SENTENZA N. 265
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 28 aprile 2005 e depositato il successivo 4 maggio, ed iscritto al n. 50 del registro ricorsi 2005.
Visti l’atto di costituzione della Regione Veneto, nonché gli atti di intervento della Wind Telecomunicazioni s.p.a. e della Telecom Italia Mobile s.p.a. (TIM);
udito nell’udienza pubblica del 6 giugno 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Mario Bertolissi per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso notificato il 28 aprile 2005 e depositato il successivo 4 maggio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 14 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Secondo la difesa erariale la norma statale – prevedendo che, per l’autorizzazione all’installazione, modifica ed adeguamento degli impianti di telefonia mobile, il richiedente debba ottenere oltre all’autorizzazione ai sensi dell’art. 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), anche il permesso di costruire ai sensi degli artt. 3 e 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) – determinerebbe un aggravio delle procedure di installazione, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali in materia di “ordinamento della comunicazione” (art. 117, terzo comma, Cost.).
Si sottolinea, infatti, nel ricorso che devono considerarsi principi fondamentali della materia le norme contenute nell’art. 41 della legge delega 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), e nell’art. 4 del d.lgs. n. 259 del 2003, che promuovono la semplificazione e la tempestività dei procedimenti autorizzatori, considerato anche che tale disciplina ha assorbito a tutti gli effetti la (precedente) interferente normativa edilizia di cui al citato d.P.R. n. 380 del 2001. Pertanto, poiché i principi di semplificazione e celerità dei provvedimenti autorizzatori di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 devono considerarsi principi fondamentali della materia, gli stessi – conclude la difesa erariale – vincolerebbero l’esercizio della potestà legislativa regionale.
2.— Si è costituita in giudizio la Regione Veneto, la quale sostiene, innanzitutto, che la disposizione impugnata persegue, con le norme previste nei due commi censurati, scopi diversi e non sovrapponibili: il primo comma, infatti, è finalizzato a verificare la «compatibilità igienico-sanitaria»; il secondo comma, invece, la «conformità urbanistica ed edilizia».
La Regione assume, in particolare, che l’obbligo di conseguire sia l’autorizzazione ex art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 sia il permesso di costruire discenderebbe, da un lato, dalla stessa previsione dell’art. 86 del Codice, che assimila le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria a cui si applicano le «norme edilizie vigenti», dall’altro dall’assenza nel d.lgs. n. 259 del 2003 di una clausola di esclusività ovvero di disposizioni volte a modificare il d.P.R. n. 380 del 2001.
3.— Sono intervenute in giudizio le Società Wind Telecomunicazioni s.p.a. e Telecom Italia Mobile s.p.a (TIM), chiedendo che il ricorso venga accolto, con conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata.
4.— In data 11 gennaio 2006 Wind Telecomunicazioni s.p.a. ha depositato una memoria, con la quale, innanzitutto, ritiene ammissibile il proprio intervento, poiché «in qualità di gestore di telecomunicazioni è titolare di interessi giuridicamente rilevanti, qualificati ed autonomi» in ordine alla normativa applicabile in tema di installazione di impianti di telecomunicazione.
Nel merito, sono svolte argomentazioni a sostegno della fondatezza del ricorso statale.
5.— Con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica la Regione Veneto ha chiesto, in via preliminare, che vengano dichiarati inammissibili gli interventi spiegati nel presente giudizio da Wind Telecomunicazioni s.p.a. e dalla TIM s.p.a., in quanto, secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, il giudizio promosso in via di azione deve svolgersi esclusivamente tra soggetti titolari di potestà legislativa.
Nel merito, si ribadiscono le argomentazioni già contenute nell’atto di costituzione a sostegno della legittimità costituzionale della norma impugnata.
6.— Wind Telecomunicazioni s.p.a. ha depositato una ulteriore memoria, con la quale ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate.
7.— Con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica, TIM s.p.a. ha assunto che essa è parte costituita nel giudizio che ha dato origine all’ordinanza di rimessione del 28 settembre 2005 del Tribunale amministrativo regionale del Veneto, con la quale è stata censurata la stessa norma impugnata dallo Stato. Per queste ragioni ha rinunciato all’intervento spiegato nel presente giudizio in via principale per difetto di interesse.
Considerato in diritto
1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
La norma impugnata prevede che per l’autorizzazione all’installazione, modifica ed adeguamento degli impianti di telefonia mobile, il richiedente debba ottenere sia l’autorizzazione, prevista dall’art. 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), «ai fini della verifica di compatibilità igienico-sanitaria», sia il permesso di costruire, ai sensi degli artt. 3 e 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), «ai fini della conformità urbanistica ed edilizia».
Secondo la difesa erariale, la previsione di un doppio titolo abilitativo determinerebbe un aggravio procedimentale, con conseguente violazione dei “principi fondamentali” – in materia di “ordinamento della comunicazione” (art. 117, terzo comma, Cost.) – di semplificazione e celerità contenuti nell’art. 41 della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti) e negli artt. 4 e 87 del d.lgs. n. 259 del 2003.
2.— In via preliminare, deve essere dichiarato inammissibile l’intervento spiegato nel presente giudizio da Wind Telecomunicazioni s.p.a. Nei giudizi di costituzionalità promossi in via d’azione, infatti, sono legittimati ad essere parti soltanto i soggetti titolari delle attribuzioni legislative in contestazione. Pertanto, alla luce della normativa in vigore e in conformità al costante orientamento di questa Corte (da ultimo: sentenze numeri 129, 103, 80, 59, 51 del 2006 e numeri 469, 383 e 336 del 2005), non è ammesso l’intervento in tali giudizi di soggetti privi di potere legislativo.
Per quanto attiene, invece, all’intervento spiegato da Telecom Italia Mobile s.p.a. (TIM) deve darsi atto che quest’ultima ha rinunciato all’intervento stesso, peraltro, inammissibile per le ragioni già esposte.
3.— Nel merito, la questione è fondata.
L’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, nel dare attuazione alla delega legislativa contenuta nell’art. 41, comma 2, lettera a), della legge n. 166 del 2002, ha dettato, in linea con le prescrizioni comunitarie, una disciplina volta a promuovere la semplificazione dei procedimenti attraverso l’adozione di procedure che siano, tra l’altro, uniformi e tempestive, anche al fine di garantire l’attuazione delle regole della concorrenza (sentenza n. 336 del 2005).
Le suddette esigenze di celerità e la conseguente riduzione dei termini per l’autorizzazione all’installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica costituiscono, per finalità di tutela di istanze unitarie, “principi fondamentali” operanti nelle materie di competenza ripartita (“ordinamento della comunicazione”, “governo del territorio”, “tutela della salute”: sentenza n. 336 del 2005), che, unitamente ad altri ambiti materiali di esclusiva spettanza statale, rappresentano i titoli di legittimazione ad intervenire nel settore in esame.
La sussistenza di un unico procedimento, quale prefigurato dall’art. 87 del Codice, cui non si affianca quello in materia edilizia, risponde, pertanto, pienamente ai suddetti principi (sentenza n. 129 del 2006 e ordinanza n. 203 del 2006). Specularmente, è contraria agli stessi la previsione contemplata dal censurato art. 14 della legge reg. n. 8 del 2005 – come questa Corte ha già avuto modo di affermare con riferimento all’impugnazione di norme regionali dal contenuto analogo (v. sentenza n. 129 del 2006) – che ritiene necessaria l’attivazione, accanto al procedimento disciplinato dall’art. 87 del Codice, di un ulteriore e autonomo procedimento volto ad ottenere il rilascio di un titolo abilitativo per fini edilizi secondo quanto prescritto dal d.P.R. n. 380 del 2001. In altri termini, la duplicazione dei titoli autorizzatori e, quindi, di ciascun iter procedimentale, determinerebbe una evidente compromissione di quelle esigenze di tempestività e semplificazione che assurgono al rango di principi fondamentali del settore.
Questa Corte, con la citata sentenza n. 129 del 2006, ha, inoltre, chiarito che «l’unificazione dei procedimenti non priva l’ente locale del suo potere di verificare la compatibilità urbanistica dell’impianto per cui si chiede l’autorizzazione»: l’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 «prevede infatti che tali installazioni vengano autorizzate dagli enti locali, previo accertamento, da parte dell’organismo competente ad effettuare i controlli, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità»; questi ultimi ricomprendono anche «i criteri di localizzazione» e «gli standard urbanistici» (art. 3, comma 1, lettera d, n. 1, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, recante “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”). La tutela del territorio e la programmazione urbanistica sono, pertanto, «salvaguardate dalle norme statali in vigore ed affidate proprio agli enti locali competenti, i quali, al pari delle Regioni (…), non vengono perciò spogliati delle loro attribuzioni in materia, ma sono semplicemente tenuti ad esercitarle all’interno dell’unico procedimento previsto dalla normativa nazionale, anziché porre in essere un distinto procedimento».
4.— Alla luce delle considerazioni che precedono la previsione, contemplata nella norma impugnata, di un ulteriore procedimento finalizzato al rilascio del permesso di costruire, «che si sovrappone ai controlli da effettuarsi a cura dello stesso ente locale nell’ambito del procedimento unificato, costituisce un inutile appesantimento dell’iter autorizzatorio» (citata sentenza n. 129 del 2006) per l’installazione, la modifica e l’adeguamento degli impianti per la telefonia mobile, con conseguente violazione dei principi fondamentali di tempestività e contenimento dei termini che devono essere osservati dalla Regione nell’esercizio della propria potestà legislativa di dettaglio.
Deve, pertanto, essere dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 14 della legge della Regione Veneto n. 8 del 2005, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l’intervento in giudizio di Wind Telecomunicazioni s.p.a;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2006.
Annibale MARINI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2006.