REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 4, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 (Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 aprile 2007, n. 40 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 31 gennaio 2007, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese), promosso con ricorso della Regione Veneto, notificato il 29 maggio 2007, depositato in cancelleria il 6 giugno 2007 ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 2007.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 maggio 2008 il Giudice relatore Luigi Mazzella;
uditi l’avvocato Luigi Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso del 29 maggio 2007, la Regione Veneto ha promosso varie questioni di legittimità costituzionale di più disposizioni del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 (Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 aprile 2007, n. 40, in quanto lesive dell’autonomia legislativa regionale o, comunque, del principio di leale collaborazione.
Per quanto qui interessa, la Regione ricorrente impugna l’art. 10, comma 4, del d.l. n. 7 del 2007, nel testo modificato dalla legge di conversione n. 40 del 2007, che detta disposizioni relative all’esercizio delle attività di guida turistica e di accompagnatore turistico
Tale disposizione – a giudizio della ricorrente – víola l’autonomia legislativa regionale in materia di turismo, nel cui àmbito ricade la disciplina delle professioni turistiche, riservata – ai sensi del quarto comma dell’art. 117 della Costituzione - alla competenza legislativa residuale della Regione. Del resto, la Regione Veneto, disciplinando con la legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo ), in maniera organica l'intero settore, ivi comprese le professioni turistiche, ha individuato le relative figure professionali, ne ha disciplinato l’esercizio e ne ha definito le competenze, prevedendo, per l’esercizio delle stesse, il superamento di un esame di abilitazione, l’iscrizione ad un elenco provinciale e il rilascio di una licenza da parte dei Comuni.
Secondo la ricorrente, la norma impugnata si pone in antitesi rispetto alla citata legge regionale n. 33 del 2002, mentre non vale invocare il principio comunitario di libera concorrenza, richiamato dal comma 1 dello stesso art. 10 al fine di affermare la competenza statale: il comma 4 dell'art. 10, nella sua interezza, appare inadeguato rispetto allo scopo di aprire le professioni turistiche al libero mercato. In particolare, del tutto irrazionale è la scelta del legislatore statale di consentire ai soli titolari di laurea in lettere con indirizzo in storia dell'arte o in archeologia o titolo equipollente l’esercizio dell'attività di guida turistica senza alcuna previa selezione, e, in maniera analoga, ai soli titolari di laurea o diploma universitario in materia turistica o titolo equipollente l'esercizio dell'attività di accompagnatore turistico senza ulteriore esame.
Né, sotto altro profilo, il titolo di legittimazione dell'intervento statale nella materia de qua può rinvenirsi ipotizzando che le professioni turistiche siano «attratte» nella materia di competenza concorrente delle «professioni» (articolo 117, terzo comma, Cost.) a discapito della materia di competenza regionale esclusiva del «turismo», della quale le professioni turistiche sono parte integrante (viene richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 459 del 2005).
Inoltre, la disposizione impugnata appare alla ricorrente non rispettosa della competenza (residuale esclusiva, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.) regionale in materia di formazione professionale, nella parte in cui impone alle Regioni di promuovere sistemi di accreditamento per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località e settori: le modalità organizzative e la disciplina del concreto svolgimento dell'attività formativa esterna sul territorio regionale rientrano tra le prerogative proprie delle Regioni (viene citata la sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 2005), alle quali spetta di introdurre o meno particolari sistemi di accreditamento che abbiano come scopo quello di elevare la qualità dell’offerta del servizio di guida turistica.
In ogni caso, secondo la ricorrente, l’intervento del legislatore statale risulta comunque lesivo del principio di leale collaborazione.
2. Nell’invocare la reiezione del ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, osserva che, fermi restando i profili di tutela della concorrenza, la norma impugnata regola aspetti dell’esercizio di un’attività professionale, rispetto ai quali l’incidenza nel campo turistico è del tutto ininfluente ai fini della ripartizione delle competenze prevista dall’art. 117 Cost., dovendosi piuttosto ricondurre la disciplina in esame alla materia delle «professioni» prevista dall’art. 117, terzo comma, Cost.
Al riguardo – rileva l’Avvocatura generale – l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni unicamente la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale (vengono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 40 e n. 153 del 2006; n. 319, n. 355 e n. 424 del 2004; n. 353 del 2003).
Infondata – ad avviso della difesa erariale – è altresì la censura relativa alla pretesa violazione del principio di leale collaborazione, il quale non impone affatto lo strumento dell’intesa per la fissazione dei princípi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente, e tanto meno allorché il legislatore statale legifera in materie rientranti nella propria competenza esclusiva.
In prossimità dell’udienza, la Regione Veneto ha depositato una memoria illustrativa con la quale ha ribadito le proprie tesi difensive.
Considerato in diritto
1.– La Regione Veneto ha impugnato, tra gli altri, l’art. 10, comma 4, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 (Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese), nel testo modificato dalla relativa legge di conversione 2 aprile 2007, n. 40, nella parte in cui introduce disposizioni volte a liberalizzare l’esercizio dell’attività di guida turistica ed a semplificare alcuni adempimenti connessi.
2.- Riservata ad altra pronuncia la decisione sull’impugnazione – effettuata con il medesimo ricorso – di altre disposizioni della stessa legge n. 40 del 2007, si osserva che nel decreto-legge n. 7 del 2007, l’art. 10, comma 4, era così formulato:
«Le attività di guida turistica e accompagnatore turistico, come disciplinate dalle legge 29 marzo 2001, n. 135, e successive modificazioni, non possono essere subordinate all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di parametri numerici e a requisiti di residenza, fermo restando il possesso dei requisiti di qualificazione professionale secondo la normativa di cui alla citata legge n. 135 del 2001. Ai soggetti titolari di laurea in lettere con indirizzo in storia dell'arte o in archeologia o altro titolo equipollente, l'esercizio dell'attività di guida turistica o accompagnatore turistico non può essere negato, né subordinato allo svolgimento dell'esame abilitante di cui alla citata legge n. 135 del 2001 o di altre prove selettive, restando consentita la verifica delle conoscenze linguistiche soltanto quando le stesse non siano state oggetto del corso di studi.».
Il nuovo testo dell’art. 10, comma 4, risultante dalle modificazioni apportate in sede di conversione, recita:
«Le attività di guida turistica e accompagnatore turistico, come disciplinate dalle legge 29 marzo 2001, n. 135, e successive modificazioni, non possono essere subordinate all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di parametri numerici e a requisiti di residenza, fermo restando il possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dalle normative regionali. Ai soggetti titolari di laurea in lettere con indirizzo in storia dell'arte o in archeologia o altro titolo equipollente, l'esercizio dell'attività di guida turistica non può essere negato, né subordinato allo svolgimento dell'esame abilitante o di altre prove selettive, salva le previa verifica delle conoscenze linguistiche e del territorio di riferimento. Al fine di migliorare la qualità dell'offerta del servizio in relazione a specifici territori o contesti tematici, le regioni promuovono sistemi di accreditamento, non vincolanti, per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località e settori. Ai soggetti titolari di laurea o diploma universitario in materia turistica o titolo equipollente non può essere negato l'esercizio di accompagnatore turistico, fatta salva la previa verifica delle conoscenze specifiche quando non siano state oggetto del corso di studi. I soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico del Paese comunitario di appartenenza operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione, né abilitazione, sia essa generale o specifica».
3. - Dal confronto dei due testi risulta eliminato, nella legge di conversione, il riferimento alla normativa di cui alla legge n. 135 del 2001 quanto al «possesso dei requisiti di qualificazione professionale», e previsto un rinvio alle norme regionali che – nel rispetto dei princípi fondamentali della legislazione nazionale – disciplinano in materia di requisiti di professionalità, quelli necessari per lo svolgimento delle attività di guida e di accompagnatore turistici.
Dal testo definitivo del comma 1 dello stesso art. 10, si ricava anche che le finalità dell’intervento normativo sono quelle di «garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, in conformità al principio comunitario della concorrenza e alle regole sancite dagli artt. 81, 82, e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea».
Come fonte regolatrice primaria dell’attività professionale delle guide turistiche e degli accompagnatori turistici, l’articolo sopprime ogni autorizzazione regionale preventiva, i parametri numerici ed i requisiti di residenza considerandoli ostacoli al libero svolgimento delle indicate attività, facendo salve solo le condizioni di qualificazione professionale previste dalla legislazione regionale.
La legge riconosce ancora ai titolari di laurea in lettere con indirizzo in storia dell’arte o in archeologia, o titolo equipollente, la facoltà di esercitare liberamente l’attività di guida turistica, sopprimendo ogni esame abilitante (fatta salva la previa verifica delle conoscenze linguistiche e del territorio di riferimento), nonché ai titolari di laurea o di diploma universitario in materia turistica, o titolo equipollente, la facoltà di esercitare liberamente l’attività di accompagnatore turistico, salva la verifica delle conoscenze specifiche, quando non sono oggetto del relativo corso di studi.
La legge prevede infine che le Regioni, al fine di migliorare la qualità dell’offerta del servizio in relazione a specifici territori o contesti tematici, promuovano sistemi di accreditamento, non vincolanti, per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località o settori, e che i soggetti abilitati allo svolgimento dell’attività di guida turistica nell’àmbito dell’ordinamento giuridico del paese comunitario di appartenenza, operino in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione, né abilitazione generale o specifica.
4. - La ricorrente censura la norma impugnata rivendicando, nella materia, una sua competenza legislativa residuale, capace di sostituirsi completamente a quella statale. Tale competenza sarebbe stata esercitata dalla Regione Veneto con la propria legge 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), prevedendo il superamento di un esame di abilitazione, l’iscrizione in un elenco provinciale e il rilascio di una licenza da parte dei Comuni.
A giudizio della Regione, il principio comunitario di libera concorrenza, richiamato dall’art. 10, comma 1, al fine di affermare la competenza statale, sarebbe stato erroneamente invocato.
La Regione Veneto ritiene inoltre irrazionale la norma impugnata, nella parte in cui consente ai soli titolari di laurea in lettere con indirizzo in storia dell’arte o in archeologia o titolo equipollente l’esercizio dell’attività di guida turistica, senza alcuna previa selezione, e, in maniera analoga, ai soli titolari di laurea o diploma universitario in materia turistica o titolo equipollente l’esercizio dell’attività di accompagnatore turistico senza ulteriore esame. Altrettanto irragionevole - a suo giudizio – sarebbe la norma impugnata, nella parte in cui reintroduce di fatto la necessità di una prova abilitante, richiedendo per le guide turistiche «la previa verifica delle conoscenze linguistiche e del territorio di riferimento» e, per gli accompagnatori turistici, «la previa verifica delle conoscenze specifiche quando non siano state oggetto del corso di studi».
La norma impugnata sarebbe infine – secondo la Regione ricorrente – lesiva della competenza regionale residuale prevista dall’art. 117, quarto comma, Cost. in materia di formazione professionale, nella parte in cui impone alle Regioni di promuovere sistemi di accreditamento per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località e settori.
5. – Il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che, fermi restando i profili di tutela della concorrenza, la norma impugnata regola aspetti dell’esercizio di un’attività professionale, rispetto ai quali l’incidenza nel campo turistico è del tutto ininfluente ai fini della ripartizione delle competenze prevista dall’art. 117 Cost., dovendosi piuttosto ricondurre la disciplina in esame – per il suo carattere necessariamente unitario - alla materia delle «professioni» prevista dall’art. 117, terzo comma, Cost., mentre resta affidata alla competenza regionale la disciplina degli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale (vengono richiamate le sentenze di questa Corte n. 40 e n. 153 del 2006; n. 319, n. 355 e n. 424 del 2004; n. 353 del 2003).
Quanto alla pretesa violazione del principio di leale collaborazione, osserva la difesa erariale che esso non impone affatto lo strumento dell’intesa per la fissazione dei princípi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente quando il legislatore statale legifera in materie rientranti nella propria competenza esclusiva.
6. – La questione non è fondata.
7. – Questa Corte ritiene che, quale che sia il settore in cui una determinata professione si esplichi, la determinazione dei principi fondamentali della relativa disciplina spetti sempre allo Stato, nell’esercizio della propria competenza concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
L’attribuzione della materia delle «professioni» alla competenza concorrente dello Stato, prevista dalla citata disposizione costituzionale, prescinde, cioè, dal settore nel quale l’attività professionale si esplica e corrisponde all’esigenza di una disciplina uniforme sul piano nazionale che sia coerente anche con i princípi dell’ordinamento comunitario.
Nel caso in esame, la norma censurata regola aspetti che sono propri dell’esercizio di una specifica attività professionale, la cui incidenza nel campo turistico risulta ininfluente ai fini del riparto di competenze delineato dall’art. 117 Cost.
Si deve osservare che le rilevanti modifiche apportate all’art. 10, comma 4, dalla legge di conversione n. 40 del 2007 sono state anche la conseguenza di alcune procedure di infrazione promosse dalla Commissione CE nei confronti dello Stato italiano, la cui normativa impediva alle guide comunitarie di esercitare liberamente la loro professione sul territorio nazionale (si veda in particolare, la sentenza della Corte di giustizia 26 febbraio 1991, nella causa C-180/89).
Su un piano più generale, deve dirsi ancora che la norma impugnata è coerente con i princípi enunciati dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131) che delineano i ruoli rispettivi dello Stato e delle Regioni riguardo alla disciplina di una attività professionale. Tali princípi affermano che la potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa statale (art. 1, comma 3); che l’esercizio della professione è espressione della libertà di iniziativa economica costituzionalmente tutelata in tutte le sue forme e applicazioni, purché non contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume e che le Regioni non possono adottare provvedimenti che ostacolino l’esercizio della professione (art. 2, comma 1), perché tale esercizio deve svolgersi nel rispetto della disciplina statale di tutela della concorrenza (art. 3, comma 1).
8. - Infondata è anche la censura della norma impugnata, nella parte in cui - prevedendo la promozione da parte delle Regioni di sistemi di accreditamento per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località e settori - non sarebbe rispettosa della competenza regionale in materia di formazione professionale.
E’ sufficiente, in proposito, osservare che la previsione non è vincolante e che essa si riferisce solo all’eventualità della formazione di guide “specializzate” che resta, comunque, affidata all’iniziativa delle Regioni.
9. - Infondata è anche la censura della Regione ricorrente relativa alla pretesa violazione del principio di leale collaborazione. Tale principio non opera, infatti, nelle fattispecie in cui, come nella presente, la norma nazionale detta princípi fondamentali in una materia di legislazione concorrente (sentenze n. 159 del 2008 e n. 401 del 2007)
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separata pronuncia la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso n. 27 del registro ricorsi 2007 dalla Regione Veneto;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 10, comma 4, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 (Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 aprile 2007, n. 40, sollevata, in riferimento agli articoli 117 e 118 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, dalla Regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2008.