Sentenza n. 133 del 2008

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SENTENZA N. 133

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                           BILE                             Presidente

- Giovanni Maria             FLICK                          Giudice

- Francesco                      AMIRANTE                                 "

- Ugo                               DE SIERVO                                 "

- Paolo                             MADDALENA           "

- Alfio                              FINOCCHIARO         "

- Alfonso                         QUARANTA               "

- Franco                           GALLO                        "

- Luigi                              MAZZELLA                                 "

- Gaetano                         SILVESTRI                  "

- Sabino                           CASSESE                    "

- Maria Rita                     SAULLE                      "

- Giuseppe                       TESAURO                   "

- Paolo Maria                   NAPOLITANO           "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 892, 893, 894 e 895, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), promosso con ricorso della Regione Lombardia, notificato il 26 febbraio 2007, depositato in cancelleria il 7 marzo 2007 e iscritto al n. 14 del registro ricorsi 2007.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 1° aprile 2008 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

1.– La Regione Lombardia – con ricorso notificato il 26 febbraio 2007, depositato in cancelleria il successivo 7 marzo – ha sollevato questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), tra le quali i commi 892, 893, 894 e 895 dell’art. 1, nella parte in cui, come è affermato nell’atto, «prevedono misure per la realizzazione di progetti per la “Società dell’informazione” (comma 892), istituiscono un Fondo per il sostegno agli investimenti per l’innovazione negli enti locali (comma 893), ne stabiliscono criteri di distribuzione (comma 894) e priorità dei progetti da finanziare (comma 895)», per contrasto con gli artt. 117, 118, 119 della Costituzione, nonché in riferimento ai «principi di leale collaborazione (art. 120 Cost.), buon andamento (art. 97 Cost.) e ragionevolezza (art. 3 Cost.)».

La ricorrente ha prospettato specifiche censure in ordine a ciascuno dei commi impugnati.

2.– Riguardo al comma 892 – il quale viene ad autorizzare una spesa annuale di 10 milioni di euro, per il triennio 2007–2009, disponendo altresì che il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto, per gli interventi relativi alle Regioni e agli enti locali, con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, entro quattro mesi dall’entrata in vigore della citata legge, con decreto di natura non regolamentare, venga ad individuare «le azioni da realizzare sul territorio nazionale, le aree destinatarie della sperimentazione e le modalità operative e di gestione di tali progetti» – la Regione sottolinea che lo stesso si riferisce alle «Linee guida del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione nella legislatura», emanate dal Consiglio dei ministri in data 31 maggio 2002, nonché a quei progetti di «grande contenuto innovativo, di rilevanza strategica, di preminente interesse nazionale», cui fa riferimento il comma 1 dell’art. 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione).

La ricorrente afferma che l’attribuzione al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali di un potere concertativo nell’emanazione del decreto di cui al comma 892 e l’estensione a tutto il territorio nazionale dell’ambito di sperimentazione, con la specifica indicazione delle modalità operative e di gestione di questi progetti, violi le competenze regionali poiché tra i destinatari della previsione della disposizione rientrano le Regioni e gli enti locali. Ciò sarebbe ulteriormente confermato dall’aver affidato ad un decreto di natura non regolamentare (emanato dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro degli Affari regionali e delle autonomie locali) la determinazione delle aree destinatarie della sperimentazione e le modalità operative di gestione di tali progetti, al fine, da parte dello Stato, di evitare l’applicazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., «che limita la competenza regolamentare dello Stato alle sole materie di competenza esclusiva».

Quanto, poi, al comma 893, che istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il «Fondo per il sostegno agli investimenti per l’innovazione negli enti locali», di 15 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2007, 2008, 2009, la Regione ricorrente afferma che il Fondo di cui trattasi, avendo come obiettivo quello di finanziare progetti che investono l’organizzazione amministrativa degli enti locali, relativi agli interventi di «digitalizzazione dell’attività amministrativa, in particolare per quanto riguarda i procedimenti di diretto interesse dei cittadini e delle imprese», abbia travalicato l’ambito delle materie di competenza esclusiva dello Stato debordando in quello della competenza residuale regionale.

Riguardo alle disposizioni censurate, la Regione ricorrente lamenta, altresì, che le violazioni sono aggravate dalla assenza della «benché minima forma di collaborazione con i soggetti destinatari degli interventi». Troppo «debole», infatti, appare il coinvolgimento delle Regioni, consistente nella semplice consultazione non vincolante con la Conferenza unificata, prevista dal successivo comma 894, nel momento della definizione dei criteri di distribuzione ed erogazione del Fondo, da effettuarsi per mezzo del decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

La ricorrente, richiamando la sentenza n. 31 del 2005 – che pur avendo attribuito alla competenza esclusiva dello Stato, e cioè all’ambito dell’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., la materia oggetto della disposizione impugnata, afferma, tuttavia, che, quando l’esercizio della potestà legislativa statuale presenti «un contenuto precettivo idoneo a determinare una forte incidenza sull’esercizio concreto delle funzioni» in materia di organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti locali, «la previsione del mero parere della Conferenza unificata non costituisce [...] una misura adeguata a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione» – ritiene che, anche nel caso in oggetto, occorra «un più incisivo coinvolgimento» realizzabile solo «mediante lo strumento dell’intesa».

Infine, la ricorrente denuncia l’illegittimità costituzionale anche del comma 895, nella parte in cui stabilisce «norme tecniche e di dettaglio sulle caratteristiche da privilegiare nella valutazione dei progetti da finanziare […] idonee ad avere sicure ripercussioni sulle modalità di organizzazione delle amministrazioni che le adotteranno […] senza prevedere nessun tipo d’intesa (neanche la semplice consultazione con la Conferenza unificata)».

In prossimità dell’udienza pubblica, la difesa della Regione ha depositato una memoria illustrativa con cui, richiamando ulteriori pronunce della Corte, ribadisce le argomentazioni già svolte nell’atto di intervento.

La ricorrente, relativamente alle disposizioni censurate, sottolinea, inoltre, come il decreto ministeriale di attuazione delle stesse, emanato in data 18 giugno 2007 dai Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, abbia accentuato l’eccessiva incisività delle disposizioni impugnate «su aspetti direttamente riconducibili alla materia dell’organizzazione amministrativa degli enti locali».

4.– Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia rigettato.

In particolare, l’Avvocatura dello Stato osserva come sia pacifico che la materia sia di competenza statuale e deduce che la doglianza investe il mancato coinvolgimento della Regione, se non in modo estremamente «debole» e parziale, nella elaborazione della normativa di dettaglio.

Riguardo a tale doglianza, l’Avvocatura sottolinea come gli interventi di cui trattasi debbano, per la loro stessa natura, essere regolati con uniforme trattamento su tutto il territorio nazionale, secondo un indirizzo che è costante nella stessa giurisprudenza costituzionale. Peraltro, conclude la difesa pubblica, «la tutela delle legittime aspettative e competenze regionali è assicurata, in pieno spirito di leale collaborazione, attraverso il concerto con le autonomie locali previsto dal comma 892 e la consultazione con la Conferenza unificata, richiamata al comma 894».

5.– All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nella difesa scritta.

Considerato in diritto

1.– Con ricorso notificato il 23 febbraio 2007 e depositato il successivo 7 marzo, la Regione Lombardia ha impugnato, unitamente ad altre disposizioni della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), i commi 892, 893, 894 e 895 dell’art. 1 della medesima.

2.– Le disposizioni censurate sono qui trattate congiuntamente tra loro, ma separatamente rispetto alle altre questioni promosse con il suddetto ricorso, in quanto aventi ad oggetto una materia omogenea. I commi denunciati, infatti, prevedono interventi di sostegno economico per la realizzazione di progetti finalizzati alla “società dell’informazione” nonché all’individuazione delle relative priorità (commi 892 e 895), e istituiscono un Fondo per il finanziamento di progetti degli enti locali per la «digitalizzazione dell’attività amministrativa», stabilendo i criteri di erogazione di tale Fondo, sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni, città e autonomie locali e acquisito il parere della Commissione permanente per l’innovazione tecnologica nelle Regioni e negli enti locali (commi 893 e 894).

3.– La ricorrente censura le disposizioni in questione in riferimento agli artt. 117, 118, 119 della Costituzione, nonché ai «principi di leale collaborazione (art. 120 Cost.), buon andamento (art. 97 Cost.) e ragionevolezza (art. 3 Cost.)».

4.– La Regione sostiene che il comma 892, pur riferendosi alle «Linee guida del Governo per lo sviluppo della società dell’informazione», emanate dal Consiglio dei ministri in data 31 marzo 2002, ed ai progetti di «grande contenuto innovativo, di rilevanza strategica e di preminente interesse nazionale» (di cui al comma 1, dell’art. 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 «Disposizioni ordinamentali in materia di Pubblica Amministrazione»), violi le competenze regionali poiché tra i destinatari della disposizione rientrerebbero le Regioni e gli enti locali.

La ricorrente ritiene che tale comma violi la competenza delle Regioni anche là dove affida al Ministero per le riforme e le innovazioni tecnologiche nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, l’individuazione, con un decreto di natura non regolamentare, delle «aree destinatarie della sperimentazione», nonché «le modalità operative e di gestione di tali progetti», senza prevedere alcuna collaborazione ed alcun coinvolgimento dei soggetti interessati, quali, appunto, le Regioni e gli enti locali.

La Regione Lombardia sostiene, altresì, che in analoga violazione incorra il comma 895, in quanto detta una normativa di dettaglio ai fini della «valutazione dei progetti da finanziare con lo stanziamento di cui al comma 892», idonea ad avere sicure ed incisive ripercussioni «sulle modalità di organizzazione delle amministrazioni che le adotteranno», senza prevedere, anche a questo riguardo, «nessun tipo di intesa (neanche la semplice consultazione con la Conferenza unificata)».

5.– La difesa della Regione ritiene altresì che anche il comma 893, che istituisce il «Fondo per il sostegno agli investimenti per l’innovazione negli enti locali» leda le competenze regionali perché il Fondo stesso, finanziando i progetti per la «digitalizzazione dell’attività amministrativa» ed in particolare quelli di «diretto interesse dei cittadini e delle imprese», opera in un ambito «idoneo a determinare una forte incidenza sull’esercizio concreto delle funzioni» in materia di organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti locali.

Tale violazione, sempre per la Regione ricorrente, è tanto più evidente se si considera che il collegato e successivo comma 894 demanda ad un decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da adottarsi congiuntamente con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, e di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la definizione dei criteri di distribuzione ed allocazione del Fondo, di cui al comma 893, limitandosi, quanto al coinvolgimento dei soggetti destinatari della disciplina, a prevedere il «mero parere della Conferenza unificata».

Infatti, secondo la Regione Lombardia, il mero parere non costituirebbe «una misura adeguata a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione», rispetto che può ritenersi realizzato solo attraverso lo strumento dell’intesa, che assicura un più effettivo ed incisivo coinvolgimento.

6.– In primo luogo, le questioni prospettate della Regione Lombardia in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione devono essere dichiarate inammissibili.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, le Regioni possono far valere il contrasto con norme costituzionali diverse da quelle attributive di competenza solo ove esso si risolva in una lesione di sfere di competenza regionali (così, fra le tante, le sentenze n. 401 del 2007, n. 116 del 2006, n. 383 del 2005). Nel caso di specie, le censure dedotte, oltre ad essere generiche, non sono prospettate in maniera tale da far derivare dalla pretesa violazione dei richiamati parametri costituzionali una compressione dei poteri delle Regioni, con conseguente inammissibilità delle stesse.

7.– Le ulteriori questioni sollevate nei confronti dell'art. 1, commi 892 e 895, della legge n. 296 del 2006, con riferimento agli artt. 117, 118, 119 della Costituzione nonché con riferimento al principio di leale collaborazione (art. 120 Cost.), non sono fondate.

Occorre innanzitutto individuare la materia sulla quale dette norme vanno ad incidere.

Le disposizioni di cui trattasi si riferiscono, innanzitutto, all’amministrazione dello Stato e degli enti pubblici nazionali e, quindi, rinvengono la loro legittimazione nell’art. 117, secondo comma, lettere g) e r), della Costituzione, che assegnano alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, rispettivamente, le materie «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» e «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale».

7.1.– Le norme in questione sono suscettibili, tuttavia, di trovare applicazione anche nei confronti delle Regioni e degli enti locali, come risulta dalla previsione di cui al comma 892, che richiede, per l’emanazione del decreto di natura non regolamentare da parte del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali «per gli interventi relativi alle Regioni e agli Enti locali».

Peraltro, questa Corte ha, in proposito, già avuto modo di sottolineare che le disposizioni che attengono a questo genere di questioni devono essere interpretate nel senso che le stesse – nella parte riguardante le Regioni e gli enti territoriali – costituiscono espressione della potestà legislativa esclusiva statale nella materia del «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale», ex art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione (sentenza n. 31 del 2005).

7.2.– L’attribuzione a livello centrale della suddetta materia, del resto, corrisponde alla necessità di «assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione» (sentenze n. 31 del 2005 e n. 17 del 2004). Infatti, il comma 895 indica come priorità, per il finanziamento dei progetti, l’utilizzo o lo sviluppo di «applicazioni software a codice aperto» e prevede, ai fini della comunicabilità, che i «codici sorgente, gli eseguibili e la documentazione dei software sviluppati» vengano mantenuti «in un ambiente di sviluppo cooperativo, situato in un web individuato dal Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione al fine di poter essere visibili e riutilizzabili».

7.3.– Nella citata sentenza n. 17 del 2004 si rilevava che il potere di coordinamento attribuito al Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione – proprio in relazione alla regolazione dell’esercizio di funzioni organizzative – espresso con l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare, era un potere meramente tecnico che atteneva alla «qualità dei servizi» e alla «razionalizzazione della spesa in materia informatica».

7.4.– E’ necessario sottolineare che, rispetto alle disposizioni legislative statali che erano state alla base delle citate decisioni di questa Corte, il dato normativo attualmente impugnato è sostanzialmente diverso.

Nel comma 7 dell’art. 29 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), oggetto della sentenza n. 17 del 2004, si prevedeva, infatti, che il Ministro per l’innovazione e le tecnologie definisse gli «indirizzi per l’impiego ottimale dell’informatizzazione nelle pubbliche amministrazioni». Ancor più significativamente, nei primi tre commi dell’art. 26 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), oggetto della sentenza n. 31 del 2005, si prevedeva un Fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica nella pubblica amministrazione, nonché incisivi interventi del Ministro per l’innovazione e le tecnologie che potevano riguardare «l’organizzazione e la dotazione tecnologica delle Regioni e degli enti territoriali» al «fine di assicurare una migliore efficacia della spesa informatica e telematica sostenuta dalle pubbliche amministrazioni, di generare significativi risparmi eliminando duplicazioni e inefficienze, promuovendo le migliori pratiche e favorendo il riuso, nonché di indirizzare gli investimenti nelle tecnologie informatiche e telematiche, secondo una coordinata e integrata strategia».

Si trattava, quindi, di interventi che, anche se ascrivibili ad una materia di competenza esclusiva dello Stato (la già ricordata lettera r del secondo comma dell’art. 117 Cost.) avevano un contenuto precettivo che veniva ad incidere su competenze regionali, relative, nelle fattispecie previste dai primi tre commi dell’art. 26 della legge n. 289 del 2002, alla «materia dell’organizzazione amministrativa delle Regioni», come afferma la sentenza n. 31 del 2005.

Nel caso attualmente in esame, in cui le disposizioni legislative censurate non incidono su specifiche competenze delle Regioni, ma individuano queste ultime semplicemente come aree territoriali su cui può svolgersi la sperimentazione e come possibili soggetti interlocutori dei progetti per i quali viene autorizzata una spesa d’importo non particolarmente significativo (10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009), non si ravvisano esigenze che rendano necessarie forme di coinvolgimento.

7.5.– Vi è, al riguardo, da precisare che l’art. 14 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale), ha affrontato la questione dell’esatta identificazione di uno degli aspetti maggiormente problematici nei rapporti, in questa materia, tra Stato e Regioni, vale a dire il confine ed i limiti del potere di coordinamento.

Detta disposizione si prefigge l’esplicita funzione di definire un assetto organico dei rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali in materia di informatica che risulti conforme al dettato della lettera r) del secondo comma dell’art. 117 Cost., come precisato dalla giurisprudenza costituzionale.

L’art 14 del Codice dell’amministrazione digitale è il risultato, infatti, nella sua formulazione, del confronto tra il legislatore delegato e la Conferenza unificata Stato-Regioni-Città-Autonomie locali ed insieme della elaborazione che il legislatore delegato ha fatto della giurisprudenza costituzionale.

In questa prospettiva, nel primo comma dell’art. 14 si identifica il limite della competenza esclusiva dello Stato, di cui alla lettera r), secondo comma, dell’art. 117 Cost., là dove esso individua il concretizzarsi del coordinamento nella definizione di regole tecniche, che possono anche investire aspetti di carattere organizzativo, allorché gli stessi siano «ritenuti necessari al fine di garantire la omogeneità nella elaborazione e trasmissione dei dati» (sentenza n. 31 del 2005). Ne consegue che la citata disposizione deve essere intesa nel senso che lo Stato disciplina il coordinamento informatico, oltre che per mezzo di regole tecniche, anche quando sussistano esigenze di omogeneità ovvero anche «profili di qualità dei servizi» e di «razionalizzazione della stessa», funzionali a realizzare l’intercomunicabilità tra i sistemi informatici delle amministrazioni (sentenza n. 17 del 2004).

I commi 892 e 895 della legge n. 296 del 2006 si collocano all’interno di questo confine, in quanto dettano regole tecniche funzionali alla comunicabilità dei sistemi ed al loro sviluppo collaborativo, favorendo il riuso dei software elaborati su committenza del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione con lo scopo di razionalizzare la spesa e, contemporaneamente, favorire l’uniformità degli standard.

Né, d’altro canto, può essere evocata una violazione del principio di leale collaborazione, in quanto lo stesso risulta rispettato proprio in base al dettato del citato art. 14 del Codice, che assolve la funzione di superare possibili conflittualità in ordine al contenuto ed ai limiti del coordinamento conferito in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost.

8.– Le questioni di legittimità costituzionale relative ai commi 893 e 894, promosse dalla Regione Lombardia, sempre con riferimento agli artt. 117, 118, 119 Cost., nonché al principio di leale collaborazione (art. 120 Cost.), non sono ugualmente fondate.

8.1.– I commi sopra richiamati, infatti, oltre a rientrare nella competenza esclusiva dello Stato, di cui alla lettera r), secondo comma, dell’art. 117 della Costituzione, trovano fondamento nella lettera p) dello stesso secondo comma che attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato la materia delle «funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane». Il Fondo, infatti, ha la finalità di finanziare «progetti degli enti locali relativi agli interventi di digitalizzazione dell’attività amministrativa, in particolare per quanto riguarda i procedimenti di diretto interesse dei cittadini e delle imprese».

Esso costituisce, quindi, uno strumento per agevolare lo svolgimento, da parte degli enti territoriali, di quelle «funzioni fondamentali» che la Costituzione afferma costituiscano una loro ineliminabile attribuzione. Né risulta contraddittorio che il successivo comma 894 conferisca ad un decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali il potere di stabilire «i criteri di distribuzione ed erogazione del Fondo», dato che, avendo questi interventi la finalità di sviluppare le più idonee tecnologie che permettano all’intero sistema degli enti locali di svolgere al meglio le suddette funzioni fondamentali, vi è la necessità che sia assicurato un esercizio unitario della sperimentazione. Da ciò la giustificazione dell’intervento in sussidiarietà da parte dello Stato.

8.2.– E’ opportuno precisare che l’intervento in sussidiarietà delle funzioni amministrative viene, in questa fattispecie, effettuato con riferimento a materie – quelle di cui alle già ricordate lettere p) e r) del secondo comma dell’art. 117 Cost. – rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. In ogni caso, il censurato comma 894 prevede – richiamando specificamente il comma 3-bis dell’art. 14 del decreto legislativo n. 82 del 2005 – che debba essere sentito il parere della Commissione permanente per l’innovazione tecnologica nelle Regioni e negli enti locali oltre che quello della Conferenza unificata Stato-Regioni-Città ed Autonomie locali, provvedendo, quindi, a coinvolgere i soggetti interessati ai progetti.

L’individuazione, infine, con decreto ministeriale dei criteri con cui determinare le priorità tra i progetti di digitalizzazione che dovranno essere finanziati dal Fondo istituito dal comma 893 della legge n. 296 del 2006 assolve la funzione di realizzare, anche nella fase progettuale, un coordinamento informatico idoneo ad assicurare uniformità dei procedimenti su tutto il territorio nazionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), promosse dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe;

1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 892, 893, 894 e 895, della legge n. 296 del 2006, promosse, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione Lombardia, con il ricorso in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 della medesima legge n. 296 del 2006, commi 892, 893, 894 e 895, promosse, in riferimento agli artt. 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, dalla Regione Lombardia, con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 maggio 2008.