SENTENZA N. 128
ANNO 2011
Commento alla decisione di
Davide Monego
(per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Alfio FINOCCHIARO Giudice
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42, promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 26 maggio 2010, depositato in cancelleria il 1° giugno 2010 ed iscritto al n. 82 del registro ricorsi 2010.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2011 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Andrea Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 26 maggio 2010 e depositato il 1° giugno successivo, la Regione Veneto ha impugnato – in riferimento agli artt. 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 della Costituzione – l’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), introdotto dalla legge di conversione 26 marzo 2010, n. 42 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 72 del 27 marzo 2010), nella parte in cui prevede la soppressione delle Autorità territoriali d’àmbito e pone limitazioni alla loro conferma come titolari delle funzioni d’àmbito, nonché nella parte in cui prevede la nullità degli atti da queste compiuti oltre il termine di soppressione.
La disposizione censurata, contenuta in un articolo intitolato «Interventi urgenti sul contenimento delle spese negli enti locali», inserisce nell’articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), il seguente comma: «186-bis. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppresse le Autorità d’ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princípi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge».
1.1. – La ricorrente premette di essere dotata di potestà legislativa piena in materia di servizi pubblici locali e di organizzazione degli enti locali – salvi i profili di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. – ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. ed evidenzia che, già prima della riforma costituzionale del 2001, la legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), aveva riconosciuto alle Regioni un ruolo centrale nell’organizzazione del servizio idrico integrato, prevedendo, all’art. 8, comma 2, che le stesse provvedessero alla delimitazione degli àmbiti territoriali ottimali e, all’art. 9, comma 3, che esse disciplinassero le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo àmbito ottimale. In attuazione di queste norme, la Regione Veneto ha adottato la legge regionale 27 marzo 1998, n. 5 (Disposizioni in materia di risorse idriche, istituzione del servizio idrico integrato ed individuazione degli ambiti territoriali ottimali, in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36), che ha individuato gli àmbiti territoriali ottimali e ha previsto l’istituzione delle Autorità d’àmbito da parte dei Comuni e delle Province ricadenti in ciascun ambito, attraverso l’uso da parte di questi dello strumento della convenzione o del consorzio, previsti all’epoca dall’art. 24 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali). Secondo quanto previsto dalla legge reg. n. 5 del 1998, tali Autorità: a) hanno «funzioni di programmazione, organizzazione e controllo del servizio idrico integrato» (art. 3, comma 5); b) sono dotate di personalità giuridica di diritto pubblico (art. 5, comma 1); c) sono finanziate «a carico degli enti locali ricadenti nell’àmbito, proporzionalmente al numero degli abitanti residenti» (art. 6, comma 3). Lo strumento dell’Autorità d’ambito – prosegue la Regione – è poi stato utilizzato anche dagli articoli 14 e seguenti della legge reg. 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti).
La Regione richiama, poi, il d.lgs. n. 152 del 2006, successivamente intervenuto nella materia, il quale prevede l’istituzione delle Autorità d’àmbito agli articoli 148 e 201. In base alla prima di tali disposizioni, «l’Autorità d’ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche»; inoltre «le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d’ambito di cui al comma 1, cui è demandata l’organizzazione, l’affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato». In base all’art. 201, «al fine dell’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano [...] disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d’ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l’organizzazione, l’affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti». La ricorrente sostiene che le sue Autorità d’àmbito sono operative da diversi anni, con piani «approvati, efficaci e ove occorra già aggiornati» e sottolinea che esse sono state istituite e sono tuttora disciplinate dalla legge reg. n. 5 del 1998, precedente all’entrata in vigore di tali piú recenti disposizioni statali.
Nell’intervenire in questo quadro, la disposizione censurata andrebbe «ad incidere gravemente su servizi pubblici essenziali di competenza regionale, travolgendone il corretto attuale funzionamento» e ledendo le prerogative costituzionali della Regione e degli enti locali. Essa – sempre ad avviso della ricorrente – non sembra potersi interpretare nel senso che la disposta soppressione delle Autorità d’àmbito non si applichi alla Regione Veneto, né nel senso che la Regione possa ricostituire le Autorità soppresse.
1.2. – Su tali premesse, la Regione lamenta, in primo luogo, che la norma impugnata víola gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’àmbito per mere esigenze di risparmio, pone un limite puntuale a una voce specifica di spesa che non rappresenta un rilevante aggregato della spesa di parte corrente.
La ricorrente rileva che la disposizione in questione è ascrivibile alla materia del coordinamento della finanza pubblica, perché è contenuta in un articolo rubricato «Interventi urgenti sul contenimento delle spese negli enti locali» e perché aggiunge all’art. 2 della legge n. 191 del 2009 un comma, il 186-bis, che si trova compreso fra una disposizione che prevede il dovere dei Comuni di adottare determinate misure, quali la soppressione del difensore civico comunale e delle circoscrizioni di decentramento, «al fine del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica» (comma 186), ed un’altra disposizione che sancisce la cessazione del concorso statale al finanziamento delle comunità montane. La stessa ricorrente esclude, inoltre, che la norma impugnata possa essere ricondotta alle materie della tutela dell’ambiente e della tutela della concorrenza, «essendo assente qualsiasi riferimento esplicito a tali materie» ed andando essa «contro gli interessi ambientali e della concorrenza, dal momento che proprio la razionalizzazione delle competenze nelle ATO era dovuta alla tutela di tali valori».
Ne consegue, per la Regione, la violazione degli evocati parametri, perché la competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica consiste nel potere di dettare princípi fondamentali. Nell’esercizio di tale competenza, lo Stato potrebbe porre limiti alla spesa complessiva degli enti territoriali – al fine di garantire l’unità del bilancio ed il necessario rispetto dei vincoli del patto di stabilità comunitario –, ma non decidere in luogo delle Regioni quali specifiche voci di spesa debbano essere compresse per rispettare tali limiti, perché ciò è indifferente al complessivo esito finanziario e rientra, dunque, nell’àmbito dell’autonomia regionale. Gli unici casi in cui limiti riguardanti specifiche voci di spesa potrebbero essere ritenuti ammissibili sono quelli relativi a vincoli a carattere transitorio oppure ad ipotesi nelle quali le Regioni mantengano pur sempre un margine di scelta per modulare il limite.
La limitazione di carattere organizzativo introdotta dalla disposizione censurata – conclude sul punto la ricorrente – lede la competenza legislativa regionale in materia di coordinamento della finanza pubblica e si traduce in un ingiustificato vincolo all’autonomia finanziaria della stessa Regione e degli enti locali.
1.3. – Ad avviso della Regione, la disposizione denunciata contrasta – in secondo luogo – con gli artt. 117, quarto comma, e 118 Cost., perché, nel prevedere la soppressione delle Autorità territoriali d’àmbito, pone un vincolo che incide sulla competenza legislativa residuale regionale in tema di servizio idrico e forme di cooperazione degli enti locali, nonché sul «potere regionale di allocare le funzioni amministrative nelle materie regionali».
La ricorrente sostiene, infatti, di essere «competente a regolare le forme di collaborazione tra gli enti locali, sul presupposto che esse, essendo strettamente legate all’esercizio di funzioni amministrative nelle diverse materie, fanno parte della disciplina di tale esercizio, e devono dunque essere in una qualche misura regolabili dall’ente titolare della competenza nei diversi settori».
1.4. – È evocato – in terzo luogo – il parametro dell’art. 97 Cost., sul rilievo che la norma censurata, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’àmbito ad una scadenza prefissata e senza una disciplina transitoria, impone alle Regioni «di rinunciare ad un modulo organizzativo che […] è idoneo a garantire uno svolgimento adeguato del servizio».
Per la ricorrente, le Autorità in questione avevano il compito di razionalizzare il sistema, superando la frammentazione della gestione del servizio idrico, con la conseguenza che la loro abolizione «pregiudica il buon andamento di una funzione rientrante nella competenza regionale», riflettendosi sulla già dedotta lesione degli artt. 117 e 118 Cost. Tale lesione sarebbe aggravata dall’irrazionalità della disciplina, che prevede una soppressione automatica ed indilazionabile alla scadenza del termine di un anno dall’entrata in vigore della norma, anche in mancanza della legge regionale di nuova integrale disciplina del settore prevista dalla norma stessa. Ciò determinerebbe incertezza sia sulla sorte dei rapporti in essere e delle gestioni in corso, sia sull’approvazione dei progetti, sia sulla realizzazione delle opere.
A tali considerazioni dovrebbe aggiungersi che la stessa premessa posta a fondamento della norma statale, secondo cui la soppressione delle Autorità d’àmbito determina un risparmio di spesa, «non poggia su alcuna base seria di analisi, che del resto presupporrebbe il raffronto tra diverse ipotesi di modelli di gestione». La Regione sottolinea, al riguardo, che la disposizione impugnata non sopprime le funzioni di gestione, né gli àmbiti territoriali, né i relativi costi.
Le lesioni sopra denunciate – conclude la ricorrente – sarebbero ancor piú gravi qualora la disposizione impugnata dovesse essere intesa nel senso che le Regioni non possono piú affidare le funzioni svolte dalle soppresse Autorità a forme di cooperazione tra enti locali, dovendole invece attribuire esclusivamente agli enti territoriali «di base» singolarmente intesi. Tale interpretazione dovrebbe, però, essere esclusa, permanendo nella stessa legislazione statale il principio della gestione per àmbiti ottimali (art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006) ed essendo l’ipotesi di un ritorno alla gestione dei singoli enti locali in evidente contrasto con i principi di ragionevolezza, sussidiarietà e adeguatezza.
2. – Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
Ad avviso del resistente: a) la disposizione denunciata costituisce espressione della stessa potestà normativa che la Corte costituzionale ha già riconosciuto al legislatore statale con la sentenza n. 246 del 2009, perché è evidente che nel potere di istituire le Autorità d’àmbito deve ritenersi compreso quello di sopprimerle; b) ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, la qualificazione legislativa non vale ad attribuire alle norme una natura diversa da quella ad esse propria, quale risulta dalla loro oggettiva sostanza, con la conseguenza che, per individuare la materia alla quale deve essere ascritta la norma oggetto di censura, occorre fare riferimento all’oggetto ed alla disciplina di essa, tenendo conto della sua ratio; c) la disciplina statale concernente il servizio idrico integrato costituisce esercizio di competenza esclusiva dello Stato in materia di «funzioni fondamentali degli enti locali», «tutela della concorrenza», «tutela dell’ambiente» e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, con prevalenza sulla materia del coordinamento della finanza pubblica; d) il legislatore statale può disciplinare i profili organizzatori per l’erogazione di servizi essenziali da parte dei competenti enti locali, «specie se essi ineriscono a funzioni riconducibili alla materia ambientale, rimessa alla propria competenza esclusiva»; e) in subordine – per il caso in cui si ritenesse che la disposizione censurata afferisce alla materia del coordinamento della finanza pubblica – essa sarebbe comunque esente dai dedotti vizi di incostituzionalità, sia perché «la soppressione di un ente di diritto pubblico si configura come una misura di risparmio che si colloca nell’ambito delle norme di coordinamento della finanza pubblica finalizzate a garantire il contenimento della spesa», sia perché la norma censurata mantiene in capo alle Regioni un ruolo fondamentale sul piano dell’organizzazione dei servizi idrici e di gestione dei rifiuti.
3. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Regione ha ribadito le argomentazioni già svolte nel ricorso, evidenziando, in punto di fatto, che la soppressione delle Autorità d’àmbito, originariamente disposta dalla norma denunciata per il 1° gennaio 2011, è stata prorogata fino al 31 marzo 2011 dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), non ancora convertito in legge. Il successivo comma 2 dello stesso articolo ha, inoltre, disposto che, «con uno o piú decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, può essere disposta l’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2011 del termine del 31 marzo 2011 di cui al comma 1 ovvero la proroga fino al 31 dicembre 2011 degli ulteriori termini e regimi giuridici indicati nella tabella 1 allegata», tra i quali è compreso quello introdotto dalla disposizione censurata.
4. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito quanto già sostenuto nell’atto di costituzione, rilevando l’inammissibilità della censura riferita all’art. 97 Cost., per la mancata ridondanza sulle competenze regionali.
Considerato in diritto
1. – La Regione Veneto ha impugnato l’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), introdotto dalla legge di conversione 26 marzo 2010, n. 42, il quale inserisce nell’articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), il seguente comma: «186-bis. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppresse le Autorità d’ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princípi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge».
Per la ricorrente, la disposizione censurata víola: a) gli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’àmbito nel servizio idrico integrato (art. 148 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 recante «Norme in materia ambientale») e nel servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani (art. 201 del d.lgs. n. 152 del 2006) per mere esigenze di risparmio di spesa, pone un limite puntuale a una voce specifica di spesa che non rappresenta un rilevante aggregato della spesa di parte corrente; b) gli art. 117, quarto comma, e 118 Cost., perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’àmbito, pone un vincolo che incide sulla competenza legislativa residuale regionale in tema di servizio idrico e forme di cooperazione degli enti locali, nonché sul «potere regionale di allocare le funzioni amministrative nelle materie regionali»; c) l’art. 97 Cost., perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’àmbito a una scadenza prefissata e senza una disciplina transitoria, impone alle Regioni «di rinunciare ad un modulo organizzativo che […] è idoneo a garantire uno svolgimento adeguato del servizio».
2. – Le questioni sub a) e b) non sono fondate.
Quanto alla questione sub a), la ricorrente muove dall’assunto che la disposizione censurata sia riconducibile alla materia del coordinamento della finanza pubblica.
Tale assunto è erroneo.
Con la sentenza n. 246 del 2009, questa Corte ha affermato che la disciplina delle Autorità d’àmbito territoriale ottimale rientra nelle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente, di competenza legislativa esclusiva statale. Tale disciplina attiene alla tutela della concorrenza, perché l’individuazione di un’unica Autorità d’àmbito consente la razionalizzazione del mercato; attiene, allo stesso tempo, alla tutela dell’ambiente, perché l’allocazione delle competenze sulla gestione all’Autorità d’àmbito territoriale ottimale serve a razionalizzare l’uso delle risorse e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della “biosfera” intesa «come “sistema” [...] nel suo aspetto dinamico» (nello stesso senso, sentenze n. 168 del 2008, n. 378 e n. 144 del 2007).
Lo Stato ha, pertanto, piena facoltà di disporre – come ha fatto con la norma impugnata – la soppressione delle Autorità d’àmbito.
Da quanto sopra osservato consegue anche la non fondatezza della questione sub b), perché la spettanza allo Stato della facoltà di disporre tale soppressione esclude le invocate competenze regionali in materia di servizi pubblici locali e di organizzazione della cooperazione degli enti locali.
Ciò non significa che alle Regioni sia vietato qualsiasi intervento al riguardo. Infatti, la stessa norma censurata, nel prevedere che «le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princípi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza», riserva al legislatore regionale un’ampia sfera di discrezionalità, consentendogli di scegliere i moduli organizzativi piú adeguati a garantire l’efficienza del servizio idrico integrato e del servizio di gestione ugualmente integrato dei rifiuti urbani, nonché forme di cooperazione fra i diversi enti territoriali interessati.
3. – La questione sub c) è inammissibile.
Questa Corte ha più volte affermato che, nei giudizi principali, le Regioni sono legittimate a censurare le leggi dello Stato esclusivamente in base a parametri relativi al riparto delle rispettive competenze legislative e possono dedurre altri parametri soltanto ove la loro violazione comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (ex plurimis, sentenze n. 33 del 2011, n. 52 del 2010, n. 237 del 2009, n. 289 e n. 216 del 2008). Tale circostanza non ricorre nel caso di specie, in quanto, come eccepito dall’Avvocatura generale dello Stato, la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione – che, secondo la ricorrente, si sarebbe prodotta per effetto della soppressione di un modulo organizzativo idoneo a garantire lo svolgimento adeguato del servizio – non si risolve in una questione sul riparto delle competenze legislative.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), introdotto dalla legge di conversione 26 marzo 2010, n. 42, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 2 del 2010, promossa, in riferimento all’art. 97 Cost., dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2011.