SENTENZA N. 104
ANNO 2008
Commento alla decisione
di
Filippo Benelli
(per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), promossi con ricorsi della Regione Veneto, delle Province autonome di Bolzano e di Trento e della Regione Lombardia, notificati il 23 e il 26 febbraio 2007, depositati in cancelleria il 1°, il 5 e il 7 marzo 2007 ed iscritti ai numeri 10, 12, 13 e 14 del registro ricorsi 2007.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’11 marzo 2008 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi gli avvocati Mario Bertolissi per la Regione Veneto, Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento, Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia e gli avvocati dello Stato Giuseppe Fiengo, Massimo Salvatorelli e Michele Dipace per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. ¾ Con quattro distinti ricorsi, iscritti ai numeri 10, 12, 13 e 14 del registro dell’anno 2007 la Regione Veneto, le Province autonome di Bolzano e di Trento e la Regione Lombardia hanno promosso questioni di legittimità costituzionale di numerosi commi dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), e, tra questi, del comma 1226.
1.1. ¾ La disposizione impugnata prevede che «Al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono provvedere agli adempimenti previsti dagli articoli 4 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base di criteri minimi uniformi definiti con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare».
1.2. ¾ La Regione Veneto censura tale previsione in riferimento al principio di leale collaborazione.
La Provincia autonoma di Bolzano prospetta la violazione: degli artt. 116 e 117 della Costituzione e dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); dell’art. 8, numeri 1, 3, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 18, 20 e 21, dell’articolo 9, numeri 10 e 11, e dell’art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di minime proprietà colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste); del decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), e, specificamente, degli articoli 7 ed 8; del decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione); del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche); del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica); del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità); del decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474); nonché degli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).
La Provincia autonoma di Trento, a sua volta, deduce la violazione dell’art. 8, numeri 3, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 20 e 21, dell’articolo 9, numeri 9 e 10, e dell’art. 16 dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige; dell’articolo 7 del d.P.R. n. 526 del 1987; degli artt. 2 e 4 del d. lgs. n. 266 del 1992.
La Regione Lombardia prospetta, infine, la violazione degli artt. 117, 118, 120 e 3 e 97 della Costituzione.
2. ¾ La Regione Veneto, dopo avere raffrontato il testo della disposizione impugnata e quello dei collegati artt. 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), rileva che con l’entrata in vigore della normativa impugnata i criteri in base ai quali le Regioni e le Province autonome sono tenute ad agire non sono più determinati mediante forme collaborative con gli enti territoriali, ma risultano imposti dallo Stato. E assume che ciò sarebbe lesivo delle proprie prerogative costituzionali.
La circostanza che la materia dell’intervento normativo sia quella della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di esclusiva competenza statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, non legittimerebbe, infatti, la pretermissione di strumenti di dialogo e di intesa tra Stato e Regioni nella definizione della disciplina, dato che, per la giurisprudenza della Corte costituzionale (la ricorrente richiama, in proposito, le sentenze numeri 407 e 536 del 2002 e n. 222 del 2003), la materia ambientale non sarebbe una «materia in senso tecnico», intesa quale «sfera di competenza statale tale da escludere ogni intervento regionale, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze».
Dalla mancata natura di «materia in senso tecnico» della tutela dell’ambiente discenderebbe, allora, per la ricorrente, la necessità di subordinare l’intervento normativo statale al principio di leale collaborazione. Principio che, nella specie, risulterebbe tuttavia violato per la omessa previsione di strumenti di dialogo e di intesa tra lo Stato e le Regioni.
3. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, si è costituito, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso della Regione Veneto.
3.1. ¾ Per la difesa erariale, la disposizione impugnata non avrebbe carattere innovativo. Il ricorso ad un decreto ministeriale, quale parametro cui rapportare le modalità di adempimento degli obblighi introdotti dalla direttiva 92/43/CEE, sarebbe già presente ed operante nell’ordinamento nazionale e troverebbe applicazione anche nei confronti della Regione ricorrente. Sarebbe, per contro, ragionevole fissare un breve termine per l’adempimento di obblighi discendenti da una direttiva comunitaria, essendo ormai decorsi tredici anni dalla scadenza del termine da questa fissato per la conformazione degli Stati membri e dovendosi evitare ulteriori condanne da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee.
L’intervento normativo contestato, oltretutto, avrebbe, per l’Avvocatura dello Stato, natura riduttiva e collaborativa, avendo ridotto a criteri minimi uniformi le «linee guida», già solennemente fissate dal decreto ministeriale 3 settembre 2002, e comunque esso non sarebbe in alcun modo lesivo del «diritto-dovere delle regioni di dare applicazione nel loro territorio ad una direttiva comunitaria, che – si rammenta – è stata recepita nell’ordinamento nazionale attraverso l’adozione di un regolamento».
3.2. ¾ L’Avvocatura generale sostiene, poi, che la disposizione impugnata, attenendo alla conservazione di habitat naturali, troverebbe la sua giustificazione nelle competenze esclusive dello Stato in materia (art. 117, lettere a ed s, della Costituzione).
E comunque essa ritiene ragionevole interpretare la disposizione impugnata nel senso che «ove “i criteri minimi uniformi”, che il Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare va ad approvare, modifichino le linee guida di cui al d.m. 3 settembre 2002, gli stessi debbano essere adottati con forme di cooperazione previste (e comunque equivalenti) a quelle dell’articolo 4, comma 2, del DPR 357/97».
4. ¾ La Provincia autonoma di Bolzano rileva, anzitutto, che l’art. 117, quinto comma, della Costituzione prevede che le Regioni e le Province autonome partecipano all’attuazione delle norme comunitarie nelle materie di competenza legislativa concorrente e residuale, e che l’art. 16, comma 1, della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari), sancisce l’obbligo (e non più la facoltà) per le Regioni e le Province autonome di dare attuazione, tempestivamente ed autonomamente, agli obblighi di adeguamento imposti dalla normativa comunitaria nelle materie di propria competenza.
4.1. ¾ La difesa provinciale sostiene, poi, che la «materia ambientale» ricade nell’àmbito della potestà provinciale, in quanto materia trasversalmente incidente in vari settori individuati dallo statuto agli artt. 8 e 9 quali àmbiti di competenza legislativa della Provincia (e correlativi ambiti di potestà amministrativa di cui al successivo art. 16) e, più specificamente, nelle materie: «tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare » (art. 8, numero 3), «urbanistica e piani regolatori» (art. 8, numero 5), «tutela del paesaggio» (art. 8, numero 6), «usi civici» (art. 8, numero 7), «ordinamento della minime proprietà culturali» (art. 8, numero 8), «porti lacuali» (art. 8, numero 11), «prevenzione e calamità pubbliche» (art. 8, numero 13), «miniere, cave e torbiere» (art. 8, numero 14) «apicoltura (recte: alpicoltura) e parchi per la protezione della flora e della fauna» (art. 8, numero 16), «comunicazioni e trasporti di interesse provinciale» (art. 8, numero 18), «turismo e industria alberghiera» (art. 8, numero 20), «agricoltura, foreste e corpo forestale» (art. 8, numero 21), «igiene e sanità» (art. 9, numero 10), «attività sportive e ricreative» (art. 9, numero 11).
Ne discende, per la difesa provinciale, che «nella materia de qua sarebbe rintracciabile un vero e proprio obbligo di adeguamento diretto ed autonomo delle province di Trento e di Bolzano alla normativa di derivazione comunitaria, in via di competenza esclusiva».
4.2. ¾ La Provincia autonoma di Bolzano rimarca, poi, di avere già adempiuto tale obbligo, dando attuazione alla direttiva 92/43/CEE con due provvedimenti successivi e, specificamente, con i decreti del Presidente della provincia 26 ottobre 2001, n. 63 (Valutazione di incidenza per progetti e piani all'interno delle zone facenti parte della rete ecologica europea, in attuazione della direttiva 92/43/CEE), e 22 febbraio 2006, n. 8, recante «Modifica degli elenchi dei siti di importanza comunitaria e dei siti di protezione speciale di cui all'allegato A e B del decreto del Presidente della provincia 26 ottobre 2001, n. 63 nonché della relativa documentazione planimetrica».
4.3. ¾ Per la Provincia autonoma, la disposizione censurata, reintroducendo, anche con riferimento ad essa, un obbligo generale di adeguamento alla normativa comunitaria in una materia in cui la ricorrente ha già esercitato le proprie potestà legislative ed amministrative, e subordinando gli adempimenti posti a proprio carico al rispetto di un emanando decreto ministeriale, il quale coinvolge àmbiti di competenza provinciale, senza prevedere tuttavia una qualsivoglia forma di intesa, neppure in sede di Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, violerebbe sia le competenze legislative ed amministrative provinciali in materia di ambiente sia il sistema di coordinamento dei poteri normativi nazionali e di quelli regionali e provinciali, previsto dal d.P.R. n. 526 del 1987.
Ai sensi dell’art. 7 di tale decreto, infatti, spetta alle Province autonome «dare immediata attuazione alle direttive comunitarie, salvo adeguarsi, nei limiti previsti dallo statuto speciale, alle leggi statali di attuazione dei predetti atti comunitari».
Non sarebbe, allora, possibile vincolare la autonomia provinciale ad atti regolamentari, se non per supplire all’eventuale inerzia nella attuazione del diritto comunitario (viene richiamata la sentenza n. 425 del 1999 della Corte costituzionale), e sarebbe, dunque, costituzionalmente illegittima una norma, quale quella impugnata, che pretenda di imporsi direttamente alle Province autonome e di sottomettere queste ultime e le scelte normative e regolamentari da esse già compiute in attuazione del dettato comunitario al rispetto di obblighi e vincoli ulteriori, «peraltro sanciti con decreto ministeriale».
4.4. ¾ La Provincia di Bolzano lamenta, pure, la violazione del decreto legislativo n. 266 del 1992, nella parte in cui tale fonte di attuazione statutaria regola i rapporti tra atti legislativi statali e regionali prevedendo la immediata applicabilità nel territorio regionale delle norme internazionali e comunitarie direttamente applicabili; nonché laddove prevede la obbligatoria consultazione della Regione o delle Province autonome da parte del Presidente del Consiglio dei ministri in merito a ciascun atto di indirizzo e di coordinamento, per quanto attiene alla compatibilità di esso con lo statuto speciale e con le relative norme di attuazione; e, soprattutto, quando vieta la attribuzione ad organi statali di funzioni amministrative non previste dallo statuto speciale o dalle norme di attuazione nelle materie di competenza propria della Regione o delle province autonome.
4.5. ¾ Conclusivamente la Provincia autonoma di Bolzano ritiene violate le richiamate norme statutarie e di attuazione statutaria, nonché gli artt. 116, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, che riconoscono la speciale autonomia dell’ente e vincolano la legislazione statale al rispetto della Costituzione.
5. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso della Provincia autonoma di Bolzano.
5.1. ¾ La difesa erariale svolge le medesime argomentazioni e prospetta le medesime possibili interpretazioni già proposte in riferimento al ricorso della Regione Veneto.
L’Avvocatura sostiene, infatti, che non sussiste, al riguardo, una differenza tra le posizioni delle ricorrenti Regione ordinaria e Provincia autonoma e che l’intervento normativo contestato trova, anche in tale caso, la sua giustificazione nelle competenze esclusive dello Stato in materia (art. 117, secondo comma, lettere a ed s, della Costituzione), posto che queste competenze non si ritroverebbero non solo nella disciplina costituzionale concernente le Regioni ordinarie, ma neppure nelle «indicazioni, più vecchie, dello statuto d’autonomia della Regione Trentino Alto Adige e della provincia Autonoma di Bolzano».
La difesa erariale nota, poi, come la direttiva «92/43/1997» (recte 92/43/CEE) sia stata recepita nell’ordinamento nazionale mediante un regolamento. Da ciò essa desume che sarebbe «privo di pregio l’argomentare della Provincia ricorrente in ordine ad una preclusione per lo Stato di “limitare la potestà regolamentare con norme regolamentari”».
6. ¾ La Provincia autonoma di Trento evidenzia, anzitutto, di avere «pacificamente» competenza in materia di ambiente in base a diverse norme statutarie (art. 8, numeri 3, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 20 e 21, art. 9, numeri 9 e 10, e art. 16) e di avere, nell’esercizio di tali competenze, già dato attuazione agli obblighi derivanti dalle direttive 93/43/CEE e 74/409/CEE con gli articoli 9 e 10 della legge provinciale 15 «ottobre» (recte: dicembre) 2004, n. 10 (Disposizioni in materia di urbanistica, tutela dell'ambiente, acque pubbliche, trasporti, servizio antincendi, lavori pubblici e caccia), modificati dall’art. 55 della legge provinciale 29 dicembre 2006, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della Provincia autonoma di Trento – legge finanziaria 2007» e di avere adottato misure di salvaguardia per i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e «le misure prima di salvaguardia ed ora di conservazione per le Zone di Protezione Speciale» (ZPS) «individuate nel proprio territorio, rispettivamente con deliberazione n. 655 dell’8 aprile 2005 (SIC) e con deliberazioni n. 2956 del 30 dicembre 2005 e n. 2279 del 27 ottobre 2006 (ZPS)».
6.1. ¾ La difesa provinciale richiama, poi, la sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 1999, per la quale il d.P.R. n. 357 del 1997, seppure incidente su materie di competenza regionale, è costituzionalmente legittimo, dato che ha natura suppletiva e cedevole rispetto alla successiva legislazione provinciale di attuazione della direttiva comunitaria 92/43/CEE, mentre, dopo tale attuazione, trova applicazione l’art. 7 del d.P.R. n. 526 del 1987, in base al quale le Province autonome sono vincolate solo da leggi statali che concretano limiti statutari, non da atti sublegislativi.
La disposizione dell’impugnato comma 1226, rivolgendosi anche alla Provincia autonoma di Trento ed imponendole di provvedere agli adempimenti di cui agli artt. 4 e 6 del d.P.R. n. 357 del 1997, sulla base di criteri minimi uniformi definiti con apposito decreto ministeriale, non terrebbe tuttavia conto ed anzi si sovrapporrebbe alla già intervenuta attuazione legislativa ed amministrativa della direttiva comunitaria da parte della Provincia autonoma e così violerebbe, secondo la ricorrente, le indicate competenze statutarie, nonché la richiamata norma di attuazione statutaria dell’articolo 7 del d.P.R. n. 526 del 1987.
6.2. ¾ Il comma 1226, per altro verso, violerebbe anche l’articolo 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, sia perché un decreto ministeriale non potrebbe comunque vincolare l’attuazione delle direttive da parte della Provincia, neppure là dove mancasse una legislazione provinciale di recepimento, richiedendosi in tale ipotesi, comunque, un regolamento governativo, da adottarsi nel rispetto del principio di legalità sostanziale e con il coinvolgimento delle Regioni, sia perché il previsto decreto ministeriale, avendo natura sostanzialmente normativa, non potrebbe intervenire in una materia di competenza legislativa provinciale.
Né legittima risulterebbe la previsione ove il decreto ministeriale in questione potesse essere considerato un atto di indirizzo e coordinamento, risultando, in questa prospettiva, violato l’articolo 3 del d.lgs. n. 266 del 1992 sotto vari profili: non essendo tale ipotetico atto di indirizzo e coordinamento adottato dal Consiglio dei ministri; non essendo previsto un parere delle Province per la sua adozione; non potendo un atto di indirizzo e coordinamento comunque vincolare la Provincia ad uno specifico contenuto, ma solo al conseguimento di determinati obiettivi e risultati.
Né, d’altra parte, l’impugnato comma 1226 potrebbe ritenersi legittimo riconoscendo al previsto decreto ministeriale natura amministrativa e non normativa, risultando, in tale prospettiva, comunque violato l’articolo 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, che non consente di attribuire ad organi dello Stato funzioni amministrative in materia di competenza provinciale.
6.3. ¾ La difesa provinciale chiarisce, infine, che la disposizione impugnata non sarebbe lesiva solo là dove si potesse ritenere che essa non si applichi alle Regioni o alle Province autonome che già abbiano data attuazione alle direttive comunitarie.
Sennonché la ricorrente esclude una tale interpretazione alla luce del dato letterale della disposizione, espressamente riferita anche alla Provincia di Trento, e sostenendo che la previsione di «standard minimi uniformi» lascerebbe pensare che si tratti di standard ai quali tutte le Regioni si debbano adeguare.
7. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso della Provincia autonoma di Trento.
7.1. ¾ La difesa erariale svolge le medesime argomentazioni e prospetta le medesime possibili interpretazioni già proposte in riferimento ai ricorsi della Regione Veneto e della Provincia autonoma di Bolzano.
L’Avvocatura, peraltro, afferma che «nel caso di specie oltretutto la norma non dovrebbe trovare applicazione nei confronti della Provincia Autonoma di Trento laddove, come dichiarato nel ricorso, avrebbe già provveduto ad attuare e completare le misure previste dalla disciplina comunitaria».
8. ¾ La Regione Lombardia sostiene che, alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze numeri 407 e 536 del 2002 e numeri 222, 226, 227 del 2003), non potrebbe negarsi, nonostante l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione attribuisca alla competenza esclusiva dello Stato la materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che «nell’azione di tutela dell’ambiente siano concretamente coinvolti tutti i livelli territoriali in una logica di effettiva corresponsabilità e che tale concorso di competenze sia guidato dal principio di “leale collaborazione”».
Principio che risulterebbe violato, nel caso di specie, al pari degli artt. 117, 118, 120, 3 e 97 della Costituzione, dacché per la determinazione dei criteri minimi per provvedere agli adempimenti previsti dagli articoli 4 e 6 del d.P.R. n. 357 del 1997 non sarebbe prevista né l’intesa né alcuna forma o modalità di coinvolgimento delle Regioni.
La difesa regionale richiama, sul punto, alcune sentenze della Corte costituzionale, che, prima della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, hanno dichiarato costituzionalmente illegittime disposizioni statali «che non avevano previsto l’intesa tra lo Stato e le Regioni in materia di procedure di adeguamento nella disciplina dei parchi (sent. 302 del 1994), di rilevamento degli incendi boschivi (sent. 157 del 1995) e di programmazione degli interventi di protezione civile (sent. 127 del 1995)» e, dopo la predetta riforma, hanno confermato tale orientamento ed «insistito sulla centralità del principio di leale collaborazione (cfr. sent. 27 del 2002)».
9. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso della Regione Lombardia.
9.1. ¾ La difesa erariale svolge le medesime argomentazioni e prospetta le medesime possibili interpretazioni già proposte in riferimento ai ricorsi della Regione Veneto e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
10. ¾ In prossimità dell’udienza pubblica dell’11 marzo 2008 la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato una memoria e una copia autentica della deliberazione del Consiglio provinciale 28 marzo 2007, n. 3, di ratifica, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 54, numero 7, ed all’art. 98 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, della deliberazione della Giunta provinciale 19 febbraio 2007.
Nella memoria la difesa provinciale, sostanzialmente, ribadisce gli argomenti già sviluppati nel ricorso.
11. ¾ In prossimità delle udienza pubblica dell’11 marzo 2008 la Regione Veneto ha depositato una memoria, nella quale ribadisce gli argomenti già sviluppati nel ricorso e replica a quelli svolti dalla Avvocatura generale dello Stato.
11.1. ¾ In particolare la difesa regionale contesta la tesi dell’Avvocatura generale circa il carattere non innovativo e, pertanto, non lesivo dell’impugnato comma 1226.
La intervenuta adozione del decreto ministeriale 17 ottobre 2007, recante «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS)», dimostrerebbe, per la ricorrente, la erroneità di detta tesi, dato che i criteri minimi uniformi hanno carattere di estremo dettaglio e non sono specificativi, bensì ampliativi, delle linee guida contenute nel decreto ministeriale 3 settembre 2002.
Né la circostanza che tale decreto ministeriale sia stato in concreto adottato sentita la Conferenza unificata varrebbe a rendere legittima la previsione dell’impugnato comma 1226, posto che questa norma, pur intervenendo in materia ambientale, dove «competenze e responsabilità sono ripartite tra Stato ed enti territoriali, non ha previsto alcuna forma di collaborazione con le Regioni».
12. ¾ In prossimità delle udienza pubblica dell’11 marzo 2008, la Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria, nella quale ribadisce e sviluppa gli argomenti già svolti nel ricorso e replica a quelli dell’Avvocatura generale dello Stato.
12.1. ¾ La Provincia autonoma, a conferma delle tesi sostenute nel ricorso, richiama, anzitutto, tra le altre, la sentenza n. 378 del 2007 della Corte costituzionale, la quale ha affermato che la disciplina delle ZSC e delle ZPS rientra nella competenza legislativa esclusiva provinciale in materia di parchi per la protezione della flora e della fauna (articolo 8, numero 16, dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
12.2. ¾ La difesa provinciale ricorda, poi, che le Zone Speciali di Conservazione non esistono ancora, dato che, pur essendo intervenuta la individuazione dei siti di importanza comunitaria (SIC), non è tuttavia ancora avvenuta la loro classificazione quali ZSC.
La procedura di infrazione comunitaria «menzionata» nel comma 1226 riguarderebbe, pertanto, la sola direttiva 79/409/CEE, relativa alle ZPS. E da ciò deriverebbe l’incongruità della previsione dell’impugnato comma 1226, che impone alle Regioni di provvedere anche agli adempimenti di cui all’art. 4 del d.P.R. n. 357 del 1997, relativo alle ZSC.
12.3. ¾ A correzione del ricorso introduttivo, la Provincia di Trento precisa, poi, di avere adottato (in attesa della designazione come Zone speciali di conservazione) le misure di salvaguardia dei Siti di Importanza Comunitaria con deliberazione (della Giunta provinciale) n. 2956 del 30 dicembre 2005
12.4. ¾ La difesa provinciale ricorda, inoltre, la intervenuta adozione del decreto ministeriale 17 ottobre 2007 in attuazione del comma 1226 e ne sottolinea sia il carattere dettagliato sia il suo espresso riferimento alle Province autonome.
Ciò, da un lato, dimostrerebbe che lo Stato, con il comma 1226, ha inteso adottare in una materia provinciale un atto ministeriale a carattere normativo e direttamente applicabile, dall’altro, confuterebbe la tesi dell’Avvocatura dello Stato, per la quale la norma non troverebbe applicazione in riferimento a quegli enti territoriali che, come la Provincia di Trento, avessero già attuato le misure di salvaguardia.
12.5. ¾ La difesa provinciale contesta poi l’ulteriore tesi dell’Avvocatura dello Stato, per la quale il decreto ministeriale previsto dal comma 1226 non avrebbe natura innovativa, essendo già previsto un decreto ministeriale di indirizzo dall’articolo 4, comma 2, del d.P.R. n. 357 del 1997.
Tale tesi non considererebbe, né la natura cedevole della disciplina dettata dal d.P.R. n. 357 del 1997, affermata dalla sentenza n. 425 del 1999 della Corte costituzionale, né il suo superamento dopo la intervenuta attuazione da parte della Provincia della disciplina comunitaria in materia di ZSC e ZPS.
Oltretutto il predetto articolo 4, comma 2, prevede l’emanazione di linee guida per la gestione delle aree della rete «Natura 2000», mentre il comma 1226 prevede un decreto ministeriale, che contiene una disciplina dettagliata e, nella sostanza, già individua le misure di conservazione.
12.6. ¾ La difesa provinciale esclude infine che la previsione censurata possa trovare alcun fondamento nelle competenze esclusive statali di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere a) ed s), della Costituzione, essendo il primo titolo di competenza del tutto inconferente ed essendo la competenza statale in materia di ambiente comunque non esercitabile in senso limitativo della autonomia speciale.
13. ¾ In prossimità dell’udienza pubblica dell’11 marzo 2008 la Regione Lombardia ha depositato una memoria, nella quale ribadisce gli argomenti già svolti nel ricorso e ne sviluppa di ulteriori.
13.1 ¾- La difesa regionale sostiene, in particolare, che l’intervento normativo censurato è ascrivibile non solo all’àmbito della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, ma anche a quello della competenza concorrente in materia di valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, posto che le ZPS e le ZSC rientrerebbero «a pieno titolo» nella categoria dei beni ambientali.
Tale competenza regionale, ai sensi dell’art. 152 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), riguarderebbe, per la ricorrente, pure la previsione di misure di salvaguardia.
La Regione richiama, in proposito, le sentenze numeri 94 del 2003 e 212 del 2006 della Corte costituzionale, le quali hanno ritenuto legittima una legge della Regione Lazio, recante disciplina di salvaguardia degli esercizi commerciali ed artigianali del Lazio aperti al pubblico aventi valore storico, artistico ed ambientale, ed hanno riconosciuto che la valorizzazione del patrimonio tartuficolo regionale compete alla Regione.
13.2. ¾ La Regione Lombardia rileva, inoltre, che i criteri minimi uniformi concretamente individuati dal decreto ministeriale 17 ottobre 2007 (in ordine alla cui adozione la Regione rammenta di avere espresso parere contrario in sede di Conferenza permanente) intervengono su aspetti di estremo dettaglio e sostiene che essi vengono ad interferire con ulteriori titoli di competenza regionali.
La difesa regionale esemplifica tale prospettazione, invocando le competenze concorrenti o residuali in materia di governo del territorio, di agricoltura e di turismo.
13.3. ¾ La Regione insiste, infine, nell’invocare la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 58 del 2007), per la quale il principio di leale collaborazione è la regola fondamentale, là dove sussista una connessione tra funzioni attribuite a diversi livelli di governo costituzionalmente rilevanti e non sia possibile una netta separazione nell’esercizio delle competenze.
Considerato in diritto
1. ¾ Con quattro distinti ricorsi, iscritti ai numeri 10, 12, 13 e 14 del registro ricorsi dell’anno 2007, la Regione Veneto, le Province autonome di Bolzano e di Trento e la Regione Lombardia promuovono questioni di legittimità costituzionale di numerosi commi dell’art. 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), e, tra questi, del comma 1226.
1.1. ¾ Il presente giudizio attiene unicamente all’impugnazione di quest’ultimo comma, essendo le ulteriori questioni oggetto di separate pronunce.
1.2. ¾ Trattandosi della stessa materia, i quattro ricorsi possono essere riuniti per essere decisi con un’unica sentenza.
1.3. ¾ L’impugnato comma 1226 dispone che «Al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono provvedere agli adempimenti previsti dagli articoli 4 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base di criteri minimi uniformi definiti con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare».
2. ¾ Le Regioni Veneto e Lombardia contestano tale disposizione, la prima solo in riferimento al principio di leale collaborazione, la seconda anche in riferimento agli artt. 117, 118, 120, 3 e 97 della Costituzione, sostenendo entrambe che l’ambiente, nella interpretazione datane dalla giurisprudenza costituzionale, non sarebbe una «materia in senso tecnico», per cui ogni intervento dello Stato in proposito dovrebbe essere subordinato all’osservanza del sopra detto principio di leale collaborazione, principio che nella specie risulterebbe violato per la mancata previsione di strumenti di dialogo e di intesa fra Stato e Regioni.
3. ¾ Deve essere preliminarmente dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1226, della legge n. 296 del 2006, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione Lombardia.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le Regioni possono far valere il contrasto con norme costituzionali diverse da quelle attributive di competenza solo ove esso si risolva in una lesione di sfere di competenza regionali (così, fra le tante, sentenze n. 63 e n. 50 del 2008, n. 401 del 2007 e n. 116 del 2006). Nel caso di specie, le censure dedotte, oltre ad essere generiche, non sono prospettate in maniera da far derivare dalla pretesa violazione dei richiamati parametri costituzionali una compressione dei poteri della Regione.
4. ¾ La questione proposta dalle Regioni Veneto e Lombardia, in riferimento al principio di leale collaborazione e, dalla sola Regione Lombardia, pure in riferimento agli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione, non è fondata.
5. ¾ La competenza a tutelare l’ambiente e l’ecosistema nella sua interezza è stata affidata in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione, e per «ambiente ed ecosistema», come affermato dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972, deve intendersi quella parte di “biosfera” che riguarda l’intero territorio nazionale (sentenza n. 378 del 2007).
In base alla Costituzione, «spetta allo Stato disciplinare l’ambiente come un’entità organica, dettare cioè delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parte del tutto. Ed è da notare, a questo proposito, che la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale “primario” (sentenza n. 151 del 1986) ed “assoluto” (sentenza n. 641 del 1987), e deve garantire (come prescrive il diritto comunitario) un elevato livello di tutela, come tale inderogabile dalle altre discipline di settore. Si deve sottolineare, tuttavia, che, accanto al bene giuridico ambiente in senso unitario, possono coesistere altri beni giuridici aventi ad oggetto componenti o aspetti del bene ambiente, ma concernenti interessi diversi, giuridicamente tutelati. Si parla, in proposito, dell’ambiente come “materia trasversale”, nel senso che sullo stesso oggetto insistono interessi diversi: quello alla conservazione dell’ambiente e quelli inerenti alle sue utilizzazioni» (vedi, ancora, la sentenza n. 378 del 2007).
In questi casi, la disciplina unitaria di tutela del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome, in materia di competenza propria, che riguardano l’utilizzazione dell’ambiente, e , quindi, altri interessi.
Ciò comporta che la disciplina statale relativa alla tutela dell’ambiente «viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza», salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevata nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella dell’ambiente.
E’ dunque in questo senso che può intendersi l’ambiente come una «materia trasversale» (come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte; si veda, per tutte, la sentenza n. 246 del 2006), e non può certo dirsi, come vorrebbero le Regioni Veneto e Lombardia, che «la materia ambientale non sarebbe una materia in senso tecnico». Al contrario, l’ambiente è un bene giuridico, che, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, funge anche da discrimine tra la materia esclusiva statale e le altre materie di competenza regionale.
5.1. ¾ Le Regioni Veneto e Lombardia, dunque, non possono reclamare un loro coinvolgimento nell’esercizio della potestà legislativa dello Stato in materia di tutela ambientale, trattandosi di una competenza statale esclusiva.
In tale àmbito di esclusiva competenza statale rientra la definizione dei livelli uniformi di protezione ambientale. Non contrasta, pertanto, con i parametri evocati dalle ricorrenti, il rinvio, da parte dell’impugnato comma 1226, ad un emanando decreto ministeriale che preveda i criteri ai quali le Regioni Veneto e Lombardia debbono uniformarsi nell’imporre le misure di salvaguardia sui siti di importanza comunitaria (SIC) e le misure di conservazione sulle zone speciali di conservazione (ZSC) e sulle zone di protezione speciale (ZPS), in esecuzione della direttiva comunitaria, recepita con il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche).
6. ¾ Le Province autonome di Trento e di Bolzano, dal canto loro, censurano il comma 1226, lamentando che non rientrerebbe nella competenza statale l’attuazione delle direttive comunitarie in materia di ZSC e ZPS, dovendo le stesse essere attuate direttamente dalle Province, competenti in materia, cosa che le stesse avrebbero peraltro già fatto.
Le ricorrenti lamentano, poi, che, in ogni caso, lo Stato non potrebbe vincolare le Province autonome in una materia di loro competenza mediante un atto sublegislativo.
6.1. ¾ La Provincia di Bolzano prospetta la violazione: degli artt. 116 e 117 della Costituzione e dell’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); dell’articolo 8, numeri 1, 3, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 18, 20 e 21, dell’articolo 9, numeri 10 e 11 e dell’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di minime proprietà colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste); del decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), e, specificamente, degli artt. 7 ed 8 del medesimo; del decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione); del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche); del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica); del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità); del decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474); nonché degli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).
6.2. ¾ La Provincia autonoma di Trento prospetta, invece, la violazione dell’art. 8, numeri 3, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 20 e 21, dell’art. 9, numeri 9 e 10 e dell’articolo 16 dello Statuto speciale della Regione Trentino- Alto Adige; dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 526 del 1987; degli articoli 2 e 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992.
7. ¾ Si deve innanzitutto rilevare che le due Province autonome sostengono l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1226, della legge n. 296 del 2006, affermando, preliminarmente, di avere una competenza generale in materia di ambiente, come risulterebbe da una lunga serie di disposizioni dello statuto e (per quanto riguarda Bolzano) anche dalle relative norme di attuazione.
Sennonchè la stragrande maggioranza delle elencate materie non ha niente a che vedere con la tutela ambientale, mentre altre («tutela del paesaggio», «caccia e pesca», «parchi per la protezione della flora e della fauna», e «foreste»), comprese nell’elenco dell’art. 8 dello statuto, costituiscono semplici aspetti della materia della tutela ambientale. E da questi aspetti, evidentemente, non può farsi derivare una competenza generale in materia di ambiente.
La competenza delle Province autonome di Trento e di Bolzano si fonda, invece, nel caso specifico, sull’art. 8, numero 16, dello statuto, che attribuisce ad esse una potestà legislativa primaria in materia di «parchi per la protezione della flora e della fauna».
Deve ribadirsi, quindi, come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (vedi sentenze n. 425 del 1999 e n. 378 del 2007), che spetta alle Province autonome dare concreta attuazione per il loro territorio alla direttiva 92/43/CEE (Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatica), la quale impone misure di salvaguardia sui siti di importanza comunitaria (SIC) e misure di conservazione sulle zone speciali di conservazione (ZSC) e sulle zone di protezione speciale (ZPS), a seguito della «definizione» di queste ultime di intesa con lo Stato (sentenza n. 378 del 2007).
8. ¾ In virtù della richiamata prescrizione statutaria e di quanto espressamente stabilito dall’art. 7 del d.P.R. n. 526 del 1987 e dell’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, deve inoltre affermarsi che lo Stato, diversamente da quanto si evince dal rinvio da parte del comma 1226 agli artt. 4 e 6 del d.P.R. n. 357 del 1997, non può imporre alle Province autonome di conformarsi, nell’adozione delle misure di salvaguardia e delle misure di conservazione, «ai criteri minimi uniformi» di un emanando decreto ministeriale.
per questi motivi
riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007) promosse dalla Regione Veneto, dalla Regione Lombardia e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), nella parte in cui obbliga le Province autonome di Trento e di Bolzano ad uniformarsi ai criteri minimi uniformi definiti dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del medesimo articolo 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sollevata, in riferimento agli artt 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sollevata, in riferimento agli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione, dalla Regione Lombardia ed, in riferimento al principio di leale collaborazione, dalle Regioni Veneto e Lombardia, con i ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2008.