SENTENZA N. 12
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 4-septies, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), introdotto dalla legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222, promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il 28 gennaio 2008, depositato in cancelleria il 1° febbraio 2008 ed iscritto al n. 6 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 2 dicembre 2008 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi gli avvocati Michele Arcadipane e Marina Valli per la Regione Siciliana e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – La Regione siciliana, con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri in data 28 gennaio 2008, ha sollevato, con riferimento agli artt. 14, lettere a), b), f), h), i) ed n), e 17, lettera b), dello statuto di autonomia e alle correlate norme di attuazione e con riferimento agli artt. 3, 97 e 118 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 4-septies, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), introdotto dalla legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222.
In particolare, la Regione riferisce che la disposizione censurata ha previsto che, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Regione e sentiti gli enti locali interessati, siano istituiti quattro parchi nazionali: il Parco delle Egadi e del litorale trapanese, il Parco delle Eolie, il Parco dell’isola di Pantelleria e il Parco degli Iblei.
La disposizione censurata prevede altresì che sia l’istituzione che il primo avviamento dei Parchi siano finanziati, per l’anno 2007, nella misura di 250.000 euro per ciascuno di essi.
2. – Tanto premesso, la Regione, ricordato di avere con la legge regionale 6 maggio 1981, n. 98 (Norme per la istituzione nella Regione siciliana di parchi e riserve naturali), già disciplinato l’istituzione nel territorio regionale di parchi e riserve naturali, in ciò prevenendo la normativa statale, rileva che l’ambito materiale cui attribuire la disciplina dei parchi e delle riserve naturali « – se oggi viene genericamente ascritto alla materia dell’“ambiente”, specificamente contemplata dall’art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, nel testo attualmente vigente a seguito della riforma operata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 – all’atto dell’approvazione dello Statuto regionale e delle relative norme di attuazione restava già interamente compreso nell’ambito delle diverse materie attribuite alla Regione siciliana dagli articoli 14 e 17 dello Statuto (agricoltura e foreste; bonifica; urbanistica; miniere, cave, torbiere e saline; acque; caccia e pesca; tutela del paesaggio; igiene e sanità)».
Solamente col decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), «si iniziò a considerare partitamente la tutela dell’ambiente e la protezione della natura»; in specie l’art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977 trasferì alle regioni ordinarie gli interventi concernenti le riserve e i parchi naturali, rinviando ad altra legge la disciplina del riparto di competenze fra Stato e Regioni riguardo ai parchi nazionali già esistenti e conservando allo Stato la potestà di individuare i territori per l’istituzione di parchi aventi carattere interregionale.
L’art. 80 del d.P.R. n. 616 del 1977 precisava altresì – sempre secondo la ricostruzione della ricorrente – che le funzioni in questione riguardavano l’«urbanistica», materia questa attribuita dall’art. 14, lettera f), dello statuto di autonomia alla competenza esclusiva della Regione siciliana e trasferita alla medesima, quanto alle correlative attribuzioni amministrative, dall’art. 1 del d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di opere pubbliche).
Peraltro, continua la ricorrente, va anche ricordato che con la legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale), erano stati trasferiti al Ministero dell’ambiente i compiti già attribuiti, in tema di parchi nazionali e di individuazione delle zone di importanza naturalistica nazionale ed internazionale, all’allora Ministero dell’agricoltura e delle foreste, ma che, quanto alla Regione siciliana, gli aspetti della disciplina dei parchi correlati alla materia dell’agricoltura dovevano e continuano ad intendersi ricadenti nell’ambito della competenza legislativa esclusiva regionale ai sensi dell’art. 14, lettera a), dello statuto.
Ad analoga conclusione si deve giungere, per gli aspetti connessi alla tutela del paesaggio e delle antichità, in ordine ai quali la competenza legislativa è assegnata alla Regione dalla lettera n) del citato art. 14 dello statuto. Per gli altri aspetti che possano interessare i valori ambientali, la ricorrente rivendica la propria competenza invocando l’art. 14, lettera b), dello statuto in materia di bonifica, l’art. 14, lettera h), in materia di miniere, cave, torbiere e saline, l’art. 14, lettera i), in materia di acque pubbliche, l’art. 14, lettera l), in materia di caccia e pesca, e, infine, l’art. 17, lettera b), in materia di igiene e sanità.
3. – Tale essendo – a suo giudizio – l’assetto delle competenze nella materia in questione, la Regione siciliana riferisce di avere dettato, con la citata legge regionale n. 98 del 1981, un’organica disciplina per la istituzione di parchi e riserve naturali sul proprio territorio, istituendo quattro parchi e numerose riserve naturali, senza che lo Stato abbia mai interferito con propri atti.
A questo proposito, la ricorrente osserva che la distinzione operata, all’art. 2, dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulla aree protette), fra aree protette nazionali e aree protette regionali, «va correlata con le norme di rango costituzionale che assegnano alla Regione […] le funzioni» relative alla conservazione e tutela di tali aree; d’altra parte, pur contemplando la legge n. 394 del 1991 fra le aree di interesse l’Etna, lo Stato non ha mai rivendicato a sé il Parco dell’Etna, sebbene esso, già previsto dalla citata legge regionale n. 98 del 1981, sia stato istituito con decreto del Presidente della Regione nel 1987.
Soggiunge la ricorrente che la circostanza che nel territorio della Sicilia non è dato distinguere fra parchi nazionali – altrove riservati alla competenza statale – e parchi regionali – riservati alla competenza della Regione – in quanto ivi tutta la materia è devoluta alla competenza della Regione, non è smentita dal fatto che lo Stato abbia istituito delle riserve marine, non insistendo queste sul territorio regionale ma, bensì, sul mare territoriale.
Né ha rilievo la circostanza che l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. riservi alla legislazione esclusiva statale la «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali»; infatti, per un verso, l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), se garantisce alle Regioni ad autonomia speciale le più ampie competenze ordinariamente previste dal «novellato Titolo V della Costituzione», non consente la compressione delle prerogative di cui esse già godevano, mentre, per altro verso, la giurisprudenza della Corte successiva alla riforma costituzionale del 2001 ha evidenziato che la «tutela dell’ambiente» non è una materia in senso stretto, ma costituisce un valore trasversale che, ove coinvolga competenze regionali, attribuisce allo Stato solo «il compito di fissare standard di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale».
Nè, infine, quanto alle dedotte violazioni statutarie, è ravvisabile nell’adozione della disposizione censurata la cura di un interesse di carattere unitario, potendo questo ricorrere, nell’ambito in questione, solo in caso di parchi aventi un’estensione territoriale ultraregionale o internazionale.
4. – La Regione deduce altresì la violazione degli artt. 3 e 97 Cost.. L’art. 26, comma 4-septies, del decreto-legge n. 159 del 2007 sarebbe infatti irragionevole in quanto i nuovi parchi nazionali, sia per estensione che per valenza dell’area territoriale di istituzione, sarebbero recessivi rispetto a già esistenti parchi regionali; peraltro, afferendo essi ad aree già tutelate dalle Regione, ovvero ad aree di interesse comunitario, la loro istituzione, stante la sovrapposizione sia di territorio che di competenze fra i relativi enti di gestione, inciderebbe negativamente sul buon andamento della attività amministrativa e gestionale.
La norma censurata, secondo la ricorrente, violerebbe, ancora, i principi di sussidiarietà e adeguatezza di cui all’art. 118 Cost. a causa del radicarsi di funzioni amministrative a livello statale in assenza di esigenze di esercizio unitario delle medesime, nonché il principio di leale collaborazione, in quanto – in spregio dell’art. 8 della legge n. 394 del 1991, il quale prevede che, ove il parco interessi il territorio di una regione a statuto speciale, si proceda tramite intesa con essa, la quale deve avere ad oggetto anche la preliminare individuazione dei relativi confini territoriali – la norma censurata ha riservato la fase di concertazione con la Regione siciliana alla sola concreta istituzione dei Parchi, essendo stata posta in essere autonomamente dallo Stato, ancorché in via di massima, la determinazione dei relativi territori.
5. – Si è costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
5.1. – La difesa erariale, premesso che la materia dei parchi rientra in quella della protezione ambientale, contesta l’assunto della ricorrente, secondo il quale la materia ambientale, pur non specificamente contemplata nello statuto di autonomia, apparterrebbe alla competenza legislativa regionale, risultando dalla «sommatoria» di altre materie rientranti in detta competenza.
Osserva la Avvocatura che, successivamente alla adozione del d.P.R. n. 616 del 1977, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha tracciato i caratteri generali della disciplina dei parchi naturali anche con riferimento al riparto di competenza fra Stato e Regioni.
Posto che tale disciplina va distinta da quelle concernenti l’urbanistica, il turismo, la caccia, la pesca e la sanità, riferendosi, invece, alla materia della «protezione della natura», attribuita, ex art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977 alle Regioni, la Corte ha precisato che comunque restava allo Stato il compito di assicurare l’unitarietà delle strutture e del loro funzionamento tramite la adozione di una legge quadro i cui contenuti essenziali dovevano essere: la determinazione delle strutture tipo dei parchi; la indicazione del nucleo di poteri spettanti all’autorità di governo dei parchi e la fissazione dei principi relativi al funzionamento ad all’attività di tali strutture; la predisposizione degli strumenti di programmazione, indirizzo e coordinamento e delle forme di raccordo fra Stato e Regioni; la predisposizione di forme di controllo e vigilanza.
Era, altresì, di competenza statale la individuazione del territorio sul quale sarebbero stati «istituiti dalle Regioni parchi e riserve naturali di carattere interregionale e Parchi e riserve naturali di interesse nazionale»; nell’esercizio di tale competenza lo Stato avrebbe dovuto rispettare il canone della leale collaborazione, sì da garantire l’interesse inerente alle materie di competenza regionale coinvolte.
Aggiunge la difesa erariale che la disciplina dei meccanismi collaborativi è corollario della questione preliminare relativa al «dimensionamento degli interessi»; in questo modo viene introdotto il «concetto di interregionalità», il quale deve costituire il criterio di riferimento del riparto di competenze.
Tale concetto, originariamente inteso in senso meramente geografico, è stato successivamente interpretato in senso qualitativo, non potendosi escludere l’esistenza di aree, quale ne sia la dimensione territoriale, dotate di tale importanza naturale da coinvolgere l’interesse dell’intera collettività nazionale. In questo senso sarebbe significativa la legge n. 394 del 1991, la quale avrebbe richiamato, all’art. 2, sia il criterio della collocazione territoriale degli interessi che quello del loro rilievo.
5.2. – La costituita parte resistente prosegue, con riferimento alla giurisprudenza della Corte costituzionale, osservando che, in base ad essa, da lungo tempo l’esigenza di tutelare l’ambiente, quale bene primario, è stata fatta derivare dagli artt. 9 e 32 Cost., sicché si inferisce la infondatezza dell’assunto secondo il quale la competenza legislativa statale in tale materia deriverebbe esclusivamente dall’art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., come introdotto a seguito della revisione costituzionale del 2001. Fin dalle prime sentenze successive a tale riforma, la Corte ha comunque chiarito che la materia della tutela dell’ambiente non può essere considerata tale in senso tecnico, non configurando essa una sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, intrecciandosi, invece, con altri interessi e competenze; trattasi, pertanto, di un valore costituzionalmente protetto che delinea una sorta di materia trasversale rispetto ad ambiti di competenza regionale, tale da non eliminare la preesistente pluralità di competenze anche regionali, volte, queste ultime, a soddisfare le esigenze ulteriori rispetto a quelle unitarie di competenza statale.
5.3. – Con specifico riferimento alla Regione siciliana, la difesa statale, richiamando la giurisprudenza della Corte costituzionale, esclude che questa possa fondare su specifiche disposizioni dello statuto di autonomia la propria competenza in materia di ambiente e di conservazione del paesaggio.
Riguardo alla disposizione impugnata, la difesa erariale conferma che essa, in linea con la legge quadro n. 394 del 1991, non ha imposto alcuna decisione statale alla Regione, posto che ogni decisione inerente le sue concrete modalità attuative è rimessa ad una intesa tra Stato e Regione siciliana, sentiti gli enti locali interessati. In tal modo viene assicurato il rispetto del principio di leale collaborazione, essendo la forma dell’intesa espressiva di una collaborazione ragionevolmente adeguata rispetto ad ipotesi di competenze statali interferenti con competenze di altri enti dotati di autonomia speciale.
Quanto, infine, alle censure relative alla violazione degli artt. 3, 97 e 118 Cost., ritiene la Avvocatura dello Stato che la previsione della intesa fra Stato e Regione valga anche a risolvere le «prospettate problematiche» concernenti la ubicazione dei parchi in zone già sottoposte a disciplina protezionistica.
6. – Nell’imminenza della udienza pubblica, la Regione siciliana ha depositato una breve memoria illustrativa, nella quale ha precisato di non rivendicare una generalizzata competenza riguardo alla tutela dell’ambiente, avendo solo rilevato che i vari aspetti e valori che sono coinvolti, ai fini della loro tutela, dalla istituzione di un parco naturale, sono compresi nelle materie statutariamente assegnate alla propria competenza legislativa.
Ciò, in particolare, ove si consideri che fra queste si trova la «tutela del paesaggio», che «qualifica particolarmente la materia dei parchi sotto il profilo della tutela ambientale nel suo aspetto visivo».
Aggiunge la ricorrente che la legge quadro in materia di parchi (legge n. 394 del 1991) prevede, già in seno al procedimento volto alla individuazione delle aree di interesse nazionale, una forte intesa con le Regioni a statuto differenziato, sede nella quale dovrebbe emergere l’interesse unitario tale da legittimare la competenza statale.
Da quanto sopra, secondo la ricorrente Regione, risulterebbe rafforzata, con riferimento alla fattispecie e fermi comunque restando anche gli altri profili di illegittimità costituzionale dedotti nel ricorso, la ipotesi di contrasto col principio di leale collaborazione.
Considerato in diritto
1. – La Regione siciliana ha sollevato, con riferimento agli artt. 14, lettere a), b), f), h), i) ed n), e 17, lettera b), dello statuto di autonomia e alle correlate norme di attuazione e con riferimento agli artt. 3, 97 e 118 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 4-septies, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), introdotto dalla legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222, nella parte in cui, come la Regione riferisce, prevede, tramite successivo decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi, su proposta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Regione e sentiti gli enti locali interessati, l’istituzione di quattro parchi nazionali ricadenti in territorio siciliano: rispettivamente il Parco delle Egadi e del litorale trapanese, il Parco delle Eolie, il Parco dell’isola di Pantelleria e il Parco degli Iblei.
1.1. – Secondo la Regione ricorrente detta previsione violerebbe i principi in materia di riparto di competenza legislativa tra Stato e Regione, in quanto, essendo la disciplina relativa alla istituzione dei parchi naturali sussumibile all’interno delle materie relativamente alle quali essa, secondo i termini dell’art. 14, lettere a), b), f), h), i) ed n), dello statuto di autonomia, gode di autonomia legislativa esclusiva o, comunque, secondo i termini del successivo art. 17, lettera b), dello stesso statuto, di autonomia legislativa concorrente, non rientrava nella potestà legislativa statale la adozione della disciplina censurata.
1.2. – Ad avviso della ricorrente, la normativa censurata sarebbe anche in contrasto con parametri direttamente rinvenibili nella Carta costituzionale; in particolare: con l’art. 3 Cost. poiché, in maniera irragionevole ed arbitraria, prevede la istituzione di parchi nazionali che, per estensione e valenza territoriale, sono di portata inferiore ai già esistenti parchi regionali siciliani; con l’art. 97 Cost. poiché prevede la costituzione di parchi naturali in ambiti territoriali già oggetto di tutela a livello regionale, così violando, stante la sovrapposizione di competenze amministrative, il principio di buon andamento della amministrazione; con l’art. 118 della Costituzione, poiché, attraverso la costituzione dei parchi tramite organi statali, determina l’esercizio di funzioni amministrative a livello statale in assenza di un’esigenza di carattere unitario che lo giustifichi; col principio di leale collaborazione espresso dall’art. 120 Cost., in quanto prevede che la fase di intesa fra Stato e Regione intervenga solo in occasione della effettiva successiva istituzione dei singoli parchi e non anche, come invece previsto dall’interposto parametro costituito dall’art. 8, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), allorché debba essere operata la preliminare individuazione di massima del territorio ove essi insisteranno.
2. – Le articolate censure in parte sono inammissibili, in parte non sono fondate.
2.1. – Inammissibile è la censura di incostituzionalità svolta della Regione siciliana con riferimento alla pretesa violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, non sono ammissibili le censure prospettate dalle Regioni rispetto a parametri di costituzionalità diversi dalle norme che operano il riparto di competenze con lo Stato, qualora queste non si risolvano nella deduzione di lesioni delle competenze regionali stabilite dalla Costituzione o, là dove, come nel caso in questione, si tratti di Regioni ad autonomia speciale, dallo statuto di autonomia (fra la più recenti, sentenze n. 326, n. 216, n. 190, n. 142 e n. 133 del 2008).
La Regione siciliana si limita a dedurre la irragionevolezza della legge dello Stato, la quale avrebbe istituito dei parchi nazionali aventi caratteristiche tali da poter essere considerati di «portata minore» rispetto a preesistenti parchi o ad aree protette regionali, ed il suo contrasto col principio di buon andamento della amministrazione, date le inefficienze che deriverebbero – a causa dell’ambito territoriale di riferimento, che in parte coinciderebbe con quello di altre aree protette regionali – dalla sovrapposizione tra enti di gestione nazionali e regionali. Poiché le censure non implicano violazioni di competenze legislative regionali – dato che la disposizione impugnata non contiene norme che si indirizzino ai parchi o alle aree protette regionali – i prospettati profili di incostituzionalità non sono ammissibili.
2.2. – Le restanti censure non sono fondate.
2.3. – In particolare, con riguardo a quella avente ad oggetto la affermata violazione degli ambiti materiali di competenza legislativa, principalmente esclusiva e in parte concorrente, propri della Regione siciliana, si rileva che essa si fonda su una errata rappresentazione del riparto di competenze fra Stato e Regione nella materia dell’ambiente e dell’ecosistema, pacificamente riconosciuta come materia di riferimento in tema di istituzione di parchi (sentenze n. 387 del 2008 e n. 422 del 2002).
Ancora di recente questa Corte ha riscontrato la fallacia della tesi, ora riproposta dalla ricorrente Regione, secondo la quale la materia dell’ambiente sarebbe compresa in alcune di quelle rinvenibili nello statuto regionale. Nella sentenza n. 380 del 2007 si afferma, infatti, «che non trova fondamento la tesi della ricorrente circa una competenza legislativa in materia di ambiente che deriverebbe da specifiche disposizioni dello statuto di autonomia». Quanto allora precisato con specifico riferimento alle lettere f), i) e n) dell’art. 14 ed alla lettera b) dell’art. 17 vale, ora, con riferimento alle lettere a), b), f), h), i) ed n) dell’art. 14 (relative, rispettivamente, alle materie a legislazione esclusiva dell’agricoltura e foreste, della bonifica, dell’urbanistica, delle miniere, cave, torbiere e saline, delle acque pubbliche, della tutela del paesaggio) e alla lettera b) dell’art. 17 (relativa alla materia di legislazione concorrente dell’igiene e sanità).
Si può, pertanto, sottolineare che non trova fondamento quanto affermato dalla ricorrente circa la competenza legislativa in materia di ambiente che le deriverebbe da specifiche disposizioni dello statuto di autonomia, che, pur aventi ad oggetto importanti settori afferenti all’ambiente, certamente non lo esauriscono.
Dato, quindi, che nello statuto speciale non si rinvengono disposizioni che prevedono, in materia, considerata nel suo complesso, di ambiente ed ecosistema, una disciplina derogatoria rispetto a quella stabilita, in via generale, dal secondo comma, lettera s), dell’art. 117 Cost., e che neppure più ampie forme di autonomia possono derivare dall’applicazione dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione) (sentenza n. 380 del 2007), occorre fare riferimento alla normativa di carattere generale per valutare la fondatezza della prospettata censura.
Giova sottolineare che questa Corte, nel delineare i confini della materia «tutela dell’ambiente», ha più volte affermato che la relativa competenza legislativa – pur potendo avere effetti ulteriori su altri interessi relativi a materie di competenza regionale concorrente – tuttavia, rientra nella competenza esclusiva dello Stato.
In particolare, si è precisato che «la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale “primario” (sentenza n. 151 del 1986) ed “assoluto” (sentenza n. 641 del 1987), e deve garantire (come prescrive il diritto comunitario) un elevato livello di tutela, come tale inderogabile dalle altre discipline di settore. Si deve sottolineare, tuttavia, che, accanto al bene giuridico ambiente in senso unitario, possono coesistere altri beni giuridici aventi ad oggetto componenti o aspetti del bene ambiente, ma concernenti interessi diversi, giuridicamente tutelati. Si parla, in proposito, dell’ambiente come “materia trasversale”, nel senso che sullo stesso oggetto insistono interessi diversi: quello alla conservazione dell’ambiente e quelli inerenti alle sue utilizzazioni» (vedi, ancora, la sentenza n. 378 del 2007). In tali circostanze, «la disciplina unitaria di tutela del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome, in materia di competenza propria, che riguardano l’utilizzazione dell’ambiente, e, quindi, altri interessi. Ciò comporta che la disciplina statale relativa alla tutela dell’ambiente “viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza”, salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevate nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella dell’ambiente» (sentenza n. 104 del 2008).
E’ evidente che quando ci si riferisce all’ambiente, così come attribuito alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dalla lettera s) del secondo comma dell’art. 117 Cost., le considerazioni attinenti a tale materia si intendono riferite anche a quella, ad essa strettamente correlata, dell’“ecosistema”. Peraltro, anche se i due termini esprimono valori molto vicini, la loro duplice utilizzazione, nella citata disposizione costituzionale, non si risolve in un’endiadi, in quanto col primo termine si vuole, soprattutto, fare riferimento a ciò che riguarda l’habitat degli esseri umani, mentre con il secondo a ciò che riguarda la conservazione della natura come valore in sé.
Le finalità dell’istituzione delle aree protette, quali configurate dalla lettera a) del comma 3 dell’art. 1 della relativa legge quadro (e cioè la «conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici»), fanno ritenere che per i parchi naturali nazionali, per i quali «l’intervento dello Stato» è richiesto, ai sensi del comma 1 dell’art. 2, «ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future», debba considerarsi prevalente la specifica competenza legislativa esclusiva statale relativa all’ecosistema.
In ogni caso, rientrando l’istituzione di parchi nazionali nell’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di ambiente ed ecosistema, non è fondata la censura della ricorrente, che lamenta una violazione di sue competenze normative in materia.
2.4. – In considerazione di quanto innanzi affermato, nessun significato ha la circostanza che la Regione abbia, con propria legge (e cioè con la legge regionale 6 maggio 1981, n. 98, recante «Norme per l’istituzione nella Regione siciliana di parchi e riserve naturali»), disciplinato l’istituzione di parchi naturali: si tratta all’evidenza della normativa emanata – peraltro così come successivamente fatto, in applicazione della legge-quadro n. 394 del 1991, da diverse altre Regioni – al fine di regolare la istituzione dei parchi naturali di rilevanza regionale.
3. – Alla infondatezza della censura avente ad oggetto la violazione da parte della legislazione dello Stato dell’ambito di competenza della Regione ricorrente, consegue, al di là di una certa genericità di formulazione, l’infondatezza anche della censura articolata sulla base della dedotta violazione dell’art. 118 Cost. per avere lo Stato attratto a sé funzioni amministrative in assenza di esigenze che potessero giustificare il loro esercizio unitario.
Infatti, la competenza esclusiva dello Stato in tema di istituzione di parchi naturali di rilevanza nazionale esclude il presupposto stesso della censura in questione. Tra l’altro, nella Regione siciliana permane, in virtù dello statuto di autonomia, il principio del parallelismo tra funzioni amministrative e funzioni legislative.
4. – Riguardo, infine, alla asserita violazione del principio di leale collaborazione, a causa della mancata attivazione di forme di concertazione con la Regione già nella fase – precedente alla concreta delimitazione degli ambiti spaziali di pertinenza dei singoli istituendi parchi naturali – di individuazione di massima dei relativi territori, è innanzitutto da osservare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «l’esercizio dell’attività legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione» (sentenze n. 371 e n. 222 del 2008 e n. 401 del 2007), tanto più ove lo Stato abbia competenze esclusive. Si aggiunga che questa Corte ha già precisato che «la competenza in ordine alla decisione iniziale per l’attivazione delle procedure in vista della istituzione di Parchi nazionali appartiene allo Stato, in quanto cura di un interesse non frazionabile» (sentenza n. 422 del 2002). Infine, coerentemente con quanto previsto dall’art. 8, comma 3, della legge n. 394 del 1991 – e anche in adesione ai principi ricavabili dalla giurisprudenza di questa Corte relativamente alla fase di attuazione di discipline normative riguardanti materie che possano coinvolgere interessi affidati alle cure sia dello Stato che delle Regioni (sentenze n. 50 del 2008 e n. 133 del 2006) – il legislatore nazionale ha previsto che i decreti presidenziali coi quali si procederà alla concreta istituzione dei ricordati parchi nazionali siano adottati d’intesa con la Regione e sentiti gli enti locali interessati. In tal modo viene prevista, con lo strumento più pregnante per ciò che riguarda il coinvolgimento della Regione, una adeguata forma di collaborazione con i soggetti sul cui territorio gli interventi sono destinati a realizzarsi (sentenza n. 62 del 2005).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 4-septies, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), introdotto dalla legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222, sollevata, con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione siciliana con il ricorso in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 26, comma 4-septies, del decreto-legge n. 159 del 2007, introdotto dalla legge di conversione n. 222 del 2007, sollevata, con riferimento agli artt. 14, lettere a), b), f), h), i) ed n), e 17, lettera b), dello statuto di autonomia e alle correlate norme di attuazione e con riferimento all’art. 118 della Costituzione nonché al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana col medesimo ricorso.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2009.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2009.