Sentenza n. 133 del 2010

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SENTENZA N. 133

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori:

- Francesco        AMIRANTE                                                  Presidente

- Ugo                 DE SIERVO                                                  Giudice

- Paolo               MADDALENA                                             

- Alfio                FINOCCHIARO                                          

- Alfonso            QUARANTA                                                

- Franco             GALLO                                                        

- Luigi                MAZZELLA                                                 

- Gaetano           SILVESTRI                                                  

- Sabino             CASSESE                                                     

- Maria Rita        SAULLE                                                       

- Giuseppe         TESAURO                                                    

- Paolo Maria     NAPOLITANO                                            

- Giuseppe         FRIGO                                                          

- Alessandro       CRISCUOLO                                               

- Paolo               GROSSI                                                       

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 9-bis, comma 5, e 22, commi 2 e 3, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, promossi dalla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e dalla Provincia autonoma di Trento, con ricorsi notificati il 30 settembre-2 ottobre 2009 ed il 3 ottobre 2009, depositati in cancelleria il 1° ed il 7 ottobre 2009 ed iscritti ai nn. 68 e 80 del registro ricorsi 2009.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 10 marzo 2010 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini per la Regione Valle d’Aosta, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – La Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha promosso, con ricorso notificato il 30 settembre-2 ottobre 2009 e depositato il 1° ottobre 2009 (reg. ric. n. 68 del 2009), questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9-bis, comma 5, e 22, commi 2 e 3, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, per violazione degli artt. 48-bis e 50, quinto comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), dei principi di ragionevolezza e di leale collaborazione.

1.1. – Il comma 5 dell’art. 9-bis è impugnato nella parte in cui prevede che «In funzione di anticipazione dell’attuazione delle misure connesse alla realizzazione di un sistema di federalismo fiscale, secondo quanto previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, e allo scopo di assicurare la tutela dei diritti e delle prestazioni sociali fondamentali su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere espresso in sede di tavolo di confronto di cui all’articolo 27, comma 7, della citata legge n. 42 del 2009, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono fissati i criteri per la rideterminazione, a decorrere dall’anno 2009, dell’ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome, compatibilmente con gli statuti di autonomia delle regioni ad autonomia speciale e delle citate province autonome, ivi compresi quelli afferenti alla compartecipazione ai tributi erariali statali, in misura tale da garantire disponibilità finanziarie complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro annui e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Tali risorse sono assegnate ad un fondo da istituire nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono stabiliti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al secondo periodo del presente comma, criteri e modalità per la distribuzione delle risorse di cui al presente comma tra le singole regioni e province autonome, che il Ministro dell’economia e delle finanze provvede ad attuare con proprio decreto».

1.1.1. – La Regione Valle d’Aosta assume che l’art. 9-bis, comma 5, violi innanzitutto gli artt. 48-bis e 50, quinto comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta).

Al riguardo, la ricorrente osserva come il suo ordinamento finanziario sia disciplinato dalla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta), che fissa le quote di tributi erariali da attribuire alla medesima Regione. Pur trattandosi di una legge dello Stato, tale normativa è modificabile non nelle forme ordinarie, ma secondo il particolare procedimento previsto dall’art. 48-bis dello statuto speciale. In tal senso si esprime l’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta).

La peculiarità del procedimento di modificazione della legge n. 690 del 1981 si giustifica, secondo la ricorrente, anche alla luce della previsione dell’art. 50, quinto comma, dello statuto speciale, in base al quale la disciplina dell’ordinamento finanziario della Regione Valle d’Aosta è introdotta con legge dello Stato, in accordo con la Giunta regionale.

Sulla base di queste considerazioni, la difesa regionale ritiene che la norma impugnata, modificando con procedura ordinaria la legge n. 690 del 1981, violi sia l’art. 50, quinto comma, sia l’art. 48-bis dello statuto speciale.

Il primo parametro sarebbe violato a causa del mancato coinvolgimento della Giunta regionale nel procedimento di approvazione della norma oggetto dell’odierno giudizio di legittimità costituzionale.

L’art. 48-bis, invece, sarebbe violato in quanto il regime giuridico della legge n. 690 del 1981 è assimilato, dal citato art. 1 del d.lgs. n. 320 del 1994, a quello dei decreti legislativi di attuazione statutaria.

La ricorrente individua poi un secondo profilo di lesione delle attribuzioni regionali previste nell’art. 48-bis, avuto riguardo al fatto che il censurato art. 9-bis, comma 5, si porrebbe in aperto contrasto con quanto stabilito dal richiamato art. 1 del d.lgs. n. 320 del 1994; la violazione di quest’ultima norma, contenuta in un decreto legislativo di attuazione dello Statuto speciale, non modificabile né derogabile dal legislatore ordinario, comporterebbe, anche sotto tale profilo, la violazione dell’art. 48-bis.

1.1.2. – L’art. 9-bis, comma 5, violerebbe, inoltre, i principi di ragionevolezza, di cui all’art. 3 della Costituzione, e di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120 Cost.

Quanto all’asserito contrasto con quest’ultimo principio, la ricorrente muove dalla considerazione che l’ordinamento finanziario della Regione Valle d’Aosta è disciplinato «con legge dello Stato, in accordo con la Giunta regionale» (art. 50, quinto comma, dello statuto speciale), per concludere che una modifica di tale disciplina avrebbe richiesto l’acquisizione di una vera e propria intesa con la Regione medesima, oltre che per l’espressa previsione degli artt. 48-bis e 50 dello statuto, anche in virtù del principio di leale collaborazione.

La difesa regionale deduce, inoltre, il contrasto della norma impugnata con il principio di ragionevolezza: la modifica unilateralmente introdotta dallo Stato non terrebbe conto delle misure e degli atti già adottati dalla Regione, sulla base di quanto previsto dalla legge n. 690 del 1981, in merito alle quote di partecipazione ai tributi erariali riservate alla Valle d’Aosta, con la conseguente lesione del legittimo affidamento della Regione e, quindi, del principio di ragionevolezza.

1.2. – La ricorrente impugna anche l’art. 22, commi 2 e 3, del d.l. n. 78 del 2009 per violazione dei principi di ragionevolezza e di leale collaborazione.

La predetta norma, nel prevedere l’istituzione di un fondo con dotazione di 800 milioni di euro – «destinato ad interventi relativi al settore sanitario» ed alimentato con le economie di spese derivanti, tra l’altro, dall’applicazione del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 giugno 2009, n. 77 – dispone che «in sede di stipula del Patto per la salute è determinata la quota che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano riversano all’entrata del bilancio dello Stato per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale».

Secondo la ricorrente, il legislatore statale non avrebbe considerato che la Regione Valle d’Aosta provvede al «finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato» (art. 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 – Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e che, pertanto, le eventuali economie di spesa dovrebbero essere destinate ad interventi relativi al settore sanitario regionale.

La difesa regionale aggiunge che i principi di leale collaborazione e di ragionevolezza impongono allo Stato di non introdurre unilateralmente variazioni, anche di carattere normativo, in grado di determinare un vulnus al legittimo affidamento, sulla base del quale siano stati assunti, dagli altri enti, atti e comportamenti specifici che, in seguito a dette variazioni, si rivelino irrimediabilmente pregiudizievoli a causa della sopravvenuta mancanza della copertura finanziaria.

Nel caso di specie, lo Stato avrebbe imposto alla Regione di partecipare al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, senza tenere conto né del finanziamento esclusivamente regionale del SSN, né della mancata partecipazione della Valle d’Aosta al cosiddetto Patto per la salute.

La difesa regionale sottolinea come la normativa impugnata risulti del tutto irragionevole, atteso che, a partire dal 1994, è venuta meno qualsiasi forma di partecipazione reciproca, tra Stato e Regione Valle d’Aosta, al finanziamento dei rispettivi servizi sanitari. Per questa ragione, le norme censurate avrebbero pregiudicato, «irragionevolmente, oltre che inaspettatamente», il legittimo affidamento dell’odierna ricorrente sulla destinazione delle proprie risorse in ambito sanitario.

La lesione dei principi di ragionevolezza e di leale collaborazione sarebbe dunque rinvenibile nell’imposizione, del tutto irragionevole, di un finanziamento da parte della Valle d’Aosta al Servizio sanitario nazionale (ma non viceversa) e nell’individuazione della «sede per la quantificazione di tale finanziamento nella stipula di un Patto cui la Regione non partecipa».

2. – Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’infondatezza delle censure.

Quanto alla prospettata illegittimità dell’art. 9-bis, comma 5, la difesa erariale ritiene del tutto infondate le doglianze della ricorrente, in quanto la «rideterminazione» dell’ammontare dei proventi non costituirebbe una modifica normativa a regime, «ma un ricalcolo delle entrate che complessivamente affluiscono nei bilanci delle singole Regioni al netto della partecipazione al fondo per le attività di carattere sociale, tra cui la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni e la solidarietà e perequazione tra territori».

La norma impugnata, pertanto, sarebbe riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettere m) ed e), Cost.

Il resistente sottolinea, inoltre, come il meccanismo previsto dall’art. 9-bis, comma 5, punti a realizzare l’obiettivo del contenimento della finanza pubblica, anche al fine di rispettare i vincoli posti dal Patto di stabilità e di crescita. Le norme in oggetto conterrebbero dunque principi di coordinamento della finanza pubblica, i quali, secondo la giurisprudenza costituzionale richiamata dalla difesa erariale, possono comprendere anche statuizioni puntuali adottate dal legislatore statale per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario.

In merito alle censure formulate nei confronti dell’art. 22, commi 2 e 3, la difesa erariale ritiene che le norme impugnate introducano una manovra di contenimento della spesa farmaceutica che comporta un risparmio anche per la Regione Valle d’Aosta; pertanto, la ricorrente non sarebbe gravata da alcun onere supplementare.

Infine, quanto all’asserita violazione del principio di leale collaborazione e del necessario rispetto delle prerogative regionali, questi sarebbero garantiti dalla previsione dell’approvazione del Piano per la salute.

3. – In prossimità dell’udienza pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria nella quale si riporta integralmente a quanto già dedotto nell’atto di costituzione nel presente giudizio e nella memoria depositata nel giudizio promosso dalla Provincia autonoma di Trento, avente ad oggetto le medesime norme (reg. ric. n. 80 del 2009).

4. – La Provincia autonoma di Trento ha promosso, con ricorso notificato il 3 ottobre 2009 e depositato il successivo 7 ottobre (reg. ric. n. 80 del 2009), questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni del d.l. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009, e, tra queste, degli artt. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo, e 22, commi 2 e 3, per violazione degli artt. 69-86 (Titolo VI), 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dell’art. 117, terzo, quarto e sesto comma, Cost., in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e dei principi di ragionevolezza, di leale collaborazione e di legalità sostanziale.

4.1. – La difesa provinciale rileva, preliminarmente, come l’art. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo, del d.l. n. 78 del 2009, attribuisca al Presidente del Consiglio dei ministri un potere di natura regolamentare, affinché siano fissati «i criteri per la rideterminazione, a decorrere dall’anno 2009, dell’ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome, compatibilmente con gli statuti di autonomia delle regioni ad autonomia speciale e delle citate province autonome, ivi compresi quelli afferenti alla compartecipazione ai tributi erariali statali». Lo scopo di siffatta previsione è quello di «garantire disponibilità finanziarie complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro annui», destinate «ad un fondo da istituire nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale». Si prevede poi che il Ministro dell’economia e delle finanze provveda ad attuare con proprio decreto i criteri e le modalità per la distribuzione delle risorse, stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Per giustificare la previsione di un potere regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 9-bis, comma 5, invoca lo «scopo di assicurare la tutela dei diritti e delle prestazioni sociali fondamentali su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione».

Secondo la ricorrente, la norma impugnata non definisce alcun livello essenziale delle prestazioni sociali ma si limita a prevedere un fondo «per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale», e dunque incide sulle materie della finanza regionale e dei servizi sociali.

La Provincia autonoma di Trento sottolinea, al riguardo, come la clausola di salvaguardia delle autonomie speciali, prevista dall’art. 9-bis, comma 5, sia di «difficile applicazione», poiché il tenore complessivo della disposizione impugnata presuppone che anche le Province autonome debbano essere coinvolte dalla «rideterminazione, a decorrere dall’anno 2009, dell’ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome». Un’ulteriore conferma in tal senso sarebbe desumibile dall’ultimo periodo del comma 5, il quale prevede «la distribuzione delle risorse di cui al presente comma tra le singole regioni e province autonome».

4.1.1. – Alla luce delle anzidette considerazioni, la ricorrente assume l’illegittimità costituzionale dell’art. 9-bis, comma 5, secondo periodo, per violazione dell’autonomia finanziaria della Provincia di Trento, risultante dagli artt. 69 e seguenti (specialmente dagli artt. 75 e 78) del d.P.R. n. 670 del 1972, integrati dalla legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria) e dagli artt. 5, 6, 7, 9, 10 e 11 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale).

Sarebbero violati anche gli artt. 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972, i quali prevedono che le modifiche e le integrazioni delle norme statutarie sopra richiamate debbano avvenire con fonte primaria e con il consenso delle Province autonome.

Strettamente collegata alle predette censure è quella prospettata rispetto all’art. 117, sesto comma, Cost., il quale sarebbe violato in quanto la norma impugnata prevede l’esercizio della potestà regolamentare statale in ambiti materiali di competenza delle Province autonome.

Secondo la difesa della ricorrente, il principio consensuale, che domina la materia dei rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni speciali, avrebbe reso necessaria la prescrizione della stipula di un accordo con le Province autonome riguardo alla compatibilità del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto nel secondo periodo dell’art. 9-bis, comma 5, con l’autonomia finanziaria delle Province stesse. Pertanto, la previsione del parere della Conferenza Stato-Regioni e di quello espresso in sede di tavolo di confronto di cui all’art. 27, comma 7, della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), non sarebbe sufficiente a soddisfare il principio di leale collaborazione.

Il secondo periodo dell’art. 9-bis, comma 5, violerebbe, inoltre, il principio di legalità sostanziale, in quanto l’unico criterio contenuto nella disposizione legislativa impugnata è «di tipo quantitativo»; infatti, il d.P.C.m. ivi previsto deve «garantire disponibilità finanziarie complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro annui e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». Secondo la ricorrente, la violazione del principio di legalità sostanziale, nella previsione di un atto governativo limitativo dell’autonomia della Provincia autonoma, si tradurrebbe in lesione delle prerogative costituzionali di questa (è richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 2004).

4.1.2. – La Provincia autonoma di Trento impugna il terzo ed il quarto periodo dell’art. 9-bis, comma 5, per violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost. e dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in quanto prevedrebbero un fondo settoriale in una materia di competenza provinciale piena (servizi sociali), istituendolo peraltro nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze e non del Ministero competente per materia.

Un fondo siffatto, secondo la difesa provinciale, non sarebbe giustificabile in virtù del principio di sussidiarietà, dato che nessuna esigenza unitaria risulta dalla disposizione impugnata, la quale, anzi, contiene un espresso riferimento alle «attività di carattere sociale di pertinenza regionale». Né la dedotta illegittimità verrebbe meno per il fatto che i criteri e le modalità per la distribuzione delle risorse in oggetto sono stabiliti in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Pertanto, la ricorrente ritiene che i periodi terzo e quarto dell’art. 9-bis, comma 5, violino la sua autonomia finanziaria, quale risulta dalle norme sopra citate, dato che una quota dei proventi generali della Provincia viene destinata dallo Stato al settore dei servizi sociali. Sarebbe violata anche l’autonomia legislativa nella materia dei servizi sociali, in quanto le scelte della Provincia in questa materia sono destinate ad essere condizionate dalla delibera della Conferenza Stato-Regioni.

Da ultimo, la difesa provinciale ritiene paradossale che l’istituzione di un fondo statale settoriale, in materia regionale, venga giustificata con l’intento di anticipare l’«attuazione delle misure connesse alla realizzazione di un sistema di federalismo fiscale».

4.2. – È impugnato, inoltre, l’art. 22, commi 2 e 3, del d.l. n. 78 del 2009. In proposito, la ricorrente premette che, ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994, «La regione Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari ad esse attribuiti dall’articolo 11, comma 9, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci».

Dunque, nella Provincia di Trento il servizio sanitario è finanziato, essenzialmente, con le risorse generali che alla medesima Provincia spettano in virtù delle norme che ne configurano l’autonomia finanziaria (artt. 69 e seguenti del d.P.R. n. 670 del 1972; legge n. 386 del 1989 e d.lgs. n. 268 del 1992).

La difesa provinciale sottolinea, altresì, come alle norme appena citate, contenute nel Titolo VI dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, non possa derogare una legge ordinaria (se non con il consenso delle Province, ai sensi dell’art. 104 del d.P.R. n. 670 del 1972); parimenti, una legge non può derogare alle statuizioni recate dal d.lgs. n. 268 del 1992, trattandosi di norme di attuazione statutaria, le quali hanno competenza separata e riservata e sono dotate di forza prevalente rispetto alle leggi ordinarie.

Pertanto, aggiunge la ricorrente, le risorse che affluiscono al bilancio provinciale in base alle norme dello Statuto speciale ed a quelle di attuazione statutaria non possono essere «distratte» da una legge ordinaria e destinate ad uno scopo in essa definito.

La Provincia di Trento ritiene che proprio questo sia, invece, l’effetto prodotto dall’art. 22, comma 3, in quanto le economie di spesa ivi previste non attengono a risorse erogate dallo Stato alla Provincia autonoma per finanziare il servizio sanitario, ma sono economie che si producono in relazione a risorse proprie dell’ente provinciale, che quest’ultimo, «senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato» (art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994), ha destinato al servizio sanitario.

La ricorrente esclude che alle predette osservazioni si possa replicare facendo leva sulla natura statale della fonte che ha prodotto tali economie, poiché l’intervento legislativo statale potrebbe, in astratto, determinare un aggravio della spesa provinciale senza che a ciò corrisponda alcuna contribuzione da parte dello Stato.

La Provincia deduce, dalle argomentazioni che precedono, l’illegittimità del comma 3 dell’art. 22, nella parte in cui prevede che «In sede di stipula del Patto per la salute è determinata la quota che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano riversano all’entrata del bilancio dello Stato per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale». In particolare, sarebbe lesa l’autonomia finanziaria provinciale poiché la norma impugnata prevede che una quota delle risorse affluite alla Provincia in attuazione delle norme statutarie e di attuazione sia attribuita allo Stato.

Né potrebbe sostenersi che la lesione venga meno a causa della previsione secondo cui la quota da versare è determinata in sede di stipula del Patto per la salute; infatti, tale norma presuppone comunque l’obbligo di conferire allo Stato risorse appartenenti al bilancio provinciale e, in ogni caso, non è previsto un intervento codecisorio della Provincia di Trento.

La ricorrente ritiene pertanto che l’art. 22, comma 3, sia incostituzionale nella parte in cui prevede che anche la Provincia di Trento debba riversare una quota delle proprie risorse – ad essa spettanti in virtù di norme non derogabili da leggi statali – al bilancio dello Stato, per effetto delle economie nella spesa farmaceutica.

La difesa provinciale esclude, altresì, che le norme di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 23 possano giustificarsi invocando la necessità di risanare la finanza statale e quindi il potere statale di coordinamento della finanza pubblica. Le statuizioni impugnate, infatti, non realizzerebbero alcun risparmio ma si limiterebbero a «spostare» risorse delle Regioni e delle Province autonome a favore di un fondo gestito a livello ministeriale. Di conseguenza, non sarebbe pertinente il richiamo alla competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, trattandosi piuttosto di norme incidenti sulla tutela della salute e quindi lesive dell’autonomia legislativa ed amministrativa della Provincia ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità).

I commi 2 e 3 dell’art. 22 violerebbero, inoltre, l’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), perché sarebbero direttamente applicabili in un ambito materiale di competenza provinciale (tutela della salute), imponendo alla Provincia di destinare al bilancio statale una quota delle proprie risorse destinate al servizio sanitario.

In subordine, qualora la Corte ritenesse che anche la Provincia di Trento sia soggetta al meccanismo istituito dall’art. 22 del d.l. n. 78 del 2009, la ricorrente impugna il primo periodo del comma 2 dell’art. 22 nella parte in cui prescrive il parere e non l’intesa della Conferenza Stato-Regioni. La mancata previsione di un coinvolgimento «forte» della Conferenza Stato-Regioni, in merito all’istituzione di un fondo attinente a materia di competenza provinciale, comporterebbe la lesione del principio di leale collaborazione.

Infine, parimenti illegittimo sarebbe il comma 3 dell’art. 22 nella parte in cui non prevede un’intesa con la Provincia per la quantificazione concreta dell’obbligazione gravante su di essa. In questo caso sarebbero violati l’autonomia finanziaria provinciale ed il principio di leale collaborazione.

5. – Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’infondatezza delle censure.

La difesa erariale svolge argomentazioni identiche a quelle sviluppate nell’atto di costituzione nel giudizio promosso dalla Regione Valle d’Aosta (reg. ric. n. 68 del 2009).

Inoltre, con riferimento alla questione relativa all’art. 22, commi 2 e 3, l’Avvocatura generale segnala che una norma analoga, introdotta dall’art. 13 del d.l. n. 39 del 2009, non è stata impugnata dall’odierna ricorrente.

6. – In data 16 gennaio 2010, la difesa provinciale ha depositato la delibera del Consiglio della Provincia autonoma di Trento con la quale è stata ratificata, ai sensi dell’art. 54, numero 7), del d.P.R. n. 670 del 1972, la deliberazione della Giunta provinciale riguardante la presente impugnativa.

7. – In prossimità dell’udienza pubblica, la Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria con la quale insiste nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso.

7.1. – Preliminarmente, la ricorrente evidenzia come l’ultimo periodo dell’art. 9-bis, comma 5, sia stato modificato dall’art. 2, comma 152, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), che ha aggiunto, dopo le parole: «Ministro dell’economia e delle finanze», le seguenti: «, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali,». Siffatta modifica non sarebbe però rilevante nel presente giudizio.

Nel merito, la difesa provinciale contesta le considerazioni svolte nell’atto di costituzione di parte avversa, là dove si afferma che la rideterminazione dell’ammontare dei proventi non costituisce una modifica normativa a regime ma un ricalcolo delle entrate. Ad avviso della Provincia di Trento, è inevitabile che la norma impugnata operi sul piano normativo, prevedendo una disciplina a regime e non meramente transitoria.

La ricorrente esclude che la norma di cui all’art. 9-bis, comma 5, possa essere ricondotta alla competenza statale prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto non definisce alcun livello essenziale delle prestazioni sociali, ma si limita a prevedere un fondo «per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale». D’altra parte, nel presente giudizio non ricorrerebbero i presupposti per una decisione analoga a quella assunta con la sentenza n. 10 del 2010.

Peraltro, se anche l’istituzione del fondo in questione fosse giustificabile ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., il fondo stesso non potrebbe essere finanziato derogando alle norme statutarie ed a quelle di attuazione che configurano l’autonomia finanziaria provinciale, tanto meno se la deroga è introdotta con un d.P.C.m.

Inconferente sarebbe poi il richiamo, operato dalla difesa erariale, all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., non solo perché non menzionato dall’art. 9-bis, comma 5, ma anche a causa della mancanza di una funzione perequativa della norma impugnata.

Infine, la ricorrente sottolinea come il quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato e la Regione Trentino-Alto Adige sia stato, recentemente, modificato con una espressa modifica statutaria dall’art. 2, commi 107-125, della legge n. 191 del 2009. In tale quadro, osserva la difesa provinciale, è stato definito anche il concorso «al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà e all’esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonché all’assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall’ordinamento comunitario, dal patto di stabilità interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» (nuovo art. 79 del d.P.R. n. 670 del 1972).

7.2. – In riferimento all’art. 22 del d.l. n. 78 del 2009, la Provincia di Trento ricorda come anche questa disposizione sia stata oggetto di modifiche dopo l’impugnazione. In particolare, l’art. 8-bis del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee) ha aggiunto, dopo il secondo periodo del comma 2, le seguenti parole: «A valere sul fondo di cui al presente comma un importo, in misura non inferiore a 2 milioni di euro annui, è destinato al Centro nazionale trapianti, al fine dell’attuazione delle disposizioni in materia di cellule riproduttive, di cui al decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 191, nonché in materia di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani, di cui alle direttive 2006/17/CE della Commissione, dell’8 febbraio 2006, e 2006/86/CE della Commissione, del 24 ottobre 2006, in corso di recepimento». Secondo la ricorrente, anche la predetta modifica non incide sulla materia del contendere.

Nel merito, la difesa provinciale ritiene che l’Avvocatura generale abbia descritto gli effetti concreti delle norme impugnate ma non abbia replicato alle censure avanzate nel ricorso. In particolare, la fondatezza delle questioni prospettate sarebbe avvalorata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 341 del 2009, nella quale si afferma: «Dal momento che lo Stato non concorre al finanziamento del servizio sanitario provinciale, né quindi contribuisce a cofinanziare una eventuale abolizione o riduzione del ticket in favore degli utenti dello stesso, esso neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento di una spesa sanitaria che è interamente sostenuta dalla Provincia autonoma di Trento».

Infine, quanto alla mancata impugnazione dell’art. 13 del d.l. n. 39 del 2009, rilevata dalla difesa erariale, la Provincia di Trento precisa che la decisione di non promuovere questione di legittimità costituzionale è stata assunta in ragione della particolare destinazione delle somme («copertura degli oneri derivanti dagli interventi urgenti conseguenti agli eccezionali eventi sismici che hanno interessato la regione Abruzzo»: art. 13, comma 3, lettera a). In ogni caso, la mancata impugnazione sarebbe stata irrilevante ai fini della decisione della presente questione anche se l’art. 13 avesse avuto un contenuto identico a quello dell’art. 22 del d.l. n. 78 del 2009 (è richiamata la sentenza n. 9 del 2010 della Corte costituzionale).

8. – In prossimità dell’udienza pubblica, anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria nella quale ribadisce quanto già affermato nell’atto di costituzione.

La difesa erariale sottolinea come le questioni prospettate dalla Provincia autonoma di Trento si risolvano «in un’esternazione quasi profetica di quello che essa teme possa accadere e che invece non può accadere se verrà – come sicuramente verrà – rispettata la disposizione in esame con leale collaborazione nel suo momento attuativo».

Con particolare riferimento all’art. 9-bis, comma 5, il resistente precisa che la norma impugnata assicura il rispetto delle attribuzioni delle Regioni ad autonomia speciale e delle Province autonome e che, pertanto, la citata norma non può che essere intesa ed applicata in modo coerente con il riparto di competenza costituzionale.

L’Avvocatura generale ricorda, infine, come la Corte costituzionale abbia sottolineato in più occasioni che, a seguito di manovre di finanza pubblica, possono determinarsi riduzioni nella disponibilità finanziaria delle Regioni, purché non siano tali da comportare uno squilibrio incompatibile con le complessive esigenze di spesa regionale e non rendano insufficienti i mezzi finanziari dei quali ogni Regione dispone per l’adempimento dei propri compiti.

In relazione all’art. 22, commi 2 e 3, la difesa erariale ribadisce che il fondo ivi previsto è destinato al finanziamento di interventi nel settore sanitario per la tutela della salute di tutti i cittadini, a prescindere dal luogo nel quale essi risiedono. Pertanto, la norma impugnata troverebbe fondamento nella competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

In conclusione, il resistente evidenzia che, in virtù dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 22, la Provincia ricorrente non potrà che beneficiare della riduzione delle spese per i farmaci, di cui disporrà, nel quadro della leale collaborazione, in sede di stipula del Patto per la salute, quando cioè sarà determinato il contributo dovuto dalla Provincia al Servizio sanitario nazionale.

Considerato in diritto

1. – La Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9-bis, comma 5, e 22, commi 2 e 3, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, per violazione degli artt. 48-bis e 50, quinto comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), dei principi di ragionevolezza e di leale collaborazione.

La Provincia autonoma di Trento ha promosso questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni del d.l. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009, e, tra queste, degli artt. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo, e 22, commi 2 e 3, per violazione degli artt. 69-86 (Titolo VI), 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dell’art. 117, terzo, quarto e sesto comma, Cost., in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e dei principi di ragionevolezza, di leale collaborazione e di legalità sostanziale.

Riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione, promossa dalla Provincia autonoma di Trento, delle altre disposizioni contenute nel suddetto d.l. n. 78 del 2009, vengono in esame in questa sede le questioni di legittimità costituzionale relative agli artt. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo, e 22, commi 2 e 3.

I giudizi, così separati e delimitati, in considerazione della loro connessione oggettiva, devono essere riuniti, per essere decisi con un’unica pronuncia.

2. – Le questioni di legittimità aventi ad oggetto l’art. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo, del d.l. n. 78 del 2009 sono fondate.

2.1. – Per quanto riguarda la Regione Valle d’Aosta, le norme statutarie, evocate quali parametri nella presente questione, sono gli artt. 48-bis e 50, quinto comma, dello Statuto speciale. La prima norma disciplina il meccanismo di approvazione dei decreti legislativi di attuazione statutaria e stabilisce, al secondo comma, che «Gli schemi dei decreti legislativi sono elaborati da una commissione paritetica composta da sei membri nominati, rispettivamente, tre dal Governo e tre dal consiglio regionale della Valle d’Aosta e sono sottoposti al parere del consiglio stesso». La seconda statuisce che «Entro due anni dall’elezione del Consiglio della Valle, con legge dello Stato, in accordo con la Giunta regionale, sarà stabilito, a modifica degli artt. 12 e 13, un ordinamento finanziario della Regione».

La legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta) ha modificato il quadro dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Valle d’Aosta ed ha dettato una nuova disciplina dell’ordinamento finanziario della Regione stessa. In particolare, gli artt. 1, 2, 3 e 4 della suddetta legge hanno regolato le quote di partecipazione regionale alle imposte erariali. Quanto alla posizione nel sistema delle fonti di questa legge, il decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta) stabilisce, all’art. 1, che «Le norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta […] nonché l’ordinamento finanziario della regione stabilito, ai sensi dell’art. 50, comma 3, dello statuto speciale, con la legge 26 novembre 1981, n. 690 e con l’art. 8, comma 4, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, possono essere modificati solo con il procedimento di cui all’art. 48-bis del medesimo statuto speciale».

Dalla citata norma di attuazione si deduce che le modifiche dell’ordinamento finanziario della Regione Valle d’Aosta devono avvenire con il procedimento previsto dall’art. 48-bis dello Statuto, prescritto per l’approvazione dei decreti legislativi di attuazione statutaria, e quindi a seguito dei lavori della commissione paritetica e del parere del Consiglio della Valle. La norma censurata, invece, attribuisce ad un d.P.C.m. il compito di fissare i criteri per la rideterminazione dell’ammontare dei proventi spettanti a Regioni e Province autonome, compresi quelli afferenti alla compartecipazione ai tributi erariali. La stessa disposizione assegna tali risorse ad un fondo per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale e prevede altresì che, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni, sono stabiliti criteri e modalità per la distribuzione delle stesse risorse tra le singole Regioni e Province autonome.

Dal raffronto tra i parametri prima richiamati e la norma censurata si trae la conclusione che quest’ultima è costituzionalmente illegittima – nella parte in cui si applica alla ricorrente – in quanto modifica l’ordinamento finanziario della Regione Valle d’Aosta senza osservare il procedimento di approvazione delle norme di attuazione dello Statuto, imposto, nella materia de qua, dallo Statuto stesso.

L’illegittimità costituzionale dell’art. 9-bis, comma 5, del d.l. n. 78 del 2009 non è esclusa dalla clausola di salvaguardia prevista nella stessa norma censurata – «compatibilmente con gli statuti di autonomia delle regioni ad autonomia speciale e delle citate province autonome» – giacché tale formula entra in contraddizione con quanto affermato nel seguito della disposizione, con esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome, in merito alla variazione delle quote di compartecipazione regionale ai tributi erariali.

Insufficiente è pure la previsione del parere della Conferenza Stato-Regioni e del «tavolo di confronto» previsto dall’art. 27, comma 7, della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione). I pareri prescritti in entrambe le disposizioni citate non possono validamente sostituire l’accordo con la Regione Valle d’Aosta, posto a tutela del suo speciale ordinamento finanziario, che non può essere accomunato e omologato a quello delle altre Regioni.

2.2. – Per quanto riguarda la Provincia autonoma di Trento, bisogna osservare che l’autonomia finanziaria della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è disciplinata dal Titolo VI dello statuto speciale. Negli articoli che vanno da 69 a 86 di tale statuto sono regolati i rapporti finanziari tra lo Stato, la Regione e le Province autonome, comprese le quote di compartecipazione ai tributi erariali. Inoltre, il primo comma dell’art. 104 dello stesso statuto stabilisce che «Fermo quanto disposto dall’articolo 103 le norme del titolo VI e quelle dell’art. 13 possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province». Il richiamato art. 103 prevede, a sua volta, che le modifiche statutarie debbano avvenire con il procedimento previsto per le leggi costituzionali.

Dalle disposizioni citate si deduce che l’art. 104 dello statuto speciale, consentendo una modifica delle norme relative all’autonomia finanziaria su concorde richiesta del Governo, della Regione o delle Province, introduce una deroga alla regola prevista dall’art. 103, che impone il procedimento di revisione costituzionale per le modifiche statutarie, abilitando la legge ordinaria a conseguire tale scopo, purché sia rispettato il principio consensuale. In merito alla norma censurata nel presente giudizio, è indubbio che essa incida sui rapporti finanziari intercorrenti tra lo Stato, la Regione e le Province autonome, per i motivi già illustrati nel paragrafo precedente a proposito della Regione Valle d’Aosta, e che pertanto avrebbe dovuto essere approvata con il procedimento previsto dal citato art. 104 dello statuto speciale, ove è richiesto il necessario accordo preventivo di Stato e Regione. Di conseguenza, deve ritenersi che i periodi secondo, terzo e quarto del comma 5 dell’art. 9-bis sono costituzionalmente illegittimi, nella parte in cui si applicano anche alla Provincia autonoma di Trento.

La conclusione appena enunciata deve estendersi anche alla Provincia autonoma di Bolzano, in base alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma statale, a seguito del ricorso di una Provincia autonoma, qualora sia basata sulla violazione del sistema statutario della Regione Trentino-Alto Adige, deve estendere la sua efficacia anche all’altra (ex plurimis, sentenze n. 341 e n. 334 del 2009).

3. – Le questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’art. 22, commi 2 e 3, del d.l. n. 78 del 2009 sono fondate.

Preliminarmente, occorre rilevare che la disposizione in esame è stata modificata successivamente alla proposizione dei ricorsi. In particolare, l’art. 8-bis del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 20 novembre 2009, n. 166, ha introdotto un nuovo inciso dopo il secondo periodo del comma 2 della disposizione censurata. Poiché la modifica non influisce sulla sostanza normativa del suddetto comma, le questioni promosse nel presente giudizio devono intendersi trasferite sul nuovo testo.

La Regione Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Trento incentrano le loro censure essenzialmente sull’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 22 del d.l. citato. Questa norma prevede che le economie di spesa farmaceutica siano riversate dalle Regioni speciali e dalle Province autonome all’entrata del bilancio dello Stato, per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

Per valutare compiutamente le questioni, è utile ricordare le modalità di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, con riferimento alle odierne ricorrenti. In particolare, rilevano nel presente giudizio gli artt. 34 e 36 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). L’art. 34, comma 3, secondo periodo, stabilisce che «La regione Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari ad esse attribuiti dall’art. 11, comma 9, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci». L’art. 36 dispone che «Rimangono salve le competenze attribuite alla regione Valle d’Aosta dalla legge 26 novembre 1981, n. 690».

Gli artt. 34 e 36 della legge n. 724 del 1994 non contengono norme di attuazione statutaria e non hanno pertanto rango superiore a quello della legge ordinaria. Tuttavia, la disciplina dell’ordinamento finanziario della Regione Valle d’Aosta e della Provincia autonoma di Trento può essere modificata solo con l’accordo dell’una e dell’altra, in virtù delle norme statutarie richiamate nei paragrafi precedenti.

L’art. 22, commi 2 e 3, incide invece in modo unilaterale sull’autonomia finanziaria di entrambe le ricorrenti, imponendo loro di riversare nel bilancio dello Stato le somme ricavate dalle economie sulla spesa farmaceutica. La specialità dell’autonomia finanziaria delle stesse ricorrenti sarebbe vanificata se fosse possibile variare l’assetto dei rapporti finanziari con lo Stato con una semplice legge ordinaria, in assenza di un accordo bilaterale che la preceda. Né vale richiamare la potestà legislativa statale sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti sociali, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., giacché la finalità del fondo alimentato dalle risorse di cui sopra è indicata in modo generico («interventi relativi al settore sanitario») e non si procede pertanto alla fissazione di alcun livello di singole prestazioni.

Questa Corte, con riferimento ad un caso analogo, ha precisato di recente che lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, «neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario» (sentenza n. 341 del 2009). Come s’è visto prima, sia la Regione Valle d’Aosta, sia la Provincia autonoma di Trento non gravano, per il finanziamento della spesa sanitaria nell’ambito dei rispettivi territori, sul bilancio dello Stato, e quindi quest’ultimo non ha titolo per pretendere il versamento sul proprio bilancio delle somme risparmiate dalla spesa farmaceutica, che di quella sanitaria fa parte.

In definitiva, si deve dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 22 del d.l. n. 78 del 2009, nella parte in cui si applica alla Regione Valle d’Aosta, per violazione del principio di leale collaborazione, ed alla Provincia autonoma di Trento, per violazione dell’autonomia finanziaria provinciale e del principio di leale collaborazione.

La conclusione sopra enunciata deve estendersi anche alla Provincia di Bolzano, in base alla giurisprudenza di questa Corte richiamata al paragrafo 2.2.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi e riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 9-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui si applica alla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 3, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009, nella parte in cui si applica alla Regione Valle d’Aosta ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 aprile 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Gaetano SILVESTRI, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 aprile 2010.