Sentenza n.180 del 1980
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SENTENZA N.180

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge 18 novembre 1975, n. 764, recante < Soppressione dell'ente 6 Gioventù Italiana 6 >, promossi con i ricorsi della Regione Sicilia e della Regione Sardegna, notificati rispettivamente il 7 ed il 12 febbraio 1976, depositati in cancelleria l'11 ed il 20 successivi ed iscritti ai nn. 4 e 7 del registro ricorsi 1976.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 29 ottobre 1980 il Giudice relatore Livio Paladin;

uditi l'avvocato Salvatore Villari per la Regione Sicilia, l'avvocato Giuseppe Guarino per la Regione Sardegna e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - I due ricorsi in esame si prestano ad essere riuniti, in quanto censurano entrambi per violazione delle rispettive autonomie regionali, costituzionalmente e statutariamente garantite la legge statale 18 novembre 1975, n. 764, soppressiva dell'ente < Gioventù italiana >: anche se la Regione Sardegna si limita ad impugnare le disposizioni (artt. 3, primo e secondo comma, 6 e 7) sul trasferimento del personale già posto alle dipendenze dell'ente soppresso, nonché sul conseguente trattamento relativo alle pensioni, all'assistenza malattie ed alle indennità di buonuscita; mentre la Sicilia mette in questione la legittimità costituzionale dell'intera legge, sia pure svolgendo motivi che riguardano in particolar modo l'art. 2 primo comma (sul trasferimento dei compiti dell'ente soppresso), i commi successivi dell'articolo stesso (sul trasferimento del relativo patrimonio), nonché le disposizioni contenute negli artt. 37 (in quanto concernenti il personale trasferito alla Regione).

2. - Data la maggiore ampiezza della proposta impugnativa, giova esaminare in primo luogo il ricorso della Regione Sicilia; il quale coinvolge come già si ricordava tutta la legge n. 764 del 1975, in riferimento ad una vasta ed eterogenea serie di parametri costituzionali e statutari, rispettivamente costituiti dagli artt. 3, 5, 116, nonché dall'ottava disposizione transitoria della Costituzione, e dagli artt. 14, lett. n, p e q, 17, lett. c ed i, 32, 33 e 43 dello Statuto siciliano (cui si aggiunge l'art. 97 Cost., che il ricorso considera violato nella parte riguardante il buon andamento dell'amministrazione).

Per altro, la Corte non può non riscontrare che il ricorso si presenta per molteplici aspetti inammissibile. Nella premessa di tale atto si richiama espressamente la previa deliberazione della Giunta regionale siciliana, che è stata in effetti adottata il 23 gennaio 1976. Sennonché la Giunta, nell'autorizzare la proposizione del ricorso stesso, lamentava soltanto che la legge n. 764 del 1975, < statuendo unilateralmente il trasferimento dei compiti del soppresso Ente Gioventù Italiana alla Regione, senza dar modo a questa di farsi sentire > in proposito, concretasse < una lesione immediata dalle prerogative regionali costituzionalmente garantite, sotto il profilo della violazione dell'art. 43 dello Statuto Regionale >. Ciò comporta che il sindacato sulla pretesa lesione di tutti i parametri diversi dall'articolo 43 dello Statuto debba essere escluso dall'attuale giudizio.

Ed effettivamente l'esigenza che le impugnazioni regionali di leggi dello Stato siano promosse dal Presidente della Giunta regionale < previa deliberazione della Giunta > stessa in base al disposto dell'art. 32, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, di cui questa Corte ha imposto la puntuale applicazione, fin dalla sentenza n. 15 del 1957 verrebbe elusa qualora si ammettesse che il ricorso del Presidente possa denunciare vizi diversi da quelli prefigurati nella relativa delibera della Giunta.

Ma la delimitazione del giudizio, in vista dell'unico parametro che la Regione ricorrente è legittimata ad invocare, comporta una corrispondente riduzione dell'impugnativa, per quanto concerne le disposizioni della legge n. 764 del 1975, sindacabili in questa sede dalla Corte. Fra di esse rientrano, sicuramente, primo e secondo comma dell'art. 3, attinenti al trasferimento del personale già in servizio presso le sedi periferiche e la sede centrale dell'ente < Gioventù italiana >. Inoltre, il complesso delle argomentazioni addotte dal ricorso, in collegamento con la citata delibera della Giunta regionale, impone di pervenire alla stessa conclusione, circa la disciplina dettata per trasferire alle Regioni il patrimonio già proprio dell'ente soppresso.

Infine, analoga questione di legittimità costituzionale, in riferimento alla mancata osservanza della procedura prescritta dallo Statuto per il < passaggio degli uffici e del personale dallo Stato alla Regione >, dev'essere decisa dalla Corte nei riguardi del primo comma dell'art. 2, con cui la legge impugnata ha disposto il trasferimento dei < compiti istituzionali > e delle < attività in atto svolte dall'Ente gioventù italiana >. Anche in tal senso, difatti, nel ricorso si chiede pur senza citare espressamente l'art. 43 dello Statuto che la Corte precisi il < valore da attribuire alle norme di attuazione previste dagli Statuti delle regioni ad autonomia differenziata >.

3. - Entro questi limiti, il ricorso dev'essere accolto.

I dati ricavabili dall'esame dei contributi dottrinali, delle norme statali sul passaggio delle funzioni e degli uffici alle Regioni, della stessa giurisprudenza di questa Corte, sono concordi nel senso di far riconoscere all'art. 43 dello Statuto siciliano (come pure ai consimili disposti degli Statuti speciali della Sardegna, del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia) il significato attribuitogli dalla difesa regionale.

In dottrina, è dominante l'avviso che la competenza conferita agli appositi decreti legislativi di attuazione statutaria (necessaria mente preceduti dalle proposte o dai pareri di una commissione paritetica, composta da rappresentanti dello Stato e della Regione interessata) sia separata e riservata, rispetto a quella esercitatile in applicazione dell'ottava disp. trans. Cost dalle ordinarie leggi della Repubblica. Del pari, allo stesso criterio si dimostrano informate nella loro generalità le leggi statali di trasferimento, entrate in vigore nello scorso decennio. Ciò vale, anzitutto, per il primo passaggio di funzioni, uffici e personale dallo Stato alle Regioni di diritto comune, disposto dagli undici decreti presidenziali del 14-15 gennaio 1972; tanto è vero che si sono resi (o si renderanno) indispensabili  per conseguire i medesimi effetti in Sicilia, in Sardegna, nel Trentino-Alto Adige e nel Friuli-Venezia Giulia specifici atti statali con forza di legge, adottati nelle forme previste per le discipline di attuazione dei relativi Statuti speciali. Ma non diverso è il caso del d.P.R. n. 616 del '77 il quale stabilisce anzi espressamente nell'art. 119 che le funzioni amministrative degli enti pubblici estinti, già trasferiti alle Regioni ordinarie in virtù del contestuale art. 113, continuino < ad essere esercitate nelle regioni a statuto speciale mediante uffici stralcio, fino a quando non sarà diversamente disposto con le norme di attuazione degli statuti speciali o di altre leggi dello Stato >. Del resto, la previsione che il passaggio delle rispettive funzioni (nonché degli uffici, del personale e dei beni in questione) venga operato a favore delle stesse Regioni differenziate, ma con le procedure prescritte da ogni singolo Statuto, si rinviene in varie disposizioni dettate da leggi statali di settore: a partire dall'art. 2, primo comma, della legge n. 698 del 1975 (sul trasferimento delle funzioni dell'Opera nazionale per la protezione della maternità e della infanzia), ovvero dall'art. 1, primo comma, della legge n. 745 del 1975 (sul trasferimento delle funzioni concernenti gli istituti zooprofilattici sperimentali), fino all'art. 80, secondo comma, della legge n. 833 del 1978 (istitutiva del servizio sanitario nazionale).

Ciò che più conta, nel risolvere una controversia analoga a quella in esame, la Corte ha già dichiarato con la sentenza n. 206 del 1975 che il trasferimento alla Regione siciliana del personale dei soppressi enti edilizi, previsto dall'articolo 18 del d.P.R. n. 1036 del 1972, dovesse < aver luogo secondo le norme all'uopo determinate dalla commissione paritetica di cui all'art. 43 dello Statuto >. Nè giova rispondere, per evitare che un tale precedente si applichi anche alla legge soppressiva dell'ente < Gioventù italiana >, che le denunciate previsioni di trasferimento non opererebbero immediatamente, ma richiederebbero provvedimenti ulteriori, senza dunque escludere le cosiddette norme di attuazione statutaria. Sebbene la tesi così sostenuta dall'Avvocatura dello Stato trovi un qualche riscontro nei lavori preparatori della legge stessa (nel corso dei quali fu sottolineata l'esigenza di sentire le competenti commissioni paritetiche, senza di che la legge sarebbe risultata incostituzionale), sta di fatto che il testo degli artt. 2 e 3, primo e secondo comma, non distingue per nulla fra Regioni a statuto ordinario e speciale, ma le considera unitariamente allorché trasferisce con effetto immediato compiti, beni e personale dell'ente. Non a caso, l'ultimo comma dell'art. 3 stabilisce senz'altro che, sino all'inquadramento nei ruoli (destinato ad operare in base al precedente comma dalla data di entrata in vigore della legge in questione), < al personale trasferito viene corrisposto, a carico della regione, il trattamento economico in godimento >; e che qui si tratti di qualunque Regione (Sicilia compresa) viene confermato dalla serie di leggi regionali siciliane con cui si è provveduto in via provvisoria (a cominciare dalla l. 5 marzo 1976, n. 17) ad anticipare una parte di tali spettanze.

S'impone, perciò, l'annullamento dell'art. 2, secondo comma, e dell'art. 3, primo e secondo comma, della legge n. 764 del 1975, nella parte in cui trasferiscono alla Regione Sicilia beni e personale dell'ente < Gioventù italiana >: al di là della lettera dell'art. 43 dello Statuto siciliano, la procedura di trasferimento che tale norma prescrive dev'essere osservata, infatti, non solo per quanto riguarda il passaggio di strutture pertinenti allo Stato in senso stretto, ma anche nelle ipotesi di soppressione e regionalizzazione degli enti pubblici nazionali sul tipo della < Gioventù italiana >.

Corrispondentemente, va inoltre dichiarata l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 2, malgrado l'art. 43 dello Statuto siciliano a differenza dall'ottava disp. trans. Cost. si riferisca soltanto al passaggio degli uffici e del personale, non già al trasferimento delle funzioni per sé considerate.

Nel caso dell'ente < Gioventù italiana > non potrebbero valere le argomentazioni con cui questa Corte ha sostenuto (cfr. le sentt. n. 136 del 1969, n. 95 e n. 108 del 1971) che < non sempre > si richiedono apposite norme di attuazione statutaria, affinché le Regioni differenziate possano esercitare le proprie competenze, individuate e garantite dai rispettivi Statuti. Non va dimenticato, infatti, che la legge n. 764 del 1975 ha per oggetto un'istituzione i cui compiti erano stati deferiti sia pure sulla carta ad altre amministrazioni pubbliche, già in forza dell'art. 6 del r.d.l. 2 agosto 1943, numero 704; che nel successivo quarantennio l'ente < Gioventù italiana > è tuttavia sopravvissuto, solo perchè non venne approvato e reso esecutivo il piano di ripartizione dei suoi compiti, previsto dal decreto 19 agosto 1944 del Presidente del Consiglio dei ministri; che il capoverso dell'art. 1 della stessa legge soppressiva presuppone là dove richiama le < modalità > e le < procedure stabilite dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404 > che gli scopi dell'ente soppresso siano cessati: cosicché nel primo comma dell'art. 2 l'accento non cade sui < compiti istituzionali >, ma sulle < attività in atto svolte >, da intendersi come attività residue, la sorte delle quali non potrebbe essere scissa da quella del patrimonio già proprio della < Gioventù italiana > e del personale addetto ai beni medesimi.

4. - Al pari che in Sicilia, anche per quanto concerne la Sardegna le norme relative al passaggio degli uffici e del personale devono essere emanate  in base all'art. 56 dello Statuto speciale - < con decreto legislativo >, su proposta di un'apposita < Commissione paritetica >. Il ricorso di tale Regione va pertanto accolto, nella parte in cui censura la violazione dell'art. 56, per effetto del primo e del secondo comma dell'art. 3 della legge 18 novembre 1975, n. 764, disciplinanti il trasferimento alle Regioni del personale dell'ente < Gioventù italiana >. E ne risultano assorbite le ulteriori censure che il ricorso prospetta con particolare riguardo agli artt. 6 e 7 della legge impugnata assumendo che lo Stato avrebbe invaso una sfera di competenza riservata al legislatore regionale, quale l'< ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione > (ivi compreso lo < stato giuridico ed economico del personale >), di cui all'art. 3 lett. a dello Statuto speciale.

A questo punto, però, la Corte deve rilevare che l'annullamento dell'art. 3, primo e secondo comma, della legge impugnata determina in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 l'illegittimità conseguenziale dello stesso articolo 2, primo e secondo comma. Sebbene l'impugnativa della Regione Sardegna, diversamente da quella della Regione Sicilia non coinvolga le norme sul trasferimento dei compiti e dei beni già spettanti alla < Gioventù italiana >, le norme stesse sono state pur sempre approvate in vista di un'unica ed indivisibile serie di operazioni di liquidazione: che non si presta a venire suddivisa in più segmenti, annullando i disposti relativi al trasferimento del personale, per mantenere in vigore circa la sola Sardegna quelli relativi al parallelo trasferimento delle funzioni e dei beni. Già si è notato, al contrario, come < i compiti istituzionali e le attività in atto svolte dall'Ente gioventù italiana > debbano subire la sorte delle corrispondenti strutture.

Ma, anche nei rapporti fra il patrimonio e il personale, il nesso stabilito dalla legge n. 764 del 1975 si dimostra inscindibile, tanto è vero che l'art. 3 ha trasferito alle Regioni il personale delle sedi periferiche della < Gioventù italiana >, in quanto < destinatarie dei beni ceduti >; mentre il personale della sede centrale è stato a sua volta trasferito < in misura proporzionale a quello delle sedi periferiche addetto ai beni ceduti >. E non pare accidentale, sotto questo aspetto, che la Giunta regionale della Sardegna nella seduta del 28 gennaio 1976-avesse deliberato l'impugnazione della intera legge n. 764 del 1975, in riferimento alla violazione dell'art. 56 St., che tale legge avrebbe congiuntamente concretato < nel trasferimento dei beni e del personale >.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge 18 novembre 1975, n. 764 (sulla soppressione dell'ente < Gioventù italiana >), in riferimento agli artt. 3, 5,116, nonché all'ottava disposizione transitoria della Costituzione, ed agli artt. 14, lett. n, p e q, 17 lett. c ed i, 32 e 33 del relativo Statuto speciale, promossa dalla Regione Sicilia, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 2, primo e secondo comma, e 3, primo e secondo comma, della legge n. 764 del 1975, nella parte in cui disciplinano il trasferimento alla Regione Sicilia dei < compiti istituzionali > e delle < attività in atto svolte dall'Ente gioventù italiana >, nonché del patrimonio immobiliare e del personale dell'ente medesimo, senza prescrivere l'osservanza della procedura prevista dallo art. 43 del relativo Statuto speciale;

3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, primo e secondo comma, della legge n. 764 del 1975, nella parte in cui disciplina il trasferimento alla Regione Sardegna del personale dell'ente < Gioventù italiana >, senza prescrivere l'osservanza della procedura prevista dall'art. 56 del relativo Statuto speciale;

4) dichiara in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo e secondo comma, della legge n. 764 del 1975, nella parte in cui disciplina il trasferimento alla Regione Sardegna dei < compiti istituzionali >, delle < attività in atto svolte > e del < patrimonio immobiliare > dell'ente < Gioventù italiana >, senza prescrivere l'osservanza della procedura prevista dallo art. 56 del relativo Statuto speciale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/12/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA -  Edoardo  VOLTERRA – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 22/12/80.