SENTENZA
N. 188
ANNO
2015
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
composta dai signori:
-
Marta
CARTABIA Presidente
-
Giuseppe
FRIGO
Giudice
-
Paolo
GROSSI
”
-
Giorgio
LATTANZI
”
-
Aldo
CAROSI
”
- Mario
Rosario MORELLI
”
- Giancarlo
CORAGGIO
”
-
Giuliano AMATO ”
-
Silvana
SCIARRA
”
-
Daria
de
PRETIS
”
-
Nicolò
ZANON
”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 2, nella parte relativa alla
Unità previsionale di base (UPB) DB05011, capitolo 149827R (“Fondo
per l’esercizio delle funzioni conferite – L.R. 34/98”), e 4
in combinato disposto con l’Allegato A della legge
della Regione Piemonte 7 maggio 2013, n. 9 (Bilancio di previsione per
l’anno finanziano 2013 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari
2013-2015) e dell’art. 1, in combinato disposto con l’Allegato
A, nella parte relativa alla medesima UPB DB05011, capitolo 149827R
(“Fondo per l’esercizio delle funzioni conferite – L.R.
34/98”), della legge
della Regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento al bilancio di
previsione per l’anno finanziario 2013 e al bilancio pluriennale per gli
anni finanziari 2013/2015), promossi dal Tribunale amministrativo regionale
per il Piemonte con due ordinanze del 31 gennaio 2014, iscritte ai numeri 71 e 72 del
registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visti
gli atti di costituzione della
Provincia di Alessandria, della Regione Piemonte, e quello, fuori termine,
della provincia del Verbano Cusio Ossola;
udito nell’udienza pubblica del 9 giugno 2015 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi gli avvocati Alberto Vella per la Provincia di Alessandria e Giovanna
Scollo per la Regione Piemonte.
1.– Il Tribunale amministrativo
regionale per il Piemonte, con due ordinanze depositate in data 31 gennaio
2014, pronunciate in due giudizi promossi rispettivamente dalla Provincia di
Alessandria e dalla Provincia del Verbano Cusio Ossola ha sollevato questione
di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 2, nella parte
relativa alla Unità previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827R
(“Fondo per l’esercizio delle funzioni conferite – L.R. 34/98”),
e 4 in combinato disposto con l’Allegato A della legge della Regione
Piemonte 7 maggio 2013, n. 9 (Bilancio di previsione per l’anno
finanziano 2013 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2013-2015),
nella parte relativa all’Unità previsionale di base (UPB) DB05011,
capitolo 149827R (“Fondo per l’esercizio delle funzioni conferite
– L.R. 34/98”), e dell’art. 1 in combinato disposto con
l’Allegato A della legge della Regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento
al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2013 e al bilancio
pluriennale per gli anni finanziari 2013/2015), laddove dispone variazioni alla
dotazione iniziale del predetto capitolo n. 149827R, per violazione degli artt.
3, 97, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione.
Espone il giudice rimettente che la
Provincia di Alessandria e la Provincia del Verbano Cusio Ossola hanno
impugnato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, la
delibera della Giunta regionale del Piemonte, n. 47-6446 del 30 settembre 2013,
recante l’individuazione ed il riparto per il 2013 delle risorse
finanziarie da destinare all’esercizio delle funzioni conferite agli Enti
locali, nonché l’atto presupposto costituito dalla delibera della
Giunta regionale n. 26-6372, del 17 settembre 2013, che ha assegnato le risorse
finanziarie di parte corrente – già indicate nella legge regionale
n. 9 del 2013 – alle varie Direzioni regionali. La Provincia di
Alessandria ha chiesto anche la conseguente condanna della Regione Piemonte
all’esatto adempimento dell’obbligo di garantire la capienza dello
stanziamento delle risorse per le funzioni delegate alla Provincia di
Alessandria per l’anno 2013, l’accertamento del diritto della
Provincia di Alessandria, in virtù dell’accordo raggiunto con la
Regione Piemonte, di ottenere trasferimenti finanziari adeguati alle funzioni
ad essa delegate dalla Regione Piemonte per gli anni 2011 e 2012 e la
conseguente condanna della Regione Piemonte al pagamento in favore della
Provincia di Alessandria degli importi dovuti per tali ragioni.
Riferisce il giudice a quo che le
Province ricorrenti lamentano nei rispettivi ricorsi che le somme stanziate in
bilancio dalla Regione Piemonte nell’anno 2013 per l’esercizio di
varie funzioni amministrative loro conferite con leggi regionali in attuazione
del sistema di decentramento amministrativo previsto dalla legge 15 marzo 1997,
n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni
ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa) e dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed
agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59),
non sono sufficienti neppure a coprire gli oneri relativi alle retribuzioni del
personale a suo tempo trasferito dalla Regione alle due Province per l’espletamento
di tali funzioni. Riferisce il Tribunale amministrativo piemontese che
all’esito dell’udienza camerale del 15 gennaio 2014 ha ritenuto di
sollevare questione di legittimità costituzionale in relazione alle
norme delle leggi regionali del 2013 contenenti il bilancio di previsione 2013
e le disposizioni di assestamento e, con separate ordinanze, ha disposto la
sospensione cautelare degli atti impugnati sino alla prima camera di consiglio
successiva alla restituzione degli atti relativi ai giudizi a quibus da parte della Corte costituzionale. Secondo il TAR
piemontese dagli atti prodotti risulta che la Regione Piemonte, in attuazione
delle leggi regionali n. 9 del 2013 e n. 16 del 2013 con delibera di giunta n.
26-6372 del 17 settembre 2013 ha assegnato integralmente le risorse finanziarie
di parte corrente 2013 (pari ad euro 20.000.000,00) alla Direzione
“Affari Istituzionali e Avvocatura – Rapporti con le Autonomie
Locali”, per l’esercizio delle funzioni conferite agli enti locali
piemontesi e, con la successiva deliberazione n. 47-6446 del 30 settembre 2013,
la Giunta regionale ha quindi provveduto a ripartire proporzionalmente, tra i
suddetti Enti, la somma così assegnata, provvedendo per l’effetto
ad assegnare alla Provincia di Alessandria la somma di euro 2.243.636,07 ed
alla Provincia del Verbano Cusio Ossola quella di euro 912.526,86. Espone il
rimettente che tuttavia tali importi sarebbero manifestamente insufficienti a
garantire la copertura di tutte le spese necessarie a far fronte all’esercizio
delle funzioni conferite alle due Province ricorrenti, in quanto, come
documentato nei giudizi, per il pagamento dei soli stipendi del personale
destinato al settore “Agricoltura” la Provincia di Alessandria
sosterrebbe una spesa superiore ad euro 2.300.000 annui, mentre la Provincia
del Verbano Cusio Ossola, per il pagamento dei soli stipendi al personale
impiegato nelle varie funzioni conferite e delegate dalla Regione Piemonte
necessiterebbe di una somma superiore ad euro 2.000.000 annui, con la conseguenza
che le due amministrazioni provinciali – oltre a non poter materialmente
esercitare le funzioni loro conferite – non sarebbero neanche in grado di
mantenere le obbligazioni contratte con i terzi.
Il giudice amministrativo piemontese
sostiene che le questioni di legittimità costituzionale sarebbero
rilevanti per la decisione da assumere in quanto le delibere impugnate,
nell’attribuire lo stanziamento oggetto di contestazione alle Province
ricorrenti, non avrebbero potuto riconoscere agli enti locali piemontesi
maggiori risorse rispetto a quelle indicate negli allegati delle leggi di
approvazione e di assestamento del bilancio 2013, con riferimento alle somme da
queste indicate nella summenzionata Unità previsionale di base DB05011
e, segnatamente, nel capitolo n. 149827R. Infatti, prosegue il rimettente, le
delibere in questione nelle loro premesse riferiscono di «assegnare
integralmente le risorse regionali 2013 di parte corrente delle Direzioni
Affari istituzionali ed Avvocatura». Secondo il giudice a quo sarebbe
quindi evidente che le doglianze avanzate dalle Province ricorrenti non
potrebbero che coinvolgere, in via necessaria e pregiudiziale, proprio le leggi
di bilancio alle quali esse premettono di voler dare attuazione.
Secondo il giudice a quo assumono quindi
rilevanza per la decisione dei ricorsi l’art. 2, commi 1 e 2, della legge
reg. Piemonte n. 9 del 2013 mediante il quale è stato approvato il
totale generale delle spese ed è stata autorizzata l’assunzione
degli impegni di spesa entro i limiti degli stanziamenti di competenza dello
stato di previsione della spesa per l’anno finanziario 2013, l’art.
4 della medesima legge regionale, che ha approvato il quadro generale
riassuntivo del bilancio per l’anno finanziario 2013, entrambi in
combinato disposto con l’Allegato A della medesima legge, nella parte
relativa all’UPB DB05011, laddove assegna al capitolo 149827R
(“Fondo per l’esercizio delle funzioni conferite – L.R.
34/98”) la somma, in termini di competenza, di euro 20.000.000,00,
nonché l’art. 1 della legge reg. Piemonte n. 16 del 2013 che ha
introdotto gli aggiornamenti e le variazioni allo stato di previsione
dell’entrata e della spesa del bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2013, in combinato disposto con l’Allegato A della medesima
legge, nella parte relativa all’UPB DB05011, ed al predetto capitolo
149827R.
Al riguardo il rimettente espone che, in
effetti, a norma dell’art. 19, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio
2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a
statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e
dei fabbisogni standard nel settore sanitario), a decorrere dall’anno
2013, ciascuna Regione a statuto ordinario deve assicurare la soppressione di tutti
i trasferimenti regionali, aventi carattere di generalità e permanenza,
di parte corrente e, ove non finanziati tramite il ricorso
all’indebitamento, in conto capitale diretti al finanziamento delle spese
delle Province, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera e), della legge 5
maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione). Peraltro, rammenta il
TAR per il Piemonte che tale previsione normativa, nel concorrere ad attuare il
disegno di federalismo fiscale ai sensi dell’art. 119 Cost., ha
altresì stabilito che, per assicurare alle Province un importo
corrispondente ai trasferimenti regionali così soppressi, ciascuna
Regione deve comunque determinare, con proprio atto amministrativo (previo accordo
concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali, d’intesa con le
Province del proprio territorio), una compartecipazione delle Province alla
tassa automobilistica regionale e che tale compartecipazione può essere
successivamente incrementata sulla base di disposizioni legislative regionali
sopravvenute riguardanti le funzioni delle Province o in misura corrispondente
alla riduzione di altri trasferimenti regionali; è altresì
previsto che in caso di incapienza della tassa automobilistica rispetto
all’ammontare delle risorse regionali soppresse, le Regioni debbano
assicurare una compartecipazione ad altro tributo regionale, nei limiti della
compensazione dei trasferimenti soppressi alle rispettive Province (comma 2
dell’art. 19 citato) ed è stato altresì previsto che, in
caso di mancata fissazione della compartecipazione alla tassa automobilistica
entro la data del 30 novembre 2012, lo Stato sarebbe intervenuto in via
sostitutiva ai sensi dell’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni
per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
Con riguardo alla situazione esistente
in Piemonte, riferisce il rimettente che la difesa della Regione non ha
documentato se essa abbia fissato, entro il 30 novembre 2012, la misura della
suddetta compartecipazione; né se si sia verificato un successivo
intervento statale sostitutivo; né, ancora, se sia stato istituito il
“Fondo sperimentale regionale di riequilibrio” che, ai sensi del
comma 4 dell’art. 19 del menzionato d.lgs. n. 68 del 2011, potrebbe
consentire di realizzare, in forma progressiva e territorialmente equilibrata,
l’attuazione del nuovo sistema. Nel giudizio a quo, prosegue il TAR, la
Regione Piemonte ha unicamente riferito che, con d.G.R.
n. 27-6545 del 22 ottobre 2013, la Giunta regionale ha costituito un
«tavolo regionale di coordinamento» in materia di riorganizzazione
del conferimento delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e
degli enti locali, al fine di determinare anche la percentuale di
compartecipazione delle Province alla tassa automobilistica spettante alla
Regione in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti
regionali soppressi in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 19
del d.lgs. n. 68 del 2011, ma, obietta il rimettente, sarebbe evidente che,
attualmente, nessuna determinazione sia stata ancora adottata; con la
conseguenza che l’eventuale venir meno dei trasferimenti regionali, ai
sensi del comma 1 dell’art. 19 del d.lgs. n. 68 del 2011, non potrebbe
attualmente trovare la sua compensazione in alcuna voce. Pertanto, osserva il
giudice a quo che l’attuale inoperatività, per la Regione
Piemonte, della complessiva previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 68
del 2011, rimasta inattuata nella pars construens
(ossia, laddove assicura il recupero delle risorse soppresse), avrebbe dovuto
impedire l’applicazione anche della pars destruens
(ossia, laddove dispone la soppressione dei trasferimenti regionali alle
Province); tale sarebbe difatti, secondo il giudice a quo, la necessaria
interpretazione costituzionalmente orientata di tale previsione, nel senso
cioè che la sua operatività debba intendersi sospesa fino a
quando non saranno concretamente stabilite le modalità di recupero delle
risorse soppresse.
Per quanto sopra esposto, secondo il
rimettente, le leggi regionali che hanno approvato il bilancio di previsione
per l’anno 2013, nello stabilire una consistente riduzione degli
stanziamenti a favore delle Province per le funzioni loro delegate (riduzione
pari a circa il cinquanta per cento delle risorse stanziate per il 2012, le
quali, a loro volta, erano già state consistentemente diminuite rispetto
agli anni precedenti, a decorrere dal 2011, come esposto nel dettaglio dalle
Province ricorrenti nei due giudizi a quibus),
avrebbero di fatto impedito a queste ultime la concreta possibilità di
esercitare quelle funzioni, in violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118 e
119 Cost.
Secondo il rimettente una siffatta
riduzione violerebbe l’autonomia finanziaria delle Province, di cui agli
artt. 117 e 119 Cost., con negative ricadute anche sul
buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost). Osserva difatti il
TAR piemontese che fino a quando le Province continueranno ad essere individuate,
nella Costituzione, come enti costituenti la Repubblica e dotati di autonomia,
anche finanziaria (art. 114, primo e secondo comma, e 119, primo comma, Cost.),
la sottrazione delle risorse loro spettanti in base alle leggi regionali
impugnate si tradurrebbe in una menomazione della loro autonomia finanziaria
(è richiamata la sentenza n. 241 del
2012) perché costringerebbe tali enti a dare copertura ai costi
delle funzioni trasferite con risorse proprie – che, peraltro, le
Province ricorrenti sostengono di non possedere – ed altresì in un
ostacolo all’assolvimento dei compiti istituzionali che, anche in base al
sistema di decentramento amministrativo avviato con la legge n. 59 del 1997, tali
enti territoriali sono chiamati a svolgere (è richiamata la sentenza n. 63 del
2013). Pertanto, secondo il rimettente, il ruolo delle autonomie locali, quale
attualmente disegnato dalle richiamate norme costituzionali, non potrebbe
considerarsi compatibile con una drastica riduzione dei servizi che gli enti
locali sono chiamati a fornire ai cittadini, se giustificata esclusivamente da
considerazioni di carattere finanziario fondate sull’equilibrio di
bilancio.
Rammenta il giudice a quo che il
soddisfacimento delle ordinarie attività amministrative non dipenderebbe
solo dalle risorse disponibili, ma anche dalle scelte sulla loro allocazione ed
utilizzazione, dovendosi evitare che queste possano comportare la
compromissione delle istanze costituzionali già richiamate. Pertanto,
secondo il TAR, anche le leggi regionali in questione avrebbero dovuto allocare
od utilizzare diversamente le risorse a disposizione della Regione, pur di
garantire alle Province la salvaguardia della loro autonomia finanziaria e
– correlativamente – di mantenere il buon andamento
nell’amministrazione pubblica, ovviamente nel necessario rispetto del
principio di previa copertura della spesa in sede legislativa (art. 81, quarto
comma, Cost.).
Secondo il TAR rimettente sarebbe
altresì violato l’art. 3 Cost., sia sotto il profilo
dell’irragionevolezza, in quanto la drastica riduzione degli stanziamenti
disposta dalla Regione non terrebbe conto dell’esigenza (logica, ancor
prima che giuridica) che le funzioni assegnate siano conferite unitamente alle
risorse disponibili per il loro svolgimento, in considerazione del livello dei
costi delle funzioni medesime; sia sotto il profilo della violazione del
principio di eguaglianza sostanziale in quanto il mancato esercizio delle
funzioni delegate alle Province – afferenti a settori nevralgici della
vita economica e sociale della comunità territoriale (sono citati
l’industria, le miniere, l’inquinamento atmosferico, acustico ed
elettromagnetico, la gestione dei rifiuti, l’energia, la tutela delle
acque, la difesa del suolo, la protezione civile, il turismo, i trasporti,
l’istruzione, i servizi sociali, i beni culturali), lungi dal rimuovere
gli ostacoli descritti dall’art. 3, secondo comma, Cost., al contrario li
causerebbe e, allo stesso tempo, si tradurrebbe in inaccettabili
discriminazioni di fatto tra i cittadini e nella sostanziale negazione dei loro
diritti di libertà.
Il giudice a quo lamenta infine la
violazione dell’art. 118 Cost. e dei principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza: siffatti principi
postulerebbero, infatti, secondo il rimettente, che determinate funzioni siano
conferite anche alle Province le quali, così, ne diventano titolari ai
sensi dell’art. 118, secondo comma, Cost. In tale quadro costituzionale,
il mantenimento delle funzioni già conferite con legge statale,
accompagnato però dal taglio delle risorse destinate a quelle funzioni,
equivarrebbe ad una sostanziale espropriazione delle funzioni di cui le
Province sono divenute titolari, in violazione del dettato costituzionale e del
principio di sussidiarietà verticale (in applicazione del quale, invece,
quelle funzioni erano state attribuite alle Province) ed anche del principio di
adeguatezza, in quanto lo stanziamento disposto sarebbe del tutto inidoneo a
consentire alle Province di far fronte ai costi che lo svolgimento di tali
funzioni implicherebbe.
2.– È intervenuta in entrambi i giudizi la
Regione Piemonte, chiedendo che le questioni di legittimità
costituzionale siano dichiarate inammissibili od infondate. La Regione Piemonte
sottolinea innanzi tutto che le cifre che si indicano come insufficienti
comprenderebbero solo parte delle funzioni delegate, mentre altre materie
(quali quelle dei trasporti, e dei servizi sociali), sarebbero finanziate con
specifiche leggi regionali (leggi della Regione Piemonte 4 gennaio 2000, n. 1,
recante «Norme in materia di trasporto pubblico locale, in attuazione del
decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422» e 8 gennaio 2004, n. 1,
recante «Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di
interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di
riferimento»).
Inoltre, con riferimento al fatto che i
suddetti finanziamenti non basterebbero nemmeno a coprire le spese del
personale, la Regione eccepisce che non sarebbe stato dimostrato che essi
vengano utilizzati solo per l’esercizio delle funzioni conferite e
delegate.
Evidenzia inoltre l’interveniente
che la Regione Piemonte e le Province, nei tavoli della “Conferenza
Permanente Regione-Autonomie Locali”, non avrebbero mai concordato di
fissare i finanziamenti a seguito di resoconti dettagliati sui costi forniti
dalle Province, optando diversamente per una forfetizzazione dei contributi. La
Regione Piemonte, dopo aver descritto nel dettaglio i settori oggetto del
d.lgs. n. 112 del 1998, che sarebbero stati a loro volta delegati alle Province
con la legge della Regione Piemonte 26 aprile 2000, n. 44 (Disposizioni
normative per l’attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
«Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo
1997, n. 59»), osserva che occorrerebbe tenere conto delle
attività coperte con fondi europei e che alcune delle attività
delegate (per esempio in materia contributiva) verrebbero esercitate solamente
in quanto vi sia la disponibilità finanziaria, mentre altre attività
(ad esempio trasporti) sarebbero finanziate con altri fondi non compresi nella
delibera impugnata. Prosegue la Regione Piemonte che l’art. 7 del d.lgs.
n. 112 del 1998 menziona i fondi regionali “effettivamente”
trasferiti dallo Stato, sicché la Regione non avrebbe potuto incrementare
i fondi provinciali con fondi propri, in quanto già soggetti ad una
drastica riduzione per effetto dei minori trasferimenti statali; non essendosi
mai proceduto ad un esame dettagliato degli effettivi costi delle funzioni
trasferite, che tengano conto anche degli elementi sopra elencati si sarebbe
optato per la forfetizzazione del versamento regionale alle Province, come tale
non necessariamente vincolato alla spesa storica degli anni precedenti. Tale
versamento sarebbe stato peraltro concordato in sede di “Conferenza
permanente Regione-Autonomie Locali”, a cui avrebbero partecipato anche
le Province ricorrenti. La Regione richiama altresì il decreto
legislativo 26 novembre 2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione
dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e
Province) che individua l’anno 2013 quale anno di avvio della fase
transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica, ed in
particolare l’art. 3, che enumera le funzioni fondamentali della
Provincia ai fini della determinazione dei fabbisogni standard: secondo la
Regione Piemonte sarebbe evidente che gran parte delle funzioni delegate dalla
Regione siano attualmente ricomprese nell’esercizio delle funzioni
fondamentali delle Province, così come ridefinite, sicché
resterebbe «difficile […] stabilire un finanziamento ultroneo per
attività analoghe svolte dal medesimo personale».
3.– È intervenuta nel
presente giudizio la Provincia di Alessandria.
Nella sostanza, riproducendo nella
seconda memoria le medesime argomentazioni già contenute nel ricorso
promosso davanti al TAR del Piemonte e riassunte dal rimettente nella propria
ordinanza, la Provincia rammenta che, anche soltanto fino all’anno 2010,
le risorse economico-finanziarie trasferite dalla Regione erano ben più
consistenti, e che dopo quella data la Regione non si è riappropriata di
nessuna delle funzioni in precedenza attribuite o delegate.
La Provincia di Alessandria rammenta che
il d.lgs. n. 112 del 1998 aveva stabilito (art. 3, comma 3) che la legge
regionale dovesse attribuire agli enti locali le risorse umane, finanziarie,
organizzative e strumentali in misura tale da garantire la congrua copertura
degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti
trasferiti, nel rispetto dell’autonomia organizzativa e regolamentare
degli enti locali e che (art. 7, commi 1, 2 e 3) i provvedimenti che
individuano i beni e le risorse da ripartire tra le Regioni e tra le Regioni e
gli enti locali, dovessero determinare la decorrenza dell’esercizio da
parte delle Regioni e degli enti locali delle funzioni conferite
contestualmente all’effettivo trasferimento dei beni e delle risorse
finanziarie, umane, strumentali ed organizzative; le medesime disposizioni
prevedevano, altresì, che fosse assicurata la devoluzione alle Regioni e
agli enti locali di una quota delle risorse erariali tale da garantire la
congrua copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e
dei compiti conferiti ed inoltre che ai fini della determinazione delle risorse
da trasferire si effettua la compensazione con la diminuzione di entrate
erariali derivanti dal conferimento delle medesime entrate alle Regioni ed agli
enti locali ai sensi del predetto decreto legislativo.
Prosegue la interveniente che la Regione
Piemonte, con legge regionale 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni
e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali), aveva previsto
l’istituzione di due fondi per le spese di funzionamento connesse
all’esercizio delle funzioni conferite in attuazione della legge n. 59
del 1997 e tali fondi erano alimentati, per la quota statale, dalle risorse
trasferite dallo Stato alle Regioni ai sensi dell’art. 7, comma 1, della
stessa legge n. 59 del 1997, mentre, per la quota regionale, era previsto che
la dotazione fosse definita annualmente in sede di predisposizione del bilancio
di previsione, sentita la “Conferenza Permanente Regione-Autonomie
Locali”.
La Provincia di Alessandria, oltre
all’esercizio delle funzioni attribuite per effetto della attuazione
della legge n. 59 del 1997, ripercorre in particolare la vicende relative al
trasferimento delle competenze in materia di agricoltura, per effetto del
decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle regioni delle
funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione
dell’Amministrazione centrale), emanata a seguito della soppressione del
Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, che prevedeva che
tutte le funzioni ed i compiti svolti dal Ministero e relativi alle materie di
agricoltura, foreste, pesca, agriturismo, caccia, sviluppo rurale,
alimentazione fossero esercitate dalle Regioni, direttamente o mediante delega
od attribuzione, nel rispetto delle disposizioni dell’art. 4 della legge
n. 59 del 1997, [anche] alle Province, provvedendosi alla individuazione dei
beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da
trasferire alle Regioni. In tale ambito la Regione Piemonte ha di conseguenza
trasferito alle Province l’esercizio delle funzioni amministrative
riguardanti le materie in oggetto con la legge regionale 8 luglio 1999, n. 17
(Riordino dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di
agricoltura, alimentazione, sviluppo rurale, caccia e pesca), rinviando alle
previsioni contenute nella legge reg. Piemonte n. 34 del 1998 per
l’attribuzione delle risorse alle Province per l’esercizio delle
funzioni amministrative conferite. Rammenta inoltre la Provincia di Alessandria
che con la legge reg. Piemonte n. 44 del 2000 sono state approvate le
disposizioni normative per l’attuazione del d.lgs. n. 112 del 1998 sopra
citato, provvedendo al riparto delle funzioni e del compiti amministrativi tra
Regione ed enti locali relativamente a un gruppo di materie oggetto del
decentramento amministrativo, ulteriori rispetto a quelle del settore
“agricoltura”.
Espone la Provincia di Alessandria che,
in attuazione delle citate leggi regionali sono state trasferite dalla Regione
Piemonte alle Province le risorse umane ritenute necessarie per
l’esercizio delle funzioni stesse, con decorrenza dal 1° gennaio
2001.
Evidenzia l’interveniente che,
dall’anno 2001 fino a tutto il 2010, i trasferimenti regionali in materia
di funzioni conferite e delegate sono stati congrui e sufficienti per coprire
integralmente i costi per il funzionamento e per il personale addetto
all’esercizio delle funzioni stesse, attestandosi in un importo
complessivo di euro 60.000.000,00 cui corrispondeva, per la Provincia di
Alessandria, un importo trasferito pari ad a euro 6.789.219,00 (di cui euro
2.729.269,00 legate all’esercizio della funzione
“agricoltura”).
Nondimeno, si prosegue, a decorrere
dall’anno 2011 la medesima assegnazione iniziava a subire un decremento,
quando l’importo complessivo era fissato in euro 50.000.000,00 e,
correlativamente, in euro 5.598.033,00 – di cui euro 2.276.211,00 legate
all’esercizio della funzione agricoltura – per la parte di spettanza
della Provincia di Alessandria; in seguito, nell’anno 2012
l’assegnazione si riduceva ulteriormente (euro 40.000.000,00
l’importo complessivo ed euro 4.486.823,46 – di cui euro
1.824.383,12 legati all’esercizio della funzione agricoltura – per
quanto di competenza della Provincia di Alessandria) ed infine nell’anno
2013 l’assegnazione si è ulteriormente dimezzata rispetto
l’anno precedente, essendo stati stanziati euro 20.000.000,00
complessivamente e, per quanto attiene alla Provincia di Alessandria, euro
2.243.636,07, di cui euro 912.282,78 per le spese del settore
“agricoltura”.
Espone la Provincia di Alessandria che,
come già analiticamente documentato nel giudizio davanti al TAR e
rammentato dal giudice a quo nella sua ordinanza, nell’anno 2013, per
effetto di tali progressive decurtazioni, tali importi si sono in sostanza
ridotti ad appena un terzo circa rispetto all’assegnazione stabilita
nell’anno 2010 (assegnazione che era rimasta costante per un decennio,
sin dall’entrata in vigore delle disposizioni attuative, allorquando la
Regione Piemonte individuò, in accordo con gli enti locali interessati,
l’entità delle risorse finanziarie necessarie per
l’esercizio delle funzioni conferite e delegate): tali somme, lamenta la
Provincia di Alessandria, sarebbero attualmente assolutamente insufficienti a
coprire persino i costi derivanti dalle retribuzioni del personale a suo tempo
trasferito dalla Regione alla Provincia di Alessandria, sebbene le funzioni
conferite e delegate siano rimaste immutate e non vi siano state variazioni di rilievo
nell’entità del personale in servizio. In tale situazione, si
prosegue, la Provincia negli anni 2011 e 2012 ha dovuto con difficoltà
provvedere a sopperire con risorse proprie ai minori trasferimenti regionali
ma, per l’anno 2013, in seguito all’ulteriore dimezzamento dei
trasferimenti, la situazione sarebbe divenuta assolutamente insostenibile.
Evidenzia, infine, la Provincia di Alessandria che anche le disposizioni di cui
al d.lgs. n. 68 del 2011 non hanno avuto nessuna attuazione, né si è
manifestato l’intervento dello Stato in via sostitutiva.
1.– Con le due ordinanze indicate
in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte solleva
questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 2, e 4
della legge della Regione Piemonte 7 maggio 2013, n. 9 (Bilancio di previsione
per l’anno finanziano 2013 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari
2013-2015), in combinato disposto con l’Allegato A della medesima legge
regionale, nella parte relativa all’Unità previsionale di base
(UPB) DB05011, capitolo 149827R (Fondo per l’esercizio delle funzioni
conferite – L.R. 34/98), e dell’art. 1 della legge della Regione
Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento al bilancio di previsione per
l’anno finanziario 2013 e al bilancio pluriennale per gli anni finanziari
2013/2015), in combinato disposto con l’Allegato A della medesima legge
regionale, laddove dispone variazioni alla dotazione iniziale del predetto
capitolo 149827R, in riferimento agli artt. 3, 97, 114, primo e secondo comma,
117, 118, secondo comma, e 119, primo comma, della Costituzione.
I giudizi a quibus
sono stati promossi dalla Provincia di Alessandria e dalla Provincia del
Verbano Cusio Ossola, le quali hanno impugnato due delibere della Giunta
regionale del Piemonte che hanno provveduto al riparto ed
all’assegnazione agli enti locali delle risorse finanziarie da destinare
all’esercizio delle funzioni rispettivamente conferite e delegate con
leggi regionali in attuazione del sistema di decentramento amministrativo
previsto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma
della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e dal
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del
capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). Le Province ricorrenti hanno
lamentato davanti al TAR piemontese che le somme stanziate in bilancio dalla
Regione Piemonte per l’anno 2013 non sarebbero sufficienti neppure a
coprire gli oneri relativi alle retribuzioni del personale a suo tempo
trasferito dalla Regione alle due Province per l’espletamento di tali
funzioni.
Il TAR piemontese sostiene che, per la
decisione dei ricorsi, assumano rilevanza le leggi regionali del 2013,
contenenti il bilancio di previsione 2013 e le disposizioni di assestamento,
laddove esse stabiliscono le risorse da trasferire [anche] alle due Province
ricorrenti. In proposito, espone il rimettente come dagli atti prodotti in
giudizio risulti che la Giunta regionale ha provveduto a ripartire
proporzionalmente, tra i suddetti enti, l’intera somma stanziata in
bilancio (euro 20.000.000,00 in bilancio di previsione, con variazione in
aumento di circa euro 1.000.000,00 con la legge di assestamento), provvedendo
di conseguenza ad assegnare alla Provincia di Alessandria la somma di euro
2.243.636,07 ed alla Provincia del Verbano Cusio Ossola quella di euro
912.526,86. Sostiene il rimettente che, tuttavia, tali importi sarebbero
manifestamente insufficienti a garantire la copertura di tutte le spese
necessarie a far fronte all’esercizio delle funzioni conferite alle due
Province ricorrenti, in quanto, come documentato nei due giudizi, esse non
basterebbero nemmeno a coprire gli oneri per le sole retribuzioni del personale
impiegato nelle funzioni conferite e delegate dalla Regione Piemonte.
Pertanto, prosegue il giudice a quo, le
delibere di Giunta regionale impugnate, nell’assegnare lo stanziamento
oggetto di contestazione alle ricorrenti, non avrebbero potuto attribuire agli
enti locali piemontesi maggiori risorse rispetto a quelle indicate nel predetto
capitolo 149827R: infatti dette delibere nelle loro premesse riferiscono di
«assegnare integralmente le risorse regionali 2013 di parte corrente
delle Direzioni Affari istituzionali ed Avvocatura». Secondo il giudice a
quo sarebbe quindi evidente che le doglianze avanzate nei ricorsi dovrebbero
coinvolgere, in via necessaria e pregiudiziale, le leggi di bilancio alle quali
le delibere premettono di voler dare attuazione.
Il rimettente rammenta che la Regione
Piemonte non ha nemmeno dato ancora esecuzione alla previsione contenuta
nell’art. 19, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68
(Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto
ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei
fabbisogni standard nel settore sanitario), laddove stabilisce, a decorrere
dall’anno 2013, che ciascuna Regione a statuto ordinario debba assicurare
la soppressione di tutti i trasferimenti regionali diretti al finanziamento
delle spese delle Province ma, correlativamente, prescrive altresì che
ciascuna Regione debba comunque determinare una compartecipazione delle
Province alla tassa automobilistica regionale, o ad altro tributo regionale,
per assicurare la compensazione dei trasferimenti soppressi.
Per quanto sopra esposto, secondo il
rimettente, le leggi regionali che hanno approvato il bilancio di previsione
per l’anno 2013, nell’apportare una consistente riduzione degli
stanziamenti a favore delle Province per le funzioni loro conferite e delegate
(riduzione pari a circa il cinquanta per cento delle risorse stanziate per il
2012, che, a loro volta, erano già state consistentemente diminuite
rispetto agli anni precedenti, a decorrere dal 2011, come esposto nel dettaglio
dalle ricorrenti nei giudizi a quibus), avrebbero
violato l’autonomia finanziaria delle Province garantita dagli artt. 117
e 119 Cost., con negative ricadute anche sul buon andamento
dell’amministrazione (art. 97 Cost), trattandosi di enti costituenti la
Repubblica e dotati di autonomia, anche finanziaria (artt. 114, primo e secondo
comma, e 119, primo comma, Cost.).
Secondo il TAR sarebbe altresì
violato l’art. 3 Cost., sia sotto il profilo
della ragionevolezza – in quanto la drastica riduzione degli stanziamenti
disposta dalla Regione non terrebbe conto dell’esigenza che le funzioni
assegnate siano conferite unitamente alle risorse disponibili per il loro
svolgimento, in considerazione del livello dei costi delle funzioni medesime
– sia sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza
sostanziale.
Il giudice rimettente lamenta infine la
violazione dell’art. 118, secondo comma, Cost., in quanto il mantenimento
delle funzioni già conferite con legge statale, accompagnato però
dal taglio delle risorse loro destinate, equivarrebbe ad una sostanziale
espropriazione delle funzioni di cui le Province sono divenute titolari, in
violazione del principio di sussidiarietà verticale – in
applicazione del quale, invece, esse erano state attribuite – e del
principio di adeguatezza, in quanto lo stanziamento disposto sarebbe del tutto
inidoneo a consentire alle Province di far fronte ai costi che lo svolgimento
di tali funzioni implicherebbe.
2.– I due giudizi, aventi ad oggetto le medesime
disposizioni regionali, vanno riuniti per essere decisi con un’unica
pronuncia.
Preliminarmente occorre esaminare il
problema dell’ammissibilità di questioni rivolte contro
disposizioni di legge che, in sede di bilancio preventivo, determinano le
risorse da assegnare alle varie missioni che l’ente territoriale deve
fronteggiare. Si tratta invero, nel caso delle scelte di bilancio, di decisioni
di natura politico-economica che, in ragione di questo carattere, sono
costituzionalmente riservate alla determinazione dei governi e delle aule
assembleari (nel caso di specie della Regione Piemonte).
Si tratta, indubbiamente, di scelte che,
essendo frutto di un’insindacabile discrezionalità politica,
esigono un particolare e sostanziale rispetto anche da parte del giudice di
legittimità costituzionale, rispetto che, nella giurisprudenza di questa
Corte, si è già tradotto – attraverso un risalente e
consolidato orientamento – in precisi modelli di giudizio, quali la
salvaguardia della essenziale unitarietà e globalità del bilancio
(sentenze n. 12
del 1987, n.
22 del 1968 e n.
1 del 1966) e, soprattutto, il riconoscimento dei principi di
gradualità e di proporzionalità in ordine all’attuazione di
valori costituzionali che importi rilevanti oneri a carico del bilancio statale
(ex multis, sentenze n. 33 del 1987,
n. 173 e n. 12 del 1986,
n. 349 del 1985
e n. 26 del 1980).
Da questa premessa non può
tuttavia conseguire «che sussista in materia un limite assoluto alla
cognizione del giudice di costituzionalità delle leggi. Al contrario,
ritenere che quel principio sia riconosciuto in Costituzione non può
avere altro significato che affermare che esso rientra nella tavola complessiva
dei valori costituzionali, la cui commisurazione reciproca e la cui ragionevole
valutazione sono lasciate al prudente apprezzamento di questa Corte. In altri termini,
non si può ipotizzare che la legge di approvazione del bilancio
[…] o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona
franca sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalità,
dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale la cui
attuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia
rappresentata dal giudizio di legittimità costituzionale» (sentenza n. 260 del
1990).
Per questo motivo, le questioni proposte
devono essere ritenute ammissibili anche in considerazione della particolare
articolazione degli interessi contrapposti: quelli facenti capo a due enti
territoriali di diversa disciplina costituzionale, la Regione e la Provincia.
3.– Dalla lettura delle ordinanze
di rimessione si evince inequivocabilmente la rilevanza delle questioni
sollevate, atteso che le norme impugnate, nel delimitare in modo irragionevole
la misura dei trasferimenti complessivi della Regione alle Province piemontesi
per funzioni amministrative conferite e delegate, avrebbero posto un limite
invalicabile per l’autorità amministrativa preposta alla
determinazione dei singoli contributi. Ed in effetti il sistema di
contabilità finanziaria delle Regioni è caratterizzato dalla
cosiddetta “funzione autorizzatoria”
della spesa, la quale astringe la gestione delle risorse disponibili entro i
limiti determinati dalle singole poste del bilancio di previsione (in merito ai
caratteri di tale funzione, ex plurimis, sentenza n. 70 del
2012).
Il giudice rimettente precisa, infatti,
che il provvedimento di riparto dei trasferimenti tra le Province ha utilizzato
per intero lo stanziamento del bilancio 2013, sicché, nella vigenza
delle disposizioni impugnate, risulta impossibile superare l’ostacolo al
riconoscimento delle pretese delle ricorrenti. La rimozione delle norme, della
cui legittimità si dubita, risulta quindi propedeutica all’esame
del merito delle rivendicazioni finanziarie delle Province ricorrenti. Precisa
infatti, il giudice a quo che «le impugnate delibere di Giunta regionale
non avrebbero potuto attribuire agli Enti locali piemontesi maggiori risorse
rispetto a quelle indicate negli allegati delle leggi di approvazione del
bilancio 2013 e che – di conseguenza – le doglianze in questa sede
avanzate dalla Provincia ricorrente non possono che coinvolgere, in via
necessaria e pregiudiziale, proprio quelle leggi di bilancio».
Dalle ordinanze di rimessione si ricava
anche che non vi è questione sui criteri di riparto dello stanziamento
di bilancio tra le Province piemontesi e che, quindi, la lesione dedotta da
entrambe le ricorrenti riguarda non i parametri di riparto bensì
l’ammontare complessivo dei trasferimenti, come determinato dal bilancio
di previsione 2013.
4.– Le precedenti considerazioni servono a definire con
chiarezza l’oggetto del presente giudizio, che non riguarda, e non
potrebbe riguardare, la misura delle rivendicazioni finanziarie delle Province.
Alla luce dell’illustrata
delimitazione del petitum, il sindacato di questa
Corte non può essere esteso alle ragioni che hanno condotto la Regione
Piemonte a non dare applicazione al meccanismo sostitutivo dei trasferimenti
come delineato dall’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011
(soppressione, a decorrere dall’anno 2013, dei trasferimenti di parte
corrente con contestuale assegnazione alle Province di un importo fiscale
sostitutivo dei trasferimenti regionali così eliminati). La mancata
attuazione della norma statale, che prevedeva una sostanziale invarianza finale
del nuovo regime delle entrate provinciali, risulta, ai fini del presente
giudizio, un mero presupposto di fatto.
Per questo motivo non possono essere
prese in considerazione quelle eccezioni dell’intervenuta Regione
Piemonte che cercano di ricostruire il quadro dei rapporti tra funzioni
conferite e relativo finanziamento, la cui eventuale attinenza alla
controversia può essere delibata solo nel giudizio di merito.
5.– Alla luce delle esposte premesse le questioni di
legittimità sollevate in riferimento agli artt. 3, 97 e 119 Cost. sono
fondate.
Malgrado la Regione Piemonte eccepisca,
in modo generico e non documentato, che le poste contabili oggetto di
impugnazione non siano esaustive delle risorse trasferite per funzioni
conferite o delegate alle Province ricorrenti, l’entità degli
stanziamenti contenuti nei bilanci della Regione stessa mostra al riguardo una
sostanziale continuità – solo negli ultimi due esercizi interrotta
– delle assegnazioni riguardanti il capitolo 149827R nell’ambito
della posta contabile Unità previsionale di base 05011, costantemente
identificativo dell’allocazione delle risorse oggetto del presente
contenzioso, a partire dal momento dell’effettivo conferimento delle
funzioni alle Province piemontesi. In particolare, a partire
dall’esercizio 2010 si presenta la seguente situazione: 2010 UPB 05011,
capitolo 149827R, stanziamento euro 60.000.000,00; 2011 UPB 05011, capitolo
149827R, stanziamento euro 59.000.000,00; 2012 UPB 05011, capitolo 149827R,
stanziamento euro 40.000.000,00; 2013 UPB 05011, capitolo 149827R, stanziamento
euro 20.000.000,00 (euro 21.065.336,47 a seguito di assestamento). Nel breve
volgere di due anni i trasferimenti in questione si sono dunque ridotti del
sessantasette per cento senza che dette funzioni risultino ridimensionate in
misura proporzionata alla drastica riduzione evidenziata.
Questa Corte ha già avuto modo di
precisare, seppur con riferimento alle Regioni a statuto speciale, che ad esse
non può essere assicurata «una garanzia quantitativa di entrate,
cosicché il legislatore statale può sempre modificare, diminuire
o persino sopprimere i tributi erariali, senza che ciò comporti [automaticamente]
una violazione dell’autonomia finanziaria regionale» (sentenza n. 97 del
2013). Ciò vale a maggior ragione per le Province, che hanno un
grado di autonomia inferiore alle autonomie speciali.
Le possibilità di ridimensionamento
incontrano tuttavia dei limiti. Vale in proposito il costante orientamento di
questa Corte, secondo cui «possono aversi, senza violazione
costituzionale, anche riduzioni di risorse per la Regione [nel caso in esame
della Provincia], purché non tali da rendere impossibile lo svolgimento
delle sue funzioni. Ciò vale tanto più in presenza di un sistema
di finanziamento [che dovrebbe essere] coordinato con il riparto delle
funzioni, così da far corrispondere il più possibile […]
esercizio di funzioni e relativi oneri finanziari da un lato,
disponibilità di risorse […] dall’altro» (sentenza n. 138 del
1999 e, più di recente, sentenza n. 241 del
2012).
5.1.– In particolare, appare evidente che una riduzione
del cinquanta per cento rispetto all’anno precedente e del sessantasette
per cento rispetto al biennio anteriore, ad invarianza di funzioni e senza un
progetto di riorganizzazione, si pone in contrasto con i più elementari
canoni della ragionevolezza. Per quel che riguarda più specificamente il
contesto della pubblica amministrazione, ogni stanziamento di risorse deve
essere accompagnato da scopi appropriati e proporzionati alla sua misura.
5.2.– Le norme impugnate collidono
anche con il principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che,
nel caso in esame, costituisce uno sviluppo del principio di ragionevolezza di
cui all’art. 3 Cost.
Il principio di buon andamento implica,
da un lato, che le risorse stanziate siano idonee ad assicurare la copertura
della spesa, a cominciare da quella relativa al personale
dell’amministrazione, e, dall’altro, che dette risorse siano spese
proficuamente in relazione agli obiettivi correttamente delineati già in
sede di approvazione del bilancio di previsione.
Una dotazione finanziaria così
radicalmente ridotta, non accompagnata da proposte di riorganizzazione dei
servizi o da eventuale riallocazione delle funzioni a suo tempo trasferite,
comporta dunque una lesione del principio in considerazione. Ciò proprio
in ragione del fatto che a determinarla non è la riduzione delle risorse
in sé, bensì la sua irragionevole percentuale, in assenza di
correlate misure che ne possano giustificare il dimensionamento attraverso il
recupero di efficienza o una riallocazione di parte delle funzioni a suo tempo
conferite.
Nel caso in esame la apoditticità
della riduzione è assoluta, essendosi manifestata attraverso un mero
stanziamento di bilancio, ridotto delle percentuali evidenziate rispetto alla
somma erogata negli esercizi anteriori. Risorse così drasticamente
ridotte, se non garantiscono, nel caso della Provincia di Alessandria, neppure
il pagamento delle retribuzioni del personale a suo tempo trasferito, sono
comunque destinate ad una cattiva utilizzazione in ragione
dell’insufficiente o del tutto mancante finalizzazione ad obiettivi
predeterminati e credibili. Solo in presenza di un ragionevole progetto di
impiego è possibile realizzare una corretta ripartizione delle risorse
tra le Province e garantire il buon andamento dei servizi con esse finanziati.
È da sottolineare come il
principio della programmazione degli obiettivi di bilancio sia espressamente
codificato nell’art. 7 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di
contabilità e finanza pubblica), il quale stabilisce che «1.
L’impostazione delle previsioni di entrata e di spesa dei bilanci delle
amministrazioni pubbliche si conforma al metodo della programmazione».
Sotto analoga prospettiva, le norme che producono effetti finanziari innovativi
«a carico della [finanza delle regioni] e della finanza di altre
amministrazioni pubbliche anche attraverso il conferimento di nuove funzioni o
la disciplina delle funzioni ad esse attribuite» (art. 19, comma 2, della
legge n. 196 del 2009) devono essere corredate da particolare istruttoria per
dimostrare la loro compatibilità con il complessivo equilibrio dei
bilanci partecipanti al consolidato pubblico. Per questo motivo, ferma restando
la discrezionalità del legislatore nelle scelte allocative delle
risorse, quando queste ultime producono rilevanti effetti innovativi nelle
relazioni finanziarie tra enti territoriali e nel consolidato delle loro
risultanze non possono limitarsi alla mera indicazione dell’entità
finanziaria non accompagnata da adeguata relazione tecnica, come nel caso della
posta di bilancio della Regione Piemonte in questa sede impugnata.
5.3.– L’entità della
riduzione delle risorse necessarie per le funzioni trasferite o delegate alle
Province piemontesi si riverbera necessariamente anche sull’autonomia di
queste ultime, entrando in contrasto con l’art. 119, primo e quinto
comma, Cost., nella misura in cui non consente di finanziare le funzioni a loro
attribuite.
6.– Dunque le norme impugnate, nella parte in cui, in
modo irragionevole e sproporzionato, riducono – senza alcun allegato
piano di riorganizzazione e di riallocazione – le dotazioni finanziarie
storiche per l’esercizio delle funzioni conferite dalla legge della
Regione Piemonte 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti
amministrativi della Regione e degli Enti locali) pregiudicandone lo
svolgimento, risultano in contrasto con gli artt. 3, 97 e 119 Cost. e debbono,
pertanto, essere dichiarate costituzionalmente illegittime.
Restano assorbite le ulteriori censure
formulate dal giudice rimettente.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 2, e 4
della legge della Regione Piemonte 7 maggio 2013, n. 9 (Bilancio di previsione
per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari
2013-2015), in combinato disposto con l’Allegato A della medesima legge
regionale, relativamente all’unità previsionale di base UPB
DB05011, capitolo 149827R, nella parte in cui non consentono di attribuire
adeguate risorse per l’esercizio delle funzioni conferite dalla legge
della Regione Piemonte 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei
compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali) e dalle altre leggi
regionali che ad essa si richiamano;
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della
Regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento al bilancio di previsione per
l’anno finanziario 2013 e al bilancio pluriennale per gli anni finanziari
2013/2015), in combinato disposto con l’Allegato A della medesima legge
regionale, relativamente all’Unità previsionale di base UPB
DB05011, capitolo 149827R, nella parte in cui non consentono di attribuire
adeguate risorse per l’esercizio delle funzioni conferite dalla legge
reg. Piemonte n. 34 del 1998 e dalle altre leggi regionali che ad essa si
richiamano.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2015.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 luglio
2015.