SENTENZA N. 225
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
-
Francesco AMIRANTE Presidente
-
Ugo DE SIERVO
Giudice
-
Paolo MADDALENA "
-
Alfio FINOCCHIARO "
-
Alfonso QUARANTA "
-
Franco GALLO "
-
Luigi MAZZELLA "
-
Gaetano SILVESTRI "
-
Sabino CASSESE "
-
Maria Rita SAULLE "
-
Giuseppe TESAURO "
-
Paolo Maria NAPOLITANO "
-
Giuseppe FRIGO "
-
Alessandro CRISCUOLO "
-
Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell'intero testo e degli artt. da 3 a 52, 55, 58, 59, 63, 64,
65, 67, 69, 74, 91, 95, 96, 101, 113, 114, 116, 117, 121, 124, 148, 149, 153, 154,
155, 160, 166, 181, 183, 186, 189, 195, 202, 205, 214, 240, 242, 243, 244, 246,
252 e 257, nonché degli allegati I e II della parte seconda, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), promossi dalle
Regioni Emilia-Romagna (n. 2 ricorsi), Calabria, Toscana, Piemonte, Valle
d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata, con
ricorsi rispettivamente notificati il 24 aprile, l'8, il 12-21, il 12-27, il 9,
il 13, il 12 ed 13 giugno 2006, depositati in cancelleria il 27 aprile, il 10,
il 14, il 15, il 16, il 17, il 20, il 21 ed il 23 giugno 2006, ed iscritti ai
numeri 56, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 78, 79 e 80 del registro ricorsi
2006.
Visti gli atti di costituzione del
Presidente del Consiglio dei ministri, nonché gli atti di intervento
dell'Associazione italiana per il World Wide Fund for nature (WWF Italia) – Onlus, e della Biomasse Italia S.p.a. ed altre;
udito
nell'udienza pubblica del 5 maggio
2009 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon,
Franco Mastragostino e Luigi Manzi per la Regione
Emilia-Romagna, Maria Grazia Bottari Gentile per la
Regione Calabria, Lucia Bora e Guido Meloni per la Regione Toscana, Luigi Manzi
per la Regione Piemonte, Giampaolo Parodi per la Regione Valle d'Aosta,
Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione
Umbria, Giandomenico Falcon per la Regione Liguria,
Fabrizio Lofoco per la Regione Puglia, Vincenzo Cocozza per la Regione Campania, Gustavo Visentini per la
Regione Marche, Alessandro Giadrossi per
l'Associazione Italiana per il World Wide Fund for nature (WWF Italia) – Onlus, e l'avvocato dello Stato
Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto in fatto
1. ¾ Con ricorso notificato il 24 aprile 2006,
depositato il successivo 27 aprile ed iscritto al n. 56 del registro ricorsi
dell'anno 2006, la Regione Emilia-Romagna ha proposto, in via principale,
questioni di legittimità costituzionale degli articoli 63, 64, 101, comma 7,
154, 155, 181, commi da 7 a 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 214, commi 3 e
5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),
chiedendo, altresì, la sospensione della loro efficacia.
1.1. ¾ La presente decisione ha ad oggetto unicamente
l'impugnazione delle predette disposizioni in riferimento all'art. 76 della
Costituzione ed al principio di leale collaborazione, essendo oggetto di
separate decisioni la trattazione delle ulteriori questioni di legittimità
costituzionale proposte dalla ricorrente Regione Emilia-Romagna avverso le
medesime disposizioni, con riferimento a differenti parametri.
2. ¾ La difesa regionale, anzitutto, ricostruisce
analiticamente l'iter procedimentale
che ha portato alla emanazione del d.lgs. n. 152 del 2006, affermando che:
– la legge 15 dicembre 2004, n. 308
(Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della
legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione) ha
autorizzato il Governo ad emanare entro diciotto mesi «uno o più decreti di
riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nei
seguenti settori e materie, anche mediante la redazione di testi unici»;
– ai sensi dell'art. 1, comma 4, della
legge n. 308 del 2004, tali decreti devono essere adottati «sentito il parere
della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281»;
– lo schema del testo del decreto
governativo approvato dal Consiglio dei ministri, a seguito dei pareri delle
Commissioni parlamentari, in data 18 novembre 2005 è stato trasmesso in data 29
novembre 2005 alle Regioni, mentre lo schema degli allegati al decreto è stato
immesso in rete informatica in data 7 dicembre 2005, in vista della riunione
tecnica del 12 dicembre 2005 della Conferenza unificata e della riunione del 15
dicembre della Conferenza stessa;
– nella riunione tecnica del 12 dicembre
il Presidente della Conferenza delle Regioni ha chiesto un rinvio del termine
per l'espressione del parere in ragione della estrema complessità della materia
e dell'esiguità del tempo concesso per l'esame dell'ampio corpus normativo inserito nel decreto;
– con telegramma del 13 dicembre il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ha comunicato che «il
Governo non intende concedere deroghe al termine fissato dalla legge per
l'esame delle commissioni competenti, considerata la durata dei termini
previsti dalla legge 308 del 2004 e valutando altresì il periodo di attività
residua del Parlamento»;
– nel corso della riunione del 15
dicembre i rappresentanti delle Regioni nonché quelli degli enti locali hanno
rinnovato con le stesse ragioni la richiesta di fissazione di un nuovo termine
per l'espressione del parere;
– il Viceministro dell'ambiente e della
tutela del territorio si è opposto alla proroga, sostenendo, da un lato, che la
tutela dell'ambiente è di esclusiva competenza dello Stato, dall'altro, che la
delega sarebbe scaduta il giorno stesso;
– il Ministro degli affari regionali ha
proposto il rinvio alla successiva seduta della Conferenza, prevista per il 20
gennaio 2006, ma il Viceministro dell'ambiente e della tutela del territorio si
è nuovamente opposto;
– il Presidente della Conferenza delle
Regioni ha fatto presente che il termine di scadenza della delega era, in
realtà, l'11 luglio 2006 e che il procedimento di emanazione del decreto non
poteva essere proseguito senza il parere della Conferenza unificata, ma il
Viceministro dell'ambiente e della tutela del territorio ha ribattuto che la
Conferenza era stata sentita e che non si trattava di parere vincolante;
– il Ministro degli affari regionali,
preso atto del mancato parere, ha annunciato che «laddove si verificasse
l'indispensabilità di questo passaggio, sarà nuovamente iscritto il punto in
argomento all'o.d.g. della prossima Conferenza»;
– nonostante il parere non fosse stato
espresso, il Consiglio dei ministri in data 19 gennaio 2006 ha approvato «in
via definitiva» il testo del decreto legislativo;
– nella riunione del 26 gennaio 2006
della Conferenza unificata i rappresentanti delle Regioni e degli enti locali
hanno presentato un ordine del giorno recante un parere negativo sullo schema
di decreto, motivandolo sia in ordine al merito sia in ordine al metodo
procedimentale seguito, ed il rappresentante del Governo si è limitato a dichiarare
di prenderne atto;
– comunque, in data 10 febbraio 2006 il
Consiglio dei ministri ha riapprovato, di nuovo «in via definitiva» lo schema
di decreto, senza però apportarvi modifiche o riesaminarlo nel merito;
– peraltro, a seguito della richiesta di
alcuni chiarimenti da parte del Presidente della Repubblica in ordine al
procedimento di formazione ed al merito del decreto, il Consiglio dei ministri
in data 29 marzo 2006 ha riapprovato con alcune modifiche il decreto, il quale
è stato, infine, emanato in data 3 aprile 2006, con un testo formalmente (sia
pure parzialmente) diverso da quello sottoposto all'esame delle Commissioni
parlamentari e della Conferenza unificata.
2.1. ¾ Secondo la difesa regionale il procedimento appena
descritto non avrebbe rispettato i contenuti minimi della garanzia di
partecipazione della Conferenza unificata, imposti dal principio di leale
collaborazione e dalla stessa legge delega (art. 1, comma 4, della legge n. 308
del 2004), dato che il Governo avrebbe richiesto il parere in termini temporali
tali da renderne impossibile l'espressione ed avrebbe rifiutato la richiesta di
rinvio dell'esame della questione, allegando ragioni di urgenza inesistenti.
La difesa regionale esclude, altresì,
che l'ordine del giorno approvato il 20 gennaio 2006 possa essere considerato
equivalente ad un parere effettivamente articolato e reso a seguito di un
corretto procedimento e rileva che esso, comunque, non è stato effettivamente
preso in considerazione.
La difesa regionale, infine, richiamando
giurisprudenza di questa Corte (in specie le sentenze n. 422 del
2002, n. 308
del 2003 e n.
31 del 2006), sostiene: che in materie come quella ambientale, nelle quali
risultano necessariamente ed inestricabilmente connesse competenze statali e
regionali, il principio di leale collaborazione richieda la messa in opera di
procedimenti nei quali tutte le istanze costituzionalmente rilevanti possano
trovare applicazione; che il sistema delle Conferenze sia una delle sedi più
qualificate per l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro
della leale collaborazione e che, seppure tale principio possa essere
organizzato in modi diversi, per forme e intensità della pur necessaria
collaborazione; esso non potrebbe comunque essere ridotto, come avvenuto nel
caso di specie, ad una ritualità puramente formale.
2.2. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si è costituito
con atto dell'11 maggio 2006, chiedendo che sia dichiarata la inammissibilità e
l'infondatezza tanto del ricorso quanto della istanza di sospensione delle
norme impugnate.
In particolare, per quanto interessa il
presente giudizio, la difesa erariale sostiene che la tesi della ricorrente in
ordine alla violazione del principio di leale collaborazione sarebbe, anzitutto,
inammissibile, laddove con essa la Regione Emilia-Romagna sembrerebbe
pretendere la necessità di una procedura di codecisione,
in luogo della prevista attività consultiva, posto che una tale censura avrebbe
dovuto appuntarsi avverso la legge di delegazione, non oggetto di impugnativa.
La prospettata violazione del principio
di leale collaborazione e dei vincoli procedimentali discendenti dalla legge di
delegazione legislativa n. 308 del 2004, poi, non sussisterebbe e poggerebbe su
di una rappresentazione delle fasi procedimentali suggestiva e non aderente
alla realtà, dacché non sarebbe vero che «il parere non poté essere espresso»,
essendo vero piuttosto che il 15 dicembre 2005, dopo sedici giorni dalla
trasmissione dello schema di provvedimento, la Conferenza unificata ha ritenuto
di esprimersi affermando la propria impossibilità a rendere il parere.
Il termine in concreto concesso, poi,
non sarebbe incongruo, secondo l'Avvocatura, anche raffrontato al termine
massimo di giorni venti previsto dall'art. 2, comma 3, del decreto legislativo
28 agosto, 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di
interesse comune delle Regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali), per i pareri da
esprimersi da parte della Conferenza Stato-Regioni. Previsione questa,
peraltro, non applicabile secondo la difesa erariale né in via estensiva né in
via analogica al diverso modus operandi
della Conferenza unificata.
L'Avvocatura dello Stato nega, infine,
che l'ordine del giorno della riunione del 26 gennaio 2006 della Conferenza
unificata, recante un parere negativo espresso dalle Regioni, abbia rilievo
alcuno rispetto alla validità del procedimento legislativo in questione,
trattandosi di atto riferibile unicamente alle Regioni, oltretutto mai divenuto
oggetto di trasmissione ufficiale né alle Commissioni parlamentari né al
Governo, e non di quel parere della Conferenza, richiesto invece dalla legge
delega.
2.3. ¾ In data 14 giugno 2006 è stata depositata nota
della Presidenza del Consiglio dei ministri, recante estratto del verbale della
riunione del Consiglio del 9 giugno 2006, nel quale risulta deliberato di
«rinunciare all'intervento nel ricorso di legittimità costituzionale promosso
dalla Regione Emilia-Romagna avverso taluni articoli del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) già deciso nella riunione del
27 aprile 2006».
2.4. ¾ Con ordinanza n. 245
del 22 giugno 2006, questa Corte ha dichiarato non luogo a provvedere
sull'istanza di sospensione delle norme impugnate proposta dalla ricorrente
Regione Emilia-Romagna, rilevando che, nel sollecitare l'esercizio da parte
della Corte di tale potere, la ricorrente aveva solo prospettato in maniera
assertiva, ma non aveva adeguatamente argomentato, la sussistenza dei relativi
presupposti.
2.5. ¾ In prossimità dell'udienza del 5 maggio 2009 la
Regione Emilia-Romagna ha presentato una memoria, nella quale, tra l'altro,
rimarca la permanenza del suo interesse al ricorso, anche a fronte delle
rilevanti modifiche apportate al decreto legislativo impugnato da parte dei
decreti correttivi 8 novembre 2006, n. 284 (Disposizioni correttive e
integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia
ambientale) e 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed
integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia
ambientale).
La difesa regionale, inoltre, manifesta
dubbi in ordine all'orientamento giurisprudenziale di questa Corte, per il
quale «l'esercizio dell'attività legislativa sfugge alle procedure di leale
collaborazione», sostenendo che dal rango costituzionale del principio stesso e
dal disposto dell'art. 5 Cost. emergerebbe che qualsiasi potere, anche quello
legislativo, debba esercitarsi in coerenza con le esigenze dell'autonomia.
La difesa regionale sottolinea,
peraltro, come, nel caso di specie, la collaborazione in sede di procedimento
legislativo sia imposta dalla stessa legge di delega (art. 1, comma 4, della
legge n. 308 del 2004), sicché il coinvolgimento delle Regioni e la necessità
del parere della Conferenza unificata sarebbero imprescindibili, anche a
seguire il riferito, non condiviso, orientamento della Corte.
La difesa regionale, infine, richiama la
sentenza n. 401
del 2007 (punto 5.3. del Considerato in diritto), dalla quale sarebbe
desumibile la necessità di richiedere un secondo parere alla Conferenza, là
dove, come nel caso di specie, il testo del decreto legislativo sia modificato
dopo il parere e la modifica non sia conseguenza del parere.
3. ¾ Con ricorso notificato l'8 giugno 2006, depositato
il successivo 10 giugno ed iscritto al n. 68 del registro ricorsi dell'anno
2006, la Regione Calabria ha proposto, in via principale, questioni di legittimità
costituzionale dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, nonché, tra gli altri, degli
artt. 3, comma 2, 4, comma 1, lettere a)
e b), 5, comma 1, lettere q) e r),
6, commi 6, 7 ed 8, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22
ed allegati I e II della parte seconda, chiedendo, altresì, la sospensione
della loro efficacia.
3.1. ¾ La presente decisione ha ad oggetto unicamente
l'impugnazione dell'intero testo del decreto e delle predette disposizioni in
riferimento ai parametri appresso indicati, essendo la trattazione delle
ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte dalla ricorrente
Regione Calabria oggetto di separati giudizi.
4. ¾ La Regione Calabria censura, anzitutto, l'intero
testo del d.lgs. n. 152 del 2006, deducendo, in ragione dell'iter procedimentale (sopra ricordato sub 2) che ha portato alla sua
emanazione e dei contrasti emersi nella riunione del 15 dicembre 2005 della
Conferenza unificata, la violazione del principio di leale collaborazione, che
si sarebbe tradotta in una lesione delle attribuzioni costituzionali delle
Regioni e degli enti locali.
4.1. ¾ La ricorrente censura, poi, l'articolo 3, comma 2,
del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale autorizza regolamenti
governativi ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri) per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di
attuazione ed esecuzione in materia ambientale.
Per la difesa regionale tale
disposizione contrasterebbe con l'art. 117, sesto comma, Cost., in quanto
legittima regolamenti governativi in un ambito dove prevarrebbero o, comunque,
concorrerebbero i titoli di competenza regionali in materia di governo del
territorio e di tutela della salute (come sarebbe desumibile dall'art. 2, comma
1, del medesimo decreto, che individua, come obiettivo primario della
disciplina in questione, la promozione dei livelli di qualità della vita
umana).
In via subordinata, laddove tali
regolamenti si ritenessero riferibili alla sola competenza statale in materia
di tutela dell'ambiente, per la difesa regionale l'art. 3, comma 2, violerebbe,
quantomeno, il principio di leale collaborazione, posto che «l'indeterminatezza
del contenuto degli emanandi regolamenti e comunque
la contiguità della competenza statale con le competenze regionali»
esigerebbero che su tali regolamenti si pronunci, in sede di parere, la
Conferenza unificata.
4.2. ¾ La Regione Calabria censura, poi, l'articolo 6,
commi 6, 7 ed 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, in riferimento al principio di
leale collaborazione, nella parte in cui non prevederebbe una effettiva
partecipazione dei rappresentanti delle autonomie territoriali nella
Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali, nonostante
l'incidenza dell'attività di tale organo su settori (governo del territorio e
tutela della salute) di competenza regionale.
Per la difesa regionale sarebbe,
infatti, insufficiente la prevista possibilità di intervento di un
rappresentante regionale ai lavori della Commissione, laddove la Regione
segnali un suo diretto interesse in ragione del territorio cui afferisce la
valutazione ambientale, dovendosi, invece, ritenere «indefettibile» e non
meramente eventuale la partecipazione di tale rappresentante regionale.
4.3. ¾ La difesa della Regione Calabria sostiene, poi, che
l'intera disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 152 del 2006, in
attuazione della direttiva 2001/42/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e
programmi sull'ambiente) e, specificamente, gli artt. 4, comma 1, lettera a), 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16,
17, 18, 19, 20, 21 e 22, nonché gli allegati I e II alla parte seconda del
decreto violerebbero gli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., perché la delega
sarebbe stata esercitata dal Governo oltre il termine definito dal legislatore.
4.3.1. ¾ La difesa regionale argomenta tale tesi, sostenendo
l'avvenuta abrogazione, per incompatibilità, della delega apparentemente
esercitata dal legislatore delegato ovvero quella contenuta nell'art. 1, comma
1, lettera f), della legge n. 308 del
2004 (che autorizzava il Governo ad attuare, nel termine di diciotto mesi, e,
pertanto, fino al luglio 2006, la direttiva 2001/42/CE), da parte dell'art. 19
della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunità europee. Legge comunitaria 2004).
Tale seconda disposizione, demandando,
nuovamente, al Governo l'attuazione della direttiva comunitaria 2001/42/CE ha
fissato, oltre ad ulteriori criteri direttivi e principi, il più breve termine
di sei mesi per l'esercizio della delega.
Il d.lgs. n. 152 del 2006, intervenuto
nell'aprile 2006 ben oltre tale più breve termine (scaduto nell'ottobre 2005),
sarebbe pertanto illegittimo nella parte in cui, avvalendosi di una delega
abrogata da una successiva delega, a sua volta scaduta, pretende di recare
l'attuazione della direttiva comunitaria 2001/42/CE.
Tale violazione procedimentale, ancora
secondo la difesa regionale, sarebbe deducibile in sede di giudizio di
legittimità costituzionale in via di azione, posto che le previsioni introdotte
in difetto di valida delega inciderebbero in senso limitativo sulle attribuzioni
costituzionali regionali in materia di governo del territorio e di tutela della
salute.
4.3.2. ¾ Sul punto la difesa regionale, peraltro, rileva che
l'art. 1 della medesima legge n. 62 del 2005 autorizza il Governo ad attuare
entro diciotto mesi le direttive comunitarie indicate negli elenchi allegati e,
tra di esse (allegato B) nuovamente la direttiva 2001/42/CE.
Secondo la difesa regionale, in ragione
del principio di specialità, dovrebbe trovare applicazione l'art. 19 (ed il suo
più breve termine) piuttosto che l'art. 1 della stessa legge n. 62 del 2005.
Ma, anche laddove fosse questa seconda e più favorevole previsione a dovere
trovare applicazione, gli artt. 4, comma 1, lettera a), 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 e 22,
nonché gli allegati I e II alla parte seconda si porrebbero, comunque, in
contrasto con l'art. 76 Cost., dato che il Governo avrebbe comunque seguito il
procedimento previsto dalla legge n. 308 del 2004, invece di quello più
garantista per le posizioni di autonomia costituzionale delle Regioni di cui
alla legge n. 62 del 2005.
4.4. ¾ La Regione Calabria sostiene, poi, che la
disciplina della valutazione ambientale strategica (d'ora in poi VAS), cui si
riferiscono gli articoli da 7 a 22 e da 48 a 52 del d.lgs. n. 152 del 2006, sia
riconducibile in prevalenza alle competenze regionali in materia di governo del
territorio e tutela della salute e che, anche laddove si volesse riconoscere in subiecta
materia una concorrenza di competenze su base paritaria tra lo Stato e le
Regioni, non sarebbe comunque possibile una disciplina unilaterale da parte
dello Stato, se non per quanto riguarda la enucleazione di principi
fondamentali. Ciò anche in considerazione del fatto che la competenza statale
in materia di tutela dell'ambiente, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost., sarebbe limitata alla
predisposizione di «standards di tutela uniformi».
In questo senso gli articoli 8, 9, 10,
11, 12, 13 e 14 del d.lgs. n. 152 del 2006, che recherebbero discipline di
dettaglio, violerebbero gli artt. 117, secondo comma, lettera s) e terzo comma, e 118 Cost., nonché il
principio di leale collaborazione.
4.5. ¾ La Regione Calabria, poi, censura gli artt. 9,
commi 2, secondo periodo, 4 e 6 (che specifica il contenuto del rapporto
ambientale), 10, commi 2, secondo periodo, e 3 (che specifica le forme di
pubblicità della sintesi non tecnica del rapporto ambientale), 12, commi 2, 3 e
4 (che specifica le modalità del giudizio di compatibilità ambientale) e 14,
comma 3 (che specifica le forme di pubblicità delle misure correttive dei piani
adottati), e l'allegato I alla parte seconda (che specifica le informazioni da
inserire in detto rapporto) del d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione al
principio di leale collaborazione, sostenendo che tali disposizioni, non avendo
un contenuto di principio fondamentale («con l'eccezione forse dell'art. 12,
commi 2, 3 e 4»), ma essendo anzi di estremo dettaglio, avrebbero dovuto essere
«concordate» con le istanze regionali.
4.6 ¾ La Regione Calabria censura, ancora, gli artt. 16 e
17 del d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione al principio di leale
collaborazione, in quanto queste disposizioni, nel disciplinare il procedimento
di valutazione ambientale strategica in sede statale, ometterebbero qualsiasi
possibilità di intervento di istanze regionali nel procedimento che conduce
all'approvazione del piano o del programma proposto e non terrebbero, pertanto,
conto dell'incidenza di questo sul governo del territorio.
4.7. ¾ La Regione Calabria censura, infine, gli artt. 4,
comma 1, lettera b) – limitatamente
all'inciso «e con direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 26 maggio 2003» – e 5, comma 1, lettere q)
e r), in relazione agli artt. 76 e
77, primo comma, Cost.
Tali disposizioni, che, a dire della
ricorrente, costituirebbero attuazione della direttiva 26 maggio 2003, n.
2003/35/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede la
partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in
materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE
relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia),
violerebbero i parametri indicati, in quanto l'attuazione di questa direttiva
non rientrerebbe espressamente nella delega di cui alla legge n. 308 del 2004.
Peraltro, secondo la ricorrente, anche
qualora dovesse ritenersi che l'art. 1, comma 9, lettera f), della legge n. 308 del 2004, che indica tra i principi e
criteri generali della delega la piena e coerente attuazione delle direttive
comunitarie, avesse implicitamente legittimato il Governo alla attuazione anche
della direttiva 2003/35/CE, gli artt. 4, comma 1, lettera b), e 5, comma 1, lettere q)
e r), sarebbero nondimeno
illegittimi.
Ciò in quanto l'art. 1 e il paragrafo B
della legge n. 62 del 2005, che hanno espressamente delegato il Governo
all'attuazione della direttiva in questione, avrebbero abrogato in parte qua la delega del 2004 e, posto
che le due deleghe prevedevano due diversi procedimenti per l'adozione del
decreto legislativo, le disposizioni impugnate sarebbero in contrasto con
l'art. 76 Cost., dato che il Governo avrebbe seguito il procedimento previsto
dalla abrogata legge n. 308 del 2004, invece di quello di cui alla legge n. 62
del 2005, che garantirebbe meglio la posizione di autonomia costituzionale
delle Regioni.
5. ¾ Con istanza del 19 giugno 2006 la Regione Calabria
ha chiesto la trattazione congiunta della propria richiesta di sospensione
della efficacia delle disposizioni impugnate e di quella proposta dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006.
6. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009 la Regione Calabria ha depositato una memoria, nella quale insiste nelle
impugnazioni proposte.
Per quanto riguarda la censura dell'art.
3, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, la Regione chiede di subordinare la
stessa alla mancata interpretazione del termine biennale ivi previsto quale
termine perentorio per la adozione dei regolamenti attuativi ed esecutivi da
parte del Governo.
Per quanto attiene le ulteriori censure
proposte, la difesa regionale sostiene che la abrogazione o sostituzione di
numerose disposizioni del decreto legislativo n. 152 del 2006 e, per quanto qui
interessa, la abrogazione e sostituzione dell'intera parte seconda del decreto
(artt. 4-52) ad opera degli artt. 1 e 4, comma 2, del d.lgs. n. 4 del 2008 non
farebbe venire meno l'interesse alle censure proposte, dato che la abrogazione
non è stata retroattiva e le disposizioni, sebbene ne sia stata più volte
differita l'entrata in vigore, hanno comunque avuto temporanea vigenza.
Peraltro, secondo la difesa regionale,
non potrebbe pronunciarsi la cessazione della materia del contendere alla luce
del sopravvenuto decreto legislativo correttivo n. 4 del 2008, posto che tale
decreto sarebbe in contrasto con l'art. 76 Cost., sia perché si fonderebbe su
di una delega, quella di cui all'art. 1, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 284 del
2006, che sarebbe invalida, essendo contenuta non in una legge del Parlamento,
ma in un decreto legislativo dello stesso Governo, sia perché, pur se
ricondotto all'originaria delega di cui all'art. 1, comma 6, della legge n. 308
del 2004, eccederebbe, comunque, dal limitato compito di coordinamento e
correzione, avendo operato una totale riscrittura del testo anteriore del
decreto.
7. ¾ Con ricorso notificato il 12-21 giugno 2006,
depositato il successivo 14 giugno ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi
dell'anno 2006, la Regione Toscana ha proposto, in via principale, questioni di
legittimità costituzionale, tra gli altri, degli articoli 3, comma 4, 6, comma
6, 7, commi 3 e 8, 10, commi 3 e 5, e 17 del d.lgs. n. 152 del 2006.
La Regione Toscana premette che la
disciplina recata dal decreto legislativo in questione coinvolge non solo la
tutela dell'ambiente, di competenza esclusiva statale, ma pure le competenze
regionali in materia di governo del territorio, tutela della salute,
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, agricoltura e sviluppo
economico, e sostiene che il legislatore statale deve intervenire in materia
ambientale nel rispetto delle prerogative costituzionalmente garantite delle
Regioni, assicurando alle stesse un ruolo primario in considerazione del
delicato intreccio tra le diverse competenze.
7.1. ¾ Ciò posto, la Regione Toscana censura, anzitutto,
l'art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale prevede che alle
modifiche e alle integrazioni delle norme tecniche in materia ambientale
provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio mediante uno o
più regolamenti ministeriali.
Per la ricorrente questa disposizione
violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., nonché il principio di leale
collaborazione, laddove non prevede meccanismi di concertazione con le Regioni,
essendo innegabile l'incidenza di tali regolamenti anche sulle materie
regionali: governo del territorio, tutela della salute, valorizzazione dei beni
culturali ed ambientali ed agricoltura.
7.2. ¾ La ricorrente censura, poi, l'art. 6, comma 6, del
d.lgs. n. 152 del 2006, che disciplina la Commissione statale
tecnico-consultiva cui compete la valutazione ambientale strategica e la
valutazione di impatto ambientale, ed il successivo art. 17, che affida a tale
Commissione la valutazione ambientale strategica in sede statale, nella parte
in cui non prevedono la partecipazione delle Regioni al procedimento di
valutazione ambientale strategica di piani e programmi di competenza statale.
La difesa regionale, evidenziata
l'incidenza di tali piani e programmi statali sul governo del proprio
territorio, lamenta la violazione degli artt. 117 e 118 Cost., dacché la
partecipazione di un rappresentante regionale alla Commissione statale indicata
sarebbe meramente eventuale e non garantirebbe così, nell'unico passaggio
procedimentale possibile, un adeguato coinvolgimento delle Regioni.
Le disposizioni in questione si
porrebbero, in questo senso, anche in contrasto con la direttiva 2001/42/CE,
che prevederebbe la partecipazione ai procedimenti di
VAS dei soggetti istituzionali competenti in materia ambientale e territoriale,
e, per questa via, in contrasto con l'art. 11 Cost., nonché in contrasto con
l'art. 76 Cost., per violazione dell'art. 1, comma 8, lettere e) ed f), della legge n. 308 del 2004, che prescrivono il rispetto della normativa
comunitaria in materia di ambiente.
7.3. ¾ La Regione Toscana censura, poi, l'art. 7, comma 3,
del d.lgs. n. 152 del 2006, che prevede che siano sottoposti a VAS oltre che i
piani e i programmi indicati al precedente comma, anche quei piani e programmi
concernenti la definizione del quadro di riferimento per la realizzazione di
opere, le quali, pur non essendo sottoposte a valutazione di impatto ambientale
(VIA), possano avere effetti significativi per l'ambiente, secondo un giudizio
espresso dalla Sottocommissione statale competente per la VAS di cui all'art. 6
del medesimo decreto.
Questa disposizione secondo la
ricorrente violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., nonché il principio di leale
collaborazione, laddove non prevederebbe una intesa
con la Regione per sottoporre alla VAS anche piani regionali e consentirebbe,
pertanto, ad un organo dello Stato di ingerirsi in materia di governo del
territorio.
7.4. ¾ La ricorrente censura, poi, l'art. 7, comma 8, del
decreto legislativo n. 152 del 2006, che sottrae alla procedura di VAS i piani
e programmi relativi ad interventi di telefonia mobile, già soggetti alle
disposizioni di cui all'art. 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259
(Codice delle comunicazioni elettroniche).
Per la ricorrente tale disposizione si
porrebbe in contrasto con l'art. 3 della direttiva 2001/42/CE, che non
consentirebbe di sottrarre tale tipologia di piani alla procedura di VAS e, per
questa via, sarebbe in contrasto con l'art. 11 Cost., nonché con l'art. 76
Cost., per violazione dell'art. 1, comma 8, lettere e) ed f), della legge n.
308 del 2004, che prescrivono il rispetto della normativa comunitaria in
materia di ambiente.
Tali violazioni inciderebbero sulle
competenze regionali, dacché la mancata sottoposizione a VAS degli atti di
pianificazione della telefonia mobile comprometterebbe le competenze regionali
in materia di tutela della salute e di governo del territorio.
7.5. ¾ La Regione Toscana censura, infine, l'art. 10,
commi 3 e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, i quali prevedono, rispettivamente,
che le modalità di pubblicazione totale o parziale del piano o progetto
sottoposto a VAS siano stabiliti con regolamento ministeriale e che i depositi
e le pubblicazioni effettuate per la VAS sostituiscono ad ogni effetto le
modalità di informazione e partecipazione eventualmente previste in via
ordinaria dalle procedure di adozione e approvazione di detti piani e
programmi.
La ricorrente, sull'assunto che tali
disposizioni sarebbero riferibili anche ai procedimenti di VAS in sede
regionale, sostiene che esse violerebbero gli artt. 117, terzo e quarto comma,
e 118 Cost., in quanto inciderebbero sulla potestà della Regione di
disciplinare i procedimenti di sua competenza.
8. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si è costituito con atto dell'11
maggio 2006, chiedendo che sia dichiarata l'inammissibilità e l'infondatezza
del ricorso.
8.1. ¾ In particolare la difesa erariale sostiene:
– in ordine alla censura dell'art. 3,
comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, che la fissazione di norme tecniche in
materia di ambiente sia strettamente funzionale alla fissazione di standard
omogenei su tutto il territorio nazionale e rientri nella competenza esclusiva
dello Stato in materia di ambiente;
– in ordine alla censura degli artt. 6,
comma 6, e 17 del d.lgs. n. 152 del 2006, che la VAS sarebbe un procedimento
meramente acquisitivo di conoscenze e che in esso sarebbero previsti adeguati
strumenti per consentire alle Regioni la rappresentazione dei propri interessi;
– in ordine alla censura dell'art. 7,
comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, che la giurisprudenza costituzionale
avrebbe riconosciuto il carattere unitario ed assorbente della pianificazione ed
autorizzazione in materia di impianti di telecomunicazioni;
– in ordine alla censura dell'art. 10,
commi 3 e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, che la norma potrebbe essere
interpretata come riferita ai soli procedimenti di VAS in sede statale.
9. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009, la Regione Toscana ha depositato una memoria, nella quale, per quanto
attiene le disposizioni oggetto del presente giudizio, afferma di non avere più
interesse alla impugnativa proposta, in ragione delle modifiche introdotte dal
d.lgs. n. 4 del 2008 ed, in specie, in ragione della introduzione
nell'articolato del d.lgs. n. 152 del 2006 degli articoli da 3-bis a 3-sexies e dell'abrogazione e sostituzione della disciplina relativa
alla VAS.
10. ¾ La Regione Piemonte, con ricorso notificato il
12-27 giugno 2006, depositato il 15 giugno ed iscritto al n. 70 del registro
ricorsi 2006, ha proposto, in via principale, questioni di legittimità
costituzionale dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, nonché, tra gli altri, degli
artt. 5, comma 1, lettera e), 6,
comma 6, 12, 21 e 22.
Il presente giudizio ha ad oggetto
unicamente l'impugnazione dell'intero testo del decreto e delle predette
disposizioni in riferimento ai parametri appresso indicati, essendo la
trattazione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte
dalla ricorrente Regione Piemonte oggetto di separati giudizi.
10.1. ¾ La ricorrente censura, anzitutto, l'intero testo
del d.lgs. n. 152 del 2006, deducendo, in ragione dell'iter procedimentale (sopra ricordato sub 2) che ha portato alla sua emanazione e dei contrasti emersi
nella riunione del 15 dicembre 2005 della Conferenza unificata, la violazione
del principio di leale collaborazione e degli artt. 5 e 76 Cost., in relazione
all'art. 1, comma 4, della legge delega n. 308 del 2004, che imponeva di
sentire la Conferenza unificata nel procedimento di emanazione del decreto.
La ricorrente sostiene che tale
violazione procedimentale si sarebbe tradotta in una lesione delle attribuzioni
costituzionali delle Regioni e degli enti locali, in quanto il d.lgs. n. 152
del 2006 incide variamente su settori che attengono anche, «a volte
identificandosi e sempre intrecciandosi», a materie di competenza concorrente
di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost. «(governo del territorio, tutela
della salute, protezione civile, energia) ed all'ambito di competenza rimesso
alla legislazione regionale di cui al quarto comma dell'art. 117 Cost.
(agricoltura, settori produttivi, servizi pubblici locali, lavori pubblici ecc.)».
La difesa regionale rammenta, sul punto,
che la giurisprudenza costituzionale (tra le altre, sentenze n. 259 del
2004 e n.
307 del 2003) ha, in più di un'occasione, escluso la stessa configurabilità
di una materia riconducibile, in senso tecnico, in via esclusiva alla "tutela
dell'ambiente”, «qualificandosi l'ambiente come "valore” costituzionalmente
protetto, che in quanto tale delinea una sorta di materia "trasversale” in
ordine alla quale si manifestano competenze diverse che ben possono essere
regionali, spettando allo Stato il compito di fissare "standard” di tutela
uniformi sull'intero territorio nazionale e potendo d'altro canto porre in
essere le Regioni interventi legislativi nelle materie di propria competenza
che attuino anche finalità di tutela ambientale».
Ne conseguirebbe, ad avviso della
Regione Piemonte, che l'assenza di un adeguato confronto sulle disposizioni «emanande, e ancor prima di adeguata valutazione delle
differenti situazioni esistenti e delle possibili diversificate soluzioni
adottabili, si riverbera infatti su tutta l'impostazione della disciplina
considerata», sicché la pretermissione del contributo delle Regioni
«all'elaborazione delle norme del decreto legislativo 152/2006 ha sostanziale
rilievo ad inficiarne la validità nel suo complesso, al di là della
specificazione, pur presente, delle questioni attinenti a norme determinate».
10.2. ¾ La ricorrente individua un'ulteriore violazione
della legge delega nella «estensione» e nella «profondità delle innovazioni
apportate dal decreto delegato alla regolamentazione finora vigente dei diversi
settori contemplati», laddove, in forza dell'art. 1, commi 1 e 8, della legge
n. 308 del 2004, l'oggetto della delega era limitato al coordinamento normativo
nei vari ambiti in quanto interessati da diverse leggi succedutesi nel tempo o
contenenti discipline parziali che necessitavano di raccordo e di eventuali
integrazioni per la loro coerenza ed organicità, nonché alla razionalizzazione
delle discipline esistenti, anche in relazione alla necessità di piena e
coerente attuazione delle direttive comunitarie, ma «non consentiva
l'introduzione di nuovi principi, nuove istituzioni, nuove funzioni o nuovi
procedimenti», né «l'emanazione di nuova disciplina dei settori considerati».
Il d.lgs. n. 152 del 2006 avrebbe,
invece, introdotto «una serie di importanti innovazioni in più settori sia
regolandoli totalmente ex novo sia
modificando significativamente parti di disciplina con mutamento di
impostazione o di contenuti, concretizzando esorbitanza dai limiti della legge
di delega che rileva in ordine alle competenze regionali, che vengono sotto più
aspetti significativamente compresse o pretermesse».
10.3. ¾ Inoltre, prosegue la Regione, l'art. 1, comma 8,
della legge n. 308 del 2004 enuncia, quale principio generale della delega, che
i decreti legislativi si pongano «nel rispetto [...] delle competenze per
materia delle amministrazioni statali nonché delle attribuzioni delle Regioni e
degli enti locali, come definite ai sensi dell'art. 117 della Costituzione,
della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112 [...]».
Da siffatta disposizione si evincerebbe
«l'ambito limitato al coordinamento normativo assegnato ai decreti delegati,
che dovevano quindi porsi nel mantenimento dell'assetto normativo dei vari
settori, già tracciato sia dalle norme nazionali sia dalle norme regionali già
poste nelle varie materie in attuazione di esse», mentre il d.lgs. n. 152 del
2006 «procede invece ad una rivisitazione e ad un rifacimento ex novo di interi settori di attività,
senza apprezzabile razionale giustificazione in ordine al perseguimento di
esigenze unitarie […] superando senza tenere conto, neppure sotto l'aspetto
minimale di una idonea disciplina transitoria, tutta la legislazione regionale
vigente in materia, particolarmente intesa al coordinamento ed integrazione
delle diverse competenze settoriali, che viene indistintamente tradotta insieme
alla organizzazione di funzioni già attuata nel territorio regionale».
A tal riguardo, la Regione Piemonte
rammenta di aver provveduto a porre: «Disposizioni concernenti la compatibilità
ambientale e le procedure di valutazione» con la legge regionale 14 dicembre
1998, n. 4; «Norme per la gestione dei rifiuti» con la legge regionale 24
ottobre 2002, n. 24; disposizioni in materia di «Bonifica e ripristino dei siti
inquinati. Approvazione del piano regionale di bonifica delle aree inquinate»
con la legge regionale 7 aprile 2000, n. 42; «Disposizioni per la tutela
dell'ambiente in materia di inquinamento atmosferico e prima attuazione del
piano regionale per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria» con la
legge regionale 7 aprile 2000, n. 43; «Norme sulla gestione delle acque» con la
legge regionale 20 gennaio 1997, n. 13; «Norme di integrazione e coordinamento
dei contenuti della difesa del suolo nel piano territoriale regionale e negli
strumenti urbanistici comunali» con la legge regionale n. 56 del 1977 e
successive modifiche e integrazioni.
Trattasi, ad avviso della ricorrente, di
normativa già esistente nella Regione «coerente con gli obbiettivi di tutela
ambientale e che avrebbe potuto trovare idonea considerazione attraverso una
corretta elaborazione, come prevista, con l'apporto regionale e delle autonomie
locali», che è stato invece «pretermesso dal decreto
delegato, con violazione della legge di delega, dell'assetto istituzionale
delle competenze statali, regionali e locali anche espressamente confermato
dalla legge di delega, realizzando contrasto anche con i principi di
ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, per
l'ingiustificato rivolgimento apportato ad organi, funzioni e procedure
attualmente vigenti ed efficacemente operative in ambito regionale».
10.4. ¾ La ricorrente censura, inoltre, il fatto che il
d.lgs. n. 152 del 2006, nelle rilevanti innovazioni che avrebbe introdotto
rispetto alla disciplina dei vari settori contemplati, sarebbe «connotato da
spiccato centralismo e dalla separazione delle attività e competenze
indirizzate alla tutela ambientale, anche nella creazione di nuovi organi e
nella allocazione delle funzioni, dalle competenze rivolte alla cura di tutti
gli altri interessi pubblici che con la tutela ambientale interagiscono e si
intersecano, appartenenti alla competenza legislativa regionale ed all'attività
amministrativa delle Regioni e delle autonomie locali». In tal modo, non
avrebbe trovato corretta applicazione il principio di sussidiarietà richiamato
anche dalla legge di delega (art. 1, comma 8), non essendo giustificata da
esigenze unitarie l'attrazione in sede ministeriale «per molte importanti e
svariate funzioni, sia di nuova previsione sia già esercitate in sede comunale,
provinciale e regionale». Analogamente, non vi sarebbe stata la corretta
applicazione di quei principi della legge delega (art. 1, commi 8, lettera m e 9, lettera c) che si indirizzavano alla riaffermazione del ruolo delle Regioni
ai sensi dell'art. 117 Cost. ed alla rimozione dei problemi di carattere
organizzativo, procedurale e finanziario «che ostacolino il conseguimento della
piena operatività degli organi amministrativi e tecnici preposti alla tutela ed
al risanamento del suolo e del sottosuolo, superando la sovrapposizione tra i
diversi piani di rilievo ambientale e coordinandoli con i piani urbanistici»,
nonché alla valorizzazione del ruolo e delle competenze svolti dagli organismi
a composizione mista statale e regionale, non essendo stato preso in
considerazione «il principio di corresponsabilità e di leale collaborazione che
deve improntare i rapporti fra le diverse istituzioni, per garantire
l'effettività della tutela mediante un approccio alle politiche ambientali che
coinvolgendo tutti gli enti esponenziali delle peculiarità territoriali possa
tener conto della complessità del tema».
10.5. ¾ La Regione Piemonte denuncia, inoltre, la
violazione della legge di delega «anche con riguardo alla carente o non esatta
applicazione della normativa comunitaria di tutela ambientale, con riguardo
alle espresse indicazioni poste dai criteri direttivi di dare "piena e coerente
attuazione alle direttive comunitarie, al fine di garantire elevati livelli di
tutela dell'ambiente e di contribuire in tale modo alla competitività dei
sistemi territoriali e delle imprese, evitando fenomeni di distorsione della
concorrenza” e di fare "affermazione dei principi comunitari di prevenzione, di
precauzione, di correzione e riduzione degli inquinamenti e dei danni
ambientali e del principio "chi inquina paga”» (art. 1, comma 9, lettere e ed f).
Il d.lgs. n. 152 del 2006 non
rispecchierebbe, quindi, la piena attuazione della normativa comunitaria, con
violazione «dell'art. 117, primo comma, Cost. che si riverbera sulle funzioni
delle Regioni tenute anch'esse direttamente all'attuazione della normativa
comunitaria ex art. 117, quinto
comma, Cost. e responsabili, per costanti pronunce degli organi comunitari,
nella propria attività amministrativa, e lo stesso dicasi per le autonomie
locali, dell'esatta applicazione di essa».
10.6. ¾ Quanto alle censure sulle specifiche disposizioni
della parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006, la Regione prospetta,
anzitutto, in via generale, la violazione degli «artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117,
118, 119, 120 della Costituzione, dei principi di leale collaborazione,
ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarietà, buon andamento
della Pubblica Amministrazione e con riguardo anche alla violazione di principi
e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali».
La difesa regionale sostiene, poi, che
la disciplina sulla valutazione ambientale strategica (VAS), al pari di quella
sulla valutazione d'impatto ambientale (VIA), rinverrebbe la propria giustificazione
«nella considerazione complessiva di opere ed interventi comportanti rilevanti
effetti di impatto ambientale nel loro inserimento nel contesto territoriale,
nella loro giustificazione rispetto ad esigenze infrastrutturali, produttive,
di sviluppo economico ecc., nella ricerca di modalità attuative che
contemperino le diverse esigenze compresenti». Sarebbe, pertanto, evidente la
interrelazione fra la materia tutela dell'ambiente e le altre materie governo
del territorio, tutela della salute, energia, settori produttivi ecc. che si
ascrivono alla competenza concorrente o residuale regionale, «le cui discipline
e le cui decisioni amministrative si intrecciano ed interferiscono nella
configurazione della disciplina e delle procedure di valutazione ambientale
strategica e di valutazione di impatto ambientale», laddove, peraltro,
l'integrazione delle procedure e delle diverse autorizzazioni costituiva
«specifico criterio della legge di delega, così come il corretto pieno
recepimento della normativa comunitaria che ha disciplinato gli istituti
considerati».
Ad avviso della ricorrente, il d.lgs. n.
152 del 2006 disattenderebbe le anzidette esigenze, modificando l'assetto delle
competenze, in violazione della legge delega e ponendo in crisi la disciplina di
attuazione già predisposta a livello regionale (legge della Regione Piemonte n.
40 del 1998), in assenza di esigenze unitarie che giustifichino l'attrazione di
determinate attività nella competenza statale.
10.7. ¾ Ciò premesso, vengono, specificatamente, denunciate
le seguenti disposizioni:
– art. 5, comma 1, «laddove dispone alla
lettera e) che la procedura di VIA si
applichi ai progetti preliminari senza prevedere, in contrasto con le direttive
85/337/CEE e 97/11/CEE, che siano sottoposti a VIA i progetti definitivi che
contengano modifiche rilevanti e senza considerare l'integrazione in un'unica
sede decisionale con altri procedimenti autorizzativi le cui decisioni vengono
prese con riferimento al progetto definitivo»;
– art. 6, comma 6, «laddove prevede che
la commissione tecnico-consultiva nazionale, a cui è affidato il compimento
dell'istruttoria per le valutazioni VAS, VIA, IPPC riguardanti opere ed
interventi di rilievo nazionale, sia integrata per ogni sottocommissione da "un
esperto” designato dalla Regione direttamente interessata dalla realizzazione
dell'opera». Sarebbe violato il principio di leale collaborazione, giacché la
norma assegna alla partecipazione regionale un «ruolo limitato e secondario»;
– art. 12, poiché, a differenza di quanto
previsto dalla direttiva 2001/42/CE (che favorisce una forte integrazione fra
tematiche ed autorità dei settori interessati, atteso che la VAS non è un mero
provvedimento autorizzativo, ma deve porre in essere
un processo decisionale della pubblica amministrazione che confronta le scelte
da assumere in un determinato contesto ambientale, territoriale e
socio-economico), «l'iter definito
dal decreto legislativo prevede che venga emesso un giudizio di compatibilità
ambientale su un piano o un programma, a cui il piano o programma deve
necessariamente adeguarsi, da un soggetto diverso, che non ha obbligo di
confrontare la propria valutazione con il soggetto proponente, di modo che la
valutazione ambientale e la pianificazione o programmazione non si intersecano
realmente, ma rimangono come fasi consequenziali e sostanzialmente separate».
Inoltre, al comma 2, viene in evidenza una impostazione meccanica della
procedura, che ne riduce l'effettiva funzione delineata dalla normativa
comunitaria, tramite la «fissazione di termini per l'emissione del giudizio,
l'intervento in via sostitutiva del Consiglio dei ministri e la previsione in
caso di inutile decorso che si intenda emesso giudizio negativo sulla
compatibilità ambientale del piano o programma di competenza statale e che la
stessa previsione valga anche per i piani e programmi sottoposti a VAS di
competenza regionale fino all'emanazione di apposite norme regionali».
Peraltro, sarebbe quasi inesistente lo
spazio riservato alla normativa regionale anche rispetto alle procedure di
competenza della Regione, «che rimangono in pratica totalmente definite secondo
le disposizioni del decreto legislativo in forza del richiamo di cui agli artt.
21 e 22, commi 1 e 2».
11. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio,
chiedendo che sia dichiarata l'inammissibilità e l'infondatezza delle
questioni.
La difesa erariale ha eccepito la
inammissibilità del ricorso per la tardività della sua notifica e, nel merito,
riservandosi di meglio argomentare nel corso del giudizio, ha contestato in via
generale il ricorso della Regione Piemonte, sostenendo che il carattere
trasversale della materia ambientale non costituirebbe un limite alla competenza
esclusiva dello Stato di stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per
procedimenti e competenze che attengono specificatamente alla tutela
dell'ambiente.
12. ¾ Con ricorso notificato il 9 giugno 2006, depositato
il successivo 15 giugno ed iscritto al n. 71 del registro ricorsi dell'anno
2006 la Regione Valle d'Aosta ha proposto, in via principale, questioni di
legittimità costituzionale dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, nonché, tra gli
altri, specificamente degli artt. 4, comma 1, lettera a), n. 3, 6 (nonché degli articoli da 15 a 22, nella parte in cui
richiamano detto art. 6), 7, comma 3, 12, comma 2, 10 e 16.
12.1. ¾ La ricorrente sostiene, anzitutto, di essere
titolare di una ampia e generalizzata competenza in materia ambientale.
A fondamento di tale assunto la difesa
regionale richiama, oltre alle competenze di cui all'art. 2 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto
speciale per la Valle d'Aosta) in materia di urbanistica, agricoltura e
foreste, caccia e pesca, turismo, lavori pubblici, artigianato e, soprattutto,
tutela del paesaggio, alcune sentenze della Corte costituzionale (segnatamente
le sentenze n.
183 del 1987, n.
1029 del 1988, n.
264 del 1996, n.
285 del 1997), nonché alcune disposizioni di attuazione statutaria.
In particolare dalla difesa regionale
vengono richiamate:
– l'art. 16 della legge 16 maggio 1978,
n. 196 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Valle d'Aosta), a
norma del quale `«in attuazione dell'articolo 4, primo comma, della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, in relazione all'articolo 2, lettera q), ultima parte, della legge
costituzionale medesima, sono trasferite alla Regione Valle d'Aosta le funzioni
amministrative che il Ministero per i beni culturali ed ambientali ed altri
organi centrali e periferici dello Stato esercitano, per il territorio della
Valle d'Aosta, in materia di tutela del paesaggio»;
– l'art. 50 del d.P.R.
22 febbraio 1982, n. 182 (Norme di attuazione dello statuto speciale della
Regione Valle d'Aosta per la estensione alla Regione delle disposizioni del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e della normativa relativa
agli enti soppressi con l'art. 1-bis
del d.l. 18 agosto 1978, n. 481, convertito nella legge 21 ottobre 1978, n.
641), il quale stabilisce che «le funzioni amministrative nella materia
relativa alla urbanistica ed ai piani regolatori per zone di particolare
importanza turistica concernono la disciplina dell'uso del territorio
comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali
riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché
la protezione dell'ambiente e l'approvazione di piani regolatori per zone di
particolare importanza turistica»;
– il successivo art. 51 del medesimo d.P.R. n. 182 del 1982, il quale così dispone nei primi due
commi: «sono di competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti: a)
l'identificazione delle linee
fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, con
particolare riferimento all'articolazione territoriale degli interventi di
interesse statale ed alla tutela ambientale ed ecologica del territorio nonché
alla difesa del suolo; b) la
formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle costruzioni sismiche e
l'emanazione delle relative norme tecniche per le costruzioni nelle stesse. Per
le opere da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree
del demanio statale l'accertamento della conformità alle prescrizioni delle
norme e dei piani urbanistici ed edilizi, salvo che per le opere destinate alla
difesa militare, è fatto dallo Stato, di
intesa con la Regione»;
– l'art.
67 del d.P.R. n. 182 del 1982, che trasferisce
alla Regione, salvo talune eccezioni, le funzioni amministrative esercitate
dagli organi centrali e periferici dello Stato in ordine all'igiene del suolo e
all'inquinamento atmosferico, idrico, termico ed acustico, compresi gli aspetti
igienico-sanitari delle industrie insalubri;
– il successivo art. 68 del medesimo d.P.R. n. 182 del 1982 che circoscrive le competenze
conservate allo Stato attraverso una elencazione tassativa, dalla quale, a dire
della ricorrente, non risulterebbe alcun titolo giustificativo delle
disposizioni legislative dettate dal d.lgs. n. 152 del 2006 ed oggetto di
impugnazione.
Tale generale competenza in materia di
tutela dell'ambiente, secondo la difesa regionale, non potrebbe subire
limitazioni in ragione delle estese competenze legislative statali in materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost., stante il disposto
dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al
titolo V della parte seconda della Costituzione). Mentre «per quanto riguarda
le materie di competenza legislativa di cui all'art. 117, terzo e quarto comma,
Cost., non si può certo escludere che le medesime vadano riconosciute anche
alla ricorrente, per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie
rispetto a quelle ad essa attribuite dallo statuto speciale e dalle norme di
attuazione, ciò che, con riferimento alla ricorrente, potrebbe affermarsi con
riguardo ad alcune materie, – tra le quali l'industria, la gestione delle acque
pubbliche ad uso idroelettrico, la tutela della salute, la protezione civile,
il governo del territorio – per la parte eventualmente eccedente la materia
urbanistica ed edilizia, assegnata alla competenza primaria della Regione Valle
d'Aosta».
12.2. ¾ Ciò premesso la Regione Valle d'Aosta censura,
anzitutto, l'intero d.lgs. n. 152 del 2006, in riferimento al principio di
leale collaborazione ed all'art. 76 Cost.
Secondo la difesa regionale l'iter procedimentale (sopra ricordato sub 2) che ha portato alla emanazione
del decreto legislativo non avrebbe rispettato i contenuti minimi della
garanzia di partecipazione della Conferenza unificata, imposti dal principio di
leale collaborazione e dalla stessa legge delega (art. 1, comma 4, della legge
n. 308 del 2004). Inoltre il testo sottoposto alla Conferenza unificata sarebbe
diverso da quello poi emanato, essendo questo stato modificato dal Governo a
seguito di taluni rilievi del Presidente della Repubblica e non presentato
nuovamente alla Conferenza ed alle Commissioni parlamentari. Da tali violazioni
procedurali, per la ricorrente, sarebbe derivata una lesione delle attribuzioni
costituzionali delle Regioni e degli enti locali.
12.3. ¾ La Regione Valle d'Aosta censura, poi, l'art. 6 del
d.lgs. n. 152 del 2006, il quale prevede l'istituzione presso il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio – con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio – di una Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni
ambientali ed affida a tale organo la funzione di provvedere all'istruttoria e
di esprimersi sui rapporti ambientali e sugli studi di impatto ambientale
relativi a piani e programmi oppure a progetti rispettivamente sottoposti a
valutazione ambientale strategica e a valutazione di impatto ambientale di
competenza statale.
La ricorrente Regione Valle d'Aosta
lamenta la violazione delle proprie competenze «in materia ambientale ed in
materie connesse», degli artt. 11, 76 e
117, primo comma, Cost., nonché del principio di leale collaborazione, dacché
la partecipazione di un rappresentante regionale alla Commissione statale
indicata sarebbe meramente eventuale, debole e non garantita e non
assicurerebbe così, nell'unico passaggio procedimentale possibile, un adeguato
coinvolgimento delle Regioni, come invece richiesto dalla stessa giurisprudenza
di questa Corte (viene citata la sentenza n. 303 del
2003).
Non prevedendo, pertanto, una
partecipazione necessaria e garantita delle Regioni, le disposizioni in
questione si porrebbero in contrasto con la direttiva 2001/42/CE (Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di
determinati piani e programmi sull'ambiente), che prevederebbe
la partecipazione ai procedimenti di VAS dei soggetti istituzionali competenti
in materia ambientale e territoriale, e, per questa via, in contrasto con
l'art. 11 e 117, primo comma, Cost.
12.4. ¾ Al contempo, la «disciplina concernente la
Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali e l'indifferenza
per le esigenze di adeguato ed effettivo coinvolgimento delle Regioni nei
procedimenti suscettibili di investire aspetti di pertinenza degli enti
territoriali, che essa sottintende, rende carente anche la connessa disciplina
di cui al capo II del titolo II della parte II del d.lgs. n. 152 del 2006,
contenente disposizioni specifiche per la VAS in sede statale, nella parte in
cui richiama la Commissione di cui all'art. 6, e ciò in contrasto con quanto
previsto dalla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e
programmi sull'ambiente, con conseguente violazione degli artt. 11 e 117, primo
comma. della Costituzione».
12.5. ¾ La Regione Valle d'Aosta censura, poi, l'art. 7,
comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, che prevede che siano sottoposti a VAS
oltre che i piani ed i programmi indicati al precedente comma 2 dell'art. 7,
anche quei piani e programmi concernenti la definizione del quadro di riferimento
per la realizzazione di opere, le quali, pur non essendo sottoposte a VIA,
possano avere effetti significativi per l'ambiente, secondo un giudizio
espresso dalla sottocommissione statale competente per la VAS.
Questa disposizione, secondo la ricorrente,
violerebbe, il principio di leale collaborazione, nonché l'art. 2, lettere d), f)
e g), del proprio statuto speciale,
che riconosce la competenza primaria della Regione nelle materie urbanistica,
strade e lavori pubblici di interesse regionale, agricoltura e foreste,
zootecnia, flora e fauna, in quanto non prevederebbe
adeguate forme collaborative con la Regione per sottoporre alla VAS anche piani
regionali e consentirebbe, pertanto, ad un organo dello Stato di ingerirsi in
materia di governo del territorio.
12.6. ¾ La Regione Valle d'Aosta censura, poi, l'art. 12,
comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale prevede che qualora l'autorità
preposta alla valutazione ambientale non si esprima entro sessanta giorni, il
Consiglio dei ministri è autorizzato, previa diffida ed assegnazione di un
ulteriore termine di venti giorni, ad esercitare il potere sostitutivo ed ove
il Consiglio dei ministri non si pronunci, si intende emesso parere negativo e
prevede che tale disciplina si applichi, fino all'emanazione della normativa
regionale in materia, anche per le VAS di competenza regionale.
La ricorrente ritiene che tale norma,
nella parte in cui si riferisce alla VAS di competenza regionale, sia una
palese violazione dell'art. 2, lettera g),
dello statuto regionale, in base al quale l'urbanistica è materia di competenza
esclusiva regionale, e che si ponga, altresì, in contrasto con il principio di
buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost.,
implicando il rischio che numerosi piani e programmi abbiano un giudizio
negativo di compatibilità per mera scadenza del termine.
12.7. ¾ La Regione Valle d'Aosta censura, poi, gli articoli
10 e 16 del d.lgs. n. 152 del 2006, anzitutto, nella parte in cui stabiliscono:
che la valutazione di compatibilità ambientale venga effettuata prima
dell'approvazione del piano o del programma (art. 10, comma 1) e che, prima
dell'avvio del procedimento di approvazione, ai sensi dell'articolo 10, commi 1
e 2, presso gli uffici delle Province e delle Regioni il cui territorio risulti
anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli effetti della
sua attuazione deve essere depositato un congruo numero di copie della sintesi
non tecnica, mentre alle Regioni deve essere inviata anche copia integrale della
proposta di piano o programma e del rapporto ambientale (art. 16, comma 2).
Per la ricorrente tali norme sarebbero
in contrasto con gli artt. 4 e 6, paragrafo 1, della direttiva comunitaria
2001/42/CE, per i quali, invece, la valutazione ambientale deve essere
effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed
anteriormente alla sua adozione o all'avvio della procedura legislativa e la
proposta di piano o di programma ed il rapporto ambientale devono essere messi
a disposizione «delle autorità di cui al paragrafo 3 del presente articolo e
del pubblico».
Secondo la difesa regionale, in base a
tali previsioni, la VAS interverrebbe «quando ormai l'elaborazione del piano è
giunta nel suo stadio finale, impedendo, così, ai soggetti pubblici e privati
che hanno diritto di prendere parte all'iter
di approvazione del piano, di effettuare le proprie valutazioni anche sulla
base della valutazione ambientale del piano medesimo espressa dall'autorità
competente», mentre il deposito della sintesi non tecnica sarebbe una forma
pubblicitaria inidonea a garantire il pubblico.
La violazione del diritto comunitario e
degli artt. 11 e 117, primo
comma, Cost., a dire della Regione, «si traduce in una lesione delle
attribuzioni regionali in materia di tutela dell'ambiente, ed altresì della
competenza regionale in ordine all'attuazione delle direttive comunitarie, di
cui all'art. 117, quinto comma, della Costituzione». E costituirebbe, altresì,
violazione dell'art. 76 Cost., in relazione all'art. 1, comma 8, della legge n.
308 del 2004, nella parte in cui impone al legislatore delegato il rispetto dei
principi e delle norme comunitarie, delle attribuzioni delle Regioni ed in
particolare delle norme statutarie e delle relative norme di attuazione delle
Regioni a statuto speciale, nonché del principio di sussidiarietà.
Per la ricorrente, inoltre, «almeno la
prima delle due disposizioni citate, applicabile anche ai procedimenti a
livello regionale e locale, è lesiva delle attribuzioni regionali in materia
ambientale», oltre che «delle competenze relative alle materie ulteriori
trasversalmente interessate dalle procedure di valutazione ambientale».
L'art. 10 viene, poi, censurato in
riferimento al suo comma 3, il quale stabilisce che la pubblicazione totale o
parziale delle proposte di piano sulla rete telematica avvenga solo nei casi
stabiliti da un regolamento ministeriale, dacché si porrebbe in contrasto con
il medesimo principio comunitario di pubblicità.
Mentre l'art. 10, comma 5, in base alla
quale le forme di pubblicità previste dalla procedura di VAS sostituiscono a
tutti gli effetti tutte le altre forme di pubblicità dei piani previste dalle
ordinarie procedure di approvazione, a dire della Regione Valle d'Aosta,
violerebbe le competenze regionali esclusive in materia di pianificazione
urbanistica, dato che, trattandosi di procedimenti regionali, questi non
potrebbero che essere disciplinati con legge regionale anche per quel che
concerne le forme di pubblicità.
12.8. ¾ La Regione Valle d'Aosta censura, infine, l'art. 4,
comma 1, lettera a), n. 3, del d.lgs.
n. 152 del 2006, il quale stabilisce che la normativa in esame ha l'obiettivo
di promuovere l'utilizzo della valutazione ambientale nella stesura dei piani e
dei programmi statali, regionali e sovracomunali.
Tale norma si porrebbe in contrasto con
l'art. 3, paragrafo 1, della direttiva comunitaria 2001/42/CE che assoggetta a
valutazione ambientale i piani e i programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente, in quanto
non considererebbe «che sussistono aree urbane eccedenti la definizione
comunitaria di "piccole aree a livello
locale” la cui pianificazione, pur non rientrando nel concetto di "pianificazione sovracomunale”,
può avere un significativo impatto sull'ambiente».
Per le ragioni indicate, pertanto, essa
violerebbe gli artt. 11 e 117,
primo e quinto comma, Cost. e sarebbe, altresì, in contrasto con l'art. 76
Cost., in relazione all'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004 e con le
attribuzioni regionali in materia di urbanistica.
13. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009, la Regione Valle d'Aosta ha depositato una memoria, nella quale ribadisce
e sviluppa gli argomenti del ricorso e, per quanto attiene al presente
giudizio, sostiene che l'avvenuta abrogazione e sostituzione delle disposizioni
impugnate in tema di VAS, seppure satisfattiva, non
faccia venire meno la materia del contendere, posto che, ai sensi dell'art 4,
comma 1, del d.lgs. n. 4 del 2008, ai progetti per i quali, «alla data di
entrata in vigore del "presente decreto”, la VIA è in corso, con l'avvenuta
presentazione del progetto e dello studio di impatto ambientale, si applicano
le norme vigenti al momento dell'avvio del relativo procedimento».
13.1. ¾ Nel corso dell'udienza pubblica del 5 maggio 2009,
peraltro, la difesa regionale ha affermato che la Regione Valle d'Aosta non ha
più interesse alla impugnazione degli articoli 6 e 7, comma 3, del d.lgs. n.
152 del 2006, posto che il predetto art. 6 è stato abrogato e sostituito da
parte degli artt. 14 e 9 del d.P.R. 14 maggio 2007,
n. 90 (Regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a norma dell'articolo
29 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto 2006, n. 248), ancor prima dell'entrata in vigore, in data 31 luglio
2007, della disciplina VAS contestata e posto che il predetto art. 7, comma 3,
era stato censurato solo in via derivata dalla dedotta illegittimità dell'art.
6.
14. ¾ Con ricorso notificato il 13 giugno 2006,
depositato il successivo 16 giugno ed iscritto al n. 72 del registro ricorsi
dell'anno 2006, la Regione Umbria ha impugnato gli artt. 25, comma 1, 35, comma
1, 42, comma 3, 55, comma 2, 58, comma 3, 63, commi 3 e 4, 64, 65, comma 3,
lettera e), 95, comma 5, 96, comma 1,
101, comma 7, 148, 149, 153, comma 1, 154, 155, 160, 166, comma 4, 181, commi
da 7 a 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 195, comma 1, 202, comma 6, 214,
commi 3 e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006.
14.1. ¾ La presente decisione ha ad oggetto unicamente
l'impugnazione delle predette disposizioni in riferimento all'art. 76 Cost. ed
al principio di leale collaborazione, essendo oggetto di separati giudizi le
ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte dalla ricorrente
Regione Umbria avverso le medesime disposizioni, in riferimento a differenti
parametri.
14.2. ¾ Secondo la difesa regionale l'iter procedimentale (sopra ricordato sub 2) che ha portato all'emanazione del decreto legislativo – con
particolare riguardo alle suddette disposizioni – non avrebbe rispettato i
contenuti minimi della garanzia di partecipazione della Conferenza unificata,
imposti dal principio di leale collaborazione e dalla stessa legge delega (art.
1, comma 4, della legge n. 308 del 2004) e da tali violazioni procedurali
sarebbe derivata una lesione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni e
degli enti locali.
15. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009 la Regione Umbria ha depositato una memoria, nella quale, però, non svolge
argomenti relativi alle censure oggetto del presente giudizio.
16. ¾ Con ricorso notificato il 13 giugno 2006,
depositato il successivo 16 giugno ed iscritto al n. 73 del registro ricorsi
dell'anno 2006 la Regione Emilia-Romagna ha impugnato, tra gli altri, gli artt.
5, comma 1, lettere e), g) ed m), e 12, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006.
16.1. ¾ L'art. 5, comma 1, lettera e), definito il concetto di progetto di un'opera e di un intervento,
dispone che la VIA viene eseguita sui progetti preliminari, senza prevedere la
sottoposizione alle medesime procedure dei successivi progetti definitivi che
contengano modifiche progettuali o nell'utilizzo delle risorse naturali o
nell'immissione di inquinanti.
La Regione Emilia-Romagna sostiene che
la disposizione si porrebbe in contrasto con la direttiva 85/337/CEE (Direttiva
del Consiglio concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati
progetti pubblici e privati), come modificata dalla direttiva, 97/11/CE
(Direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 85/337/CEE concernente la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati)
e, specificamente, con l'art. 2, comma 1, e col punto 13 dell'allegato II, che,
invece prevedono tale obbligo e rileva che la Commissione europea, con il
parere motivato 2002/5170 del 18 ottobre 2005, ha aperto una procedura di
infrazione avverso l'Italia, in riferimento ad una analoga previsione contenuta
nell'art. 20, comma 5, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190
(Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle
infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse
nazionale).
16.2. ¾ L'art. 5, comma 1, lettera g), definisce la modifica sostanziale di un'opera o intervento,
stabilendo che, per le opere o interventi per i quali nell'allegato III alla
parte seconda del decreto sono fissate soglie dimensionali, costituisce
modifica anche l'intervento di ampliamento, potenziamento o estensione qualora
detto intervento,in sé considerato, sia pari o superiore al trenta per cento di
tali soglie.
La Regione Emilia-Romagna ritiene tale
disposizione di non chiara lettura e sostiene che, qualora essa debba essere
intesa nel senso che per aversi modifica sostanziale sia necessario che le
soglie siano superate di oltre il trenta per cento, allora, la disposizione
sarebbe in contrasto «con il punto 8 della direttiva 2003/35/CE, che ha
previsto l'integrazione dell'allegato I della direttiva 85/337/CEE come
modificata dalla direttiva 97/11/CE con il seguente punto "22. Ogni modifica o
estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o
l'estensione di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti dal
presente allegato”».
16.3. ¾ L'art. 5, comma 1, lettera m), definisce il giudizio di compatibilità ambientale come l'atto
con il quale l'organo competente conclude la procedura di valutazione
ambientale strategica o la valutazione di impatto ambientale, mentre l'art. 12,
comma 2, dispone che l'autorità preposta alla valutazione ambientale emette il
giudizio di compatibilità ambientale, che costituisce presupposto per la
prosecuzione del procedimento di approvazione del piano e del programma.
La Regione Emilia-Romagna ritiene che
tali disposizioni siano in contrasto con la direttiva 2001/42/CE, dato che
configurerebbero la procedura di VAS ed il suo esito in termini essenzialmente
assimilati a quelli della procedura di VIA, laddove secondo la direttiva
comunitaria indicata risulterebbe che la VAS non potrebbe essere configurata
come uno specifico provvedimento autorizzatorio di una autorità sull'altra, ma
dovrebbe essere concepita come un processo decisionale della stessa pubblica
amministrazione che approva il piano o il programma.
Il contrasto con il diritto comunitario
ridonderebbe, poi, in lesione delle garanzie costituzionali della Regione, in
quanto tali disposizioni, da un lato, devono essere applicate dagli enti
territoriali, dall'altro, costituiscono, ai sensi dell'art. 22 del d.lgs. n.
152 del 2006, un vincolo alla futura legislazione regionale.
17. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009 la Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria, nella quale, dopo una
disamina della recente giurisprudenza della Corte costituzionale in materia
ambientale, sostiene, in via preliminare, la sua piena legittimazione a far
valere la contrarietà della normativa statale al diritto comunitario, perché,
«stante il vincolo della legge regionale alla normativa ambientale statale,
essa dovrebbe esercitare la propria potestà legislativa in contrasto con il
diritto comunitario: ciò tanto più in quanto tale contrasto non può essere
semplicemente risolto sostituendo al principio statale un corrispondente
principio comunitario suscettibile di applicazione diretta».
Nel merito, per quanto attiene al
presente giudizio, la difesa regionale sostiene che la avvenuta abrogazione
delle norme impugnate non determinerebbe la cessazione della materia del
contendere, posto che queste avrebbero avuto vigenza dal 31 luglio 2007, fino
all'entrata in vigore del d.lgs. correttivo n. 4 del 2008, ed insiste pertanto
sulle censure proposte.
18. ¾ Con ricorso notificato il 13 giugno 2006,
depositato il successivo 16 giugno ed iscritto al n. 74 del registro ricorsi
dell'anno 2006 la Regione Liguria ha impugnato gli artt. 58, 59, 63, 64, 65,
67, 69, 74, 91, comma 1, lettera d),
96, 113, 114, 116, 117, 121, 124, comma 7, 148, commi 4 e 5, 149, comma 6, 154,
181, commi da 7 a 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 205, comma 2, 240, comma
1, lettere b), c) e g), 242, 243, 244,
246, 252 e 257 del d.lgs. n. 152 del 2006.
18.1. ¾ La presente decisione ha ad oggetto unicamente
l'impugnazione delle predette disposizioni in riferimento all'art. 76 Cost. ed
al principio di leale collaborazione, essendo oggetto di separate decisioni le
ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte dalla ricorrente
Regione Liguria avverso le medesime disposizioni, ma in riferimento a
differenti parametri.
18.2. ¾ Secondo la difesa regionale, l'iter procedimentale (sopra ricordato sub 2) che ha portato all'emanazione del decreto legislativo – e,
in particolare, delle suddette disposizioni – non avrebbe rispettato i
contenuti minimi della garanzia di partecipazione della Conferenza unificata,
imposti dal principio di leale collaborazione e dalla stessa legge delega (art.
1, comma 4, della legge n. 308 del 2004) e da tali violazioni procedurali
sarebbe derivata una lesione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni e
degli enti locali.
19. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009 la Regione Liguria ha depositato una memoria, nella quale, però, non
svolge argomenti relativi alle censure oggetto del presente giudizio.
20. ¾ Con ricorso notificato il 12 giugno 2006,
depositato il successivo 17 giugno ed iscritto al n. 75 del registro ricorsi
dell'anno 2006 la Regione Abruzzo ha impugnato, tra l'altro, l'intero testo del
d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione all'art. 76 Cost. ed al principio di leale
collaborazione, chiedendone, altresì, la sospensione.
20.1. ¾ La presente decisione ha ad oggetto unicamente la
suddetta questione essendo oggetto di separate decisioni le ulteriori questioni
di legittimità costituzionale proposte dalla ricorrente Regione con lo stesso
ricorso.
20.2. ¾ La ricorrente censura l'intero testo del d.lgs. n.
152 del 2006, svolgendo le medesime censure e le medesime argomentazioni
sviluppate dalla Regione Emilia-Romagna nel ricorso n. 56, sopra riportate sub 2.1.
La difesa regionale esclude, inoltre,
che l'ordine del giorno approvato il 20 gennaio 2006 possa essere considerato
equivalente ad un parere effettivamente articolato e reso a seguito di un
corretto procedimento e rileva come esso, comunque, non sia stato
effettivamente preso in considerazione.
21. ¾ Con ricorso notificato il 13 giugno 2006,
depositato il successivo 20 giugno ed iscritto al n. 76 del registro ricorsi
dell'anno 2006 la Regione Puglia ha impugnato, tra gli altri, gli artt. 6, 15,
comma 1, e 19 del d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione agli artt. 5, 76 e 118 Cost..
21.1. ¾ La Regione Puglia censura in relazione a tali
parametri:
– l'art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006,
che disciplina la Commissione statale tecnico-consultiva cui compete la valutazione
ambientale strategica e la valutazione di impatto ambientale, lamentando che
manchi una forma di intesa o collaborazione di tale organo statale con le
Regioni, il cui territorio risulti coinvolto dai piani e progetti da esaminare,
non potendosi ritenere sufficiente la partecipazione meramente eventuale ai
lavori di tale Commissione di un rappresentante della Regione interessata;
– l'art. 15, comma 1, che prevede la
sottoposizione alla valutazione ambientale strategica dei piani e dei programmi
la cui approvazione compete ad organi dello Stato, e l'art. 19, comma 2, che
prevede che la verifica preventiva è eseguita dall'autorità competente
all'approvazione dei piani o dei programmi, su istanza del proponente,
acquisito il parere della Commissione di cui all'art. 6, lamentando la mancata
previsione di un intervento regionale, malgrado gli indiscutibili effetti sul
territorio dei piani e dei programmi in questione.
Le disposizioni censurate violerebbero,
pertanto, l'art. 5 Cost., non risultando idonee a soddisfare le esigenze
specifiche delle autonomie locali. Violerebbero l'art. 76 Cost., essendo in
contrasto con l'art. 8 punto m (recte art. 1,
comma 8, lettera m) e con l'art. 9,
punto c (recte art. 1, comma 9, lettera c), della legge n. 308 del 2004, che
imponevano il rispetto delle attribuzioni delle Regioni. E violerebbero,
infine, l'art. 118 Cost., dacché attribuirebbero allo Stato funzioni
amministrative in assenza di un'esigenza di esercizio unitario delle funzioni
medesime.
22. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009 la Regione Puglia ha depositato una memoria, nella quale, per quanto
attiene le disposizioni oggetto del presente giudizio, afferma di non avere più
interesse all'impugnativa proposta, in ragione delle modifiche introdotte dal
d.lgs. n. 4 del 2008 ed, in specie, in ragione dell'abrogazione e sostituzione
della disciplina relativa alla VAS.
23. ¾ Con ricorso notificato il 13 giugno 2006,
depositato il successivo 21 giugno ed iscritto al n. 78 del registro ricorsi
dell'anno 2006, la Regione Campania ha impugnato, tra l'altro, l'intero testo
del d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione all'art. 76 Cost.
23.1. ¾ La presente decisione ha ad oggetto unicamente la
suddetta questione essendo la trattazione delle ulteriori questioni di
legittimità costituzionale, proposte con lo stesso ricorso dalla ricorrente
Regione Campania, oggetto di separate decisioni.
23.2. ¾ Secondo la difesa regionale l'iter procedimentale (sopra ricordato sub 2) che ha portato alla emanazione del decreto legislativo non
avrebbe rispettato i contenuti minimi della garanzia di partecipazione della
Conferenza unificata, imposti dal principio di leale collaborazione e dalla
stessa legge delega (art. 1, comma 4, della legge n. 308 del 2004).
24. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009 la Regione Campania ha depositato una memoria, nella quale ribadisce e
sviluppa gli argomenti già svolti ed articola ulteriori censure.
Anzitutto la difesa regionale specifica
l'iniziale motivo di ricorso, sostenendo che il decreto legislativo impugnato
sarebbe in contrasto con l'art. 76 Cost. in quanto il Governo avrebbe messo la
Conferenza nell'impossibilità materiale di conoscere l'oggetto su cui rendere
il prescritto parere.
La Regione Campania individua, poi, i seguenti
ulteriori motivi di censura, sempre in riferimento all'art. 76 Cost.:
– il testo del decreto emanato sarebbe
diverso da quello su cui è stato richiesto il parere alla Conferenza unificata,
essendo stato modificato dal Governo dopo taluni rilievi del Presidente della
Repubblica senza essere nuovamente sottoposto alla Conferenza;
– il decreto legislativo violerebbe i
principi di cui all'art. 1, comma 8, lettere e) ed m) della legge
delega n. 308 del 2004, nonché disattenderebbe la sua natura di delega di
riordino e coordinamento, pertanto, di ricomposizione dell'esistente normativo,
in quanto il legislatore delegato non avrebbe dato piena e coerente attuazione
al diritto comunitario, avrebbe inciso sull'intero sistema normativo, invece
che coordinarlo, avrebbe leso le attribuzioni delle Regioni e degli enti
locali.
25. ¾ Con ricorso notificato il 13 giugno 2006,
depositato il successivo 21 giugno ed iscritto al n. 79 del registro ricorsi
dell'anno 2006, la Regione Marche ha proposto, in via principale, questione di
legittimità costituzionale, tra gli altri, degli articoli 3, comma 4, 6, comma
6, 7, commi 3 e 8, 10, commi 3 e 5, e 17 del d.lgs. n. 152 del 2006.
25.1. ¾ La Regione Marche impugna le predette disposizioni,
svolgendo le medesime censure e le medesime argomentazioni sviluppate dalla
Regione Toscana nel ricorso n. 69, sopra riportate sub 7, 7.1., 7.2., 7.3., 7.4. e 7.5.
26. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009 la Regione Marche ha depositato una ampia memoria, nella quale precisa ed
argomenta ulteriormente le censure proposte.
26.1. ¾ In riferimento all'impugnazione dell'art. 3, comma
4, del d.lgs. n. 152 del 2006, la difesa regionale sostiene che i regolamenti
statali recanti norme tecniche in materia di ambiente, sebbene riferibili ad un
titolo di competenza esclusiva statale, dovrebbero comunque essere adottati
previa una forma concertativa con le Regioni, stante il carattere trasversale
della materia ambientale e la estrema incisività di tali norme tecniche sulle
competenze regionali.
26.2. ¾ In riferimento all'impugnazione degli artt. 6,
comma 6, e 17 del d.lgs. n. 152 del 2006 la difesa regionale sostiene che
l'avvenuta abrogazione e sostituzione dell'art. 6 da parte degli artt. 14 e 9
del d.P.R. n. 90 del 2007 non determinerebbe la
cessazione della materia del contendere, posto che la disciplina sostitutiva
introdotta non avrebbe natura satisfattiva delle
pretese regionali ed anzi aggraverebbe la lesione prospettata.
Infatti l'attuale disciplina, risultante
dal combinato disposto del nuovo art. 8 del d.lgs. n. 152 del 2006, introdotto
dall'art. 1, comma 3, del d.lgs. correttivo n. 4 del 2008 – il quale prevede
che la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale, istituita dall'art.
9 del d.P.R. n. 90 del 2007, assicura al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio il supporto tecnico-scientifico per
l'attuazione delle norme di cui al decreto stesso – ed, appunto, dell'art. 9
del predetto d.P.R. n. 90 del 2007, riducendo il
numero dei componenti statali della Commissione da settantotto a sessanta, ma
introducendo, al contempo, la regola del necessario funzionamento della
Commissione in seduta plenaria in luogo delle più ristrette sottocommissioni
anteriormente previste, verrebbe in definitiva a ridurre il peso proporzionale
dell'unico componente regionale.
Per la ricorrente il carattere non satisfattivo della disciplina sopravvenuta imporrebbe il
trasferimento della proposta questione di legittimità costituzionale sulla nuova
previsione di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 152 del 2006, introdotta dal d.lgs.
n. 4 del 2008, laddove si ritenesse che il previsto rinvio all'art. 9 del d.P.R. n. 90 del 2007 abbia natura recettizia.
Mentre, laddove tale rinvio dovesse ritenersi mobile, emergerebbe comunque
l'illegittimità del nuovo art. 8 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nella
parte in cui non prevede alcuna collaborazione della Regione nell'ambito dei
procedimenti di valutazione ambientale strategica che interessano il suo territorio.
26.3. ¾ In riferimento alle censure proposte avverso l'art.
7, commi 3 e 8, e l'art. 10, commi 3 e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006 la Regione
Marche specifica che l'avvenuta abrogazione e sostituzione delle norme
impugnate ha avuto carattere satisfattivo delle
proprie pretese. Nondimeno, per la difesa regionale, sussisterebbe ancora
interesse alle censure proposte, atteso il carattere non retroattivo della
abrogazione e non constando che le norme in questione non abbiano avuto
applicazione. L'accertamento della avvenuta o mancata applicazione delle norme
in questione, afferma poi la ricorrente, «potrebbe anche essere oggetto di una
apposita ordinanza istruttoria, ove questa Corte ritenesse necessario procedere
all'acquisizione di questo dato».
26.4. ¾ In riferimento alla impugnazione dell'art. 10,
comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, la difesa regionale evidenzia, peraltro,
come sia possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata della
disposizione, nel senso che la stessa non escluda ulteriori forme di
pubblicazione dei piani e dei programmi stabilite con legge regionale.
Qualora una tale lettura adeguatrice della disposizione impugnata non fosse ritenuta
possibile, la difesa regionale insiste, comunque, nel senso dell'accoglimento
della relativa questione.
27. ¾ Con ricorso notificato il 13 giugno 2006,
depositato il successivo 23 giugno ed iscritto al n. 80 del registro ricorsi
dell'anno 2006, la Regione Basilicata ha impugnato, tra l'altro, l'intero testo
del d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione all'art. 76 Cost. ed al principio di
leale collaborazione.
27.1. ¾ La presente decisione ha ad oggetto unicamente la
suddetta questione essendo la trattazione delle ulteriori questioni di
legittimità costituzionale proposte con lo stesso ricorso dalla ricorrente
Regione Basilicata oggetto di separate decisioni.
27.2. ¾ Secondo la difesa regionale, l'iter procedimentale (sopra ricordato sub 2) che ha portato alla emanazione del decreto legislativo non
avrebbe rispettato i contenuti minimi della garanzia di partecipazione della
Conferenza unificata, imposti dal principio di leale collaborazione e dalla
stessa legge delega (art. 1, comma 4, della legge n. 308 del 2004), dato che il
Governo avrebbe richiesto il parere in termini temporali tali da renderne impossibile
l'espressione ed avrebbe rifiutato la richiesta di rinvio dell'esame della
questione, allegando ragioni di urgenza inesistenti.
Il testo del decreto emanato sarebbe,
poi, diverso da quello su cui è stato richiesto il parere alla Conferenza unificata,
essendo stato modificato dal Governo dopo taluni rilievi del Presidente della
Repubblica senza essere nuovamente sottoposto alla Conferenza, sicché, in
definitiva, il decreto sarebbe stato emanato in assoluta assenza del prescritto
parere.
La difesa regionale svolge, poi,
argomentazioni analoghe a quelle svolte dalla Regione Emilia-Romagna nel
ricorso n. 56, sopra riportate sub
2.1.
La difesa regionale sostiene, infine,
che «la violazione della legge delega e quindi dell'art. 76 Cost., e del
principio di leale collaborazione costituiscono una lesione evidente e diretta
delle competenze e prerogative costituzionalmente attribuite alle Regioni, che
concretamente definiscono una ipotesi di illegittimità costituzionale, che
legittima la Regione nella proposizione del ricorso».
28. ¾ In tutti i giudizi, ad eccezione di quello promosso
dalla Regione Calabria con il ricorso n. 68 del 2006, è intervenuta
l'Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) – Onlus, sostenendo, in via preliminare,
di essere «titolare di un interesse alla tutela dell'ambiente», riconosciuto
«ai sensi della legge n. 349 del 1986 e anche dalla stessa legge di delega n.
308 del 2004, nella parte in cui la richiama per affidarle uno specifico ruolo
consultivo nell'iter di formazione
del decreto» e che «l'eventuale pronuncia di accoglimento o di rigetto del
ricorso proposto» da ciascuna dalle Regioni ricorrenti «eserciterebbe una
influenza diretta con effetti rilevanti sulla posizione soggettiva
dell'Associazione».
Nel merito l'interveniente, aderendo
alle prospettazioni delle varie ricorrenti, ha
chiesto, tra l'altro, che le norme impugnate siano dichiarate illegittime per
violazione del principio di leale collaborazione e della legge di delega.
29. ¾ In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio
2009 il WWF Italia ha depositato in ciascuno dei giudizi in cui è intervenuto
una memoria, nella quale auspica un ripensamento della Corte costituzionale in
ordine alla ammissibilità dell'intervento nel giudizio di legittimità
costituzionale in via principale di soggetti diversi dalla parte ricorrente e
dal titolare della potestà legislativa il cui atto è oggetto di contestazione.
Nel merito, per quanto interessa il
presente giudizio, l'interveniente ribadisce le argomentazioni già svolte in
senso adesivo a quelle delle varie Regioni ricorrenti, sostenendo, peraltro,
diversamente da parte di queste, che, in ragione delle modifiche recate dal
d.lgs. n. 4 del 2008, sia cessata la materia del contendere in ordine a tutte
le disposizioni impugnate relative alla disciplina della VAS e della VIA.
30. ¾ Nel giudizio promosso dalla Regione Piemonte sono
intervenuti Biomasse Italia S.p.a., Società Italiana
Centrali Termoelettriche – SICET S.r.l., Ital Green
Energy S.r.l. ed E.T.A. Energie Tecnlogiche Ambiente S.p.a., svolgendo argomentazioni a sostegno
dell'ammissibilità del proprio intervento e, nel merito, sostenendo la
infondatezza del ricorso della Regione Piemonte, ma in relazione a disposizioni
non oggetto del presente giudizio.
1. ¾ Con ricorso n. 56 del 2006 la Regione
Emilia-Romagna ha proposto, in via principale, questioni di legittimità
costituzionale degli articoli 63, 64, 101, comma 7, 154, 155, 181, commi da 7 a
11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 214, commi 3 e 5, del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale), in relazione, tra gli altri, al principio di leale
collaborazione ed all'art. 76 Cost., in riferimento all'art. 1, comma 4, della
legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega
al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della
legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione),
chiedendo, altresì, la sospensione dell'efficacia delle norme impugnate.
1.1. ¾ Con ricorso n. 68 del 2006 la Regione Calabria ha
proposto, in via principale, questione di legittimità costituzionale
dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, nonché, tra gli altri, degli articoli 3,
comma 2, 4, comma 1, lettera a) e
lettera b) – limitatamente all'inciso
«e con direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
maggio 2003» –, 5, comma 1, lettere q)
e r), 6, commi 6, 7 ed 8, 7, 8, 9,
10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22 ed allegati I e II della
parte seconda, chiedendone, altresì, la sospensione dell'efficacia.
1.2. ¾ Con ricorso n. 69 del 2006, la Regione Toscana ha
proposto, in via principale, questione di legittimità costituzionale, tra gli
altri, degli articoli 3, comma 4, 6, comma 6, 7, commi 3 e 8, 10, commi 3 e 5,
e 17 del d.lgs. n. 152 del 2006.
1.3. ¾ Con ricorso n. 70 del 2006 la Regione Piemonte ha
proposto, in via principale, questioni di legittimità costituzionale
dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, nonché, tra gli altri, degli articoli 5,
comma 1, lettera e), 6, comma 6, 12, 21 e 22.
1.4. ¾ Con ricorso n. 71 del 2006 la Regione Valle d'Aosta
ha proposto, in via principale, questioni di legittimità costituzionale
dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, nonché, tra gli altri, degli articoli 4,
comma 1, lettera a), n. 3, 6 (nonché degli articoli da 15 a 22, nella
parte in cui richiamano detto art. 6), 7, comma 3, 12, comma 2, 10 e 16.
1.5. ¾ Con ricorso n. 72 del 2006 la Regione Umbria ha
proposto, in via principale, questioni di legittimità costituzionale degli
articoli 25, comma 1, 35, comma 1, 42, comma 3, 55, comma 2, 58, comma 3, 63,
commi 3 e 4, 64, 65, comma 3, lettera e), 95, comma 5, 96, comma 1, 101,
comma 7, 148, 149, 153, comma 1, 154, 155, 160, 166, comma 4, 181, commi da 7 a
11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 195, comma 1, 202, comma 6, 214, commi 3 e
5, del d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione, tra gli altri, all'art. 76 della
Costituzione (in riferimento all'art. 1, comma 4, della legge n. 308 del 2004)
ed al principio di leale collaborazione.
1.6. ¾ Con ulteriore ricorso, iscritto al n. 73 del
registro ricorsi dell'anno 2006, la Regione Emilia-Romagna ha proposto, in via
principale, questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri, anche degli
articoli 5, comma 1, lettere e), g) ed m) e 12, comma 2,
del d.lgs. n. 152 del 2006.
1.7. ¾ Con ricorso n. 74 del 2006 la Regione Liguria ha
proposto, in via principale, questioni di legittimità costituzionale degli
articoli 58, 59, 63, 64, 65, 67, 69, 74, 91, comma 1, lettera d), 96,
113, 114, 116, 117, 121, 124, comma 7, 148, commi 4 e 5, 149, comma 6, 154,
181, commi da 7 a 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 205, comma 2, 240, comma
1, lettere b), c) e g), 242, 243, 244, 246, 252 e 257 del
d.lgs. n. 152 del 2006, in relazione all'art. 76 Cost. (in riferimento all'art.
1, comma 4, della legge n. 308 del 2004) ed al principio di leale
collaborazione.
1.8. ¾ Con ricorso n. 75 del 2006 la Regione Abruzzo ha,
tra l'altro, proposto, in via principale, questione di legittimità
costituzionale dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, chiedendone, altresì, la
sospensione.
1.9. ¾ Con ricorso n. 76 del 2006 la Regione Puglia ha
proposto, in via principale, questione di legittimità costituzionale, tra gli
altri, degli articoli 6, 15, comma 1, e 19 del d.lgs. n. 152 del 2006.
1.10. ¾ Con ricorso n. 78 del 2006 la Regione Campania ha
proposto, in via principale, questione di legittimità costituzionale
dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006.
1.11. ¾ Con ricorso n. 79 del 2006 la Regione Marche ha proposto,
in via principale, questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri,
degli articoli 3, comma 4, 6, comma 6, 7, commi 3 e 8, 10, commi 3 e 5, e 17
del d.lgs. n. 152 del 2006.
1.12. ¾ Con ricorso n. 80 del 2006 la Regione Basilicata ha
proposto, in via principale,tra l'altro, questione di legittimità
costituzionale dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006.
1.13. ¾ La presente decisione ha ad oggetto le
impugnazioni, in via generale, dell'intero testo del d.lgs. n. 152 del 2006,
nonché quelle relative alle specifiche disposizioni in precedenza indicate,
essendo oggetto di separati giudizi la trattazione delle ulteriori questioni di
legittimità costituzionale proposte dalle ricorrenti Regioni Calabria, Toscana,
Piemonte, Valle d'Aosta, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche, Basilicata nonché
dalla Regione Emilia-Romagna nel ricorso n. 73 del 2006.
Le censure proposte dalla Regione
Emilia-Romagna nel ricorso n. 56 del 2006 e dalle Regioni Umbria e Liguria
avverso le disposizioni sopra indicate sono, invece, trattate in questa sede
solo in riferimento ai parametri sopra richiamati ovvero all'art. 76 Cost. ed
al principio di leale collaborazione, essendo oggetto di separate decisioni la
trattazione delle ulteriori censure proposte da dette ricorrenti avverso le
medesime disposizioni, ma in riferimento a differenti parametri.
1.14. ¾ Ciò precisato, dato che i predetti ricorsi pongono
questioni in larga parte analoghe, deve essere disposta la riunione dei
relativi giudizi ai fini di una trattazione unitaria e di un'unica decisione.
2. ¾ Con ordinanza letta nella pubblica udienza del 5
maggio 2009 e allegata alla presente sentenza, in conformità al costante
orientamento di questa Corte, è stato dichiarato inammissibile l'intervento
spiegato dalla Associazione italiana per il World Wide Fund
for Nature (WWF Italia) – Onlus in tutti i giudizi
(ad eccezione di quello promosso dalla Regione Calabria), nonché quello
spiegato da Biomasse Italia S.p.a., Società Italiana
Centrali Termoelettriche – SICET S.r.l., Ital Green
Energy S.r.l. ed E.T.A. Energie Tecnlogiche Ambiente S.p.a. nel giudizio promosso dalla Regione Piemonte.
Il giudizio di costituzionalità delle
leggi, promosso in via di azione, è, infatti, configurato come svolgentesi esclusivamente tra soggetti titolari di potestà
legislativa, fermi restando, per i soggetti privi di tale potestà, i mezzi di
tutela delle loro posizioni soggettive, anche costituzionali, di fronte ad
altre istanze giurisdizionali ed eventualmente anche di fronte a questa Corte
in via incidentale (sentenze n. 405 del
2008 e n.
469 del 2005).
3. ¾ In via preliminare deve, anzitutto, essere
rigettata l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato
con riguardo al ricorso promosso dalla Regione Piemonte in ragione della
asserita tardività della notifica dell'atto introduttivo.
Posto che anche nei giudizi in via
principale vige il principio della scissione fra il momento in cui la
notificazione deve intendersi perfezionata nei confronti del notificante
rispetto al momento in cui essa lo è per il destinatario dell'atto (sentenze n. 477 del
2002 e n.
300 del 2007), deve, infatti, rilevarsi che, nella specie, la notifica è
stata effettuata tempestivamente dalla Regione, in quanto il ricorso risulta
spedito a mezzo posta in data 12 giugno 2006, e dunque nel termine di sessanta
giorni dalla pubblicazione del decreto legislativo impugnato, avvenuta il 14
aprile 2006.
3.1. ¾ Preliminarmente alla trattazione nel merito delle varie
questioni, è, poi, opportuno ricostruire la vicenda normativa relativa
all'impugnato d.lgs. n. 152 del 2006, recante norme in materia ambientale.
3.2. ¾ Tale decreto, per espressa indicazione contenuta
nelle premesse, risulta emanato in virtù della delega contenuta nella legge n.
308 del 2004.
L'art. 1, comma 1, della suddetta legge,
in particolare, delega il Governo ad adottare, entro diciotto mesi dalla data
di entrata in vigore della legge stessa (e, pertanto, entro l'11 luglio 2006)
uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione, anche
mediante la redazione di testi unici, delle disposizioni legislative in materia
di: a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati; b)
tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche; c)
difesa del suolo e lotta alla desertificazione; d) gestione delle aree
protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie
protette di flora e di fauna; e) tutela risarcitoria contro i danni
all'ambiente; f) procedure per la valutazione di impatto ambientale
(VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per l'autorizzazione
ambientale integrata (IPPC); g) tutela dell'aria e riduzione delle
emissioni in atmosfera.
L'art. 1, comma 4, della medesima legge
prevede che tali decreti legislativi siano adottati «su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per la
funzione pubblica, con il Ministro per le politiche comunitarie e con gli altri
Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».
Il successivo art. 1, comma 6, prevede
che «entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti
legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi
e criteri direttivi stabiliti dalla presente legge, il Governo può emanare, ai
sensi dei commi 4 e 5, disposizioni integrative o correttive dei decreti
legislativi emanati ai sensi del comma 1, sulla base di una relazione motivata
presentata alle Camere dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, che individua le disposizioni dei decreti legislativi su cui si
intende intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto».
L'art. 1, comma 8, prevede, invece, che
«i decreti legislativi di cui al comma 1 si conformano, nel rispetto dei princìpi e delle norme comunitarie e delle competenze per
materia delle amministrazioni statali, nonché delle attribuzioni delle Regioni
e degli enti locali, come definite ai sensi dell'articolo 117 della
Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112, e fatte salve le norme statutarie e le relative norme di
attuazione delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento
e di Bolzano, e del principio di sussidiarietà» a taluni princìpi
e criteri direttivi generali, tra i quali, ai fini del presente giudizio,
assumono particolare rilievo quelli di cui all'art. 1, comma 8, lettera e),
(relativo alla «piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie, al
fine di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e di contribuire in
tale modo alla competitività dei sistemi territoriali e delle imprese, evitando
fenomeni di distorsione della concorrenza») e quelli di cui all'art. 1, comma
9, lettera f) (avente ad oggetto il «garantire il pieno recepimento
della direttiva 85/337/CEE del 27 giugno 1985 del Consiglio, e della direttiva
97/11/CE del 3 marzo 1997 del Consiglio, in materia di VIA e della direttiva 2001/42/CE
del 27 giugno 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, in materia di VAS»).
3.3. ¾ Il Governo ha dato attuazione a tale delega predisponendo un unico
decreto, articolato in oltre trecento articoli e suddiviso in sei parti (e vari
allegati a ciascuna parte), la prima delle quali (artt. 1-3) reca disposizioni
comuni, mentre la seconda (artt. 4-52) è relativa alla disciplina della VAS, a
quella della valutazione di impatto ambientale (d'ora in poi VIA) ed a quella
della autorizzazione ambientale integrata (d'ora in poi IPPC oppure AIA).
Lo schema del testo di tale decreto,
approvato dal Consiglio dei ministri, a seguito dei pareri delle Commissioni
parlamentari, in data 18 novembre 2005, è stato trasmesso in data 29 novembre
2005 alle Regioni ed agli enti locali, mentre lo schema degli allegati al
decreto stesso è stato immesso in rete informatica in data 7 dicembre 2005, in
vista della riunione del 15 dicembre 2005 della Conferenza unificata.
Nel corso della riunione della
Conferenza del 15 dicembre 2005:
a) i rappresentanti delle Regioni nonché quelli degli
enti locali hanno chiesto un rinvio del termine per l'espressione del parere,
in ragione della estrema complessità della materia e dell'esiguità del tempo
concesso per l'esame dell'ampio corpus normativo inserito nel decreto;
b) il rappresentante governativo (nella specie il
Viceministro dell'ambiente e della tutela del territorio) si è opposto alla
proroga, argomentando, da un lato, che la tutela dell'ambiente è di esclusiva
competenza dello Stato, dall'altro, che la delega sarebbe scaduta il giorno
stesso;
c) il Presidente della Conferenza delle Regioni ha
fatto presente che il termine di scadenza della delega era, in realtà, l'11
luglio 2006 e che il procedimento di emanazione del decreto non poteva essere
proseguito senza il parere della Conferenza unificata, ma il Viceministro
dell'ambiente e della tutela del territorio ha ribattuto che la Conferenza era
stata sentita e che non si trattava di parere vincolante.
Il Consiglio dei ministri in data 19
gennaio 2006 ha approvato, quindi, «in via definitiva» il testo del decreto
legislativo.
Nella riunione del 26 gennaio 2006 della
Conferenza unificata i rappresentanti delle Regioni hanno presentato un ordine
del giorno recante un parere negativo sullo schema di decreto, motivandolo sia
in ordine al merito sia in ordine al metodo procedimentale seguito, ed il
rappresentante del Governo si è limitato a dichiarare di prenderne atto.
In data 10 febbraio 2006 il Consiglio
dei ministri ha, peraltro, riapprovato, di nuovo «in via definitiva», lo schema
di decreto, senza apportarvi modifiche o riesaminarlo nel merito.
A seguito della richiesta di alcuni
chiarimenti da parte del Presidente della Repubblica in ordine al procedimento
di formazione ed al merito dell'atto normativo, il Consiglio dei ministri in
data 29 marzo 2006 ha riapprovato nuovamente il decreto, a dire delle Regioni
ricorrenti «con alcune modifiche». Ed esso è stato, infine, emanato in data 3
aprile 2006 come d.lgs. n. 152 del 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006.
3.4. ¾ L'entrata in vigore della parte seconda del d.lgs.
n. 152 del 2006, recante, tra l'altro l'impugnata disciplina della VIA e della
VAS, è stata, inizialmente, fissata (art. 52), in centoventi giorni dalla
pubblicazione. Tale termine è stato, poi, differito, prima dall'art. 1-septies
del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173 (Proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare e
legislativa) – articolo aggiunto dalla legge di conversione 12 luglio
2006, n. 228, alla data del 31 gennaio 2007 – e, successivamente, dall'art. 5,
comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni
diverse), convertito dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, alla data del
31 luglio 2007.
Il d.lgs. n. 152 del 2006 è stato
oggetto di ampie modificazioni da parte del decreto legislativo 8 novembre
2006, n. 284 (Disposizioni correttive
ed integrative al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia
ambientale), le quali non hanno, tuttavia, riguardato le disposizioni
esaminate nel presente giudizio.
L'intera parte seconda del d.lgs. n. 152
del 2006 è stata, invece, abrogata dall'art. 4, comma 2, del decreto
legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori
disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152,
recante norme in materia ambientale) ed è stata sostituita dagli artt.
1, comma 2, e 4, comma 3, del medesimo decreto correttivo, che hanno
introdotto, in materia di VAS, una disciplina (attuali artt. 4-18 e 30-36,
nonché allegati da I a V della parte seconda) largamente differente (e lo
stesso è a dire, in ordine agli artt. 19-29, per quanto attiene alla disciplina
della VIA e dell'AIA) da quella oggetto di impugnazione da parte delle Regioni
ricorrenti.
Le disposizioni impugnate in materia di
VAS e di VIA hanno, pertanto, avuto vigenza dal 31 luglio 2007 al 13 febbraio
2008, data di entrata in vigore della nuova disciplina introdotta dal decreto
correttivo n. 4 del 2008.
Nessuna delle ricorrenti ha proposto in
via principale questione di legittimità costituzionale della nuova disciplina
introdotta dal decreto legislativo correttivo n. 4 del 2008.
4. ¾ Prima di entrare nella disamina delle singole
questioni, è anche opportuno operare una ricognizione dello stato della
giurisprudenza di questa Corte sul tema della "tutela dell'ambiente”, ponendone
in evidenza i contenuti più rilevanti e le correlate precisazioni
terminologiche.
Il primo problema che si pone è,
ovviamente, quello della individuazione della materia di cui si tratta ed a tal
fine occorre guardare all'oggetto della disciplina (statale o regionale),
nonché alla sua ratio,
confrontandola con l'elenco contenuto nell'art. 117 Cost. (sentenze n. 411,
n. 449 e n. 450 del 2006;
n. 30, n. 285 e n. 319 del 2005).
A proposito della materia "tutela
dell'ambiente”, è da osservare che essa ha un contenuto allo stesso tempo
oggettivo, in quanto riferito ad un bene, l'ambiente (sentenze n. 367
e n. 378 del
2007; n. 12
del 2009), e finalistico, perché tende alla migliore conservazione del bene
stesso (vedi sentenze
n. 104 del 2008; n. 10, n. 30 e n. 220 del 2009).
L'individuazione nei termini appena
descritti della materia tutela dell'ambiente pone in evidenza un dato di
rilevante importanza: sullo stesso bene (l'ambiente) (sentenze n. 367
e n. 378 del
2007) "concorrono” diverse competenze (sentenza n. 105 del 2008), le quali,
tuttavia, restano distinte tra loro, perseguendo autonomamente le loro
specifiche finalità attraverso la previsione di diverse discipline (vedi sentenze n. 367
e n. 378 del 2007,
n. 104 e n. 105 del 2008,
n. 12 e n. 61 del 2009).
Questo fenomeno evidenzia che, secondo
il disegno del legislatore costituzionale, da una parte sono affidate allo
Stato la tutela e la conservazione dell'ambiente, mediante la fissazione di
livelli «adeguati e non riducibili di tutela» (sentenza n. 61 del
2009) e dall'altra compete alle Regioni, nel rispetto dei livelli di tutela
fissati dalla disciplina statale (sentenze n. 62
e n. 214 del
2008), di esercitare le proprie competenze, dirette essenzialmente a
regolare la fruizione dell'ambiente, evitando compromissioni o alterazioni
dell'ambiente stesso.
In questo senso può dirsi che la
competenza statale, quando è espressione della tutela dell'ambiente,
costituisce "limite” all'esercizio delle competenze regionali (sentenze n. 180
e n. 437 del
2008 nonché n.
164 del 2009).
A questo proposito, è peraltro
necessario precisare che, se è vero che le Regioni, nell'esercizio delle loro
competenze, non debbono violare i livelli di tutela dell'ambiente posti dallo
Stato, è altrettanto vero, che, una volta che questi ultimi siano stati fissati
dallo Stato medesimo, le Regioni stesse, purché restino nell'ambito
dell'esercizio delle loro competenze, possono pervenire a livelli di tutela più
elevati (sentenze
n. 104 del 2008, n. 12, n. 30 e n. 61 del 2009),
così incidendo, in modo indiretto sulla tutela dell'ambiente.
Strettamente collegata alla tutela
dell'ambiente è la tutela della salute, poiché è indubbio che la salubrità
dell'ambiente condiziona la salute dell'uomo. E' da sottolineare, comunque, che
le due competenze hanno oggetti diversi: per l'appunto, l'ambiente e la salute,
e che la fissazione, da parte delle Regioni, di livelli più elevati di tutela
ambientale ai fini della tutela della salute umana solo indirettamente produce
effetti sull'ambiente, che è già adeguatamente tutelato dalle norme statali.
Tale possibilità è, peraltro, esclusa
nei casi in cui la legge statale debba ritenersi inderogabile, essendo frutto
di un bilanciamento tra più interessi eventualmente tra loro in contrasto.
Per quanto in particolare riguarda
l'incidenza del principio di leale collaborazione, è da tener presente che
l'art. 118 Cost., nell'eliminare il principio del parallelismo tra competenza
legislativa ed amministrativa ai fini del riparto delle funzioni amministrative
tra Stato e Regioni ordinarie e nell'imporre un livello dell'azione
amministrativa verso il basso, ha stabilito, comunque, che, nel rispetto del
principio di legalità, una diversa distribuzione della funzione amministrativa
possa avvenire, quando occorra assicurarne l'esercizio unitario, con legge
statale o regionale, secondo le competenze legislative previste dall'art. 117
Cost. e nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza (sentenze
n. 303 del 2003; n. 172 del 2004).
Ne consegue che, nel caso della tutela
ambientale, lo Stato, in quanto titolare di una competenza esclusiva, ai sensi dell'art.
118 Cost., nel rispetto dei suddetti principi, può conferire a sé le relative
funzioni amministrative, ovvero conferirle alle Regioni o ad altri enti
territoriali, ovvero ancora prevedere che la funzione amministrativa sia
esercitata mediante il coinvolgimento di organi statali ed organi regionali o
degli enti locali.
Alla luce di quanto sopra, appare del
tutto agevole la soluzione del problema della individuazione della materia,
nella quale devono essere collocati gli istituti della VAS e della VIA.
Infatti, trattandosi di procedure che valutano in concreto e preventivamente la
"sostenibilità ambientale”, non può dubitarsi che
esse rientrino nella materia della tutela dell'ambiente, di cui all'art. 117,
comma secondo, lettera s), Cost.
5. ¾ Tanto premesso in linea generale, al fine di una
più chiara ed organica trattazione delle numerose questioni proposte dalle
dodici Regioni ricorrenti nei loro tredici ricorsi, appare opportuno,
anzitutto, ordinare le stesse in quattro gruppi.
5.1. ¾ Un primo gruppo è costituito dalle censure proposte
avverso l'intero decreto legislativo (o avverso tutte le disposizioni impugnate
dalle ricorrenti) per presunti vizi del procedimento di formazione del decreto
ovvero per presunte violazioni della legge delega, che inficerebbero l'intero
d.lgs. n. 152 del 2006.
5.2. ¾ Un secondo gruppo di questioni sono proposte in
riferimento a disposizioni della prima e della seconda parte del d.lgs. n. 152
del 2006, ma estranee alla disciplina della valutazione ambientale strategica
(VAS).
5.3. ¾ Un terzo gruppo di questioni riguarda una presunta
violazione del termine di attuazione della delega, nonché presunte violazioni
procedurali, che inficerebbero (non l'intero decreto, ma solo) la parte del
decreto legislativo n. 152 del 2006 recante l'attuazione della direttiva 27
giugno 2001, n. 2001/42/CE (Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti
di determinati piani e programmi sull'ambiente) ovvero la disciplina
della VAS.
5.4. ¾ Un quarto gruppo di questioni riguarda, infine,
specifiche disposizioni in materia di VAS.
6.
¾ Venendo ora al primo gruppo di questioni sopra
individuate, una prima censura viene
proposta dalle Regioni Calabria, Campania, Valle d'Aosta, Abruzzo, Basilicata e
Piemonte avverso l'intero d.lgs. n. 152 del 2006 e dalle Regioni Umbria e
Liguria, nonché dalla Regione Emilia-Romagna nel ricorso n. 56 del 2006,
avverso tutte le disposizioni rispettivamente da loro impugnate, in quanto il
procedimento di adozione dell'atto normativo non avrebbe rispettato i contenuti
minimi della garanzia di partecipazione della Conferenza unificata.
Le ricorrenti, in particolare, lamentano
che il tempo concesso alla Conferenza unificata per l'esame del testo del
decreto sia stato incongruo per consentirne un esame adeguato, considerata
l'ampiezza e la complessità dell'intervento normativo, ed imputano al Governo,
nella persona del Viceministro dell'ambiente, di avere rifiutato il rinvio
della trattazione della questione alla successiva seduta della Conferenza. Esse
ritengono, inoltre, che il procedimento di adozione del decreto non avrebbe
potuto proseguire, avendo la Conferenza affermato di non essere in grado di
rendere il prescritto parere, e sostengono che tale vizio invaliderebbe l'intero
decreto legislativo.
La censura è proposta: in riferimento al
solo principio di leale collaborazione dalla Regione Calabria, in riferimento
all'art. 76 Cost. (in relazione all'art. 1, comma 4, della legge delega n. 308
del 2004, che impone di sentire la Conferenza unificata nel procedimento di
formazione del decreto) da parte della Regione Campania, in riferimento ad
entrambi tali parametri dalle Regioni Piemonte, Valle d'Aosta, Abruzzo,
Basilicata, Umbria, Liguria ed Emilia-Romagna (nel ricorso n. 56 del 2006). La
Regione Piemonte prospetta, per le stesse ragioni, pure la violazione dell'art.
5 della Costituzione.
Tutte le ricorrenti sostengono che la
disciplina recata dal decreto legislativo in questione coinvolgerebbe non solo
la tutela dell'ambiente, di competenza esclusiva statale, ma pure varie
competenze regionali, inestricabilmente connesse con quella statale (in
primis quelle in materia di governo del territorio e di tutela della
salute). Per molte ricorrenti, inoltre, in materia ambientale, il principio di
leale collaborazione richiederebbe la messa in opera di procedimenti nei quali
tutte le istanze costituzionalmente rilevanti possano trovare applicazione; il
sistema delle Conferenze sarebbe una delle sedi più qualificate per
l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale
collaborazione e questo principio, seppure possa essere organizzato in modi
diversi, per forme e intensità della pur necessaria collaborazione, non
potrebbe comunque essere ridotto, come avvenuto nel caso di specie, ad una
ritualità puramente formale.
6.1. ¾ La questione è infondata in riferimento al
principio di leale collaborazione, posto che, come costantemente chiarito dalla
giurisprudenza di questa Corte, l'esercizio
dell'attività legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione (cfr. sentenze n. 159 del
2008 e n.
401 del 2007).
Anche in riferimento agli artt. 5 e 76
Cost. la questione è infondata.
Il termine concesso alla Conferenza per
l'esame della bozza del decreto legislativo, pari a sedici giorni, è stato
certamente breve, ma non al punto da essere incongruo, né da rendere
impossibile alla Conferenza di dare il proprio contributo consultivo nel
procedimento di formazione del decreto stesso.
In assenza di un preciso termine legale
(minimo o massimo) ed una volta stabilito che quello in concreto concesso alla
Conferenza unificata sia stato non incongruo, deve, d'altra parte, escludersi
che tale Conferenza possa rifiutarsi di rendere il parere e con ciò
procrastinare il termine, giacché si verrebbe a configurare un potere
sospensivo o addirittura di veto in capo alla Conferenza, non conciliabile con
la attribuzione costituzionale al Governo del potere legislativo delegato.
6.2. ¾ Una seconda censura viene proposta, in riferimento
al principio di leale collaborazione ed all'art. 76 Cost. (sempre in relazione
all'art. 1, comma 4, della legge delega n. 308 del 2004), dalle Regioni Valle
d'Aosta, Basilicata ed Abruzzo, le quali sostengono che il testo del decreto
emanato sarebbe diverso da quello su cui è stato richiesto il parere alla
Conferenza unificata, essendo stato modificato dal Governo dopo taluni rilievi
del Presidente della Repubblica senza essere stato nuovamente sottoposto alla
Conferenza unificata.
La medesima censura viene proposta dalla
Regione Emilia-Romagna nel ricorso n. 56 del 2006 e dalla Regione Campania
(che, però, invoca come parametro il solo art. 76 della Costituzione) nelle
memorie depositate in prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio 2009.
La circostanza della presunta diversità
tra il testo sottoposto all'esame della Conferenza e quello emanato è,
peraltro, enunciata anche nei ricorsi delle Regioni Calabria e Piemonte, le
quali, tuttavia, non articolano uno specifico motivo di ricorso al riguardo, e
nei ricorsi delle Regioni Umbria e Liguria e nello stesso ricorso n. 56 del
2006 della Regione Emilia-Romagna, che, espressamente, specificano che tale
vizio procedurale non ridonderebbe in una lesione delle attribuzioni regionali.
6.2.1. ¾ In ordine alla censura irritualmente proposta nelle
memorie dalle Regioni Campania e Emilia-Romagna questa Corte non può
pronunciarsi stante la impossibilità per le ricorrenti di modificare o
integrare i motivi dei ricorsi nel prosieguo del giudizio di legittimità
costituzionale.
La questione proposta dalle altre
ricorrenti è inammissibile, per la genericità dell'assunto. In nessuno dei
ricorsi, infatti, viene indicato dove o in che misura il testo emanato sarebbe
diverso da quello sottoposto all'esame della Conferenza. Il che impedisce di
verificare la incidenza di tali presunte modifiche su ambiti materiali di
pertinenza regionale e, di conseguenza, la stessa rilevanza della prospettata
violazione della legge delega sulle attribuzioni costituzionali delle
ricorrenti (cfr. sentenza
n. 401 del 2007).
6.3. ¾ Ulteriori censure vengono, poi, proposte avverso
l'intero d.lgs. n. 152 del 2006 dalla sola Regione Piemonte, la quale lamenta
la violazione dell'art. 76 Cost.:
a) in relazione all'art. 1, comma 1, della legge
delega n. 308 del 2004, che autorizza il Governo ad emanare uno o più decreti
di riordino, coordinamento ed integrazione, in quanto il Governo avrebbe
ecceduto dalla delega introducendo «nuovi principi, nuove istituzioni, nuove
funzioni o procedimenti»;
b) in relazione all'art. 1, comma 8, della legge
delega n. 308 del 2004, nella parte in cui prevede il rispetto delle
attribuzioni regionali e degli enti locali, come definite dall'art. 117 Cost.,
dalla legge n. 59 del 1997 e dal d.lgs. n. 112 del 1998, ed in relazione ai
principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di ragionevolezza,
a causa «dell'ingiustificato rivolgimento apportato ad organi, funzioni e
procedure attualmente vigenti ed efficacemente operative in ambito regionale»;
c) in relazione all'art. 1, comma 8, della legge
delega n. 308 del 2004, nella parte in cui impone il rispetto del principio di
sussidiarietà al legislatore delegato, in quanto l'attrazione in sede
ministeriale compiuta dal decreto legislativo «per molte importanti e svariate
funzioni, sia di nuova previsione sia già esercitate in sede comunale,
provinciale e regionale, non sarebbe oggettivamente giustificata da esigenze di
considerazione unitaria a livello nazionale degli interessi coinvolti».
6.3.1. ¾ Le questioni, a tacere della evidente inconferenza di taluni dei parametri invocati, non
attinenti la sfera di attribuzione regionale, sono inammissibili per la loro
genericità ed indeterminatezza.
La ricorrente Regione Piemonte non
indica, infatti, quale sarebbe il contenuto innovativo del d.lgs. n. 152 del 2006,
in che misura esso «rivolgerebbe ingiustificatamente» (non meglio indicati)
organi, funzioni e procedure regionali, né quali sarebbero le «molte importanti
e svariate funzioni» attratte a livello statale in contrasto con il principio
di sussidiarietà.
Comunque, contrariamente a quanto
assumono la Regione Piemonte e molte altre ricorrenti, la delega in di cui
all'art. 1, comma 1, della legge n. 308 del 2004 ha contenuto innovativo e
consente non solo il coordinamento, ma anche il riordino e l'integrazione della
normativa in materia ambientale. Il carattere innovativo della delega è non
solo consentito, ma addirittura imposto al fine di assicurare il rispetto dei
criteri direttivi e dei principi generali dettati dal comma 8 e, soprattutto,
di quelli specifici recati dal comma 9 dell'art. 1 della legge n. 308 del 2004,
che in maniera implicita o esplicita presuppongono o impongono la modifica
sostanziale della normativa ambientale,
anche per quanto riguarda l'assetto delle competenze in materia (vedi sentenze n. 350 del
2007 e n.
303 del 2005).
L'art. 1, comma 8, della legge n. 308
del 2004, peraltro, individua un principio e criterio generalissimo nel suo incipit ed una successiva serie
(indicata con lettere da a ad n) di criteri, sempre generali, quanto
all'oggetto, ma più specifici e conformativi del potere legislativo delegato.
Nell'incipit
dell'art. 1, comma 8, in particolare, si prevede che i decreti legislativi di
cui al comma 1 si conformano agli ulteriori principi e criteri direttivi
indicati «nel rispetto dei princìpi e delle norme
comunitarie e delle competenze per materia delle amministrazioni statali,
nonché delle attribuzioni delle Regioni e degli enti locali, come definite ai
sensi dell'articolo 117 della Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e fatte salve le norme
statutarie e le relative norme di attuazione delle regioni a statuto speciale e
delle province autonome di Trento e di Bolzano, e del principio di
sussidiarietà».
La contestuale menzione, accanto alla
legge n. 59 del 1997 ed al d.lgs. n. 112 del 1998, dell'art. 117 Cost. (che, al
secondo comma, attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in tema di
«tutela dell'ambiente») e del flessibile principio di sussidiarietà (che, ai
sensi dell'art. 118 Cost., consente, come si è detto, allo Stato – competente
per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema – di riservare a sé le funzioni
amministrative in siffatta materia tutte le volte in cui sussista l'esigenza di
un loro esercizio unitario) esclude che possa riconoscersi, come invece assunto
dalla Regione Piemonte, carattere di intangibilità alle predette norme
ordinarie. Se così non fosse, la pretesa immodificabilità
della distribuzione delle funzioni amministrative in materia ambientale nel
d.lgs. n. 112 del 1998 impedirebbe l'attuazione di gran parte dei principi
indicati subito dopo nello stesso comma 8 e nel successivo comma 9.
Pertanto i criteri indicati nell'incipit dell'art. 1, comma 8, della
legge n. 308 del 2004 debbono essere valutati e coordinati alla luce degli
ulteriori criteri espressi dalla legge di delega, nel senso che il legislatore
delegato era abilitato a modificare le attribuzioni già conferite alle Regioni
quando la modifica fosse coerente con uno dei principi direttivi indicati nelle
lettere progressive che compongono i commi 8 e 9 dell'art. 1. Ad esempio, se
l'attuazione di una direttiva comunitaria rendeva necessario, in coerenza con
il principio di sussidiarietà, uno spostamento, nel settore interessato, delle
funzioni amministrative, la riallocazione poteva legittimamente essere disposta
dal legislatore delegato anche presso il livello statale.
Dalle considerazioni che precedono
deriva, allora, che sarebbe stato onere della ricorrente indicare puntualmente
quali funzioni sarebbero state riallocate a livello centrale e, quantomeno,
prospettare gli specifici profili di contrasto tra tale riallocazione ed il
principio di sussidiarietà verticale, non bastando, pertanto, la mera prospettazione del carattere riduttivo della disciplina di
cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 rispetto a quella del decreto
legislativo n. 112 del 1998. Come si è rilevato, il ricorso della Regione
Piemonte è, invece, sul punto, meramente assertivo, indeterminato e generico.
Di qui l'inammissibilità delle questioni.
6.4. ¾ L'ultima censura avverso l'intero decreto
legislativo è, infine, proposta ancora dalla Regione Piemonte, in riferimento
agli artt. 76 (in relazione all'art. 1, comma 8, lettera e, della legge
delega n. 308 del 2004, che impone la piena e coerente attuazione delle
direttive comunitarie) e 117, primo e quinto comma, Cost., in quanto il
legislatore delegato non avrebbe dato, in diversi punti, piena attuazione al
diritto comunitario.
6.4.1. ¾ La questione è inammissibile, sia per la sua
evidente genericità, non essendo indicati nel ricorso dove e sotto quale
profilo il decreto legislativo impugnato contrasterebbe con il diritto
comunitario, sia per la mancata individuazione della ridondanza di tale
presunto ed indeterminato contrasto sulle attribuzioni della Regione
ricorrente.
7. ¾ Nel secondo gruppo di questioni, cioè quelle
rivolte avverso specifiche disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, ma non
relative alla disciplina della VAS, rientrano le censure degli artt. 3, commi 2
e 4, 4, comma 1, lettera b), art. 5, comma 1, lettere e), g),
q) ed r), del d.lgs. n. 152 del 2006.
7.1. ¾ L'art. 3, comma 2, prevede che il
Governo, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
adotta i necessari provvedimenti per la modifica e l'integrazione dei
regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale.
L'art. 3, comma 4, prevede, invece, che
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio provvede alla modifica
ed all'integrazione delle norme tecniche in materia ambientale con uno o più
regolamenti.
La Regione Calabria censura l'art. 3,
comma 2, in riferimento all'art. 117, sesto comma, Cost., in quanto
legittimerebbe regolamenti governativi in una materia, quella ambientale, nella
quale prevarrebbero o, comunque, concorrerebbero titoli di competenza regionale
(in particolare in materia di governo del territorio e di tutela della salute)
ed, in via subordinata, qualora tali regolamenti dovessero ritenersi riferibili
alla sola competenza statale in materia di tutela dell'ambiente, in riferimento
al principio di leale collaborazione, in quanto «l'indeterminatezza del
contenuto degli emanandi regolamenti e comunque la
contiguità della competenza statale con le competenze regionali» esigerebbero
che su tali regolamenti si pronunci, in sede di parere, la Conferenza
unificata.
Le Regioni
Marche e Toscana censurano, invece, l'art. 3, comma 4, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost. e al
principio di leale collaborazione, in quanto la disposizione, non prevedendo un
coinvolgimento delle «Regioni e/o della Conferenza», comporterebbe l'adozione
di provvedimenti unilaterali in materie rispetto alle quali sussiste,
inestricabilmente intrecciata, anche la competenza delle Regioni.
La Regione Toscana, peraltro, nella
memoria depositata in prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio 2009, ha
dichiarato di non avere più interesse a tale censura, in ragione della
introduzione nell'articolato del d.lgs. n. 152 del 2006 degli articoli da 3-bis a 3-sexies. Tale dichiarazione non esime, tuttavia, questa Corte
dall'esame della relativa questione, posto che essa non rappresenta una formale
rinuncia parziale al ricorso (né, d'altra parte, sussiste una formale
accettazione della stessa da parte del Presidente del Consiglio dei ministri,
ritualmente costituito) e neppure può essere intesa (come, invece, vedi infra sub 9.1.)
quale prova della mancata applicazione dei regolamenti in oggetto nell'ambito
territoriale della Regione Toscana.
7.1.1. ¾ Le questioni proposte dalla Regione Calabria non
sono fondate.
Ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost. lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in
materia di tutela dell'ambiente, mentre ai sensi dell'art. 117, sesto comma,
Cost. esso ha competenza regolamentare nelle materie di propria esclusiva
competenza.
Se non è, pertanto, possibile negare la
sussistenza in capo allo Stato del potere regolamentare contestato, trattandosi
di regolamenti di attuazione ed integrazione in materia ambientale, deve anche
ribadirsi ciò che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito (sentenze n. 401 del
2007 e n.
134 del 2006), cioè che non sussiste un obbligo di coinvolgimento delle
Regioni nella fase di esercizio della potestà regolamentare dello Stato nelle
materie riservate alla sua competenza esclusiva.
Le questioni poste dalle Regioni Toscana
e Marche sono, invece, inammissibili.
Queste ricorrenti lamentano, infatti,
una lesione meramente eventuale delle loro attribuzioni costituzionali, riferita
cioè non all'astratta attribuzione del potere regolamentare, ma al possibile
concreto contenuto lesivo degli emanandi regolamenti,
in quanto invasivo della propria sfera di competenza, e che potrebbe,
all'occorrenza, essere fatta valere con i previsti rimedi giurisdizionali.
7.2. ¾ L'art. 4, comma 1, lettera b), prevede che
le norme di cui alla parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006 costituiscono
attuazione, tra l'altro, della «direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 maggio 2003».
L'art. 5, comma 1, lettere q) ed r), definisce, invece, i concetti di pubblico e di pubblico
interessato ai fini della disciplina della VIA e della VAS.
Tali disposizioni vengono censurate dalla Regione Calabria, in riferimento agli
artt. 76 e 77, primo comma, Cost., in quanto costituirebbero attuazione della
direttiva 26 maggio 2003, n. 2003/35/CE (Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede la partecipazione del
pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e
modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla
partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia), mentre il
recepimento di tale direttiva non rientrerebbe espressamente nella delega di
cui alla legge n. 308 del 2004.
Peraltro, secondo la Regione Calabria,
anche qualora dovesse ritenersi che l'art. 1, comma 9, lettera f), della
legge n. 308 del 2004, che indica tra i principi e criteri generali della
delega la piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie, avesse
implicitamente legittimato il Governo alla attuazione anche della direttiva
2003/35/CE, gli artt. 4, comma 1, lettera b), e 5, comma 1, lettere q)
ed r), sarebbero nondimeno illegittimi.
Ciò in quanto l'art. 1 e l'allegato B
della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunità europee. Legge comunitaria 2004), che hanno espressamente delegato il
Governo all'attuazione della direttiva in questione, avrebbero abrogato in parte qua la delega del 2004 e, posto
che le due deleghe prevedono due diversi procedimenti per la adozione del
decreto legislativo, le disposizioni impugnate sarebbero in contrasto con
l'art. 76 Cost., dato che il Governo avrebbe seguito il procedimento previsto
dalla abrogata legge n. 308 del 2004, invece di quello di cui alla legge n. 62
del 2005, che garantirebbe meglio la posizione di autonomia costituzionale
delle Regioni.
7.2.1. ¾ Le questioni non sono fondate.
La legge delega n. 308 del 2004 autorizza,
specificamente, il Governo alla piena attuazione della disciplina comunitaria
in materia di VIA di cui alla direttiva 27 giugno 1985, n. 85/337/CEE (Direttiva del Consiglio concernente la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati),
come modificata dalla direttiva 3 marzo 1997, n. 97/11/CE (Direttiva del Consiglio che modifica la
direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di
determinati progetti pubblici e privati) (art. 1, comma 9, lettera f)
e, in via più generale, indica tra i principi e criteri generali della delega
la piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie (art. 1, comma 8,
lettera e). Deve, pertanto, ritenersi che essa, implicitamente,
autorizzi il Governo anche alla attuazione della direttiva 2003/35/CE (che
modifica, in parte, la predetta direttiva 85/337/CEE).
La delega contenuta nella legge n. 308
del 2004 non può, poi, ritenersi abrogata tacitamente da parte del combinato
disposto dell'art. 1 e dell'allegato B della legge n. 62 del 2005, posto che
essa ha un oggetto sostanzialmente diverso, riguardando non solo il recepimento
di questa direttiva nell'ambito della disciplina della VIA, ma anche la
complessiva ridefinizione di tutte le valutazioni di compatibilità ambientale
ed il loro reciproco coordinamento o accorpamento.
Peraltro, la procedura prevista dalla
legge n. 62 del 2005 non differisce significativamente da quella contemplata
dalla legge n. 308 del 2004 per quanto riguarda la posizione delle Regioni, sicché
giammai potrebbe sostenersi che il rispetto della disciplina procedimentale
prevista dalla legge n. 62 del 2005 avrebbe garantito un diverso grado di
autonomia o di coinvolgimento alle Regioni.
7.3. ¾ L'art. 5, comma 1, lettera e) prevede che la
valutazione di impatto ambientale viene eseguita sui progetti preliminari che
contengano l'esatta indicazione delle aree impegnate e delle caratteristiche
delle opere da realizzare, oltre agli ulteriori elementi comunque ritenuti
utili per lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale.
La Regione Emilia-Romagna (nel ricorso
n. 73 del 2006) lamenta il contrasto di questa disposizione con l'art. 2, comma
1, e con il punto 13 dell'allegato II della direttiva 85/337/CE, in quanto la
disciplina comunitaria prevede la sottoposizione a VIA anche dei successivi
progetti definitivi che contengano modifiche progettuali o nell'utilizzo delle
risorse naturali o nella immissione di inquinanti.
La Regione Piemonte lamenta, invece, per
le stesse ragioni, la violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e
120 Cost., nonché del principio di
leale collaborazione.
7.3.1. ¾ Le questioni sono inammissibili, perché, a
prescindere dalla carenza argomentativa in merito alla violazione dei parametri
costituzionali invocati dalla Regione Piemonte e della mancata indicazione di
alcun parametro costituzionale da parte della Regione Emilia-Romagna, i ricorsi
non spiegano in alcun modo come la prospettata violazione della citata
direttiva comunitaria ridonderebbe sulle attribuzioni costituzionali delle
Regioni.
7.4. ¾ L'art. 5, comma 1, lettera g), ai fini della
disciplina della VIA, definisce come modifica sostanziale di un'opera:
«l'intervento su un'opera già esistente dal quale derivi un'opera con
caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente; per le opere o
interventi per i quali nell'allegato III alla parte seconda del presente
decreto sono fissate soglie dimensionali, costituisce modifica sostanziale
anche l'intervento di ampliamento, potenziamento o estensione qualora detto
intervento, in sé considerato, sia pari o superiore al trenta per cento di tali
soglie».
La Regione Emilia-Romagna (ancora nel
ricorso n. 73 del 2006) lamenta il contrasto di tale disposizione con il punto
22 dell'allegato I della direttiva 85/337/CEE come modificato dal punto 8 della
direttiva 2003/35/CE, in quanto la disciplina comunitaria, ai fini della VIA,
considera modifica sostanziale «ogni modifica o estensione dei progetti
elencati nel presente allegato, ove la modifica o l'estensione di per sé sono
conformi agli eventuali valori limite stabiliti dal presente allegato».
Anche tale questione è inammissibile
posto che la Regione ricorrente non indica alcun parametro costituzionale,
limitandosi a dedurre la violazione della disciplina comunitaria, e non spiega
in che misura tale violazione ridonderebbe sulle proprie attribuzioni
costituzionali.
8. ¾ Nel terzo gruppo di questioni ovvero quelle
preliminari alla intera disciplina della VAS vi sono le due censure proposte
dalla Regione Calabria avverso gli artt. 4, comma 1, lettera a), 7, 8,
9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22 e gli allegati I e II
alla parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006.
8.1. ¾ Una prima censura viene proposta avverso tutte le
citate disposizioni, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, Cost.,
perché la delega sarebbe stata esercitata dal Governo oltre il termine definito
dal legislatore.
La ricorrente Regione Calabria argomenta
tale tesi, sostenendo l'avvenuta abrogazione tacita della delega di cui
all'art. 1, comma 1, lettera f), della legge n. 308 del 2004 (che
autorizzava il Governo ad attuare nel termine di diciotto mesi, e pertanto fino
al luglio 2006, la direttiva 2001/42/CE), da parte dell'art. 19 della legge n. 62 del 2005 (che imponeva, per tale
attuazione, il più breve termine di sei mesi, con scadenza nell'ottobre 2005).
Il d.lgs. n. 152 del 2006, intervenuto
nell'aprile 2006 ben oltre tale più breve termine, sarebbe pertanto illegittimo,
nella parte in cui, avvalendosi di una delega abrogata da una successiva
delega, a sua volta scaduta, pretenderebbe di recare l'attuazione della
direttiva 2001/42/CE.
Tale violazione procedimentale, a dire
della ricorrente, sarebbe deducibile in sede di giudizio di legittimità
costituzionale in via di azione, posto che le previsioni introdotte in difetto
di valida delega inciderebbero in senso limitativo sulle attribuzioni
costituzionali regionali in materia di governo del territorio e di tutela della
salute.
8.2. ¾ La difesa regionale, peraltro, rileva che l'art. 1
della medesima legge n. 62 del 2005 autorizza il Governo ad attuare entro
diciotto mesi le direttive comunitarie indicate negli elenchi allegati e, tra
di esse (allegato B) nuovamente la direttiva 2001/42/CE.
Secondo la difesa regionale in ragione
del principio di specialità dovrebbe trovare applicazione l'art. 19 (ed il suo
più breve termine) piuttosto che l'art. 1 della stessa legge n. 62 del 2005. Ma
anche laddove fosse questa seconda disposizione a dovere trovare applicazione,
gli indicati artt. 4, comma 1, lettera a), 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14,
15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 e 22, nonché gli allegati I e II alla parte seconda
si porrebbero, comunque, in contrasto con l'art. 76 Cost., dato che il Governo
avrebbe seguito il procedimento previsto dalla legge n. 308 del 2004, invece di
quello più garantista per le posizioni di autonomia costituzionale delle
Regioni di cui alla legge n. 62 del 2005.
8.3. ¾ Le questioni non sono fondate.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla
ricorrente, la delega contenuta nella legge n. 308 del 2004 (art. 1, comma 8,
lettera f) non può ritenersi abrogata tacitamente né da parte dell'art.
19, né da parte del combinato disposto dell'art. 1 e dell'allegato B della
legge n. 62 del 2005, posto che essa ha un oggetto sostanzialmente diverso
riguardando non solo il recepimento della direttiva 2001/42/CE in materia di
VAS, ma la complessiva ridefinizione di tutte le valutazioni di compatibilità
ambientale ed il loro reciproco coordinamento o accorpamento.
9. ¾ Venendo, infine, al quarto ed ultimo gruppo di
questioni, cioè quelle riferite alla disciplina della VAS, deve, anzitutto,
ricordarsi, oltre ai motivi già esposti in precedenza, che questa Corte (sentenza n. 398 del
2006) ha già avuto occasione di affermare «che la valutazione ambientale
strategica, disciplinata dalla direttiva 2001/42/CE, attiene alla materia
tutela dell'ambiente».
Se è vero, infatti, che la VAS
interviene nell'ambito di piani o programmi statali o regionali, che possono
afferire a qualsiasi ambito materiale (trasporti, energia, telecomunicazioni,
agricoltura, etc.), essa non è tuttavia riferibile a nessuno di questi, giacché
la valutazione ha ad oggetto unicamente profili di compatibilità ambientale e
si pone solo come uno strumento conoscitivo e partecipativo nella scelta
dell'autorità che propone il piano o programma, al solo fine di assicurare che
venga salvaguardato e tutelato l'ambiente.
9.1. ¾ Prima di passare alle specifiche censure deve,
peraltro, rilevarsi:
– che, nelle memorie depositate in
prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio 2009, le Regioni Toscana e Puglia
hanno dichiarato di non avere più interesse alle censure proposte,
rispettivamente, avverso l'art. 6, comma 6, 7, commi 3 e 8, 10, commi 3 e 5, e 17 ed avverso gli artt. 6, 15, comma 1, e 19, comma 2, del d. lgs. n. 152 del 2006, alla luce dell'abrogazione di tali
disposizioni e della introduzione di una nuova disciplina, da esse ritenuta
pienamente satisfattiva, da parte del decreto
legislativo correttivo n. 4 del 2008;
– che, nel corso della udienza pubblica
del 5 maggio 2009, la difesa della Regione Valle d'Aosta, modificando in parte
le proprie deduzioni contenute nella memoria depositata in prossimità
dell'udienza stessa, ha dichiarato di non avere più interesse alla impugnazione
degli articoli 6 e 7, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, posto
che il predetto art. 6 è stato abrogato e sostituito da parte degli artt. 14 e
9 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90 (Regolamento per il riordino degli organismi
operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, a norma dell'articolo 29 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con
modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248) ancor prima della entrata
in vigore, in data 31 luglio 2007, della disciplina in materia di VAS
contestata, e posto che il predetto art. 7, comma 3, era stato censurato solo
in via derivata dalla dedotta illegittimità dell'art. 6.
Considerato che alcune disposizioni in
questione sono state abrogate ed interamente sostituite dalla nuova disciplina
recata dal d.lgs. n. 4 del 2008 prima ancora di entrare in vigore (art. 6)
mentre le altre hanno avuto un breve periodo di vigenza (dal 31 luglio 2007 al
13 febbraio 2008), ritenuto che, in tale contesto, la manifestazione di
mancanza di interesse da parte delle Regioni ricorrenti può essere interpretata
quale affermazione della mancata applicazione di dette disposizioni nei
territori regionali in questione, tenuto, altresì, conto che secondo la difesa
erariale (ritualmente costituita nel giudizio promosso dalla Regione Toscana)
tutte le predette disposizioni non hanno mai avuto applicazione prima della
loro definitiva abrogazione, si deve affermare, in via preliminare, che per
dette questioni è cessata la materia del contendere.
Per le stesse ragioni deve essere
dichiarata cessata la materia del contendere in ordine alla questione proposta
sempre dalla Regione Valle d'Aosta avverso l'intero capo II del titolo II della
parte II (ovvero gli articoli da 15 a 20) del d.lgs. n. 152 del 2006,
contenente disposizioni specifiche per la VAS in sede statale. Anche tale
censura, infatti, è proposta dalla Regione Valle d'Aosta solo in via derivata
dalla prospettata illegittimità dell'art. 6.
9.2. ¾ Tra le specifiche disposizioni censurate, che
vengono qui appresso trattate seguendo il loro ordine numerico, vi è,
anzitutto, l'art. 4, comma 1, lettera a), n. 3, del d.lgs. n. 152 del
2006, il quale stabilisce che la normativa in esame ha l'obiettivo di
promuovere l'utilizzo della valutazione ambientale nella stesura dei piani e
dei programmi statali, regionali e sovracomunali.
La Regione Valle d'Aosta censura questa
disposizione in riferimento agli artt. 11, 76 (in relazione all'art. 1, comma
8, della legge n. 308 del 2004, che impone al legislatore delegato il rispetto
dei principi e delle norme comunitarie) e 117, primo comma, Cost. (in relazione
all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva comunitaria 2001/42/CE)., in quanto,
ridurrebbe l'ambito applicativo della VAS e non considererebbe «che sussistono
aree urbane eccedenti la definizione comunitaria di "piccole aree a livello locale” la cui pianificazione, pur non
rientrando nel concetto di "pianificazione
sovracomunale”, può avere un significativo
impatto sull'ambiente».
9.2.1. ¾ La questione non è fondata in quanto poggia su di
un erroneo presupposto interpretativo.
L'art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 152 del
2006, prevede, infatti, che è possibile sottoporre alla VAS «piccole aree a
livello locale», se i piani o i programmi che ne determinano l'uso possono
avere effetti significativi sull'ambiente, senza affatto distinguere tra aree
di livello sovracomunale, comunale o infracomunale.
9.3. ¾ L'art. 6, del citato d.lgs. n. 152 del 2006
disciplina la Commissione tecnica statale per le valutazioni ambientali,
prevedendo: (comma 6) che, in ragione degli specifici interessi regionali coinvolti
dall'esercizio di una attività soggetta alle norme di cui alla parte seconda
dello stesso decreto, la relativa sottocommissione è integrata dall'esperto
designato da ciascuna delle Regioni direttamente interessate per territorio
dall'attività; (comma 7) che, ai fini di cui al comma 6, le amministrazioni
regionali direttamente interessate per territorio segnalano al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio il proprio interesse; (comma 8) che
qualora le amministrazioni di cui al comma 7 non abbiano provveduto alla
designazione degli esperti, la sottocommissione è costituita nella composizione
ordinaria e procede comunque all'istruttoria affidatale, ferma restando la
possibilità di successiva integrazione della sua composizione, nel rispetto
dello stadio di elaborazione e delle eventuali conclusioni parziali cui sia già
pervenuta.
Le Regioni Calabria, Piemonte e Marche
censurano tale disposizione, lamentando, in buona sostanza, la mancata previsione di una adeguata partecipazione
regionale alla suddetta Commissione e, pertanto, di una loro adeguata
partecipazione al procedimento di valutazione ambientale strategica (VAS) di
piani e programmi di competenza statale.
La Regione Calabria, in particolare,
censura l'articolo 6, commi 6, 7 e 8, in riferimento al principio di leale
collaborazione, in quanto non prevederebbe una
effettiva partecipazione dei rappresentanti delle autonomie territoriali nella
Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali, nonostante
l'incidenza della attività di tale organo su settori (governo del territorio e
tutela della salute) di competenza regionale.
La Regione Piemonte, invece, censura
solo il comma 6 dell'art. 6, «laddove prevede che la commissione
tecnico-consultiva nazionale, cui è affidato il compimento dell'istruttoria per
le valutazioni VAS, VIA, IPPC riguardanti opere ed interventi di rilievo
nazionale, sia integrata per ogni sottocommissione da "un esperto” designato
dalla Regione direttamente interessata dalla realizzazione dell'opera», in riferimento
agli «artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione», nonché
ai «principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza,
differenziazione, sussidiarietà, buon andamento della pubblica amministrazione,
anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme di diritto
comunitario e di convenzioni internazionali», in quanto assegnerebbe alla
partecipazione regionale un «ruolo limitato e secondario».
La Regione Marche censura, infine,
ancora il comma 6 dell'art. 6, unitamente al successivo art. 17 del d.lgs. n.
152 del 2006, che affida alla Commissione prevista dall'art. 6 la valutazione
ambientale strategica in sede statale, in riferimento agli artt. 117 e 118
Cost. nonché in riferimento all'art. 11 Cost., in relazione alla direttiva
2001/42/CE ed all'art. 76 Cost. (è da ritenersi per violazione dell'art. 1,
comma 8, lettere e ed f, della legge n. 308 del 2004, che
prescrivono il rispetto della normativa comunitaria in materia di ambiente),
giacché non prevederebbero una adeguata
partecipazione delle Regioni al procedimento di valutazione ambientale
strategica di piani e programmi di competenza statale.
9.3.1. ¾ L'impugnato art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006 è
stato abrogato e interamente sostituito, rispettivamente, dagli artt. 14 e 9
del regolamento di delegificazione recato dal d.P.R.
n. 90 del 2007 ancor prima della entrata in vigore, in data 31 luglio 2007,
della disciplina della VAS contestata.
L'attuale disciplina è data dall'art. 8
del d.lgs. n. 152 del 2006, introdotto dall'art. 1, comma 3, del d.lgs.
correttivo n. 4 del 2008, il quale prevede che la Commissione tecnica di
verifica dell'impatto ambientale, istituita dall'art. 9 del d.P.R.
n. 90 del 2007 assicura al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
il supporto tecnico-scientifico per l'attuazione delle norme di cui al presente
decreto.
Anche nel nuovo regime risultante dal
combinato disposto dell'art. 8 del d.lgs. n. 152 del 2006 e dell'art. 9 del d.P.R. n. 90 del 2007, è prevista, non diversamente dalla
disciplina anteriore, una partecipazione meramente eventuale di un solo
componente della Regione interessata (rectius
di ciascuna Regione interessata) nella Commissione statale competente in
materia di valutazioni ambientali.
Il carattere non satisfattivo
della disciplina sopravvenuta impone, per il principio di effettività del
giudizio costituzionale in via di azione, il trasferimento (espressamente
richiesto, peraltro, dalla difesa della Regione Marche) delle proposte
questioni di legittimità costituzionale sulla nuova disposizione di cui
all'art. 8 del d.lgs. n. 152 del 2006.
9.3.2. ¾ Le questioni, trasferite pertanto sull'attuale art.
8 del d.lgs. n. 152 del 2006, non sono comunque fondate.
Come chiarito sopra sub 4 e sub
9, la disciplina della VAS rientra nella materia della tutela dell'ambiente di
competenza dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost. Le Regioni non hanno, perciò, alcun titolo per reclamare la
partecipazione ad un organo statale, quale è, appunto, la predetta Commissione,
che svolge funzioni amministrative dirette alla tutela e conservazione
dell'ambiente, come tali, riferibili ad una materia di esclusiva competenza
statale.
In questo contesto la possibilità per le
Regioni (rectius per ciascuna Regione interessata)
di designare un esperto in tale organo, non imposta dalla Costituzione,
discende quindi dalla scelta discrezionale della legge statale.
9.4. ¾ L'art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006,
prevede che siano sottoposti a VAS, oltre che i piani ed i programmi indicati
al precedente comma 2 dell'art. 7, anche i piani e programmi concernenti la
definizione del quadro di riferimento per la realizzazione di opere, le quali,
pur non essendo sottoposte a VIA, possano avere effetti significativi per
l'ambiente, secondo un giudizio (c.d. screening) espresso dalla
sottocommissione statale competente per la VAS.
La Regione Marche censura questa
disposizione in riferimento agli articoli 117 e 118 Cost., nonché al principio
di leale collaborazione, in quanto non prevederebbe
una intesa con la Regione per sottoporre alla VAS anche i piani regionali e
consentirebbe, pertanto, ad un organo dello Stato di ingerirsi in materia di
governo del territorio.
9.4.1. ¾ La questione non è fondata.
Anzitutto, è la stessa direttiva
2001/42/CE (art. 3, comma 4) ad imporre agli Stati di sottoporre a VAS anche
quei piani o programmi che, seppure non ricompresi tra quelli che vi sono
soggetti per legge, possono avere un rilevante impatto ambientale, e, poi, come
si è appena chiarito, la sottoposizione a VAS di piani o programmi è da
ascrivere alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela
dell'ambiente e rientra nella discrezionalità del legislatore statale,
pertanto, la individuazione dell'organo cui attribuire la funzione di c.d. screening.
E' da sottolineare, comunque, che la
questione non si pone più dopo l'entrata in vigore del decreto correttivo n. 4
del 2008, per il quale la Commissione statale di cui all'art. 9 del d.P.R. n. 90 del 2007, richiamata dal novellato art. 8,
valuta solo piani statali e non effettua più il c.d. screening, svolto,
invece, dall'autorità regionale competente in ordine alla valutazione
ambientale.
9.5. ¾ L'art. 7, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006
sottrae alla procedura di VAS i piani e programmi relativi ad interventi di
telefonia mobile, già soggetti alle disposizioni di cui all'art. 87 del decreto
legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche).
La Regione Marche, sostenendo che tale
sottrazione non è permessa dall'art. 3 della direttiva 2001/42/CE, censura
questa disposizione in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.
nonché in riferimento agli artt. 11 e 76 Cost. (per violazione dell'art. 1,
comma 8, lettere e ed f, della legge n. 308 del 2004, che, come
si è detto, prescrivono il rispetto della normativa comunitaria in materia di
ambiente), in quanto non sarebbe consentito sottrarre tale tipologia di piani
alla procedura di VAS, con ciò compromettendo le competenze regionali in
materia di tutela della salute e di governo del territorio.
9.5.1. ¾ E' certamente esistente il contrasto tra la
disposizione censurata e l'art. 3, comma 8, della direttiva 2001/42/CE (il che
ha portato il legislatore delegato ad eliminare tale eccezione con il decreto
correttivo n. 4 del 2008). La questione è, nondimeno, inammissibile.
Secondo questa Corte (sentenze n. 265 del
2006 e n. 336
del 2005) è legittima la sottrazione operata dal legislatore statale dei
piani di telefonia mobile ai poteri regionali in materia di pianificazione
urbanistica, ferma restando la loro sottoposizione ad altre forme di controllo
da parte degli enti locali. Alla luce di tale giurisprudenza deve, allora,
escludersi la ridondanza della dedotta violazione del diritto comunitario sulle
attribuzioni regionali in materia di governo del territorio ovvero di quelle
statutarie in materia di urbanistica. Di qui l'inammissibilità della questione.
9.6. ¾ Gli articoli da 8 a 14 del d.lgs. n. 152 del 2006
recano la disciplina generale della VAS.
La Regione Calabria censura, in via
generale, tali disposizioni in riferimento agli artt. 117, secondo comma,
lettera s), e terzo comma, e 118 Cost., nonché in riferimento al
principio di leale collaborazione, in quanto recherebbero discipline di
dettaglio in una materia, quella della valutazione ambientale strategica, che
sarebbe riconducibile in prevalenza alle competenze regionali in materia di
governo del territorio e tutela della salute.
Peraltro, secondo la Regione Calabria
gli indicati parametri costituzionali sarebbero violati, anche laddove si
volesse riconoscere una concorrenza di competenze su base paritaria tra lo
Stato e le Regioni in materia di VAS, giacché anche in tale ipotesi non sarebbe
comunque possibile una disciplina unilaterale da parte dello Stato, se non per
quanto riguarda la enucleazione di principi fondamentali, essendo la competenza
statale in materia di tutela dell'ambiente, di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost. limitata alla predisposizione di «standards
di tutela uniformi».
9.6.1. ¾ Le questioni non sono fondate in quanto, come si è
visto, la disciplina della VAS rientra nella materia della tutela dell'ambiente
di competenza dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost. ed in siffatta materia (vedi,
da ultimo, sentenza n. 61 del
2009) la competenza dello Stato non è limitata alla fissazione di standard minimi di tutela ambientale,
ma deve, al contrario, assicurare una tutela «adeguata e non riducibile».
9.7. ¾ L'art. 9, commi 2, secondo periodo, 4 e 6, del
d.lgs. n. 152 del 2006 specificano il contenuto del rapporto ambientale. L'art.
10, commi 2, secondo periodo, e 3, specificano le forme di pubblicità della
sintesi non tecnica del rapporto ambientale. L'art. 12, commi 2, 3 e 4,
specifica, tra l'altro, le modalità del giudizio di compatibilità ambientale.
L'art. 14, comma 3, specifica le forme di pubblicità delle misure correttive
dei piani adottati. L'allegato I alla parte seconda specifica, infine, le
informazioni da inserire in detto rapporto.
La Regione Calabria censura tali
disposizioni in riferimento al principio di leale collaborazione, in quanto
esse, non avendo un contenuto di principio fondamentale («con l'eccezione forse
dell'art. 12, commi 2, 3 e 4»), ma essendo «anzi di estremo dettaglio»,
avrebbero dovuto essere «concordate» con le istanze regionali.
9.7.1. ¾ Per quanto appena rilevato sopra sub 9.6.1.
anche tali questioni non sono fondate, non essendo lo Stato tenuto a concordare
con le Regioni le norme di dettaglio di una disciplina riconducibile alla sua
competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente.
9.8. ¾ L'art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006
prevede che la valutazione di compatibilità ambientale viene effettuata prima
dell'approvazione del piano o del programma, mentre il successivo art. 16, comma
2, prevede che prima dell'avvio del procedimento di approvazione, ai sensi
dell'art. 10, commi 1 e 2, presso gli uffici delle Province e delle Regioni il
cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o
programma o dagli effetti della sua attuazione deve essere depositato un
congruo numero di copie della sintesi non tecnica.
La Regione Valle d'Aosta censura queste
disposizioni in riferimento agli artt. 4 e 6, paragrafo 1, della direttiva
comunitaria 2001/42/CE e, conseguentemente, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo e quinto comma, Cost.,
nonché in riferimento all'art. 76 Cost. (in relazione all'art. 1, comma 8,
della legge n. 308 del 2004, che impone al legislatore delegato il rispetto dei
principi e delle norme comunitarie), in quanto secondo la disciplina
comunitaria la valutazione ambientale deve essere effettuata durante la fase
preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o
all'avvio della procedura legislativa e la proposta di piano o di programma ed
il rapporto ambientale devono essere messi a disposizione «delle autorità di
cui al paragrafo 3 del presente articolo e del pubblico», mentre in base alla
disciplina statale la VAS interverrebbe «quando ormai l'elaborazione del piano
è giunta nel suo stadio finale, impedendo, così, ai soggetti pubblici e privati
che hanno diritto di prendere parte all'iter
di approvazione del piano, di effettuare le proprie valutazioni anche sulla
base della valutazione ambientale del piano medesimo espressa dall'autorità
competente» ed in quanto, infine, la sintesi non tecnica sarebbe una forma
pubblicitaria non idonea.
9.8.1. ¾ Le questioni sono inammissibili, in quanto, la
prospettata violazione della direttiva comunitaria non ridonda in una
limitazione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni.
9.9. ¾ L'art. 10, commi 3 e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006,
prevede (comma 3) che le modalità di pubblicazione totale o parziale del piano
o progetto sottoposto a VAS siano stabiliti con regolamento ministeriale e (comma
5) che i depositi e le pubblicazioni effettuate per la VAS sostituiscono ad
ogni effetto le modalità di informazione e partecipazione eventualmente
previste in via ordinaria dalle procedure di adozione e approvazione di detti
piani e programmi.
La Regione Marche censura tali
disposizioni in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost.,
in quanto, sull'assunto che sarebbero riferibili anche ai procedimenti di VAS
in sede regionale, esse inciderebbero sulla potestà della Regione di disciplinare
i procedimenti di sua competenza.
La Regione Valle d'Aosta censura,
invece, l'art. 10, comma 3, in riferimento all'art. 6, paragrafo 1, della
direttiva 2001/42/CE e, conseguentemente, agli artt. 11 e 117, primo e quinto comma, Cost., nonché all'art. 76 Cost.
(in relazione all'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004, che impone al
legislatore delegato il rispetto dei principi e delle norme comunitarie), in
quanto si porrebbe in contrasto con il principio comunitario di pubblicità del
rapporto ambientale. E censura, poi, l'art. 10, comma 5, in riferimento
all'art. 2, lettera g), dello statuto regionale, che riconosce la
competenza esclusiva regionale in materia di urbanistica, in quanto,
trattandosi di procedimenti regionali, questi non potrebbero che essere
disciplinati con legge regionale anche per quel che concerne le forme di
pubblicità.
9.9.1. ¾ In ordine alle questioni riferite all'art. 10,
comma 3, deve dichiararsi cessata la materia del contendere, perché il
regolamento ministeriale, cui tale disposizione si riferisce, non risulta
emanato prima della abrogazione della disposizione stessa da parte del d.lgs.
n. 4 del 2008.
Le questioni riferite all'art. 10, comma
5, non sono, invece, fondate in quanto poggiano su di un erroneo presupposto interpretativo.
La generica ed indeterminata prescrizione di tale disposizione deve, infatti,
essere interpretata come riferita alle sole forme pubblicitarie e partecipative
dei piani statali, non potendosi ritenere che lo Stato, in evidente violazione
delle attribuzioni delle Regioni, abbia inteso sopprimere le forme
pubblicitarie e gli istituti partecipativi degli atti pianificatori o
programmatori regionali.
9.10. ¾ L'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006
prevede, nella sua parte iniziale, che l'autorità preposta alla valutazione
ambientale emette il giudizio di compatibilità ambientale, che costituisce
presupposto per la prosecuzione del procedimento di approvazione del piano e
del programma.
La Regione Piemonte sostiene che tale
disposizione sia in contrasto con «gli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e
120 della Costituzione, i principi di leale collaborazione, ragionevolezza,
adeguatezza, differenziazione, sussidiarietà, buon andamento della pubblica
amministrazione, anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme di
diritto comunitario e di convenzioni internazionali», in quanto, nella logica
della direttiva 2001/42/CE, la VAS non sarebbe un mero provvedimento autorizzativo, ma un processo decisionale della pubblica
amministrazione che confronta le scelte da assumere in un determinato contesto ambientale, territoriale e
socio-economico e non consentirebbe una reale intersezione tra la valutazione
ambientale e la pianificazione o programmazione, le quali rimarrebbero «come
fasi consequenziali e sostanzialmente separate».
La Regione Emilia-Romagna, nel ricorso
n. 73 del 2006, censura la medesima disposizione, unitamente a quella di cui al
precedente art. 5, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 152 del 2006, il
quale, a sua volta, definisce il giudizio di compatibilità ambientale come
l'atto con il quale l'organo competente conclude la procedura di valutazione
ambientale strategica o la valutazione di impatto ambientale, in riferimento alla direttiva
2001/42/CE (il riferimento è da ritenersi all'art. 2), in quanto definirebbero e configurerebbero la procedura di VAS ed
il suo esito in termini essenzialmente assimilati a quelli della procedura di
VIA, laddove, secondo la direttiva comunitaria indicata, la VAS dovrebbe essere
concepita come un processo decisionale della stessa pubblica amministrazione
che approva il piano o programma.
Il contrasto con il diritto comunitario
ridonderebbe, poi, per la Regione Emilia-Romagna, in lesione delle proprie
garanzie costituzionali (è da ritenersi, in riferimento all'art. 117, terzo
comma, Cost.), in quanto tali disposizioni, da un lato, devono essere applicate
dagli enti territoriali, dall'altro, costituiscono, ai sensi dell'art. 22 del
d.lgs. n. 152 del 2006, un vincolo alla futura legislazione regionale.
9.10.1. ¾ La questione proposta dalla Regione Piemonte è
inammissibile, dato che nel ricorso non si evidenzia quale sia la lesione delle
competenze regionali che deriverebbe dalla prospettata violazione del diritto
comunitario, ma si afferma, genericamente, che la VAS atterrebbe non solo alla
tutela dell'ambiente, ma anche al governo del territorio e che la legge delega
imponeva il rispetto del diritto comunitario e delle attribuzioni regionali.
9.10.2. ¾ Le questioni proposte dalla Regione Emilia-Romagna,
a parte ogni considerazione sull'invocazione solo indiretta di un parametro
costituzionale, non sono fondate.
L'art. 5, comma 1, lettera m),
anzitutto, reca una definizione del giudizio di compatibilità ambientale neutra
e priva di alcuna lesività.
Per quanto attiene all'art. 12, comma 2,
invece, la questione proposta poggia su un evidente errore interpretativo.
Contrariamente a quanto assume la
ricorrente, il giudizio di compatibilità ambientale deve essere inteso, non
come una autorizzazione, bensì come presupposto per la prosecuzione del
procedimento di pianificazione o programmazione. Ciò, in particolare, è
desumibile dalle previsioni dell'art. 12, comma 3, il quale afferma che
l'approvazione del piano «tiene conto» del parere contenuto nel giudizio di
compatibilità ambientale e da quella dell'art. 4, comma 3, del medesimo d.lgs.
n. 152 del 2006, il quale afferma che i provvedimenti di approvazione di piani
e di programmi sono emessi sulla base della valutazione ambientale strategica.
9.11. ¾ L'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006
prevede, poi, nella sua parte finale, che, qualora l'autorità preposta alla
valutazione ambientale non si esprima entro sessanta giorni, il Consiglio dei
ministri è autorizzato, ad esercitare il potere sostitutivo ed ove il Consiglio
dei ministri non si pronunci, si intende emesso parere negativo e che tale
disciplina si applichi, fino all'emanazione della normativa regionale in
materia, anche per le VAS di competenza regionale.
Per la Regione Piemonte questa disposizione
violerebbe «gli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della
Costituzione, i principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza,
differenziazione, sussidiarietà, buon andamento della pubblica amministrazione,
anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme di diritto
comunitario e di convenzioni internazionali», in quanto la procedura avrebbe
una impostazione meccanica, che ne ridurrebbe l'effettiva funzione delineata
dalla normativa comunitaria di cui alla direttiva 2001/42/CE.
Per la Regione Valle d'Aosta, invece,
essa violerebbe l'art. 2, lettera g), della legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), che riconosce
l'urbanistica quale materia di competenza esclusiva della Regione, e l'art. 97
Cost., in quanto implicherebbe il rischio che numerosi piani e programmi
abbiano un giudizio negativo di compatibilità per mera scadenza del termine.
9.11.1. ¾ Le questioni sono inammissibili, perché la censura
prospettata si risolve essenzialmente in una censura di ragionevolezza della
legge e non attiene alle competenze regionali.
9.12. ¾ Gli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 152 del 2006 recano
disposizioni specifiche per la VAS in sede statale.
La Regione Calabria censura queste
disposizioni in riferimento al principio di leale collaborazione, in quanto
esse, nel disciplinare il procedimento di valutazione ambientale strategica in
sede statale, ometterebbero qualsiasi possibilità di intervento di istanze
regionali nel procedimento che conduce alla approvazione del piano o del
programma proposto e non terrebbero, pertanto, conto dell'incidenza di questo
sul governo del territorio.
9.12.1. ¾ Le questioni non sono fondate.
Infatti, la VAS, concludendosi con un
"giudizio di compatibilità ambientale” (vedi sopra sub 9.10.2), rientra,
come si è più volte ripetuto, nella materia della tutela dell'ambiente ed
individua in concreto i limiti di tutela ambientale che devono essere
rispettati, mentre, d'altro canto (oltre quanto già esposto sopra sub 9.3.2.),
la Regione, ai sensi dell'originario art. 6, commi 6, 7 e 8, così come, ai
sensi dell'attuale art. 8 del d.lgs. n. 152 del 2006 (in combinato disposto con
l'art. 9 del d.P.R. n. 90 del 2007) può designare un
componente della Commissione statale competente.
9.13. ¾ L'articolo 21 del d.lgs. n. 152 del 2006, prevede
che sono sottoposti a valutazione ambientale strategica in sede regionale o
provinciale i piani e programmi di cui all'art. 7 la cui approvazione compete
alle Regioni o agli enti locali.
Il successivo art. 22, prevede che,
ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12,
13 e 14, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano
con proprie leggi e regolamenti le procedure per la valutazione ambientale
strategica dei piani e programmi di cui all'art. 21, e che, fino all'entrata in
vigore delle discipline regionali e provinciali di cui al comma 1, trovano
applicazione le disposizioni di cui alla parte seconda del "presente” decreto.
La Regione Piemonte censura queste
disposizioni, sostenendo che esse violerebbero «gli artt. 3, 5, 76, 97, 114,
117, 118, 119 e 120 della Costituzione, i principi di leale collaborazione,
ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarietà, buon andamento della
pubblica amministrazione, anche sotto l'aspetto della violazione di principi e
norme di diritto comunitario e di convenzioni internazionali», in quanto
lascerebbero uno spazio inesistente alla normativa regionale anche rispetto
alle procedure di competenza della Regione.
9.13.1. ¾ Le questioni, a parte ogni considerazione sulla sua
genericità e sulla evidente inconferenza di
numerosissimi parametri confusamente e solo assertivamente
invocati dalla ricorrente, non sono, comunque, fondate, in quanto lo Stato, nel
porre dette disposizioni, esercita una sua competenza esclusiva e le Regioni
non hanno titolo per contestare le scelte discrezionali effettuate dal
legislatore statale. Del resto, la stessa esistenza di una VAS in sede
regionale ha il suo unico fondamento nella legge statale che, ad un tempo, la
prescrive e la consente, e non nella Costituzione, che assegna, invece, allo
Stato la competenza in materia di tutela dell'ambiente.
10. ¾ Avendo la Corte deciso il merito dei vari ricorsi,
non vi è luogo a procedere in ordine all'istanza di sospensione delle
disposizioni impugnate del d.lgs. n. 152 del 2006, formulata dalle ricorrenti
Regioni Calabria e Abruzzo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
riservata
a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità
costituzionale promosse, nei confronti del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152 (Norme in materia ambientale)
dalle Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta,
Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata;
dichiara
inammissibili gli interventi della Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) –
Onlus (nei giudizi promossi dalle
Regioni Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria,
Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata con i ricorsi indicati in
epigrafe) e della Biomasse Italia S.p.a., della
Società Italiana Centrali Termoelettriche – SICET S.r.l., della Ital Green Energy S.r.l. e della E.T.A. Energie Tecnlogiche Ambiente S.p.a. (nel
giudizio promosso dalla Regione Piemonte con il ricorso indicato in epigrafe);
dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità
costituzionale degli articoli 6, comma 6, 7, commi 3 ed 8, 10, commi 3 e 5, e
17 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte dalla Regione Toscana, con il ricorso
indicato in epigrafe;
dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità
costituzionale degli articoli 6, 7, comma 3, 15, 16, 17, 18, 19 e 20 del d.lgs.
n. 152 del 2006, proposte dalla Regione Valle d'Aosta, con il ricorso indicato
in epigrafe;
dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità
costituzionale degli articoli 6, 15, comma 1, e 19 del d.lgs. n. 152 del 2006
proposte dalla Regione Puglia con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità
costituzionale dell'articolo 10, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte
dalle Regioni Marche e Valle d'Aosta, con i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità
costituzionale dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in relazione
all'art. 76 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalle
Regioni Valle d'Aosta, Basilicata ed Abruzzo, con i ricorsi indicati in
epigrafe;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità
costituzionale dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in relazione agli
artt. 76 e 117, primo e quinto comma, della Costituzione, dalla Regione
Piemonte con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
relazione agli artt. 117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione, dalle Regioni Toscana e Marche, con i ricorsi indicati in
epigrafe;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 5, comma 1, lettera e), del d.lgs. n. 152 del
2006, proposte, in relazione agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120
della Costituzione, nonché in relazione al principio di leale collaborazione,
dalla Regione Piemonte con il ricorso indicato in epigrafe, ed, in relazione
all'art. 2, comma 1, ed al punto 13 dell'allegato II della direttiva 27 giugno
1985, n. 85/337/CEE (Direttiva del
Consiglio concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati
progetti pubblici e privati), dalla Regione Emilia-Romagna con il
ricorso n. 73 del 2006;
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 5, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 152 del
2006, proposta, in relazione al punto 22 dell'allegato I della direttiva n.
85/337/CEE, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006;
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 7, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in
relazione agli artt. 11, 76 e 117, terzo comma, e 118 della Costituzione ed
all'art. 3 della direttiva 27 giugno
2001, n. 2001/42/CE (Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di
determinati piani e programmi sull'ambiente), dalla Regione Marche, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità degli
artt. 10, comma 1, e 16, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
relazione agli artt. 11, 76 e 117, primo comma e quinto comma, della
Costituzione ed agli artt. 4 e 6 della direttiva
n. 2001/42/CE, dalla Regione Valle d'Aosta, con il ricorso indicato in
epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 12, comma 2, prima parte, del d.lgs. n. 152 del 2006,
proposta in relazione agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della
Costituzione, nonché in relazione al principio di leale collaborazione, dalla
Regione Piemonte, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 12, comma 2, seconda parte, del d.lgs. n. 152 del
2006, proposte in relazione agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120
della Costituzione, nonché in relazione al principio di leale collaborazione,
dalla Regione Piemonte, ed, in relazione all'art. 2, lettera g), della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta)
ed all'art. 97 della Costituzione, dalla Regione Valle d'Aosta con i ricorsi
indicati in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell'intero d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in relazione al
principio di leale collaborazione, dalla Regione Calabria, in relazione
all'art. 76 della Costituzione, dalla Regione Campania, in relazione all'art.
76 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalle Regioni
Valle d'Aosta, Abruzzo e Basilicata, ed in relazione agli artt. 5 e 76 della
Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalla Regione Piemonte,
con i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale degli articoli 63, 64, 101, comma 7, 154, 155, 181, commi da 7 a
11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 214, commi 3 e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in relazione all'art. 76
della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalla Regione
Emilia-Romagna nel ricorso n. 56 del 2006;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale degli articoli 25, comma 1, 35, comma 1, 42, comma 3, 55, comma
2, 58, comma 3, 63, commi 3 e 4, 64, 65, comma 3, lettera e), 95, comma
5, 96, comma 1, 101, comma 7, 148, 149, 153, comma 1, 154, 155, 160, 166, comma
4, 181, commi da 7 a 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 195, comma 1, 202,
comma 6, 214, commi 3 e 5, del d.lgs. n.
152 del 2006, proposta, in relazione all'art. 76 della Costituzione ed
al principio di leale collaborazione, dalla Regione Umbria con il ricorso
indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale degli articoli 58, 59, 63, 64, 65, 67, 69, 74, 91, comma 1,
lettera d), 96, 113, 114, 116, 117,
121, 124, comma 7, 148, commi 4 e 5, 149, comma 6, 154, 181, commi da 7 a 11,
183, comma 1, 186, 189, comma 3, 205, comma 2, 240, comma 1, lettere b), c)
e g), 242, 243, 244, 246, 252 e 257,
proposta, in relazione all'art. 76 della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Liguria, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
relazione all'art. 117, sesto comma, della Costituzione e, in subordine, in
relazione al principio di leale collaborazione, dalla Regione Calabria con il
ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 4, comma 1, lettera a), n. 3, del d.lgs. n. 152 del 2006,
proposta, in relazione agli artt. 11, 76 e 117, primo comma, della Costituzione
ed all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva n. 2001/42/CE, dalla Regione Valle
d'Aosta, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale, degli artt. 4, comma 1, lettera b), e 5, comma 1,
lettere q) ed r), del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in relazione
agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione ed, in subordine, in
relazione all'art. 76 della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso
indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale, degli artt. 4, comma 1, lettera a), 7, 8, 9, 10, 11, 12,
13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 e 22 e degli allegati I e II alla parte
seconda del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in relazione agli artt. 76 e 77,
primo comma, della Costituzione ed, in subordine, in relazione all'art. 76
della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 8 del d.lgs. n. 152 del 2006, come sostituito
dall'art. 1 del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed
integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia
ambientale), proposte, in relazione al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Calabria, in relazione agli artt. 3, 5, 76, 97,
114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, nonché in relazione al principio
di leale collaborazione, dalla Regione Piemonte, ed, in relazione agli artt.
11, 76, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Marche con i ricorsi
indicati in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in
relazione agli artt. 117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Marche, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale degli articoli 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 del d.lgs. n. 152 del
2006, proposte, in relazione agli artt. 117, secondo comma, lettera s) e terzo, e 118 della Costituzione ed
al principio di leale collaborazione, dalla Regione Calabria, con il ricorso
indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 9, commi 2, secondo periodo, 4 e 6, 10, commi 2,
secondo periodo, e 3, 12, commi 2, 3 e 4, e 14, comma 3 e dell'allegato I alla
parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in relazione, al principio
di leale collaborazione, dalla Regione Calabria, con il ricorso indicato in
epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
relazione all'art. 2, lettera g), dello statuto speciale, dalla Regione
Valle d'Aosta, ed, in relazione agli artt. 117 e 118 della Costituzione, dalla
Regione Marche, con i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 5, comma 1, lettera m), e 12, comma 2, prima
parte, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in relazione all'art. 117, terzo
comma, della Costituzione ed all'art. 2 della direttiva n. 2001/42/CE, dalla
Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
relazione al principio di leale collaborazione, dalla Regione Calabria, con il
ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 21 e 22 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
relazione agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione,
nonché in relazione al principio di leale collaborazione, dalla Regione
Piemonte, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 14 luglio 2009.
F.to:
Francesco
AMIRANTE, Presidente
Paolo
MADDALENA, Redattore
Giuseppe
DI PAOLA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 22 luglio 2009.
Allegato:
ordinanza letta all'udienza del 5 maggio 2009