SENTENZA N. 233
ANNO 2006
Commento alla decisione di
Francesco Merloni
Primi incerti tentativi di arginare lo spoils system nelle Regioni
(per
gentile concessione del Forum di Quaderni Costituzionali),
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai Signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni
Maria FLICK "
-
Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE
SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
-
Paolo MADDALENA "
-
Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso Quaranta "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’art. 1, commi da
Visti gli atti di costituzione delle Regioni Calabria e Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica del 4 aprile 2006 il Giudice relatore Franco Bile;
uditi l’avvocato dello Stato Aldo Linguiti per il
Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli per
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso
notificato il 29 luglio 2005 e depositato il successivo 3 agosto, il Presidente
del Consiglio dei ministri ha proposto, in via principale, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da
Preliminarmente,
il ricorrente deduce che la sancita decadenza automatica delle nomine regionali
e degli incarichi dirigenziali al momento della data di insediamento dei nuovi
organi rappresentativi della Regione, prescindendo da qualsiasi valutazione
tecnica circa la professionalità e le competenze delle persone precedentemente
nominate e/o incaricate, contrasta con i principi di buon andamento e imparzialità
della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), in mancanza anche
di soluzioni alternative (quali quelle contenute nella legge statale 15 luglio
2002, n. 145) che possono comunque garantire il rapporto di lavoro del
dirigente.
Quanto, in particolare,
al comma 1 e ai correlati commi 2, 3 e 5 dell’art. 1 – «nella parte in cui
prevedono che le nomine riguardino rappresentanti della regione in seno allo
Stato ed agli enti pubblici nazionali, effettuate anche d’istanza o di concerto
con altre autorità o previa selezione, i cui enti non appartengono alla
struttura amministrativa della regione» –, il ricorrente osserva che una tale
previsione esula dalla competenza legislativa regionale ai sensi dell’art. 117,
secondo comma, lettera g), della Costituzione, che attribuisce alla
potestà legislativa esclusiva dello Stato «l’ordinamento e l’organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», e si pone altresì
in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., che individuano come criteri
fondamentali quelli di ragionevolezza, buon andamento ed imparzialità
dell’amministrazione.
Parimenti illegittime,
per violazione sempre degli artt. 3 e 97 Cost., sono (secondo l’Avvocatura
generale dello Stato) tanto la previsione che estende la decadenza ex lege alle nomine conferite dal Presidente e
dall’Ufficio di presidenza del Consiglio, dal Presidente del Consiglio nonché
dai dirigenti dei dipartimenti consiliari (atteso che la normativa statale di
cui alla citata legge n. 145 del 2002 limita il principio dello spoils system alle
sole nomine correlate all’azione di governo, in quanto conferite dal Governo e
dai ministri), quanto la disciplina transitoria (dettata dal comma 4 dell’art.
1) che estende surrettiziamente la decadenza alle nomine conferite durante la
precedente legislatura a decorrere dai nove mesi precedenti il 3 aprile 2005.
Riguardo, poi, ai commi
6, 7 e 8 dell’art. 1 – in cui è sancita la decadenza automatica di tutti gli
incarichi dirigenziali delle strutture amministrative della Regione alla data
di proclamazione del Presidente della Giunta, con risoluzione ex lege dei relativi contratti a tempo determinato, senza
far riferimento alcuno agli incarichi di funzioni dirigenziale di livello
generale e a quelli di direttore generale della Regione, degli enti pubblici e
delle aziende – il ricorrente rileva che la legge in esame estende la decadenza
automatica a tutti i livelli dirigenziali (compresi quelli che non si
caratterizzano per una particolare contiguità con gli organi politici e che svolgono
funzioni sostanzialmente gestionali e/o esecutive), differenziandosi, quindi,
profondamente dalla legislazione statale, che invece la limita agli incarichi
apicali (capi dipartimento e segretari generali). Pertanto – poiché la legge
applica una medesima disciplina a situazioni in realtà differenti –, la difesa
erariale denuncia la violazione, oltre che dei principi di imparzialità e buon
andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), anche di quello di
ragionevolezza (art. 3 Cost.). Inoltre – poiché tali previsioni sono difformi
dalla normativa statale di cui all’art. 3, comma 7, della citata legge n. 145
del 2002 (che prevede un meccanismo di maggior tutela per gli incarichi dei
dirigenti delle strutture amministrative) –, esse esorbitano dalla competenza
regionale, in quanto incidono sulla disciplina dei rapporti di lavoro che
appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di
"ordinamento civile” ex art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost.
«Per le medesime
motivazioni», secondo il ricorrente, è infine illegittima la previsione
contenuta nell’art. 1, comma 1, che prevede la decadenza automatica delle
nomine effettuate per gli organi di vertice delle aziende sanitarie,
ospedaliere ed assimilabili, in quanto incide su contratti di natura
privatistica precedentemente stipulati e ancora efficaci, determinandone la
risoluzione senza meccanismi di garanzia.
2. – Si è
costituita
Premessa l’analisi delle
norme impugnate e posta in evidenza la finalità di sanare una grave e diffusa
situazione (stigmatizzata anche dalla Sezione regionale di controllo per
Pertanto, il sistema
della legge regionale de qua – sebbene diverso da quello di cui alla
normativa statale (che comunque non vincola la potestà legislativa delle
Regioni, che godono in materia di organizzazione dei propri organi e uffici di
piena autonomia nei limiti stabiliti dalla Costituzione) – opera un corretto
contemperamento tra l’interesse pubblico che la nuova Giunta non sia
eccessivamente condizionata dalle nomine effettuate nella parte finale della
legislatura dalla precedente maggioranza e che la campagna elettorale si svolga
serenamente, e la tutela dell’affidamento del nominato, il quale sin dall’atto
di incarico è a conoscenza del fatto che con la fine della legislatura decadrà
dalla carica.
Quanto, poi, alla norma
transitoria di cui al comma 4,
Sulla base di analoghe
argomentazioni,
Riguardo, poi, alla
disciplina della dirigenza, dettata dai commi 6, 7 e 8, la difesa della Regione
osserva che la scelta di adottare lo spoils
system per tutti i gradi della dirigenza è stata
effettuata in sede di esercizio della potestà statutaria, giacché tale regola è
prevista dal comma 6 dell’art. 50 dello statuto, secondo cui «tutti gli
incarichi dirigenziali [e dunque non solo quelli di livello apicale] devono
essere formalmente conferiti entro 60 giorni dall’insediamento dei nuovi organi
regionali»; il che ovviamente vuol dire che tutti gli incarichi dirigenziali
decadono al momento dell’elezione della nuova amministrazione, in conformità ai
principi costituzionali in materia di organizzazione pubblica, garantendo al
meglio la separazione tra organi politici e burocratici e l’assunzione delle
rispettive responsabilità e rispondendo a un preciso e coerente disegno di
organizzazione regionale, contenuto nello statuto medesimo (agli artt. 49,
comma 3, e 50, comma 2).
Inoltre,
3. – Con ricorso
notificato il 14 ottobre e depositato il successivo 18 ottobre, il Presidente
del Consiglio dei ministri ha proposto, in via principale, questione di
legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Abruzzo
12 agosto 2005, n. 27 (Nuove norme sulle nomine di competenza degli organi di
direzione politica della Regione Abruzzo), per violazione dei principi di
ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento e imparzialità della pubblica
amministrazione (art. 97 Cost.), oltre che per lesione delle competenze statali
di cui all’art. 117, secondo comma, lettere g) ed l) Cost. (r.ric. n. 84 del 2005).
In particolare il
ricorrente impugna: a) l’art. 1, comma
La difesa erariale
sottolinea, inoltre, che le disposizioni impugnate si differenziano
dall’analoga norma prevista dall’art. 6 della legge statale n. 145 del 2002,
che ha un ambito di applicazione soggettivo e temporale ben più ristretto,
mentre la legge regionale in esame, non prevedendo alcun termine a partire dal
quale trovi operatività la decadenza delle cariche, prescinde da qualsiasi ragionevole
motivazione che consente di derogare al principio generale secondo cui la
cessazione delle stesse deve legarsi a valutazioni negative circa l’operato dei
soggetti interessati, con ciò ledendo i principi di imparzialità e buon
andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.
4. – Si è costituita
Quanto alla
censurata decadenza automatica,
Riguardo alle
nomine degli organi delle società controllate e partecipate dalla Regione, la
difesa sostiene che è stato posto il principio per cui esse non possono
eccedere la durata della legislatura regionale; ma la legge regionale richiama
gli articoli del codice, adeguandosi alla disciplina dagli stessi stabilita e
limitando l’applicazione della decadenza ai casi in cui lo statuto delle
società partecipate prevedano in capo alla Regione gli speciali poteri di cui
all’art. 2449 cod. civ.
Quanto, infine,
al regime transitorio di cui all’art. 2,
5. – Con ricorso
notificato il 17 ottobre 2005 e depositato il successivo 19 ottobre, il
Presidente del Consiglio dei ministri, tra l’altro, ha proposto, in via
principale, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 14, comma 3, e
24, commi 3, 5 e 6, della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13
(Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario –
Collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l’anno 2005 ai sensi
dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8). (r.ric. n. 86 del 2005).
Secondo
l’Avvocatura, l’art. 14, comma 3, nella parte in cui prevede la decadenza
automatica (senza alcuna valutazione tecnica circa la professionalità degli
interessati) delle nomine effettuate dai direttori generali delle ASL nei
confronti dei direttori amministrativi e sanitari, nonché dei responsabili dei
dipartimenti sanitari e amministrativi, oltre che dei responsabili dei
distretti sanitari territoriali, risulta lesivo dei principi di imparzialità e
buon andamento dell’amministrazione, di cui all’art. 97 Cost. Inoltre, venendo
ad incidere su rapporti precedentemente instauratisi, il cui termine è
stabilito contrattualmente, la norma determina la lesione del principio di
affidamento del cittadino nella libera esplicazione dell’autonomia negoziale,
tutelato dagli artt. 2 e 41 Cost., nonché l’invasione della competenza in
materia di "ordinamento civile”, di potestà legislativa esclusiva dello Stato ex
art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
A sua volta,
l’art. 24 – che, in materia di nomine universitarie, regola le modalità con cui
gli organi di indirizzo politico della Regione (il Presidente della Giunta o
del Consiglio) procedono alle nomine per le quali sono previsti il concerto
ovvero l’intesa con altre autorità o amministrazioni – è censurato là dove
prevede che l’autorità regionale competente può prescindere dal gradimento
delle predette autorità o amministrazioni sulla proposta di una terna di nomi
indicati solo dalla Regione, senza considerare alcuna controproposta, qualora
la preferenza non venga espressa entro il termine previsto ovvero non sia
adeguatamente motivata (commi 3 e 6), e deve precedere all’individuazione di
una nuova terna di nomi solo se uno o tutti i nominativi proposti vengono
rifiutati per mancanza dei soli requisiti di professionalità e competenza
(comma 5).
Secondo la
difesa erariale, tali disposizioni (che riducono l‘intesa ad un mero parere,
dal quale può anche prescindersi per decorso del tempo e che non mettono in
posizione paritaria i due soggetti che devono addivenire all’intesa stessa)
contrastano: a) con l’autonomia universitaria, tutelata dall’articolo 33, sesto
comma, Cost.; b) con la potestà legislativa concorrente nelle materie della
tutela della salute e della ricerca scientifica e tecnologica di cui
all’articolo 117, terzo comma, Cost.; c) con l’art. 4, comma 2, del
decreto legislativo n. 517 del 1999, che stabilisce il principio fondamentale
per cui il direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria è nominato
dalla Regione, acquisita l’intesa con il Rettore dell’Università; d) con l’art.
1, comma 2, lettera b), del medesimo d.lgs. n. 517 del 1999 (come
attuato dall’art. 6 del D.P.C.M. 24 maggio 2001), che prescrive che i rapporti
tra il servizio sanitario regionale e le Università siano informati al rispetto
del principio della leale collaborazione; e) con l’art. 6 della legge n. 419
del 1998; f) con il principio di leale collaborazione tra autonomie, costituzionalmente
garantito dall’art. 120, secondo comma, Cost.
6. – Si è
costituita
Quanto all’art.
14, comma 3,
Riguardo
all’art. 24, la difesa della Regione contesta innanzitutto l’assunto secondo il
quale quelle ivi disciplinate debbano essere considerate intese cosiddette
"forti”, ovvero tali da imporre sempre e comunque la codecisione,
giacché il Rettore dell’Università non è in posizione pariordinata
con
Infine,
7. – In tutti i giudizi,
nella prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri e le
Regioni costituite hanno depositato memorie illustrative in cui vengono
sostanzialmente ribadite le argomentazioni svolte a sostegno delle rispettive
tesi difensive e conclusioni.
Considerato in diritto
1. –
Per la loro connessione
oggettiva, i tre ricorsi devono essere riuniti.
2. – Con il primo ricorso
(n. 75 del 2005), il Presidente del Consiglio dei ministri impugna i commi da 1
ad 8 dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 3 giugno 2005, n. 12 (Norme
in materia di nomine e di personale della Regione Calabria).
Preliminarmente, e in via
generale, il ricorrente afferma che quei commi – in quanto dispongono che
l’insediamento dei nuovi organi rappresentativi della Regione comporta la
decadenza automatica di alcune nomine (commi 1-5) e di tutti gli incarichi
dirigenziali (commi 6-8) conferiti dagli organi precedenti, senza nessuna
valutazione tecnica della professionalità e competenza dei soggetti nominati o
incaricati – contrastano con i principi di buon andamento e imparzialità della
pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, anche per
mancanza di previsioni (come quelle contenute nella legge statale 15 luglio
2002, n. 145) idonee a garantire il rapporto di lavoro degli interessati.
Dopo tale
premessa, il ricorrente formula specifiche censure nei confronti dei commi impugnati,
ad essi addebitando – di volta in volta – l’invasione della competenza
legislativa esclusiva statale nelle materie "ordinamento e organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” (art. 117, secondo
comma, lettera g, Cost.) e "ordinamento civile” (ivi, lettera l),
o la violazione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon
andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97, primo comma,
Cost.).
In particolare,
quest’ultimo parametro è evocato per censurare non già la scelta di fondo di
commisurare la durata delle nomine e degli incarichi dirigenziali a quella
degli organi di indirizzo politico della Regione (spoils
system), ma le differenze fra le soluzioni
accolte dalla normativa regionale e quelle della citata legge statale.
Al riguardo è opportuno
rilevare subito come le norme impugnate concernano, in linea di massima, una
materia (l’organizzazione amministrativa della Regione, comprensiva
dell’incidenza della stessa sulla disciplina del relativo personale) attribuita alla competenza residuale delle
Regioni (art. 117, quarto comma, Cost.), da esercitare nel rispetto dei
«principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti
(art. 123 Cost.); e come nemmeno il ricorrente evochi esplicitamente un titolo
di competenza concorrente idoneo a demandare allo Stato la determinazione di
principi fondamentali vincolanti per le Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.).
2.1. – La
prima censura riguarda il comma 1 ed
i correlati commi 2, 3 e 5
dell’impugnato art. 1, recante «Disposizioni in materia di nomine e
personale».
Le norme
impugnate così dispongono: «Le nomine degli organi di vertice e dei componenti
o dei rappresentanti della Regione nei consigli di amministrazione o negli
organi equiparati degli enti pubblici, degli enti pubblici economici, delle
aziende sanitarie, ospedaliere ed assimilabili dei consorzi, delle società
controllate o partecipate, delle agenzie, degli ambiti territoriali ottimali,
delle fondazioni e di ogni altro soggetto od organismo, comunque denominato,
individuale o collegiale, di diritto pubblico o privato, appartenente o meno
alla struttura amministrativa della Regione ed a qualsiasi livello, nonché dei
componenti di comitati, commissioni, gruppi di lavoro ed organismi regionali od
interregionali, conferite, rinnovate o comunque rese operative, anche di intesa
o di concerto con altre autorità o previa selezione, o comunque resi operativi
degli organi di indirizzo politico regionale, nonché dal capo di gabinetto del
Presidente della Giunta regionale e dai dirigenti dei dipartimenti, nei nove
mesi antecedenti la data delle elezioni per il rinnovo degli organi di
indirizzo politico della Regione e successivamente rispetto a tale data, fino
all'insediamento di questi ultimi, decadono alla data di proclamazione del
Presidente della Giunta regionale ed i conseguenti rapporti di natura
patrimoniale sono risolti di diritto» (comma 1); «Entro sessanta giorni dalla
data di proclamazione del Presidente della Giunta regionale, le autorità
competenti procedono, in applicazione delle relative norme di settore, al
conferimento delle nomine di cui al precedente comma, in favore dei soggetti
che ne abbiano titolo. Sino ad allora, trova applicazione il disposto dell’art.
6 della legge regionale 4 agosto 1995, n. 39 ed il termine di proroga di cui al
primo comma è aumentato sino a sessanta giorni. Gli atti compiuti in violazione
ed alla scadenza del termine sono nulli e comunque non opponibili alla Regione
ed ai terzi interessati» (comma 2); «Le disposizioni di cui ai precedenti commi
si applicano anche alle nomine conferite dal Presidente e dall’Ufficio di
Presidenza del Consiglio, dal Presidente del Consiglio nell’esercizio di poteri
sostitutivi dell’Assemblea nonché dai Dirigenti dei Dipartimenti consiliari,
spostando il termine recato nelle stesse disposizioni alla data di
proclamazione del nuovo Presidente del Consiglio regionale. […]» (comma 3); «È
fatto obbligo, con personale responsabilità in caso di omissione, al legale
rappresentante ed al dirigente o funzionario più elevato in grado, appartenenti
alla struttura organizzativa di cui fanno parte uno o più persone che versano
nella situazione prevista dal precedente comma, di comunicare il nominativo e
la carica rivestita da queste ultime al Presidente della Giunta regionale ed al
Presidente del Consiglio regionale, entro trenta giorni dalla data di
pubblicazione della presente legge sul Bollettino Ufficiale della Regione»
(comma 5).
Nei termini in
cui sono prospettate, le censure all’esame, in realtà, riguardano i commi 1, 2
e 3, recanti la disciplina a regime delle nomine in esame: infatti il comma 5 – che, unitamente al comma 4,
contiene invece la disciplina transitoria – è solo menzionato, senza che nei
suoi confronti sia proposta alcuna specifica censura, onde la questione di
legittimità costituzionale che lo concerne è manifestamente inammissibile.
2.2. –
Secondo il ricorrente, i citati commi 1, 2 e 3 – nella parte riguardante nomine
di rappresentanti della Regione in seno allo Stato o ad enti pubblici
nazionali, o effettuate d’intesa o di concerto con autorità statali – violano
l’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che attribuisce alla
potestà legislativa esclusiva dello Stato "l’ordinamento e l’organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, e gli artt. 3 e 97
Cost., che enunciano rispettivamente il criterio fondamentale di ragionevolezza
e quelli di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione.
2.3. –
La questione relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g),
Cost., non è fondata.
La censura, infatti,
poggia su un erroneo presupposto interpretativo, in quanto le norme impugnate –
alla stregua della loro chiara formulazione letterale – devono essere intese
nel senso che esse non si riferiscono (anche) alle nomine di rappresentanti
regionali in organi statali o di enti pubblici nazionali, né ad intese o
concerti con autorità statali, ma operano esclusivamente all’interno
dell’ordinamento regionale.
2.4. – La lesione degli
artt. 3 e 97 Cost. – come risulta correlando le censure alla premessa
introduttiva del ricorso (retro: n.
2) – può invece ritenersi dedotta non sotto il profilo dell’applicabilità dei
commi impugnati alle nomine di rappresentanti regionali in seno allo Stato o ad
enti pubblici nazionali, ma sotto quello dell’irragionevole mancato
collegamento della cessazione di tali nomine ad un meccanismo di previa
valutazione della professionalità degli interessati.
Nemmeno questa censura è
fondata.
Le nomine previste dai
commi in esame riguardano gli organi di vertice degli enti regionali ed i
rappresentanti regionali nei consigli di amministrazione degli enti
dell’ordinamento regionale, effettuate dagli organi rappresentativi della
Regione; esse sono tutte caratterizzate dall’intuitus personae, nel senso che si fondano su
valutazioni personali coerenti all’indirizzo politico regionale. I commi
impugnati, specie il comma 1, vietano che le nomine in esame, se effettuate nei
nove mesi prima delle elezioni, si protraggano nella legislatura successiva, e
pertanto ne dispongono la decadenza all’atto della proclamazione del nuovo
Presidente della Giunta. Essi quindi, in realtà, si limitano ad anticipare il
termine finale di durata degli incarichi conferiti con le nomine.
Siffatta regola (come si
desume dalla lettera delle norme impugnate) opera per il futuro; e quindi, dopo
la sua entrata in vigore, chi fosse nominato negli ultimi nove mesi di una
legislatura non potrebbe vantare alcun ragionevole affidamento sulla
continuazione dell’incarico dopo la proclamazione del nuovo Presidente.
Inoltre – trattandosi di
nomine conferite intuitu personae
dagli organi politici della Regione, in virtù di una scelta legislativa dal
ricorrente non specificamente contestata – la regola per cui esse cessano
all’atto dell’insediamento di nuovi organi politici mira a consentire a questi
ultimi la possibilità di rinnovarle, scegliendo (ancora su base eminentemente
personale) soggetti idonei a garantire proprio l’efficienza e il buon andamento
dell’azione della nuova Giunta, per evitare che essa risulti condizionata dalle
nomine effettuate nella parte finale della legislatura precedente.
Quindi, la previsione di
un meccanismo di valutazione tecnica della professionalità e competenza dei
nominati, prospettata dal ricorso come necessaria a tutelare l’imparzialità e
il buon andamento dell’amministrazione, non si configura, nella specie, come
misura costituzionalmente vincolata; e del resto nemmeno si addice alla natura
personale del rapporto sotteso alla nomina.
3. – Il ricorso impugna
poi – per violazione degli artt. 3 e 97 Cost. – tanto la disciplina "a regime”
del comma 3, che estende la
decadenza automatica alle nomine conferite dal Presidente e dall’Ufficio
di presidenza del Consiglio, e dai dirigenti dei dipartimenti consiliari,
quanto la disciplina transitoria del comma
4, che estende tale decadenza a tutte le nomine (di cui ai commi da
3.1. – La questione
relativa al comma 3 non è fondata.
Il ricorrente impugna la
norma per la diversità del suo contenuto rispetto alle previsioni della legge
statale n. 145 del 2002, che limita lo spoils
system alle sole nomine correlate all’azione di
governo, ossia a quelle conferite dal Governo e dai ministri.
Orbene, la soluzione
accolta dal comma impugnato si ricollega evidentemente alla natura personale
del rapporto sotteso al conferimento delle nomine in esame (retro: 2.4.). E il ricorso non contesta la
compatibilità, in via di principio, di tale criterio di nomina con i pur
evocati artt. 3 e 97 Cost., ma si limita a denunciare la mera difformità
rispetto alla disciplina statale,che non è rilevante per l’esercizio della potestà
legislativa regionale in materia residuale, ai sensi dell’art. 117, quarto
comma, Cost.
3.2. – Secondo il
ricorso, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., dedotta per il comma 3, vale
anche per la disciplina transitoria di cui al comma 4, che «estende surrettiziamente la decadenza automatica
alle nomine conferite durante la
precedente legislatura a decorrere dai nove mesi precedenti il 3 aprile 2005».
Indipendentemente
da tali argomentazioni difensive, che si muovono su un piano eminentemente
fattuale, la censura relativa al comma 4 è inammissibile, per la sua estrema genericità.
Essa infatti
– pur concernendo una disciplina transitoria – si esaurisce nel mero richiamo
alle argomentazioni svolte a sostegno dell’impugnazione della (diversa) disciplina
"a regime” di cui al comma 3 e nella parafrasi del testo del comma 4, con la
sola aggiunta dell’avverbio "surrettiziamente”, di non facile interpretazione,
posto che la formulazione letterale del comma rivela pianamente l’intento della
legge di incidere proprio sulle nomine conferite in un periodo, anteriore alla
sua entrata in vigore, considerato "sospetto”.
E questa
Corte ha, anche di recente, affermato che il ricorso in via principale non solo
«deve identificare esattamente la questione nei suoi termini normativi»,
indicando «le norme costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto
di compatibilità o incompatibilità costituisce l’oggetto della questione di
costituzionalità», ma deve anche «contenere una seppur sintetica argomentazione
di merito, a sostegno della richiesta declaratoria d'incostituzionalità della
legge», ponendosi l’esigenza di un’adeguata (e non meramente assertiva)
motivazione a sostegno dell’impugnativa «in termini perfino più pregnanti nei
giudizi diretti che non in quelli incidentali» (sentenza n. 139 del
2006).
4. – Il
ricorrente impugna poi i commi 6, 7 e 8
dell’art. 1.
Il comma 6
sancisce che, «in attuazione dell’art. 50, comma 6, dello Statuto regionale,
tutti gli incarichi dirigenziali delle strutture amministrative della Regione
Calabria decadono di diritto alla data di proclamazione del Presidente della
Giunta medesima ed i relativi contratti a tempo determinato cessano di avere
efficacia». Il comma
Secondo il ricorrente,
tali norme – in quanto estendono la decadenza anche ai dirigenti con funzioni
meramente gestionali od esecutive, quindi non caratterizzati da particolare
contiguità con gli organi politici – hanno un contenuto profondamente diverso
rispetto alla legislazione statale, che invece limita lo spoils
system agli incarichi apicali (capi dipartimento
e segretari generali) e appresta una più intensa tutela per gli incarichi dei
dirigenti di livello non generale (art. 3, comma 7, della legge n. 145 del
2002). I commi impugnati violerebbero quindi i principi di ragionevolezza (art.
3 Cost.) e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97
Cost.); nonché la riserva in via esclusiva alla competenza legislativa dello
Stato della materia "ordinamento civile” (art. 117, secondo comma, lettera l,
Cost.).
4.1. – Occorre esaminare
separatamente i commi 6 e 7 (che recano la disciplina a regime) e il comma 8
(che pone la disciplina transitoria).
La
questione di legittimità costituzionale concernente i commi
6 e
La
questione non è fondata, nei sensi di seguito precisati.
I commi 6 e 7 si
inseriscono nel quadro normativo delineato dalla legge regionale calabrese 7 agosto
2002, n. 31, che all’art.
I primi sono conferiti
dal Presidente della Giunta regionale, per una durata massima di tre anni, e
sono revocati di diritto entro sessanta giorni dall’insediamento dei nuovi
organi regionali. Essi possono essere conferiti, per il 10% della dotazione
organica, a soggetti estranei all’amministrazione aventi particolari requisiti
e comprovata qualificazione professionale (scelta di fondo in linea con la
legislazione statale: art. 3, lettera g, della legge n. 145 del 2002; e,
per gli incarichi dirigenziali negli enti locali, art. 109 del testo unico
approvato con d.P.R. 18 agosto 2000, n. 267).
I secondi sono invece
conferiti dai dirigenti di livello generale, per una durata massima di cinque
anni, ai dirigenti assegnati alle strutture di propria competenza dalla Giunta
regionale (ossia a personale regionale).
Tutti gli
incarichi dirigenziali sono regolati dai contratti nazionali di lavoro del
comparto della dirigenza e da contratti individuali concernenti il trattamento
economico. Inoltre l’art. 11 della stessa legge regionale n. 31 del
Successivamente, lo
statuto della Regione Calabria, approvato con legge regionale 19 ottobre 2004,
n. 25 (fonte sovraordinata rispetto alla legge regionale "ordinaria”: sentenza n. 119 del
2006), ha affermato, all’art. 50, comma 2, che
l’organizzazione amministrativa regionale è regolata dalla legge e dai
regolamenti di organizzazione «nel rispetto del principio di distinzione tra
funzioni di indirizzo e controllo e funzioni di gestione amministrativa,
finanziaria e tecnica». Ed ha stabilito, all’art. 50, comma 6, che «tutti gli
incarichi dirigenziali devono essere formalmente conferiti entro 60 giorni dall’insediamento
dei nuovi organi regionali». Tale comma non è stato censurato quando il Governo
ha impugnato la delibera statutaria regionale della Calabria, ai sensi
dell’art. 123, secondo comma, Cost. (v. sentenza n. 2 del
2004).
Gli
impugnati commi 6 e 7 devono, dunque, essere coordinati con l’art. 10 della
legge regionale n. 31 del 2002 (che la citata regola statutaria evidentemente
assume a presupposto) e interpretati nel senso che essi si riferiscono ai soli
incarichi dirigenziali di livello generale ("apicali”) e non anche a quelli di
livello non generale ("intermedi”).
Invero, l’art. 10 appena
ricordato attribuisce all’organo politico della Regione il potere di conferire
gli incarichi dirigenziali cosiddetti "apicali” a soggetti individuati intuitu personae, scelti anche (entro determinati limiti
percentuali) al di fuori dell’apparato amministrativo regionale. Questa
modalità di conferimento – nei cui confronti il ricorrente non propone censure
– mira palesemente a rafforzare la coesione tra l’organo politico regionale
(che indica le linee generali dell’azione amministrativa e conferisce gli
incarichi in esame) e gli organi di vertice dell’apparato burocratico (ai quali
tali incarichi sono conferiti ed ai quali compete di attuare il programma
indicato), per consentire il buon andamento dell’attività di direzione
dell’ente (art. 97 Cost.).
A tale schema rimangono,
invece, estranei gli incarichi dirigenziali di livello "non generale”, non
conferiti direttamente dal vertice politico e quindi non legati ad esso dallo
stesso grado di contiguità che connota gli incarichi apicali.
L’interpretazione
sistematica dei commi in esame porta, quindi, ad escludere che essi si
riferiscano anche agli incarichi dirigenziali di livello non generale e che in
essi si possa perciò ravvisare un’estensione dello spoils
system, tanto rilevante da risolversi in lesione
dei principi di ragionevolezza e di imparzialità e buon andamento della
pubblica amministrazione garantiti dagli artt. 3 e 97 Cost.
4.2.
– I commi 6 e 7 sono impugnati anche in riferimento all’art. 117, secondo
comma, lettera l), Cost., sotto il profilo della lesione della
competenza esclusiva statale in tema di "ordinamento civile”, per la ricaduta
della decadenza dall’incarico dirigenziale sul sottostante rapporto di lavoro
di diritto privato.
La
questione non è fondata.
La scadenza del termine
di durata dell’incarico dirigenziale comporta la cessazione dell’operatività
del provvedimento che lo ha conferito. Discende poi dai principi generali che
la caducazione di tale provvedimento produca effetti diversi secondo che
destinatario dell’incarico sia un soggetto esterno o interno
all’amministrazione regionale: nel primo caso, cessa fra le parti ogni
rapporto, e quindi anche la regolamentazione contrattuale dell’incarico
dirigenziale e della relativa retribuzione; nel secondo, invece, il rapporto
contrattuale concernente incarico e retribuzione viene meno, ma il soggetto
resta nell’amministrazione regionale, nel cui ambito era inquadrato.
Con i commi in esame,
4.3. – Il comma 8 è, a sua volta, censurato in
riferimento agli stessi parametri (artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l,
Cost.) evocati a proposito dei commi 6 e 7.
La
questione – nei termini in cui è proposta – è inammissibile per la sua assoluta
genericità. Il ricorso, infatti, non formula esplicitamente nei confronti della
norma transitoria del comma 8 alcun rilievo specifico, ulteriore rispetto a quelli
esposti per la disciplina a regime dettata dai commi 6 e 7.
Resta così assorbita l’ulteriore eccezione di
inammissibilità, proposta dalla Regione sotto il profilo che la norma impugnata
non avrebbe prodotto alcun effetto, essendo stata la decadenza da tutti gli
incarichi dirigenziali già pronunciata dalla Giunta regionale con provvedimento
amministrativo del 2 maggio 2005.
5.
– «Per le medesime motivazioni», concernenti l’art. 117, secondo
comma, lettera l), Cost., il ricorrente ritiene infine illegittimo il
comma 1, nella parte in cui ricomprende fra le nomine soggette a decadenza
automatica (in quanto effettuate nei nove mesi precedenti l’elezione dei nuovi
organi rappresentativi della Regione) quelle degli organi di vertice delle
aziende sanitarie, ospedaliere ed assimilabili. Per questa parte la norma
inciderebbe sui contratti di natura privata già stipulati e ancora efficaci,
determinandone la risoluzione senza meccanismi di garanzia, con conseguente
violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato a disciplinare i
rapporti di lavoro, nell’ambito dell’"ordinamento civile”.
La questione non è fondata.
La norma, in quanto
diretta esclusivamente a disciplinare l’organizzazione amministrativa delle
aziende in questione, non incide sulla materia dell’"ordinamento civile” (né su
quella della "tutela della salute”, su cui cfr. sentenza n. 181 del
2006).
6. – Con il secondo
ricorso (n. 84 del 2005), il Presidente del Consiglio dei ministri impugna gli
artt. 1 e 2 della legge della Regione Abruzzo 12 agosto 2005, n. 27 (Nuove
norme sulle nomine di competenza degli organi di direzione politica della
Regione Abruzzo).
6.1. – L’art. 1 è impugnato limitatamente al comma
Dal riportato contenuto del ricorso e dalla proposta del
Ministro per gli affari regionali (allegata alla deliberazione del Consiglio
dei ministri di impugnare la legge), emerge che il riferimento al comma 1 è,
all’evidenza, frutto di mero errore materiale e che la censura deve ritenersi
riferita al comma 2, e come tale esaminata.
Secondo il ricorrente, la
decadenza automatica di tutte le nomine
degli organi di vertice di enti
regionali in qualunque momento conferite dagli organi politici della Regione,
per effetto dell’insediamento del nuovo Consiglio regionale, e senza alcuna
valutazione tecnica di professionalità e competenza dei nominati, viola i
principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art.
97 Cost.).
La questione non è fondata.
Poiché la norma in esame
si riferisce a nomine effettuate
dagli organi di direzione politica della Regione, evidentemente in base a
valutazioni personali coerenti con le correlative scelte di fondo,
l’infondatezza discende dalle considerazioni svolte in ordine all’analogo
problema posto dall’art. 1 della legge regionale calabrese n. 12 del 2005 (retro:
2.4.).
7. – Lo
stesso art. 1, comma 2, è poi
impugnato nella parte in cui ricomprende fra le nomine conferite dagli organi
di direzione politica della Regione, destinate a decadere automaticamente
all’insediamento del nuovo Consiglio regionale, quelle relative alle società controllate e partecipate dalla
Regione.
Secondo il ricorrente,
tale previsione contrasta con l’art. 2383, secondo comma, del codice civile,
che determina invece in tre anni la durata massima della carica di
amministratore e di componente del consiglio sindacale delle società per
azioni, e quindi invade la materia dell’"ordinamento civile” riservata allo
Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
La questione è formulata sulla
premessa che la durata
dell’incarico e la cessazione
dei componenti degli organi di
società controllate o partecipate dalla Regione sia soggetta alla disciplina
generale prevista dall’art. 2383, secondo comma, cod. civ., onde la norma
impugnata, incidendo sulla regolamentazione codicistica, avrebbe inciso sulla
materia dell’ordinamento civile, devoluta dal parametro evocato alla competenza
statale esclusiva.
Ma questo presupposto è
erroneo, in quanto la stessa norma impugnata prevede che le nomine relative a
società avvengano «in osservanza degli artt. 2449 e 2450 cod. civ.». E tali
articoli – nel testo modificato dal d. lgs. 17
gennaio 2003 n.
Pertanto la censura – così come formulata – è infondata, in
quanto il ricorrente invoca a sostegno di essa l’art. 2383, secondo comma, cod.
civ., che non si applica alle nomine considerate dalla norma impugnata né è da
essa menzionato; ed invece omette di argomentare in ordine agli artt. 2449 e
2450 cod. civ., che dalla norma sono richiamati come disposizioni da osservare
e che attribuiscono alla Regione il potere di far cessare dalla carica gli
amministratori dalla medesima Regione nominati.
8. – L’art. 2, comma 1, sancisce
retroattivamente la decadenza automatica (salvo conferma) delle nomine già effettuate, a decorrere dal
momento dell’entrata in vigore della legge.
Per il ricorrente la
norma – in quanto determina la risoluzione di rapporti instaurati in un diverso
regime di conferimento delle cariche – viola il principio di affidamento e il
diritto all’ufficio (artt. 2 e 51 Cost.) e quelli di imparzialità e buon
andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).
La questione non è fondata.
Premesso che le nomine in esame sono «conferite dagli
organi di indirizzo politico regionale» (art. 1, comma 2), in base alla valutazione
della personale coerenza del nominato con tale indirizzo (retro: 6.1.),
è evidente l’intento del legislatore regionale di rendere immediatamente
operativa la nuova disciplina, per evitare – in sintonia, e non in contrasto,
con l’evocato art. 97 Cost. – che le nomine effettuate nella precedente
legislatura, specie nella sua fase finale, pregiudichino il buon andamento
dell’amministrazione.
9. – Il ricorrente afferma inoltre che le norme impugnate
ledono i parametri prima indicati, in quanto non prevedono alcun termine a
partire dal quale operi la decadenza dalle cariche.
La
questione non è fondata, per l’erroneità del presupposto interpretativo. L’art. 1, comma 2, prevede
espressamente che la decadenza opera all’atto dell’insediamento del nuovo
Consiglio regionale, mentre l’art. 2, comma 1, sancisce in via transitoria
l’operatività della decadenza al momento dell’entrata in vigore della legge.
10.
– L’ultima censura
concerne le differenze fra lo spoils system disciplinato dalla legge regionale in esame e
quello della legge statale n. 145 del 2002.
La questione non è
fondata.
Valgono integralmente le
considerazioni già svolte (retro: 2.) in ordine alla non evocabilità della (seppure omologa) normativa statale, che
non rileva per le Regioni, nella materia – di competenza residuale (art. 117,
quarto comma, Cost.) – dell’organizzazione amministrativa regionale.
11. – Con il terzo
ricorso (n. 86 del 2005), il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, tra
gli altri, gli artt. 14, comma 3, e 24 della legge della Regione Calabria 17
agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale
e finanziario – Collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l'anno
2005 ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n.
8).
11.1. – L’art. 14, comma 3, prevede che «In
concomitanza con la nomina dei Direttori Generali delle Aziende ospedaliere e
delle Aziende Sanitarie locali, decadono tutte le nomine fiduciarie ed in
particolare i direttori amministrativi e sanitari delle stesse Aziende. La
decadenza è estesa ai responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e
ai responsabili dei distretti sanitari territoriali. Entro trenta giorni dalla
nomina, i Direttori Generali devono provvedere al conferimento dei suddetti
incarichi».
Secondo il
ricorrente, tale previsione viola i principi di imparzialità e buon andamento
dell’amministrazione (art. 97 Cost.) e di affidamento del cittadino nella
libera esplicazione dell’autonomia negoziale (artt. 2 e 41 Cost.), nonché la
competenza esclusiva statale in materia di "ordinamento civile” (art. 117,
secondo comma, lettera l, Cost.).
11.2. – La questione è fondata, nei limiti di seguito
indicati.
L’art. 14, comma 3, della
legge regionale calabrese 19 marzo 2004, n. 11, recante il «Piano regionale per
la salute», prevede che i direttori generali delle aziende
ospedaliere o delle aziende sanitarie locali sono nominati dalla Giunta
regionale tra soggetti laureati con esperienza almeno quinquennale di direzione
tecnica o amministrativa in enti pubblici o privati, che abbiano svolto
funzioni dirigenziali con autonomia gestionale nei dieci anni precedenti la
riforma (peraltro, possono essere nominati tanto soggetti estranei
all’amministrazione regionale, quanto dipendenti pubblici, anche della medesima
azienda nella quale l’incarico è conferito: art. 14, comma 4).
Invece, i direttori
amministrativi e sanitari delle aziende ospedaliere o delle aziende sanitarie
locali (in conformità a quanto previsto dall’art. 3, comma 1-quinquies,
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) sono nominati dal direttore
generale (art. 14, comma 1, ultima parte, della citata legge calabrese n. 11
del 2004) e collaborano con lui alla direzione dell’azienda (art. 14, comma 2).
Tali incarichi hanno natura esclusivamente fiduciaria e terminano in caso di
cessazione per qualunque causa del direttore generale, con risoluzione di
diritto dei relativi contratti di lavoro (art. 15, comma 5).
Anche i responsabili dei
dipartimenti sanitari e amministrativi e i responsabili dei distretti sanitari
territoriali sono nominati dal direttore generale (art. 14, comma 1, ultima
parte).
11.3. – Per quanto
riguarda gli effetti della nomina di un nuovo direttore generale delle aziende
ospedaliere o sanitarie locali sugli incarichi di direttore sanitario e
amministrativo, l’impugnato art. 14,
comma 3, non riguarda un’ipotesi di spoils system in senso tecnico. Esso, infatti,
non regola un rapporto fondato sull’intuitus personae tra l’organo politico che conferisce un
incarico ed il soggetto che lo riceve ed è responsabile verso il primo
dell’efficienza dell’amministrazione; ma concerne l’organizzazione della
struttura amministrativa regionale in materia sanitaria e mira a garantire,
all’interno di essa, la consonanza di impostazione gestionale fra il direttore
generale e i direttori amministrativi e sanitari delle stesse aziende da lui
nominati. In questa prospettiva, la norma impugnata tende ad assicurare il buon
andamento dell’amministrazione, e quindi non viola l’art. 97 Cost.
A diversa conclusione si
deve, invece, pervenire relativamente a quella parte della norma secondo cui la
nomina di un nuovo direttore generale determina la decadenza anche delle nomine
dei responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e dei responsabili
dei distretti sanitari territoriali.
Così disponendo, la norma
comporta l’azzeramento
automatico dell’intera dirigenza in carica, pregiudicando il buon andamento
dell’amministrazione e violando l’art. 97 Cost.
Il comma
impugnato deve quindi essere dichiarato costituzionalmente illegittimo,
limitatamente al suo secondo periodo, ossia alle parole: «La decadenza è estesa
ai responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e ai responsabili
dei distretti sanitari territoriali».
Gli altri
profili di censura restano assorbiti.
12. – L’ultima
censura riguarda l’art. 24 della legge, in tema di nomine per le quali occorra
il concerto o l’intesa con altre autorità o amministrazioni.
La norma
impugnata così dispone: «Il Presidente della Giunta regionale o, se la nomina è
di competenza consiliare, il Presidente del Consiglio regionale, comunicano,
all'autorità od alla amministrazione preposte ad esitare l'intesa o il
concerto, una terna di soggetti in possesso dei requisiti per l'assunzione
dell'incarico» (comma 2); «L’autorità o l’amministrazione destinatarie della
comunicazione, nel termine di 20 giorni dalla stessa, fanno pervenire, al
Presidente della Giunta od al Presidente del Consiglio, il gradimento su almeno
uno dei nominativi proposti. Decorso infruttuosamente il detto termine,
l’autorità regionale competente provvede alla nomina, nell’ambito dei soggetti
inseriti nella terna» (comma 3); «Il gradimento perfeziona l’intesa o il
concerto e costituisce titolo per la successiva nomina dell’interessato» (comma
4); «Il gradimento può essere ricusato se uno o tutti i nominativi proposti
sono privi dei necessari requisiti di professionalità e competenza. In tal
caso, il Presidente della Giunta, ovvero il Presidente del Consiglio regionale,
procedono a comunicare una nuova terna, che non può includere soggetti per i
quali il gradimento è stato precedentemente ricusato» (comma 5); «Se il rifiuto
non è adeguatamente motivato ai sensi del precedente comma, l’autorità
regionale competente effettua egualmente la nomina, nell’ambito della terna
proposta» (comma 6).
Il ricorrente
impugna la norma nella parte in cui si applica alle nomine in materia
sanitaria, che
12.1. – Nei
limiti in cui è proposta, la questione è fondata.
Nella parte in
cui si applica alla nomina del direttore generale di azienda
ospedaliero-universitaria, che
Orbene, la
disciplina dei rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università,
regolata dal d. lgs. n. 517 del 1999, è affidata ai
protocolli d’intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel
proprio territorio (art. 1, comma 1), previsti, tra l’altro, proprio al fine di
informare tali rapporti al principio di leale cooperazione (art. 1, comma, 2,
lettera b).
Ne discende che
anche la disciplina del procedimento finalizzato al raggiungimento dell’intesa
richiesta per la nomina del direttore generale di azienda
ospedaliero-universitaria deve essere definita in uno specifico protocollo tra
gli enti interessati (art. 4, comma 2, del decreto legislativo citato).
Conseguentemente,
l’art. 24 della legge della Regione Calabria n. 13 del 2005 – che ha, invece,
disciplinato autonomamente e unilateralmente il procedimento di intesa in esame
– ha leso gli evocati principi fondamentali, posti anche a tutela
dell’autonomia universitaria garantita dall’art. 33, sesto comma, Cost., e deve
perciò essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui si
applica anche alla nomina del direttore generale di azienda
ospedaliero-universitaria.
Gli altri
profili di censura restano assorbiti.
13. – La diversa
questione di legittimità costituzionale – sollevata, con lo stesso ricorso, dal
Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti di altre disposizioni (artt.
14, comma 5, e 33, comma 2) della medesima legge regionale n. 13 del 2005, ma
priva di collegamento con le presenti, in quanto concernente interventi per il
superamento dell’emergenza ambientale nel settore dei rifiuti – può essere
rinviata a trattazione separata.
per questi
motivi
riservata ogni
decisione sulla diversa questione di legittimità costituzionale della legge
della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante
norme di tipo ordinamentale e finanziario – Collegato alla manovra di
assestamento di bilancio per l’anno 2005 ai sensi dell'art. 3, comma 4, della
legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), sollevata dal Presidente del Consiglio
dei ministri, con il ricorso in epigrafe;
riuniti i giudizi,
dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 3, della medesima legge
della Regione Calabria n. 13 del 2005, limitatamente alle parole «La decadenza
è estesa ai responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e ai
responsabili dei distretti sanitari territoriali»;
dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 24 della medesima legge della Regione Calabria n. 13
del 2005, nella parte in cui si applica anche alla nomina del direttore
generale di azienda ospedaliero-universitaria;
dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2
e 3, della legge della Regione Calabria 3 giugno 2005, n. 12 (Norme in materia
di nomine e di personale della Regione Calabria), proposta – in riferimento
agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione –
dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della medesima
legge della Regione Calabria n. 12 del 2005, proposta – in riferimento all’art.
117, secondo comma, lettera l), della Costituzione – dal Presidente del
Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara non
fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, commi 6 e 7, della stessa legge della Regione
Calabria n. 12 del 2005, proposta – in riferimento agli artt. 3 e 97 della
Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in
epigrafe;
dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 6 e
7, della citata legge della Regione Calabria n. 12 del 2005, proposta – in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione
– dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara inammissibile
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge
della Regione Calabria 3 giugno 2005, n. 12, proposta – in riferimento agli
artt. 3 e 97 della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con
il ricorso in epigrafe;
dichiara inammissibile
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 5, della citata
legge della Regione Calabria n. 12 del 2005, proposta dal Presidente del
Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara inammissibile
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 8, della medesima
legge della Regione Calabria n. 12 del 2005, proposta – in riferimento agli
artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione
– dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2,
della legge della Regione Abruzzo 12 agosto 2005, n. 27 (Nuove norme sulle
nomine di competenza degli organi di direzione politica della Regione Abruzzo),
proposta – in riferimento all’art. 97 della Costituzione – dal Presidente del
Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2,
della medesima legge della Regione Abruzzo n. 27 del 2005, proposta – in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione
– dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1,
della stessa legge della Regione Abruzzo n. 27 del 2005, proposta – in
riferimento agli artt. 2, 51 e 97 della Costituzione – dal Presidente del Consiglio
dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della
citata legge della Regione Abruzzo n. 27 del 2005, proposte – in riferimento
all’art. 97 della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con
il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5
giugno 2006.
Annibale MARINI, Presidente
Depositata in