Sentenza n. 22 del 1968
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SENTENZA N. 22

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, comma terzo, 6, 12 e 13 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 14 dicembre 1967, recante norme sulla liquidazione dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori, promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 22 dicembre 1967, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 29 stesso ed iscritto al n. 36 del Registro ricorsi 1967.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 28 febbraio 1968 la relazione del Giudice Ercole Rocchetti;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il ricorrente, e l'avv. Salvatore Villari, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

L'Assemblea regionale siciliana, atteso il grave dissesto nel quale era venuto da tempo a trovarsi l'Ente siciliano per le case ai lavoratori (E.S.CA.L.), approvava nella seduta del 14 dicembre 1967 una legge con la quale disponeva la soppressione dell'Ente, con immediato passaggio alla Regione del suo patrimonio immobiliare (art. 1) e del suo personale (art. 7) e ne ordinava la messa in liquidazione, affidandone il compito ad una Commissione che veniva autorizzata a compiere atti di gestione, eccezionalmente anche in deroga alle norme sull'amministrazione del patrimonio e la contabilità dello Stato (art. 4, comma terzo).

Il rendiconto della liquidazione, da presentarsi al Presidente della Regione entro il termine di due anni, sarebbe stato approvato con suo decreto, da trasmettersi alla Corte dei conti per la registrazione (art. 6).

Gli adempimenti previsti dalla legge importavano oneri finanziari di lire 1.800 milioni per esigenze della liquidazione (art. 2), di lire 1.200 milioni (art. 8) per integrazione del fondo di quiescenza, previdenza e assistenza del personale della Regione, fondo da incrementarsi a seguito dell'aumento del personale, intervenuto per l'assorbimento di quello dell'Ente soppresso, ed infine della spesa annua ricorrente di lire 450 milioni per stipendi dovuti al detto personale assorbito (art. 13).

Di tali spese, quelle da erogarsi una tantum per complessive lire 3.000 milioni, trovavano nella legge copertura in quota parte del mutuo di 46.450 milioni autorizzato con la precedente legge regionale 21 marzo 1967 n. 19 (art. 12), e, quelle ricorrenti, di lire 450 milioni, trovavano copertura nel le maggiori entrate per canoni di locazione degli immobili dell'Ente soppresso e il cui patrimonio veniva trasferito alla Regione, nella minore spesa, per cessazione di contributi dovuti dalla Regione all'Ente soppresso in forza della legge regionale 12 aprile 1952, n. 12, e, per l'eventuale differenza, nel previsto incremento del gettito dell'imposta di registro (art. 13).

Con ricorso notificato il 22 dicembre 1967 il Commissario dello Stato presso la Regione impugnava la detta legge regionale, rilevando che l'art. 4, comma terzo, col concedere ai liquidatori, nel compimento degli atti di gestione, la facoltà di derogare alle disposizioni sulla contabilità di Stato, e l'art. 6, col limitare il controllo della Corte dei conti al solo rendiconto della gestione in sede di registrazione del relativo decreto presidenziale di approvazione di esso, violavano gli artt. 20 dello Statuto speciale e 100 della Costituzione, perché ponevano in essere una disciplina particolare di contabilità pubblica e creavano una gestione fuori bilancio che le norme in quegli articoli contenute non consentivano.

Quanto agli aspetti finanziari della legge, il Commissario rilevava ancora che gli artt. 12 e 13 di essa violavano l'art. 81 della Costituzione, giacché, per la spesa non ricorrente di 3.000 milioni, non poteva ritenersi valida la copertura indicata in un mutuo autorizzato sì, ma non ancora contratto, e perciò di non sicuro reperimento, e, per la spesa ricorrente di lire 450 milioni annui, non poteva considerarsi idonea la copertura prevista in entrate e in diminuzioni di spesa solo genericamente indicate e il cui importo non era deducibile dal testo legislativo e nemmeno dalla relazione parlamentare al disegno di legge.

Il ricorso veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica al n. 24 dell'anno 1968 e in quella della Regione siciliana al n. 7 dell'anno 1968.

La Regione si costituiva in giudizio e, nelle deduzioni depositate il 10 gennaio 1968, rilevava che essa, anche se non aveva ancora emanata una propria legge di contabilità, limitandosi ad applicare quella dello Stato, non difettava di una propria competenza legislativa per provvedere al riguardo, dovendosi intendere che la regolamentazione della contabilità sia compresa nella materia dell'ordinamento degli uffici e degli enti regionali indicata nell'art. 14, lett. p, fra quelle e sulle quali essa ha legislazione esclusiva. Aggiungeva che le norme speciali adottate per la liquidazione dell'E.S.CA.L., più che derogare a norme statali, ponevano una disciplina a tempo determinato diversa da quella vigente nella stessa Regione in tema di contabilità, così essendosi ritenuto opportuno a causa della specialità, eccezionalità e temporaneità delle disposizioni che, volte a regolare la liquidazione di un ente regionale, erano state per altro ricalcate su quelle che lg Stato aveva formulate nella legge 4 dicembre 1956, n. 1404, per la liquidazione di enti di diritto pubblico.

Quanto ai rilievi sulla copertura degli oneri finanziari derivanti dalla legge, la Regione impugnava che mancasse di idoneità quella fornita, per la spesa non ricorrente, dal mutuo già autorizzato con legge anteriore, per essere tale forma di apprestamento di fondi ritenuta valida anche quando é prevista come mezzo di copertura nella stessa legge che autorizza la spesa, e negava che fosse inefficiente la copertura indicata a fronte della spesa ricorrente, in rapporto alla quale forniva elementi di calcolo ed esibiva documenti.

L'Avvocatura dello Stato, costituitasi in difesa del Commissario, nella sua memoria depositata il 15 febbraio 1968 negava innanzi tutto che la Regione avesse competenza ad emanare norme in materia di contabilità pubblica, e ritenuto che, con quelle adottate, essa avesse comunque superato i limiti posti dall'art. 100 della Costituzione in materia, affermava non potersi dubitare della loro illegittimità, la quale non veniva meno anche se le norme come sopra adottate erano state ricalcate su altre accolte in materia analoga da una legge statale, perché ciò che é consentito allo Stato non può per ciò solo ritenersi consentito alle Regioni.

In materia di copertura della spesa l'Avvocatura faceva proprie le tesi del Commissario e riteneva illegittima la legge impugnata anche per violazione dell'art. 81.

Con memoria depositata il 14 febbraio 1968, la Regione siciliana, oltre che ad insistere nelle sue deduzioni precedenti, poneva in rilievo che le norme sul caso emanate non interferivano sull'organizzazione di essa stessa Regione, ma in quella di un ente da essa creato e per il quale non potesse dubitarsi, ai sensi dell'art. 14, lett. p, dello Statuto speciale, della sua competenza a regolarne l'ordinamento, certamente anche per quanto riguardava la sua soppressione e la sua liquidazione. Doveva perciò escludersi, affermava la Regione, che, con le norme adottate, si fossero violati precetti costituzionali e specialmente quello dell'art. 100, tanto più che questo articolo non prescrive il controllo preventivo della Corte dei conti per gli atti degli enti pubblici, ma solo per quelli del Governo.

Nell'udienza di trattazione del 28 febbraio 1968, sia il rappresentante dell'Avvocatura che il difensore della Regione illustravano oralmente le tesi già dedotte nelle memorie scritte.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'Ente siciliano per le case ai lavoratori, istituito nel 1949 con legge regionale, é uno di quegli enti cui la Regione, in base all'art. 14, lettera p, dello Statuto speciale, ha il potere di dar vita e di fissare l'ordinamento.

Tali enti si trovano, rispetto alla Regione, in situazione analoga a quella degli enti pubblici statali rispetto allo Stato. Peraltro, mentre per gli enti pubblici statali, o almeno per quelli di essi cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, l'art. 100, secondo comma, della Costituzione - che prevede una partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla loro gestione finanziaria - ha avuto attuazione con la legge 21 marzo 1958, n. 259, nessun provvedimento legislativo é ancora intervenuto per rendere operativa quella norma costituzionale nei confronti degli enti regionali.

Ciò si é voluto ricordare per precisare, in ordine alle censure del Commissario, che, almeno fino a quando non é stata disposta la soppressione e messa in liquidazione dell'E.S.CA.L., l'ente non era assoggettato al controllo della Corte dei conti né era tenuto a seguire particolari norme di contabilità.

Alla luce di questa premessa occorre stabilire se gli atti compiuti dagli organi di gestione della liquidazione debbano ritenersi soggetti alle regole proprie degli atti dell'ente soppresso o a quelle degli atti della Regione, come sembra sostenere il Commissario dello Stato.

Solo in base alla seconda alternativa infatti, le censure proposte sarebbero fondate, in quanto la Regione é tenuta ad osservare le norme delle leggi sull'amministrazione del patrimonio e la contabilità dello Stato, quanto meno per la generale recezione della legislazione statale disposta dall'art. 1 della legge regionale 1 luglio 1947, n. 3, ed é soggetta al controllo preventivo della Corte dei conti in forza dell'art. 23 dello Statuto speciale e dell'art. 2 del decreto legislativo del Presidente della Repubblica 6 maggio 1948, n. 655.

Ma l'opinione cui il Commissario sembra aderire non può essere condivisa, perché la Regione, allorché ha provveduto a creare con legge, per gli scopi e il tempo della liquidazione, uno speciale organo collegiale, munendolo di particolari poteri, ciò ha fatto nell'esercizio della facoltà, consentitale dall'art. 14, lett. p, dello Statuto speciale, di fissare l'ordinamento degli enti regionali.

Se alla Regione spetta, infatti, il potere di dar vita e norme a quegli enti, conferendo ad essi ampia autonomia, deve ammettersi che quello stesso potere le spetti ugualmente allorché, come nella specie, intenda regolare la fase di liquidazione di quei medesimi enti.

Deve aggiungersi che le norme stabilite dalla legge regionale impugnata per regolare la fase di liquidazione dell'E.S.CA.L., sfuggono anche ad ogni rilievo quanto alla loro idoneità a soddisfare le esigenze in vista delle quali sono state emanate. Del resto, esse sono state riprese, se non addirittura ritrascritte, dagli artt. 3, 10 e 13 della legge statale 4 dicembre 1956, n. 1404, avente per oggetto la liquidazione degli enti di diritto pubblico, e volta, quindi, a regolare una situazione che, più che analoga, può qualificarsi identica.

Le censure del Commissario dello Stato sugli artt. 4, comma terzo, e 6 della legge impugnata, in rapporto agli artt. 20 dello Statuto speciale e 100 della Costituzione, devono pertanto dichiararsi non fondate.

2. - Né maggior fondamento hanno i rilievi del Commissario dello Stato relativi alla copertura degli oneri finanziari previsti dalla legge.

Tali oneri si distinguono, come si é visto, in una spesa, a carattere eccezionale, di lire 3.000 milioni e in una spesa ricorrente di lire 450 milioni, alle quali corrispondono nella legge mezzi di copertura consistenti in entrate di eguale natura. Alla spesa straordinaria si provvede infatti con l'utilizzazione di quota parte di un mutuo autorizzato con anteriore legge regionale, emanata per provvedere all'estinzione di passività di complessive lire 46.450 milioni, fra i quali sono appunto annoverati e compresi i 3.000 occorrenti per sanare la posizione dell'E.S.CA.L.

Nel suo ricorso il Commissario eccepisce che il mutuo, benché autorizzato, non risulta tuttavia ancora contratto, sì che attualmente esso non può dirsi esistente, e quindi valido come mezzo di copertura della spesa. Ma tale opinione non può essere condivisa.

Il bilancio é, nella sua totalità, una previsione, e il grado di certezza che si può richiedere per ritenere valida e reale un'entrata é che essa, essendo stata sul piano giuridico autorizzata nelle forme prescritte, si presenti su quello economico-finanziario come realizzabile, in una previsione fondata su dati di fatto da ritenere sufficientemente sicuri nel quadro dei fenomeni economici del momento.

Ora, l'operazione finanziaria di lire 46.450 milioni, già parzialmente realizzata con l'accensione di mutui di lire 15.000 milioni, si presenta con tutti i crismi della idoneità e dell'efficienza, perché é stata autorizzata con la legge regionale 21 marzo 1967, n. 19, contro la quale non é stata proposta alcuna impugnazione, e trova, nelle attuali condizioni di liquidità bancaria, che caratterizzano da tempo la nostra situazione economica, un clima di favorevole accoglienza da parte degli istituti di credito cui la Regione deciderà di rivolgersi.

Quanto alla spesa ordinaria di 450 milioni, occorrenti annualmente per assolvere gli oneri relativi al trattamento del personale assorbito, il Commissario lamenta la assoluta genericità dei proposti mezzi di copertura della spesa, i quali, benché indicati nel reddito patrimoniale degli immobili trasferiti alla Regione, nella cessazione dell'onere di un contributo da essa dovuto all'E.S.CA.L., in base a una legge regionale, ed infine nel previsto aumento del gettito dell'imposta di registro, non sono precisati nell'ammontare delle singole partite e non consentono perciò alcuna possibilità di concreta valutazione circa la loro idoneità ed efficienza a coprire la spesa stessa.

La difesa della Regione ha fornito le indicazioni di cui non é traccia nella legge, allegando anche una documentazione concernente le entrate patrimoniali di cui si é detto.

Ma pur tralasciando l'analisi delle singole partite, può ritenersi appagante il complesso delle indicazioni fornite dalla Regione quanto alle maggiori entrate destinate a copertura dell'incremento di spesa. Oltre ai fitti degli immobili e all'economia per cessazione del contributo, che costituiscono disponibilità idonee a coprire la maggior parte dell'annua spesa di 450 milioni, l'incremento del gettito dell'imposta di registro, che fra il 1966 e il 1967 é stato di 400 milioni, é certamente sufficiente a fronteggiare il residuo. La previsione di aumento del gettito di quel tributo é fondata, per altro, su dati attendibili, quali l'incremento del volume degli affari in rapporto all'aumento del reddito nazionale, che il programma di sviluppo economico per il quinquennio 1966 - 1970, approvato con la legge 27 luglio 1967, n. 685, stima in ragione del 5 per cento all'anno.

E tale previsione, che trova conforto in dati ufficiali, é sufficiente per far ritenere assolto l'obbligo imposto dall'art. 81 della Costituzione circa la copertura, giacché, come questa Corte ebbe ad affermare nella sentenza n. 1 del 1966, mentre quell'obbligo, per quanto riguarda spese afferenti l'esercizio in corso, va rispettato con rigorosa puntualità, per quelle ricadenti in esercizi futuri può essere soddisfatto anche con riferimento alla previsione di maggiori entrate, tutte le volte che questa si presenti sufficientemente sicura, non arbitraria od irrazionale e non in contraddizione con le valutazioni risultanti da indagini e ricerche aventi il carattere dell'ufficialità.

Pertanto anche le censure del Commissario dello Stato sull'art. 13 della legge impugnata, in rapporto all'art. 81 della Costituzione, devono dichiararsi non fondate.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale proposte dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana col ricorso notificato il 22 dicembre 1967 contro la legge regionale approvata il 14 dicembre stesso, avente per oggetto norme sulla liquidazione dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori (E.S.CA.L.), in riferimento agli artt. 20 dello Statuto speciale, 100 e 81 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 aprile 1968.

 

Aldo SANDULLI - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI

 

 

Depositata in cancelleria il 17 aprile 1968.