SENTENZA N. 380
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito dei decreti interministeriali del 13 febbraio 2007, adottati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro della salute, protocollati gab/dec/26, 27, 28, 29 e 30, con i quali sono state sospese le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera riguardanti gli impianti di pretrattamento e termovalorizzazione previsti nei Comuni di Palermo, Favara, Casteltermini, Paternò e Modica ed è stato disposto l’avvio del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento), promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il 16 aprile 2007, depositato in cancelleria il 20 aprile 2007 ed iscritto al n. 3 del registro conflitti tra enti 2007.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri nonché l’atto di intervento della Platani Energia Ambiente S.c.p.a., della Palermo Energia Ambiente S.c.p.a. e della Tifeo Energia Ambiente S.c.p.a.;
udito nell’udienza pubblica del 9 ottobre 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi gli avvocati Alberto Romano per Platani Energia Ambiente S.c.p.a., Palermo Energia Ambiente S.c.p.a. e Tifeo Energia Ambiente S.c.p.a., Federico Sorrentino per la Regione Siciliana e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – La Regione Siciliana, con ricorso notificato il 16 aprile 2007 e depositato il successivo 20 aprile, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo l'annullamento dei decreti interministeriali adottati in data 13 febbraio 2007 dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro della salute, protocollati gab/dec/26, 27, 28, 29, 30, notificati alla Regione Siciliana il 21 febbraio 2007, con i quali, in via di autotutela, è stata sospesa, fino alla conclusione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento), l’efficacia delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera riguardanti gli impianti di pretrattamento e termovalorizzazione dei rifiuti previsti dal piano regionale per la gestione dei rifiuti nella Regione Siciliana rilasciate dallo stesso Ministro, in via sostitutiva, ex art. 7, comma 2, D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della L. 16 aprile 1987, n. 183).
Ad avviso della ricorrente i decreti impugnati sarebbero lesivi degli artt. 14, lettere f), i), e n), e 17, lettera b), dello statuto della Regione Siciliana (r. d. lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), dell’art. 118 della Costituzione, nonché degli artt. 2, comma 1, lettera i), in relazione all’allegato V, n. 2), e 17, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2005 e dell’art. 132 della legge della Regione Sicilia n. 6 del 3 maggio 2001 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2001).
2. – La ricorrente ricostruisce, in via preliminare, le vicende che hanno originato il conflitto. In particolare premette in fatto che, nell’ambito della gestione dello stato di emergenza nella Regione Sicilia in ordine alla situazione di crisi socio-economica e ambientale determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, veniva conferito al Presidente della Regione, quale commissario straordinario delegato, il compito di stipulare convenzioni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti solidi urbani, al netto della raccolta differenziata, in impianti di termovalorizzazione con recupero di energia.
A seguito dell’espletamento di regolare gara, la concessione relativa al servizio di gestione e smaltimento rifiuti veniva affidata a quattro raggruppamenti : 1) Società platani energia ambiente; 2) Società Tifeo energia ambiente; 3) Palermo energia ambiente; 4) Sicil Power energia ambiente; ognuna con riferimento a specifici ambiti territoriali ottimali.
In qualità di concessionari del servizio di trattamento e di smaltimento dei rifiuti urbani al netto della raccolta differenziata, i quattro operatori industriali chiedevano al commissario delegato, ai sensi degli artt. 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), l’autorizzazione alla realizzazione e alla gestione dei progetti relativi al sistema di gestione integrato per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata.
Il commissario delegato, cui le società concessionarie avevano chiesto la valutazione di impatto ambientale, effettuata la dovuta istruttoria, emanava a conclusione dei procedimenti, quattro ordinanze con le quali: a) esprimeva giudizio positivo di compatibilità ambientale dei progetti; b) approvava, ai sensi dell’art. 27 del d. lgs. n. 22 del 1997, gli elaborati progettuali costituenti il sistema di gestione integrata per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani al netto della raccolta differenziata; c) ne autorizzava la successiva gestione.
L’efficacia delle citate ordinanze, tuttavia, era subordinata all’acquisizione da parte dei concessionari, prima della messa in esercizio degli impianti, dell’autorizzazione all’emissione in atmosfera di cui al d.P.R. n. 203 del 1988.
Nel maggio 2004 le imprese concessionarie presentavano, quindi, richiesta di autorizzazione all’emissione in atmosfera, ai sensi degli artt. 6 e 7 del citato decreto, all’Assessorato regionale territorio e ambiente.
Nel novembre-dicembre 2005 le imprese concessionarie, trascorsi i termini assegnati all’Assessorato regionale territorio e ambiente per pronunciarsi, vista l’inerzia dell’organo regionale, presentavano istanza al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, perché lo stesso, avvalendosi dei poteri sostitutivi previsti dall’art. 7, comma 2, del d. P. R. n. 203 del 1988, si pronunciasse sulla domanda di rilascio delle autorizzazione alle emissioni.
Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, considerata l’inerzia del competente ufficio dell’Assessorato regionale siciliano territorio e ambiente e valutata la regolarità della richiesta avanzata dalle imprese, provvedeva al rilascio delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera, generate dagli impianti di termovalorizzazione e dagli impianti di preselezione in questione. Il Commissario delegato, preso atto dell’intervenuta autorizzazione alle emissioni in atmosfera, fissava per ciascuna società la data di inizio del servizio di trattamento, assegnando un nuovo termine per l’inizio dei lavori.
Il 29 agosto 2006 il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare convocava una conferenza di servizi per l’annullamento di ufficio delle sopra citate autorizzazioni ai sensi degli artt. 21-octies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
A conclusione di quest’ultimo procedimento, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro della salute, emanava i decreti interministeriali, oggetto del presente giudizio, con i quali disponeva la sospensione dei precedenti decreti autorizzatori ex artt. 6 e 7 del d.P.R. n. 203 del 1988 fino alla conclusione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale di cui all’art. 4 del d. lgs. n. 59 del 2005 e, contestualmente, avviava il procedimento per il rilascio della suddetta autorizzazione.
Avverso i citati decreti di sospensione e di contestuale avvio del procedimento per il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) le società concessionarie proponevano ricorso al T.A.R. del Lazio con richiesta di sospensione cautelare degli effetti degli atti impugnati. Il giudice adito accoglieva le istanze cautelari e sospendeva l’efficacia dei decreti impugnati.
3. – La Regione, con delibera del 20 marzo 2007, ha deciso di impugnare gli stessi decreti dinanzi la Corte Costituzionale per far accertare che gli stessi realizzano una lesione della propria sfera di competenza costituzionalmente garantita dagli artt. 14, lettere f), i), e n), e 17, lettera b), dello statuto regionale e delle correlate norme di attuazione, nonché del principio di sussidiarietà enunciato dall’art. 118 Cost.
In particolare, secondo la Regione, il Ministero dell’ambiente non poteva disporre la sospensione delle autorizzazioni in precedenza rilasciate al fine di assoggettare gli impianti in questione alla procedura di autorizzazione integrata ambientale.
La materia dell’ambiente, infatti, a parere della ricorrente, deve essere ricompresa nelle materie «assetto del territorio», «acque pubbliche» e «tutela del paesaggio» che l’art. 14, lettere f), i) e n), dello statuto riserva alla potestà legislativa esclusiva della Regione Sicilia, nonché in quelle relative all’«igiene e sanità pubblica», che l’art. 17, lettera b), dello statuto riserva alla potestà legislativa concorrente della Regione. Pertanto, in virtù del principio del parallelismo tra competenze legislative e funzioni amministrative, tutt’ora vigente in Sicilia, come in tutte le Regioni a statuto speciale, la procedura per il rilascio dell’A.I.A. sarebbe di competenza regionale.
La stessa Corte costituzionale ha chiarito, prosegue la Regione, che l’ambiente è in realtà una materia di tipo trasversale che, per quanto inserita nell’elenco delle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, Cost., prevede la possibilità anche di interventi regionali. In ogni caso, anche qualora si ritenga che la più ampia materia dell’ambiente non sia integralmente ricompresa nelle sopraindicate norme statutarie, in virtù del principio di sussidiarietà, enunciato dall’art. 118 della Costituzione, le funzioni amministrative in ordine al rilascio dell’autorizzazione integrata per impianti come quelli oggetto dei provvedimenti impugnati sarebbero comunque di competenza regionale, come del resto riconosce lo stesso decreto legislativo n. 59 del 2005.
A conferma di tale interpretazione, la difesa della ricorrente da una parte richiama le numerose leggi che la Regione Siciliana ha approvato in materia ambientale e, dall’altra, elenca le proprie competenze amministrative a tutela dell’ambiente quali risultano dalla stessa legislazione statale.
La ricorrente impugna i decreti interministeriali sopra indicati anche per violazione degli artt. 2, comma 1, lettera i), in relazione all’allegato V, n. 2), e 17, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2005 e dell’art. 132 della legge reg. Sicilia n. 6 del 3 maggio 2001.
L’art. 2, lettera i), del d. lgs. n. 59 del 2005 dispone che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio sia competente per tutti gli impianti esistenti e nuovi appositamente indicati nell'allegato V, mentre per gli altri impianti prevede la competenza dell’autorità individuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma.
La ricorrente evidenzia che gli impianti di gestione dei rifiuti dei quali si discute non rientrano nel citato allegato V e, pertanto, l’autorità competente al rilascio dell’A.I.A. è quella individuata dalla Regione. L’allegato V, infatti, individua tra gli impianti di competenza statale le centrali termiche e gli altri impianti di combustione (tra cui i termovalorizzatori) con potenza termica di almeno 300 MW, lasciando alla competenza regionale quelli di potenza inferiore. Poiché nessuno degli impianti autorizzati dai decreti sospesi ha una potenza termica pari o superiore a 300 MW – né tale potenza è raggiunta anche considerandoli complessivamente – trova applicazione l’art. 132 della legge reg. 3 maggio 2001, n. 6, che individua nell’Assessorato regionale territorio e ambiente «l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale».
La Regione esclude anche l’applicabilità dell’art. 17, comma 2, del d. lgs. n. 59 del 2005 che, nel dettare la disciplina transitoria in relazione all’entrata in vigore del decreto legislativo, dispone che «i procedimenti di rilascio di autorizzazioni che ricomprendono autorizzazione integrata ambientale, in corso alla data di entrata in vigore del decreto, sono portati a termine dalla medesima autorità presso la quale sono stati avviati», in quanto al momento di entrata in vigore del decreto non era in corso alcun procedimento di rilascio di autorizzazioni integrate ambientali in relazione agli impianti di pretrattamento e termovalorizzazione dei rifiuti previsti dal piano regionale per la gestione dei rifiuti nella Regione Sicilia.
Secondo la Regione, da tale assetto normativo risulta evidente che, nel caso di specie, il Ministero dell’ambiente non è competente, neanche in via transitoria, al rilascio dell’A.I.A. né, tantomeno, può assumere iniziative per l’instaurazione di un procedimento volto ad una nuova valutazione complessiva dell’inquinamento riconducibile all’esercizio degli impianti già autorizzati.
A nulla rileva il fatto che le precedenti autorizzazioni siano state rilasciate in via sostitutiva dallo stesso Ministero dell’ambiente e che il provvedimento impugnato sia stato adottato in via di autotutela.
Sulla base di tali motivazioni la Regione chiede alla Corte di dichiarare che non spetta allo Stato e, per esso, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di sospendere l’efficacia delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera riguardanti gli impianti di pretrattamento e termovalorizzazione dei rifiuti previsti dal piano regionale per la gestione dei rifiuti nella Regione Sicilia precedentemente rilasciate dallo stesso Ministro e, conseguentemente, di annullare gli atti impugnati e ogni atto presupposto o conseguente in quanto lesivo delle attribuzioni della Regione siciliana.
La Regione chiede anche, in via cautelare, la sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati per le gravi conseguenze che essi comportano per l’attuazione del piano regionale dei rifiuti in Sicilia e per l’entità del danno imprenditoriale che la Regione dovrà risarcire per la sospensione della costruzione degli impianti.
4. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa erariale sottolinea che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha assunto la decisione di agire in autotutela al fine di verificare la legittimità dei decreti di autorizzazione alle emissioni in atmosfera provenienti dagli impianti di pretrattamento e termovalorizzazione di rifiuti emanati nel corso del 2006 in surroga della Regione siciliana – Assessorato territorio e ambiente – rimasta inerte.
Secondo la difesa erariale, tale funzione amministrativa che, di regola, rientra nella competenza regionale, nel caso specifico ricade invece nella sfera di azione dello Stato in quanto, alla data di entrata in vigore del decreto, erano in atto fasi procedimentali autorizzatorie non ancora concluse che, per effetto della disposizione transitoria di cui all’art. 17, comma 2, del d. lgs. n. 59 del 2005, avrebbero determinato il permanere della competenza in capo all’autorità che le aveva avviate, ovvero il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
A parere dell’Avvocatura dello Stato, la competenza dell’amministrazione centrale è, inoltre, desumibile dall’attribuzione ad opera del legislatore, di un potere sostitutivo in caso di inerzia della Regione (art. 5, comma 17, del d. lgs. n. 59 del 2005). Il Governo è intervenuto in sostituzione e ciò comporta il mantenimento in capo al Ministro del potere di riesame dal momento che l’atto di autotutela costituisce un contrarius actus che deve provenire dal medesimo soggetto che ha adottato l’atto di primo grado.
La Regione siciliana, infatti, non si è attivata per sottoporre ad A.I.A. tutti gli impianti de quibus ai sensi del d. lgs. n. 59 del 2005, valutazione che è stata compiuta dal Ministero per evitare che altrimenti potesse essere contestata infrazione alla direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento.
5. – Sono intervenute nel conflitto sollevato dalla Regione Siciliana le società Palermo Energia Ambiente, Platani Energia Ambiente, Tifeo Energia Ambiente.
La difesa dei soggetti intervenienti, premesso di aver proposto ricorso dinanzi al giudice amministrativo avverso i medesimi decreti oggetto dell’impugnazione della Regione Siciliana, sostiene che l’intervento nel giudizio costituzionale deve ritenersi ammissibile in quanto, essendovi identità sostanziale tra il presente giudizio e quello pendente dinanzi al Tribunale amministrativo almeno per quanto riguarda il dedotto vizio di incompetenza, la reiezione del conflitto sollevato dalla Regione Siciliana comporterebbe automaticamente il rigetto dell’identico motivo di ricorso al vaglio del giudice amministrativo, con la conseguenza del verificarsi di un pregiudizio immediato e diretto delle proprie situazioni soggettive.
Nel merito, gli intervenienti sostengono l’incompetenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e chiedono l’accoglimento del ricorso della Regione Siciliana.
6. – Con memoria illustrativa depositata in prossimità dell'udienza, la Regione Siciliana ha inteso replicare alle argomentazioni svolte dall’Avvocatura dello Stato nella memoria di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri.
La ricorrente evidenzia che non è oggetto di contestazione da parte dello Stato l’ordinaria competenza della Regione in ordine allo svolgimento dei procedimenti di autorizzazione integrata ambientale.
Secondo la Regione, il richiamo della difesa erariale all’art. 17, comma 2, del decreto n. 59 del 2005 è del tutto inconferente in quanto tale norma, lungi dal determinare uno spostamento di competenze in relazione al procedimento di A.I.A. – come erroneamente affermato dall’Avvocatura che viene a confondere la procedura per l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera con l’autorizzazione A.I.A. – si limita a dettare la disciplina transitoria esclusivamente per i procedimenti in corso all’entrata in vigore del decreto, con l’ulteriore conseguenza che lo Stato non ha nessun potere di autotutela per il procedimento A.I.A. in relazione al quale non è ancora stato compiuto alcun atto.
Quanto alla pretesa di esercitare un potere sostitutivo riconosciuto dall’art. 5, comma 17, del d. lgs. n. 59 del 2005, la Regione afferma che i provvedimenti impugnati non fanno alcun riferimento alla citata disposizione. Inoltre, non essendo stato avviato presso la Regione alcun procedimento per l’autorizzazione integrata ambientale e, di conseguenza, non essendosi determinata alcuna inerzia a livello locale, non può invocarsi da parte dello Stato l’esercizio del potere sostitutivo.
Infine, risulterebbe violato il procedimento previsto dall’art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), che prevede l’assegnazione alla Regione rimasta inerte di un congruo termine per provvedere e la nomina di un commissario per provvedere in via sostitutiva.
Sulla base di tali ulteriori argomentazioni la ricorrente insiste per l’accoglimento del ricorso.
Con ordinanza letta nella pubblica udienza del 9 ottobre 2007, che viene allegata alla presente sentenza, è stato dichiarato inammissibile l'intervento spiegato nel giudizio dalle società Palermo Energia Ambiente, Platani Energia Ambiente, Tifeo Energia Ambiente, in quanto, nel caso di specie, la reiezione del ricorso della Regione Sicilia non comporta un pregiudizio immediato e diretto delle situazioni soggettive degli intervenienti mantenendo il giudizio costituzionale e quello amministrativo la loro autonomia e ben potendosi, quindi, astrattamente ipotizzare esiti diversi proprio con riferimento alla dedotta violazione delle sfere di competenza.
Considerato in diritto
1. – La Regione Siciliana solleva conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione ai decreti interministeriali adottati in data 13 febbraio 2007 dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro della salute, con i quali, in via di autotutela, è stata sospesa l’efficacia dei provvedimenti di autorizzazione alle emissioni in atmosfera riguardanti gli impianti di pretrattamento e termovalorizzazione dei rifiuti previsti dal piano regionale per la gestione dei rifiuti nella Regione Siciliana, rilasciati dallo stesso Ministro, in via sostitutiva, ex art. 7, comma 2, del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della L. 16 aprile 1987, n. 183), fino alla conclusione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento), contestualmente avviato.
Secondo la ricorrente, gli atti impugnati sarebbero lesivi degli artt. 14, lettere f), i), e n), e 17, lettera b), dello statuto della Regione Siciliana (r. d. lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2). Tali norme statutarie, infatti, attribuirebbero la competenza legislativa esclusiva o concorrente alla Regione Siciliana in materia di ambiente per gli aspetti ricompresi nelle materie assetto del territorio, acque pubbliche, tutela del paesaggio, igiene e sanità pubblica e, dunque, in applicazione del principio del parallelismo di cui all’art. 20 dello statuto, attribuirebbero anche la relativa competenza amministrativa.
In subordine, secondo la ricorrente, qualora si volesse ritenere la materia ambiente non interamente ricompresa nelle materie sopra indicate, risulterebbe leso il principio di sussidiarietà enunciato dall’art. 118 della Costituzione, la cui funzione è quella di indicare una generale preferenza per il conferimento di funzioni amministrative ai livelli di governo più vicini ai cittadini.
La Regione, infine, impugna i decreti interministeriali sopra indicati anche per violazione degli artt. 2, comma 1, lettera i), in relazione all’allegato V, n. 2), e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento), e dell’art. 132 della legge della Regione Siciliana 3 maggio 2001, n. 6 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2001), in quanto la stessa legislazione statale prevederebbe un livello regionale di competenza per il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) per gli impianti previsti dal piano regionale per la gestione dei rifiuti nella Regione Siciliana. Di talché il Ministero dell’ambiente non sarebbe competente al rilascio dell’A.I.A. neanche in via transitoria né, tantomeno, potrebbe assumere iniziative per l’instaurazione di un procedimento volto ad una nuova valutazione complessiva dell’inquinamento riconducibile all’esercizio degli impianti già autorizzati.
2. – Il ricorso è inammissibile.
2.1. – La Regione solleva il presente conflitto formulando, a sostegno della prima censura, un’argomentazione che si fonda su un’inesatta rappresentazione del riparto di competenze tra Stato e Regione Siciliana in materia di ambiente. Ma, prima ancora, essa incorre nell’erronea valutazione di ritenere che lo Stato, con gli atti impugnati, abbia alterato tale riparto per ciò che attiene alle competenze amministrative, ponendo in essere una violazione delle sue attribuzioni costituzionali, al di là della possibile non corretta applicazione della legge ordinaria che disciplina questa fattispecie.
Occorre, in ogni caso, soffermarsi sulle argomentazioni sviluppate dalla Regione nel suo ricorso. Quest’ultima ritiene che la materia ambiente sia integralmente ricompresa nelle materie «assetto del territorio», «acque pubbliche» e «tutela del paesaggio», riservate alla potestà legislativa esclusiva della Regione Siciliana dall’art. 14, lettere f), i) e n), dello statuto, nonché in quelle relative all’«igiene e sanità pubblica» riservate alla potestà legislativa concorrente della Regione dall’art. 17, lettera b), dello statuto e che, in virtù del principio del parallelismo tra competenze legislative e funzioni amministrative, tutt’ora vigente in Sicilia, la procedura per il rilascio della autorizzazione integrata ambientale non possa che essere di esclusiva competenza regionale.
Al riguardo, è necessario sottolineare che questa Corte, nel delineare, in via generale, i confini della materia «tutela dell’ambiente», ha affermato ripetutamente che la relativa competenza legislativa, pur presentandosi «sovente connessa e intrecciata inestricabilmente con altri interessi e competenze regionali concorrenti» (sent. n. 32 del 2006), tuttavia, rientra nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), anche se ciò non esclude il concorso di normative regionali, fondate sulle rispettive competenze (quali quelle afferenti alla salute e al governo del territorio: art. 117, terzo comma, Cost.), volte al conseguimento di finalità di tutela ambientale (sentenza n. 247 del 2006).
In realtà dalla giurisprudenza di questa Corte, sia precedente che successiva alla nuova formulazione del titolo V della parte seconda della Costituzione, è agevole ricavare una configurazione dell'ambiente come "valore" costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale" (sentenza n. 32 del 2006, n. 336, n. 232, n. 214, n. 62 del 2005, n. 259 del 2004, n. 507 e n. 54 del 2000, n. 382 del 1999, n. 273 del 1998).
Si tratta di una impostazione che è stata ribadita anche con riferimento ad una Regione ad autonomia speciale quale la Sardegna, che nel proprio statuto reca come materia di competenza esclusiva l’edilizia e l’urbanistica e come materie di competenza concorrente il governo del territorio, la salute pubblica e la protezione civile, in quanto questo insieme di competenze «non comprende ogni disciplina di tutela ambientale» (sentenza n. 65 del 2005).
Fatta questa premessa, si può affermare che non trova fondamento la tesi della ricorrente circa una competenza legislativa in materia di ambiente che le deriverebbe da specifiche disposizioni dello statuto di autonomia. Le competenze previste dall’art. 14, lettere f), i), e n), e dall’art. 17, lettera b), dello statuto riguardano importanti settori che afferiscono all’ambiente, ma non lo esauriscono. Né, al riguardo, più ampie forme di autonomia potrebbero derivare alla Regione dall’applicazione dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
Viene, quindi, a mancare il presupposto stesso per l’applicazione del principio del parallelismo tra le funzioni legislative e quelle amministrative invocato dalla ricorrente, ovvero la competenza legislativa esclusiva o concorrente della Regione Siciliana in materia di ambiente.
Si tratta, comunque, di un’argomentazione che, come si è già affermato, risulta inconferente con la questione da cui trae origine il conflitto. Non è, infatti, oggetto di contestazione né che sussista la competenza “ordinaria” della Regione in ordine ai procedimenti amministrativi finalizzati al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale né che l’art. 2, comma 1, lettera i), in relazione all’allegato V, n. 2), del d. lgs. n. 59 del 2005 attribuisca alla Regione la competenza al rilascio della detta autorizzazione per gli impianti di pretrattamento e termovalorizzazione dei rifiuti oggetto dei decreti impugnati, essendo questi con potenza termica inferiore a 300 MW.
Allo stesso modo, non è oggetto di contestazione che l’art. 7, comma 2, del d.P.R. n. 203 del 1988, allora vigente, abbia consentito alle imprese concessionarie, che non avevano ricevuto risposta dalla Regione in ordine alla domanda di rilascio dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, di richiedere al Ministro dell'ambiente di provvedere in sostituzione, notificando tale istanza alla Regione, bensì l’esercizio, da parte dello Stato, del potere di autotutela in relazione a un atto rilasciato in via sostitutiva sulla base della legislazione statale e a causa dell’inerzia della Regione competente.
Quel che la Regione lamenta, quindi, è l’illegittima commistione, ad opera del Ministro dell’ambiente, dei due distinti procedimenti, quello, in via di autotutela, che ha sospeso l’efficacia delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera rilasciate in via sostitutiva ex art. 7, comma 2, del d. P. R. n. 203 del 1988 e quello relativo al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale di competenza della Regione.
La lesione lamentata, dunque, si sostanzia e si esaurisce nella presunta erronea applicazione della legge negli atti impugnati, senza che questi ultimi, per il loro contenuto e i loro presupposti, appaiano idonei ad arrecare da soli – e non già in quanto esecuzione (eventualmente) errata della legge – pregiudizio alla sfera di competenza costituzionale della ricorrente. Va, pertanto, ribadito il principio affermato da questa Corte secondo il quale quando «il denunciato pregiudizio è riconducibile esclusivamente al modo erroneo in cui è stata applicata la legge non sussiste materia per un conflitto di attribuzione, restando aperta invece all'ente autonomo la strada della ordinaria tutela giurisdizionale al fine di far valere la illegittimità dell'atto impugnato» (sentenza n. 497 (rectius 467: nota della Redazione) del 1997).
2.2. – Parimenti inammissibile è la seconda censura relativa alla violazione dell’art. 118 della Costituzione che afferma il principio di sussidiarietà nel riparto delle competenze amministrative tra Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni.
La violazione di tale parametro costituzionale, infatti, solo evocata, non è in alcun modo corredata dalla motivazione delle ragioni che l’avrebbero determinata.
2.3. – Anche l’ultima censura, relativa alla violazione degli artt. 2, comma 1, lettera i), in relazione all’allegato V, n. 2) e 17, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2005 e dell’art. 132 della legge reg. Sicilia n. 6 del 3 maggio 2001 è inammissibile.
La Regione, infatti, lamenta la illegittimità degli atti amministrativi impugnati per vizio di incompetenza derivante da una violazione di legge ordinaria, ma non indica l’attribuzione costituzionale che ritiene sia stata lesa. Tale indicazione è necessaria affinché il ricorso proposto possa assumere rilievo in sede di giurisdizione costituzionale in materia di conflitto di attribuzioni.
Tutte le doglianze, infatti, ruotano attorno alla violazione dell’assetto di competenze delineato dal decreto legislativo n. 59 del 2005, ma viene lasciato in ombra, o comunque non argomentato, quello che costituisce l'aspetto decisivo della questione, e ne rappresenta il necessario presupposto, affinché le doglianze proposte possano assumere rilievo in sede di giurisdizione costituzionale, cioè l'esistenza di una competenza costituzionalmente garantita della Regione che viene lesa dall’atto o dal comportamento statale che viene censurato. «Le Regioni, infatti, possono proporre ricorso per conflitto di attribuzioni, a norma dell'art. 39, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, quando esse lamentino non una qualsiasi lesione, ma una lesione di una propria competenza costituzionale» (sentenza n. 27 del 2006).
Qualora ciò non si verifichi, e tuttavia si prospetti l'illegittimo uso di un potere statale che determini conseguenze avvertite come negative dalle Regioni, ma non tali da alterare la ripartizione delle competenze indicata da norme della Costituzione (o, comunque, da norme di rango costituzionale come gli statuti di autonomia speciale), i rimedi dovranno eventualmente essere ricercati dagli interessati presso istanze giurisdizionali diverse da quella costituzionale.
La presente pronuncia assorbe la decisione sull'istanza di sospensione degli atti impugnati da parte della Regione Siciliana.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Siciliana nei confronti dello Stato – in relazione ai decreti interministeriali del 13 febbraio 2007 adottati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro della salute, protocollati gab/dec/26, 27, 28, 29 e 30 – con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2007.
Allegato:
ordinanza letta all’udienza del 9 ottobre 2007
ORDINANZA
Considerato che nei giudizi per conflitti di attribuzione tra enti, di regola, non è ammesso l’intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi;
che i terzi intervenienti nella specie hanno proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio avverso i medesimi decreti oggetto del presente giudizio;
che, secondo la giurisprudenza della Corte, non può escludersi la possibilità che l’oggetto del conflitto sia tale da coinvolgere, in modo immediato e diretto, situazioni soggettive di terzi, che sarebbero irrimediabilmente pregiudicate da un esito del conflitto e salvaguardate dall’esito opposto;
che, tuttavia, nella specie la reiezione del ricorso non comporterebbe automaticamente un pregiudizio immediato e diretto delle situazioni soggettive degli intervenienti dato che il giudizio costituzionale e quello amministrativo mantengono la loro autonomia;
che, pertanto, l’esito del conflitto non coinvolge in modo immediato e diretto le situazioni soggettive dei terzi intervenienti.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l’intervento delle Società Palermo Energia Ambiente, Platani Energia Ambiente e Tifeo Energia Ambiente nel giudizio per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Siciliana nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri.
F.to: Franco BILE, Presidente