novero dei potenziali interessati alla
stabilizzazione così come definito» dalla normativa statale (sentenza n. 179 del
2010).
Inoltre, le
previsioni in materia di stabilizzazione del personale sanitario dettate dalle
norme impugnate non contemplano alcuna procedura selettiva, senza che vi siano
peculiarità delle funzioni che il personale svolge o specifiche necessità
funzionali dell’amministrazione, con conseguente violazione del principio del
pubblico concorso di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost.
Restano
assorbiti gli ulteriori profili di censura.
10. – Il
sesto gruppo di censure si riferisce all’art. 21, commi 1, 4, 5 e 6, della
legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, riguardante il personale sanitario degli istituti penitenziari. Il comma 1 autorizza
le ASL, nei pubblici concorsi da bandire per la copertura dei posti vacanti nei
servizi o unità operative multiprofessionali di cui
alla deliberazione della Giunta reg. 27 ottobre 2009, n. 2020 (D.P.C.M. 1° aprile 2008 - Indicazioni in
ordine all’individuazione di specifici modelli organizzativi differenziati con
riferimento alla tipologia e consistenza degli istituti di pena), «a prevedere,
ai sensi della normativa vigente, una riserva di posti per consentire l’accesso
nei ruoli aziendali del personale sanitario non medico le cui convenzioni sono
state prorogate al 30 giugno 2010». Il successivo comma 4 stabilisce che «la
spesa inerente l’inquadramento del personale di cui ai commi precedenti non
rientra nei limiti prescritti dall’articolo
1, comma 565, lettera a), della L. 296/2006, trattandosi di
trasferimento successivo di funzioni i cui oneri sono assicurati con le risorse
finanziarie di cui all’articolo 6» del
d.P.C.m. 1° aprile 2008 (Modalità e criteri
per il trasferimento al servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie,
dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni
strumentali in materia di sanità penitenziaria). Il comma 5, poi, prevede che
«il personale medico titolare di incarico provvisorio di cui all’articolo 50 della legge 9 ottobre 1970, n.
740 (Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli
istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici
dell’Amministrazione penitenziaria), è equiparato al personale medico titolare
di incarico definitivo di cui all’articolo
3, comma 4, del D.P.C.M. 1° aprile 2008. Tale
personale è collocato in apposito elenco nominativo a esaurimento istituito presso
l’ASL di competenza. Nei confronti del personale di cui al presente comma si
applica lo stesso trattamento giuridico ed economico dei medici con incarico
definitivo, ivi compresi i trattamenti contributivi e previdenziali». Il comma
6, infine, dispone che «i contratti di lavoro dei medici del servizio
integrativo di assistenza sanitaria e dei medici specialisti di cui agli articoli 51 e 52 della l. n. 740 del 1970,
come rispettivamente modificati dagli articoli
4 e 5 della legge 15 gennaio 1991, n. 26, sono disciplinati dagli
accordi integrativi regionali per la medicina generale e per la specialistica
ambulatoriale, da approvare a seguito della sottoscrizione degli accordi
collettivi nazionali stipulati in data 27 maggio
10.1. –
Secondo il ricorrente, l’art. 21, comma 1, della legge della Regione Puglia n.
4 del 2010 violerebbe l’art. 97, Cost., in quanto non stabilisce la misura
percentuale della riserva, né ne delimita in maniera rigorosa l’area, ponendo
così ostacoli per l’accesso all’impiego da parte di chi vi abbia interesse. Il
comma 4 del medesimo art. 21
violerebbe l’art. 81 Cost., in quanto non
terrebbe conto del fatto che «la spesa sostenuta per detto personale è
inferiore a quella conseguente all’inquadramento in considerazione del
differente trattamento economico spettante alle due categorie di personale», in
tal modo determinando oneri finanziari non coperti. Infine, i successivi commi
5 e 6 lederebbero gli art. 117, secondo comma, lettera l), e 81 Cost., in quanto violerebbero l’art. 4, comma 3 (recte art. 3,
comma 4), del d.P.C.m. 1° aprile
10.2. – Le
questioni sono fondate.
Le
disposizioni impugnate riguardano il personale sanitario degli istituti
penitenziari, prevedendo, da un lato, lo svolgimento di concorsi con riserva di
posti non rigorosamente delimitata, e, dall’altro, l’equiparazione del
personale medico titolare di incarico provvisorio a quello del personale medico
titolare di incarico definitivo.
Il comma 1
dell’art. 21 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 indica
genericamente una riserva di posti, senza che essa sia «delimitata in modo
rigoroso», con conseguente violazione dell’art. 97 Cost. (sentenza n. 100 del
2010).
Il comma 4
non indica in alcun modo la copertura finanziaria per l’assunzione del
personale considerato, con conseguente violazione dell’art. 81 Cost. (sentenza n. 100 del
2010).
Il comma 5,
prevedendo una equiparazione tra il personale medico titolare di incarico
provvisorio e quello titolare di incarico definitivo, anche a fini
previdenziali, dispone la trasformazione di rapporti provvisori in rapporti
definitivi. Il comma 6 stabilisce una equiparazione tra medici del servizio
integrativo di assistenza sanitaria e medici specialisti di cui agli artt. 51 e
52 della legge n. 740 del 1970, da un lato, e medici generali e per la
specialistica ambulatoriale, dall’altro, con conseguente invasione dell’area
della contrattazione collettiva. Le equiparazioni previste dalle norme impugnate
nel disciplinare, anche a fini previdenziali, rapporti di lavoro di natura
privatistica, violano l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in materia di ordinamento civile.
11. – Il
settimo gruppo di censure riguarda l’art. 26 della legge della Regione Puglia
n. 4 del 2010, che modifica l’art. 17 (Norme in materia di spesa sanitaria)
della legge regionale 12 gennaio 2005,
n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2005 e
bilancio pluriennale 2005-2007 della Regione Puglia), sostituendone i commi 6,
7 e 8 e inserendo un comma 8-bis.
Tali disposizioni prevedono l’incremento e l’integrazione del trattamento
economico dei direttori generali, dei direttori sanitari e dei direttori
amministrativi degli enti e istituti sanitari.
11.1. – Il
ricorrente censura l’art. 26 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 per
violazione dell’art. 81 Cost., in quanto esso potrebbe «dare luogo al
riconoscimento di emolumenti superiori a quelli massimi previsti dalla [...]
normativa statale, con conseguente disparità di trattamento rispetto alle altre
regioni e maggiori oneri per
11.2. – La
questione è fondata.
La
disposizione regionale, prevedendo l’incremento e l’integrazione del
trattamento economico dei direttori generali, dei direttori sanitari e dei
direttori amministrativi degli enti e istituti sanitari, comporta una maggiore
spesa priva di copertura finanziaria, con conseguente violazione dell’art. 81
Cost. Questa Corte ha costantemente affermato che le leggi istitutive di nuove
o maggiori spese debbono recare una «esplicita indicazione» del relativo mezzo
di copertura (ex plurimis,
sentenze n. 100
del 2010, n.
386 e n. 213
del 2008, n.
359 del 2007 e n. 9 del 1958)
e che a tale obbligo non sfuggono le norme regionali (ex plurimis, sentenze n. 100 del
2010, n. 386 e n. 213 del 2008
e n. 16 del 1991).
La norma
regionale viola anche il principio di riduzione dei trattamenti economici,
ricavabile dall’art. 61, comma 14, del decreto-legge 12 luglio 2008, n. 112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito in legge 6 agosto 2008, n.
12. –
L’ottavo e ultimo gruppo di censure si riferisce all’art. 30 della legge della
Regione Puglia n. 4 del 2010, che sostituisce integralmente l’art. 25 della
legge della Regione Puglia 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario 2007), riguardante l’utilizzo del personale di
imprese appaltatrici e società strumentali. Si prevede, in particolare, che
In base al
successivo comma 3, «i vincoli di cui ai commi 1 e
12.1. – Ad
avviso del ricorrente, l’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010
violerebbe l’art. 97 Cost., in quanto consentirebbe un illegittimo
inquadramento, all’interno di società, aziende o organismi della Regione, di
soggetti provenienti da imprese o società cooperative, in contrasto con il
principio del concorso pubblico e con la normativa statale – art. 18 del
decreto-legge n. 112 del 2008 e art. 19 del decreto-legge n. 78 del 2009 – che
impone «il rispetto di forme di selezione pubblica del personale anche alle
società pubbliche affidatarie di servizi, nonché l’adeguamento, da parte di
queste, alle misure di contenimento della spesa di personale fissate per le
amministrazioni controllanti».
Dal tenore
delle censure prospettate emerge l’intenzione, da parte del ricorrente, di
impugnare non l’intero articolo 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del
2010, bensì unicamente i commi 1 e 4. Infatti, il Presidente del Consiglio dei
ministri, per un verso, censura la modifica legislativa effettuata dalla
disposizione impugnata, che avrebbe introdotto in termini generali una
assunzione «a tempo indeterminato» del personale già utilizzato dalla
precedente impresa o società affidataria dell’appalto (comma 1); per altro
verso, contesta l’applicazione di tale meccanismo, che non prevedrebbe alcuna
procedura selettiva, nel caso di «affidamento diretto di servizi in favore di
società strumentali costituite dalla Regione, dagli enti o dalle aziende della
Regione Puglia e tra società strumentali della Regione, degli enti o delle
aziende della Regione Puglia» (comma 4). Il combinato disposto di tali
previsioni determinerebbe, ad avviso del ricorrente, una violazione dell’art.
97 Cost., nonché dell’art. 18 del decreto- legge n. 112 del 2008.
12.2. – La
questione è fondata, nei termini di seguito precisati.
La
disposizione impugnata sostituisce l’art. 25 della legge della Regione Puglia
n. 25 del 2007. Nella sua formulazione originaria, tale articolo disponeva che
«Fatte salve le previsioni della contrattazione collettiva, ove più favorevoli,
Nella
precedente versione, quindi, l’art. 25 della legge della Regione Puglia n. 25
del 2007 applicava la «clausola
sociale» (nota anche
come clausola di «protezione» o di «salvaguardia» sociale, o anche come «clausola sociale di assorbimento»), un istituto
che opera nella ipotesi di cessazione d’appalto e subentro di imprese o società
appaltatrici e risponde all’esigenza di assicurare la continuità del servizio e
dell’occupazione, nel caso di discontinuità dell’affidatario. Già contenuta
nell’art. 26 del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle
norme sulla disciplina giuridica dei contratti collettivi del lavoro con quelle
del trattamento giuridico-economico del personale delle
ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione),
tale «clausola» non solo è stabilita
dalla contrattazione collettiva ed è riconosciuta in sede giurisprudenziale, ma
è anche prevista in specifiche disposizioni legislative statali: per esempio
l’art. 63, comma 4, del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della
riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998,
n. 337), l’art. 29,
comma 3, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 recante «Attuazione delle deleghe in materia di
occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30», e, con riferimento ai contratti delle
pubbliche amministrazioni, l’art. 69 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice
dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).
La
disposizione impugnata, al comma 1 dell’art. 25 cit., introduce uno strumento
diverso dalla «clausola sociale», in quanto non si limita a prevedere il mantenimeno in servizio di personale già assunto, ma
stabilisce in modo automatico e generalizzato l’«assunzione a tempo
indeterminato» del
personale già «utilizzato» dalla precedente impresa o società affidataria
dell’appalto. Il comma 4 del medesimo articolo, poi, applica questo meccanismo
automatico anche «nel caso di affidamento dei servizi in favore di società
strumentali costituite dalla Regione, dagli enti o dalle aziende della Regione
Puglia e tra società strumentali della Regione, degli enti o delle aziende
della Regione Puglia».
In tal modo,
le norme impugnate impongono alle nuove imprese o società affidatarie
dell’appalto l’«assunzione a tempo indeterminato», anziché l’«utilizzo», del
personale della precedente impresa o società affidataria, ed estendono
quest’obbligo, senza prevedere alcuna procedura selettiva, anche alle società a
partecipazione pubblica totale o di controllo. Ciò costituisce una violazione
dell’art. 97 Cost. (sentenza n. 267 del
2010) e delle norme interposte dettate dall’art. 18 del decreto-legge n.
112 del 2008, come modificato dall’art. 19, comma 1, del decreto-legge n. 78
del
L’art. 30
della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, nel prevedere l’assunzione a
tempo indeterminato anziché l’utilizzo del personale della precedente impresa o
società affidataria dell’appalto, produce, come sostenuto dalla Avvocatura
generale dello Stato, una violazione dell’art. 97 Cost., e delle richiamate
norme interposte, sotto il profilo della «imparzialità dell’azione
amministrativa e uniformità della stessa sul territorio nazionale», nonché
sotto il profilo del buon andamento. Tale violazione si determina sia per
l’assenza di criteri di trasparenza, pubblicità e imparzialità per il
reclutamento di personale delle società a partecipazione pubblica totale o di
controllo, sia perché il maggior onere derivante dall’obbligo posto
all’affidatario di assumere «a tempo indeterminato» il personale già utilizzato
si riflette – anche nel caso di imprese o società affidatarie dell’appalto
interamente private – sui principi di legalità e di buon andamento della
pubblica amministrazione affidante in termini di non conformità alle
disposizioni sulla «clausola sociale», di minore apertura dei servizi alla
concorrenza e di maggiori costi, considerato che l’obbligo eccede i limiti
temporali dell’affidamento del servizio.
Ferma
rimanendo l’applicazione, alle ipotesi previste dalle disposizioni impugnate,
della «clausola
sociale» in senso
proprio, nei termini prescritti dalle norme e dai contratti collettivi vigenti,
e in permanenza dell’affidamento del servizio, va dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010,
quanto al comma 1 del sostituito art. 25 della legge Regione Puglia n. 25 del
2007, limitatamente alle parole «a tempo indeterminato», e quanto al comma 4
del medesimo art. 25, nella parte in cui prevede la stabilizzazione di
personale della precedente impresa o società affidataria dell’appalto, senza
alcuna forma selettiva.
Per
questi motivi
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, quanto ai commi
1, 2 e 4 del sostituito art. 4 della legge della Regione Puglia 23 dicembre
2008, n. 45 (Norme in materia sanitaria), 13, 15, 16, comma 3, 17, 18, 19,
comma 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, e 26 della legge della Regione Puglia 25
febbraio 2010, n. 4 (Norme urgenti in materia di sanità e servizi sociali);
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 16, commi 1 e 2, 19,
comma 1 , 22, comma 1, 24, commi 1 e 3, della legge della Regione Puglia n. 4
del 2010, nella parte in cui non escludono il personale delle aziende ospedaliero-universitarie o, comunque, non prevedono un
rinvio a protocolli di intesa tra università ed enti ospedalieri, né alcuna
forma d’intesa con il rettore;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 30 della legge della
Regione Puglia n. 4 del 2010, quanto al comma 1 del sostituito art. 25 della
legge della Regione Puglia 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento e seconda
variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007), limitatamente alle parole «a
tempo indeterminato», e quanto al comma 4 del medesimo art. 25, nella parte in
cui prevede la stabilizzazione di personale della precedente impresa o società
affidataria dell’appalto, senza alcuna forma selettiva;
dichiara cessata la materia del contendere con riferimento al
giudizio concernente l’art. 19, comma 6, della legge della Regione Puglia n. 4
del 2010, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso
indicato in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità
costituzionale degli
artt. 2, quanto ai commi 1, 2 e 4 del sostituito art. 4 della legge della
Regione Puglia n. 45 del 2008, 13, 15, 16, commi 1, 2 e 3, 17, 18, 19, commi 1,
6 e 8, 20, 21, commi 1, 4, 5 e 6, 22, comma 1, 24, commi 1 e 3, 26 e 30 della legge della Regione
Puglia n. 4 del 2010, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in
riferimento agli artt. 24 e 31 della Costituzione, con il ricorso indicato in
epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, quanto ai commi 2, 3, 5 e 6 del sostituito art. 25 della legge della Regione Puglia n. 25 del 2007, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli art. 97 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23
febbraio 2011.
F.to:
Ugo DE
SIERVO, Presidente
Sabino
CASSESE, Redattore
Maria
Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 3 marzo 2011.