SENTENZA N. 95
ANNO 1971
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge regionale del Trentino-Alto Adige 19 agosto 1965, n. 4, contenente norme per l'assistenza ai pensionati e ai loro familiari iscritti alle casse mutue provinciali di malattia di Trento e di Bolzano, promossi con due ordinanze emesse dal Consiglio di Stato - sezione sesta - rispettivamente il 5 novembre 1968 ed il 7 maggio 1969 sui ricorsi delle imprese di costruzione edilizia De Petris Tullio e Moschen Roberto, della società industria legnami fratelli Moruzzi, della società FAMA e di Degasperi Mariano contro la Regione Trentino-Alto Adige e le casse mutue provinciali di malattia di Trento e di Bolzano, iscritte ai nn. 214 del registro ordinanze 1969 e 77 del registro ordinanze 1970 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 165 del 2 luglio 1969 e n. 82 del 1 aprile 1970 e nel Bollettino regionale n. 25 del 17 giugno 1969 e n. 17 del 28 aprile 1970.
Visti gli atti di costituzione della società FAMA e di Degasperi Mariano e d'intervento del Presidente della Regione Trentino-Alto Adige;
udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 1971 il Giudice relatore Michele Fragali;
uditi l'avv. Mario Barbato, per la società FAMA e per Degasperi, e l'avv. Vitaliano Lorenzoni, per la Regione Trentino-Alto Adige.
Ritenuto in fatto
1. - Il Consiglio di Stato, con ordinanza 5 novembre 1968, pervenuta a questa Corte il 22 maggio 1969, ha denunciato di illegittimità costituzionale l'art. 2 della legge della Regione Trentino-Alto Adige 19 agosto 1965; n. 4, che, in relazione ad una integrazione di assistenza disposta con l'art. 1 a favore dei pensionati iscritti alle casse mutue provinciali di malattia di Trento e di Bolzano e a favore dei loro familiari, statuiva che l'aliquota contributiva addizionale avrebbe dovuto essere determinata con decreto del Presidente della Giunta regionale in misura non superiore a quella fissata per l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie. Il Consiglio di Stato riteneva che la norma denunciata era in contrasto con l'art. 6, primo comma, dello Statuto regionale, che attribuisce alla Regione, nelle materie concernenti la previdenza e le assicurazioni sociali, potestà legislativa integrativa di quella statale, quindi potestà praeter legem o secundum legem, non contra legem: legittimo sarebbe il trattamento sostanziale previsto dalla legge regionale, ma non il modo del finanziamento, che riguarda, non le prestazioni integrative soltanto, ma anche quelle fondamentali, regolate dalla legge dello Stato.
In altra ordinanza 7 maggio 1969, pervenuta a questa Corte il 25 febbraio 1970, il Consiglio di Stato rinnovò i dubbi di costituzionalità riguardo all'art. 2 della predetta legge regionale 19 agosto 1965, n. 4, per motivi identici a quelli sopra esposti; ma ritenne che tutta la legge possa essere viziata di illegittimità costituzionale in relazione all'art. 95 dello Statuto regionale, non essendo state ancora emanate norme di attuazione dello statuto stesso in materia di previdenza sociale e comunque perché, senza queste norme d'attuazione, non avrebbe potuto come ha fatto, esercitare potestà legislativa intesa a modificare le attribuzioni degli organi statali nella materia predetta.
2. - Nella prima causa comparve soltanto la Regione, nella seconda soltanto la parte privata.
La Regione, nella prima causa, ha opposto che il Consiglio di Stato non ha tenuto in conto il fatto che l'esercizio della potestà legislativa integrativa da parte della Regione determina, nella disciplina dell'assistenza di malattia, una differenza di carattere essenziale che consente di ricollegare la titolarità, in capo alla Regione, dei corrispondenti poteri amministrativi, ivi compreso quello di determinare l'aliquota contributiva nella sua totalità: non si può scindere un'aliquota base da un'aliquota integrativa, perché neppure sotto il profilo attuariale può evitarsi una determinazione globale.
La parte privata, nella seconda causa, ha fatto proprio l'assunto per cui l'art. 6 dello Statuto regionale, che dà alla Regione potestà legislativa integrativa, nella materia della previdenza e delle assicurazioni sociali, per divenire operante deve essere seguita da norme di attuazione statali. Ha osservato che queste norme condizionano il trasferimento di potere e di attribuzione dallo Stato alla Regione; che il d.P.R. 30 giugno 1951, n. 374, concernente norme d'attuazione allo Statuto, all'art. 38, trattando della previdenza sociale, stabilisce solamente che le casse mutue malattia fruiscono delle potestà e delle agevolazioni riconosciute all'INAM; che la legge 4 dicembre 1956, n. 1405, nel trasferire alle casse mutue di Trento e Bolzano l'onere della gestione dell'assistenza di malattia per i pensionati residenti nella Regione, non ha rimesso a questa l'organizzazione del servizio e la potestà di regolarlo e di stabilire i mezzi e le fonti e le competenze per fronteggiare le spese. La parte privata si richiamò alla legge istitutiva delle casse che confermò implicitamente le attribuzioni e le competenze specificatevi; e così, secondo essa, deve dirsi per la legge 31 dicembre 1961, n. 1443, che nessuna particolare attribuzione ha dato agli organi regionali. Si aggiunge che, nel titolo VI dello Statuto, il quale tratta delle finanze regionali e provinciali, fra le materie e gli ambiti entro cui la Regione e le province possono imporre oneri fiscali o parafiscali, non si fa alcun cenno alle contribuzioni per la previdenza e le assicurazioni sociali; comunque in questa materia non sono state emanate norme di attuazione.
Quanto al modo con cui la Regione ha esercitato la sua competenza integrativa si rileva che l'art. 2 della legge denunciata contiene una vera e propria nuova regolamentazione della materia e quindi si pone in contrasto con la legge statale: infatti richiama i criteri stabiliti dall'art. 17 legge regionale 20 agosto 1954, n. 25, che riguarda i lavoratori in attività di servizio, dicendo qualcosa che non concorda con le leggi statali 4 agosto 1955, n. 692, e 31 dicembre 1961, n. 1443; come non concorda con queste leggi l'attribuzione al Presidente regionale di poteri che invece spettano al Presidente della Repubblica. Altro si sarebbe potuto dire se la Regione, ove ne avesse avuta la possibilità, avesse stabilito una superaliquota, da aggiungersi a quella fissata dal Presidente della Repubblica.
3. - La parte privata ha pure presentato memoria, nella quale ha ribadito e illustrato le sue precedenti deduzioni, ha esaminato la giurisprudenza della Corte circa la potestà legislativa della Regione e delle province del Trentino e dell'Alto Adige, in mancanza di norme di attuazione, e ha concluso nel senso che quella giurisprudenza non riguarda le cause in decisione, le quali concernono materia di potestà legislativa integrativa.
4. - All'udienza del 10 marzo 1971 i difensori della Regione e delle parti private hanno confermato le rispettive tesi e conclusioni.
Considerato in diritto
1. - Le due cause possono essere riunite, concernendo la stessa norma ordinaria, l'art. 2 della legge della Regione Trentino-Alto Adige 19 agosto 1965, n. 4, contenente disposizioni per l'assistenza ai pensionati ed ai loro familiari iscritti alle casse mutue provinciali di malattia di Trento e di Bolzano.
2. - Preliminare é la questione proposta dalla seconda delle ordinanze del Consiglio di Stato, la quale nega l'esistenza di un potere legislativo regionale nella materia della previdenza sociale, perché, riguardo ad essa, non sarebbero state emanate norme di attuazione dello Statuto.
Sennonché, nella materia predetta, la Regione Trentino- Alto Adige ha facoltà di emanare norme legislative allo scopo di integrare le disposizioni delle leggi dello Stato; e non si vede come una competenza di tal genere richieda l'emanazione di norme di attuazione. La competenza legislativa integrativa ha una sua delimitazione nel fatto che é di contenuto complementare rispetto alla legge statale, non può modificare questa legge, ma può oltrepassarne i limiti senza menomarne la normazione. Trova, vale a dire, nella sua stessa oggettivazione, limiti e modalità di esercizio, così da rendere inutili ulteriori precisazioni in leggi di attuazione. Questa Corte, nella sentenza 15 luglio 1969, n. 136, ha ritenuto che, quando indica puntualmente l'oggetto della potestà legislativa che essa attribuisce alla Regione o alla provincia autonoma, la fonte statutaria deve ritenersi sufficiente a conferire direttamente all'una o all'altra i poteri legislativi o amministrativi inerenti a quella materia: l'ipotesi di competenza regionale integrativa, che é una nozione in sé definita, rientra nelle considerazioni così riportate.
3. - Non v'é dubbio che la Regione poteva estendere le prestazioni delle casse mutue di malattia oltre i limiti della assistenza assicurata dalle leggi dello Stato, perché, così facendo, non avrebbe toccato la base fondamentale del sistema assicurativo concernente le malattie dei pensionati: la legge regionale in esame si é mantenuta entro tali limiti. E non é dubbio nemmeno che, aumentando ai pensionati i vantaggi che le leggi dello Stato loro avevano attribuito, la Regione doveva provvedere al finanziamento delle casse mutue, per le maggiori prestazioni che dovevano erogare: l'esercizio della potestà legislativa d'integrazione non può ritenersi ristretta ai casi in cui non si rende necessaria una copertura di spesa, e manca infatti, nello Statuto regionale, ogni accenno a limitazioni del genere. Quella di malattia é una assicurazione di ripartizione; e, ammesso che la Regione, nell'esercizio della potestà legislativa integrativa, possa estendere le prestazioni dovute in base alla legge statale, deve anche ammettersi che essa sia legittimata a disporre che il costo delle prestazioni stesse gravi su coloro che sono tenuti all'assicurazione relativa all'assistenza principale, ove non ritenga necessario uno stanziamento di fondi propri.
La Regione é però competente a determinare soltanto l'importo dei contributi di copertura di quel maggior costo, non anche i contributi inerenti alle prestazioni principali, che, nella specie, lo Stato ha fissato con d.P.R. 31 dicembre 1963, 2194.
4. - Nelle ordinanze del Consiglio di Stato si sostiene che l'art. 2 della legge denunziata é incorso nella violazione della competenza regionale, perché fissa una unica cifra di contributi, comprensiva di quelli di competenza regionale e degli altri di competenza statale; ed entrambi li fa determinare da un atto regionale.
Che la norma si presti ad una interpretazione del genere non é contestabile; ma, se ben si penetra nel suo significato, si constata che essa non ha inteso per nulla avocare alla Regione una potestà legislativa statale. Ha voluto soltanto rendere possibile conglobare in un totale aritmetico i due contributi, onde concentrare in una sola cifra il debito degli obbligati alle contribuzioni di malattia, e farne desumere da un solo atto l'importo complessivo. Può ammettersi che questa tecnica legislativa non sia corretta; ma il metodo adottato non fa sì che la legge debba intendersi nel senso che, secondo essa, deve essere rideterminato per autorità regionale il contributo concernente le prestazioni-base dell'assicurazione. Questo significato é stato escluso dallo Stato; tanto vero che esso non impugnò in via principale, né sollevò conflitto di attribuzione in relazione al decreto del presidente regionale 4 agosto 1965, n. 167, che sommò il contributo di competenza statale e quello di competenza regionale.
Conforta tale interpretazione, del resto, il richiamo che la legge in esame fa all'art. 17, secondo comma, di quella regionale 20 agosto 1954, n. 25, nel quale si attribuisce alla Regione soltanto la competenza a determinare i contributi per le categorie che, secondo legge o contratto collettivo di lavoro, hanno diritto a prestazioni sanitarie ed economiche in forma o misura diversa da quelle erogate dall'INAM. Per cui é un difetto di formulazione della legge denunciata che ha fatto sorgere il dubbio sulla sua legittimità; non una effettiva invasione della competenza legislativa statale, che la Regione non ha assorbito in quella propria.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale del Trentino-Alto Adige 19 agosto 1965, n. 4, contenente norme per l'assistenza ai pensionati e ai loro familiari iscritti alle casse mutue provinciali di malattia di Trento e di Bolzano, promossa dal Consiglio di Stato, in riferimento agli artt. 6, primo comma, e 95 dello Statuto regionale, nonché in riferimento alla VIII Disposizione transitoria della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1971.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria l'11 maggio 1971.