SENTENZA N. 40
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 79, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 20 ottobre 2008, depositato in cancelleria il 22 ottobre 2008 ed iscritto al n. 70 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 15 dicembre 2009 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 20 ottobre 2008 e depositato il successivo 22 ottobre (reg. ric. n. 70 del 2008) la Regione Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale, tra l’altro, dell’art. 79, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in riferimento agli artt. 32, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 della Costituzione.
La disposizione impugnata, al comma 1-bis, stabilisce che «per gli anni 2010 e 2011 l’accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato derivante da quanto disposto dal comma 1, rispetto al livello di finanziamento previsto per l’anno 2009, è subordinato alla stipula di una specifica intesa fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, da sottoscrivere entro il 31 ottobre 2008, che, ad integrazione e modifica dell’accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 207 del 6 settembre 2001, dell’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005 e dell’Intesa Stato-Regioni relativa al Patto per la salute del 5 ottobre 2006, di cui al provvedimento 5 ottobre 2006, n. 2648, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 256 del 3 novembre 2006, contempli ai fini dell’efficientamento del sistema e del conseguente contenimento della dinamica dei costi, nonché al fine di non determinare tensioni nei bilanci regionali extrasanitari e di non dover ricorrere necessariamente all’attivazione della leva fiscale regionale:
a) una riduzione dello standard dei posti letto, diretta a promuovere il passaggio dal ricovero ospedaliero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all’assistenza in regime ambulatoriale;
b) l’impegno delle regioni, anche con riferimento a quanto previsto dall’articolo 1, comma 565, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in connessione con i processi di riorganizzazione, ivi compresi quelli di razionalizzazione e di efficientamento della rete ospedaliera, alla riduzione delle spese di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale anche attraverso:
1) la definizione di misure di riduzione stabile della consistenza organica del personale in servizio e di conseguente ridimensionamento dei fondi della contrattazione integrativa di cui ai contratti collettivi nazionali del predetto personale;
2) la fissazione di parametri standard per l’individuazione delle strutture semplici e complesse, nonché delle posizioni organizzative e di coordinamento rispettivamente delle aree della dirigenza e del personale del comparto del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto comunque delle disponibilità dei fondi della contrattazione integrativa, così come rideterminati ai sensi di quanto previsto dal numero 1;
c) l’impegno delle regioni, nel caso in cui si profili uno squilibrio di bilancio del settore sanitario, ad attivare anche forme di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie da parte dei cittadini, ivi compresi i cittadini a qualsiasi titolo esenti ai sensi della vigente normativa, prevedendo altresì forme di attivazione automatica in corso d’anno in caso di superamento di soglie predefinite di scostamento dall’andamento programmatico della spesa».
Il comma 1-ter della medesima disposizione aggiunge che «qualora non venga raggiunta l’Intesa di cui al comma 1-bis entro il 31 ottobre 2008, con la procedura di cui all’articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono fissati lo standard di dotazione dei posti letto nonché gli ulteriori standard necessari per promuovere il passaggio dal ricovero ospedaliero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all’assistenza in regime ambulatoriale nonché per le finalità di cui al comma 1-bis, lettera b), del presente articolo».
La Regione ricorrente ritiene che tali disposizioni ne violino la competenza residuale concernente l’«organizzazione amministrativa della Regione e del personale regionale e degli enti strumentali, ivi compresi gli enti del Servizio sanitario nazionale», ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. e l’autonomia finanziaria tutelata dall’art. 119 Cost.
Se, poi, esse dovessero qualificarsi come attinenti alla materia – di competenza legislativa di tipo concorrente – della «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», sarebbe comunque leso l’art. 117, terzo comma, Cost., in ragione del carattere dettagliato delle norme in oggetto.
In particolare, il comma 1-bis indicherebbe puntualmente gli interventi di riduzione della spesa che la Regione deve impegnarsi ad attuare, mentre il comma 1-ter ne assegna la determinazione, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, allo Stato: in tal modo verrebbe compressa la stessa «autonomia organizzativa» regionale, tutelata dall’art. 118 Cost.
La ricorrente si dichiara consapevole della giurisprudenza di questa Corte concernente gli interventi statali sui livelli di spesa regionale per il personale, ma ribadisce che essi verrebbero comunque ad incidere su di una «singola voce di spesa», lasciando alla Regione «ben poco margine di scelta», stante la necessità di «limitare o bloccare l’avvicendamento nei posti a tempo indeterminato».
Inoltre, con specifico riguardo alle lettere a) e b) del comma 1-bis impugnato, la Regione Veneto lamenta la violazione degli artt. 32 e 97 Cost., giacché la riduzione dello standard dei posti letto disponibili per i pazienti e del personale sanitario comprometterebbe la qualità dell’assistenza sanitaria.
Infine, con riferimento alla lettera c) del medesimo comma 1-bis, la ricorrente denuncia la lesione dell’art. 32 Cost., poiché l’automatica introduzione di misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie anche in danno di soggetti esentati, oltre a compromettere l’autonomia finanziaria della Regione, pregiudicherebbe il diritto alla salute dei pazienti.
2. – Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato «inammissibile e comunque infondato», senza tuttavia svolgere alcuna considerazione in ordine alla questione in oggetto.
3. – Nell’imminenza dell’udienza pubblica, la sola Regione Veneto ha depositato memoria, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
In via preliminare, la Regione rileva che l’Avvocatura dello Stato non sarebbe «ritualmente costituita» in giudizio, poiché l’atto di costituzione «non reca né in epigrafe, né nella parte motiva, alcun riferimento all’art. 79» impugnato.
Nel merito, la ricorrente osserva che l’intesa prevista dal comma 1-bis della disposizione impugnata non è intervenuta nel termine del 15 ottobre 2009, sicché ciò renderebbe operante il meccanismo stabilito dal successivo comma 1-ter.
Lo Stato potrebbe, pertanto, ricorrere alla procedura prevista dall’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004, posto che le modifiche apportate alla norma impugnata dal decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga dei termini) «non hanno in alcun modo ridotto i profili di illegittimità costituzionale denunciati con il ricorso originario».
In tal modo, la Regione torna a paventare una «pesante deroga al normale riparto delle competenze», in assenza di un «apprezzabile interesse pubblico» che valga a giustificarla.
Considerato in diritto
1. – La Regione Veneto ha impugnato numerose disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, tra cui l’art. 79, commi 1-bis e 1-ter, censurato in riferimento agli artt. 32, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 della Costituzione.
Oggetto del presente giudizio è tale ultima disposizione, mentre resta riservato a separate pronunce l’esame delle ulteriori questioni sollevate dalla ricorrente.
L’art. 79 reca la «programmazione delle risorse per la spesa sanitaria» per il triennio 2009-2011. L’impugnato comma 1-bis stabilisce che l’accesso da parte delle Regioni alla quota di finanziamento integrativo stabilito per gli anni 2010 e 2011 sia subordinato alla stipula di un’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni da sottoscrivere entro il 31 ottobre 2008. Tale atto, «al fine dell’efficientamento (sic) del sistema e del conseguente contenimento della dinamica dei costi», deve recare una riduzione dello standard dei posti letto, nonché l’impegno delle Regioni ad operare ai fini della riduzione delle spese del personale sanitario e ad attivare, a certe condizioni, forme di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie da parte dei cittadini.
Il successivo comma 1-ter, anch’esso impugnato, aggiunge che il mancato raggiungimento dell’intesa entro il 31 ottobre 2008 comporterà il ricorso da parte dello Stato alla procedura prevista dall’art. 1, comma 169, della legge n. 311 del 2004 in punto di livelli essenziali di assistenza, con riguardo sia allo standard dei posti letto, sia al contenimento della spesa per il personale.
La ricorrente ritiene che tali disposizioni ne ledano l’autonomia finanziaria (art. 119 Cost.) ed amministrativa (art. 118 Cost.), incidendo sulla sfera di competenza regionale relativa all’organizzazione amministrativa (art. 117, quarto comma, Cost.), o, «in subordine», imponendo prescrizioni di dettaglio nella materia concorrente relativa al coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.).
Le lettere a) e b) del comma 1-bis sarebbero, inoltre, lesive degli artt. 32 e 97 Cost., mentre la lettera c) del medesimo comma violerebbe anche l’art. 32 Cost.
2. – In via preliminare occorre esaminare l’eccezione, proposta dalla difesa regionale, relativa alla modalità con cui si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri.
La Regione ha posto in rilievo, infatti, che l’atto di costituzione non reca alcuna argomentazione, né in fatto, né in diritto, concernente le censure rivolte avverso l’art. 79, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge n. 112 del 2008, posto che esso si limita a contraddire le doglianze regionali concernenti le ulteriori disposizioni normative impugnate contestualmente.
Tale tecnica difensiva, che la Regione ritiene irrituale, è stata invece giudicata da questa Corte (sentenze n. 324 e n. 308 del 2003) compatibile con il disposto dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, nel testo antecedente alle modifiche apportate con la delibera del 7 ottobre 2008, testo che trova applicazione al caso di specie in ragione della circostanza per cui l’odierno ricorso è stato depositato il 22 ottobre 2008 e cioè prima che entrassero in vigore le nuove Norme integrative (art. 34 delle vigenti Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale). Resta pertanto ovviamente impregiudicata l’interpretazione, con riguardo all’ipotesi verificatasi in giudizio, della più analitica lettera del vigente art. 19, comma 3, per il quale la parte convenuta si costituisce con memoria «contenente le conclusioni e l’illustrazione delle stesse».
3. – Sempre in via preliminare, va rilevato che entrambe le disposizioni censurate sono state modificate, nella pendenza del giudizio, dall’art. 22, comma 1, lettere a) e b) del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. In particolare, il termine per sottoscrivere l’intesa di cui al comma 1-bis, termine richiamato nel successivo art. 1-ter, è stato prorogato al 15 ottobre 2009. In ragione della persistenza del medesimo contenuto precettivo recato dalle disposizioni impugnate, le questioni di costituzionalità devono ritenersi trasferite sulle nuove norme nella parte in cui esse modificano quelle originarie, come questa Corte ha più volte deciso in casi del tutto analoghi (da ultimo, sentenze n. 237 e n. 139 del 2009).
Viceversa, va escluso che tale trasferimento possa avere luogo con riguardo all’ulteriore modifica apportata dall’art. 22 del decreto-legge n. 78 del 2009 al solo comma 1-ter impugnato, nella parte in cui si è stabilito che, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa di cui al comma 1-bis «si applicano comunque l’art. 120 della Costituzione, nonché le norme statali di attuazione e di applicazione dello stesso, e la legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale». In questo caso, infatti, la norma ha assunto un nuovo e diverso contenuto, la cui lesività avrebbe potuto essere denunciata dalla Regione solo adempiendo all’onere di tempestiva impugnazione (sentenza n. 162 del 2007). Lo scrutinio di costituzionalità del comma 1-ter andrà perciò effettuato sul testo originario, dovendosi evidentemente escludere il carattere satisfattivo dello ius superveniens appena ricordato.
4. – Infine, non si può che dichiarare l’inammissibilità delle censure fondate sugli artt. 32 e 97 Cost., posto che tali parametri sono estranei al riparto delle competenze tra Stato e Regioni, alla garanzia del quale soltanto è destinato il giudizio in via principale innanzi a questa Corte, quando promosso dalle Regioni; né la ricorrente illustra, per altro profilo, per quali ragioni le dedotte violazioni possano ridondare su tale sfera competenziale (tra le molte, sentenze n. 107 del 2009 e n. 216 del 2008).
5. – Nelle more del presente giudizio, l’intesa prevista dal comma 1-bis della disposizione censurata è stata raggiunta in data 3 dicembre 2009 (Intesa, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131-Art. 79, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 22, comma 1, lettera a, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente il nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012).
Tale circostanza non incide sull’interesse della ricorrente all’esame delle censure relative a siffatto comma, poiché, come si è già deciso in un caso del tutto simile, «un’eventuale pronuncia di accoglimento di questa Corte potrebbe reintegrare l’ordine costituzionale asseritamente violato», venendo a cadere sulla previsione normativa che ha costituito la causa dell’intesa stessa (sentenza n. 98 del 2007).
6. – Le censure dirette contro il comma 1-bis dell’art. 79, in relazione agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost. non sono fondate.
Questa Corte ha già avuto modo di scrutinare la conformità a Costituzione di un meccanismo normativo relativo alle condizioni di accesso delle Regioni ad uno speciale contributo finanziario dello Stato in materia di spesa sanitaria. In tale occasione, si è esclusa l’illegittimità costituzionale della disposizione che subordinava il godimento del contributo alla stipula di un’intesa tra Stato e Regioni, finalizzata a «conseguire un migliore o più efficiente funzionamento del complessivo servizio sanitario» e «tale da riservare in ogni caso alle Regioni un adeguato spazio di esercizio delle proprie competenze nella materia della tutela della salute» (sentenza n. 98 del 2007).
La disposizione impugnata dà vita ad una analoga forma di finanziamento integrativo, questa volta indirizzata a premiare politiche regionali virtuose in relazione all’obiettivo di contenimento della spesa sanitaria, ovvero di un rilevante aggregato della spesa pubblica al cui controllo le Regioni sono tenute a concorrere per conseguire gli «obiettivi di finanza pubblica» (sentenza n. 36 del 2005), «condizionati anche dagli obblighi comunitari» (sentenza n. 36 del 2004), che la legge dello Stato predetermina.
A tal fine, lo Stato si avvale della propria competenza legislativa a dettare principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, sicché l’apprezzamento della legittimità costituzionale della disposizione impugnata comporta, per un verso, l’attribuzione ad essa della preminente finalità di contenimento razionale della spesa e, per altro verso, la verifica che, nel perseguire siffatta finalità, il legislatore statale non abbia prodotto norme di dettaglio.
Sul primo di tali piani, appare evidente che l’obiettivo del legislatore statale, come concretizzatosi nel contenuto precettivo della norma, non è stato di regolamentare i profili organizzativi e gestionali del servizio sanitario, affidati all’intesa e alle successive determinazioni delle Regioni, ma, invece, di indurre queste ultime ad operare su tale terreno, allo scopo primario di razionalizzare le voci di spesa, ovvero di introdurre ulteriori forme di finanziamento per farvi fronte.
Sul secondo piano, occorre rilevare che il meccanismo incentivante così realizzato si pone a generale presidio della finanza pubblica, per la quota relativa al contributo integrativo riservato al settore sanitario, giacché, mentre individua aree di intervento, nel contempo non priva le Regioni dello spazio di autonomia necessario per articolare nel dettaglio le misure necessarie per ciascuna di esse.
Infatti, sia la riduzione delle spese di personale di cui alla lettera b) del comma 1-bis impugnato, sia l’introduzione di forme di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie da parte dei cittadini, di cui alla lettera c) del medesimo comma, sono obiettivi affidati alla più analitica determinazione dei mezzi con cui conseguirli da parte delle Regioni, anzitutto in sede di Conferenza Stato-Regioni, ed in secondo luogo in sede di attuazione, da parte di ciascuna di esse, dell’«impegno» ivi eventualmente assunto.
Quanto, poi, alla riduzione dello standard dei posti letto, di cui alla lettera a) del comma 1-bis, il preminente ruolo affidato in materia all’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, piuttosto che alle successive iniziative delle singole Regioni, riflette, sulla base di quanto già previsto a proposito dall’art. 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005) ed in linea con l’art. 1, comma 169, di tale ultima legge, il carattere fondamentale che tale strumento ha assunto ai fini della puntuale articolazione, sulla base delle previsioni recate dalla legge statale, delle forme di accesso ai livelli essenziali di assistenza in materia sanitaria (sentenze n. 134 del 2006 e n. 88 del 2003), il cui godimento non tollera differenziazioni su base regionale.
Per le suddette considerazioni, la disposizione impugnata costituisce principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.), ed è pertanto ascrivibile a tale titolo alla competenza legislativa dello Stato.
Ne consegue che l’eventuale impatto di essa sull’autonomia finanziaria (art. 119 Cost.) ed organizzativa (artt. 117, quarto comma, e art. 118 Cost.) della ricorrente si traduce in una «circostanza di fatto come tale non incidente sul piano della legittimità costituzionale» (sentenze n. 169 del 2007 e n. 36 del 2004).
7. – Quanto, invece, al comma 1-ter dell’art. 79, il raggiungimento dell’intesa prevista dal precedente comma 1-bis – di cui si è detto al precedente punto 5 di questa sentenza – ha quale effetto di privare di interesse il ricorso per tale parte, determinando conseguentemente la cessazione della materia del contendere (tra le molte, sentenze n. 275 del 2007 e n. 216 del 2006).
L’attivazione del meccanismo contemplato dal comma 1-ter, infatti, è espressamente subordinato alla mancata stipula della predetta intesa, entro il 15 ottobre 2009. Inconferente sarebbe, tuttavia, il rilievo per cui l’intesa è stata raggiunta solo dopo la suddetta data, giacché, quale che fosse la natura del termine, resta certo che la norma impugnata non solo non ha trovato applicazione, ma, in ogni caso, non potrà trovarne in futuro, essendo venuta meno la condizione a tal fine posta dal legislatore statale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Veneto con il ricorso di cui al reg. ric. n. 70 del 2008, nei confronti del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 1-bis, lettere a) e b) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, nel testo modificato dall’art. 22, comma 1, lettera a), del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 32 e 97 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 1-bis, lettera c) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, nel testo modificato dall’art. 22, comma 1, lettera a), del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009, promossa dalla Regione Veneto, in riferimento all’art. 32 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 1-ter, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, nel testo modificato, limitatamente alle parole “entro il 15 ottobre 2009”, dall’art. 22, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 1-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, nel testo modificato dall’art. 22, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009, promosse dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2010.