Sentenza n. 503/2000

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SENTENZA N. 503

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Francesco GUIZZI, Presidente

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134, recante «Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate, a norma dell’art. 11, comma 1, lett. b), della legge 13 marzo 1997, n. 59», promossi con ricorsi delle Regioni Piemonte e Lombardia, notificati il 6 e l’8 giugno 1998, depositati in cancelleria il 12 e il 17 giugno 1998 ed iscritti ai nn. 27 e 28 del registro ricorsi 1998.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2000 il Giudice relatore Fernanda Contri;

uditi gli avvocati Gustavo Romanelli per la Regione Piemonte, Giuseppe F. Ferrari e Massimo Luciani per la Regione Lombardia e l’avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Piemonte ha sollevato in via principale, in riferimento agli artt. 76, 97, 117 e 118 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134 (Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate, a norma dell’art. 11, comma 1, lettera b), della L. 15 marzo 1997, n. 59).

Ad avviso della Regione Piemonte, l’impugnato decreto legislativo è innanzitutto viziato da eccesso di delega. Tale decreto, argomenta la ricorrente, è stato emanato sulla base dell’art. 11, comma 1, lettera b), della legge n. 59 del 1997, contenente una delega generale per il riordino degli enti pubblici; senonché, si osserva nel ricorso, la materia degli enti lirici era già stata oggetto di specifica delega prevista dall’art. 2, comma 57, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), successivamente attuata tramite il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367 (Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato).

Con il decreto legislativo n. 134 del 1998, il Governo avrebbe fatto un uso “distorto” del potere legislativo delegato, al solo scopo di eliminare la previa intesa con le Regioni e i Comuni interessati, che il decreto legislativo n. 367 del 1996 prevedeva, al fine di individuare gli enti “di prioritario interesse nazionale” di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), da trasformare in fondazioni di diritto privato.

Il lamentato eccesso di delega si tradurrebbe, secondo la Regione ricorrente, oltre che in una violazione dell’art. 76, altresì in una lesione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, giacché l’esigenza della previa intesa con le Regioni deriverebbe, come si legge nell’atto di costituzione, dall’inerenza di vari profili della disciplina della privatizzazione degli enti lirici al novero delle attribuzioni regionali, anche in materia di diffusione dell’arte musicale e di formazione professionale dei quadri artistici. La Regione afferma che l’educazione e la diffusione dell’arte musicale “appartengono al novero delle attività di promozione educativa e culturale che, in quanto attinenti precipuamente alla collettività regionale, sono state riconosciute alle Regioni dall’art. 49 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616”. La gestione dei teatri affidati alle fondazioni musicali, inoltre, aggiunge la ricorrente, “incide sulle competenze regionali in ordine alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale” ex art. 48 del d.P.R. n. 616 del 1977, e su quelle di cui all’art. 19, lettera c), della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali).

La Regione lamenta infine la violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, poiché “l’esclusione del regime di intesa ... finisce per risolversi in una violazione di uno degli stessi principi-guida previsti dalla legge di delega sulla base della quale il decreto legislativo impugnato è stato emanato: quello di cui alla lettera e) dell’art. 14 della legge n. 59 del 1997, che richiama la necessità di garantire il miglior utilizzo delle strutture impiantistiche”.

2. - Nel presente giudizio costituzionale, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per eccepire l’inammissibilità ed argomentare comunque l’infondatezza del ricorso della Regione Piemonte.

Quest’ultimo sarebbe innanzitutto inammissibile, non individuando la ricorrente “alcuna menomazione di competenze regionali”. Inoltre, quand’anche le doglianze della Regione “presentassero profili attendibili, questi riguarderebbero non l’attuale portata delle norme contestate ma la loro eventuale futura applicazione, in senso non gradito alla Regione ricorrente”.

Nel merito, l’Avvocatura sottolinea che il decreto legislativo impugnato trova il suo fondamento in una delega collocata nel Capo II della legge n. 59 del 1997, che prevede la riforma dell’amministrazione centrale: “il decreto n. 134 del 1998 non è decreto di conferimento di funzioni alle Regioni, per cui la legge n. 59 del 1997 ha prescritto il parere obbligatorio della Conferenza Stato-regioni: si tratta infatti di un provvedimento di riordino con il quale lo Stato, nell’ambito delle proprie competenze, muta il regime giuridico degli enti nazionali e - per quanto ne riguarda - degli enti lirici e musicali, per un migliore e più razionale svolgimento delle funzioni di tali enti”.

L’Avvocatura aggiunge che “in materia di spettacolo anche il recente decreto legislativo n. 112 del 1998 ha confermato, in attuazione della legge n. 59 del 1997, l’attuale assetto nel riparto delle competenze con la formulazione dell’art. 156, sul quale all’unanimità è stata espressa da parte regionale l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni”.

3. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, anche la Regione Lombardia ha sollevato in via principale, in riferimento agli artt. 2, 3, 5, 18, 23, 76, 97, 117 e 118 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 13, 14 e 49 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134, “con particolare riferimento all’art. 6, comma 1, lettere a), b), c) e d)”.

Nel ricorso si lamenta che l’art. 6 del decreto legislativo impugnato attribuisce allo Stato, e precisamente all’Autorità di Governo competente in materia di spettacolo - in contrasto con la riserva di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici di cui all’art. 97, primo comma, della Costituzione, e con il principio di legalità - “un potere innominato e illimitato di individuazione degli enti assoggettati al processo di privatizzazione... senza alcuna limitazione e senza alcuna predeterminazione di criteri”; si tratta degli enti che svolgono attività musicale diversi dagli enti autonomi lirici e dalle istituzioni concertistiche assimilate, la cui identificazione è possibile a priori sulla base del rinvio al titolo II della legge 14 agosto 1967, n. 800 (Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali), operato dall’art. 2, comma 1, lettera a), del citato decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367.

La lamentata violazione dei princìpi di legalità e buon andamento dell’amministra­zione si tradurrebbe in una lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite della ricorrente, “atteso che l’inserimento di un ente musicale tra quelli soggetti alla trasformazione lo sottrae ai poteri regionali in materia di enti locali non territoriali e di persone giuridiche private di cui... agli artt. 13 e 14 del d.P.R. n. 616 del 1977, assoggettandolo ai poteri statali di cui al decreto legislativo n. 367 del 1996 (in particolare, a quelli di cui agli artt. 18, 19 e 21) e allo stesso decreto legislativo n. 134 del 1998 (in particolare, artt. 2, commi 2 e 3; 3, comma 1; 5, comma 1)”. D’altro canto, l’attrazione dell’ente musicale nell’orbita del decreto legislativo n. 367 del 1996, come modificato dal decreto legislativo n. 134 del 1998, sottrarrebbe l’ente ai poteri regionali in materia di promozione educativa e culturale di cui all’art. 49 del d.P.R. n. 616 del 1977 (che al secondo comma fa espresso riferimento anche alle attività musicali).

La regione Lombardia lamenta, in altri termini, “l’integrale statalizzazione del settore musicale” che conseguirebbe alla soppressione (ad opera dell’art. 6, comma 1, lettera a), dell’impugnato decreto) del riferimento agli enti di prioritario interesse nazionale. L’individuazione degli enti da trasformare, si legge nel ricorso, viene rimessa “all’arbitraria determinazione dell’Autorità (statale), ancorché gli enti interessati siano anche quelli di mero interesse regionale e locale”, con la eliminazione di ogni forma di intesa (prevista invece dal precedente decreto n. 367 del 1996), in contrasto con il principio di ragionevolezza e di leale cooperazione.

La ricorrente si duole poi dell’eccesso di delega in cui sarebbe incorso il legislatore delegato, con violazione dell’art. 76 e, contestualmente, degli artt. 3, 5, 117 e 118 della Costituzione. Si legge nel ricorso che se “negli artt. 11 e 14 della legge n. 59 del 1997 non si menziona l’esigenza che, in sede di legislazione delegata, venga rispettato il principio dell’intesa fra lo Stato e le Regioni”, ciò non significa “che tale principio non sia, comunque, fissato dalla legge di delegazione”: ad avviso della ricorrente, “il principio di cooperazione tra lo Stato e le Regioni (e gli enti locali), che la legge n. 59 del 1997 fissa espressamente in ordine al ‘conferimento’ di funzioni a Regioni e enti locali (art. 4, comma 3, lettera d) è con piena evidenza un principio informatore di tutta la legge n. 59 del 1997”.

La Regione Lombardia lamenta infine la violazione degli artt. 2, 3, 5, 18, 117 e 118 della Costituzione, richiamando la sentenza di questa Corte n. 50 del 1998, in conseguenza della asserita lesione della “libertà sociale dei cittadini”, che “impedisce ai pubblici poteri di assoggettare tutte le forme di manifestazione della personalità umana ad invasive forme di autorizzazione e di controllo”.

4. - Anche nel giudizio costituzionale instaurato in via principale dalla Regione Lombardia si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per proporre deduzioni in gran parte analoghe a quelle svolte per argomentare l’inammissibilità e l’infondatezza della questione sollevata dalla prima ricorrente.

Con riferimento alla doglianza della Regione Lombardia in merito alla ritenuta “statalizzazione del settore musicale”, il Presidente del Consiglio obietta che l’art. 3 del decreto legislativo n. 134 del 1998 prevede “come membri delle fondazioni un componente designato dalla Regione nel territorio della quale ha sede la fondazione, due componenti designati dal sindaco [del comune] nel cui territorio la fondazione ha sede, oltre ad un componente di nomina governativa”.

In ordine all’ulteriore doglianza concernente la lesione della libertà sociale dei cittadini, l’Avvocatura ritiene non pertinente l’invocazione, nel presente giudizio costituzionale, degli artt. 2 e 18 della Costituzione.

5. - In prossimità della data fissata per l’udienza, la Regione Piemonte ha depositato una memoria illustrativa per sviluppare ulteriormente le deduzioni già svolte in sede di ricorso ed insistere per l’accoglimento dello stesso.

La ricorrente lamenta anche nella memoria che il legislatore delegato non si sarebbe adeguato ai princìpi e ai criteri direttivi stabiliti con la legge di delega, e, in particolare, si legge, “facendo venir meno le procedure di coordinamento previste dal decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, si è posto un grave ostacolo verso l’effettivo raggiungimento di quegli obiettivi di razionalizzazione che avrebbero dovuto essere perseguiti, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 59 del 1997 (come, ad esempio, rispetto alla programmazione atta a favorire la mobilità e l’ottimale utilizzo delle strutture impiantistiche, di cui alla lettera f)”.

6. - Anche la Regione Lombardia ha, in prossimità dell’udienza, depositato una memoria ad integrazione di quanto già dedotto nel ricorso.

La ricorrente esclude innanzi tutto che il decreto legislativo 21 dicembre 1998, n. 492 – sopravvenuto al ricorso e contenente disposizioni integrative e correttive di precedenti decreti legislativi, tra i quali quello impugnato – sia tale da rendere non più attuale l’interesse a ricorrere.

Il decreto legislativo n. 492 del 1998 ha esteso agli enti operanti nel settore del teatro e della danza il potere ministeriale di individuazione degli enti da trasformare ed ha parzialmente modificato l’art. 6 del decreto legislativo impugnato, introducendo, in particolare, il comma 1-bis, il quale stabilisce che “l’identificazione degli enti di cui all’art. 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, avviene sentito il parere, da rendersi entro trenta giorni dalla richiesta, della Regione e del Comune nel cui territorio l’ente ha sede”.

Ad avviso della ricorrente, la previsione della necessaria acquisizione di un previo parere della regione o del comune territorialmente interessato “non è sufficiente ad eliminare la clamorosa violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e regioni”.

Sotto il profilo dell’asserita lesione delle attribuzioni regionali, la ricorrente osserva che lo stesso decreto n. 112 del 1998 “individua in capo all’Amministrazione centrale esclusivamente compiti di sostegno agli enti lirici di cui al decreto legislativo n. 367 del 1996”, ciò che renderebbe ancor più evidente la necessità di una previa intesa tra Stato e regioni, ai fini dell’individuazione degli enti da privatizzare.

7. - Anche l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria illustrativa per insistere nella richiesta di dichiarazione di inammissibilità del ricorso della Regione Lombardia. La disciplina impugnata, “proprio perché non individua direttamente gli ‘altri enti’ (musicali) ma si limita a prevedere che alla identificazione degli stessi si proceda con un successivo atto dell’Autorità di Governo ... non è comunque tale da poter essere considerata idonea a negativamente incidere ... con i necessari connotati della concretezza ed attualità ... sulla competenza costituzionalmente garantita alla Regione ricorrente”.

Nel merito, l’Avvocatura sviluppa argomentazioni già contenute nell’atto di costituzione.

Considerato in diritto

1. - Le Regioni Piemonte e Lombardia sollevano in via principale, in riferimento agli articoli 76, 97, 117 e 118 della Costituzione - la Regione Lombardia anche in riferimento agli articoli 2, 3, 5, 18 e 23 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134 (Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate, a norma dell’art. 11, comma 1, lettera b), della L. 13 marzo 1997, n. 59), censurando in particolare l’art. 6, comma 1, lettere a), b), c) e d), che attribuisce allo Stato, e precisamente all’Autorità di Governo competente in materia di spettacolo, il potere di individuare, ai fini della loro trasformazione in fondazioni di diritto privato, gli enti che svolgono attività musicale diversi dagli enti autonomi lirici e dalle istituzioni concertistiche assimilate, la cui identificazione è possibile a priori, sulla base del rinvio al titolo II della legge 14 agosto 1967, n. 800, operato dall’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 367 del 1996.

Il decreto legislativo n. 134 del 1998 ha modificato il precedente decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367 (Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato) che, originariamente, prevedeva la privatizzazione di enti operanti nel settore musicale “di prioritario interesse nazionale” (art. 2, rubrica e comma 1, lettera b), individuati dall’autorità di Governo competente per lo spettacolo “d’intesa con le regioni e sentiti i comuni” territorialmente interessati. Il decreto legislativo censurato dalle ricorrenti ha modificato il d. lgs. n. 367 del 1996, eliminando dalla rubrica e dal comma 1 dell’art. 2 il riferimento agli enti di prioritario interesse nazionale (rimasto invece nell’art. 1) e sopprimendo la procedura di intesa originariamente prevista (art. 6 del d. lgs. n. 134 del 1998).

In un momento successivo, il decreto legislativo n. 492 del 1998 ha a sua volta modificato il d. lgs. n. 134 del 1998, estendendo agli enti operanti nel settore del teatro e della danza il potere governativo di individuazione degli enti da trasformare, ed ha parzialmente modificato l’art. 6, introducendo, in particolare, il comma 1-bis, a norma del quale “l’identificazione degli enti di cui all’art. 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, avviene sentito il parere, da rendersi entro trenta giorni dalla richiesta, della Regione e del Comune nel cui territorio l’ente ha sede”. Si tratta nondimeno di una disciplina sopravvenuta ininfluente ai fini dei presenti giudizi.

Le censure prospettate, in termini sostanzialmente omogenei, da entrambe le Regioni nei riguardi del d. lgs. n. 134 del 1998, sono le seguenti.

In primo luogo, ad avviso delle ricorrenti, l’impugnato decreto legislativo sarebbe viziato da eccesso di delega, in quanto emanato sulla base dell’art. 11, comma 1, lettera b), della legge n. 59 del 1997, contenente una delega generale per il riordino degli enti pubblici, sebbene la materia degli enti lirici fosse già stata oggetto della specifica delega prevista dall’art. 2, comma 57, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, successivamente attuata tramite il citato decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367. Il decreto legislativo n. 134 del 1998 sarebbe stato adottato al solo scopo di eliminare la previa intesa con le Regioni e i Comuni interessati, che il decreto legislativo n. 367 del 1996 prevedeva, al fine di individuare gli enti “di prioritario interesse nazionale” di cui al­l’art. 2, comma 1, lettera b, da trasformare in fondazioni di diritto privato. Anche se “negli artt. 11 e 14 della legge n. 59 del 1997 non si menziona l’esigenza che, in sede di legislazione delegata, venga rispettato il principio del­l’intesa fra lo Stato e le Regioni”, si legge nel ricorso della Regione Lombardia, il principio di cooperazione, che la legge n. 59 del 1997 fissa espressamente in ordine al ‘conferimento’ di funzioni a Regioni e enti locali (art. 4, comma 3, lettera d) è “un principio informatore di tutta la legge n. 59 del 1997”.

Nei ricorsi delle Regioni Piemonte e Lombardia si lamenta, in secondo luogo, la violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, giacché l’esigenza della previa intesa con le Regioni deriverebbe dall’appartenenza di vari profili della disciplina della privatizzazione degli enti lirici al novero delle attribuzioni regionali: dalla diffusione dell’arte musicale (riconducibile alle attività di promozione educativa e culturale di cui all’art. 49 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che al comma 2 fa espresso riferimento anche alle attività musicali); alla formazione professionale dei quadri artistici, riconducibile alle competenze regionali in materia di “istruzione artigiana e professionale”; alla gestione dei teatri affidati alle fondazioni musicali, che “incide sulle competenze regionali in ordine alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale” ex art. 48 del d.P.R. n. 616 del 1977. Inoltre, l’inserimento di un ente musicale tra quelli soggetti alla trasformazione sottrarrebbe il medesimo ai poteri regionali in materia di enti locali non territoriali e di persone giuridiche private di cui agli artt. 13 e 14 del d.P.R. n. 616 del 1977.

La Regione Lombardia ritiene la disciplina impugnata in contrasto anche con gli artt. 23 e 97 della Costituzione, sotto il profilo dei princìpi di legalità e buon andamento della pubblica amministrazione, poiché attribuirebbe allo Stato, e precisamente all’Autorità di Governo competente in materia di spettacolo, “un potere innominato e illimitato” di individuazione degli enti che svolgono attività musicale, assoggettandoli al processo di privatizzazione “senza alcuna limitazione e senza alcuna predeterminazione di criteri”.

La Regione Lombardia lamenta inoltre la violazione degli artt. 3 e 5 della Costituzione, sotto il profilo, rispettivamente, dei princìpi di ragionevolezza e di leale cooperazione, giacché “l’integrale statalizzazione del settore musicale” e l’individuazione degli enti da trasformare risultano rimesse, senza la previsione di alcuna forma di intesa (prevista invece dal precedente decreto n. 367 del 1996), “all’arbitraria determinazione dell’Autorità (statale), ancorché gli enti interessati siano anche quelli di mero interesse regionale e locale”.

La stessa ricorrente si duole infine della violazione degli artt. 2, 3 e18 della Costituzione, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 1998, in conseguenza della asserita lesione della “libertà sociale dei cittadini”, che “impedisce ai pubblici poteri di assoggettare tutte le forme di manifestazione della personalità umana ad invasive forme di autorizzazione e di controllo”.

2. - Con i ricorsi in epigrafe, le Regioni Piemonte e Lombardia impugnano le medesime disposizioni legislative invocando (fatta astrazione dalle doglianze avanzate solo dalla seconda ricorrente) gli stessi parametri costituzionali e lamentandone la violazione sotto profili in gran parte omogenei. I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e decisi con un’unica sentenza.

3. - Il primo motivo di ricorso è stato prospettato da entrambe le Regioni ricorrenti in riferimento all’art. 76 della Costituzione, giacché il decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134 ed in particolare l’art. 6, comma 1, lettere a), b), c) e d), che attribuisce allo Stato, e precisamente all’Autorità di Governo competente in materia di spettacolo il potere di individuare, ai fini della loro trasformazione in fondazioni di diritto privato, gli enti che svolgono attività musicale diversi dagli enti autonomi lirici e dalle istituzioni concertistiche assimilate, sarebbe stato emanato sulla base di una delega generale per il riordino degli enti pubblici – quella di cui all’art. 11, comma 1, lettera b), della legge n. 59 del 1997 - sebbene la peculiare materia degli enti lirici fosse già stata, poco tempo prima, oggetto della diversa e specifica delega prevista dall’art. 2, comma 57, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, successivamente attuata tramite il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367.

Le ricorrenti lamentano, anche in riferimento all’art. 5 della Costituzione, che l’im­pugnato decreto legislativo sarebbe stato adottato al solo scopo di eliminare la previa intesa con le Regioni interessate, in origine prevista dal decreto legislativo n. 367 del 1996, in contrasto con il principio di cooperazione, espressamente fissato dalla legge n. 59 del 1997 ai fini del conferimento di funzioni e compiti amministrativi a Regioni ed enti locali, ma doverosamente applicabile anche alla delega di cui all’art. 11 della legge medesima.

4. - Preliminarmente, occorre esaminare la duplice eccezione di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale rileva, da un lato, che i ricorsi proposti dalle Regioni Piemonte e Lombardia non individuerebbero “alcuna menomazione di competenze regionali”; dall’altro, che quand’anche le doglianze avanzate dalle ricorrenti “presentassero profili attendibili, questi riguarderebbero non l’attuale portata delle norme contestate ma la loro eventuale futura applicazione, in senso non gradito alla Regione ricorrente”.

Da quanto premesso in fatto e dalle censure prospettate dalle ricorrenti risulta, con riferimento al primo profilo considerato, l’infondatezza della prima eccezione d’inammis­si­bilità avanzata dalla difesa erariale. Come questa Corte ha in più d’una occasione chiarito, nel giudizio in via principale le Regioni possono invocare la violazione di disposizioni estranee al titolo V della parte seconda della Costituzione, purché tale violazione si accompagni alla lesione della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita delle Regioni, ciò che non può escludersi con riguardo a ipotesi di violazione dell’art. 76 della Costituzione. Il parametro costituito dalla norma costituzionale sulla delega legislativa e dalle norme interposte contenute nella legge di delega può essere invocato dalle Regioni a fondamento di questioni di legittimità costituzionale sollevate in via principale ove la violazione denunciata sia in astratto suscettibile di tradursi in una lesione delle attribuzioni regionali, ciò che nel presente caso, in considerazione del contenuto del decreto legislativo impugnato, diretto a sopprimere una procedura di intesa, non può escludersi.

Dev’essere disattesa anche la seconda eccezione d’inammissibilità sollevata dal­l’Av­vo­ca­tura, la quale esclude che le doglianze delle ricorrenti riguardino “l’attuale portata delle norme contestate”, concernendo esse, piuttosto, “la loro eventuale futura applicazione, in senso non gradito alla Regione ricorrente”. Nel loro tenore testuale, le disposizioni impugnate, modificative e parzialmente abrogative di una disciplina precedente più favorevole alle ricorrenti, sono esplicite nell’escludere il ricorso all’intesa, nell’àm­bito dei procedimenti di privatizzazione degli enti lirici oggetto delle stesse disposizioni censurate, e si dimostrano pertanto idonee a concretare una lesione attuale dell’au­to­no­mia regionale.

5. - Sotto il primo profilo, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, la questione sollevata dalle Regioni Piemonte e Lombardia con i ricorsi in epigrafe, è fondata.

6. - Va ribadito preliminarmente che il giudizio di conformità della norma delegata alla norma delegante, condotto alla stregua dell’art. 76 Cost., si esplica attraverso il confronto tra gli esiti di due processi interpretativi paralleli: l’uno, relativo alle norme che determinano l’oggetto, i princìpi e i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto normativo in cui si collocano e si individuano le ragioni e le finalità poste a fondamento della legge di delegazione; l’altro, relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi, ove possibile, nel significato compatibile con i princìpi e criteri direttivi della delega (sentenza n. 425 del 2000; v. anche, ex plurimis, le sentenze nn. 292, 276, 163 e 126 del 2000; nn. 15 e 7 del 1999; n. 456 del 1998).

Sotto il primo profilo, occorre innanzi tutto osservare - per l’individuazione dell’og­getto della delega, che costituisce ai presenti fini il primo passaggio necessario - che il disegno di legge di delega di iniziativa governativa tradottosi poi nella legge 15 marzo 1997, n. 59 è stato presentato al Senato il 29 luglio 1996, ciò che attesta la sostanziale contemporaneità tra l’iniziativa legislativa del Governo e l’emanazione del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, oggetto delle modifiche introdotte dal decreto legislativo impugnato, adottato in attuazione della delega contenuta nell’art. 11, comma 1, lettera b), della legge n. 59 del 1997. Dai lavori parlamentari relativi a quest’ultima legge di delega – che terminano al Senato, con l’approvazione definitiva in aula, l’11 marzo 1997 (atto n. 1124/B) – non si desume alcun indizio di una mens legis modificativa della disciplina di riordino compiutasi, neanche un anno prima, con l’emanazione del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367.

Ciò premesso, appare difficile presupporre l’inclusione nell’oggetto della delega - sia da parte del Governo in sede di iniziativa legislativa, sia da parte del legislatore parlamentare delegante - dei medesimi enti lirici di cui il Governo stesso aveva da circa dieci mesi disciplinato il riordino, con il d. lgs. n. 367 del 1996, sulla base dell’art. 2 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che aveva delegato il Governo ad emanare entro il 30 giugno 1996 “uno o più decreti legislativi per disciplinare la trasformazione in fondazioni di diritto privato degli enti di prioritario interesse nazionale che operino nel settore musicale”.

Il decreto legislativo n. 367 del 1996 ha compiutamente regolato la materia, del tutto peculiare, del riordino degli enti operanti nel settore musicale e ha consumato definitivamente la delega contenuta nella legge n. 549 del 1995, un giorno prima del termine (30 giugno 1996) fissato per il suo valido esercizio. Non si possono pertanto includere, nell’ampia formulazione utilizzata dall’art. 11, comma 1, lettera b) della legge n. 59 del 1997 per definire l’oggetto della delega (“enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla assistenza e previdenza”), anche gli enti lirici, contestualmente oggetto di una organica riforma, che ne aveva disposto la trasformazione in fondazioni di diritto privato.

E ciò non tanto in ossequio al canone interpretativo secondo cui lex posterior generalis non derogat legi priori speciali, che, come questa Corte ha in una occasione chiarito, non ha rango costituzionale, né valore assoluto come criterio di risoluzione delle antinomie (v. sentenza n. 29 del 1976); né tale canone può applicarsi al caso della successione nel tempo di leggi di delegazione, quando la delega antecedente abbia ormai avuto piena e definitiva attuazione. Piuttosto, dall’ampia formulazione del citato art. 11, comma 1, lettera b), non si può desumere un’abilitazione ad adottare, accanto a provvedimenti di riordino di enti nazionali soggetti a riforma, provvedimenti di modifica di una normativa specifica e organica, di recente approvazione.

Quanto all’interpretazione del decreto legislativo denunciato dalle ricorrenti, è da escludere, in considerazione del suo tenore specificamente modificativo della precedente disciplina in materia di enti lirici, la possibilità di un’interpretazione adeguatrice dello stesso, in armonia con la legge di delegazione, idonea a sottrarre il medesimo alla declaratoria d’inco­sti­tu­zionalità.

Il significato delle disposizioni censurate, di modifica in senso restrittivo dell’origi­naria impostazione collaborativa della disciplina del riordino e della privatizzazione degli enti lirici nazionali, basata sullo strumento, eliminato dal provvedimento legislativo impugnato, dell’intesa con le regioni interessate, attesta che il decreto legislativo n. 134 del 1998 disciplina un oggetto estraneo alla delega di cui al più volte menzionato art. 11, comma 1, lettera b): anziché riordinare organicamente enti nazionali in attesa di riforma, ha modificato aspetti procedimentali del riordino di enti nazionali già oggetto di un’organica e di poco anteriore revisione legislativa, presupposta, tra l’altro, dall’art. 156, comma 1, lettera r), dello stesso decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59).

Deve, dunque, concludersi – indipendentemente da ogni considerazione sulla legittimità costituzionale, sotto il profilo dei contenuti, della disciplina recata dal decreto legislativo n. 134 del 1998, e rimanendo assorbita ogni ulteriore censura – che le disposizioni impugnate violano l’art. 76 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale del decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134 (Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate, a norma dell’art. 11, comma 1, lettera b), della L. 15 marzo 1997, n. 59).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 2000.

Francesco GUIZZI, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 18 novembre 2000.