SENTENZA N. 178
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
composta dai signori:
-
Alfonso QUARANTA Presidente
-
Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA ”
-
Gaetano SILVESTRI ”
-
Sabino CASSESE ”
-
Giuseppe TESAURO ”
- Paolo
Maria NAPOLITANO ”
-
Giuseppe FRIGO ”
-
Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
-
Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
-
Sergio MATTARELLA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale
dell’alinea e lettera k) del comma 1
dell’art. 29 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), nonché dell’art. 37 dello stesso decreto, promossi dalla
Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla Provincia autonoma di Trento, dalla Regione
siciliana e dalla Provincia autonoma di Bolzano con ricorsi notificati
il 20-22, il 24, il 23, il 24 ed il 23
settembre 2011, depositati in cancelleria il 23, il 29, il 29, il 30 settembre 2011 ed il 3 ottobre 2011 e
rispettivamente iscritti ai nn. 106, 111, 112, 113 e
114 del registro ricorsi 2011.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 5 giugno 2012 il Giudice
relatore Franco Gallo;
uditi gli avvocati Ulisse Corea per la Regione autonoma
Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste,
Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e per la Provincia
autonoma di Trento, Marina Valli per la Regione siciliana, Giuseppe Franco
Ferrari e Roland Riz per la Provincia autonoma di
Bolzano e l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in
fatto
1.− La
Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (ricorso n. 106 del 2011, spedito il 20
settembre 2011, ricevuto il 22 settembre 2011 e depositato il 23 settembre 2011), la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
(ricorso n. 111 del 2011, notificato il 24 settembre 2011 e depositato il 29
settembre 2011), la Provincia autonoma di Trento (ricorso n. 112 del 2011 −
promosso previa deliberazione della Giunta provinciale n. 1981 del 16
settembre 2011, adottata d’urgenza ai sensi dell’art. 54, numero 7, dello
statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige e ratificata dal Consiglio
provinciale con delibera n. 12 dell’8 novembre 2011 − notificato il 23 settembre 2011 e depositato
il 29 settembre 2011), la Regione siciliana (ricorso n. 113 del 2011,
notificato il 24 settembre 2011 e depositato il 30 settembre 2011) e la
Provincia autonoma di Bolzano (ricorso n. 114 del 2011 − promosso previa
deliberazione della Giunta provinciale n. 1395 del 19 settembre 2011, adottata
d’urgenza ai sensi dell’art. 54, numero 7, dello statuto speciale della Regione
Trentino-Alto Adige e ratificata dal Consiglio provinciale con delibera n. 9
del 4 ottobre 2011 −, notificato
il 23 settembre 2011 e depositato il 3 ottobre 2011), hanno promosso
questioni principali di legittimità costituzionale di alcune disposizioni del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni,
degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della
legge 5 maggio 2009, n. 42), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 172 del 26 luglio 2011 e, in
particolare: a) dell’art. 37 di detto d.lgs. n. 118 del 2011 e dell’intero
testo dello stesso decreto (ricorso
n. 106 del 2011, Valle d’Aosta); b) del secondo periodo dell’unico comma del
medesimo art. 37 (ricorso n. 111 del 2011, Friuli-Venezia Giulia; ricorso n. 112 del 2011, Provincia autonoma
di Trento; ricorso n. 113 del 2011, Regione siciliana; ricorso n. 114 del 2011,
Provincia autonoma di Bolzano); c) della lettera k) dell’unico comma dell’art. 29 (ricorso n. 111 del 2011, Friuli-Venezia Giulia; ricorso n. 112 del 2011, Provincia di
Trento; ricorso n. 114 del 2011,
Provincia di Bolzano).
Le ricorrenti premettono che il citato
decreto legislativo è stato adottato in attuazione dell’art. 2 della legge 5
maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), la quale aveva delegato il
Governo ad adottare uno o piú decreti legislativi
aventi ad oggetto l’attuazione dell’art. 119 Cost.,
al fine, tra l’altro, «di armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di
bilancio» di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni «e i relativi
termini di presentazione e approvazione, in funzione delle esigenze di
programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica» (art. 2,
comma 1). In particolare, il d.lgs. n. 118 del 2011, sulla base dei princípi e criteri direttivi di cui all’art. 2, comma 2,
lettera h), della legge n. 42 del
2009, prevede: a) l’adozione di regole contabili uniformi e di un comune piano
dei conti integrato; b) l’adozione di comuni schemi di bilancio articolati in
missioni e programmi coerenti con la classificazione economica e funzionale
individuata dagli appositi regolamenti comunitari in materia di contabilità
nazionale e relativi conti satellite; c) l’adozione di un bilancio consolidato
con le proprie aziende, società o altri organismi controllati, secondo uno
schema comune; d) l’affiancamento, a fini conoscitivi, al sistema di
contabilità finanziaria di un sistema e di schemi di contabilità
economico-patrimoniale ispirati a comuni criteri di contabilizzazione; e) la raccordabilità dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio degli enti territoriali con quelli adottati in ambito europeo ai fini
della procedura per i disavanzi eccessivi; f) la definizione di una tassonomia
per la riclassificazione dei dati contabili e di bilancio per le
amministrazioni pubbliche tenute al regime di contabilità civilistica, ai fini
del raccordo con le regole contabili uniformi; g) la definizione di un sistema
di indicatori di risultato costruiti secondo criteri e metodologie comuni ai
diversi enti territoriali; h) l’individuazione del termine entro il quale
Regioni ed Enti locali devono comunicare al Governo i propri bilanci preventivi
e consuntivi, come approvati, e la previsione di sanzioni in caso di mancato
rispetto di tale termine.
Le questioni promosse possono essere
suddivise in tre gruppi, in relazione alle norme del d.lgs. n. 118 del 2011 che
ne costituiscono l’oggetto.
1.1.− Il primo gruppo è costituito
dalle questioni promosse dalla sola Regione autonoma Valle d’Aosta, aventi ad
oggetto il primo periodo del comma 1 dell’art. 37 del d.lgs. n. 118 del 2011 e,
per suo tramite, l’intero testo del
medesimo decreto legislativo.
La ricorrente ha in realtà denunciato,
come detto, entrambi i periodi del comma 1 dell’art. 37 del d.lgs. n. 118 del 2011
in quanto rendono applicabili l’intero testo del decreto legislativo e
sviluppando, al riguardo, motivi di censura unitari. Poiché l’impugnato art. 37
consta di un unico comma suddiviso in due periodi, è tuttavia opportuno
esaminare separatamente le censure della ricorrente con riguardo a ciascuno di
tali periodi.
Il primo periodo del comma 1 dell’art.
37 dispone, in particolare, che: «La decorrenza e le modalità di applicazione
delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle
Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano,
nonché nei confronti degli enti locali ubicati nelle medesime Regioni speciali
e province autonome, sono stabilite, in conformità con i relativi statuti, con
le procedure previste dall’articolo 27
della legge 5 maggio 2009, n. 42», cioè con «norme di attuazione dei rispettivi
statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi»
(art. 27, comma 1, della legge n. 42 del
2009).
La ricorrente lamenta anzitutto che il
legislatore delegato, demandando alle norme di attuazione dello statuto
valdostano di stabilire solo la «decorrenza e le modalità di applicazione delle
disposizioni» del d.lgs. n. 118 del 2011 nei confronti della Regione,
estenderebbe alla Valle d’Aosta l’applicazione delle disposizioni dell’intero
decreto legislativo, «senza sostanziali margini di adattamento». Sarebbe cosí violato il limite imposto al Governo dagli artt. 1,
comma 2, e 27, commi 1 e 3, della legge di delegazione n. 42 del 2009, i quali
riservano alle norme di attuazione dello statuto la disciplina del
coordinamento della finanza delle Regioni a statuto speciale (e, tra queste,
della Regione autonoma Valle d’Aosta). Tali disposizioni della legge n. 42 del
2009 stabiliscono infatti: a) l’art. 1, comma 2, che «Alle regioni a statuto
speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano si applicano, in
conformità con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27», e non,
quindi, le altre disposizioni della legge di delegazione; b) l’art. 27 −
l’unico dei tre articoli applicabili agli enti ad autonomia differenziata che
assume qui rilievo (l’art. 15 riguarda infatti il funzionamento delle città
metropolitane e l’art. 22 la perequazione infrastrutturale) − e, in
particolare, i commi 1 e 3 di detto articolo, che «il coordinamento tra le
leggi statali in materia di finanza pubblica e le corrispondenti leggi» delle
Regioni a statuto speciale e delle Province autonome «in materia,
rispettivamente, di finanza regionale e provinciale, nonché di finanza locale
nei casi in cui questa rientri nella competenza della regione a statuto
speciale o provincia autonoma» è disciplinato «da norme di attuazione dei
rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti
medesimi». Dal mancato rispetto di detto limite imposto al Governo dalla legge
di delegazione consegue, ad avviso della ricorrente, la violazione dell’art. 76
della Costituzione nonché dell’art. 48-bis
dello statuto speciale per la Valle d’Aosta (legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 4), che definisce le modalità di adozione delle norme di attuazione
dello statuto valdostano.
La denunciata estensione
dell’applicazione del d.lgs. n. 118 del 2011 alla Regione autonoma Valle
d’Aosta determinerebbe poi, sempre ad avviso della ricorrente, la violazione:
a) degli àmbiti riservati alla potestà legislativa
della Regione nelle materie «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti
dalla regione e stato giuridico ed economico del personale» (art. 2, primo
comma, lettera a, dello statuto
speciale) − materia che, alla luce della sentenza della
Corte costituzionale n. 107 del 1970, comprende anche l’ordinamento
contabile regionale − «ordinamento degli enti locali» (art. 2, primo
comma, lettera b, dello statuto
speciale), e «finanze regionali e comunali» (art 3, primo comma, lettera f, dello statuto speciale che, letto
«alla luce dei novellati articoli 117, comma 3 e 119, comma 2, Cost.», non configura piú la
competenza regionale in materia di finanza locale come meramente suppletiva
rispetto a quella statale, con l’effetto che alla Regione può essere imposto il
solo rispetto dei princípi e delle norme fondamentali
in materia di finanza pubblica); b) della competenza della Regione ad
esercitare le funzioni amministrative su tali materie (art. 4 dello statuto
speciale); c) delle norme di attuazione dello statuto speciale di cui alla
legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della
regione Valle d’Aosta); d) del combinato disposto degli artt. 117, terzo e
quarto comma, 118, e 119 Cost. e dell’art. 10 della
legge costituzionale 18 ottobre 2011, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte
seconda della Costituzione).
1.2.− Il secondo gruppo di norme,
impugnato da tutte le ricorrenti, è costituito dal secondo periodo del comma 1
dell’art. 37 del d.lgs. n. 118 del 2011, in quanto consente l’applicazione agli
enti ad autonomia differenziata dell’intero testo del medesimo decreto
legislativo.
La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, la Regione
siciliana e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno in realtà
espressamente impugnato, come detto, il solo secondo periodo dell’unico comma
dell’art. 37. Tuttavia, poiché tale disposizione è denunciata in quanto prevede
l’applicazione alle Regioni e alle Province ad autonomia speciale −
nell’ipotesi da essa prevista − del d.lgs. n. 118 del 2011, le censure di
tali ricorrenti hanno in realtà lo stesso oggetto di quelle proposte dalla
Regione autonoma Valle d’Aosta.
Il denunciato secondo periodo del comma
1 dell’art. 37 dispone, in particolare, che: «Qualora entro sei mesi dall’entrata in vigore dei decreti
legislativi di cui all’articolo 36, comma 5 [cioè dei decreti legislativi che
verranno adottati all’esito di una fase di sperimentazione del nuovo assetto
contabile negli esercizi finanziari 2012 e 2013], non risultino concluse le
procedure di cui al primo periodo, sino al completamento delle procedure
medesime, le disposizioni di cui al presente decreto e ai decreti legislativi
di cui all’articolo 36, comma 5, trovano immediata e diretta applicazione nelle
Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano».
Tutte le ricorrenti, ad eccezione della
sola Provincia autonoma di Bolzano, affermano che l’impugnato combinato
disposto víola l’art. 76 Cost.
Deducono, al riguardo, che la previsione dell’«immediata e diretta
applicazione», nei propri confronti, del d.lgs. n. 118 del 2011 e dei suddetti
decreti legislativi di cui all’art. 36, comma 5, in caso di mancata
conclusione, nel termine indicato, delle procedure per l’adozione delle norme
di attuazione degli statuti, si pone in contrasto con il già citato limite
imposto al legislatore delegato dagli artt. 1, comma 2, e 27 della legge n. 42
del 2009; limite volto a salvaguardare la specialità delle Regioni e delle
Province ad autonomia differenziata e per effetto del quale la normativa sul
federalismo fiscale (ivi compresa quella in tema di «sistemi contabili e schemi
di bilancio») si applica a detti enti ad autonomia speciale non in via diretta,
ma esclusivamente attraverso l’adozione di norme di attuazione dei loro statuti
di autonomia. Dal mancato rispetto di tale limite consegue, secondo la Regione
siciliana, la violazione anche dell’art. 43 del proprio statuto speciale (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, recante: «Approvazione
dello statuto della Regione siciliana»), che definisce le modalità di adozione
delle norme di attuazione dello statuto speciale.
Ciascuna delle ricorrenti lamenta poi
che la normativa impugnata víola numerose
disposizioni del proprio statuto speciale e delle norme di attuazione dello
stesso, nonché del Titolo V della Parte II della Costituzione (queste ultime
invocate in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3
del 2001).
In particolare, la Regione autonoma
Valle d’Aosta – che, come visto, ha formulato un’unica censura nei confronti di
entrambi i periodi del comma 1 dell’art. 37 del d.lgs. n. 118 del 2011 − prospetta le medesime doglianze
esposte sopra al punto 1.1. con riguardo all’impugnazione del comma 1 dell’art.
37 del d.lgs. n. 118 del 2011.
La Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia deduce la violazione del proprio statuto di autonomia (legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante: «Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia»), oltre che degli artt. 116, 117, 118 e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione, perché la
normativa denunciata: a) invade gli àmbiti riservati
alla potestà legislativa primaria regionale nelle materie «ordinamento degli
Uffici e degli Enti dipendenti della Regione» (art. 4, numero 1, dello statuto)
e «ordinamento degli enti locali» (art. 4, numero 1-bis, dello statuto) e all’autonomia finanziaria regionale (artt. 48
e seguenti dello statuto); b) fa dipendere la diretta applicazione del d.lgs.
n. 118 del 2011 nei confronti della Regione da una condizione – la mancata
adozione, entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore dei decreti
legislativi di cui all’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 118 del 2011, dei
decreti legislativi che stabiliscono le norme di attuazione dello statuto – che
è, per lo Stato, meramente potestativa (censura prospettata «in subordine» a
quella sub a); c) impedisce
l’esercizio della potestà legislativa della Regione sino al completamento delle
procedure di emanazione delle norme di attuazione dello statuto (censura
prospettata ancora «in subordine» a quella sub
a); d) in caso di mancata tempestiva adozione delle norme di attuazione dello
statuto, pone le Regioni ad autonomia speciale in una situazione deteriore
rispetto alle Regioni ad autonomia ordinaria, alle quali, qualora non
provvedano al tempestivo adeguamento dei propri ordinamenti alle disposizioni
del d.lgs. n. 118 del 2011, si applica non l’intero d.lgs. n. 118 del 2011 ma
solo il suo Titolo I, ai sensi dell’art. 1, comma 2, secondo periodo, del
d.lgs. n. 118 del 2011 (censura prospettata «in estremo subordine» a quella sub a) .
Anche per le ricorrenti Province
autonome di Trento e di Bolzano, la normativa impugnata víola
lo statuto speciale (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670,
recante: «Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e le norme di attuazione dello
stesso, oltre che i princípi di ragionevolezza e di
leale collaborazione.
In particolare, ad avviso della
Provincia autonoma di Bolzano, essa si pone in contrasto con gli artt. 107 e
104 di detto statuto − che,
rispettivamente, demandano a decreti legislativi, da adottare sentita una
commissione paritetica, l’adozione delle norme di attuazione e consentono di
modificare le norme del Titolo VI dello statuto in tema di «Finanza della
regione e delle province» con una legge ordinaria dello Stato «su concorde
richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o
delle due province» − e con il principio di leale collaborazione. Di
conseguenza, la norma impugnata violerebbe anche gli artt. 8, numero 1), e 9,
numero 10), nonché il Titolo VI dello statuto speciale (ivi compresi gli artt.
79, 80 e 81) e lederebbe, perciò, le l’autonomia finanziaria della Provincia e
le attribuzioni di questa in materia di «ordinamento degli uffici provinciali e
del personale ad essi addetto» e di «igiene e sanità».
Entrambe le ricorrenti Province
autonome, lamentano poi: a) l’invasione degli àmbiti
riservati alla potestà legislativa provinciale dall’art. 83 dello statuto
speciale in tema di adeguamento della «propria normativa alla legislazione
dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici» e dall’art. 16
del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale) in
materia di «bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio […] delle
province […] e degli enti da esse dipendenti»; b) il contrasto con l’art. 2 del
d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme
di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il
rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché
la potestà statale di indirizzo e coordinamento) − secondo cui: «Salvo
quanto disposto nel comma 4, la legislazione regionale e provinciale deve
essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli
4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i
sei mesi successivi alla pubblicazione dell’atto medesimo nella Gazzetta
Ufficiale o nel piú ampio termine da esso stabilito.
Restano nel frattempo applicabili le disposizioni legislative regionali e
provinciali preesistenti» − il quale pone a carico delle Province
autonome solo un onere di adeguamento della propria legislazione alle norme
statali che costituiscono limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello statuto nel
termine di sei mesi dalla pubblicazione delle stesse (o nel piú
ampio termine stabilito dalle medesime leggi statali); c) la violazione
dell’art. 8 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526
(Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di
Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1977, n. 616) − il quale stabilisce che: «Il Governo della
Repubblica, in caso di accertata inattività degli organi regionali e
provinciali che comporti inadempimento agli obblighi comunitari, può
prescrivere con deliberazione del Consiglio dei Ministri, su parere della
commissione parlamentare per le questioni regionali e sentita la regione o la
provincia interessata, un congruo termine per provvedere» (comma 1); «Qualora
l’inattività degli organi regionali o provinciali perduri dopo la scadenza di
tale termine, il Consiglio dei Ministri può adottare i provvedimenti necessari
in sostituzione dei predetti organi» (comma 2) − perché la normativa
denunciata integra un’ipotesi di esercizio del potere sostitutivo del Governo
del tutto difforme dai casi e dalle modalità di esercizio di detto potere
previste da tale norma di attuazione dello statuto.
Secondo la Regione siciliana, la normativa
denunciata determina un vulnus anche
all’autonomia contabile e finanziaria garantita alla Regione dall’art. 36 del
proprio statuto di autonomia.
Le Regioni autonome Valle d’Aosta e
Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento lamentano, infine, che
la normativa denunciata è stata adottata in mancanza di intesa in sede di
Conferenza unificata ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281
(Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano
ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni,
delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie
locali), senza che – come richiesto dall’art. 2, comma 3, della legge di
delegazione n. 42 del 2009 – il Consiglio dei ministri, nella relazione
trasmessa alle Camere, indicasse «le specifiche motivazioni per cui l’intesa
non è stata raggiunta». Da ciò il contrasto di detta normativa, anche sotto
tale profilo, con l’art. 76 Cost., nonché con il
principio di leale collaborazione.
1.3.− Il terzo gruppo di norme
impugnato è costituito dall’alinea e dalla lettera k) del comma 1 dell’art. 29 del d.lgs. n. 118 del 2011.
Tale disposizione è impugnata dalla
Regione autonoma Valle d’Aosta e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano nella parte in cui prevede che le
regole contabili in essa indicate si applicano, nel settore sanitario, anche
alla «regione o […] provincia autonoma».
Le Province autonome di Trento e di
Bolzano prospettano censure analoghe a quelle sollevate con riguardo al combinato disposto del secondo periodo
dell’unico comma dell’art. 37 del d.lgs. n. 118 del 2011 e di tale decreto
legislativo.
La Regione autonoma Valle d’Aosta denuncia
la violazione dell’art. 76 Cost. per le medesime
ragioni prospettate con riferimento all’impugnazione dell’art. 37 del d.lgs. n.
118 del 2011. Essa afferma inoltre che la disposizione censurata invade gli àmbiti riservati dallo statuto alla potestà legislativa
regionale nelle materie dell’ordinamento contabile «proprio e dei propri enti
dipendenti, compresa l’Azienda sanitaria valdostana» (art. 2, primo comma,
lettere a e b, dello statuto) e
dell’«igiene sanità assistenza ospedaliera e profilattica» (art. 3, primo
comma, lettera l, dello statuto).
La Regione autonoma Valle d’Aosta e la
Provincia autonoma di Trento deducono infine che, nei rispettivi territori, la
sanità è interamente a carico dei propri bilanci. Da ciò deriverebbe, secondo
la Provincia autonoma di Trento, l’irragionevolezza della disposizione
denunciata e, secondo la Regione autonoma Valle d’Aosta, il contrasto della
stessa con il principio, affermato nelle sentenze della
Corte costituzionale n. 133 del 2010 e n. 341 del 2009,
secondo cui è precluso allo Stato, quando non concorre al finanziamento della
spesa sanitaria, dettare norme di coordinamento finanziario in tale àmbito.
2.– Si è costituito in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, depositando deduzioni di contenuto sostanzialmente analogo per tutti i ricorsi e chiedendo che le questioni promosse siano dichiarate non fondate.
La difesa dello Stato eccepisce preliminarmente l’inammissibilità delle questioni concernenti la dedotta violazione dell’art. 76 Cost. per eccesso dai limiti posti dalla legge di delegazione n. 42 del 2009. Afferma, al riguardo, che la censura non ridonda in lesione di sfere di competenza regionale, in quanto la normativa statutaria non esclude la possibilità di utilizzare come fonte il decreto legislativo. Nel merito, per la medesima difesa, tali questioni sarebbero comunque infondate, perché alle «autonomie speciali» deve ritenersi applicabile non solo il disposto del comma 2 dell’art. 1 della legge di delegazione n. 42 del 2009 (il quale richiama «esclusivamente» gli artt. 15, 22 e 27 di tale legge), ma anche il comma 1 dell’art. 2 del medesimo decreto, il quale – enunciando la ratio di assicurare l’attuazione dell’art. 119 Cost., attraverso «la definizione dei princípi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica» e attraverso l’armonizzazione dei sistemi contabili, degli schemi di bilancio e dei relativi termini di presentazione e approvazione – rende applicabile l’intero decreto legislativo ed i vincoli che da esso derivano a tutto il territorio nazionale, ivi incluse le Regioni a statuto speciale (vengono citate, con riferimento, in generale, ai princípi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, le sentenze n. 82 del 2007, n. 36 del 2004, n. 416 del 1995).
Quanto all’impugnazione dell’art. 29, comma 1, alinea e lettera k), del d.lgs. n. 118 del 2011, la parte resistente sottolinea che l’esercizio, da parte della Stato, dei poteri ad esso spettanti in tema di coordinamento della finanza pubblica, prescinde dal fatto che lo Stato concorra o no alla spesa sanitaria della Regione.
L’Avvocatura generale dello Stato, con riguardo a tutte le questioni, osserva poi che: a) la speciale autonomia finanziaria degli enti ad autonomia differenziata è garantita dal fatto che l’applicazione a tali enti del d.lgs. n. 118 del 2011 (ivi incluso l’art. 29, comma 1, alinea e lettera k) è realizzata mediante l’utilizzo delle procedure di adozione delle norme di attuazione statutaria (come risulta dallo stesso art. 37 del decreto legislativo); b) gli imprescindibili obiettivi di omogeneità e confrontabilità delle informazioni contabili, al fine di assicurare la necessaria uniformità applicativa sull’intero territorio nazionale (ivi compresi gli enti ad autonomia differenziata) escludono la fondatezza della censura circa la mancanza di spazi di adattamento nella gestione del bilancio regionale; c) la leale collaborazione è stata rispettata perché: c.1.) tutti i rappresentanti delle autonomie territoriali sono stati coinvolti nei lavori per la predisposizione del decreto legislativo delegato; c.2.) l’introduzione del secondo periodo del comma 1 dell’art. 37, non previsto dall’intesa, si è resa necessaria sia per le richieste provenienti dalla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale sia per rispettare i princípi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione; c.3.) il Governo ha comunque esposto, nella relazione al decreto legislativo, le ragioni per le quali si è discostato dalle indicazioni emerse in sede di Conferenza unificata, utilizzando a tal fine una motivazione per relationem all’incompatibilità con le condizioni poste dalle Commissioni parlamentari competenti (motivazione del tutto ammissibile tenuto conto della possibilità di risalire, tramite i pareri delle Commissioni, ai motivi che hanno indotto il Governo a discostarsi dall’intesa); d) la denuncia del carattere meramente potestativo, per lo Stato, della condizione per l’applicazione transitoria del d.lgs. n. 118 del 2011 alle parti ricorrenti (nell’ipotesi di mancata adozione delle norme di attuazione degli statuti speciali nel termine previsto dal denunciato secondo periodo del comma 1 dell’art. 37) e la dedotta violazione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 non sono fondate, perché l’adozione delle norme di attuazione degli statuti mediante decreti legislativi dello Stato è prevista dagli statuti medesimi a garanzia delle autonomie speciali; e) la necessità di rispettare il principio di leale collaborazione esclude la possibilità di pratiche "ostruzionistiche” da parte dello Stato.
3.− In prossimità
della pubblica udienza la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e le Province
autonome di Trento e di Bolzano hanno depositato memorie di replica con le
quali hanno ribadito le argomentazioni esposte nei ricorsi e le conclusioni in
essi rassegnate.
In particolare, la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia osserva che: a) è legittimata a far
valere il vizio di eccesso di delega, perché la menomazione dell’autonomia
regionale è avvenuta proprio attraverso la violazione dell’art. 76 Cost. (è citata, al riguardo, la sentenza della
Corte costituzionale n. 80 del 2012); b) l’applicazione alle Regioni a
statuto speciale del comma 1 dell’art. 2 della legge di delegazione n. 42 del
2009 è esclusa dal comma 2 del precedente art. 1; c) la materia oggetto del
d.lgs. n. 118 del 2011 è disciplinata dalla legge regionale 8 agosto 2007, n.
21 (Norme in materia di programmazione finanziaria e di contabilità regionale),
attuativa dell’art. 4 dello statuto d’autonomia; d) l’art. 9, comma 1, del
d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la
regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e
delle relative circoscrizioni) precisa che «Spetta alla regione disciplinare la
finanza locale, l’ordinamento finanziario e contabile, l’amministrazione del
patrimonio e i contratti degli enti locali»; e) la difesa dello Stato non ha
dimostrato che il d.lgs. n. 118 del 2011 ed i decreti previsti dal comma 5 di tale
decreto legislativo «concretano limiti della potestà primaria» della Regione;
f) la necessità dell’omogeneità e confrontabilità delle informazioni contabili
non giustifica la violazione dell’art. 27 del suddetto d.lgs. n. 118 del 2011,
il quale, in base alla sua formulazione, esclude che le norme di attuazione
debbano recepire tutte le norme del decreto legislativo; g) consentire al
Governo di mutare il testo concordato in sede di intesa renderebbe illusoria la
partecipazione delle Regioni all’adozione dell’atto; h) le modifiche al testo
oggetto dell’intesa non sono state sollecitate dalla Conferenza (ed alla
fattispecie non si attagliano le sentenze della
Corte costituzionale n. 401 del 2007 e n. 225 del 2009).
La Provincia autonoma di Trento, dopo avere ribadito le argomentazioni già esposte, afferma l’ammissibilità del proprio ricorso perché il mancato deposito della ratifica del Consiglio provinciale della deliberazione di proporre il ricorso stesso, adottata in via d’urgenza dalla Giunta, nel termine previsto per la costituzione in giudizio non comporta decadenza, dati i numerosi casi in cui tale decadenza non è stata pronunciata dalla Corte costituzionale. In ogni caso, secondo la difesa della Provincia autonoma di Trento, una eventuale decadenza dovrebbe operare solo per il futuro.
Quanto, infine, alla Provincia autonoma di Bolzano, la difesa provinciale sottolinea che: a) né la qualificazione delle disposizioni del d.lgs. n. 118 del 2011 quali princípi di coordinamento della finanza pubblica ai quali sono assoggettate anche le Regioni speciali e le Province autonome, né pretese esigenze di uniformità in materia di regole contabili e procedure per la redazione dei bilanci giustificano la previsione di un’automatica applicazione del d.lgs. n. 118 del 2011 agli enti ad autonomia differenziata, dovendosi comunque rispettare i meccanismi di adeguamento stabiliti dagli statuti e delle norme di attuazione degli stessi; b) il richiamo all’art. 27 della legge n. 42 del 2009 − e, quindi, alle norme di attuazione degli statuti − contenuto nell’art. 37, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, non vale a superare i dubbi di costituzionalità prospettati nel ricorso, atteso che tale richiamo non vale in relazione al secondo periodo di detto comma 1, che prevede l’applicazione automatica delle disposizioni del decreto. Quanto all’art. 29, comma 1, alinea e lettera k), del d.lgs. n. 118 del 2011, la difesa della ricorrente deduce, in particolare, che: a) il coordinamento della finanza pubblica non è idoneo a fornire copertura costituzionale all’impugnata disposizione, dato che lo Stato non concorre al finanziamento del servizio sanitario provinciale che è totalmente a carico delle Province autonome (è citata la sentenza della Corte costituzionale n. 341 del 2009); b) anche a volere, per assurdo, considerare la disposizione impugnata un principio di coordinamento della finanza pubblica, questo avrebbe dovuto trovare ingresso nell’ordinamento provinciale solo per il tramite del già citato sistema di adeguamento di detto ordinamento ai princípi della legislazione statale.
Considerato
in diritto
1.– Tre Regioni a statuto speciale, la Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
(ricorso n. 106 del 2011), la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (ricorso
n. 111 del 2011) e la Regione siciliana (ricorso n. 113 del 2011), nonché le
Province autonome di Trento (ricorso n. 112 del 2011) e di Bolzano (ricorso n.
114 del 2011) hanno promosso questioni principali di legittimità costituzionale aventi ad oggetto il
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni,
degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della
legge 5 maggio 2009, n. 42), adottato dal Governo nell’esercizio della delega
conferita dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di
federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della costituzione).
In particolare, sono
impugnati, in quanto applicabili agli enti ad autonomia speciale: a) il primo
periodo del comma 1 dell’art. 37 del suddetto decreto legislativo e, per suo
tramite, l’intero testo del medesimo decreto (ricorso n. 106 del 2011, Valle
d’Aosta); b) il secondo periodo dello stesso comma 1 dell’art. 37 e, per suo
tramite, l’intero testo del medesimo decreto (tutti i ricorsi); c) l’alinea e
la lettera k) del comma 1 dell’art.
29 del predetto decreto (ricorso n. 111 del 2011, Friuli-Venezia Giulia;
ricorso n. 112 del 2011, Provincia autonoma di Trento; ricorso n. 114 del 2011,
Provincia autonoma di Bolzano).
2.– In considerazione
della parziale identità delle norme denunciate e delle censure proposte, i
giudizi devono essere riuniti per essere trattati congiuntamente e decisi con
un’unica pronuncia.
3.− In via
preliminare deve essere esaminata, d’ufficio, l’ammissibilità dei ricorsi
proposti dalle Province autonome di Trento (ricorso n. 112 del 2011) e di
Bolzano (ricorso n. 114 del 2011) sotto il profilo della tardività del deposito
in giudizio della ratifica dei Consigli provinciali delle deliberazioni di
proporre i ricorsi stessi, adottate in via d’urgenza dalle Giunte provinciali
ai sensi dell’art. 54, numero 7), del d.P.R. 31
agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
Tale inammissibilità
non può essere qui dichiarata.
Va premesso che, come
ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 142 del
2012, l’atto di ratifica del Consiglio provinciale della delibera adottata
in via d’urgenza dalla Giunta provinciale di proporre ricorso davanti alla Corte
costituzionale deve intervenire ed essere prodotto in giudizio al momento del
deposito del ricorso davanti alla Corte o, comunque, entro il termine per la
costituzione in giudizio del ricorrente.
Nella specie, i ricorsi
sono stati proposti – come visto − in base a delibere adottate in via
d’urgenza dalle rispettive Giunte provinciali, ai sensi dell’art. 54, numero
7), dello statuto, secondo cui: «Alla giunta provinciale spetta: […] 7)
l’adozione, in caso di urgenza, di provvedimenti di competenza del Consiglio da
sottoporsi per la ratifica al Consiglio stesso nella sua prima seduta
successiva». La ratifica di tali delibere da parte dei Consigli provinciali –
competenti in via ordinaria a proporre ricorso ai sensi dell’art. 98 del
medesimo statuto – non è stata depositata in giudizio entro il termine
perentorio previsto per la costituzione in giudizio della parte ricorrente,
cioè entro dieci giorni decorrenti dalla notificazione del ricorso alla parte
resistente (combinato disposto del terzo comma dell’art. 32 e del quarto comma
dell’art. 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, recante «Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale»). La notificazione
dei ricorsi al resistente Presidente del Consiglio dei ministri è avvenuta il
23 settembre 2011 e, pertanto, il termine per la costituzione in giudizio delle
ricorrenti scadeva il decimo giorno successivo, lunedí
3 ottobre 2011. Le ratifiche consiliari, in quanto intervenute,
rispettivamente, solo l’8 novembre 2011 ed il 4 ottobre 2011, non sono state
depositate in giudizio entro detto termine.
Tuttavia, come sopra
anticipato, l’inammissibilità dei ricorsi derivante dall’indicata tardività del
deposito non può essere dichiarata nel presente giudizio. Si deve, infatti,
tener conto della lunga prassi di questa Corte, la quale in numerose pronunce
non ha rilevato l’inammissibilità del ricorso sotto questo profilo. Siffatta
prassi ha determinato, anche per l’obiettiva incertezza interpretativa delle
norme processuali in materia, un errore scusabile tale da ingenerare nelle
Province autonome l’affidamento circa la non perentorietà del suddetto termine
di deposito (citata sentenza n. 142 del
2012).
4.– Sempre in via
preliminare, occorre esaminare l’eccezione, sollevata dalla difesa del
Presidente del Consiglio dei ministri, circa l’inammissibilità delle questioni
promosse dalle ricorrenti in riferimento all’art. 76 Cost.
per violazione dei limiti imposti al Governo per l’esercizio della delega ad
esso conferita dalla legge n. 42 del 2009.
Tutte le ricorrenti, ad
eccezione della Provincia autonoma di Bolzano, hanno sollevato tale questione
assumendo che il legislatore delegato avrebbe superato il limite imposto al
Governo dagli artt. 1, comma 2, e 27, commi 1 e 3, della legge di delegazione
n. 42 del 2009, i quali condizionano all’adozione delle procedure previste per
le norme di attuazione degli statuti speciali l’introduzione della disciplina
del coordinamento della finanza delle Regioni a statuto speciale. La mancata
adozione di tali procedure avrebbe prodotto, in contrasto con l’art. 76 Cost., il denunciato eccesso di delega.
La difesa dello Stato
deduce, al riguardo, che le Regioni possono fare valere il contrasto con norme
costituzionali diverse da quelle che attengono al riparto delle competenze tra
lo Stato e le stesse Regioni solo se esso si risolve in una lesione della sfera
di competenze attribuita alla Regione o alla Provincia autonoma; lesione che,
nella specie, non ricorrerebbe.
L’eccezione non è
fondata.
4.1.– Questa Corte ha piú volte ritenuto che sono ammissibili questioni di
legittimità costituzionale prospettate da una Regione, nell’àmbito di un
giudizio in via principale, in riferimento a parametri diversi da quelli
riguardanti il riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni, contenuti
nel Titolo V della Parte II della Costituzione, purché sia possibile rilevare
la ridondanza delle asserite violazioni su tale riparto e la ricorrente abbia
indicato le specifiche competenze ritenute lese e le ragioni della lamentata
lesione (ex plurimis,
sentenze n. 22
del 2012 e n.
128 del 2011; n.
326, n. 156, n. 52 e n. 40 del 2010; n. 341 del 2009;
n. 216 del 2008;
n. 116
del 2006; n.
383 e n. 50
del 2005; n.
287, n. 280
e n. 6 del 2004).
Nell’àmbito di questa giurisprudenza, con riferimento alle impugnazioni da
parte delle Regioni di decreti legislativi per violazione dell’art. 76 Cost., si è ribadito, in particolare, che tali doglianze
«richiedono, per essere ammissibili, che la lamentata violazione dei principi e
dei criteri direttivi enunciati dalla legge delega, da parte del legislatore
delegato, sia suscettibile di comprimere le attribuzioni regionali» (sentenza n. 250 del
2009; nello stesso senso le sentenze n. 80 del
2012; n. 303
del 2003; n. 353 del 2001;
n. 503 del 2000;
n. 408 del 1998
e n. 87 del 1996).
4.2.– Nella specie, le
suddette ricorrenti hanno dedotto che le disposizioni denunciate violano il
limite imposto al Governo dagli artt. 1, comma 2, e 27, commi 1 e 3, della
legge di delegazione n. 42 del 2009. Hanno poi sufficientemente motivato in
ordine ai profili di una «possibile ridondanza» sulle loro attribuzioni della
censura da esse prospettata (sentenza n. 52 del
2010). Infine, hanno assolto l’onere di operare la «necessaria
indicazione della specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e
delle ragioni di tale lesione» (sentenza n. 250 del
2009).
In particolare, dette
ricorrenti sottolineano che: a) in base all’art. 1, comma 2, della legge n. 42
del 2009, «Alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento
e di Bolzano si applicano, in conformità con gli statuti, esclusivamente le
disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27» e non, quindi, le altre
disposizioni della stessa legge di delegazione; b) di questi tre articoli,
l’unico pertinente al caso in esame è l’art. 27, perché gli altri attengono al
funzionamento delle città metropolitane (art. 15) ed alla perequazione
infrastrutturale (art. 22), cioè a materie estranee al decreto legislativo
delegato; c) in base al citato art. 27, «il coordinamento tra le leggi statali
in materia di finanza pubblica e le corrispondenti leggi regionali e provinciali
in materia, rispettivamente, di finanza regionale e provinciale, nonché di
finanza locale, nei casi in cui questa rientri nella competenza della regione a
statuto speciale o provincia autonoma» (comma 3) è disciplinato «da norme di
attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli
statuti medesimi» (comma 1). Le ricorrenti assumono che il legislatore delegato
ha violato il principio posto dalla legge di delegazione secondo cui il
coordinamento della finanza delle Regioni a statuto speciale e delle Province
autonome deve essere disciplinato non in via unilaterale dallo Stato, mediante
l’applicazione diretta agli enti ad autonomia speciale delle disposizioni dei
decreti delegati, ma dalla normativa di attuazione statutaria, da adottare, in
base agli stessi statuti, attraverso il coinvolgimento di tali enti. Attraverso
tale rinvio alle procedure per l’adozione delle norme di attuazione degli
statuti, il legislatore delegante ha fissato, dunque, vincoli procedurali al
legislatore delegato, al fine di salvaguardare le speciali attribuzioni
costituzionali garantite agli enti ad autonomia differenziata.
Con tale
prospettazione, le ricorrenti affermano, in particolare, che la mancata
adozione delle procedure previste dall’art. 27 della legge di delegazione ha
comportato, attraverso la violazione dell’art. 76 Cost.,
la compressione delle loro attribuzioni, perché dal mancato coinvolgimento
nella formazione delle norme attuative della legge di delega è derivata
l’immediata e diretta applicazione di norme unilateralmente fissate dallo Stato
in materie, specificate nei ricorsi, che rientrano, invece, nelle loro
competenze statutarie.
Da ciò consegue
l’infondatezza dell’eccezione sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato e
l’ammissibilità delle questioni riferite all’art. 76 Cost.
5.− Nel merito,
debbono essere esaminate, in primo luogo, le censure – prospettate dalla sola
Regione autonoma Valle d’Aosta – aventi ad oggetto il primo periodo del comma 1
dell’art. 37 del d.lgs. n. 118 del 2011 e, per suo tramite, l’intero testo del
medesimo decreto. Tale periodo dispone che la «decorrenza e le modalità di
applicazione delle disposizioni» del d.lgs. n. 118 del 2011 nei confronti delle
Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano
nonché degli enti locali in esse ubicati, sono stabilite, «in conformità con i
relativi statuti, con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42», cioè con «norme di
attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli
statuti medesimi» (art. 27, comma 1, della legge n. 42 del 2009).
5.1.– La ricorrente
Regione autonoma Valle d’Aosta lamenta, anzitutto, che il legislatore delegato,
demandando alle norme di attuazione dello statuto valdostano di stabilire solo
la «decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni» del d.lgs. n.
118 del 2011 nei confronti della Regione, estenderebbe alla Valle d’Aosta
l’applicazione delle disposizioni dell’intero decreto legislativo, «senza
sostanziali margini di adattamento». Sarebbe cosí
violato il limite imposto al Governo dagli artt. 1, comma 2, e 27, commi 1 e 3,
della legge di delegazione n. 42 del 2009, i quali – come visto – condizionano
all’adozione delle procedure previste per le norme di attuazione degli statuti
speciali l’introduzione della disciplina del coordinamento della finanza delle
Regioni a statuto speciale. Dal mancato rispetto di questo limite consegue,
sempre ad avviso della ricorrente, la violazione dell’art. 76 Cost. nonché dell’art. 48-bis della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto
speciale per la Valle d’Aosta), che definisce le modalità di adozione delle
norme di attuazione dello statuto valdostano.
La denunciata
estensione dell’applicazione del d.lgs. n. 118 del 2011 alla Regione autonoma
determinerebbe la violazione anche: a) degli àmbiti
riservati alla potestà legislativa della Regione nelle materie statutarie
«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato
giuridico ed economico del personale» (art. 2, primo comma, lettera a), «ordinamento degli enti locali»
(art. 2, primo comma, lettera b), e
«finanze regionali e comunali» (art 3, primo comma, lettera f); b) della competenza della Regione ad
esercitare le funzioni amministrative su tali materie (art. 4 dello statuto);
c) delle norme finanziarie previste dalla legge 26 novembre 1981, n. 690
(Revisione dell’ordinamento finanziario della Regione Valle d’Aosta); d) degli
artt. 117, terzo e quarto comma, 118, e 119 Cost. e
10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V
della parte seconda della Costituzione).
In via subordinata, la
Regione ricorrente deduce, infine, che la normativa denunciata è difforme da
quella sulla quale era stata raggiunta l’intesa in sede di Conferenza unificata
e che il Consiglio dei ministri, nella relazione trasmessa alle Camere, ha
omesso di indicare – come richiesto dall’art. 2, comma 3, della legge di
delegazione n. 42 del 2009 – «le specifiche motivazioni per cui l’intesa non è
stata raggiunta». Da ciò la violazione del principio di leale collaborazione,
dell’art. 76 Cost. e, mediatamente, delle evocate
competenze statutarie costituzionali.
5.2.– Le questioni non
sono fondate.
Tutte le censure della
ricorrente Regione autonoma muovono dall’erronea premessa interpretativa che la
norma impugnata impone agli enti ad autonomia differenziata di adottare, sia
pure mediante le procedure di attuazione statutaria, il contenuto dell’intero
decreto legislativo delegato. L’erroneità di tale premessa discende dal fatto
che la previsione di una procedura "pattizia” al fine di applicare agli enti ad
autonomia speciale una normativa in materia di sistemi contabili e di bilancio
implica necessariamente una determinazione paritetica del contenuto di detta
normativa ed esclude, perciò, l’automatica ricezione della disciplina prevista
dal decreto legislativo delegato per le Regioni a statuto ordinario. Nel
disporre che le procedure previste per le modifiche statutarie debbano fissare
«criteri e modalità» (art. 27 della legge di delegazione) ovvero «la decorrenza
e le modalità» (art. 37, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 118 del 2011)
dell’applicazione agli enti ad autonomia speciale del decreto legislativo in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi dei bilanci
pubblici, il legislatore statale ha indubbiamente inteso coinvolgere nella
determinazione del contenuto di tale disciplina, per quanto attiene alla
Regione ricorrente, la Commissione paritetica tra Stato e Regione prevista
dallo statuto d’autonomia. A tale conclusione si giunge attraverso
un’interpretazione della normativa impugnata conforme all’art. 76 Cost. e, perciò, compatibile con i princípi
e criteri direttivi fissati dagli artt. 1, comma 2, e 27, commi 1 e 3, della
legge di delegazione n. 42 del 2009. In base a tali princípi
e criteri infatti, come già sottolineato, deve essere esclusa la diretta
applicazione agli enti ad autonomia speciale delle disposizioni dei decreti
delegati, dovendosi attuare il coordinamento della finanza pubblica nei
confronti di tali enti solo mediante la normativa di attuazione statutaria. Da
quanto precede deriva che, contrariamente alla prospettazione della ricorrente,
il contenuto della disciplina dell’armonizzazione dei sistemi contabili e dei
bilanci pubblici applicabile alla Regione autonoma non è predeterminato
unilateralmente dallo Stato, ma è individuato mediante decreti legislativi i
cui schemi sono elaborati dalla Commissione paritetica prevista dall’art. 48-bis dello statuto speciale per la Valle
d’Aosta.
In questo stesso senso
– sia pure in un caso di rinvio alle norme di attuazione dello statuto
siciliano – si è già espressa questa Corte, con la sentenza n. 145 del
2008, precisando che «il semplice richiamo alle modalità di attuazione
statutaria, contenuto nelle leggi statali che […] recano riforme che richiedono
un coordinamento con le norme di attuazione […] è sufficiente a garantire che
"la determinazione delle relative norme d’attuazione venga effettuata, nel
rispetto dell’autonomia regionale, dalla Commissione paritetica […] (sentenze n. 180 del
1980; n. 166
del 1976; n.
298 del 1974)”».
Caduta la premessa
interpretativa della ricorrente, occorre concludere per l’insussistenza del
denunciato contrasto con i limiti posti dalla legge di delegazione e con la
sfera riservata alla potestà legislativa e amministrativa della Regione, con
conseguente non fondatezza di tutte le questioni concernenti la normativa in
esame.
6.− Sempre nel
merito, vanno esaminate, in secondo luogo, le censure – prospettate da tutte e
cinque le ricorrenti – riguardanti il secondo periodo del comma 1 dell’art. 37
del d.lgs. n. 118 del 2011 e, per suo tramite, l’intero testo del medesimo
decreto.
Il secondo periodo del
comma 1 dell’indicato art. 37 dispone che: «Qualora entro sei mesi dall’entrata
in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 36, comma 5 [cioè dei
decreti legislativi che verranno adottati all’esito di una fase di
sperimentazione del nuovo assetto contabile negli esercizi finanziari 2012 e
2013], non risultino concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al
completamento delle procedure medesime, le disposizioni di cui al presente
decreto e ai decreti legislativi di cui all’articolo 36, comma 5, trovano
immediata e diretta applicazione nelle Regioni a statuto speciale e nelle
province autonome di Trento e di Bolzano».
Tutte le ricorrenti, ad
eccezione della Provincia autonoma di Bolzano, lamentano che tali norme violano
l’art. 76 Cost. Deducono, al riguardo, che la
previsione dell’«immediata e diretta applicazione», nei propri confronti, del
d.lgs. n. 118 del 2011 e dei suddetti decreti legislativi di cui all’art. 36,
comma 5, nel caso in cui non vengano concluse, nel termine indicato, le
procedure per l’adozione delle norme di attuazione degli statuti, si pone in
contrasto con il già ricordato limite imposto al legislatore delegato dagli
artt. 1, comma 2, e 27 della legge n. 42 del 2009; limite volto a salvaguardare
la specialità delle Regioni e delle Province ad autonomia differenziata e per
effetto del quale la normativa statale sul federalismo fiscale (ivi compresa
quella in tema di «sistemi contabili e schemi di bilancio») si applica a detti
enti ad autonomia speciale non in via diretta, ma esclusivamente attraverso
l’adozione di norme di attuazione dei loro statuti di autonomia. Dal mancato
rispetto di tale limite consegue, secondo la Regione siciliana, la violazione
anche dell’art. 43 del proprio statuto speciale (r.d.lgs.
15 maggio 1946, n. 455, recante: «Approvazione dello statuto della Regione
siciliana»), che definisce le modalità di adozione delle norme di attuazione
dello statuto siciliano.
Ciascuna delle
ricorrenti lamenta, poi, che il denunciato secondo periodo del comma 1
dell’art. 37 víola numerose disposizioni dei propri
statuti speciali e delle norme di attuazione degli stessi, nonché del Titolo V
della Parte II della Costituzione (titolo, questo, in cui rientrano gli
articoli della Costituzione evocati a parametro in combinato disposto con
l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2011, n. 3, recante «Modifiche
al titolo V della parte seconda della Costituzione»).
In particolare, la
Regione autonoma Valle d’Aosta prospetta le medesime doglianze sopra riportate
al punto 5. con riguardo all’impugnazione del primo periodo del comma 1
dell’art. 37 del d.lgs. n. 118 del 2011.
La Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia deduce la violazione del proprio statuto di autonomia
(legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante: «Statuto speciale della
Regione Friuli-Venezia Giulia»), oltre che degli artt. 116, 117, 118 e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione, perché la
normativa denunciata: a) invade gli àmbiti riservati
dallo statuto all’autonomia finanziaria regionale (artt. 48 e seguenti), nonché
alla potestà legislativa primaria regionale in materia di «ordinamento degli
Uffici e degli Enti dipendenti della Regione» (art. 4, numero 1) e di
«ordinamento degli enti locali» (art. 4, numero 1-bis); b) fa dipendere la diretta applicazione del d.lgs. n. 118 del
2011 nei confronti della Regione da una condizione – la mancata adozione, entro
il termine di sei mesi dall’entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al
comma 5 dell’art. 36 del d.lgs. n. 118 del 2011, dei decreti legislativi che
stabiliscono le norme di attuazione dello statuto – che è, per lo Stato,
meramente potestativa (censura prospettata «in subordine» a quella sub a); c) impedisce l’esercizio della
potestà legislativa della Regione sino al completamento delle procedure di
emanazione delle norme di attuazione dello statuto (censura prospettata
anch’essa «in subordine» a quella sub
a); d) in caso di mancata tempestiva adozione delle norme di attuazione dello statuto,
pone le Regioni ad autonomia speciale in una situazione deteriore rispetto alle
Regioni ad autonomia ordinaria, alle quali, qualora non provvedano al
tempestivo adeguamento dei propri ordinamenti alle disposizioni del d.lgs. n.
118 del 2011, si applica tale decreto non nella sua interezza, ma limitatamente
al Titolo I (censura prospettata «in estremo subordine» rispetto a quella sub a).
Anche secondo le
ricorrenti Province autonome di Trento e di Bolzano la normativa impugnata víola lo statuto speciale (d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670, recante: «Approvazione del testo unico delle leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige») e
le norme di attuazione dello stesso, oltre che i princípi
di ragionevolezza e di leale collaborazione. Ad avviso della Provincia autonoma
di Bolzano, essa si pone in contrasto con gli artt. 107 e 104 dello statuto
d’autonomia − che, rispettivamente, demandano a decreti legislativi, da
adottare sentita una commissione paritetica, l’adozione delle norme di
attuazione e consentono di modificare le norme del Titolo VI dello statuto in
tema di «Finanza della regione e delle province» con una legge ordinaria dello
Stato, «su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva
competenza, della regione o delle due province» − e con il principio di
leale collaborazione. In via consequenziale, la norma denunciata violerebbe gli
artt. 8, numero 1), e 9, numero 10), dello statuto speciale – i quali
attribuiscono alla ricorrente la potestà legislativa e amministrativa in
materia, rispettivamente, di «ordinamento degli uffici provinciali e del
personale ad essi addetto» e di «igiene e sanità» – nonché l’intero Titolo VI
del medesimo statuto (in particolare gli artt. 79, 80 e 81), riguardante la
finanza della Regione e delle Province.
Entrambe le ricorrenti
Province autonome lamentano poi: a) l’invasione degli àmbiti
riservati alla potestà legislativa provinciale dall’art. 83 dello statuto
speciale in tema di adeguamento della normativa provinciale alla legislazione
dello Stato sull’armonizzazione dei bilanci pubblici e dall’art. 16 del d.lgs.
16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale) in tema di
«bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio […] delle province
[…] e degli enti da esse dipendenti»; b) il contrasto con l’art. 2 del d.lgs.
16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e
leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento), il quale, nel disciplinare il rapporto tra la legislazione
provinciale e quella statale, pone a carico delle Province autonome l’onere di
adeguare la propria legislazione alle norme statali costituenti limiti ai sensi
degli artt. 4 e 5 dello statuto entro il termine di sei mesi dalla
pubblicazione delle stesse (o nel piú ampio termine
stabilito dalle medesime leggi statali); c) la violazione dell’art. 8 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione
Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle
disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.
616), perché la normativa denunciata integra un’ipotesi di esercizio del potere
sostitutivo del Governo difforme da quelle tassativamente previste da tale
norma di attuazione statutaria.
Secondo la Regione
siciliana, la normativa denunciata determina un vulnus anche all’autonomia contabile e finanziaria garantita alla
Regione dall’art. 36 del proprio statuto di autonomia.
Le Regioni autonome Valle d’Aosta e Friuli-Venezia
Giulia nonché la Provincia autonoma di Trento lamentano, infine, che la norma
impugnata è stata adottata in mancanza di
intesa in sede di Conferenza
unificata, senza che – come richiesto
dall’art. 2, comma 3, della citata legge di delegazione n. 42 del 2009 – il
Consiglio dei ministri, nella relazione trasmessa alle Camere, abbia indicato
«le specifiche motivazioni per cui l’intesa non è stata raggiunta». Da ciò il
contrasto di detta normativa, anche sotto tale profilo, con l’art. 76 Cost., nonché con il principio di leale collaborazione.
6.1.– Tra le questioni
aventi ad oggetto il secondo periodo del comma 1 dell’art. 37 del d.lgs. n. 118
del 2011 è necessario scrutinare preliminarmente, in base ad un ordine di
priorità logica, quella incentrata sull’eccesso di delega, proposta da tutte le
ricorrenti ad eccezione della Provincia autonoma di Bolzano.
La questione è fondata.
6.2.– Questa Corte ha
già sottolineato che, ai sensi del comma 2 dell’art. 1 della legge n. 42 del
2009, le uniche disposizioni di tale legge applicabili agli enti ad autonomia
differenziata sono gli artt. 15, 22 e 27 (sentenze n. 71
e n. 64 del 2012;
n. 201 del 2010).
Esclusa la rilevanza
degli artt. 15 e 22 – attinenti, come già osservato al punto 4.2., ad aspetti
non pertinenti alla questione; e cioè, rispettivamente, al finanziamento delle
città metropolitane ed alla perequazione infrastrutturale –, va ricordato che
il citato art. 27 fissa il principio secondo cui gli enti ad autonomia
differenziata, «nel rispetto degli statuti speciali, concorrono al
conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà ed all’esercizio
dei diritti e doveri da essi derivanti, nonché al patto di stabilità interno ed
all’assolvimento degli obblighi posti dall’ordinamento comunitario» secondo le
procedure "pattizie” previste per l’introduzione delle norme attuative degli
statuti (cioè «secondo criteri e modalità stabiliti da norme di attuazione dei
rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti
medesimi»). Detto art. 27, dunque, non pone alcuna deroga all’adozione di tali
procedure, con la conseguenza che, in base alla legge n. 42 del 2009, tutte le
disposizioni attuative della legge di delegazione (ivi comprese quelle
dell’art. 2, che il d.lgs. n. 118 del 2011 dichiara espressamente di attuare)
si applicano agli enti ad autonomia differenziata non in via diretta, ma solo
se recepite tramite le speciali procedure previste per le norme di attuazione
statutaria.
La normativa impugnata
stabilisce, invece, che, qualora «entro sei mesi dall’entrata in vigore dei
decreti legislativi di cui all’articolo 36, comma 5, non risultino concluse le
procedure» di attuazione statutaria, l’intero decreto delegato e gli indicati
decreti legislativi «trovano immediata e diretta applicazione» nelle Regioni a
statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano «sino al
completamento delle procedure medesime». Tale diretta – ancorché transitoria –
applicazione eccede, pertanto, i limiti fissati dalla legge di delegazione, la
quale non consente eccezioni, con riguardo ai suddetti enti, alla regola
dell’adozione delle peculiari procedure "pattizie” previste per la
determinazione delle norme di attuazione statutaria.
6.3.– La violazione di
tali prescrizioni contenute nella legge di delegazione, dirette a tutelare la
speciale autonomia delle Regioni e Province autonome, comporta, dunque,
l’illegittimità costituzionale della normativa impugnata e l’assorbimento di
tutte le altre questioni prospettate dalle ricorrenti nei confronti della
medesima normativa.
7.– Vanno esaminate,
infine, le questioni riguardanti l’alinea e la lettera k) dell’unico comma dell’art. 29 del d.lgs. n. 118 del 2011,
impugnati dalla Regione autonoma Valle d’Aosta e dalle Province autonome di
Trento e di Bolzano. La disposizione è censurata nella parte in cui prevede che
le regole contabili in essa indicate si applicano, nel settore sanitario, anche
alla «regione o […] provincia autonoma».
La Regione autonoma
Valle d’Aosta denuncia la violazione dell’art. 76 Cost.
per le medesime ragioni prospettate con riferimento all’impugnazione dell’art.
37 del d.lgs. n. 118 del 2011, in considerazione dell’eccesso del legislatore
delegato dai limiti della delega contenuta negli artt. 2 e 27 della legge n. 42
del 2009 (supra,
punti 5. e 6.). Essa afferma, inoltre, che la disposizione censurata invade gli
àmbiti riservati dallo statuto alla potestà
legislativa regionale nelle materie dell’ordinamento contabile proprio e dei
propri enti dipendenti, compresa l’Azienda sanitaria valdostana (art. 2, primo
comma, lettere a e b) e dell’«igiene e sanità, assistenza
ospedaliera e profilattica» (art. 3, primo comma, lettera l).
Le Province autonome di
Trento e di Bolzano prospettano censure analoghe a quelle sollevate con
riguardo al secondo periodo dell’unico comma dell’art. 37 del d.lgs. n. 118 del
2011 (supra,
punto 6.). La Provincia autonoma di Trento denuncia anche la violazione
dell’art. 76 Cost.
La Regione autonoma
Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Trento evidenziano, infine, che nei
rispettivi territori la sanità è interamente a carico dei propri bilanci. Da
ciò deriverebbe, secondo la Provincia, l’irragionevolezza della disposizione
denunciata e, secondo la Regione, il contrasto della stessa disposizione con il
principio, affermato nelle sentenze della
Corte costituzionale n. 133 del 2010 e n. 341 del 2009,
secondo cui lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa
sanitaria, non può dettare norme di coordinamento della finanza sanitaria.
7.1.– Anche con
riguardo a tale normativa è necessario esaminare preliminarmente la questione,
proposta dalla Regione autonoma Valle d’Aosta e dalla Provincia autonoma di
Trento, concernente l’eccesso di delega. Tali ricorrenti prospettano al
riguardo censure analoghe a quelle, sopra scrutinate, relative al secondo
periodo dell’unico comma dell’art. 37 del d.lgs. n. 118 del 2011.
7.2.– La questione è
fondata per le medesime ragioni indicate al punto 6.
Deve infatti osservarsi
che: a) in base alla legge di delegazione n. 42 del 2009, la normativa
impugnata non è applicabile agli enti ad autonomia speciale (comma 2 dell’art.
1); b) la legge di delegazione richiede, nei confronti di tali enti, l’adozione
delle procedure "pattizie” di attuazione statutaria (art. 27); c) la normativa
impugnata stabilisce, invece, la propria applicazione diretta ai medesimi enti
ad autonomia differenziata, senza l’intermediazione di norme adottate con le
procedure previste per l’attuazione statutaria. Tutto ciò comporta il
superamento, da parte del legislatore delegato, dei limiti fissati dalla legge
di delegazione a tutela della speciale autonomia delle Regioni e Province
autonome, con conseguente illegittimità costituzionale, in parte qua, della norma denunciata ed assorbimento delle altre
questioni prospettate dalle predette ricorrenti nei confronti della medesima
normativa.
per questi
motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale del secondo periodo del comma 1 dell’art. 37 del decreto legislativo
23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei
loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’alinea e della
lettera k) del comma 1 dell’art. 29
del d.lgs. n. 118 del 2011, nella parte in cui si applicano direttamente alle
Regioni autonome ed alle Province autonome;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
del comma 1 dell’art. 37 del d.lgs.
n. 118 del 2011, promosse – in
riferimento agli artt. 76, 117, terzo e quarto comma, 118, e 119 Cost. della Costituzione, al principio di leale
collaborazione, all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2011, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), agli artt. 2,
primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettere f) ed l), 4 e 48-bis della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta)
ed alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario
della Regione Valle d’Aosta) – dalla
Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 luglio
2012.