SENTENZA N. 145
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 54 e 55, 661 e 662, 796, lettera b), 830, 831 e 832, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il 23 febbraio 2007, depositato in cancelleria il 2 marzo 2007 ed iscritto al n. 11 del registro ricorsi 2007.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 26 febbraio 2008 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi gli avvocati Michele Arcadipane e Giovanni Carapezza Figlia per la Regione Siciliana e l’avvocato dello Stato Michele Dipace per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – La Regione Siciliana, con ricorso notificato il 23 febbraio 2007 e depositato il 2 marzo 2007, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 54 e 55, 661 e 662, 796, lettera b), nonché 830, 831 e 832, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007).
1.1. – Con riferimento al non censurato comma 53 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 – il quale stabilisce che «Entro il 31 gennaio di ciascun anno sono trasmessi alle regioni i dati relativi all’import/export del sistema doganale» e che «entro il medesimo termine sono trasmessi alle regioni, alle province autonome e ai comuni i dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nell’anno precedente dai contribuenti residenti» –, gli impugnati commi 54 e 55 demandano, rispettivamente, ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate (emanato d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali) e ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane, la disciplina delle «modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati» relativi, da un lato, alle dichiarazioni dei redditi di cui al precedente comma 53 (comma 54) e, dall’altro, all’«import/export» del sistema doganale (comma 55).
1.2. – Il comma 661 del medesimo articolo 1 della legge n. 296 del 2006 prevede che «Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono al riequilibrio della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dal comma 660», cioè tramite il raggiungimento di uno specifico accordo con il Ministro dell’economia e delle finanze avente ad oggetto il complessivo livello delle spese correnti e in conto capitale, «anche con misure finalizzate a produrre un risparmio per il bilancio dello Stato, in misura proporzionale all’incidenza della finanza di ciascuna regione a statuto speciale o provincia autonoma sulla finanza regionale e locale complessiva, anche mediante l’assunzione dell’esercizio di funzioni statali, attraverso l’emanazione, entro il 31 marzo 2007 e con le modalità stabilite dai rispettivi statuti, di specifiche norme di attuazione statutaria; tali norme di attuazione precisano le modalità e l’entità dei risparmi per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o comunque per annualità definite».
Il comma 662 demanda alle norme di attuazione dello statuto speciale la previsione – sulla base degli esiti della sperimentazione finalizzata ad assumere, quale base di riferimento per il patto di stabilità interno, il saldo finanziario, ai sensi dell’art. 1, comma 656, della medesima legge – di disposizioni atte ad assicurare «in via permanente il coordinamento tra le misure di finanza pubblica previste dalle leggi costituenti la manovra finanziaria dello Stato e l’ordinamento della finanza regionale previsto da ciascuno statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, nonché le modalità per il versamento dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale dell’imposta sul reddito delle persone fisiche».
1.3. – L’art. 1, comma 796, lettera b), della medesima legge n. 296 del 2006 – al fine di «garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, in attuazione del protocollo d’intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per un patto nazionale per la salute, sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, in data 28 settembre 2006, ha espresso la propria condivisione» – istituisce un «Fondo transitorio» alla cui ripartizione possono accedere (previa sottoscrizione di un accordo che definisca, tra l’altro, un apposito piano di rientro) le Regioni interessate da elevati disavanzi e per le quali sia scattato l’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche o dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive.
In forza del comma censurato, «Qualora nel procedimento di verifica annuale del piano si prefiguri il mancato rispetto di parte degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo contenuti nel piano di rientro, la regione interessata può proporre misure equivalenti che devono essere approvate dai Ministeri della salute e dell’economia e delle finanze»; in ogni caso, l’accertamento del mancato raggiungimento di tali obiettivi comporta che, con riferimento all’anno d’imposta dell’esercizio successivo, le predette addizionali si applichino, in via generalizzata e senza «differenziazioni per settori di attività e per categorie di soggetti passivi», «oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente fino all’integrale copertura dei mancati obiettivi». Nel caso in cui, invece, il rispetto di detti obiettivi intermedi sia stato conseguito «con risultati […] quantitativamente migliori», la Regione interessata può ridurre le medesime imposte «per la quota corrispondente al miglior risultato ottenuto». La disposizione impugnata chiarisce, poi, che gli «interventi individuati dai programmi operativi di riorganizzazione, qualificazione o potenziamento del servizio sanitario regionale, necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza […], sono vincolanti per la regione che ha sottoscritto l’accordo». La medesima disposizione precisa che le determinazioni previste nell’accordo «possono comportare effetti di variazione nei provvedimenti normativi ed amministrativi già adottati dalla medesima regione in materia di programmazione sanitaria». Da ultimo, la citata disposizione prevede che il «Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, assicura l’attività di affiancamento delle regioni che hanno sottoscritto l’accordo […] sia ai fini del monitoraggio dello stesso, sia per i provvedimenti regionali da sottoporre a preventiva approvazione […], sia per i Nuclei da realizzarsi nelle singole regioni con funzioni consultive di supporto tecnico».
1.4. – Il comma 830 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, al fine di pervenire al completo trasferimento della spesa sanitaria a carico del bilancio della Regione Siciliana, determina la misura del concorso della Regione a tale spesa nella misura del 44,85 per cento per l’anno 2007, del 47,05 per cento per l’anno 2008 e del 49,11 per cento per l’anno 2009.
Il comma 831 sospende l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 830 fino al 30 aprile 2007; stabilisce che «entro tale data dovrà essere raggiunta l’intesa preliminare all’emanazione delle nuove norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia sanitaria»; determina, infine, per l’anno 2007 il concorso di detta Regione alla spesa di cui al comma 830 in misura pari al 44,09 per cento, nel caso di mancato raggiungimento dell’intesa.
Il comma 832 demanda alle norme di attuazione di cui al comma 831 il riconoscimento della «retrocessione alla Regione siciliana di una percentuale non inferiore al 20 e non superiore al 50 per cento del gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel territorio regionale»; stabilisce che tale retrocessione «aumenta simmetricamente, fino a concorrenza, la misura percentuale del concorso della Regione alla spesa sanitaria, come disposto dal comma 830»; prevede, infine, che «alla determinazione dell’importo annuo della quota da retrocedere alla Regione si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Commissione paritetica prevista dall’articolo 43 dello Statuto».
2. – La Regione Siciliana censura l’art. 1, commi 54 e 55, 661 e 662, 796, lettera b), 830, 831 e 832, della legge n. 296 del 2006, per violazione (complessivamente) degli artt. 3, 81 e 119 della Costituzione, del principio di leale collaborazione, dell’art. 10 della legge costituzionale 8 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), del decreto legislativo 3 novembre 2005, n. 241 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana, recanti attuazione dell’articolo 37 dello Statuto e simmetrico trasferimento di competenze), nonché degli artt. 36 e 43 dello statuto siciliano (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 – Approvazione dello statuto della Regione siciliana).
2.1. – In particolare, per quanto riguarda gli impugnati commi 54 e 55, la Regione deduce la violazione del principio di leale collaborazione, nella parte in cui dette disposizioni, rispettivamente: a) riservano alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, e non alla Conferenza unificata, l’espressione dell’intesa concernente il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate (comma 54); b) non prevedono l’intesa della Conferenza Stato-Regioni sul provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane (comma 55).
Per la ricorrente, tale scelta del legislatore statale è «assolutamente arbitraria» perché non considera «in alcun modo il ruolo, il rilievo e gli interessi delle Regioni». L’esclusione della partecipazione di tali enti territoriali alla definizione di modalità tecniche di trasmissione telematica di dati da trasmettere anche alle Regioni medesime è inoltre, secondo la medesima ricorrente, «irrazionale in quanto incompatibile con la logica interna del sistema ed in palese contraddizione con la stessa scelta del legislatore finalizzata ad attivare un confronto con altre realtà istituzionali al fine di elaborare soluzioni condivise».
Il principio di leale collaborazione – prosegue la Regione Siciliana – «avrebbe viceversa imposto di individuare una sede di raccordo fra i diversi livelli di governo […] per consentire un esercizio coordinato delle funzioni e meglio rispondere ai criteri di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa».
2.2. – Per quanto riguarda, invece, gli impugnati commi 661 e 662, la Regionededuce, con un primo motivo di censura, che il comma 661 víola il d.lgs. n. 241 del 2005, perché detto comma, stabilendo «sostanzialmente il trasferimento di funzioni senza trasferimento di risorse economiche o con il trasferimento di risorse inferiori al necessario», non rispetta il «criterio di simmetria» tra trasferimento di funzioni e di risorse stabilito dall’evocato decreto legislativo di attuazione dello statuto.
Con un secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 81 e 119 Cost. e dell’art. 36 dello statuto, in quanto lo stesso comma 661 – perseguendo l’obiettivo di produrre un risparmio per il bilancio dello Stato e comportando «un corrispondente aggravio di spesa per il bilancio delle considerate Autonomie speciali» – comporta «uno squilibrio finanziario a carico del bilancio regionale».
Con un terzo motivo, la ricorrente deduce che detto comma víola l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, perché tale ultima disposizione costituzionale, «caratterizzata da assoluta specialità […] e mirante a garantire alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e Bolzano quelle forme di autonomia più ampie contemplate dalle norme del nuovo Titolo V», «non pregiudica in alcun modo quelle attribuzioni e prerogative riconosciute dai singoli Statuti di autonomia, e dunque, al contempo, non consente che al di fuori degli strumenti pattizi in essi individuati, od anche liberamente convenuti, si incida sull’equilibrio finanziario e sull’autonomia regionale».
Con un quarto motivo, infine, la ricorrente afferma che i commi 661 e 662 violano l’art. 43 dello statuto, in quanto essi, «predeterminando unilateralmente il contenuto di future norme di attuazione statutaria», ledono «il principio di pariteticità che presiede alla determinazione pattizia delle medesime, palesandosi evidentemente, allo scopo, del tutto insufficiente la garanzia procedimentale, del resto ovvia, alla quale si rinvia».
2.3. – Con riferimento al denunciato art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006, la Regione Siciliana – presupponendo che la violazione delle evocate disposizioni costituzionali non attinenti al riparto di competenze tra Stato e Regioni ridondi in «una compromissione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Regione stessa» – deduce, con un primo motivo di censura, la violazione dell’art. 23 Cost., perché la disposizione impugnata non soddisfa la riserva di legge prevista dalla Costituzione, prevedendo «l’applicazione di tributi senza individuare alcuna aliquota che limiti il prelievo fiscale ad una percentuale della base imponibile considerata».
Con un secondo motivo di censura, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 3 Cost., in quanto la disposizione censurata determina «una gravissima disuguaglianza» tra i soggetti residenti nelle diverse Regioni italiane, «in relazione a fatti ed accadimenti che si pongono al di fuori della loro possibilità di determinazione e di controllo».
Da ultimo la ricorrente deduce, con un terzo motivo di censura, la violazione dell’art. 36 dello statuto e dell’art. 119 Cost., perché la lettera impugnata, «rimettendo in fondo al potere, peraltro discrezionale, dell’amministrazione statale l’accertamento del verificarsi di quella situazione da cui scaturisce l’applicazione delle considerate imposte “oltre i limiti massimi previsti dalla vigente legislazione”, altera il sistema costituzionale di imputazione della titolarità di competenza nella materia considerata, non consentendo alla Regione di provvedere, nei limiti delle scelte possibili e delle risorse disponibili, alle determinazioni che le competono secondo quei “principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, espressamente richiamati dall’art. 119, comma secondo, della Costituzione».
2.4. – Per quanto riguarda gli impugnati commi 830, 831 e 832, la Regione Siciliana deduce, con un primo motivo di censura, la violazione degli artt. 81, quarto comma, e 119, quarto comma, Cost., perché le disposizioni denunciate, fissando un aumento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria senza un contemporaneo trasferimento di risorse aggiuntive, determinano «un grave squilibrio finanziario» a carico del bilancio regionale. Tale squilibrio viene quantificato dalla Regione medesima in 185, 371 e 556 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007/2009 e rispetto al quale la ricorrente lamenta di essere «palesemente non in grado, in relazione all’entità delle somme in gioco», di provvedere «mediante la rimodulazione e la compressione di altre voci di spesa». Ad avviso della ricorrente, le predette misure di retrocessione non potrebbero essere considerate “risorse aggiuntive”, in quanto queste ultime misure sono previste soltanto per quote di compartecipazione «ulteriori» rispetto a quelle stabilite dagli impugnati commi 830 e 831.
Con un secondo motivo di censura, la Regione Siciliana deduce la violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., in quanto le disposizioni censurate, prevedendo un aumento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria senza un contemporaneo trasferimento di risorse aggiuntive, determinano un «trattamento difforme rispetto a quanto previsto in relazione alle ulteriori maggiorazioni prefigurate dal comma 832». Per la ricorrente, detto principio è infatti «destinato a trovare applicazione, in forza di un procedimento di astrazione […], anche nei confronti dei fatti, delle situazioni e degli istituti giuridici, ponendo sostanzialmente un divieto di discriminazioni arbitrarie ed ingiuste».
Infine, la Regione deduce, con un terzo motivo di censura, la violazione dell’art. 43 dello statuto, perché le disposizioni impugnate «limitano l’intervento della Commissione paritetica ivi prevista all’individuazione di quelle misure percentuali di concorso regionale alla spesa sanitaria discendenti dalla prevista simmetria rispetto alla quota di gettito da devolvere, mentre rientra viceversa tra i suoi compiti il definire, tra gli altri, anche tutti i profili finanziari connessi all’esercizio delle funzioni attribuite».
3. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate.
3.1. – Con riferimento alle questioni riguardanti i commi 54 e 55 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, la difesa erariale afferma che le disposizioni impugnate «disciplinano materie indubbiamente di competenza esclusiva dello Stato», concernendo, da un lato, il sistema tributario e contabile nazionale (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.) e, dall’altro, la trasmissione telematica di dati delle amministrazioni statali (art. 117, secondo comma, lettera r, Cost.).
La previsione, per la sola trasmissione dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi, di un’intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato-città non víola – secondo l’Avvocatura generale – il principio di leale collaborazione con le Regioni «in quanto mentre per gli enti locali territoriali la procedura di trasmissione informatica-digitale è certamente più complessa, dato il numero e l’organizzazione [di] detti enti, per cui è necessario un modello unitario e condiviso, per quanto riguarda le Regioni si potranno trovare forme diverse di accordi sia con ogni singola Regione che con tutte o gruppi di esse da parte del direttore della Agenzia delle entrate e delle dogane (per quanto riguarda i dati import-export)».
3.2. – In relazione alle questioni riguardanti i commi 661 e 662, la difesa erariale afferma che le disposizioni impugnate, rientranti nel più ampio «complesso di norme» costituito dai commi da 656 a 672 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, prevedono misure concrete di concorso regionale alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica previsti dal patto di stabilità interno e, quindi, «costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione». L’Avvocatura erariale, ritenendo che l’assunzione dell’esercizio di funzioni statali da parte della Regione ben possa costituire una misura di risparmio per il bilancio dello Stato, afferma che le disposizioni impugnate non comportano «obblighi lesivi della competenza legislativa regionale», ma piuttosto costituiscono «la prefissione di un principio in termini di risultato che lascia alla discrezionalità delle regioni la scelta delle misure organizzative più appropriate per la realizzazione degli scopi indicati».
3.3. – In relazione alle questioni riguardanti il comma 796, lettera b), la difesa erariale eccepisce preliminarmente in rito l’inammissibilità delle stesse, perché: a) la lettera impugnata è «la puntuale riproduzione» del paragrafo 3.1, lettera b), del protocollo d’intesa tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, per un patto nazionale per la salute, «al quale ha aderito la regione ricorrente»; b) «la disposizione in esame non riguarda specificamente la regione siciliana, ma contiene la disciplina del rientro degli eventuali elevati disavanzi nella spesa sanitaria da parte delle regioni implicate, e nel ricorso non è detto che tra queste vi sia la regione siciliana».
Quanto al merito delle censure, l’Avvocatura afferma che la disposizione impugnata costituisce un principio finalizzato «a tenere sottocontrollo la spesa sanitaria (regionale) che è certamente un obiettivo di finanza pubblica, di competenza statale, imposto dal patto di stabilità con l’Unione europea».
3.4. – In relazione alle questioni riguardanti i commi 830, 831 e 832, la difesa erariale afferma che le stesse sono infondate, «oltre che» inammissibili, «in quanto il comma 830 è sospeso fino al 30 aprile 2007 […] e in ogni caso la misura del concorso di spesa regionale è compensata dal riconoscimento alla regione Sicilia della retrocessione di una parte del gettito delle accise sui prodotti petroliferi che dovrebbe compensare l’eventuale maggior onere a carico delle Regioni».
4. – In data 24 luglio 2007 la Regione Siciliana ha depositato atto di rinuncia al ricorso, limitatamente all’impugnazione del comma 796, lettera b), dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006. A sua volta, con atto depositato in data 11 settembre 2007, il Governo ha accettato la rinuncia al ricorso presentata nei suddetti termini.
5. – Con memoria depositata in prossimità della pubblica udienza, l’Avvocatura generale dello Stato, tenuto conto dell’intervenuta rinuncia parziale al ricorso e della relativa accettazione, ha sostanzialmente ribadito le conclusioni già rassegnate.
5.1. – Quanto alle questioni relative ai commi 54 e 55, la difesa erariale afferma che a) «l’aver previsto la sola consultazione della conferenza Stato-città ed autonomie locali» non può «rappresentare una violazione del principio di leale collaborazione sia perché tali modalità non penalizzano il diritto delle Regioni a ricevere i predetti dati sia perché non pregiudicano la possibilità che all’intesa possono partecipare anche le Regioni ai sensi dell’art. 2, c. 2, del d.p.c.m. del 2.7.1996, istitutivo della conferenza stessa»; b) la mancata previsione di un’intesa per la trasmissione dei dati sull’import/export non pregiudica interessi rilevanti delle Regioni, trattandosi «di individuazione di semplici modalità di trasmissione di dati».
5.2. – Con riferimento alle questioni riguardanti i commi 661 e 662, l’Avvocatura afferma che esse sono infondate «in quanto è la stessa disposizione del comma 661 a prevedere il ricorso a specifiche norme di attuazione statutaria per l’assunzione dell’esercizio delle funzioni statali da parte della Regione». La disposizione impugnata presuppone quindi – secondo la difesa erariale – la partecipazione della Regione alla determinazione delle misure, «fermo restando la finalità di realizzare risparmi per il bilancio statale attraverso le relative riduzioni di spese».
5.3. – Quanto alle questioni riguardanti i commi 830, 831 e 832, l’Avvocatura, dopo aver ricordato che la Sicilia è l’«unica» Regione a beneficiare ancora dell’intervento statale in materia di «finanziamento della Sanità nel comparto delle autonomie», afferma che l’aumento della misura del concorso a detto finanziamento è stato già unilateralmente disposto dallo Stato in passato (con gli artt. 12, comma 9, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante «Interventi correttivi di finanza pubblica»; 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica»; 2, comma 3, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica»; 1, comma 143, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica») e che «non è […] irragionevole che […] il legislatore richieda agli enti di autonomia piú favoriti, una maggiore partecipazione in nome delle fondamentali esigenze di solidarietà nazionale»: da ciò deriva l’infondatezza delle questioni poste con riferimento all’art. 3 Cost..
Inoltre – secondo la difesa erariale – le medesime disposizioni, da un lato, «vanno nella direzione della completa attuazione dell’art. 119 Cost. nel senso di un progressivo trasferimento alla regione siciliana dell’intero onere finanziario relativo alla spesa sanitaria con risorse autonome e con trasferimento di parte delle risorse ivi previste a completo trasferimento»; dall’altro, «prevedono che il trasferimento della spesa sanitaria sia attuata fino al completamento, sentita la commissione paritetica di cui all’art. 43 dello statuto della regione siciliana». Da ciò consegue – sempre secondo la difesa erariale – l’infondatezza anche delle questioni poste con riferimento all’art. 119 della Costituzione ed all’art. 43 dello statuto.
6. – Sempre in prossimità della pubblica udienza, anche la Regione Siciliana ha depositato una memoria con cui, dando atto della propria rinuncia parziale al ricorso, ha sostanzialmente ribadito le conclusioni già rassegnate ed ha altresí chiesto che la Corte costituzionale adotti una sentenza interpretativa che attribuisca ai commi 830, 831 e 832 «un significato che ne consenta l’armonica integrazione con le sovraordinate norme costituzionali e statutarie», ovvero tale da permettere in ogni caso una compensazione tra retrocessione di una parte del gettito delle accise sui prodotti petroliferi, disciplinata dal comma 832, ed il maggior onere previsto dal comma 830. Una diversa interpretazione – secondo la ricorrente – «si paleserebbe certamente inficiata da irragionevolezza poiché, indebitamente, premierebbe la mancata collaborazione della Regione».
Considerato in diritto
1. – La Regione Siciliana ha promosso questioni di legittimità costituzionale dei commi 54 e 55, 661 e 662, 796, lettera b), 830, 831 e 832, dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto di autonomia, all’art. 1 del decreto legislativo 3 novembre 2005, n. 241 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana, recanti attuazione dell’articolo 37 dello Statuto e simmetrico trasferimento di competenze), nonché agli artt. 3, 81 e 119 della Costituzione, al principio di leale collaborazione, all’art. 10 della legge costituzionale 8 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
2. – Preliminarmente, va rilevato che la ricorrente, dopo la proposizione del ricorso, ha depositato in data 24 luglio 2007 atto di rinuncia, limitatamente all’impugnazione del comma 796, lettera b), dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, accettata dallo Stato in data 11 settembre 2007. Con riferimento alla questione rinunciata, deve pertanto dichiararsi l’estinzione del processo, ai sensi dell’art. 25 delle norme integrative per i giudizi dinanzi a questa Corte.
Cosí delimitato l’oggetto del giudizio, si deve procedere all’analisi delle suddette censure.
3. – Con un primo gruppo di questioni, la ricorrente censura i commi 54 e 55 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, i quali – nello stabilire che le «modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati» relativi alle dichiarazioni dei redditi di cui al precedente comma 53 (comma 54) ed all’«import/export alle regioni» (comma 55) sono approvate con atti amministrativi statali (e cioè, rispettivamente, con «provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, emanato d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali» e con «provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane»), senza che sia all’uopo prevista un’intesa in sede, rispettivamente, di Conferenza Unificata e di Conferenza Stato-Regioni – víolano il principio di leale collaborazione, perché tale scelta del legislatore statale, oltre ad essere «assolutamente arbitraria» ed «irrazionale», non terrebbe adeguatamente in considerazione «gli interessi delle Regioni», destinatarie delle medesime trasmissioni di dati.
Le questioni non sono fondate.
La ricorrente lamenta che le disposizioni impugnate, non coinvolgendo la Regione nel procedimento di approvazione delle modalità tecniche di trasmissione in via telematica dei dati indicati dalle stesse disposizioni – cioè di dati che devono esser comunicati anche alla Regione stessa –, trascurano di considerare «il ruolo, il rilievo e gli interessi» della ricorrente medesima relativamente alla determinazione di dette modalità e, dunque, comportano una lesione del principio di “leale cooperazione”.
Tale assunto non può essere condiviso, perché dette disposizioni, in combinato disposto con il comma 53, si limitano a demandare a provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate e del direttore dell’Agenzia delle dogane la disciplina delle modalità tecniche di trasmissione telematica di dati dallo Stato alle Regioni ed agli enti locali e, pertanto, sono dirette solo alle suddette Agenzie statali e, comunque, sono riconducibili alla materia, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, del «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale» (art. 117, secondo comma, lettera r, Cost.).
Né ad una diversa conclusione si può giungere in considerazione dell’asserito interesse della Regione a ricevere i dati suddetti secondo modalità tecniche previamente concordate con lo Stato, essendo questo un interesse di mero fatto, privo di garanzia costituzionale.
4. – Con un secondo gruppo di questioni, la ricorrente censura i commi 661 e 662 del medesimo art. 1 della legge n. 296 del 2006 per violazione: a) degli artt. 36 e 43 dello statuto; b) dell’art. 1 del d.lgs. n. 241 del 2005; c) degli artt. 81 e 119 Cost.
4.1. – Il comma 661 prevede, a carico delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, misure volte al riequilibrio della finanza pubblica, che si aggiungono a quelle previste dal comma 660 del medesimo articolo. A tal fine stabilisce che tali enti devono concorrere alla produzione di un risparmio per il bilancio dello Stato «anche mediante l’assunzione dell’esercizio di funzioni statali, attraverso l’emanazione, entro il 31 marzo 2007 e con le modalità stabilite dai rispettivi statuti, di specifiche norme di attuazione statutaria». Queste norme – prosegue la disposizione censurata – «precisano le modalità e l’entità dei risparmi per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o comunque per annualità definite».
Il comma 662 stabilisce che dette norme di attuazione – tenendo conto degli esiti della sperimentazione finalizzata ad assumere, quale base di riferimento per il patto di stabilità interno, il saldo finanziario, ai sensi dell’art. 1, comma 656, della medesima legge – «devono altresí prevedere le disposizioni per assicurare in via permanente il coordinamento tra le misure di finanza pubblica previste dalle leggi costituenti la manovra finanziaria dello Stato e l’ordinamento della finanza regionale previsto da ciascuno statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, nonché le modalità per il versamento dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale dell’imposta sul reddito delle persone fisiche».
4.2. – Secondo la ricorrente, il comma 661 víola il «criterio di simmetria» tra trasferimento di funzioni e di risorse stabilito dall’art. 1 del d.lgs. n. 241 del 2005, perché prevede «sostanzialmente il trasferimento di funzioni senza trasferimento di risorse economiche o con il trasferimento di risorse inferiori al necessario».
La questione non è fondata, perché il criterio di simmetria previsto dal parametro evocato dalla Regione Siciliana non trova applicazione nel caso di specie.
Tale criterio riguarda solo la specifica ipotesi di trasferimento, dallo Stato alla Regione, delle funzioni di riscossione delle imposte in conseguenza della devoluzione di «quote di competenza fiscale dello Stato» e non, come sostiene la Regione, l’ipotesi del trasferimento di funzioni diverse da quelle di riscossione. Infatti, l’art. 1 del d.lgs. n. 241 del 2005, nel dare attuazione all’art. 37 dello statuto, si limita a disporre che, con riferimento all’imposta relativa alle quote del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti siti nel territorio della Regione di imprese industriali e commerciali aventi la sede centrale fuori da tale territorio, «sono trasferite alla Regione» – «simmetricamente» al trasferimento del gettito di tale imposta – anche le «competenze previste dallo Statuto sino ad ora esercitate dallo Stato», e, cioè esclusivamente le competenze in ordine alla riscossione di tale imposta.
4.3. – La ricorrente deduce altresí che il comma 661, nel prevedere la possibilità del trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni senza un contestuale trasferimento di risorse, determina una violazione dell’autonomia finanziaria della Regione garantita dall’art. 36 dello statuto e dall’art. 119 Cost., rilevante sotto il profilo del rispetto dell’obbligo di copertura della spesa ai sensi dell’art. 81, quarto comma, Cost. Secondo la ricorrente, infatti, la norma crea un aggravio di spesa per la Regione medesima e, perciò, «uno squilibrio finanziario a carico del bilancio regionale».
Anche tale questione non è fondata, perché, in relazione al dedotto «squilibrio finanziario», non sussiste alcuno specifico elemento che consenta di ritenere che: a) il comma censurato crei un’alterazione del «rapporto tra complessivi bisogni regionali e insieme dei mezzi finanziari per farvi fronte»; b) detto squilibrio finanziario abbia comunque il carattere della “gravità”, cosí come è richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale considera lesi gli evocati parametri costituzionali solo laddove la variazione del rapporto entrate-spese determini un “grave squilibrio” nel bilancio regionale (sentenze n. 29 del 2004; n. 138 del 1999 e n. 222 del 1994).
4.4. – Con un terzo motivo, la ricorrente deduce anche che il comma 661 determina una violazione dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, perché la norma censurata – prevedendo misure dirette a produrre un risparmio per il bilancio dello Stato, finalizzato al riequilibrio della finanza pubblica, da realizzarsi «anche mediante l’assunzione dell’esercizio di funzioni statali» non accompagnate da un simmetrico trasferimento di risorse – incide sull’equilibrio finanziario e sull’autonomia regionale «al di fuori degli strumenti pattizi […] individuati [negli Statuti], od anche liberamente convenuti» e, perciò, lede il medesimo art. 10, «mirante a garantire alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e Bolzano quelle forme di autonomia più ampie contemplate dalle norme del nuovo Titolo V».
Nemmeno tale questione è fondata.
L’evocato art. 10, infatti, non trova applicazione riguardo alle previsioni degli statuti speciali che disciplinano detti strumenti pattizi, perché si limita ad attribuire alle Regioni a statuto speciale le forme di maggiore autonomia che il nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione riconosce alle Regioni a statuto ordinario (sentenza n. 175 del 2006; si vedano anche, ex plurimis, le sentenze n. 102 del 2008, n. 238 del 2004 e n. 314 del 2003). Esso, dunque, non disciplina né l’effettivo àmbito di applicazione degli «strumenti pattizi» previsti dallo statuto, né la garanzia costituzionale di cui detti strumenti beneficiano nell’ordinamento; di conseguenza, non può costituire nemmeno il fondamento costituzionale della censura prospettata dalla ricorrente.
4.5. – Con un quarto motivo, la ricorrente promuove questione di legittimità costituzionale dei commi 661 e 662, per violazione dell’art. 43 dello statuto speciale della Regione Siciliana, perché detti commi, «predeterminando unilateralmente il contenuto di future norme di attuazione statutaria», ledono «il principio di pariteticità che presiede alla determinazione pattizia delle medesime, palesandosi evidentemente, allo scopo, del tutto insufficiente la garanzia procedimentale, del resto ovvia, alla quale si rinvia».
Anche tale questione non è fondata, perché, nel caso di specie, è possibile pervenire a un’interpretazione conforme a Costituzione dei censurati commi 661 e 662, idonea a superare il prospettato dubbio di costituzionalità. I commi denunciati – i quali stabiliscono che le misure da essi previste trovano applicazione attraverso apposite «norme di attuazione statutaria», e cioè norme che, in base all’evocato parametro, sono determinate da una «Commissione paritetica di quattro membri nominati dall’Alto Commissario della Sicilia e dal Governo dello Stato» – devono essere, infatti, interpretati nel senso che si limitano a individuare l’àmbito delle modifiche che il legislatore statale dovrà apportare alle norme di attuazione statutaria in base alle determinazioni della menzionata Commissione paritetica. Cosí interpretati, detti commi non hanno l’effetto, affermato dalla ricorrente, di predeterminare unilateralmente il contenuto delle delibere della Commissione e, pertanto, non hanno attitudine lesiva delle prerogative costituzionali della medesima.
Tale interpretazione trova conferma nella giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il semplice richiamo alle modalità di attuazione statutaria, contenuto nelle leggi statali che trasferiscono funzioni alle Regioni (o recano riforme che richiedono un coordinamento con le norme di attuazione statutaria), è sufficiente a garantire che «la determinazione delle relative norme d’attuazione venga effettuata, nel rispetto dell’autonomia regionale, dalla Commissione paritetica prevista dall’art. 43 dello Statuto» (sentenze n. 180 del 1980; n. 166 del 1976; n. 298 del 1974).
5. – Con un terzo gruppo di questioni la ricorrente censura i commi 830, 831 e 832 del medesimo art. 1 della legge n. 296 del 2006, in riferimento all’art. 43 dello statuto di autonomia, nonché agli artt. 3, 81 e 119 Cost.
5.1. – Il comma 830 ridetermina, ampliandola progressivamente, la misura del concorso della Regione Siciliana alla spesa sanitaria a carico del bilancio regionale. Il successivo comma 831 sospende l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 830 fino al 30 aprile 2007; stabilisce che «entro tale data dovrà essere raggiunta l’intesa preliminare all’emanazione delle nuove norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia sanitaria»; ridetermina per l’anno 2007, nel caso di mancato raggiungimento dell’intesa, il concorso della Regione alla medesima spesa in una misura inferiore a quella prevista dal censurato comma 830 per il medesimo anno. Il comma 832 demanda alle norme di attuazione di cui al menzionato comma 831 il riconoscimento della «retrocessione alla Regione siciliana di una percentuale non inferiore al 20 e non superiore al 50 per cento del gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel territorio regionale»; stabilisce che tale retrocessione «aumenta simmetricamente, fino a concorrenza, la misura percentuale del concorso della Regione alla spesa sanitaria, come disposto dal comma 830»; prevede che «alla determinazione dell’importo annuo della quota da retrocedere alla Regione si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Commissione paritetica prevista dall’articolo 43 dello Statuto».
5.2. – Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione della difesa erariale secondo cui il ricorso sarebbe parzialmente inammissibile «in quanto il comma 830 è sospeso fino al 30 aprile 2007».
L’eccezione non è fondata.
Il comma 831 dispone la sospensione dell’applicazione del solo comma 830 nel periodo tra la sua entrata in vigore (1° gennaio 2007) e il 30 aprile 2007. Tale sospensione, tuttavia, non fa venire meno la lesività del denunciato comma 830 rispetto alla sfera delle competenze statutariamente attribuite alla Regione, perché tale comma è comunque entrato in vigore ed è idoneo a produrre effetti.
5.3. – Sempre in via preliminare, devono essere dichiarate inammissibili le questioni relative alla violazione dell’art. 3 Cost. Sul punto, infatti, il ricorso non solo è generico, ma prospetta la violazione di un parametro costituzionale che non afferisce al riparto delle competenze tra Stato e Regioni, né ridonda nella lesione di competenze di queste ultime (ex plurimis, sentenze n. 50 del 2008 e n. 430 del 2007).
5.4. – Passando al merito delle questioni promosse, la Regione Siciliana deduce, con un primo motivo di censura, che i commi 830, 831 e 832 víolano gli artt. 81, quarto comma, e 119, quarto comma, Cost., sotto il profilo dell’obbligo di copertura della spesa, perché determinano «un grave squilibrio finanziario» a carico del bilancio regionale, fissando un aumento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria senza un contemporaneo trasferimento di risorse aggiuntive. Tale squilibrio viene quantificato dalla Regione medesima, rispettivamente, in 185, 371 e 556 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009.
Le questioni non sono fondate, perché la ricorrente, in relazione al dedotto «squilibrio finanziario», si limita a prospettare una mera quantificazione dell’aggravio di spesa determinato dalla misura impugnata, senza dimostrare, come invece richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, che detta misura alteri «gravemente» «il rapporto tra complessivi bisogni regionali e insieme dei mezzi finanziari per farvi fronte» (sentenze n. 29 del 2004; n. 138 del 1999 e n. 222 del 1994).
Né a diversa conclusione può condurre il rilievo della ricorrente, secondo cui essa non può sopportare il maggior aggravio di spesa determinato dai commi censurati nemmeno «mediante la rimodulazione e la compressione di altre voci di spesa». Tale deduzione non è, infatti, sufficiente a dimostrare che l’aggravio di spesa derivante dai commi censurati sia tale da produrre un “grave squilibrio” del bilancio regionale, tanto più che la ricorrente non offre alcun elemento atto a porre in relazione detto aggravio con le complessive voci del bilancio – sia annuale, sia pluriennale – della Regione. In tal modo, la ricorrente si sottrae all’onere della dimostrazione, richiesta dalla citata giurisprudenza di questa Corte, che la misura impugnata determini effettivamente una grave alterazione del rapporto tra insieme dei mezzi finanziari di cui la Regione può disporre e complessivi bisogni regionali.
5.5. – La ricorrente Regione Siciliana promuove, infine, in riferimento all’art. 43 dello statuto di autonomia, questione di legittimità costituzionale del comma 832 del medesimo art. 1 della legge n. 296 del 2006, il quale prevede che: a) nelle «norme di attuazione di cui al comma 831», è riconosciuta alla Regione siciliana la retrocessione di una certa quota del gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel territorio regionale (primo periodo); b) «tale retrocessione aumenta simmetricamente, fino a concorrenza, la misura percentuale del concorso della Regione alla spesa sanitaria» (secondo periodo); c) alla determinazione dell’importo annuo della quota da retrocedere alla Regione si provvede «con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Commissione paritetica prevista dall’articolo 43 dello Statuto della Regione siciliana» (terzo periodo).
Per la Regione, il comma censurato «limita l’intervento della Commissione paritetica ivi prevista all’individuazione di quelle misure percentuali di concorso regionale alla spesa sanitaria discendenti dalla prevista simmetria rispetto alla quota di gettito da devolvere, mentre rientra viceversa tra i suoi compiti il definire, tra gli altri, anche tutti i profili finanziari connessi all’esercizio delle funzioni attribuite».
La questione relativa ai primi due periodi del comma 832 non è fondata.
In relazione a detti periodi valgono, infatti, le medesime ragioni d’infondatezza già esposte al punto 4.5. Le disposizioni denunciate – nel rimettere alle norme di attuazione statutaria la disciplina della retrocessione di una certa quota del gettito delle accise – devono essere interpretate nel senso che esse si limitano a individuare l’àmbito delle modifiche da apportare alle norme di attuazione statutaria in materia finanziaria, senza con ciò sottrarre alla menzionata Commissione paritetica la competenza a determinare tali norme.
È, invece, fondata la questione relativa al terzo periodo del censurato comma 832, ai sensi del quale la determinazione dell’importo annuo della quota da retrocedere alla Regione è effettuata «con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Commissione paritetica prevista dall’articolo 43 dello Statuto della Regione siciliana». La disposizione denunciata, infatti, nell’attribuire alla Commissione paritetica l’ulteriore competenza ad emettere parere circa la misura di detto importo, incide sui poteri e sulle funzioni previsti dallo statuto speciale per tale Commissione, perché non si limita a individuare l’àmbito delle modifiche da apportare alle norme di attuazione statutaria in materia finanziaria, ma crea – con una legge statale ordinaria – una speciale funzione consultiva non prevista dallo statuto di autonomia e, al tempo stesso, sottrae alla medesima Commissione il potere di stabilire essa stessa, con le norme di attuazione dello statuto, anche le modalità per la determinazione dell’importo annuo delle accise da retrocedere alla Regione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara estinto il processo, limitatamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), promossa dalla Regione Siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale del terzo periodo del comma 832 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 54 e 55, della legge n. 296 del 2006, promosse, in riferimento al principio di leale collaborazione, dalla Regione Siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 661 e 662, della legge n. 296 del 2006, promosse dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto della Regione Siciliana, all’art. 1 del decreto legislativo 3 novembre 2005, n. 241 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana, recanti attuazione dell’articolo 37 dello Statuto e simmetrico trasferimento di competenze), agli artt. 81 e 119 della Costituzione, nonché all’art. 10 della legge costituzionale 8 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 830, 831 e 832, della legge n. 296 del 2006, promosse, in riferimento all’art. 3 Cost., dalla Regione Siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
6) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 830, 831 e 832, primo e secondo periodo, della legge n. 296 del 2006, promosse, in riferimento all’art. 43 dello statuto ed agli artt. 81 e 119 Cost., dalla Regione Siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2008.