Sentenza n. 54/2000

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SENTENZA N. 54

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.    Giuliano VASSALLI, Presidente    

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto 23 aprile 1998 emanato dal Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, recante "Requisiti di qualità delle acque e caratteristiche degli impianti di depurazione per la tutela della laguna di Venezia", promosso con ricorso della Regione Veneto, notificato il 6 agosto 1998, depositato in cancelleria il 7 successivo ed iscritto al n. 23 del registro conflitti 1998.

  Visti l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri e la successiva revoca;

  udito nell’udienza pubblica del 12 ottobre 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

  udito l’avv. Luigi Manzi per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 6 agosto 1998, la Regione Veneto ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, chiedendo l’annullamento del decreto del Ministro dell’ambiente, emanato di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, il 23 aprile 1998 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 18 giugno 1998), relativo ai requisiti di qualità delle acque ed alle caratteristiche degli impianti di depurazione per la tutela della laguna di Venezia.

La Regione Veneto chiede che si dichiari che spetta ad essa, in via generale ed esclusiva, definire le migliori tecnologie di processo e di depurazione disponibili, da applicare agli impianti industriali esistenti che scarichino nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante, ed approvare i progetti di adeguamento finalizzati all’eliminazione degli scarichi di idrocarburi policiclici aromatici, pesticidi organoclorurati, diossina, policlorobifenili e tributilstagno da presentarsi da parte dei titolari delle autorizzazioni agli scarichi esistenti. La Regione chiede che, di conseguenza, si annulli il decreto nella parte indicata come invasiva delle proprie competenze, previa sospensione di tale atto.

Il decreto del Ministro dell’ambiente fissa (nel punto 1) gli obiettivi di qualità da perseguire nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante, per assicurare la protezione della vita acquatica e l’esercizio delle attività di pesca, molluschicoltura e balneazione, indicando in apposita tabella i valori ammessi. Il decreto rinvia (nel punto 2) ad un successivo provvedimento dello stesso Ministro dell’ambiente (da adottare su proposta di una commissione tecnica composta da membri designati anche dalla Regione Veneto, dalla Provincia e dal Comune di Venezia) per la fissazione dei carichi massimi ammissibili complessivi e netti di inquinanti in laguna e nei corpi idrici del suo bacino scolante, compatibili con il raggiungimento degli obiettivi di qualità fissati. Lo stesso decreto stabilisce inoltre (nei punti 3 e 4) procedure (alle quali partecipano la Regione Veneto, le province ed i comuni interessati) per l’aggiornamento dei valori limite stabiliti dalle norme di tutela della città di Venezia e del suo territorio dagli inquinamenti delle acque (d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962), in attuazione di quanto prevedono le norme relative agli interventi urgenti per il risanamento e l’adeguamento dei sistemi di smaltimento delle acque usate e degli impianti igienico-sanitari nei centri storici e nelle isole dei comuni di Venezia e di Chioggia (art. 2 del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96, convertito nella legge 31 maggio 1995, n. 206). Il decreto prevede infine (nel punto 5) la definizione, sulla base della proposta della commissione tecnica già menzionata, dei carichi massimi ammissibili complessivi e netti per tutte le diverse forme di inquinamento, la fissazione di nuovi limiti agli scarichi industriali e civili che versano nella laguna e nel bacino scolante, la definizione dei tempi e delle modalità tecniche per l’adeguamento degli scarichi esistenti e per la revisione delle relative autorizzazioni tenendo conto delle migliori tecnologie di processo e di depurazione disponibili.

Nella parte denunciata dalla Regione Veneto (il punto 6), il decreto del Ministro dell’ambiente, dopo avere stabilito che nelle nuove autorizzazioni agli scarichi industriali nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante e nelle modifiche alle autorizzazioni esistenti é vietato lo scarico di determinate sostanze considerate particolarmente inquinanti (idrocarburi policiclici aromatici, pesticidi organoclorurati, diossina, policlorobifenili e tributilstagno), prevede che per la verifica del rispetto del divieto di rilascio non si tiene conto delle quantità inquinanti residue a seguito dell’adozione delle migliori tecnologie di processo e di depurazione disponibili. Per gli impianti industriali esistenti il Ministro dell’ambiente definisce le migliori tecnologie disponibili da applicare ed approva i progetti di adeguamento presentati dai titolari delle autorizzazioni; per il periodo necessario alla realizzazione dei progetti di adeguamento non si applica il divieto di scarico delle sostanze sopra indicate.

La Regione Veneto ritiene che queste disposizioni, contenendo puntuali prescrizioni in ordine alle autorizzazioni agli scarichi industriali relativamente a sostanze reputate particolarmente inquinanti (capoversi I-V del punto 6 del decreto ministeriale), siano illegittime e lesive delle competenze ad essa attribuite in materia di tutela dell’ambiente e disinquinamento, con specifico riguardo agli impianti di depurazione. Difatti in base a tale decreto il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, può sia definire le migliori tecnologie di processo e depurazione disponibili, sia approvare i singoli progetti di adeguamento che adottino quelle tecnologie, consentendo ai titolari di autorizzazioni esistenti di sottrarsi al divieto mediante la presentazione del progetto e per i tempi della sua realizzazione.

In tal modo la Regione Veneto verrebbe del tutto esautorata delle proprie competenze in materia di tutela dell’ambiente e dall’inquinamento, riconosciute invece dagli artt. 117 e 118 della Costituzione e dalle successive norme di attuazione, che dettano la disciplina generale della materia o quella speciale per la tutela del territorio di Venezia dagli inquinamenti delle acque.

In particolare il decreto interministeriale denunciato violerebbe: a) l'art. 2, secondo comma, lettera c), del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, che ha trasferito alle Regioni le funzioni amministrative concernenti le opere igieniche di interesse locale, le quali comprendono fognature e impianti di depurazione delle acque; b) l'art. 101 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che ha trasferito alle Regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in ordine all'igiene del suolo e dell'inquinamento atmosferico, idrico, termico ed acustico, compresi gli aspetti igienico sanitari delle industrie insalubri, ed in particolare le funzioni concernenti la disciplina degli scarichi e la programmazione degli interventi di conservazione e depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti liquidi e idrosolubili nonchè la tutela dall'inquinamento idrico di impianti termici ed industriali e da qualunque altra fonte.

Queste competenze sarebbero state confermate dagli artt. 79, 80 e 81 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che ha conferito funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59; si tratta di norme che avrebbero accresciuto, nelle materie considerate, le funzioni dell'amministrazione regionale, attribuendo ad essa in particolare poteri di pianificazione.

Gli stessi criteri di riparto di competenze sarebbero stati recepiti e meglio specificati dalla legislazione speciale per Venezia (legge 16 aprile 1973, n. 171; d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962; legge 29 novembre 1984, n. 798; decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96), che riconoscerebbe un ruolo centrale alla Regione Veneto nella pianificazione, regolamentazione e controllo delle opere per il disinquinamento dell'ambiente lagunare.

La Regione ricorrente ritiene che il decreto sia stato adottato anche in violazione del principio di legalità, giacchè l'art. 2, comma 1, del decreto-legge n. 96 del 1995 abilitava il Ministro dell'ambiente, di concerto con quello dei lavori pubblici, soltanto all'aggiornamento dei valori limite fissati dalla tabella allegata al d.P.R. n. 962 del 1973, ma non autorizzava a modificare il riparto di competenze in materia, già stabilito sulla base di norme attuative dei principi costituzionali.

Inoltre il decreto denunciato avrebbe natura di regolamento e come tale avrebbe dovuto essere adottato con la procedura prevista dall'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che richiede il parere del Consiglio di Stato; parere che, dal testo dello stesso provvedimento, non risulta sia stato acquisito.

Anche il quadro complessivo delle leggi della Regione Veneto (legge regionale 16 aprile 1985, n. 33; legge regionale 27 febbraio 1990, n. 17) confermerebbe la competenza esclusiva della Regione sia in ordine all'individuazione delle caratteristiche degli impianti di trattamento e depurazione delle acque provenienti dagli scarichi industriali nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante, sia in ordine all'approvazione dei progetti per la realizzazione o modificazione di detti impianti.

Secondo la Regione ricorrente sarebbe irragionevole, e non risponderebbe a regole di buona amministrazione, che l'amministrazione statale - la quale non ha diretta conoscenza della realtà locale e degli elementi necessari per le valutazioni e le determinazioni da assumere, e senza che sia prevista alcuna forma di partecipazione degli altri enti territoriali per la acquisizione di tali elementi - introduca, limitatamente al solo bacino lagunare, i criteri generali ed uniformi di adeguamento, validi per tutti gli scarichi industriali ivi esistenti, senza considerare le specifiche peculiarità di ogni sistema produttivo.

Risponderebbe, invece, al principio costituzionale di buon andamento dell’amministrazione ed a quello generale di sussidiarietà, ritenere che gli interessi che si intendono perseguire con le disposizioni del decreto impugnato possano essere più adeguatamente tutelati e realizzati a livello di amministrazione regionale.

2. - Con memoria depositata in prossimità dell’udienza la Regione Veneto ha illustrato e ribadito gli argomenti a sostegno del ricorso.

3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha depositato atto di costituzione. Successivamente, con atto depositato il 21 settembre 1999, l’Avvocatura ha ritirato la propria costituzione, non essendo stata adottata dal Consiglio dei ministri la relativa delibera.

Considerato in diritto

1. - Il conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, sollevato dalla Regione Veneto, investe il decreto del Ministro dell’ambiente, emanato di concerto con il Ministro dei lavori pubblici il 23 aprile 1998, relativo ai requisiti di qualità delle acque e degli impianti di depurazione per la laguna di Venezia.

La Regione denuncia la lesione di competenze ad essa attribuite dagli artt. 117 e 118 della Costituzione e dalle successive norme di attuazione: sia da quelle che dettano la disciplina generale in materia di tutela dell’ambiente e dall’inquinamento, sia da quelle che stabiliscono una disciplina speciale per la tutela del territorio di Venezia dagli inquinamenti delle acque. Difatti, in base al punto 6 del decreto interministeriale denunciato, il Ministro dell’ambiente, sentito il Ministro dei lavori pubblici, dovrebbe definire le migliori tecnologie di processo e di depurazione disponibili da applicare agli impianti industriali esistenti in relazione allo scarico di determinate sostanze, considerate particolarmente nocive, e dovrebbe approvare i progetti di adeguamento presentati dai titolari di autorizzazioni agli scarichi esistenti, escludendo in tal modo, per il periodo necessario alla realizzazione dei progetti, l’applicazione del divieto di scarico di quelle sostanze specificamente indicate.

Il decreto denunciato modificherebbe il riparto delle attribuzioni tra Stato e Regione e riserverebbe al Ministro dell’ambiente l’esercizio di funzioni di competenza regionale. Ciò con un provvedimento che, tra l’altro, sarebbe stato assunto in violazione del principio di legalità, perchè l’art. 2, comma 1, del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96 (convertito nella legge 31 maggio 1995, n. 206) ne prevedeva l’emanazione, sentita la Regione Veneto, soltanto per l’aggiornamento dei valori limite degli effluenti degli impianti industriali previsti dalla tabella allegata al d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962, relativo alla tutela della città di Venezia e del suo territorio dagli inquinamenti delle acque.

2. ¾ Il ricorso é fondato nei limiti di seguito precisati.

3. ¾ In materia di protezione ambientale e di tutela dagli inquinamenti é riconosciuta una competenza regionale, costituzionalmente garantita, per il collegamento funzionale che la salvaguardia dell’ambiente ha con le materie che, nella elencazione dell’art. 117 della Costituzione, più direttamente riguardano il territorio ed implicano la preservazione della salubrità delle condizioni del suolo, dell’aria e dell’acqua a fronte dell’inquinamento (sentenze n. 183 del 1987 e n. 53 del 1991).

In attuazione di tali attribuzioni sono state progressivamente trasferite alle Regioni funzioni concernenti gli impianti di depurazione delle acque (art. 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8), l’igiene del suolo e l’inquinamento atmosferico, idrico, termico ed acustico, con particolare riguardo alla disciplina degli scarichi ed agli interventi di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti (art. 101 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616). Sono rimasti, invece, affidati allo Stato compiti di rilievo nazionale, quali la fissazione dei valori limite di emissione di sostanze e agenti inquinanti e degli obiettivi minimi di qualità dei corpi idrici recettori, come pure la definizione di criteri e norme tecniche per la disciplina degli scarichi nelle acque del mare (art. 80 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112).

In questo contesto normativo generale, una disciplina speciale - prevista dalla legge sugli interventi per la salvaguardia di Venezia, diretti ad assicurare la protezione delle acque della laguna dagli inquinamenti mediante la determinazione delle caratteristiche degli impianti di depurazione e dei requisiti delle acque scaricate (art. 9 della legge 16 aprile 1973, n. 171) - é stata stabilita con le norme di tutela della città di Venezia e del suo territorio dagli inquinamenti delle acque (d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962). In particolare, secondo tale disciplina e per quanto qui possa interessare, gli impianti di depurazione delle acque di rifiuto industriale devono comprendere trattamenti di riduzione ai limiti stabiliti da apposita tabella per le diverse sostanze inquinanti (art. 3); sono descritti i trattamenti da adottare, che possono essere sostituiti da altri equivalenti ai fini della depurazione delle acque (art. 2), purchè la validità di questi ultimi sia verificata, sulla base del progetto delle opere, dal magistrato alle acque di Venezia e sia definitivamente accertata dalla Regione Veneto in sede di approvazione del progetto (art. 3).

Da tutto ciò risulta che la ripartizione delle attribuzioni tra lo Stato e la Regione, che concorrono ad assicurare la protezione dell’ambiente dagli inquinamenti, é configurata ammettendo i poteri dell’uno e dell’altra nello stesso settore materiale, distinguendoli tuttavia secondo il loro diverso grado di concretezza (cfr. sentenza n. 53 del 1991).

Allo Stato sono riservate competenze di carattere generale: in particolare per la fissazione, nel settore considerato, dei limiti di accettabilità delle emissioni, delle caratteristiche degli impianti di depurazione, dei requisiti di qualità delle acque effluenti da tali impianti. Queste determinazioni per un verso rispondono ad esigenze generali o unitarie, per altro verso sono collegate alla conoscenza tecnica delle caratteristiche inquinanti delle sostanze e delle migliori tecnologie disponibili per eliminarne la nocività.

Alla Regione sono attribuite, invece, per i profili che interessano nel presente giudizio, le competenze relative ai procedimenti per le autorizzazioni agli scarichi ed ai relativi provvedimenti che, nel rispetto delle tecnologie per la depurazione e dei limiti di accettabilità previsti in via generale, implicano la valutazione dei molteplici interessi che vengono in gioco nella specificità delle diverse situazioni.

4. ¾ Il decreto del Ministro dell’ambiente 23 aprile 1998, nella parte denunciata dalla Regione Veneto, non rispetta i criteri di ripartizione delle competenze tra Stato e Regione.

Il decreto prevede e disciplina, senza che ciò risponda ad una base legislativa, una procedura speciale per l’autorizzazione alla prosecuzione di scarichi industriali che riversano nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante sostanze vietate per la loro ritenuta nocività, consentendo ai titolari delle autorizzazioni esistenti di presentare progetti di adeguamento finalizzati all’eliminazione di tali sostanze inquinanti dagli scarichi o, più esattamente, di limitarne la quantità, giacchè lo stesso decreto prevede che ai fini del rispetto del divieto di rilascio di tali sostanze non si tenga conto delle quantità residue alla adozione delle migliori tecnologie di processo e di depurazione disponibili. L’approvazione dei progetti di adeguamento degli impianti da parte del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, esclude inoltre l’applicazione del divieto per il tempo necessario alla realizzazione dei progetti.

Pur senza considerare la equivocità del generale divieto di scarichi contenenti determinate sostanze ritenute particolarmente nocive (divieto contraddetto dall’ammissibilità dello stesso scarico non sulla base di livelli di accettabilità, ma tenendo conto della tecnologia adottata nel processo produttivo), é da rilevare, per quanto forma oggetto di denuncia da parte della Regione ricorrente, che questa speciale procedura, delineata dal decreto interministeriale in esame, é destinata non già a stabilire limiti di accettabilità degli scarichi e nemmeno a individuare in via generale tecnologie idonee a limitare o escludere alla fonte sostanze inquinanti, nè é diretta a stabilire quali siano le migliori tecnologie di depurazione da adottare. La procedura delineata dal decreto denunciato é, invece, preordinata all’adozione di provvedimenti autorizzatori puntuali, ai quali la Regione Veneto rimane del tutto estranea. Ciò che, appunto, viola le attribuzioni regionali. In questa parte il decreto denunciato deve essere pertanto annullato.

Ogni altro profilo rimane assorbito.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, definire le migliori tecnologie disponibili da applicare agli impianti esistenti ed approvare i progetti di adeguamento alle migliori tecnologie disponibili da esso individuate, presentati dai titolari delle autorizzazioni agli scarichi esistenti e finalizzati all’eliminazione degli scarichi di idrocarburi policiclici aromatici, pesticidi organoclorurati, diossina, policlorobifenili e tributilstagno;

annulla, di conseguenza, il punto 6, commi quarto e quinto, del decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, 23 aprile 1998 (Requisiti di qualità delle acque e caratteristiche degli impianti di depurazione per la tutela della laguna di Venezia).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2000.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 15 febbraio 2000.