Sentenza n. 233 del 2006

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SENTENZA N. 233

ANNO 2006

 

Commento alla decisione di

Francesco Merloni

 

Primi incerti tentativi di arginare lo spoils system nelle Regioni

(per gentile concessione del Forum di Quaderni Costituzionali),

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-    Annibale                                      MARINI                                      Presidente

-    Franco                                         BILE                                              Giudice

-    Giovanni Maria                           FLICK                                                 "

-   Francesco                                     AMIRANTE                                       "

-   Ugo                                              DE SIERVO                                       "

-   Romano                                       VACCARELLA                                 "

-   Paolo                                            MADDALENA                                  "

-   Alfio                                            FINOCCHIARO                                "

-    Alfonso                                       Quaranta                                      "

-    Franco                                         GALLO                                               "

-    Luigi                                            MAZZELLA                                       "

-    Gaetano                                       SILVESTRI                                        "

-    Sabino                                         CASSESE                                           "

-    Maria Rita                                   SAULLE                                             "

-    Giuseppe                                     TESAURO                                          "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 1 a 8, della legge della Regione Calabria 3 giugno 2005, n. 12 (Norme in materia di nomine e di personale della Regione Calabria), degli artt. 1, commi 1 e 2, e 2 della legge della Regione Abruzzo 12 agosto 2005, n. 27 (Nuove norme sulle nomine di competenza degli organi di direzione politica della Regione Abruzzo), e degli artt. 14, comma 3, e 24 della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – Collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l’anno 2005 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), promossi con tre ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri notificati il 29 luglio, il 14 e il 17 ottobre 2005, depositati in cancelleria il 3 agosto, il 18 e il 19 ottobre 2005 ed iscritti ai numeri 75, 84 e 86 del registro ricorsi 2005.

Visti gli atti di costituzione delle Regioni Calabria e Abruzzo;

udito nell’udienza pubblica del 4 aprile 2006 il Giudice relatore Franco Bile;

uditi l’avvocato dello Stato Aldo Linguiti per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli per la Regione Calabria e per la Regione Abruzzo e l’avvocato Federico Sorrentino per la Regione Calabria.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 29 luglio 2005 e depositato il successivo 3 agosto, il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto, in via principale, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 1 a 8, della legge della Regione Calabria 3 giugno 2005, n. 12 (Norme in materia di nomine e di personale della Regione Calabria) (r.ric. n. 75 del 2005).

Preliminarmente, il ricorrente deduce che la sancita decadenza automatica delle nomine regionali e degli incarichi dirigenziali al momento della data di insediamento dei nuovi organi rappresentativi della Regione, prescindendo da qualsiasi valutazione tecnica circa la professionalità e le competenze delle persone precedentemente nominate e/o incaricate, contrasta con i principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), in mancanza anche di soluzioni alternative (quali quelle contenute nella legge statale 15 luglio 2002, n. 145) che possono comunque garantire il rapporto di lavoro del dirigente.

Quanto, in particolare, al comma 1 e ai correlati commi 2, 3 e 5 dell’art. 1 – «nella parte in cui prevedono che le nomine riguardino rappresentanti della regione in seno allo Stato ed agli enti pubblici nazionali, effettuate anche d’istanza o di concerto con altre autorità o previa selezione, i cui enti non appartengono alla struttura amministrativa della regione» –, il ricorrente osserva che una tale previsione esula dalla competenza legislativa regionale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione, che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato «l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», e si pone altresì in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., che individuano come criteri fondamentali quelli di ragionevolezza, buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione.

Parimenti illegittime, per violazione sempre degli artt. 3 e 97 Cost., sono (secondo l’Avvocatura generale dello Stato) tanto la previsione che estende la decadenza ex lege alle nomine conferite dal Presidente e dall’Ufficio di presidenza del Consiglio, dal Presidente del Consiglio nonché dai dirigenti dei dipartimenti consiliari (atteso che la normativa statale di cui alla citata legge n. 145 del 2002 limita il principio dello spoils system alle sole nomine correlate all’azione di governo, in quanto conferite dal Governo e dai ministri), quanto la disciplina transitoria (dettata dal comma 4 dell’art. 1) che estende surrettiziamente la decadenza alle nomine conferite durante la precedente legislatura a decorrere dai nove mesi precedenti il 3 aprile 2005.

Riguardo, poi, ai commi 6, 7 e 8 dell’art. 1 – in cui è sancita la decadenza automatica di tutti gli incarichi dirigenziali delle strutture amministrative della Regione alla data di proclamazione del Presidente della Giunta, con risoluzione ex lege dei relativi contratti a tempo determinato, senza far riferimento alcuno agli incarichi di funzioni dirigenziale di livello generale e a quelli di direttore generale della Regione, degli enti pubblici e delle aziende – il ricorrente rileva che la legge in esame estende la decadenza automatica a tutti i livelli dirigenziali (compresi quelli che non si caratterizzano per una particolare contiguità con gli organi politici e che svolgono funzioni sostanzialmente gestionali e/o esecutive), differenziandosi, quindi, profondamente dalla legislazione statale, che invece la limita agli incarichi apicali (capi dipartimento e segretari generali). Pertanto – poiché la legge applica una medesima disciplina a situazioni in realtà differenti –, la difesa erariale denuncia la violazione, oltre che dei principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), anche di quello di ragionevolezza (art. 3 Cost.). Inoltre – poiché tali previsioni sono difformi dalla normativa statale di cui all’art. 3, comma 7, della citata legge n. 145 del 2002 (che prevede un meccanismo di maggior tutela per gli incarichi dei dirigenti delle strutture amministrative) –, esse esorbitano dalla competenza regionale, in quanto incidono sulla disciplina dei rapporti di lavoro che appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di "ordinamento civile” ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

«Per le medesime motivazioni», secondo il ricorrente, è infine illegittima la previsione contenuta nell’art. 1, comma 1, che prevede la decadenza automatica delle nomine effettuate per gli organi di vertice delle aziende sanitarie, ospedaliere ed assimilabili, in quanto incide su contratti di natura privatistica precedentemente stipulati e ancora efficaci, determinandone la risoluzione senza meccanismi di garanzia.

2. – Si è costituita la Regione Calabria, concludendo per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Premessa l’analisi delle norme impugnate e posta in evidenza la finalità di sanare una grave e diffusa situazione (stigmatizzata anche dalla Sezione regionale di controllo per la Calabria della Corte dei conti) di illegittimità delle nomine effettuate in tempi prossimi alla scadenza della precedente legislatura regionale, la difesa della Regione, nel merito, rileva che il comma 1 dell’art. 1 (che non interferisce in alcun modo con la competenza legislativa esclusiva dello Stato, incidendo unicamente su una materia devoluta alla competenza esclusiva della Regione, con ciò rispettando la competenza statale in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali») si limita a porre un principio generale valido per il futuro, per il quale nei nove mesi antecedenti alle elezioni non possono essere effettuate nomine che impegnino la legislatura successiva. Solo nel caso di violazione di tale limite (che risulta legittimamente esteso dal comma 3 anche alle nomine effettuate dal Presidente e dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio nonché dai dirigenti dei dipartimenti consiliari), è prevista la sanzione della decadenza a far data dalla proclamazione del nuovo Presidente della Giunta.

Pertanto, il sistema della legge regionale de qua – sebbene diverso da quello di cui alla normativa statale (che comunque non vincola la potestà legislativa delle Regioni, che godono in materia di organizzazione dei propri organi e uffici di piena autonomia nei limiti stabiliti dalla Costituzione) – opera un corretto contemperamento tra l’interesse pubblico che la nuova Giunta non sia eccessivamente condizionata dalle nomine effettuate nella parte finale della legislatura dalla precedente maggioranza e che la campagna elettorale si svolga serenamente, e la tutela dell’affidamento del nominato, il quale sin dall’atto di incarico è a conoscenza del fatto che con la fine della legislatura decadrà dalla carica.

Quanto, poi, alla norma transitoria di cui al comma 4, la Regione rileva che, a fronte del contesto profondamente degradato posto in evidenza dalla Corte dei conti, proprio i principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di contenimento della spesa pubblica hanno imposto il totale azzeramento delle nomine effettuate, per consentire ai competenti organi regionali di procedere ad una valutazione, caso per caso, preordinata a rimediare alla complessiva illegittimità, inefficienza e dispendiosità del precedente sistema.

Sulla base di analoghe argomentazioni, la Regione deduce l’infondatezza anche delle censure riferite alla decadenza degli organi di vertice delle aziende sanitarie, ospedaliere ed assimilabili (art. 1, comma 1), poiché la previsione incide unicamente sull’aspetto pubblicistico della vicenda, producendo la decadenza della nomina, mentre la conseguente disciplina dei contratti deve essere rinvenuta nell’ordinamento.

Riguardo, poi, alla disciplina della dirigenza, dettata dai commi 6, 7 e 8, la difesa della Regione osserva che la scelta di adottare lo spoils system per tutti i gradi della dirigenza è stata effettuata in sede di esercizio della potestà statutaria, giacché tale regola è prevista dal comma 6 dell’art. 50 dello statuto, secondo cui «tutti gli incarichi dirigenziali [e dunque non solo quelli di livello apicale] devono essere formalmente conferiti entro 60 giorni dall’insediamento dei nuovi organi regionali»; il che ovviamente vuol dire che tutti gli incarichi dirigenziali decadono al momento dell’elezione della nuova amministrazione, in conformità ai principi costituzionali in materia di organizzazione pubblica, garantendo al meglio la separazione tra organi politici e burocratici e l’assunzione delle rispettive responsabilità e rispondendo a un preciso e coerente disegno di organizzazione regionale, contenuto nello statuto medesimo (agli artt. 49, comma 3, e 50, comma 2).

Inoltre, la Regione deduce l’inammissibilità della censura riferita alla denunciata incisione, a regime, delle suddette norme sulla disciplina del rapporto di lavoro, giacché l’atto di conferimento dell’incarico dirigenziale dovrà prevederne la decadenza al momento della proclamazione di un nuovo Presidente della Giunta regionale e, pertanto, anche i contratti accessori al provvedimento di nomina dovranno contenere analogo termine di durata. Ed ulteriore ragione di inammissibilità è ravvisata dalla difesa in ragione del fatto che la previsione della operatività del nuovo regime anche agli incarichi in corso, di cui al comma 8, non ha prodotto né produrrà alcun effetto, poiché tale decadenza era già stata pronunciata con un provvedimento amministrativo adottato dalla Giunta regionale in data 2 maggio 2005.

3. – Con ricorso notificato il 14 ottobre e depositato il successivo 18 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto, in via principale, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Abruzzo 12 agosto 2005, n. 27 (Nuove norme sulle nomine di competenza degli organi di direzione politica della Regione Abruzzo), per violazione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), oltre che per lesione delle competenze statali di cui all’art. 117, secondo comma, lettere g) ed l) Cost. (r.ric. n. 84 del 2005).

In particolare il ricorrente impugna: a) l’art. 1, comma 1, in quanto – prevedendo la decadenza automatica all’atto dell’insediamento del nuovo consiglio regionale di tutte le nomine degli organi di vertice degli enti regionali in qualunque momento conferite dagli organi di direzione politica della Regione – prescinde da qualsiasi valutazione tecnica circa la professionalità e le competenze delle persone precedentemente nominate e/o incaricate, contrastando con i principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.); b) l’art. 1, comma 2, poiché – disponendo che le nomine di vertice delle società controllate e partecipate dalla Regione abbiano una durata pari a quella della legislatura regionale – confligge con l’art. 2383, secondo comma, del codice civile, che determina invece la durata nominale massima della carica di amministratore e di componente del Consiglio sindacale delle s.p.a., in tre anni, e dunque invade la materia dell’"ordinamento civile” di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.; c) l’art. 2, in quanto – nel sancire retroattivamente la decadenza automatica delle nomine già effettuate, a decorrere dal momento dell’entrata in vigore della legge stessa – viola il principio di affidamento e il diritto all’ufficio, di cui agli artt. 2 e 51 Cost., giacché determina la risoluzione di rapporti instaurati in un regime di conferimento delle cariche che ancora non prevedeva la fiduciarietà delle stesse, e per le quali dovrebbe pertanto richiedersi la valutazione negativa circa i risultati conseguiti e l’attività svolta dai soggetti di cui si determina la decadenza.

La difesa erariale sottolinea, inoltre, che le disposizioni impugnate si differenziano dall’analoga norma prevista dall’art. 6 della legge statale n. 145 del 2002, che ha un ambito di applicazione soggettivo e temporale ben più ristretto, mentre la legge regionale in esame, non prevedendo alcun termine a partire dal quale trovi operatività la decadenza delle cariche, prescinde da qualsiasi ragionevole motivazione che consente di derogare al principio generale secondo cui la cessazione delle stesse deve legarsi a valutazioni negative circa l’operato dei soggetti interessati, con ciò ledendo i principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.

4. – Si è costituita la Regione Abruzzo, concludendo per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

La Regione osserva che l’applicazione dello spoils system alla burocrazia di vertice (sia statale che regionale) è, in realtà, funzionale alla coerenza tra indirizzo politico e scelte gestionali, individuando, attraverso una costante e continua armonizzazione tra le due istanze, un ragionevole ed adeguato punto di equilibrio tra i principi di imparzialità e buon andamento e quello della relativa responsabilità politica. In particolare, essa rileva che la legge impugnata non riguarda in alcun modo il rapporto di lavoro dei dirigenti regionali né quello dei direttori generali della aziende sanitarie locali, riferendosi viceversa a quegli uffici e organi che, in quanto strettamente collegati da un rapporto di fiducia con gli organi di governo della Regione, devono seguire le sorti della legislatura, mediante l’armonizzazione temporale della titolarità degli uffici politici e della coalizione politica in carica. Per cui, il venir meno del rapporto fiduciario tra ente pubblico nominante e soggetto nominato costituisce motivo sufficiente a giustificare la sostituzione del secondo, non implicando, in alcun modo, una giudizio di disvalore sulla professionalità e competenza delle persone sostituite, ma unicamente un giudizio di carattere politico-amministrativo, di spettanza esclusiva degli organi di governo della Regione.

Quanto alla censurata decadenza automatica, la Regione osserva che la legge de qua ha, in realtà, disciplinato una fattispecie a formazione progressiva, nella quale, insediato il nuovo consiglio regionale, i soggetti nominati entrano automaticamente in regime di proroga, per un periodo massimo di quarantacinque giorni, durante il quale i competenti organi di direzione politica possono decidere di confermare le persone in carica, ovvero procedere a nuove nomine. In questo sistema, pertanto, la conferma o la decadenza implicano una scelta degli organi di governo ovviamente discrezionale, basata, tra l’altro, sulla sussistenza di un rapporto di fiducia tra l’organo di indirizzo politico e il soggetto nominato; per cui la decadenza non è affatto automatica, derivando invece da una manifestazione di volontà, anche implicita, della Regione, con la garanzia che i soggetti interessati possono comunque ricorrere davanti all’autorità giudiziaria competente.

Riguardo alle nomine degli organi delle società controllate e partecipate dalla Regione, la difesa sostiene che è stato posto il principio per cui esse non possono eccedere la durata della legislatura regionale; ma la legge regionale richiama gli articoli del codice, adeguandosi alla disciplina dagli stessi stabilita e limitando l’applicazione della decadenza ai casi in cui lo statuto delle società partecipate prevedano in capo alla Regione gli speciali poteri di cui all’art. 2449 cod. civ.

Quanto, infine, al regime transitorio di cui all’art. 2, la Regione sostiene che esso non prevede alcuna decadenza automatica, ma al contrario una valutazione di carattere politico da condurre sulle singole nomine, caso per caso, mediante una verifica relativa alla permanenza dell’elemento fiduciario. Pertanto, l’efficacia retroattiva della previsione non confligge né con il canone di ragionevolezza, né con il principio di affidamento.

5. – Con ricorso notificato il 17 ottobre 2005 e depositato il successivo 19 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, tra l’altro, ha proposto, in via principale, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 14, comma 3, e 24, commi 3, 5 e 6, della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – Collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l’anno 2005 ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8). (r.ric. n. 86 del 2005).

Secondo l’Avvocatura, l’art. 14, comma 3, nella parte in cui prevede la decadenza automatica (senza alcuna valutazione tecnica circa la professionalità degli interessati) delle nomine effettuate dai direttori generali delle ASL nei confronti dei direttori amministrativi e sanitari, nonché dei responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi, oltre che dei responsabili dei distretti sanitari territoriali, risulta lesivo dei principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, di cui all’art. 97 Cost. Inoltre, venendo ad incidere su rapporti precedentemente instauratisi, il cui termine è stabilito contrattualmente, la norma determina la lesione del principio di affidamento del cittadino nella libera esplicazione dell’autonomia negoziale, tutelato dagli artt. 2 e 41 Cost., nonché l’invasione della competenza in materia di "ordinamento civile”, di potestà legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

A sua volta, l’art. 24 – che, in materia di nomine universitarie, regola le modalità con cui gli organi di indirizzo politico della Regione (il Presidente della Giunta o del Consiglio) procedono alle nomine per le quali sono previsti il concerto ovvero l’intesa con altre autorità o amministrazioni – è censurato là dove prevede che l’autorità regionale competente può prescindere dal gradimento delle predette autorità o amministrazioni sulla proposta di una terna di nomi indicati solo dalla Regione, senza considerare alcuna controproposta, qualora la preferenza non venga espressa entro il termine previsto ovvero non sia adeguatamente motivata (commi 3 e 6), e deve precedere all’individuazione di una nuova terna di nomi solo se uno o tutti i nominativi proposti vengono rifiutati per mancanza dei soli requisiti di professionalità e competenza (comma 5).

Secondo la difesa erariale, tali disposizioni (che riducono l‘intesa ad un mero parere, dal quale può anche prescindersi per decorso del tempo e che non mettono in posizione paritaria i due soggetti che devono addivenire all’intesa stessa) contrastano: a) con l’autonomia universitaria, tutelata dall’articolo 33, sesto comma, Cost.; b) con la potestà legislativa concorrente nelle materie della tutela della salute e della ricerca scientifica e tecnologica di cui all’articolo 117, terzo comma, Cost.; c) con l’art. 4, comma 2, del decreto legislativo n. 517 del 1999, che stabilisce il principio fondamentale per cui il direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria è nominato dalla Regione, acquisita l’intesa con il Rettore dell’Università; d) con l’art. 1, comma 2, lettera b), del medesimo d.lgs. n. 517 del 1999 (come attuato dall’art. 6 del D.P.C.M. 24 maggio 2001), che prescrive che i rapporti tra il servizio sanitario regionale e le Università siano informati al rispetto del principio della leale collaborazione; e) con l’art. 6 della legge n. 419 del 1998; f) con il principio di leale collaborazione tra autonomie, costituzionalmente garantito dall’art. 120, secondo comma, Cost.

6. – Si è costituita la Regione Calabria, concludendo per il rigetto del ricorso.

Quanto all’art. 14, comma 3, la Regione osserva che la regola della decadenza ope legis è perfettamente conforme ai principi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale di cui alla legge n. 145 del 2002. Inoltre, la Regione sottolinea che è la natura fiduciaria dei rapporti dei direttori generali delle Aziende ospedaliere e delle ASL con i direttori amministrativi e sanitari delle stesse Aziende che spiega e giustifica sia il potere di nomina e di revoca di cui è titolare il direttore generale, sia il meccanismo della decadenza automatica, che, escludendo qualsiasi profilo di discrezionalità, assicura l’imparzialità dello svolgimento delle funzioni. E ribadisce che proprio detta natura fiduciaria del rapporto rende il contratto (che disciplina esclusivamente il trattamento normativo ed economico del dirigente) del tutto accessorio al provvedimento di conferimento di incarico (che è connotato da inequivoci elementi pubblicistici), per cui il venir meno di questo non può che comportare l’automatica risoluzione del contratto stesso, senza lesione del principio dell’affidamento.

Riguardo all’art. 24, la difesa della Regione contesta innanzitutto l’assunto secondo il quale quelle ivi disciplinate debbano essere considerate intese cosiddette "forti”, ovvero tali da imporre sempre e comunque la codecisione, giacché il Rettore dell’Università non è in posizione pariordinata con la Regione che detiene l’esclusivo potere di nomina. Peraltro, secondo la Regione, la concreta disciplina delle modalità che presiedono all’intesa è comunque tale da escludere il paventato declassamento dell’attività di codeterminazione in una mera attività consultiva, in quanto la normativa va interpretata nel senso che l’effettivo raggiungimento dell’intesa costituisce titolo per la successiva nomina dell’interessato e l’intesa si perfeziona solo con il gradimento del Rettore, cui si perviene mediante una procedura volta a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo. Mentre risulta legittima la previsione di meccanismi (termini e necessità di motivare il diniego di gradimento) diretti ad evitare un comportamento non ispirato alla correttezza e la conseguente paralisi decisionale, salva la possibilità dell’impugnativa della nomina da parte del Rettore davanti al giudice amministrativo.

Infine, la Regione deduce l’inconferenza del riferimento alla violazione dell’autonomia universitaria di cui all’art. 33, sesto comma, Cost., dal momento che la stessa si riferisce al diritto delle università di darsi ordinamenti autonomi e pertanto nulla ha a che fare con le procedure di nomina relative ad Aziende sanitarie, estranee all’organizzazione dell’Ateneo.

7. – In tutti i giudizi, nella prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri e le Regioni costituite hanno depositato memorie illustrative in cui vengono sostanzialmente ribadite le argomentazioni svolte a sostegno delle rispettive tesi difensive e conclusioni.

Considerato in diritto

1. – La Corte è chiamata ad esaminare tre ricorsi proposti dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti di talune disposizioni di altrettante leggi delle Regioni Calabria e Abruzzo, in tema di nomine e incarichi dirigenziali conferiti dagli organi di indirizzo politico della Regione.

Per la loro connessione oggettiva, i tre ricorsi devono essere riuniti.

2. – Con il primo ricorso (n. 75 del 2005), il Presidente del Consiglio dei ministri impugna i commi da 1 ad 8 dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 3 giugno 2005, n. 12 (Norme in materia di nomine e di personale della Regione Calabria).

Preliminarmente, e in via generale, il ricorrente afferma che quei commi – in quanto dispongono che l’insediamento dei nuovi organi rappresentativi della Regione comporta la decadenza automatica di alcune nomine (commi 1-5) e di tutti gli incarichi dirigenziali (commi 6-8) conferiti dagli organi precedenti, senza nessuna valutazione tecnica della professionalità e competenza dei soggetti nominati o incaricati – contrastano con i principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, anche per mancanza di previsioni (come quelle contenute nella legge statale 15 luglio 2002, n. 145) idonee a garantire il rapporto di lavoro degli interessati.

Dopo tale premessa, il ricorrente formula specifiche censure nei confronti dei commi impugnati, ad essi addebitando – di volta in volta – l’invasione della competenza legislativa esclusiva statale nelle materie "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” (art. 117, secondo comma, lettera g, Cost.) e "ordinamento civile” (ivi, lettera l), o la violazione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.).

In particolare, quest’ultimo parametro è evocato per censurare non già la scelta di fondo di commisurare la durata delle nomine e degli incarichi dirigenziali a quella degli organi di indirizzo politico della Regione (spoils system), ma le differenze fra le soluzioni accolte dalla normativa regionale e quelle della citata legge statale.

Al riguardo è opportuno rilevare subito come le norme impugnate concernano, in linea di massima, una materia (l’organizzazione amministrativa della Regione, comprensiva dell’incidenza della stessa sulla disciplina del relativo personale) attribuita alla competenza residuale delle Regioni (art. 117, quarto comma, Cost.), da esercitare nel rispetto dei «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti (art. 123 Cost.); e come nemmeno il ricorrente evochi esplicitamente un titolo di competenza concorrente idoneo a demandare allo Stato la determinazione di principi fondamentali vincolanti per le Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.).

2.1. La prima censura riguarda il comma 1 ed i correlati commi 2, 3 e 5 dell’impugnato art. 1, recante «Disposizioni in materia di nomine e personale».

Le norme impugnate così dispongono: «Le nomine degli organi di vertice e dei componenti o dei rappresentanti della Regione nei consigli di amministrazione o negli organi equiparati degli enti pubblici, degli enti pubblici economici, delle aziende sanitarie, ospedaliere ed assimilabili dei consorzi, delle società controllate o partecipate, delle agenzie, degli ambiti territoriali ottimali, delle fondazioni e di ogni altro soggetto od organismo, comunque denominato, individuale o collegiale, di diritto pubblico o privato, appartenente o meno alla struttura amministrativa della Regione ed a qualsiasi livello, nonché dei componenti di comitati, commissioni, gruppi di lavoro ed organismi regionali od interregionali, conferite, rinnovate o comunque rese operative, anche di intesa o di concerto con altre autorità o previa selezione, o comunque resi operativi degli organi di indirizzo politico regionale, nonché dal capo di gabinetto del Presidente della Giunta regionale e dai dirigenti dei dipartimenti, nei nove mesi antecedenti la data delle elezioni per il rinnovo degli organi di indirizzo politico della Regione e successivamente rispetto a tale data, fino all'insediamento di questi ultimi, decadono alla data di proclamazione del Presidente della Giunta regionale ed i conseguenti rapporti di natura patrimoniale sono risolti di diritto» (comma 1); «Entro sessanta giorni dalla data di proclamazione del Presidente della Giunta regionale, le autorità competenti procedono, in applicazione delle relative norme di settore, al conferimento delle nomine di cui al precedente comma, in favore dei soggetti che ne abbiano titolo. Sino ad allora, trova applicazione il disposto dell’art. 6 della legge regionale 4 agosto 1995, n. 39 ed il termine di proroga di cui al primo comma è aumentato sino a sessanta giorni. Gli atti compiuti in violazione ed alla scadenza del termine sono nulli e comunque non opponibili alla Regione ed ai terzi interessati» (comma 2); «Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche alle nomine conferite dal Presidente e dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio, dal Presidente del Consiglio nell’esercizio di poteri sostitutivi dell’Assemblea nonché dai Dirigenti dei Dipartimenti consiliari, spostando il termine recato nelle stesse disposizioni alla data di proclamazione del nuovo Presidente del Consiglio regionale. […]» (comma 3); «È fatto obbligo, con personale responsabilità in caso di omissione, al legale rappresentante ed al dirigente o funzionario più elevato in grado, appartenenti alla struttura organizzativa di cui fanno parte uno o più persone che versano nella situazione prevista dal precedente comma, di comunicare il nominativo e la carica rivestita da queste ultime al Presidente della Giunta regionale ed al Presidente del Consiglio regionale, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge sul Bollettino Ufficiale della Regione» (comma 5).

Nei termini in cui sono prospettate, le censure all’esame, in realtà, riguardano i commi 1, 2 e 3, recanti la disciplina a regime delle nomine in esame: infatti il comma 5 – che, unitamente al comma 4, contiene invece la disciplina transitoria – è solo menzionato, senza che nei suoi confronti sia proposta alcuna specifica censura, onde la questione di legittimità costituzionale che lo concerne è manifestamente inammissibile.

2.2. – Secondo il ricorrente, i citati commi 1, 2 e 3 – nella parte riguardante nomine di rappresentanti della Regione in seno allo Stato o ad enti pubblici nazionali, o effettuate d’intesa o di concerto con autorità statali – violano l’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato "l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, e gli artt. 3 e 97 Cost., che enunciano rispettivamente il criterio fondamentale di ragionevolezza e quelli di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione.

2.3. – La questione relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., non è fondata.

La censura, infatti, poggia su un erroneo presupposto interpretativo, in quanto le norme impugnate – alla stregua della loro chiara formulazione letterale – devono essere intese nel senso che esse non si riferiscono (anche) alle nomine di rappresentanti regionali in organi statali o di enti pubblici nazionali, né ad intese o concerti con autorità statali, ma operano esclusivamente all’interno dell’ordinamento regionale.

2.4. – La lesione degli artt. 3 e 97 Cost. – come risulta correlando le censure alla premessa introduttiva del ricorso (retro: n. 2) – può invece ritenersi dedotta non sotto il profilo dell’applicabilità dei commi impugnati alle nomine di rappresentanti regionali in seno allo Stato o ad enti pubblici nazionali, ma sotto quello dell’irragionevole mancato collegamento della cessazione di tali nomine ad un meccanismo di previa valutazione della professionalità degli interessati.

Nemmeno questa censura è fondata.

Le nomine previste dai commi in esame riguardano gli organi di vertice degli enti regionali ed i rappresentanti regionali nei consigli di amministrazione degli enti dell’ordinamento regionale, effettuate dagli organi rappresentativi della Regione; esse sono tutte caratterizzate dall’intuitus personae, nel senso che si fondano su valutazioni personali coerenti all’indirizzo politico regionale. I commi impugnati, specie il comma 1, vietano che le nomine in esame, se effettuate nei nove mesi prima delle elezioni, si protraggano nella legislatura successiva, e pertanto ne dispongono la decadenza all’atto della proclamazione del nuovo Presidente della Giunta. Essi quindi, in realtà, si limitano ad anticipare il termine finale di durata degli incarichi conferiti con le nomine.

Siffatta regola (come si desume dalla lettera delle norme impugnate) opera per il futuro; e quindi, dopo la sua entrata in vigore, chi fosse nominato negli ultimi nove mesi di una legislatura non potrebbe vantare alcun ragionevole affidamento sulla continuazione dell’incarico dopo la proclamazione del nuovo Presidente.

Inoltre – trattandosi di nomine conferite intuitu personae dagli organi politici della Regione, in virtù di una scelta legislativa dal ricorrente non specificamente contestata – la regola per cui esse cessano all’atto dell’insediamento di nuovi organi politici mira a consentire a questi ultimi la possibilità di rinnovarle, scegliendo (ancora su base eminentemente personale) soggetti idonei a garantire proprio l’efficienza e il buon andamento dell’azione della nuova Giunta, per evitare che essa risulti condizionata dalle nomine effettuate nella parte finale della legislatura precedente.

Quindi, la previsione di un meccanismo di valutazione tecnica della professionalità e competenza dei nominati, prospettata dal ricorso come necessaria a tutelare l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione, non si configura, nella specie, come misura costituzionalmente vincolata; e del resto nemmeno si addice alla natura personale del rapporto sotteso alla nomina.

3. – Il ricorso impugna poi – per violazione degli artt. 3 e 97 Cost. – tanto la disciplina "a regime” del comma 3, che estende la decadenza automatica alle nomine conferite dal Presidente e dall’Ufficio di presidenza del Consiglio, e dai dirigenti dei dipartimenti consiliari, quanto la disciplina transitoria del comma 4, che estende tale decadenza a tutte le nomine (di cui ai commi da 1 a 3) conferite durante la precedente legislatura nei nove mesi prima del 3 aprile 2005.

3.1. – La questione relativa al comma 3 non è fondata.

Il ricorrente impugna la norma per la diversità del suo contenuto rispetto alle previsioni della legge statale n. 145 del 2002, che limita lo spoils system alle sole nomine correlate all’azione di governo, ossia a quelle conferite dal Governo e dai ministri.

Orbene, la soluzione accolta dal comma impugnato si ricollega evidentemente alla natura personale del rapporto sotteso al conferimento delle nomine in esame (retro: 2.4.). E il ricorso non contesta la compatibilità, in via di principio, di tale criterio di nomina con i pur evocati artt. 3 e 97 Cost., ma si limita a denunciare la mera difformità rispetto alla disciplina statale,che non è rilevante per l’esercizio della potestà legislativa regionale in materia residuale, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.

3.2. – Secondo il ricorso, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., dedotta per il comma 3, vale anche per la disciplina transitoria di cui al comma 4, che «estende surrettiziamente la decadenza automatica alle nomine conferite durante la precedente legislatura a decorrere dai nove mesi precedenti il 3 aprile 2005».

La Regione giustifica la norma invocando la gravità della situazione (riscontrata anche dalla Corte dei conti), ed in particolare la palese illegittimità delle nomine effettuate nell’ultimo periodo della precedente legislatura. A suo avviso, in un contesto così degenerato, proprio il principio di buon andamento dell’amministrazione ha imposto il totale azzeramento delle nomine, perché gli organi regionali potessero poi rimediare all’inefficienza del sistema adottato e alla diffusa violazione delle norme in materia.

Indipendentemente da tali argomentazioni difensive, che si muovono su un piano eminentemente fattuale, la censura relativa al comma 4 è inammissibile, per la sua estrema genericità.

Essa infatti – pur concernendo una disciplina transitoria – si esaurisce nel mero richiamo alle argomentazioni svolte a sostegno dell’impugnazione della (diversa) disciplina "a regime” di cui al comma 3 e nella parafrasi del testo del comma 4, con la sola aggiunta dell’avverbio "surrettiziamente”, di non facile interpretazione, posto che la formulazione letterale del comma rivela pianamente l’intento della legge di incidere proprio sulle nomine conferite in un periodo, anteriore alla sua entrata in vigore, considerato "sospetto”.

E questa Corte ha, anche di recente, affermato che il ricorso in via principale non solo «deve identificare esattamente la questione nei suoi termini normativi», indicando «le norme costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto di compatibilità o incompatibilità costituisce l’oggetto della questione di costituzionalità», ma deve anche «contenere una seppur sintetica argomentazione di merito, a sostegno della richiesta declaratoria d'incostituzionalità della legge», ponendosi l’esigenza di un’adeguata (e non meramente assertiva) motivazione a sostegno dell’impugnativa «in termini perfino più pregnanti nei giudizi diretti che non in quelli incidentali» (sentenza n. 139 del 2006).

4. – Il ricorrente impugna poi i commi 6, 7 e 8 dell’art. 1.

Il comma 6 sancisce che, «in attuazione dell’art. 50, comma 6, dello Statuto regionale, tutti gli incarichi dirigenziali delle strutture amministrative della Regione Calabria decadono di diritto alla data di proclamazione del Presidente della Giunta medesima ed i relativi contratti a tempo determinato cessano di avere efficacia». Il comma 7, a sua volta, prevede che «i nuovi incarichi sono formalmente conferiti nei sessanta giorni decorrenti dalla data di scadenza dei precedenti […]». Il comma 8 pone infine la disciplina transitoria, disponendo che «la previsione di cui al sesto comma opera anche riguardo agli incarichi dirigenziali in essere alla data di proclamazione del Presidente della Giunta attualmente in carica».

Secondo il ricorrente, tali norme – in quanto estendono la decadenza anche ai dirigenti con funzioni meramente gestionali od esecutive, quindi non caratterizzati da particolare contiguità con gli organi politici – hanno un contenuto profondamente diverso rispetto alla legislazione statale, che invece limita lo spoils system agli incarichi apicali (capi dipartimento e segretari generali) e appresta una più intensa tutela per gli incarichi dei dirigenti di livello non generale (art. 3, comma 7, della legge n. 145 del 2002). I commi impugnati violerebbero quindi i principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.); nonché la riserva in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato della materia "ordinamento civile” (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.).

4.1. – Occorre esaminare separatamente i commi 6 e 7 (che recano la disciplina a regime) e il comma 8 (che pone la disciplina transitoria).

La questione di legittimità costituzionale concernente i commi 6 e 7, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., è sollevata sotto il profilo della sottoposizione degli incarichi dirigenziali di livello non generale alla medesima disciplina prevista per gli incarichi dirigenziali generali in tema di decadenza automatica alla data di proclamazione del presidente della Giunta. Infatti la normativa statale che limita lo spoils system agli incarichi dirigenziali apicali è evocata dal ricorrente non per denunciare la violazione di principi fondamentali vincolanti per le Regioni (il ricorso, come già rilevato, non richiama alcun titolo di competenza concorrente), ma per denunciare come i commi impugnati lederebbero i parametri evocati ove la decadenza automatica da essi prevista fosse riferita alla totalità degli incarichi dirigenziali, anche di livello non generale, con un’estensione dello spoils system tanto rilevante da comportare lesione di quei parametri.

La questione non è fondata, nei sensi di seguito precisati.

I commi 6 e 7 si inseriscono nel quadro normativo delineato dalla legge regionale calabrese 7 agosto 2002, n. 31, che all’art. 10 ha distinto gli incarichi dirigenziali di livello generale da quelli di livello non generale.

I primi sono conferiti dal Presidente della Giunta regionale, per una durata massima di tre anni, e sono revocati di diritto entro sessanta giorni dall’insediamento dei nuovi organi regionali. Essi possono essere conferiti, per il 10% della dotazione organica, a soggetti estranei all’amministrazione aventi particolari requisiti e comprovata qualificazione professionale (scelta di fondo in linea con la legislazione statale: art. 3, lettera g, della legge n. 145 del 2002; e, per gli incarichi dirigenziali negli enti locali, art. 109 del testo unico approvato con d.P.R. 18 agosto 2000, n. 267).

I secondi sono invece conferiti dai dirigenti di livello generale, per una durata massima di cinque anni, ai dirigenti assegnati alle strutture di propria competenza dalla Giunta regionale (ossia a personale regionale).

Tutti gli incarichi dirigenziali sono regolati dai contratti nazionali di lavoro del comparto della dirigenza e da contratti individuali concernenti il trattamento economico. Inoltre l’art. 11 della stessa legge regionale n. 31 del 2002 ha disposto – in via transitoria – la cessazione di tutti i dirigenti, generali e non generali, decorsi rispettivamente sessanta e novanta giorni dall’entrata in vigore della legge.

Successivamente, lo statuto della Regione Calabria, approvato con legge regionale 19 ottobre 2004, n. 25 (fonte sovraordinata rispetto alla legge regionale "ordinaria”: sentenza n. 119 del 2006), ha affermato, all’art. 50, comma 2, che l’organizzazione amministrativa regionale è regolata dalla legge e dai regolamenti di organizzazione «nel rispetto del principio di distinzione tra funzioni di indirizzo e controllo e funzioni di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica». Ed ha stabilito, all’art. 50, comma 6, che «tutti gli incarichi dirigenziali devono essere formalmente conferiti entro 60 giorni dall’insediamento dei nuovi organi regionali». Tale comma non è stato censurato quando il Governo ha impugnato la delibera statutaria regionale della Calabria, ai sensi dell’art. 123, secondo comma, Cost. (v. sentenza n. 2 del 2004).

Gli impugnati commi 6 e 7 devono, dunque, essere coordinati con l’art. 10 della legge regionale n. 31 del 2002 (che la citata regola statutaria evidentemente assume a presupposto) e interpretati nel senso che essi si riferiscono ai soli incarichi dirigenziali di livello generale ("apicali”) e non anche a quelli di livello non generale ("intermedi”).

Invero, l’art. 10 appena ricordato attribuisce all’organo politico della Regione il potere di conferire gli incarichi dirigenziali cosiddetti "apicali” a soggetti individuati intuitu personae, scelti anche (entro determinati limiti percentuali) al di fuori dell’apparato amministrativo regionale. Questa modalità di conferimento – nei cui confronti il ricorrente non propone censure – mira palesemente a rafforzare la coesione tra l’organo politico regionale (che indica le linee generali dell’azione amministrativa e conferisce gli incarichi in esame) e gli organi di vertice dell’apparato burocratico (ai quali tali incarichi sono conferiti ed ai quali compete di attuare il programma indicato), per consentire il buon andamento dell’attività di direzione dell’ente (art. 97 Cost.).

A tale schema rimangono, invece, estranei gli incarichi dirigenziali di livello "non generale”, non conferiti direttamente dal vertice politico e quindi non legati ad esso dallo stesso grado di contiguità che connota gli incarichi apicali.

L’interpretazione sistematica dei commi in esame porta, quindi, ad escludere che essi si riferiscano anche agli incarichi dirigenziali di livello non generale e che in essi si possa perciò ravvisare un’estensione dello spoils system, tanto rilevante da risolversi in lesione dei principi di ragionevolezza e di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione garantiti dagli artt. 3 e 97 Cost.

4.2. I commi 6 e 7 sono impugnati anche in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., sotto il profilo della lesione della competenza esclusiva statale in tema di "ordinamento civile”, per la ricaduta della decadenza dall’incarico dirigenziale sul sottostante rapporto di lavoro di diritto privato.

La questione non è fondata.

La scadenza del termine di durata dell’incarico dirigenziale comporta la cessazione dell’operatività del provvedimento che lo ha conferito. Discende poi dai principi generali che la caducazione di tale provvedimento produca effetti diversi secondo che destinatario dell’incarico sia un soggetto esterno o interno all’amministrazione regionale: nel primo caso, cessa fra le parti ogni rapporto, e quindi anche la regolamentazione contrattuale dell’incarico dirigenziale e della relativa retribuzione; nel secondo, invece, il rapporto contrattuale concernente incarico e retribuzione viene meno, ma il soggetto resta nell’amministrazione regionale, nel cui ambito era inquadrato.

Con i commi in esame, la Regione non ha, quindi, legiferato in materia di "ordinamento civile”, essendosi limitata – nel porre norme in materia di competenza residuale (art. 117, quarto comma, Cost.) – a rinviare al principio per cui gli effetti di un contratto cessano quando ne venga meno la causa.

4.3. – Il comma 8 è, a sua volta, censurato in riferimento agli stessi parametri (artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l, Cost.) evocati a proposito dei commi 6 e 7.

La questione nei termini in cui è proposta è inammissibile per la sua assoluta genericità. Il ricorso, infatti, non formula esplicitamente nei confronti della norma transitoria del comma 8 alcun rilievo specifico, ulteriore rispetto a quelli esposti per la disciplina a regime dettata dai commi 6 e 7.

Resta così assorbita l’ulteriore eccezione di inammissibilità, proposta dalla Regione sotto il profilo che la norma impugnata non avrebbe prodotto alcun effetto, essendo stata la decadenza da tutti gli incarichi dirigenziali già pronunciata dalla Giunta regionale con provvedimento amministrativo del 2 maggio 2005.

5. «Per le medesime motivazioni», concernenti l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il ricorrente ritiene infine illegittimo il comma 1, nella parte in cui ricomprende fra le nomine soggette a decadenza automatica (in quanto effettuate nei nove mesi precedenti l’elezione dei nuovi organi rappresentativi della Regione) quelle degli organi di vertice delle aziende sanitarie, ospedaliere ed assimilabili. Per questa parte la norma inciderebbe sui contratti di natura privata già stipulati e ancora efficaci, determinandone la risoluzione senza meccanismi di garanzia, con conseguente violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato a disciplinare i rapporti di lavoro, nell’ambito dell’"ordinamento civile”.

La questione non è fondata.

La norma, in quanto diretta esclusivamente a disciplinare l’organizzazione amministrativa delle aziende in questione, non incide sulla materia dell’"ordinamento civile” (né su quella della "tutela della salute”, su cui cfr. sentenza n. 181 del 2006).

6. – Con il secondo ricorso (n. 84 del 2005), il Presidente del Consiglio dei ministri impugna gli artt. 1 e 2 della legge della Regione Abruzzo 12 agosto 2005, n. 27 (Nuove norme sulle nomine di competenza degli organi di direzione politica della Regione Abruzzo).

6.1. – L’art. 1 è impugnato limitatamente al comma 1, in base al quale «Al fine di realizzare compiutamente il riallineamento temporale, le nomine degli organi di vertice, individuali e collegiali, di amministrazione e di controllo degli enti dipendenti dalla Regione, economici e non, dei consorzi, delle agenzie, compresi i componenti di comitati, di commissioni e di organismi regionali o interregionali nonché delle società controllate e partecipate dalla Regione, in osservanza degli artt. 2449 e 2450 del codice civile, conferite dagli organi di direzione politica hanno una durata effettiva pari a quella della legislatura regionale e decadono all’atto di insediamento del nuovo Consiglio regionale, salvo conferma nei successivi quarantacinque giorni».

Dal riportato contenuto del ricorso e dalla proposta del Ministro per gli affari regionali (allegata alla deliberazione del Consiglio dei ministri di impugnare la legge), emerge che il riferimento al comma 1 è, all’evidenza, frutto di mero errore materiale e che la censura deve ritenersi riferita al comma 2, e come tale esaminata.

Secondo il ricorrente, la decadenza automatica di tutte le nomine degli organi di vertice di enti regionali in qualunque momento conferite dagli organi politici della Regione, per effetto dell’insediamento del nuovo Consiglio regionale, e senza alcuna valutazione tecnica di professionalità e competenza dei nominati, viola i principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

La questione non è fondata.

Poiché la norma in esame si riferisce a nomine effettuate dagli organi di direzione politica della Regione, evidentemente in base a valutazioni personali coerenti con le correlative scelte di fondo, l’infondatezza discende dalle considerazioni svolte in ordine all’analogo problema posto dall’art. 1 della legge regionale calabrese n. 12 del 2005 (retro: 2.4.).

7. Lo stesso art. 1, comma 2, è poi impugnato nella parte in cui ricomprende fra le nomine conferite dagli organi di direzione politica della Regione, destinate a decadere automaticamente all’insediamento del nuovo Consiglio regionale, quelle relative alle società controllate e partecipate dalla Regione.

Secondo il ricorrente, tale previsione contrasta con l’art. 2383, secondo comma, del codice civile, che determina invece in tre anni la durata massima della carica di amministratore e di componente del consiglio sindacale delle società per azioni, e quindi invade la materia dell’"ordinamento civile” riservata allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

La questione è formulata sulla premessa che la durata dell’incarico e la cessazione dei componenti degli organi di società controllate o partecipate dalla Regione sia soggetta alla disciplina generale prevista dall’art. 2383, secondo comma, cod. civ., onde la norma impugnata, incidendo sulla regolamentazione codicistica, avrebbe inciso sulla materia dell’ordinamento civile, devoluta dal parametro evocato alla competenza statale esclusiva.

Ma questo presupposto è erroneo, in quanto la stessa norma impugnata prevede che le nomine relative a società avvengano «in osservanza degli artt. 2449 e 2450 cod. civ.». E tali articoli – nel testo modificato dal d. lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, in vigore dal 1° gennaio 2004 – dispongono che gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati, per legge o per statuto, dallo Stato o da enti pubblici, possono essere revocati solo dagli enti che li hanno nominati.

Pertanto la censura – così come formulata – è infondata, in quanto il ricorrente invoca a sostegno di essa l’art. 2383, secondo comma, cod. civ., che non si applica alle nomine considerate dalla norma impugnata né è da essa menzionato; ed invece omette di argomentare in ordine agli artt. 2449 e 2450 cod. civ., che dalla norma sono richiamati come disposizioni da osservare e che attribuiscono alla Regione il potere di far cessare dalla carica gli amministratori dalla medesima Regione nominati.

8. – L’art. 2, comma 1, sancisce retroattivamente la decadenza automatica (salvo conferma) delle nomine già effettuate, a decorrere dal momento dell’entrata in vigore della legge.

Per il ricorrente la norma – in quanto determina la risoluzione di rapporti instaurati in un diverso regime di conferimento delle cariche – viola il principio di affidamento e il diritto all’ufficio (artt. 2 e 51 Cost.) e quelli di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

La questione non è fondata.

Premesso che le nomine in esame sono «conferite dagli organi di indirizzo politico regionale» (art. 1, comma 2), in base alla valutazione della personale coerenza del nominato con tale indirizzo (retro: 6.1.), è evidente l’intento del legislatore regionale di rendere immediatamente operativa la nuova disciplina, per evitare – in sintonia, e non in contrasto, con l’evocato art. 97 Cost. – che le nomine effettuate nella precedente legislatura, specie nella sua fase finale, pregiudichino il buon andamento dell’amministrazione.

9. – Il ricorrente afferma inoltre che le norme impugnate ledono i parametri prima indicati, in quanto non prevedono alcun termine a partire dal quale operi la decadenza dalle cariche.

La questione non è fondata, per l’erroneità del presupposto interpretativo. L’art. 1, comma 2, prevede espressamente che la decadenza opera all’atto dell’insediamento del nuovo Consiglio regionale, mentre l’art. 2, comma 1, sancisce in via transitoria l’operatività della decadenza al momento dell’entrata in vigore della legge.

10. – L’ultima censura concerne le differenze fra lo spoils system disciplinato dalla legge regionale in esame e quello della legge statale n. 145 del 2002.

La questione non è fondata.

Valgono integralmente le considerazioni già svolte (retro: 2.) in ordine alla non evocabilità della (seppure omologa) normativa statale, che non rileva per le Regioni, nella materia – di competenza residuale (art. 117, quarto comma, Cost.) – dell’organizzazione amministrativa regionale.

11. – Con il terzo ricorso (n. 86 del 2005), il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, tra gli altri, gli artt. 14, comma 3, e 24 della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – Collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l'anno 2005 ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8).

11.1. – L’art. 14, comma 3, prevede che «In concomitanza con la nomina dei Direttori Generali delle Aziende ospedaliere e delle Aziende Sanitarie locali, decadono tutte le nomine fiduciarie ed in particolare i direttori amministrativi e sanitari delle stesse Aziende. La decadenza è estesa ai responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e ai responsabili dei distretti sanitari territoriali. Entro trenta giorni dalla nomina, i Direttori Generali devono provvedere al conferimento dei suddetti incarichi».

Secondo il ricorrente, tale previsione viola i principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) e di affidamento del cittadino nella libera esplicazione dell’autonomia negoziale (artt. 2 e 41 Cost.), nonché la competenza esclusiva statale in materia di "ordinamento civile” (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.).

11.2. – La questione è fondata, nei limiti di seguito indicati.

L’art. 14, comma 3, della legge regionale calabrese 19 marzo 2004, n. 11, recante il «Piano regionale per la salute», prevede che i direttori generali delle aziende ospedaliere o delle aziende sanitarie locali sono nominati dalla Giunta regionale tra soggetti laureati con esperienza almeno quinquennale di direzione tecnica o amministrativa in enti pubblici o privati, che abbiano svolto funzioni dirigenziali con autonomia gestionale nei dieci anni precedenti la riforma (peraltro, possono essere nominati tanto soggetti estranei all’amministrazione regionale, quanto dipendenti pubblici, anche della medesima azienda nella quale l’incarico è conferito: art. 14, comma 4).

Invece, i direttori amministrativi e sanitari delle aziende ospedaliere o delle aziende sanitarie locali (in conformità a quanto previsto dall’art. 3, comma 1-quinquies, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) sono nominati dal direttore generale (art. 14, comma 1, ultima parte, della citata legge calabrese n. 11 del 2004) e collaborano con lui alla direzione dell’azienda (art. 14, comma 2). Tali incarichi hanno natura esclusivamente fiduciaria e terminano in caso di cessazione per qualunque causa del direttore generale, con risoluzione di diritto dei relativi contratti di lavoro (art. 15, comma 5).

Anche i responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e i responsabili dei distretti sanitari territoriali sono nominati dal direttore generale (art. 14, comma 1, ultima parte).

11.3. – Per quanto riguarda gli effetti della nomina di un nuovo direttore generale delle aziende ospedaliere o sanitarie locali sugli incarichi di direttore sanitario e amministrativo, l’impugnato art. 14, comma 3, non riguarda un’ipotesi di spoils system in senso tecnico. Esso, infatti, non regola un rapporto fondato sull’intuitus personae tra l’organo politico che conferisce un incarico ed il soggetto che lo riceve ed è responsabile verso il primo dell’efficienza dell’amministrazione; ma concerne l’organizzazione della struttura amministrativa regionale in materia sanitaria e mira a garantire, all’interno di essa, la consonanza di impostazione gestionale fra il direttore generale e i direttori amministrativi e sanitari delle stesse aziende da lui nominati. In questa prospettiva, la norma impugnata tende ad assicurare il buon andamento dell’amministrazione, e quindi non viola l’art. 97 Cost.

A diversa conclusione si deve, invece, pervenire relativamente a quella parte della norma secondo cui la nomina di un nuovo direttore generale determina la decadenza anche delle nomine dei responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e dei responsabili dei distretti sanitari territoriali.

Così disponendo, la norma comporta l’azzeramento automatico dell’intera dirigenza in carica, pregiudicando il buon andamento dell’amministrazione e violando l’art. 97 Cost.

Il comma impugnato deve quindi essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, limitatamente al suo secondo periodo, ossia alle parole: «La decadenza è estesa ai responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e ai responsabili dei distretti sanitari territoriali».

Gli altri profili di censura restano assorbiti.

12. – L’ultima censura riguarda l’art. 24 della legge, in tema di nomine per le quali occorra il concerto o l’intesa con altre autorità o amministrazioni.

La norma impugnata così dispone: «Il Presidente della Giunta regionale o, se la nomina è di competenza consiliare, il Presidente del Consiglio regionale, comunicano, all'autorità od alla amministrazione preposte ad esitare l'intesa o il concerto, una terna di soggetti in possesso dei requisiti per l'assunzione dell'incarico» (comma 2); «L’autorità o l’amministrazione destinatarie della comunicazione, nel termine di 20 giorni dalla stessa, fanno pervenire, al Presidente della Giunta od al Presidente del Consiglio, il gradimento su almeno uno dei nominativi proposti. Decorso infruttuosamente il detto termine, l’autorità regionale competente provvede alla nomina, nell’ambito dei soggetti inseriti nella terna» (comma 3); «Il gradimento perfeziona l’intesa o il concerto e costituisce titolo per la successiva nomina dell’interessato» (comma 4); «Il gradimento può essere ricusato se uno o tutti i nominativi proposti sono privi dei necessari requisiti di professionalità e competenza. In tal caso, il Presidente della Giunta, ovvero il Presidente del Consiglio regionale, procedono a comunicare una nuova terna, che non può includere soggetti per i quali il gradimento è stato precedentemente ricusato» (comma 5); «Se il rifiuto non è adeguatamente motivato ai sensi del precedente comma, l’autorità regionale competente effettua egualmente la nomina, nell’ambito della terna proposta» (comma 6).

Il ricorrente impugna la norma nella parte in cui si applica alle nomine in materia sanitaria, che la Regione deve effettuare d’intesa con il Rettore dell’Università. Ed afferma che essa – declassando l’attività di codeterminazione in una mera attività consultiva – viola l’autonomia universitaria (art. 33, sesto comma, Cost.); i principi fondamentali nelle materie, di competenza legislativa concorrente, della tutela della salute e della ricerca scientifica e tecnologica (art. 117, terzo comma, Cost.); il principio fondamentale, stabilito dall’art. 4, comma 2, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, per cui il direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria è nominato dalla Regione, acquisita l’intesa con il Rettore dell’Università; il principio fondamentale, stabilito dall’art. 1, comma 2, lettera b), del medesimo d. lgs. n. 517 del 1999, per cui i rapporti tra il servizio sanitario regionale e le Università sono informati al rispetto della leale collaborazione; l’art. 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419; il principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.).

12.1. – Nei limiti in cui è proposta, la questione è fondata.

Nella parte in cui si applica alla nomina del direttore generale di azienda ospedaliero-universitaria, che la Regione deve effettuare d’intesa con il Rettore dell’Università, la norma impugnata va ricondotta nell’ambito della competenza concorrente in materia di tutela della salute, prevista dal terzo comma dell’art. 117 Cost. e, quindi, deve rispettare i principi fondamentali determinati dalla legge statale.

Orbene, la disciplina dei rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università, regolata dal d. lgs. n. 517 del 1999, è affidata ai protocolli d’intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel proprio territorio (art. 1, comma 1), previsti, tra l’altro, proprio al fine di informare tali rapporti al principio di leale cooperazione (art. 1, comma, 2, lettera b).

Ne discende che anche la disciplina del procedimento finalizzato al raggiungimento dell’intesa richiesta per la nomina del direttore generale di azienda ospedaliero-universitaria deve essere definita in uno specifico protocollo tra gli enti interessati (art. 4, comma 2, del decreto legislativo citato).

Conseguentemente, l’art. 24 della legge della Regione Calabria n. 13 del 2005 – che ha, invece, disciplinato autonomamente e unilateralmente il procedimento di intesa in esame – ha leso gli evocati principi fondamentali, posti anche a tutela dell’autonomia universitaria garantita dall’art. 33, sesto comma, Cost., e deve perciò essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui si applica anche alla nomina del direttore generale di azienda ospedaliero-universitaria.

Gli altri profili di censura restano assorbiti.

13. – La diversa questione di legittimità costituzionale – sollevata, con lo stesso ricorso, dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti di altre disposizioni (artt. 14, comma 5, e 33, comma 2) della medesima legge regionale n. 13 del 2005, ma priva di collegamento con le presenti, in quanto concernente interventi per il superamento dell’emergenza ambientale nel settore dei rifiuti – può essere rinviata a trattazione separata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata ogni decisione sulla diversa questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – Collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l’anno 2005 ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso in epigrafe;

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 3, della medesima legge della Regione Calabria n. 13 del 2005, limitatamente alle parole «La decadenza è estesa ai responsabili dei dipartimenti sanitari e amministrativi e ai responsabili dei distretti sanitari territoriali»;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 24 della medesima legge della Regione Calabria n. 13 del 2005, nella parte in cui si applica anche alla nomina del direttore generale di azienda ospedaliero-universitaria;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria 3 giugno 2005, n. 12 (Norme in materia di nomine e di personale della Regione Calabria), proposta – in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della medesima legge della Regione Calabria n. 12 del 2005, proposta – in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 6 e 7, della stessa legge della Regione Calabria n. 12 del 2005, proposta – in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 6 e 7, della citata legge della Regione Calabria n. 12 del 2005, proposta – in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge della Regione Calabria 3 giugno 2005, n. 12, proposta – in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 5, della citata legge della Regione Calabria n. 12 del 2005, proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 8, della medesima legge della Regione Calabria n. 12 del 2005, proposta – in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 12 agosto 2005, n. 27 (Nuove norme sulle nomine di competenza degli organi di direzione politica della Regione Abruzzo), proposta – in riferimento all’art. 97 della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della medesima legge della Regione Abruzzo n. 27 del 2005, proposta – in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della stessa legge della Regione Abruzzo n. 27 del 2005, proposta – in riferimento agli artt. 2, 51 e 97 della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della citata legge della Regione Abruzzo n. 27 del 2005, proposte – in riferimento all’art. 97 della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 16 giugno 2006.