SENTENZA N. 133
ANNO 2010
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE
SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
-
Paolo GROSSI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale
degli artt. 9-bis, comma 5, e 22, commi 2 e 3, del decreto-legge 1° luglio
2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in
legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n.
102, promossi dalla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
e dalla Provincia autonoma di Trento, con ricorsi notificati il 30 settembre-2
ottobre 2009 ed il 3 ottobre 2009, depositati in cancelleria il 1° ed il 7
ottobre 2009 ed iscritti ai nn. 68 e 80 del registro
ricorsi 2009.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 10 marzo 2010
il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini
per
Ritenuto in
fatto
1. –
1.1. – Il comma 5 dell’art.
9-bis è impugnato nella parte in cui prevede che «In
funzione di anticipazione dell’attuazione delle misure connesse alla
realizzazione di un sistema di federalismo fiscale, secondo quanto previsto
dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, e allo scopo di assicurare la tutela dei
diritti e delle prestazioni sociali fondamentali su tutto il territorio
nazionale, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della
Costituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita
1.1.1. –
Al riguardo, la ricorrente
osserva come il suo ordinamento finanziario sia disciplinato dalla legge 26
novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione
Valle d’Aosta), che fissa le quote di tributi erariali da attribuire alla
medesima Regione. Pur trattandosi di una legge dello Stato, tale normativa è
modificabile non nelle forme ordinarie, ma secondo il particolare procedimento
previsto dall’art. 48-bis dello statuto speciale. In tal senso si esprime
l’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di
attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta).
La peculiarità del
procedimento di modificazione della legge n. 690 del 1981 si giustifica,
secondo la ricorrente, anche alla luce della previsione dell’art. 50, quinto
comma, dello statuto speciale, in base al quale la disciplina dell’ordinamento
finanziario della Regione Valle d’Aosta è introdotta con legge dello Stato, in
accordo con
Sulla base di queste
considerazioni, la difesa regionale ritiene che la norma impugnata, modificando
con procedura ordinaria la legge n. 690 del 1981, violi sia l’art. 50, quinto
comma, sia l’art. 48-bis dello statuto speciale.
Il primo parametro sarebbe
violato a causa del mancato coinvolgimento della Giunta regionale nel
procedimento di approvazione della norma oggetto dell’odierno giudizio di
legittimità costituzionale.
L’art. 48-bis, invece,
sarebbe violato in quanto il regime giuridico della legge n. 690 del 1981 è
assimilato, dal citato art. 1 del d.lgs. n. 320 del
La ricorrente individua poi
un secondo profilo di lesione delle attribuzioni regionali previste nell’art.
48-bis, avuto riguardo al fatto che il censurato art. 9-bis, comma 5, si
porrebbe in aperto contrasto con quanto stabilito dal richiamato art. 1 del
d.lgs. n. 320 del 1994; la violazione di quest’ultima norma, contenuta in un
decreto legislativo di attuazione dello Statuto speciale, non modificabile né
derogabile dal legislatore ordinario, comporterebbe, anche sotto tale profilo,
la violazione dell’art. 48-bis.
1.1.2. – L’art. 9-bis, comma
5, violerebbe, inoltre, i principi di ragionevolezza, di cui all’art. 3 della
Costituzione, e di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120 Cost.
Quanto all’asserito
contrasto con quest’ultimo principio, la ricorrente muove dalla considerazione
che l’ordinamento finanziario della Regione Valle d’Aosta è disciplinato «con
legge dello Stato, in accordo con
La difesa regionale deduce,
inoltre, il contrasto della norma impugnata con il principio di ragionevolezza:
la modifica unilateralmente introdotta dallo Stato non terrebbe conto delle
misure e degli atti già adottati dalla Regione, sulla base di quanto previsto
dalla legge n. 690 del
1.2. – La ricorrente impugna
anche l’art. 22, commi 2 e 3, del d.l. n. 78 del 2009 per violazione dei principi
di ragionevolezza e di leale collaborazione.
La predetta norma, nel
prevedere l’istituzione di un fondo con dotazione di 800 milioni di euro –
«destinato ad interventi relativi al settore sanitario» ed alimentato con le
economie di spese derivanti, tra l’altro, dall’applicazione del decreto-legge
28 aprile 2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite
dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori
interventi urgenti di protezione civile), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 giugno 2009, n. 77 –
dispone che «in sede di stipula del Patto per la salute è determinata la quota
che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano
riversano all’entrata del bilancio dello Stato per il finanziamento del
Servizio sanitario nazionale».
Secondo la ricorrente, il
legislatore statale non avrebbe considerato che
La difesa regionale aggiunge
che i principi di leale collaborazione e di ragionevolezza impongono allo Stato
di non introdurre unilateralmente variazioni, anche di carattere normativo, in
grado di determinare un vulnus al legittimo affidamento, sulla base del quale
siano stati assunti, dagli altri enti, atti e comportamenti specifici che, in
seguito a dette variazioni, si rivelino irrimediabilmente pregiudizievoli a
causa della sopravvenuta mancanza della copertura finanziaria.
Nel caso di specie, lo Stato
avrebbe imposto alla Regione di partecipare al finanziamento del Servizio
sanitario nazionale, senza tenere conto né del finanziamento esclusivamente
regionale del SSN, né della mancata partecipazione
della Valle d’Aosta al cosiddetto Patto per la salute.
La difesa regionale
sottolinea come la normativa impugnata risulti del tutto irragionevole, atteso
che, a partire dal 1994, è venuta meno qualsiasi forma di partecipazione
reciproca, tra Stato e Regione Valle d’Aosta, al finanziamento dei rispettivi
servizi sanitari. Per questa ragione, le norme censurate avrebbero
pregiudicato, «irragionevolmente, oltre che inaspettatamente», il legittimo
affidamento dell’odierna ricorrente sulla destinazione delle proprie risorse in
ambito sanitario.
La lesione dei principi di
ragionevolezza e di leale collaborazione sarebbe dunque rinvenibile
nell’imposizione, del tutto irragionevole, di un finanziamento da parte della
Valle d’Aosta al Servizio sanitario nazionale (ma non viceversa) e
nell’individuazione della «sede per la quantificazione di tale finanziamento
nella stipula di un Patto cui
2. – Nel giudizio si è
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’infondatezza delle censure.
Quanto alla prospettata
illegittimità dell’art. 9-bis, comma 5, la difesa erariale ritiene del tutto
infondate le doglianze della ricorrente, in quanto la «rideterminazione»
dell’ammontare dei proventi non costituirebbe una modifica normativa a regime,
«ma un ricalcolo delle entrate che complessivamente affluiscono nei bilanci
delle singole Regioni al netto della partecipazione al fondo per le attività di
carattere sociale, tra cui la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni e
la solidarietà e perequazione tra territori».
La norma impugnata,
pertanto, sarebbe riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettere m) ed e), Cost.
Il resistente sottolinea,
inoltre, come il meccanismo previsto dall’art. 9-bis, comma 5, punti a
realizzare l’obiettivo del contenimento della finanza pubblica, anche al fine
di rispettare i vincoli posti dal Patto di stabilità e di crescita. Le norme in
oggetto conterrebbero dunque principi di coordinamento della finanza pubblica, i quali, secondo la giurisprudenza costituzionale richiamata
dalla difesa erariale, possono comprendere anche statuizioni puntuali adottate
dal legislatore statale per realizzare in concreto la finalità del
coordinamento finanziario.
In merito alle censure
formulate nei confronti dell’art. 22, commi 2 e 3, la difesa erariale ritiene
che le norme impugnate introducano una manovra di contenimento della spesa
farmaceutica che comporta un risparmio anche per
Infine, quanto all’asserita
violazione del principio di leale collaborazione e del necessario rispetto
delle prerogative regionali, questi sarebbero garantiti dalla previsione
dell’approvazione del Piano per la salute.
3. – In prossimità
dell’udienza pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato
una memoria nella quale si riporta integralmente a quanto già dedotto nell’atto
di costituzione nel presente giudizio e nella memoria depositata nel giudizio
promosso dalla Provincia autonoma di Trento, avente ad oggetto le medesime
norme (reg. ric. n. 80 del 2009).
4. –
4.1. – La difesa provinciale
rileva, preliminarmente, come l’art. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto
periodo, del d.l. n. 78 del 2009, attribuisca al Presidente del Consiglio dei
ministri un potere di natura regolamentare, affinché siano fissati «i criteri
per la rideterminazione, a decorrere dall’anno 2009, dell’ammontare dei
proventi spettanti a regioni e province autonome, compatibilmente con gli statuti
di autonomia delle regioni ad autonomia speciale e delle citate province
autonome, ivi compresi quelli afferenti alla compartecipazione ai tributi
erariali statali». Lo scopo di siffatta previsione è quello di «garantire
disponibilità finanziarie complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro
annui», destinate «ad un fondo da istituire nello stato di previsione della
spesa del Ministero dell’economia e delle finanze per le attività di carattere
sociale di pertinenza regionale». Si prevede poi che il Ministro dell’economia
e delle finanze provveda ad attuare con proprio decreto i criteri e le modalità
per la distribuzione delle risorse, stabiliti dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano.
Per giustificare la
previsione di un potere regolamentare del Presidente del Consiglio dei
ministri, l’art. 9-bis, comma 5, invoca lo «scopo di assicurare la tutela dei
diritti e delle prestazioni sociali fondamentali su tutto il territorio
nazionale, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della
Costituzione».
Secondo la ricorrente, la
norma impugnata non definisce alcun livello essenziale delle prestazioni
sociali ma si limita a prevedere un fondo «per le attività di carattere sociale
di pertinenza regionale», e dunque incide sulle materie della finanza regionale
e dei servizi sociali.
4.1.1. – Alla luce delle
anzidette considerazioni, la ricorrente assume l’illegittimità costituzionale
dell’art. 9-bis, comma 5, secondo periodo, per violazione dell’autonomia
finanziaria della Provincia di Trento, risultante dagli artt. 69 e seguenti
(specialmente dagli artt. 75 e 78) del d.P.R. n. 670
del 1972, integrati dalla legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il
coordinamento della finanza della regione Trentino-Alto Adige e delle province
autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria) e dagli artt. 5, 6,
7, 9, 10 e 11 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di
attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di
finanza regionale e provinciale).
Sarebbero violati anche gli
artt. 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972, i quali
prevedono che le modifiche e le integrazioni delle norme statutarie sopra
richiamate debbano avvenire con fonte primaria e con il consenso delle Province
autonome.
Strettamente collegata alle
predette censure è quella prospettata rispetto all’art. 117, sesto comma,
Cost., il quale sarebbe violato in quanto la norma impugnata prevede
l’esercizio della potestà regolamentare statale in ambiti materiali di
competenza delle Province autonome.
Secondo la difesa della
ricorrente, il principio consensuale, che domina la materia dei rapporti
finanziari tra lo Stato e le Regioni speciali, avrebbe reso necessaria la
prescrizione della stipula di un accordo con le Province autonome riguardo alla
compatibilità del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto
nel secondo periodo dell’art. 9-bis, comma 5, con l’autonomia finanziaria delle
Province stesse. Pertanto, la previsione del parere della Conferenza
Stato-Regioni e di quello espresso in sede di tavolo di confronto di cui
all’art. 27, comma 7, della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della
Costituzione), non sarebbe sufficiente a soddisfare il principio di leale
collaborazione.
Il secondo periodo dell’art.
9-bis, comma 5, violerebbe, inoltre, il principio di legalità sostanziale, in
quanto l’unico criterio contenuto nella disposizione legislativa impugnata è
«di tipo quantitativo»; infatti, il d.P.C.m. ivi
previsto deve «garantire disponibilità finanziarie complessivamente non
inferiori a 300 milioni di euro annui e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica». Secondo la ricorrente, la violazione del principio di
legalità sostanziale, nella previsione di un atto governativo limitativo dell’autonomia
della Provincia autonoma, si tradurrebbe in lesione delle prerogative
costituzionali di questa (è richiamata la sentenza della
Corte costituzionale n. 425 del 2004).
4.1.2. –
Un fondo siffatto, secondo
la difesa provinciale, non sarebbe giustificabile in virtù del principio di
sussidiarietà, dato che nessuna esigenza unitaria risulta dalla disposizione
impugnata, la quale, anzi, contiene un espresso riferimento alle «attività di
carattere sociale di pertinenza regionale». Né la dedotta illegittimità
verrebbe meno per il fatto che i criteri e le modalità per la distribuzione
delle risorse in oggetto sono stabiliti in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Pertanto, la ricorrente
ritiene che i periodi terzo e quarto dell’art. 9-bis, comma 5, violino la sua
autonomia finanziaria, quale risulta dalle norme sopra citate, dato che una
quota dei proventi generali della Provincia viene destinata dallo Stato al
settore dei servizi sociali. Sarebbe violata anche l’autonomia legislativa
nella materia dei servizi sociali, in quanto le scelte della Provincia in
questa materia sono destinate ad essere condizionate dalla delibera della
Conferenza Stato-Regioni.
Da ultimo, la difesa
provinciale ritiene paradossale che l’istituzione di un fondo statale settoriale,
in materia regionale, venga giustificata con l’intento di anticipare
l’«attuazione delle misure connesse alla realizzazione di un sistema di
federalismo fiscale».
4.2. – È impugnato, inoltre,
l’art. 22, commi 2 e 3, del d.l. n. 78 del
Dunque, nella Provincia di
Trento il servizio sanitario è finanziato, essenzialmente, con le risorse
generali che alla medesima Provincia spettano in virtù delle norme che ne
configurano l’autonomia finanziaria (artt. 69 e seguenti del d.P.R. n. 670 del 1972; legge n. 386 del 1989 e d.lgs. n.
268 del 1992).
La difesa provinciale
sottolinea, altresì, come alle norme appena citate, contenute nel Titolo VI dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, non possa derogare una
legge ordinaria (se non con il consenso delle Province, ai sensi dell’art. 104
del d.P.R. n. 670 del 1972); parimenti, una legge non
può derogare alle statuizioni recate dal d.lgs. n. 268 del 1992, trattandosi di
norme di attuazione statutaria, le quali hanno competenza separata e riservata
e sono dotate di forza prevalente rispetto alle leggi ordinarie.
Pertanto, aggiunge la
ricorrente, le risorse che affluiscono al bilancio provinciale in base alle
norme dello Statuto speciale ed a quelle di attuazione statutaria non possono
essere «distratte» da una legge ordinaria e destinate ad uno scopo in essa
definito.
La ricorrente esclude che
alle predette osservazioni si possa replicare facendo leva sulla natura statale
della fonte che ha prodotto tali economie, poiché l’intervento legislativo
statale potrebbe, in astratto, determinare un aggravio della spesa provinciale
senza che a ciò corrisponda alcuna contribuzione da parte dello Stato.
Né potrebbe sostenersi che
la lesione venga meno a causa della previsione secondo cui la quota da versare
è determinata in sede di stipula del Patto per la salute; infatti, tale norma
presuppone comunque l’obbligo di conferire allo Stato risorse appartenenti al
bilancio provinciale e, in ogni caso, non è previsto un intervento codecisorio della Provincia di Trento.
La ricorrente ritiene
pertanto che l’art. 22, comma 3, sia incostituzionale nella parte in cui
prevede che anche
La difesa provinciale
esclude, altresì, che le norme di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 23 possano
giustificarsi invocando la necessità di risanare la finanza statale e quindi il
potere statale di coordinamento della finanza pubblica. Le statuizioni
impugnate, infatti, non realizzerebbero alcun risparmio ma si limiterebbero a
«spostare» risorse delle Regioni e delle Province autonome a favore di un fondo
gestito a livello ministeriale. Di conseguenza, non sarebbe pertinente il
richiamo alla competenza statale in materia di coordinamento della finanza
pubblica, trattandosi piuttosto di norme incidenti sulla tutela della salute e
quindi lesive dell’autonomia legislativa ed amministrativa della Provincia ai
sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10
della legge cost. n. 3 del 2001, e del d.P.R. 28
marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione
Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità).
I commi 2 e 3 dell’art. 22
violerebbero, inoltre, l’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266
(Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali
e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento), perché sarebbero direttamente applicabili in un ambito
materiale di competenza provinciale (tutela della salute), imponendo alla
Provincia di destinare al bilancio statale una quota delle proprie risorse
destinate al servizio sanitario.
In subordine, qualora
Infine, parimenti
illegittimo sarebbe il comma 3 dell’art. 22 nella parte in cui non prevede
un’intesa con
5. – Nel giudizio si è
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’infondatezza delle censure.
La difesa erariale svolge
argomentazioni identiche a quelle sviluppate nell’atto di costituzione nel
giudizio promosso dalla Regione Valle d’Aosta (reg. ric. n. 68 del 2009).
Inoltre, con riferimento
alla questione relativa all’art. 22, commi 2 e 3, l’Avvocatura generale segnala
che una norma analoga, introdotta dall’art. 13 del d.l. n. 39 del 2009, non è
stata impugnata dall’odierna ricorrente.
6. – In data 16 gennaio
2010, la difesa provinciale ha depositato la delibera del Consiglio della
Provincia autonoma di Trento con la quale è stata ratificata, ai sensi
dell’art. 54, numero 7), del d.P.R. n. 670 del 1972,
la deliberazione della Giunta provinciale riguardante la presente impugnativa.
7. – In prossimità
dell’udienza pubblica,
7.1. – Preliminarmente, la
ricorrente evidenzia come l’ultimo periodo dell’art. 9-bis, comma 5, sia stato
modificato dall’art. 2, comma 152, della legge 23 dicembre 2009, n. 191
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge finanziaria 2010), che ha aggiunto, dopo le parole: «Ministro
dell’economia e delle finanze», le seguenti: «, di concerto con il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali,». Siffatta modifica
non sarebbe però rilevante nel presente giudizio.
Nel merito, la difesa
provinciale contesta le considerazioni svolte nell’atto di costituzione di
parte avversa, là dove si afferma che la rideterminazione dell’ammontare dei
proventi non costituisce una modifica normativa a regime ma un ricalcolo delle
entrate. Ad avviso della Provincia di Trento, è inevitabile che la norma
impugnata operi sul piano normativo, prevedendo una disciplina a regime e non
meramente transitoria.
La ricorrente esclude che la
norma di cui all’art. 9-bis, comma 5, possa essere ricondotta alla competenza
statale prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto non
definisce alcun livello essenziale delle prestazioni sociali, ma si limita a
prevedere un fondo «per le attività di carattere sociale di pertinenza
regionale». D’altra parte, nel presente giudizio non ricorrerebbero i
presupposti per una decisione analoga a quella assunta con la sentenza n. 10 del
2010.
Peraltro, se anche
l’istituzione del fondo in questione fosse giustificabile ai sensi dell’art.
117, secondo comma, lettera m), Cost., il fondo stesso non potrebbe essere
finanziato derogando alle norme statutarie ed a quelle di attuazione che
configurano l’autonomia finanziaria provinciale, tanto meno se la deroga è
introdotta con un d.P.C.m.
Inconferente sarebbe poi il richiamo, operato dalla
difesa erariale, all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., non solo
perché non menzionato dall’art. 9-bis, comma 5, ma anche a causa della mancanza
di una funzione perequativa della norma impugnata.
Infine, la ricorrente
sottolinea come il quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato e
7.2. – In riferimento
all’art. 22 del d.l. n. 78 del 2009,
Nel merito, la difesa
provinciale ritiene che l’Avvocatura generale abbia descritto gli effetti
concreti delle norme impugnate ma non abbia replicato alle censure avanzate nel
ricorso. In particolare, la fondatezza delle questioni prospettate sarebbe
avvalorata dalla sentenza
della Corte costituzionale n. 341 del 2009, nella quale si afferma: «Dal
momento che lo Stato non concorre al finanziamento del servizio sanitario
provinciale, né quindi contribuisce a cofinanziare una eventuale
abolizione o riduzione del ticket in favore degli utenti dello stesso, esso
neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che
definiscano le modalità di contenimento di una spesa sanitaria che è interamente
sostenuta dalla Provincia autonoma di Trento».
Infine, quanto alla mancata
impugnazione dell’art. 13 del d.l. n. 39 del 2009, rilevata dalla difesa
erariale,
8. – In prossimità
dell’udienza pubblica, anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha
depositato una memoria nella quale ribadisce quanto già affermato nell’atto di
costituzione.
La difesa erariale
sottolinea come le questioni prospettate dalla Provincia autonoma di Trento si
risolvano «in un’esternazione quasi profetica di quello che essa teme possa accadere
e che invece non può accadere se verrà – come sicuramente verrà – rispettata la
disposizione in esame con leale collaborazione nel suo momento attuativo».
Con particolare riferimento
all’art. 9-bis, comma 5, il resistente precisa che la norma impugnata assicura
il rispetto delle attribuzioni delle Regioni ad autonomia speciale e delle
Province autonome e che, pertanto, la citata norma non può che essere intesa ed
applicata in modo coerente con il riparto di competenza costituzionale.
L’Avvocatura generale
ricorda, infine, come
In relazione all’art. 22,
commi 2 e 3, la difesa erariale ribadisce che il fondo ivi previsto è destinato
al finanziamento di interventi nel settore sanitario per la tutela della salute
di tutti i cittadini, a prescindere dal luogo nel quale essi risiedono.
Pertanto, la norma impugnata troverebbe fondamento nella competenza statale di
cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.
In conclusione, il
resistente evidenzia che, in virtù dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art.
22,
Considerato
in diritto
1. –
Riservata a separate
pronunce la decisione sull’impugnazione, promossa dalla Provincia autonoma di
Trento, delle altre disposizioni contenute nel suddetto d.l. n. 78 del 2009,
vengono in esame in questa sede le questioni di legittimità costituzionale
relative agli artt. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo, e 22,
commi 2 e 3.
I giudizi, così separati e
delimitati, in considerazione della loro connessione oggettiva, devono essere
riuniti, per essere decisi con un’unica pronuncia.
2. – Le questioni di
legittimità aventi ad oggetto l’art. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo, del d.l. n. 78 del 2009 sono fondate.
2.1. – Per quanto riguarda
La legge 26 novembre 1981,
n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta) ha
modificato il quadro dei rapporti finanziari tra lo Stato e
Dalla citata norma di
attuazione si deduce che le modifiche dell’ordinamento finanziario della
Regione Valle d’Aosta devono avvenire con il procedimento previsto dall’art.
48-bis dello Statuto, prescritto per l’approvazione dei decreti legislativi di
attuazione statutaria, e quindi a seguito dei lavori della commissione
paritetica e del parere del Consiglio della Valle. La norma censurata, invece,
attribuisce ad un d.P.C.m. il compito di fissare i
criteri per la rideterminazione dell’ammontare dei proventi spettanti a Regioni
e Province autonome, compresi quelli afferenti alla compartecipazione ai
tributi erariali. La stessa disposizione assegna tali risorse ad un fondo per
le attività di carattere sociale di pertinenza regionale e prevede altresì che,
in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni, sono
stabiliti criteri e modalità per la distribuzione delle stesse risorse tra le
singole Regioni e Province autonome.
Dal raffronto tra i
parametri prima richiamati e la norma censurata si trae la conclusione che
quest’ultima è costituzionalmente illegittima – nella parte in cui si applica
alla ricorrente – in quanto modifica l’ordinamento finanziario della Regione
Valle d’Aosta senza osservare il procedimento di approvazione delle norme di
attuazione dello Statuto, imposto, nella materia de qua, dallo Statuto stesso.
L’illegittimità
costituzionale dell’art. 9-bis, comma 5, del d.l. n. 78 del 2009 non è esclusa
dalla clausola di salvaguardia prevista nella stessa norma censurata –
«compatibilmente con gli statuti di autonomia delle regioni ad autonomia
speciale e delle citate province autonome» – giacché tale formula entra in
contraddizione con quanto affermato nel seguito della disposizione, con
esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome,
in merito alla variazione delle quote di compartecipazione regionale ai tributi
erariali.
Insufficiente è pure la
previsione del parere della Conferenza Stato-Regioni e del «tavolo di
confronto» previsto dall’art. 27, comma 7, della legge 5 maggio 2009, n. 42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione). I pareri prescritti in entrambe le
disposizioni citate non possono validamente sostituire l’accordo con
2.2. – Per quanto riguarda
Dalle disposizioni citate si
deduce che l’art. 104 dello statuto speciale, consentendo una modifica delle
norme relative all’autonomia finanziaria su concorde richiesta del Governo,
della Regione o delle Province, introduce una deroga alla regola prevista
dall’art. 103, che impone il procedimento di revisione costituzionale per le
modifiche statutarie, abilitando la legge ordinaria a conseguire tale scopo,
purché sia rispettato il principio consensuale. In merito alla norma censurata
nel presente giudizio, è indubbio che essa incida sui rapporti finanziari
intercorrenti tra lo Stato,
La conclusione appena
enunciata deve estendersi anche alla Provincia autonoma di Bolzano, in base
alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la dichiarazione di
illegittimità costituzionale di una norma statale, a seguito del ricorso di una
Provincia autonoma, qualora sia basata sulla violazione del sistema statutario
della Regione Trentino-Alto Adige, deve estendere la sua efficacia anche
all’altra (ex plurimis, sentenze n. 341 e n. 334 del 2009).
3. – Le questioni di
legittimità costituzionale riguardanti l’art. 22, commi 2 e 3, del d.l. n. 78
del 2009 sono fondate.
Preliminarmente, occorre
rilevare che la disposizione in esame è stata modificata successivamente alla
proposizione dei ricorsi. In particolare, l’art. 8-bis del decreto-legge 25
settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari
e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità
europee), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 20 novembre 2009, n.
Per valutare compiutamente
le questioni, è utile ricordare le modalità di finanziamento del Servizio
sanitario nazionale, con riferimento alle odierne ricorrenti. In particolare,
rilevano nel presente giudizio gli artt. 34 e 36 della legge 23 dicembre 1994,
n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). L’art. 34, comma
3, secondo periodo, stabilisce che «La regione Valle d’Aosta e le province
autonome di Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario
nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio
dello Stato utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi
sanitari ad esse attribuiti dall’art. 11, comma 9, del D.Lgs.
30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, e, ad
integrazione, le risorse dei propri bilanci». L’art. 36 dispone che «Rimangono
salve le competenze attribuite alla regione Valle d’Aosta dalla legge 26
novembre 1981, n. 690».
Gli artt. 34 e 36 della
legge n. 724 del 1994 non contengono norme di attuazione statutaria e non hanno
pertanto rango superiore a quello della legge ordinaria. Tuttavia, la
disciplina dell’ordinamento finanziario della Regione Valle d’Aosta e della
Provincia autonoma di Trento può essere modificata solo con l’accordo dell’una
e dell’altra, in virtù delle norme statutarie richiamate nei paragrafi
precedenti.
L’art. 22, commi 2 e 3,
incide invece in modo unilaterale sull’autonomia finanziaria di entrambe le
ricorrenti, imponendo loro di riversare nel bilancio dello Stato le somme
ricavate dalle economie sulla spesa farmaceutica. La specialità dell’autonomia
finanziaria delle stesse ricorrenti sarebbe vanificata se fosse possibile
variare l’assetto dei rapporti finanziari con lo Stato con una semplice legge
ordinaria, in assenza di un accordo bilaterale che la preceda. Né vale
richiamare la potestà legislativa statale sulla determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni relative ai diritti sociali, di cui all’art. 117,
secondo comma, lettera m), Cost., giacché la finalità del fondo alimentato
dalle risorse di cui sopra è indicata in modo generico («interventi relativi al
settore sanitario») e non si procede pertanto alla fissazione di alcun livello
di singole prestazioni.
Questa Corte, con
riferimento ad un caso analogo, ha precisato di recente che lo Stato, quando
non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, «neppure ha titolo per
dettare norme di coordinamento finanziario» (sentenza n. 341 del
2009). Come s’è visto prima, sia
In definitiva, si deve
dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’ultimo periodo del comma 3
dell’art. 22 del d.l. n. 78 del 2009, nella parte in cui si applica alla
Regione Valle d’Aosta, per violazione del principio di leale collaborazione, ed
alla Provincia autonoma di Trento, per violazione dell’autonomia finanziaria
provinciale e del principio di leale collaborazione.
La conclusione sopra
enunciata deve estendersi anche alla Provincia di Bolzano, in base alla
giurisprudenza di questa Corte richiamata al paragrafo 2.2.
riuniti i giudizi e riservata a separate
pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale
promosse dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato in
epigrafe;
dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo, del decreto-legge 1°
luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini),
convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto
2009, n. 102, nella parte in cui si applica alla Regione Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste ed alle Province autonome di Trento e di
Bolzano;
dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 22, comma 3, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2009, convertito in
legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009,
nella parte in cui si applica alla Regione Valle d’Aosta ed alle Province
autonome di Trento e di Bolzano.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 aprile 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE,
Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Giuseppe DI
PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il
15 aprile 2010.