SENTENZA N. 437
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 febbraio 1990, n. 3 di approvazione dei piani territoriali paesistici di area vasta) e dell’art. 1 della legge della Regione Basilicata 26 novembre 2007, n. 21 (Integrazioni alla legge regionale del 22 ottobre 2007, n. 17), promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 20 dicembre 2007 ed il 30 gennaio 2008, depositati in cancelleria il 31 dicembre 2007 ed il 7 febbraio 2008 ed iscritti al n. 52 del registro ricorsi 2007 e al n. 9 del registro ricorsi 2008.
Visti gli atti di costituzione della Regione Basilicata;
udito nell’udienza pubblica del 4 novembre 2008 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
udito l’avvocato Donato Del Corso per la Regione Basilicata e l’avvocato dello Stato Vittorio Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.1. ¾ Con ricorso notificato il 20 dicembre 2007 e depositato il successivo 31 dicembre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 febbraio 1990, n. 3 di approvazione dei piani territoriali paesistici di area vasta), denunciandone il contrasto con gli artt. 9, secondo comma, 117, secondo comma, lettera s), 118, terzo comma, e 120 della Costituzione.
Il ricorrente premette che con la disposizione censurata è stato aggiunto all’art. 6 della legge della Regione Basilicata 12 febbraio 1990, n. 3 (Piani regionali paesistici di area vasta), un ulteriore comma (il comma 5), che recita: «Nelle aree classificate di basso valore paesaggistico, gli interventi di trasformazione a regime ordinario (Modalità C), nelle more della formazione dei Piani Paesistici Esecutivi d’Ambito, sono ammessi nei seguenti casi: a) siano conformi allo strumento urbanistico regionale, ovvero non comportino variante allo stesso secondo le procedure definite, ovvero non comportino variante allo stesso secondo le procedure definite dalla legge regionale 7 agosto 1996, n. 37; b) in variante allo strumento urbanistico generale, adottando le procedure della Conferenza di Localizzazione di cui all'art. 27 della legge regionale 11 agosto 1999, n. 23, a condizione che siano riferiti ad interventi pubblici di interesse pubblico, siano compatibili con eventuali prescrizioni progettuali delle Schede d’Ambito e siano motivati da oggettive ragioni d’urgenza valutate in sede di Conferenza di Localizzazione».
Si tratta, ad avviso dell’Avvocatura erariale, di norme che prescrivono interventi in aree sottoposte a tutela per il loro interesse paesaggistico e, segnatamente, di interventi «di trasformazione del territorio da effettuarsi a regime ordinario, secondo quanto previsto dall’art. 4 della l.r. n. 3 del 1990, nelle aree classificate di basso valore paesaggistico, ai sensi del già citato art. 4 della l.r. n. 3/1990».
Il ricorrente rammenta, quindi, che in materia di tutela del paesaggio allo Stato compete la potestà legislativa esclusiva, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in forza della quale è stato dettato il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante, appunto, «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137»), il quale, ai sensi dell’art. 143, stabilisce «regole specifiche per la verifica di compatibilità tra la pianificazione paesaggistica regionale, ove esistente, ed i principi, cui detta pianificazione si sarebbe dovuta informare». Sicché, essendo la Regione Basilicata, al momento dell’entrata in vigore della novella al Codice recata dal d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio), dotata di uno «strumento di pianificazione territoriale regionale con considerazione dei valori paesaggistici, redatto secondo le procedure dettate con la l.r. n. 3/1990, avrebbe dovuto provvedere, in conformità a quanto stabilito dall’art. 156 del Codice, a verificare la rispondenza di detta pianificazione alle previsioni dell’art. 143 del Codice stesso». Soltanto all’esito di una siffatta verifica, effettuata d’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali, la Regione avrebbe potuto, negli ambiti individuati d’accordo con il Ministero stesso, «prevedere procedure autorizzatorie semplificate, ai sensi dei commi 4 e 5 dell’art. 143 del Codice».
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, contrariamente a quanto previsto dalle disposizioni citate, la Regione Basilicata ha direttamente provveduto, con l’impugnato art. 1 della legge reg. n. 17 del 2007, a disciplinare procedure autorizzatorie semplificate, in aree vincolate, «nella sostanza stabilendo la ammissibilità di interventi di trasformazione del territorio a condizione che essi siano conformi al solo strumento urbanistico o addirittura in variante allo strumento urbanistico purché “riferiti ad interventi pubblici di interesse pubblico”». Con ciò, prosegue il Presidente del Consiglio dei ministri, si sarebbe ammessa, in aree vincolate «classificate di basso valore paesaggistico» dall’art. 6, comma 4, della legge regionale n. 3 del 1990, «la equivalenza fra l’interesse pubblico preordinato alla tutela del paesaggio e l’interesse pubblico finalizzato al governo del territorio».
Il ricorrente sostiene, pertanto, che la norma denunciata si porrebbe in contrasto: a) con il principio di leale collaborazione nei rapporti fra Stato e regioni, di cui all’art. 120, secondo comma, Cost., «con riguardo all’esercizio da parte dello Stato, di poteri sostitutivi in caso di inerzia delle regioni, ma avente valenza generale»; b) con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., «che attribuisce potestà legislativa esclusiva allo Stato in materia di tutela del paesaggio, ed in attuazione del quale è stata dettata la disciplina del Codice ed in particolare gli artt. 156 e 143, disattesi dalla disposizione regionale» censurata; c) nonché «in rapporto alla gerarchia sussistente, secondo Costituzione, fra la tutela del paesaggio ed il governo del territorio», il primo da reputarsi «valore primario ed assoluto, sovraordinato, fra l'altro, anche al governo del territorio», come precisato dalla Corte costituzionale, tra l’altro, con la sentenza n. 367 del 2007.
1.2. ¾ Si è costituita in giudizio la Regione Basilicata, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, chiedendo che la sollevata questione venga dichiarata inammissibile ovvero non fondata.
La Regione evidenzia, anzitutto, che la legge reg. n. 3 del 1990, tramite gli artt. 4 e 6, limitava, nelle more della formazione del Piano Paesistico Esecutivo di Ambito, la sospensione delle trasformazioni all’interno dei vari ambiti esclusivamente a quelle di tipologia “B” e cioè degli interventi di trasformazione da sottoporre a verifiche di ammissibilità previo studio di compatibilità ovvero condizionati a requisiti progettuali (là dove per tipologia “A” si intendevano gli interventi finalizzati alla conservazione del territorio e per tipologia “C” gli interventi di trasformazione a regime ordinario), così mancando di disciplinare l’eventualità «di interventi in variante alle previsioni urbanistiche vigenti che – in assenza di specifici divieti – potrebbero (paradossalmente) ritenersi ammissibili». Nel dubbio sulla possibilità di detti interventi, soggiunge la resistente, è stata appunto adottata la legge reg. n. 17 del 2007, che, sempre nelle more della formazione dei predetti Piani Paesistici Esecutivi, ha ammesso, nelle aree classificate di basso valore paesaggistico, interventi secondo la tipologia o modalità “C” e cioè di trasformazione a regime ordinario, purché «conformi allo strumento urbanistico generale ovvero in variante allo strumento urbanistico generale» e, in quest’ultimo caso, nel rispetto di talune specifiche condizioni stabilite dal censurato art. 1, la cui ratio è quella di garantire, in attesa della formazione dei Piani esecutivi, «l’ordinario sviluppo del territorio relativamente agli ambiti le cui modalità di tutela e di valorizzazione sono quelle qualificabili di trasformazione a regime ordinario, riconosciute compatibili con il valore specifico delle aree in questione, al fine di evitare ingiustificate paralisi della ordinaria attività urbanistica che si tradurrebbe in un nocumento per la corretta valorizzazione del territorio». In tale contesto, precisa la Regione, gli interventi in variante, condizionati dall’assoluta conformità ad interessi pubblici primari, «si atteggiano a specificazione di contenuti già prescritti nella disciplina urbanistica primaria che resta sostanzialmente inalterata».
Con ciò, sostiene la resistente, non sarebbero fondate le doglianze mosse dal ricorso avverso la norma denunciata, giacché essa – come dimostrato dalla stessa relazione al disegno di legge regionale – non sarebbe stata dettata «per regolare o difendere interessi ambientali, ma […] per finalità attinenti ad un ordinato governo del territorio», materia su cui la Regione può vantare una potestà legislativa concorrente.
Sicché, argomenta ancora la Regione Basilicata, posto che gli interventi in variante allo strumento urbanistico vanno riferiti a «zone di basso valore paesaggistico» e «non comportano alterazione al contesto paesaggistico dei luoghi», l’equivoco nel quale sarebbe incorso il ricorrente si anniderebbe nell’aver erroneamente ritenuto la disciplina denunciata inerente alla materia dell’ambiente, come tale sottratta alla competenza legislativa regionale, mentre essa, invero, chiarirebbe aspetti lacunosi della precedente legislazione regionale in materia urbanistica.
Peraltro, soggiunge la resistente, l’entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio non limiterebbe la potestà legislativa regionale nelle materie di legislazione concorrente, come il governo del territorio, cui è da ascrivere la legge reg. n. 17 del 2007; inoltre, la stessa Corte costituzionale (con la sentenza n. 367 del 2007, citata dal medesimo ricorrente) avrebbe chiarito che «l’interesse pubblico alla tutela del paesaggio concorre con l’ulteriore interesse alla fruizione del territorio la cui tutela è affidata anche alle Regioni», là dove, peraltro, la Corte, con la sentenza n. 407 del 2002, avrebbe altresì precisato che in materia di tutela dell’ambiente «si possono manifestare anche competenze regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sul territorio nazionale».
La Regione Basilicata esclude, infine, che il denunciato art. 1 della legge reg. n. 17 del 2007 possa vulnerare l’art. 118, terzo comma, Cost., nonché l’art. 120 Cost. ed il principio di leale collaborazione, non essendo conferente, peraltro, l’evocazione del potere sostitutivo del Governo rispetto a quanto previsto dalla «fattispecie normativa censurata».
2.1. ¾ Con ricorso notificato il 31 gennaio 2008 e depositato il successivo 7 febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questione di legittimità dell’art. 1 della legge della Regione Basilicata 26 novembre 2007, n. 21 (Integrazioni alla legge regionale del 22 ottobre 2007, n. 17), denunciandone il contrasto con gli artt. 9, comma secondo, 117, comma secondo, lettera s), e 118, comma terzo, Cost.
Il ricorrente evidenzia che la disposizione denunciata modifica l’art. 1 della legge della Regione Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 febbraio 1990, n. 3 di approvazione dei piani territoriali paesistici di area vasta), nei cui confronti ha già promosso questione di costituzionalità in via principale (con ricorso iscritto al R. ric. n. 52 del 2007), assumendone il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché con ulteriori principi costituzionali a tutela del paesaggio e della leale collaborazione.
L’Avvocatura erariale sostiene, quindi, che analoghi profili di incostituzionalità riguarderebbero ora l’art. 1 della legge reg. n. 21 del 2001 impugnato con il presente ricorso.
Difatti, la norma censurata, nel prevedere procedure autorizzatorie semplificate in aree vincolate ai sensi della precedente legge reg. n. 3 del 1990, vulnererebbe talune disposizioni del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e, segnatamente, gli artt. 156 ¾ che obbliga la Regione a verificare la rispondenza della propria pianificazione preesistente ai principi dell’art. 143 dello stesso d.lgs. n. 42 entro il 1° maggio 2008 ¾ e 143, commi 4 e 5, in forza del quale solo a seguito di tale verifica, e solo qualora sia stata effettuata d’intesa con il Ministero dei beni culturali, è consentito alla Regione, negli ambiti individuati d’accordo con il Ministero stesso, prevedere procedure autorizzatorie semplificate.
Il ricorrente precisa che dette misure normative sono «finalizzate alla tutela del paesaggio, materia di competenza legislativa esclusiva statale, in base al combinato disposto degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e che quindi devono essere rispettate dal legislatore regionale».
Inoltre, prosegue l’Avvocatura generale dello Stato, la mancata previsione, da parte della norma denunciata, della anzidetta previa intesa con il Ministero, violerebbe il principio di leale collaborazione nei rapporti tra Stato e Regioni di cui all'art. 118, terzo comma, della Costituzione.
Infine, il denunciato art. 1 della legge reg. n. 21 del 2007 prefigurerebbe «una equivalenza fra l’interesse pubblico preordinato alla tutela del paesaggio e l'interesse pubblico finalizzato al governo del territorio», così da contrastare «con la gerarchia sussistente tra i valori in questione stabilita dalla Costituzione», giacché «la tutela del paesaggio deve essere considerata un valore primario, assoluto, sovraordinato, fra l'altro, anche al governo del territorio e rientrante nella competenza legislativa esclusiva statale, in base agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione».
2.2. ¾ Si è costituita in giudizio la Regione Basilicata, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, chiedendo che venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata la proposta questione di legittimità costituzionale.
La Regione premette che la norma denunciata «è stata emanata esclusivamente al fine di rettificare un mero errore riportato nel testo della precedente L.R. 17/2007, pure impugnata dinanzi alla Corte costituzionale», giacché in luogo della voluta espressione – ora presente nella legge n. 21 del 2007 – «interventi pubblici o di interesse pubblico», nel testo della legge n. 17 del 2007 era stata inserita l’espressione «interventi pubblici di interesse pubblico»; circostanza, questa, che emergerebbe chiaramente dalla relazione alla stessa legge regionale n. 17 del 2007, ove appunto sono richiamati gli «interventi pubblici o di interesse pubblico». L’espressione poi corretta sarebbe stata, del resto, pleonastica.
Ciò precisato, la Regione evidenzia che le censure svolte nel presente ricorso sono le stesse del ricorso precedente avverso la legge reg. n. 17 del 2007; sicché, essa resistente ritiene di svolgere le stesse difese già illustrate con la memoria di costituzione nel giudizio iscritto al R. ric. n. 52 del 2007.
3. ¾ In prossimità dell’udienza, la Regione Basilicata ha depositato memoria illustrativa nel giudizio di cui al ricorso iscritto al R. ric. n. 52 del 2007, con la quale ribadisce che il denunciato art. 1 della legge regionale n. 17 del 2001 non è invasivo della competenza statale in materia paesaggistica.
La Regione precisa, infatti, che la norma suddetta, a carattere urbanistico e meramente ricognitiva e limitativa (giacché l’originario art. 6 della legge reg. n. 3 del 1990 non poneva alcuna limitazione di carattere urbanistico circa la modalità di trasformazione a regime ordinario) di interventi già consentiti su aree classificate di basso valore paesaggistico dai vigenti Piani territoriali paesistici, non introdurrebbe «procedure autorizzatorie semplificate in aree vincolate», imponendo invece detti interventi «previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica di cui agli artt. 146 e 159 del d.lgs. n. 42/04».
Peraltro, si sostiene ancora nella memoria, la previsione che gli interventi di trasformazione in variante allo strumento urbanistico generale debbano comunque essere compatibili con eventuali prescrizioni progettuali contenute nelle schede d’Ambito, parte integrante dei vigenti Piani territoriali paesistici di area vasta, dimostrerebbe ulteriormente che la disposizione censurata ha tenuto conto del valore primario e prevalente della tutela del paesaggio rispetto a quello del governo del territorio.
Considerato in diritto
1. ¾ Con l’art. 1 della legge della Regione Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 febbraio 1990, n. 3 di approvazione dei piani territoriali paesistici di area vasta), è stato aggiunto all’art. 6 della legge della Regione Basilicata 12 febbraio 1990, n. 3 (Piani regionali paesistici di area vasta), un ulteriore comma (il comma 5), che recita: «Nelle aree classificate di basso valore paesaggistico, gli interventi di trasformazione a regime ordinario (Modalità C), nelle more della formazione dei Piani Paesistici Esecutivi d’Ambito, sono ammessi nei seguenti casi: a) siano conformi allo strumento urbanistico regionale, ovvero non comportino variante allo stesso secondo le procedure definite dalla legge regionale 7 agosto 1996, n. 37; b) in variante allo strumento urbanistico generale, adottando le procedure della Conferenza di Localizzazione di cui all'art. 27 della legge regionale 11 agosto 1999, n. 23, a condizione che siano riferiti ad interventi pubblici di interesse pubblico, siano compatibili con eventuali prescrizioni progettuali delle Schede d’Ambito e siano motivati da oggettive ragioni d’urgenza valutate in sede di Conferenza di Localizzazione».
Successivamente, con l’art. 1 della Regione Basilicata 26 novembre 2007, n. 21 (Integrazioni alla legge regionale del 22 ottobre 2007, n. 17), è stata modificata la lettera b) della disposizione anzidetta, sostituendo l’espressione «interventi pubblici di interesse pubblico» con l’espressione « interventi pubblici o di interesse pubblico».
Con due distinti ricorsi, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato entrambe le richiamate norme, denunciandole per contrasto con gli artt. 9, secondo comma, 117, secondo comma, lettera s), 118, terzo comma, e 120 della Costituzione.
Le censure mosse con i ricorsi, di analogo tenore, muovono dalla medesima premessa che le norme denunciate, nel prevedere procedure autorizzatorie semplificate in aree vincolate ai sensi della precedente legge reg. n. 3 del 1990, vulnererebbero talune disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137») e, segnatamente, l’art. 156 – che obbliga la Regione a verificare la rispondenza della propria pianificazione preesistente ai principi dell’art. 143 entro il 1° maggio 2008 – e l’art. 143, commi 4 e 5, in forza del quale la procedura semplificata è possibile solo qualora il piano paesaggistico sia stato elaborato d’intesa con il Ministero dei beni culturali, e limitatamente agli ambiti individuati dal piano paesaggistico medesimo.
Ad avviso del ricorrente, sussisterebbe, quindi, la lesione:
a) del principio di leale collaborazione nei rapporti fra Stato e Regioni, di cui all’art. 120, secondo comma, Cost., «con riguardo all’esercizio da parte dello Stato, di poteri sostitutivi in caso di inerzia delle regioni, ma avente valenza generale»;
b) dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., «che attribuisce potestà legislativa esclusiva allo Stato in materia di tutela del paesaggio, ed in attuazione del quale è stata dettata la disciplina del Codice ed in particolare gli artt. 156 e 143»;
c) dell’art. 118, terzo comma, Cost., e con esso del principio di leale collaborazione, per la mancata previsione della previa intesa con il Ministero prevista dal citato art. 143;
d) della «gerarchia sussistente, secondo Costituzione, fra la tutela del paesaggio ed il governo del territorio», il primo da reputarsi «valore primario ed assoluto, sovraordinato, fra l'altro, anche al governo del territorio», come precisato da questa Corte, segnatamente, con la sentenza n. 367 del 2007.
2. ¾ Per l’evidente analogia delle questioni sollevate con i suddetti ricorsi, giacché concernenti la stessa disposizione nelle diverse formulazioni succedutesi tra loro e fondate su censure similari, i giudizi vanno riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.
3. ¾ Le questioni sono fondate.
Occorre, innanzitutto, chiarire che le norme regionali censurate, inserendosi nel quadro normativo delineato dalla precedente legge reg. n. 3 del 1990 sui Piani paesaggistici di area vasta (di cui è obbligatorio verificare la conformità alle previsioni dell’art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004 e provvedere all’eventuale adeguamento, ai sensi dell’art. 156 dello stesso decreto) si riferiscono ad «elementi del territorio di particolare interesse ambientale e pertanto di interesse pubblico», tra i quali alcuni di valore eccezionale, la cui tutela richiede scelte progettuali di tipo complesso ed integrato. Per esse i Piani paesaggistici individuano appositi ambiti di progettazione, da definire in sede di Piani paesistici esecutivi (art. 4, ultimo comma, della citata legge regionale n. 3 del 1990).
Per queste zone del territorio, nelle more della formazione di detti Piani, si prevede la possibilità di «trasformazione a regime ordinario (Modalità C)». Si prevede, cioè, il ricorso alla procedura originariamente stabilita dal primo comma dell’art. 6 della legge regionale n. 3 del 1990, secondo la quale l’autorizzazione paesaggistica è rilasciata a seguito di «verifica di conformità alle prescrizioni dei Piani».
Le norme denunciate prevedono, peraltro, che debba trattarsi di trasformazioni conformi «allo strumento urbanistico regionale». Inoltre, per gli interventi pubblici o di pubblico interesse, che siano anch’essi conformi allo strumento urbanistico regionale, si prevede anche la possibilità di varianti allo «strumento urbanistico generale», nel qual caso, però, occorre che gli interventi siano «compatibili con eventuali prescrizioni progettuali delle schede d’ambito e siano motivati da oggettive ragioni di urgenza, valutate in sede di Conferenza di localizzazione», di cui all’art. 27 della legge reg. n. 23 del 1999.
4. ¾ In questo quadro, l’art. 1 della legge regionale n. 17 del 2007, sia nel testo originario che in quello modificato, secondo quanto in precedenza chiarito, dall’art. 1 della legge regionale n. 21 del 2007, – nel far riferimento, attraverso l’espressione «trasformazione a regime ordinario (Modalità C)», alla semplice «verifica di conformità» prevista dal primo alinea dell’art. 6 della legge n. 3 del 1990, nel cui contesto la norma medesima si colloca –, introduce una procedura autorizzatoria semplificata, alla stregua di quanto consentito dall’art. 143, comma 5, lettere a) e b) (in quest’ultimo caso, per il recupero di «aree gravemente compromesse e degradate») soltanto a seguito di piano elaborato d’intesa tra Regione e Ministero per i beni e le attività culturali e Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. In sostanza, la normativa censurata degrada la tutela paesaggistica – che è prevalente – in una tutela meramente urbanistica.
Ne consegue, pertanto, il contrasto con l’art. 156, comma 4, che, nella fase di verifica ed adeguamento dei piani paesaggistici, in assenza di intesa tra Stato e Regione per lo svolgimento della verifica e dell’adeguamento predetti, esclude che possa trovare applicazione, tra l’altro, proprio il citato comma 5 dell’art. 143.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 febbraio 1990, n. 3 di approvazione dei Piani Territoriali Paesistici di Area Vasta), nel testo originario e nel testo modificato dall’art. 1 della legge della Regione Basilicata 26 novembre 2007, n. 21 (Integrazioni alla legge regionale n. 17 del 22 ottobre 2007).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2008.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2008.