SENTENZA N. 175
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 11, nonché dell’art. 15 della legge della Regione Sardegna 17 gennaio 2005, n. 1 (Istituzione del Consiglio delle autonomie locali e della Conferenza permanente Regioni-enti locali) promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 17 marzo 2005, depositato in cancelleria il 24 marzo 2005 ed iscritto al n. 39 del registro ricorsi 2005.
Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 21 marzo 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
uditi l’avv. dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Graziano Campus e Alberto Salvatore Romano per la Regione Sardegna.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso n. 39 del 2005, notificato alla Regione Sardegna in data 17 marzo 2005, e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo giorno 24, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. da 1 a 11, nonché l’art. 15 della legge della Regione Sardegna 17 gennaio 2005, n. 1 (Istituzione del Consiglio delle autonomie locali e della Conferenza permanente Regioni-enti locali), per violazione dell’art. 123, ultimo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
1.1.— L’Avvocatura premette che il predetto art. 123, ultimo comma, Cost., introdotto dall’art. 7 della legge costituzionale n. 3 del 2001, dispone che «in ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali». Tale norma, pur riferita esclusivamente alle Regioni a statuto ordinario, si applica, secondo la difesa statale, anche alle Regioni a statuto speciale, in virtù della clausola contenuta nell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, secondo cui «sino all’adeguamento dei rispettivi statuti» le disposizioni della predetta legge costituzionale «si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomie più ampie rispetto a quelle già attribuite». Nel ricorso si puntualizza che «tali forme di maggiore autonomia sono, naturalmente, riferite anche agli enti locali».
Da ciò consegue che anche le Regioni a statuto speciale – «per le quali non sia intervenuto l’adeguamento dello statuto nel senso dell’ampliamento delle autonomie degli enti locali» – sarebbero tenute ad istituire il predetto Consiglio delle autonomie locali «con fonte statutaria e non con fonte legislativa ordinaria». Da qui la richiesta volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. da 1 a 11, nonché dell’art. 15 della legge della Regione Sardegna n. 1 del 2005.
2.— Si è costituita la Regione Sardegna la quale – dopo avere premesso di avere competenza legislativa primaria in materia di “ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione” e di “ordinamento degli enti locali” (art. 3, lettere a e b, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, recante «Statuto speciale per la Sardegna») e che tale competenza non è contestata dallo Stato − chiede che il ricorso venga dichiarato non fondato per il seguente ordine di ragioni.
2.1.— Innanzitutto, la difesa regionale assume che l’art. 123, ultimo comma, della Costituzione non possa trovare applicazione, in virtù della clausola di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, nei confronti delle Regioni a statuto speciale, in quanto a quest’ultime si applica l’art. 116 della Costituzione, «il quale si pone quale norma speciale e derogatoria rispetto al regime statutario delle Regioni ordinarie», disciplinato, appunto, dal predetto art. 123. Del resto, si sottolinea, la stessa legge costituzionale n. 3 del 2001 ha mantenuto la specialità che ha tradizionalmente caratterizzato il sistema delle autonomie rafforzate, in quanto l’art. 2 della predetta legge «ha riscritto il disposto dell’art. 116 Cost., così espressamente inserendo nel quadro della riforma complessiva del Titolo V la disciplina particolare dell’autonomia statutaria delle Regioni speciali e delle Province autonome».
2.2.— In via subordinata rispetto alle argomentazioni difensive sin qui svolte, la Regione contesta il postulato da cui muove il ricorrente e cioè che la “clausola di maggior favore” possa riferirsi anche agli enti locali. Secondo la difesa regionale, infatti, l’art. 10 vale ad estendere le forme di maggiore autonomia previste dal Titolo V esclusivamente alle Regioni a statuto speciale, come risulterebbe oltre che dalla formulazione letterale dello stesso art. 10, soprattutto dalla ratio che connota la disposizione costituzionale. Tale disposizione, infatti, nello stabilire l’applicabilità in via eccezionale del testo costituzionale rispetto agli statuti, ha inteso limitare l’operatività del meccanismo di adeguamento «solamente all’ente cui a rigore deve imputarsi direttamente lo Statuto e l’autonomia che esso attribuisce, ovvero l’ente Regione (o Provincia autonoma)».
2.3.— In via ulteriormente subordinata, anche a volere ritenere che l’art. 10 si indirizzi pure nei confronti degli enti locali, la difesa regionale assume come lo scopo di tale norma sia quello di accelerare l’applicazione delle forme di maggiore autonomia riconosciute dal nuovo Titolo V, rispetto ai tempi più lunghi previsti per avviare le procedure di modifica degli statuti speciali; tanto più tale legge, si aggiunge, non potrebbe in futuro impedire che l’organismo di consultazione in questione sia direttamente contemplato nello statuto.
2.4.— Altra ragione, prospettata sempre in via gradata, a sostegno della infondatezza del ricorso deriverebbe dalla circostanza che sarebbe «del tutto arbitrario» identificare in modo assoluto il “Consiglio delle autonomie locali” di cui alla legge impugnata con l’organismo previsto dall’art. 123, ultimo comma, della Costituzione, considerato, tra l’altro, che quest’ultima disposizione non è neanche richiamata.
2.5.— Infine, la Regione Sardegna adduce quale ulteriore e autonoma ragione a sostegno della infondatezza della questione proposta, la impossibilità di svolgere «un giudizio comparativo su due “insiemi normativi” coerenti» il che, alla luce anche di quanto affermato dalla sentenza n. 314 del 2003 di questa Corte, condurrebbe a ritenere non fondate le censure «per l’inidoneità del criterio di prevalenza di cui all’art. 10 (…) ad operare nel caso di specie». La “disomogeneità delle grandezze” poste a confronto discenderebbe, in particolare, dalla circostanza che gli statuti speciali «sono fonti completamente e radicalmente diverse rispetto agli statuti delle regioni ordinarie, innanzitutto per il fatto di essere adottati mediante legge costituzionale e secondo procedure estremamente diversificate da Regione a Regione».
3.— Con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica, la Regione Sardegna ha ribadito e sviluppato le argomentazioni già svolte con l’atto di costituzione.
Considerato in diritto
1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato in via principale gli artt. da 1 a 11, nonché l’art. 15 della legge della Regione Sardegna 17 gennaio 2005, n. 1 (Istituzione del Consiglio delle autonomie locali e della Conferenza permanente Regioni-enti locali), per contrasto con l’ultimo comma dell’art. 123 della Costituzione, il quale prevede che «in ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali».
Il ricorrente assume che tale disposizione si applicherebbe anche alle Regioni speciali in virtù dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), in quanto le «forme di maggiore autonomia» − cui questa norma fa riferimento, quale presupposto per la estensione delle disposizioni della stessa legge costituzionale n. 3 del 2001 alle Regioni speciali «sino all’adeguamento dei rispettivi statuti» – sarebbero «naturalmente riferite anche agli enti locali». Da ciò deriva che le Regioni a statuto speciale risulterebbero anch’esse tenute ad istituire il Consiglio delle autonomie locali mediante «fonte statutaria» e non attraverso una «fonte legislativa ordinaria», con conseguente illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate.
2.— La questione, pure in assenza di una specifica eccezione in tal senso, deve essere dichiarata inammissibile.
3.— È bene premettere che l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 «configura un particolare rapporto tra norme degli statuti speciali e norme del Titolo V della seconda parte della Costituzione» (sentenza n. 314 del 2003), che si risolve in un giudizio di preferenza, nel momento della loro applicazione, a favore delle disposizioni costituzionali che garantiscono forme di autonomia «più ampie» rispetto a quelle attribuite dalle disposizioni statutarie.
Dalla formulazione del citato articolo 10 emerge con chiarezza che è insita, nel meccanismo di estensione dallo stesso prefigurato, una valutazione necessariamente comparativa tra i due sistemi (ordinario e speciale) di autonomia regionale.
Ciò implica che nel momento in cui il ricorrente, impugnando una legge di una Regione a statuto speciale, adduce, come nel caso di specie, la violazione di una disposizione contemplata nel Titolo V, ha l’onere di prendere in esame anche i parametri costituzionali ricavabili dal relativo statuto, al fine di valutare se effettivamente le forme di autonomia riconosciute dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 siano più estese rispetto a quelle già risultanti dalle disposizioni statutarie (v., sia pure con riferimento ad una ipotesi speculare rispetto a quella in esame, sentenza n. 303 del 2003, punto 3.1 del Considerato in diritto). In altri termini, perché possa svolgersi un giudizio di preferenza tra diversi sistemi di autonomia occorre che vengano considerati i “due termini” della comparazione, in quanto soltanto all’esito di una disamina complessiva dei sistemi posti a raffronto è possibile ritenere che l’uno garantisca una forma di autonomia eventualmente «più ampia» rispetto all’altro.
4.— Nel caso in esame il ricorrente si è limitato ad affermare che le norme impugnate per il solo fatto di avere istituito il Consiglio delle autonomie locali con legge “ordinaria” violerebbero, per il tramite dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, l’art. 123, ultimo comma, della Costituzione.
Orbene, deve ritenersi che – a prescindere dalla questione relativa all’applicabilità in questa fattispecie alle Regioni a statuto speciale del citato art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, nonché dell’art. 123, ultimo comma, Cost., introdotto dall’art. 7 della medesima legge costituzionale n. 3 del 2001 – la genericità delle asserzioni contenute nel ricorso non consente, per le ragioni esposte, a questa Corte di affrontare il merito della questione proposta.
Lo Stato, infatti, ha semplicemente richiamato l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, omettendo di svolgere le necessarie argomentazioni a sostegno della sua applicabilità nel caso di specie, mediante la valutazione dei parametri costituzionali ricavabili dallo statuto speciale della Regione Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, tuttora vigente, che, tra l’altro, attribuisce alla potestà legislativa primaria della Regione la competenza in materia di “ordinamento degli enti locali” (art. 3, lettera b). Il ricorrente «avrebbe dovuto quanto meno spiegare in quale rapporto si trovano, ai fini dello scrutinio di legittimità costituzionale (…), le invocate norme della Costituzione e quelle, anch’esse di rango costituzionale, contenute nello statuto speciale» (cfr. sentenza n. 202 del 2005).
Queste carenze argomentative comportano, pertanto, la inammissibilità delle censure nei termini in cui le stesse sono state formulate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 11, nonché dell’art. 15 della legge della Regione Sardegna 17 gennaio 2005, n. 1 (Istituzione del Consiglio delle autonomie locali e della Conferenza permanente Regioni-enti locali), proposta, in riferimento all’art. 123, ultimo comma, della Costituzione e all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre, 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 2006.
F.to:
Annibale MARINI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2006.