SENTENZA N. 33
ANNO 2011
Commenti
alla decisione di
I. Andrea
Danesi, La
Corte alle prese con nuova declinazione del principio di leale collaborazione:
la collaborazione 'irrituale' (per gentile concessione della Rivista
telematica Federalismi.it)
II. Alessandro
Sterpa, Un
parere "artificiale”: prime riflessioni sulla sentenza della Corte
costituzionale 26 gennaio 2011 n. 33 (per gentile concessione della Rivista
telematica Federalismi.it)
III. Antonia Baraggia, Il
principio di leale collaborazione tra fatto e diritto (per gentile
concessione del Forum di Quaderni
costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta
dai signori:
-
-
- Alfio FINOCCHIARO "
-
-
- Luigi MAZZELLA "
-
-
- Maria
-
-
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5
commi 1 e 2, 8, 9 comma 1, 11 commi 5, 6, 7, 8, 9 e 10, 13 commi 10, 11 e 12,
19 commi 1 e 2, 20 commi 1 e 2, 27 commi 6, 7, 8, 9, 11, 14, 15 e 16 del
decreto legislativo 15 febbraio 2010 n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel
territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare,
di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di
stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché misure
compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell’articolo 25 della
legge 23 luglio 2009, n. 99), promossi dalle Regioni
Toscana, Emilia-Romagna e Puglia, notificati i primi due, rispettivamente il 6
e il 7 maggio 2010, il terzo spedito per la notifica il 7 maggio 2010,
depositati in cancelleria l’11, il 12 e il 14 maggio 2010 ed iscritti ai nn. 75, 76 e 78 del registro ricorsi 2010.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri, nonché gli atti di intervento dell’Enel s.p.a. e dell’Associazione
italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS (quest’ultima
intervenuta in termine nel giudizio iscritto al n. 76 del registro ricorsi 2010
e fuori termine nel giudizio iscritto al n. 78 del registro ricorsi 2010);
udito nell’udienza pubblica del 30 novembre 2010 il Giudice
relatore
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon
per
Ritenuto in
fatto
1. – Con ricorso notificato il 6 maggio
2010 e depositato il successivo 11 maggio 2010 (iscritto al reg. ric. n. 75 del
2010),
1.1. – La ricorrente, preliminarmente,
dà atto che il decreto citato è stato emanato in attuazione della delega
contenuta nella legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e
l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) – già
impugnata dalla Regione avanti a questa Corte – e che è volto a disciplinare le
procedure relative alla localizzazione, realizzazione ed esercizio degli
impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione del
combustibile nucleare, nonché dei sistemi di stoccaggio dei relativi rifiuti.
Ciò premesso,
1.2. – In particolare, l’art. 4, nel
prevedere che l’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli
impianti nucleari sia rilasciata dal Ministro dello sviluppo economico di
concerto con il Ministro dell’ambiente e con il Ministro delle infrastrutture,
previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le
materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei
comuni, con
Tale previsione normativa contrasterebbe
con gli artt. 117 e 118 Cost. così come interpretati dalla giurisprudenza
costituzionale (sono citate le sentenze n. 6 del
2004 e n.
303 del 2003), nonché con il principio di leale collaborazione.
Infatti, nel settore energetico, caratterizzato
dalla interconnessione tra attribuzioni costituzionali dello Stato e delle
Regioni, la «chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative» in materie
di competenza regionale dovrebbe prevedere necessariamente un’intesa con la
Regione direttamente interessata che è incisa dal provvedimento autorizzatorio.
L’intesa con la Conferenza unificata potrebbe costituire strumento sufficiente
solo in relazione alla adozione di norme legislative e di disposizioni
generali, indirizzi e linee guida.
1.3. –
La ricorrente lamenta la grave lesione
del ruolo delle Regioni che sarebbe assimilato a quello di un qualunque
cittadino, senza che sia prevista alcuna intesa né con
1.4. – Nel ricorso si denuncia, altresì,
l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, commi 6, 7, 8 e 10.
Tale disposizione, che disciplina il
procedimento di certificazione dei siti da destinare alla localizzazione degli
impianti, al comma 5 prevede che il Ministro dello sviluppo economico sottoponga
ciascuno dei siti certificati all’intesa della Regione interessata.
I successivi commi 6, 7 e 8 regolano
l’ipotesi in cui l’intesa non sia raggiunta, stabilendo che si provveda alla
costituzione di un Comitato interistituzionale, «i cui componenti sono
designati in modo da assicurare una composizione paritaria, rispettivamente,
dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e dal Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, da un lato, e dalla Regione, dall’altro, che assicura la presenza di
un rappresentante del comune interessato. Le modalità di funzionamento del
Comitato interistituzionale sono stabilite con decreto del Ministro dello
sviluppo economico, previo parere della Conferenza unificata da esprimere entro
trenta giorni dalla richiesta del parere stesso; il Comitato opera senza
corresponsione di compensi o emolumenti a favore dei componenti. Ove non si
riesca a costituire il Comitato interistituzionale, ovvero non si pervenga ancora
alla definizione dell’intesa entro i sessanta giorni successivi alla
costituzione del Comitato, si provvede all’intesa con decreto del Presidente
della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato
con la partecipazione del presidente della Regione interessata. L’intesa ovvero
il decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 6 operano anche in
deroga ai Piani energetico ambientali delle Regioni interessate da ciascuna
possibile localizzazione. Al termine della procedura di cui ai commi 4, 5 e 6,
il Ministro dello sviluppo economico trasmette l’elenco dei siti certificati,
sui quali è stata espressa l’intesa regionale o è intervenuto il decreto
sostitutivo di intesa, alla Conferenza Unificata di cui all’art. 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che si esprime entro i termini di cui
all’art. 3 del medesimo decreto legislativo e, comunque, non oltre sessanta
giorni dal ricevimento della relativa richiesta; in mancanza di intesa entro il
predetto termine, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione
motivata, secondo quanto disposto dallo stesso art. 3, sulla base delle intese
già raggiunte con le singole Regioni interessate da ciascun sito o sulla base
dei decreti sostitutivi di intesa».
Ad avviso della Regione Toscana tali
disposizioni disciplinerebbero il potere sostitutivo statale per il caso di
mancato raggiungimento dell’intesa in modo lesivo delle attribuzioni regionali,
in violazione degli artt. 117, 118 e 120 Cost. L’autonomia e il ruolo di parità
riconosciuti dalla Costituzione alle Regioni imporrebbe, infatti, di prevedere
una codeterminazione paritaria del contenuto finale dell’atto e dunque
un’intesa forte il cui mancato raggiungimento dovrebbe inibire la definizione
del procedimento.
Anche il comma 10 dell’art. 11
violerebbe le attribuzioni costituzionali delle Regioni in quanto imporrebbe
loro l’obbligo di adeguare il proprio Piano energetico ambientale entro 12 mesi
dalla pubblicazione del decreto di approvazione dell’elenco dei siti certificati,
e ciò tenendo conto dell’intesa ovvero del decreto sostitutivo della stessa.
1.5. – Sulla base delle medesime
argomentazioni sarebbe incostituzionale, in quanto lesivo degli artt. 117, 118
e 120 Cost., anche l’art. 13, commi 11 e 12, che prevede un analogo potere
sostitutivo nel caso di mancato raggiungimento dell’intesa relativa
all’autorizzazione unica per la costruzione, l’esercizio degli impianti
nucleari, nonché per lo stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti
radioattivi. Le disposizioni in esame stabiliscono che qualora in sede di
conferenza di servizi non sia raggiunta l’intesa con un ente locale coinvolto
nel procedimento, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro per lo sviluppo economico, assegna all’ente un termine per esprimere
l’intesa. Decorso inutilmente tale termine, è adottato il decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri sostitutivo dell’intesa, previa delibera
del Consiglio dei ministri, cui partecipa il Presidente della Regione interessata.
Nei trenta giorni successivi alla positiva conclusione dell’istruttoria, il
Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e
con il Ministro delle infrastrutture, rilascia con proprio decreto
l’autorizzazione unica.
La ricorrente denuncia l’illegittimità
costituzionale di tali previsioni richiamando la sentenza di questa
Corte n. 62 del 2005 nella quale si afferma che ai fini della validazione,
localizzazione e realizzazione dell’impianto deve essere preso in
considerazione e adeguatamente tutelato l’interesse della Regione nel cui
territorio l’opera è destinata ad essere ubicata.
Un procedimento analogo sarebbe
previsto, altresì, dall’art. 27, commi 7, 8 e 9, i quali disciplinano il
procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e
l’esercizio del Parco tecnologico. Ai fini della individuazione delle aree
potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco, il comma 7 prevede che il Ministro
dello sviluppo economico acquisisca l’intesa delle Regioni interessate. Ove
questa non sia raggiunta, si procede alla costituzione di un Comitato
interistituzionale ed eventualmente alla adozione di un decreto del Presidente
della Repubblica sostitutivo di tale intesa (comma 8). Sulla proposta delle
aree potenzialmente idonee alla localizzazione oggetto dell’intesa regionale è,
altresì, prevista l’acquisizione un’intesa meramente eventuale con la
Conferenza unificata. In mancanza di essa, infatti, il Consiglio dei ministri
provvede con deliberazione motivata (comma 9). In relazione alla fase
concernente il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio
del Deposito nazionale e a tutte le altre opere connesse comprese nel Parco, il
comma 15 limiterebbe il ruolo delle Regioni alla partecipazione ai lavori della
conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi).
Anche tali disposizioni – ad avviso
della ricorrente – contrasterebbero con gli artt. 117, terzo comma, 118 Cost. e
con il principio di leale collaborazione in quanto determinerebbero un
sostanziale svuotamento delle intese con la Regione interessata, necessarie a
garantire la legittimità costituzionale della "chiamata in sussidiarietà” in
capo allo Stato di funzioni amministrative inerenti a materie di competenza
concorrente.
Le disposizioni impugnate violerebbero,
altresì, l’art. 120 Cost. in quanto contemplerebbero un’ipotesi di potere
sostitutivo straordinario del Governo al di fuori dei presupposti ivi
individuati per i quali è necessario il verificarsi di un previo inadempimento
dell’ente sostituito rispetto ad un’attività ad esso imposta come obbligatoria.
Tale non potrebbe considerarsi, invece, l’intesa che la Regione è chiamata a
raggiungere per l’esercizio di una funzione amministrativa posta in capo allo
Stato.
1.6. –
Nonostante il coinvolgimento, anche in
questa fase, di competenze regionali attinenti al governo del territorio, la
norma non prevede alcuna partecipazione della Regione con conseguente
violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
1.7. – Si è costituito in giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato. il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ad avviso del resistente la lamentata
lesione delle competenze regionali conseguente alla mancata previsione di
un’intesa "forte” sarebbe insussistente dal momento che «la "materia” nucleare
non tollera, di per sé» tale tipo di intesa in quanto comporterebbe il
riconoscimento di un «diritto di veto» che pregiudicherebbe l’attuazione delle
scelte di politica nucleare. Ciò spiegherebbe l’esigenza di «lasciare l’ultima
parola allo Stato» pur dopo avere coinvolto la Regione nel procedimento al fine
di adottare scelte condivise. Questa, d’altra parte, non potrebbe vantare alcun
interesse «a sistemare la centrale in un posto piuttosto che in un altro
invocando l’ambiente, il pericolo, etc. poiché questi non mutano con lo
spostamento del luogo».
Inoltre – prosegue l’Avvocatura – non vi
sarebbe lesione delle funzioni regionali dal momento che la disciplina della
produzione, stoccaggio e deposito definitivo del materiale radioattivo
atterrebbe alla materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema che
compete in via esclusiva allo Stato, ex
art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost. e in relazione alla quale solo questo potrebbe assicurare una visione
globale. Conseguentemente, proprio in forza dell’art. 118 Cost., la produzione
di energia nucleare in Italia e la gestione delle relative problematiche
potrebbe essere assicurata in modo adeguato solo a livello centrale.
Infondata sarebbe, infine, la censura
avente ad oggetto l’art. 20 che affida alla società Sogin
s.p.a. la gestione della sicurezza dell’impianto nucleare
disattivato. Lo Stato, infatti, interverrebbe «con i propri mezzi e le proprie
scelte per le stesse ragioni per cui agisce al momento dell’attivazione».
2. – Con ricorso notificato il 7 maggio
2010, e depositato il successivo 12 maggio 2010 (iscritto al reg. ric. n. 76
del 2010),
La ricorrente premette di non contestare
il potere statale di operare la scelta del «ritorno» all’energia nucleare, ma
di difendere il ruolo delle Regioni in tutte le procedure in cui tale scelta
deve essere attuata. La disciplina dettata dal decreto impugnato, infatti,
incide in materie attinenti alla potestà legislativa concorrente regionale
quali la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia, il
governo del territorio, la tutela della salute e nelle quali (in particolare le
prime due)
2.1. – Ciò premesso, viene denunciato,
innanzitutto, l’intero decreto legislativo per violazione dell’art. 76 Cost.
dal momento che esso sarebbe stato adottato senza la preventiva acquisizione
del parere della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 281 del
1997.
Ciò risulterebbe dalle premesse dello
stesso decreto nelle quali si dà atto che la seduta della Conferenza unificata
«non si è tenuta». Tale circostanza è stata rilevata dal Consiglio di Stato in
sede consultiva il quale ha qualificato tale parere come «atto prodromico
essenziale per l’esercizio della specifica potestà delegata».
Osserva la ricorrente che il parere
della Conferenza era dovuto in forza di una specifica previsione della legge
delega n. 99 del 2009 che, all’art. 25, ne richiedeva espressamente la previa
acquisizione seguita, successivamente, dal parere delle Commissioni
parlamentari. Dunque, l’intero decreto sarebbe viziato per il mancato rispetto
della procedura prevista dalla legge delega.
La ricorrente afferma la propria
legittimazione a sollevare la censure in esame in ragione della ridondanza che
il vizio denunciato determina sulle competenze regionali in quanto il parere
costituiva lo strumento con cui la legge di delega prevedeva che le Regioni
partecipassero alla elaborazione del decreto legislativo.
2.2. – La Regione impugna, quindi, specifiche
disposizioni del decreto e, innanzitutto, l’art. 5, comma 2 il quale stabilisce
che con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono definiti i criteri
esplicativi dei requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di
costruzione, esercizio e disattivazione dell’impianto.
Tale disposizione avrebbe disatteso la
legge delega sotto il profilo della fonte cui avrebbe dovuto essere affidata
l’individuazione di tali requisiti dal momento che essa rinvia ad una norma
secondaria, anziché, come espressamente indicato nell’art. 25, ad un decreto
legislativo. Ciò determinerebbe una violazione dell’art. 76 Cost. ed una
compressione delle attribuzioni regionali. Infatti, poiché il citato art. 25
stabilisce che il Governo deve esercitare la delega «secondo le modalità ed i
principi direttivi di cui all’art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59» – vale
a dire secondo forme di azione che tengano conto dei «principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, nella ripartizione delle
attribuzioni e competenze tra i diversi soggetti istituzionali, nella
istituzione di sedi stabili di concertazione e nei rapporti tra soggetti
istituzionali ed i soggetti interessati, secondo i criteri dell’autonomia,
della leale collaborazione, della responsabilità e della tutela
dell’affidamento» – emergerebbe chiaramente la «diretta rilevanza degli
interessi regionali coinvolti».
Per tale ragione la Regione sarebbe
legittimata a far valere il vizio di eccesso di delega.
L’art. 5, comma 2 sarebbe
incostituzionale anche sotto un ulteriore profilo, in quanto, cioè, non avrebbe
dato attuazione alla delega omettendo di determinare i requisiti soggettivi. Il
comma 3, infatti, si sarebbe limitato a riproporre i requisiti richiesti, in
via generale, dalla normativa vigente per qualunque appaltatore concessionario
pubblico.
2.3. –
Anche l’art. 8, come già l’art. 5,
violerebbe l’art. 76 Cost. e le prerogative regionali in quanto, discostandosi
dall’art. 25 della legge di delega, rinvierebbe la determinazione dei criteri
in questione ad un decreto ministeriale, anziché ad un decreto legislativo. A
sostegno di tale censura la ricorrente svolge argomentazioni analoghe a quelle
relative al citato art. 5.
2.3.1. – Viene poi impugnato, in combinato
disposto con l’art. 8, comma 3, anche l’art. 9, comma
Poiché il decreto di cui all’art. 8
rappresenta il presupposto necessario per l’individuazione dei siti su cui
saranno localizzati gli impianti nucleari, l’incostituzionalità di tale norma
determinerebbe anche quella dell’art. 9, comma 1. Anche in tal caso, infatti,
non sarebbe prevista alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni interessate
con conseguente compressione delle loro prerogative costituzionali.
2.4. – È censurato, ancora, l’art. 11,
comma 6, che, ad avviso della Regione Emilia-Romagna, prevederebbe l’esercizio
del potere sostitutivo per il caso di mancato conseguimento dell’intesa con la
Regione in sede di certificazione dei siti.
La giurisprudenza di questa Corte
avrebbe chiarito che, ai fini delle localizzazioni nel territorio regionale di
impianti di produzione di energia, sarebbe necessario prevedere intese "forti”
(sono richiamate le sentenze n. 383 del
2005, n. 6
del 2004 e n.
303 del 2003). Non corrispondente a tale soluzione sarebbe la previsione
contenuta nella norma impugnata secondo cui anche nel caso in cui il dissenso
regionale sia oggettivamente giustificato e vi sia un comportamento
collaborativo, «lo Stato abbia alla fine il potere unilaterale di "provvedere
all’intesa”».
La previsione in esame sarebbe
incostituzionale anche nella parte in cui richiede il mero parere, anziché
l’intesa, della Conferenza unificata sul decreto che definisce le modalità di
funzionamento del Comitato nominato in caso di mancato raggiungimento
dell’intesa sulla certificazione dei siti.
In via subordinata, la ricorrente
denuncia l’art. 11, comma 6, nella parte in cui prevede il potere di
acquisizione forzata dell’intesa anche nelle ipotesi in cui questa non si
raggiunga a causa di un comportamento non collaborativo dello Stato, come nel
caso in cui gli organi statali rimangano inerti.
Sempre in via subordinata, la
disposizione in esame è censurata nella parte in prevede che il potere
sostitutivo statale «si traduca nel "provvedere all’intesa” con un atto
unilaterale». Poiché l’intesa è per sua natura un atto bilaterale, ove dovesse
ammettersi un potere sostitutivo unilaterale, esso non potrebbe denominarsi
"intesa”.
2.5. – Ancora, la ricorrente impugna
l’art. 4, comma 1, e l’art. 13, commi 10, 11 e
In subordine, la Regione censura le
disposizioni impugnate per «l’omissione in relazione alla autorizzazione unica
della previsione dell’intesa della stessa Regione interessata nel quadro di una
procedura corrispondente a quella prevista per la certificazione dei siti,
ovviamente emendata dalle illegittimità costituzionali che anche in relazione
ad essa sono state sopra lamentate».
2.6. – È censurato, inoltre, l’art. 19,
commi 1 e 2, per violazione degli artt. 117, terzo comma, 118 Cost. e del
principio di leale collaborazione. La disposizione in questione attribuisce al
soggetto titolare dell’autorizzazione unica la responsabilità della gestione
dei rifiuti radioattivi operazionali e del combustibile nucleare per tutta la
durata dell’impianto e vincola tale soggetto al rispetto delle disposizioni
vigenti nonché delle prescrizioni tecniche impartite dall’Agenzia per la
sicurezza nucleare. Questa è un organo collegiale il quale non sarebbe tenuto a
dare rilevanza ad interessi ed istanze regionali, né nella sua composizione
sarebbe prevista alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni e ciò nonostante
che venga in rilievo la competenza concorrente in materia di energia, di tutela
della salute, di protezione civile, tutela della sicurezza del lavoro e della
materia ambientale.
A quest’ultimo riguardo, la ricorrente
richiama la giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto la natura
trasversale dell’«ambiente», precisando che la competenza del legislatore
statale atterrebbe alla fissazione di standard di tutela uniformi sull’intero
territorio nazionale senza escludere la competenza regionale in materia di
potestà concorrente o residuale volta alla cura di interessi collegati con
quelli propriamente ambientali.
La disciplina in questione, dunque,
coinvolgerebbe materie nelle quali sarebbero inestricabilmente connesse
competenze statali e regionali, e nelle quali, per il principio di leale
collaborazione – quale interpretato dalla giurisprudenza costituzionale –
sarebbe necessaria la predisposizione di procedimenti a cui tutte le istanze
istituzionali coinvolte possano partecipare.
L’art. 19, invece, non prevede che le
prescrizioni da emanarsi dalla Agenzia concernenti la gestione dei rifiuti
radioattivi e il loro smaltimento siano definite di concerto con le Regioni
interessate «per i profili attinenti alle modalità specifiche di gestione,
trattamento, condizionamento e smaltimento dei rifiuti radioattivi», o quanto
meno «previo parere della Conferenza unificata (in ordine alla definizione
delle modalità generali di gestione, trattamento, condizionamento e smaltimento
dei rifiuti radioattivi)».
Vi sarebbe, dunque una «illegittima
attrazione a livello statale della competenza a disciplinare la materia sia
sotto il profilo normativo sia sotto quello della regolamentazione di funzioni
amministrative», nonché la lesione del principio di leale collaborazione per la
mancata previsione di forme di raccordo e integrazione tra i diversi soggetti
istituzionali coinvolti.
2.7. – È denunciato, altresì, l’art. 20,
comma 1 nella parte in cui non prevede che le modalità tecniche di
disattivazione degli impianti siano definite d’intesa con le Regioni
interessate «o, quanto meno in relazione alla determinazione dei profili
generali, di concerto con la Conferenza unificata».
Le modalità di disattivazione degli
impianti, infatti, coinvolgerebbero materie che appartengono alla competenza
ripartita, quali la produzione, trasporto e distribuzione dell’energia, il
governo del territorio, la protezione civile, la tutela della salute e
l’ambiente. Pertanto lo Stato, in forza del principio di leale collaborazione,
dovrebbe prevedere l’intesa con la Conferenza unificata per l’individuazione
delle modalità essenziali e generali di disattivazione degli impianti.
Inoltre, la definizione delle modalità
tecniche di detta disattivazione dovrebbe avvenire d’intesa con la Regione o le
Regioni nel cui territorio gli impianti sono localizzati. Dovrebbe poi
trattarsi di un’intesa "forte”, come si desume dalla giurisprudenza
costituzionale più volte richiamata.
2.8. –
La disposizione è censurata sotto due
profili.
Innanzitutto, nella parte in cui essa
affida ad un decreto ministeriale, da emanarsi previa acquisizione del parere
tecnico dell’Agenzia, la approvazione della Carta delle aree potenzialmente
idonee alla localizzazione del Parco. Tale previsione contrasterebbe con l’art.
25 della legge di delega che rimette ad appositi decreti legislativi la
determinazione di tale disciplina.
La norma impugnata, dunque, prevede una
fonte normativa sottordinata rispetto a quella
prevista dalla delega e che non è tenuta al rispetto dei requisiti di cui
all’art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) e secondo le
modalità definite dall’art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al
Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali,
per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa) con conseguente diretta lesione delle competenze e degli
interessi regionali.
In secondo luogo, la ricorrente censura
il procedimento delineato dalla norma in questione in quanto, nonostante nella
localizzazione del Parco siano coinvolti interessi regionali e siano investite
le competenze in materia di governo del territorio, di tutela della salute, di
protezione civile, grandi reti di trasporti, produzione e trasporto
dell’energia e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, non sarebbe
prevista alcuna forma di efficace partecipazione delle Regioni alla
determinazione della Carta. In particolare, non sarebbe stato previsto il
coinvolgimento della Conferenza unificata in sede di determinazione e
approvazione della Carta nazionale, né quello della Regione interessata alla
concreta localizzazione dell’impianto.
Del tutto insufficienti a realizzare un
adeguato coinvolgimento delle istanze regionali sarebbero le statuizioni
contenute nei commi 3, 4 e 5 del citato art. 27 dal momento che è prevista la
semplice audizione delle osservazioni che comuni, province o regioni possono
formulare in relazione al progetto preliminare della carta nazionale, «senza,
tuttavia, che la Sogin s.p.a.
o il Ministero, abbiano alcun obbligo sostanziale e formale di tener conto o
recepire le istanze degli enti territoriali».
2.9. – È denunciata, poi,
l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, comma 8, il quale disciplina il
mancato raggiungimento dell’intesa con le Regioni interessate relativamente
alla localizzazione del Parco tecnologico.
Nonostante che, ad avviso della
ricorrente, nel caso in questione venga in rilevo la competenza esclusiva
statale in materia di tutela dell’ambiente, sia pure intrecciata con la
competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio, e dunque
non si possa negare il potere statale di determinazione finale unilaterale,
tuttavia si contesta sia la mancata previsione dell’intesa con la Conferenza
unificata sulle regole di funzionamento del Comitato interistituzionale, sia la
mancata esclusione del potere sostitutivo nel caso in cui sia l’atteggiamento
statale ad impedire la costituzione del comitato ovvero il raggiungimento
dell’intesa. Si contesta, infine, la previsione di un’intesa formata
unilateralmente dallo Stato anziché un semplice atto unilaterale.
2.10 – È impugnato, inoltre, l’art. 27,
comma 11, nella parte in cui ai fini della localizzazione del sito per la
realizzazione del parco tecnologico non è contemplata l’intesa con la
Conferenza unificata nonostante l’interesse delle Regioni a partecipare alla
corretta scelta del sito del deposito nazionale e del parco tecnologico.
2.11. – Infine, la ricorrente denuncia
l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, commi 14, 15 e 16, per le stesse
ragioni esposte in relazione al comma 11. Tali disposizioni, infatti, nel
disciplinare il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e
l’esercizio del suddetto deposito e di tutte le opere comprese nel parco
tecnologico, non prevedrebbero l’intesa con la Conferenza unificata.
2.12. – Anche in tale giudizio si è
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale ha chiesto il rigetto del
ricorso.
Quanto alla censura avente ad oggetto l’intero
decreto per mancata acquisizione del parere della Conferenza unificata, la
difesa dello Stato sostiene che dalla premessa del decreto stesso emergerebbe
che la Conferenza era stata appositamente convocata per la seduta del 27
gennaio 2010, la quale, però, è andata deserta. Secondo la resistente, lo Stato
avrebbe sì l’obbligo di convocazione di tale soggetto, ma non quello di
costringere i suoi componenti ad intervenire; d’altra parte, la semplice
«diserzione» delle Regioni non potrebbe impedire l’adozione dell’atto, perché
diversamente si riconoscerebbe loro un potere di veto assoluto non previsto
dalla Costituzione.
Del pari infondata – «anche a
prescindere dall’inammissibilità» – sarebbe la censura relativa all’art. 5,
comma 2, il quale avrebbe affidato l’individuazione dei requisiti degli
operatori ad un decreto ministeriale anziché ad un decreto legislativo. In
realtà, dalla lettura complessiva dell’art. 5 emergerebbe come sia lo stesso
decreto delegato ad individuare i criteri per operare tale scelta nonché le
cause di esclusione, di tal che il decreto ministeriale avrebbe una funzione
meramente applicativa di quanto già previsto dalla legge.
Analoghe ragioni determinerebbero
l’infondatezza della censura relativa all’art. 8, comma 3: anche in tal caso,
infatti, i criteri tecnici la cui determinazione è rimessa al decreto
ministeriale costituirebbero una semplice specificazione di quelli dettati
dallo stesso art. 8.
Riguardo alla censura concernente l’art.
9, il quale prevede i modi di attuazione della strategia nucleare, l’Avvocatura
osserva come poiché essa è affidata dall’art. 3 allo Stato e tale disposizione
non è stata impugnata, non sarebbe necessario alcun coinvolgimento regionale.
Infondate sarebbero anche le censure
relative all’art. 11, nonché agli artt. 4 e
Quanto alle questioni aventi ad oggetto
gli artt. 19, 20 e 27, si osserva che la disciplina della produzione,
fabbricazione, stoccaggio e deposito definitivo di materiale radioattivo
atterrebbe alla materia della tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost. e che
soltanto lo Stato potrebbe assicurare una visione globale delle problematiche
connesse alle attività produttive con forte impatto ambientale. Proprio il
principio di sussidiarietà, unitamente a quello di adeguatezza imporrebbe
l’esercizio unitario a livello statale delle funzioni amministrative, atteso
che gli enti locali, essendo portatori di interessi contrapposti (e in specie
quello alla non installazione della censurale sul proprio territorio) non
sarebbero in grado di assicurare il raggiungimento dell’obiettivo di consentire
la produzione dell’energia nucleare in Italia.
2.13. – È intervenuta in giudizio
l’Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS,
con atto depositato il 28 giugno 2010.
Quanto alla propria legittimazione ad
intervenire, la difesa di WWF Italia sostiene che l’interesse alla tutela
dell’ambiente, ancorché formalmente estraneo rispetto ai giudizi, «inerisce
immediatamente al rapporto sostanziale», in quanto la decisione di questa Corte
«eserciterebbe un’influenza diretta con effetti rilevanti sulla posizione
soggettiva dell’Associazione».
Nel merito, la interveniente non solo
contesta la scelta dello Stato di tornare all’energia nucleare, ma lamenta che
ciò avvenga senza una adeguata partecipazione delle Regioni e delle comunità
locali in ordine alla localizzazione degli impianti.
In particolare l’interveniente ripropone
le medesime censure prospettate dalla Regione Emilia-Romagna. L’intero decreto
legislativo sarebbe incostituzionale per la mancata acquisizione del parere
della Conferenza unificata, mentre l’art. 5, comma 2 contrasterebbe con l’art.
25 della legge delega n. 99 del
Analoghe censure sono proposte in
relazione all’art. 8, comma 3, il quale, nel rinviare a un decreto ministeriale
la individuazione dello schema dei parametri esplicativi dei criteri tecnici
per la localizzazione degli impianti, ometterebbe ogni forma di coinvolgimento
delle Regioni e degli enti locali.
Altrettanto lesivo delle prerogative
regionali – a detta dell’interveniente – sarebbe l’art. 11, comma 6, sulla
certificazione dei siti non essendo prevista un’intesa "forte” con
3. – Con ricorso notificato il 7 maggio
2010 e depositato il successivo 14 maggio 2010 (iscritto al reg. ric. n. 78 del
2010), anche
Preliminarmente la ricorrente sostiene
che l’oggetto di disciplina del decreto impugnato sarebbe riconducibile alla
materia della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia e a
quella del governo del territorio, entrambe rientranti nella potestà
legislativa concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
3.1. – Ciò posto, la Regione eccepisce
innanzitutto l’incostituzionalità dell’intero d.lgs. n. 31 del 2010 per
violazione della legge delega e, conseguentemente, dell’art. 76 Cost., nonché
degli artt. 117 e 118 Cost. Infatti, disattendendo l’espressa previsione
contenuta nell’art. 25 della legge delega, non sarebbe stato acquisito sullo
schema di decreto il parere della Conferenza unificata, che costituiva «atto
prodromico essenziale per l’esercizio della potestà delegata».
Tale omissione avrebbe impedito alle
Regioni di partecipare all’iter
legislativo, benché esso inerisse all’esercizio della potestà legislativa
concorrente e alla disciplina di funzioni amministrative incidenti su interessi
territoriali riferibili alle Regioni medesime.
3.2. – Quanto all’art. 5, comma 2, la
ricorrente denuncia l’affidamento ad una fonte di normazione secondaria
l’individuazione dei requisiti soggettivi per l’attività di costruzione,
esercizio e disattivazione degli impianti, laddove la legge delega prescriveva
il ricorso a decreti legislativi.
Tale previsione violerebbe l’art. 76
Cost. e lederebbe le prerogative regionali dal momento che ai fini
dell’adozione del decreto delegato sarebbe stata necessaria la previa
acquisizione del parere della Conferenza unificata. Di qui la violazione degli
artt. 117, 118 e 120 Cost. e del principio di leale collaborazione e di
sussidiarietà.
3.3. –
In particolare, l’art. 8, comma 2,
rimette la determinazione dei criteri localizzativi delle aree potenzialmente
da destinarsi agli impianti nucleari all’autorità statale senza la effettiva
partecipazione delle Regioni che possono solo proporre mere osservazioni.
Il procedimento per la certificazione
dei siti, di cui all’art. 11, commi da
In sostanza, ad avviso della ricorrente,
nonostante l’apparente coinvolgimento delle Regioni, il decreto introdurrebbe
procedimenti volti al «superamento unilaterale e imperativo del dissenso o del
mancato pronunciamento delle autonomie regionali», anche con «effetti
modificativi cogenti» sulla programmazione energetica nazionale, ai sensi
dell’art. 11, comma 10.
Analoghe considerazioni la Regione
svolge in relazione all’art. 13, comma 11, avente ad oggetto il procedimento
per il rilascio delle autorizzazioni. In tale ambito, alle Regioni non sarebbe
neppure richiesta la partecipazione alla formazione dell’intesa, ma soltanto
l’intervento ai lavori del Consiglio dei ministri preordinati alla emanazione
della deliberazione presupposta al d.P.C.m.
sostitutivo dell’intesa.
In definitiva, conclude la ricorrente,
il decreto impugnato disciplinerebbe materie di potestà concorrente senza
limitarsi alla fissazione di principi fondamentali, avocando allo Stato
«consistenti ambiti di potestà amministrativa», di normazione secondaria e di
pianificazione di competenza regionale; tutto ciò senza predisporre un
meccanismo idoneo ad assicurare alla Regione un ruolo di codecisione
paritaria.
3.4. – Anche nel presente giudizio si è
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale, nel contestare le censure
svolte dalla ricorrente, svolge le medesime argomentazioni addotte nell’atto di
costituzione nel giudizio instaurato con ricorso della Regione Emilia-Romagna.
3.5. – È intervenuta in giudizio
l’Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS,
con atto depositato fuori termine l’8 luglio 2010.
L’interveniente osserva che benché il
decreto n. 31 del 2010 intervenga in materie di potestà concorrente, quali il
governo del territorio e la produzione dell’energia, il legislatore avrebbe
sottratto i poteri amministrativi spettanti alle Regioni senza garantire loro
una partecipazione paritaria attraverso la previsione di intese "forti”.
In particolare, il WWF propone le
medesime censure svolte dalla Regione Emilia-Romagna in relazione sia
all’illegittimità dell’intero decreto per la mancata acquisizione del parere
della Conferenza unificata, sia in relazione alla lesione delle competenze
delle Regioni operata dagli artt. 5 e 8.
4 – In tutti i giudizi è intervenuta
Enel s.p.a., la quale, con atti di identico contenuto, ha chiesto che le
sollevate questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate
inammissibili e infondate, riservando a successive memorie la compiuta articolazione
delle proprie difese.
5. – In prossimità dell’udienza pubblica
5.1. – In via preliminare, la difesa
regionale ribadisce il corretto inquadramento materiale del contestato
intervento normativo: le impugnate disposizioni ricadono nell’ambito, di
competenza concorrente, della produzione dell’energia, come riconosciuto da
questa Corte con la sentenza n. 278 del
2010.
Al riguardo, la ricorrente contesta la
tesi del resistente secondo cui la asserita "materia” del nucleare non
tollererebbe una intesa in senso forte tale da consentire alle Regioni di
opporre un vero e proprio veto. Non di veto si tratterebbe, bensì della
possibilità per le Regioni di rendere la scelta del nucleare compatibile con i
rispettivi assetti territoriali.
5.2. – Per quanto concerne
l’impugnazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 31 del 2010, la Regione ricorrente
evoca la giurisprudenza di questa Corte in tema di attrazione in sussidiarietà
allo scopo di dimostrare come l’intesa con la Conferenza unificata, quivi
contemplata, non appaia adeguata. La denunciata opzione normativa «può
costituire lo strumento sufficiente a fronte di norme legislative e di
disposizioni generali, indirizzi, criteri e linee guida perché tutte queste
hanno ad oggetto misure generali rivolte all’intero sistema delle autonomia;
viceversa, a fronte dello specifico atto autorizzatorio, è costituzionalmente
indispensabile l’intesa con la Regione interessata».
5.3. – In ordine alla doglianza avente
ad oggetto l’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 31 del 2010, la ricorrente
ribadisce che negli ambiti materiali incisi dalla disciplina in parola, a
cominciare dalla produzione dell’energia, le Regioni non possono essere
abilitate alla mera presentazione di osservazioni. Alla luce di quanto statuito
dall’adìta Corte nella sentenza n. 278 del
2010, il coinvolgimento della Conferenza unificata può concretizzarsi anche
nella sola formulazione di un parere obbligatorio. Al contrario, la censurata
disposizione non contempla neppure tale forma di leale collaborazione.
5.4. – In merito alle questioni di
costituzionalità relative agli artt. 11, commi 6, 7, 8 e 10; 13, commi 11 e 12;
27, commi 7, 8, 9 e 15, del decreto legislativo in oggetto,
In particolare, è denunciata l’attivazione
del potere sostitutivo in caso di mancato raggiungimento dell’intesa con la
Regione interessata. Detto potere svilirebbe il carattere forte di tale intesa,
come strumento per la codeterminazione paritaria del contenuto finale
dell’atto.
5.5. – Infine, quanto alla impugnazione
dell’art. 20 del d.lgs. n. 31 del 2010, per la difesa regionale l’attività di
gestione dei siti, a seguito della disattivazione degli impianti, sarebbe stata
illegittimamente devoluta, in via esclusiva, alla Sogin
s.p.a., «nonostante le evidenti ricadute e
l’intreccio che una siffatta attività presenta con le competenze legislative ed
amministrative delle Regioni».
6. – Ad ulteriore supporto alle
argomentazioni sviluppate nel ricorso, anche
6.1. – Con la prima, la ricorrente ha
lamentato l’inammissibilità dell’intervento, nell’odierno giudizio di
costituzionalità, della società Enel s.p.a., alla luce del consolidato
orientamento giurisprudenziale di questa Corte.
6.2. – Con la seconda memoria,
6.2.1. – La difesa regionale ha,
innanzitutto, ribadito la sospetta incostituzionalità dell’impugnato decreto legislativo
per violazione dell’art. 76 Cost., essendo stata omessa la previa acquisizione
del parer obbligatorio della Conferenza unificata.
In punto di fatto, la ricorrente lamenta
che la prevista riunione del 27 gennaio 2010 non si è tenuta, «né il Governo si
è fatto carico di indirne una nuova né prima né dopo la trasmissione dello
schema di decreto legislativo alle Commissioni parlamentari». La controparte
non fornisce, peraltro, alcun elemento di fatto idoneo ad acclarare la reale
dinamica degli accadimenti rilevanti a tal fine.
Pertanto, «dal mancato rispetto della
procedura prevista dalla legge di delega per l’emanazione del decreto
legislativo, si origina (…) un vizio di legittimità costituzionale che
necessariamente inficia l’intero atto».
6.2.2. – Quanto alla impugnazione
dell’art. 5 del d.lgs. n. 31 del
Nel merito, l’emanazione di un decreto
ministeriale, in luogo di un decreto delegato, per la definizione dei previsti
«criteri esplicativi» costituirebbe – secondo la ricorrente – un esercizio
della delega palesemente difforme da quanto previsto dall’art. 25 della legge
n. 99 del 2009. La fonte abilitata a procedere a tale definizione non è
destinata a porre norme meramente esecutive, «andando, al contrario, a definire
e, in parte, ad integrare i requisiti che la legge di delegazione voleva
fossero disciplinati con atto avente forza di legge.
6.2.3. –
E lo stesso ragionamento è riproposto in
merito alla impugnazione del combinato disposto dell’art. 8, comma 3, e
dell’art. 9, comma 1, versandosi in un ambito materiale in cui la rilevanza
assunta dagli interessi regionali «appare di tutta evidenza».
6.2.4. – Sulla censura dell’art. 11, la
ricorrente conferma la propria tesi circa la natura "forte” dell’intesa ivi
prevista, con conseguente illegittimità della previsione che demanda ad una
decisione unilaterale il rimedio al veto opposto dalle Regioni.
6.2.5. – Gli artt. 4 e 13, commi 10, 11
e 12, sarebbero parimenti incostituzionali in quanto, come riaffermato dalla
ricorrente, non configurano alcuna intesa con la Regione interessata. A questa
conclusione la difesa regionale perviene evocando la sentenza n. 278 del
2010, dalla quale si deduce che, pur in assenza della apposita previsione
nella legge di delega, il decreto legislativo avrebbe dovuto prevedere la
suddetta intesa.
6.2.6. – Infine, quanto alla
impugnazione degli artt. 19, 20 e 27 del decreto legislativo in parola, la difesa
regionale ribadisce la necessità, costituzionalmente sancita, di contemplare
adeguate forme di coinvolgimento delle istituzioni regionali.
7. – Anche
7.1. – Non ritenendo di affermare la
sussistenza di un obbligo generale di conformazione del procedimento
legislativo al principio di leale collaborazione – peraltro, più volte escluso
da questa Corte – la ricorrente lamenta che, nel caso di specie, sarebbe stato
disatteso l’obbligo di acquisire il previo parere della Conferenza unificata,
come prescritto dalla legge di delega.
Quanto alla obiezione della parte
resistente, secondo cui lo Stato aveva l’obbligo di convocare
7.2. – Premessa una ricostruzione della
giurisprudenza di questa Corte in tema di attrazione in sussidiarietà e
individuati i punti salienti della sentenza n. 278 del
2010 specie in ordine all’intesa "forte”,
Questa doglianza è riproposta in
relazione alle contestate previsioni dell’art. 11 del d.lgs. n. 31 del 2010,
che disciplina gli adempimenti funzionali alla certificazione dei siti da
destinare all’insediamento degli impianti nucleari. La disciplina per il
superamento del dissenso non risponderebbe alla «irrinunciabile esigenza che
risulti garantita la permanente posizione di paritarietà
delle parti coinvolte».
Analogo iter argomentativo è, poi, seguito in relazione ai censurati artt.
4, comma 1, e 13, commi 10 e 11, sul rilascio dell’autorizzazione unica, al
fine di contestare la mancata previsione di una intesa "forte”: secondo la
difesa regionale i decreti delegati «avrebbero dovuto necessariamente prevedere
l’introduzione di idonee forme partecipative della singola Regione
all’eventuale esercizio del potere sostitutivo del Governo nelle ipotesi di
mancata intesa».
7.3. –
8. – La difesa di Enel s.p.a. ha
depositato, nei tre giudizi, altrettante memorie, integrando i rilievi già
formulati nell’atto di intervento.
9. – Anche l’Associazione italiana per
il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS ha depositato una memoria
integrativa.
10. – Con un’unica memoria, depositata
in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo aver
riassunto i passaggi rilevanti della sentenza n. 278 del
2010, ha ulteriormente argomentato in ordine alle questioni di
costituzionalità sollevate dalle tre ricorrenti.
10.1. – L’Avvocatura dello Stato
premette un inquadramento materiale delle disposizioni che compongono la
disciplina in esame, alla luce della sentenza n. 278 del
2010, al fine di dimostrare che solo una parte di essa è inclusa nel
settore, di competenza concorrente, della produzione dell’energia, mentre il
resto appartiene alla competenza esclusiva del legislatore statale.
Tra i princìpi fondamentali dettati
dalla legge n. 99 del 2009 vi sarebbe quello della apertura di tutto il
territorio nazionale al nucleare, con conseguente «inesistenza per le Regioni
di un diritto di veto».
10.2. – La parte resistente contesta,
innanzitutto, la doglianza relativa all’impugnazione dell’intero testo del
d.lgs. n. 31 del 2010 per omessa acquisizione del parere della Conferenza
unificata.
La questione sarebbe inammissibile non
trattandosi di impugnazione sollevata per ragioni di competenza. Nel merito,
dagli atti depositati in giudizio risulterebbe che
10.3. – Per quanto concerne
l’impugnazione dell’art. 4, secondo la difesa dello Stato le ricorrenti
avrebbero omesso di considerare che «di quel coinvolgimento per
l’autorizzazione unica è ampia previsione nell’art. 11».
10.4. – La lamentata violazione
dell’art. 76 Cost., ad opera del censurato art. 5 del d.lgs. n. 31 del 2010,
non dovrebbe, poi, trovare ingresso nell’odierno giudizio, trattandosi di vizio
non deducibile. Per l’Avvocatura dello Stato, il decreto esplicativo quivi
previsto «è logico corollario di una funzione di coordinamento e di raccolta di
elementi che lo Stato ben può attribuire a se stesso pur nelle materie di
competenza concorrente».
10.5. – Le motivazioni addotte dalle
ricorrenti a sostegno della asserita incostituzionalità dell’art. 8 non
coglierebbero nel segno, a detta della parte resistente, in quanto oggetto
della impugnata previsione è la definizione dei requisiti delle aree potenzialmente
idonee all’insediamento degli impianti nucleari: «requisiti e idoneità
potenziali che tocca allo Stato stabilire perché attengono al principio
fondamentale – come tale riconosciuto dalla sentenza n. 278/10
– del coinvolgimento di tutto il territorio nazionale nel momento della
produzione dell’energia nucleare». Non si tratta, invero, di disporre
l’allocazione di un impianto.
Quanto, poi, al correlato art. 9, la
doglianza sarebbe inammissibile, per genericità e, comunque, infondata, essendo
provvedimenti propri dello Stato irrilevanti ai fini della distribuzione delle
competenze tra Stato e Regioni.
10.6. – Il denunciato art.
10.7. – In merito alle questioni aventi
per oggetto l’art. 13, l’Avvocatura dello Stato obietta che le impugnate
disposizioni seguono ad un procedimento – ex
art. 11 – per il quale già sono stati individuati i siti sia in astratto
che in concreto «e si tratta di dare attuazione a quanto già accertato e
deciso».
Diversamente da quanto sostenuto dalle
ricorrenti, l’intesa forte è già contemplata per l’individuazione del sito,
«che è tutto approvato per l’impianto». Sicché, «non avrebbe senso un’altra
"intesa forte” per stabilire dove, nel sito approvato, vada in concreto allocato
l’impianto».
10.8. – La questione di costituzionalità
avente per oggetto l’art. 19, commi 1 e 2, sarebbe, a detta del Presidente del
Consiglio dei ministri, infondata versandosi in un ambito, quale quello della
tutela dell’ambiente, di competenza esclusiva dello Stato. Il legislatore
statale ben può definire ed organizzare gli opportuni controlli tecnici volti a
verificare il rispetto dei procedimenti in parola. Gli atti dell’Agenzia per la
sicurezza nucleare, ove ritenuti lesivi delle attribuzioni regionali, ben
potrebbero essere impugnati con gli ordinari rimedi giurisdizionali.
10.9. – Quanto alla disattivazione degli
impianti, di cui al censurato art. 20, comma 1, per l’Avvocatura dello Stato la
ricorrente avrebbe dovuto, peraltro, impugnare l’art. 26 che meglio definisce
le competenze della società Sogin s.p.a.
10.10. – La netta prevalenza delle
competenze esclusive statali renderebbe, a detta della parte resistente,
infondata la doglianza relativa all’art. 27, comma 6, giacché, quanto al
trattamento dei rifiuti radioattivi, sarebbero comunque previste adeguate forme
di coinvolgimento delle autorità regionali.
Analoghe conclusioni sono ribadite in
merito alle altre denunciate previsioni dell’art. 27.
11. – Con memoria depositata fuori
termine, Enel s.p.a. ha ribadito le proprie posizioni, anche alla luce di
recenti pronunce di questa Corte.
Considerato
in diritto
1. – Il decreto legislativo 15 febbraio
2010, n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e
dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia
elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei
sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi,
nonché misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma
dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99), è stato oggetto di tre
distinti ricorsi regionali.
Più precisamente,
2. – Considerato che i ricorsi sono
diretti in larga parte contro le medesime disposizioni e pongono questioni
analoghe, i giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica
sentenza.
3. – Le questioni di costituzionalità
sottoposte al sindacato di questa Corte dalle odierne ricorrenti possono essere
ordinate in tre distinte aree tematiche, cui corrispondono altrettante
doglianze generali: I) impugnazione dell’intero d.lgs. n. 31 del 2010; II)
modalità di coinvolgimento delle Regioni; III) disciplina del potere
sostitutivo.
3.1. – I) Nella prima area tematica (che
verrà trattata, infra, nei paragrafi
5 e ss.) rientra l’impugnazione dell’intero decreto legislativo in oggetto ad
opera delle Regioni Emilia-Romagna e Puglia, le quali lamentano la violazione
dell’art. 76 Cost. e del principio di leale collaborazione non avendo il
Governo previamente acquisito il parere della Conferenza unificata prescritto
dall’art. 25, comma 1, della legge delega 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni
per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di
energia).
3.2. – II) La seconda area tematica (che
verrà trattata, infra, nei paragrafi
6 e ss.) abbraccia, in relazione a diverse disposizioni del d.lgs. n. 31 del
2010, le doglianze con cui si denuncia l’inadeguatezza del coinvolgimento delle
Regioni nei diversi momenti in cui si articola il procedimento relativo alla
localizzazione, alla realizzazione ed all’esercizio nel territorio nazionale di
impianti di produzione di energia elettrica nucleare, dei sistemi di stoccaggio
del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi.
Più precisamente, sono censurati:
II.A.1) l’art. 4, secondo cui «la
costruzione e l’esercizio di impianti nucleari sono considerate attività di
preminente interesse statale e come tali soggette ad autorizzazione unica che
viene rilasciata, su istanza dell’operatore e previa intesa con la Conferenza
unificata, con decreto del Ministro della sviluppo economico di concerto con il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo quanto previsto nel
presente decreto legislativo», il quale violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost.,
nonché il principio di leale collaborazione, in quanto prevede l’intesa con la
Conferenza unificata e non con
II.A.2) gli artt. 4 e 13, commi 10, 11 e
12, che prevedono l’autorizzazione unica alla costruzione ed all’esercizio
degli impianti nucleari e ne disciplinano la procedura, in quanto violerebbero
gli artt. 117 e 118 Cost., nonché il principio di leale collaborazione, dal
momento che prevedono l’intesa con la Conferenza unificata e non con
II.A.2.1) in subordine, gli stessi artt.
4 e 13, commi 10, 11 e 12, i quali violerebbero gli artt. 117 e 118 Cost.,
nonché il principio di leale collaborazione, omettendo, in relazione alla
autorizzazione unica, la previsione dell’intesa con la Regione interessata «nel
quadro di una procedura corrispondente a quella prevista per la certificazione
dei siti, ovviamente emendata dalle illegittimità costituzionali che anche in
relazione ad essa sono state (...) lamentate» (Regione Emilia-Romagna);
II.B) l’art. 5, il quale prevede, al
comma 1, che «gli operatori, anche in forma associata, devono essere in
possesso delle capacità tecniche e professionali richieste dalle vigenti
disposizioni, anche in materia di sicurezza, nonché disporre di adeguate
risorse umane e finanziarie, comprovati in relazione alle attività da
realizzare, comprese le attività di progettazione, costruzione ed esercizio
degli impianti nucleari, stoccaggio e gestione dei rifiuti radioattivi, anche
nel rispetto delle raccomandazioni formulate dall’AIEA» (Regione Puglia) e, al
comma 2, stabilisce che «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di
concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi entro 30
giorni dall’emanazione della delibera CIPE di cui all’articolo 26, comma 2,
della legge 23 luglio 2009, n. 99, sono definiti i criteri esplicativi dei
requisiti di cui al comma 1, nonché le modalità per la dimostrazione del
possesso dei requisiti stessi» (Regioni Emilia-Romagna e Puglia),
contrasterebbe con:
- l’art. 76 Cost., in quanto, rinviando
ad una fonte secondaria, violerebbe il principio e criterio direttivo di cui
all’art. 25, comma 1, della legge n. 99 del 2009, che invece demanderebbe ad
una fonte primaria – il decreto legislativo – la determinazione dei «requisiti
soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di
disattivazione degli impianti» in oggetto, con ciò vulnerando le attribuzioni
costituzionalmente garantite alle Regioni, impossibilitate ad esprimere il
previo parere in sede di Conferenza unificata (Regione Emilia-Romagna e Regione
Puglia);
- gli artt. 117, 118 e 120 Cost., e con
i princìpi di leale cooperazione e di sussidiarietà (Regione Puglia);
II.C.1) l’art.
II.C.2) l’art. 8, comma 3, nella parte
in cui non prevede che la funzione amministrativa allocata in capo ad organi
dello Stato debba essere esercitata mediante adeguate forme di partecipazione
al procedimento delle Regioni, contrasterebbe con:
- gli artt. 117, terzo comma, e 118
Cost., nonché con il principio di leale collaborazione, giacché il ruolo della
Regione risulterebbe gravemente svilito in quanto è assimilato a quello di un
qualunque cittadino che può presentare osservazioni allo schema in sede di
consultazione pubblica, senza che sia prevista alcuna intesa per l’approvazione
del decreto né con la Conferenza unificata né con le Regioni interessate
(Regione Emilia-Romagna e Regione Toscana);
- l’art. 76 Cost., in quanto, nel
prevedere l’emanazione di un decreto ministeriale, in luogo del decreto
legislativo, deputato alla definizione dei criteri tecnici da seguire per
l’individuazione delle aree destinate alla localizzazione degli impianti
nucleari, rappresenta un esercizio del potere delegato palesemente difforme da
quanto espressamente previsto all’art. 25, comma 1, della legge n. 99 del 2009,
tale da vulnerare le attribuzioni regionali (Regione Emilia-Romagna);
II.C.3) l’art. 9, comma 1, ai sensi del
quale «la Strategia nucleare di cui all’articolo 3, insieme ai parametri sulle
caratteristiche ambientali e tecniche delle aree idonee ai sensi del comma 3
dell’articolo 8, è soggetta alle procedure di valutazione ambientale strategica
ai sensi e per gli effetti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
e successive modificazioni, nonché al rispetto del principio di giustificazione
di cui alla Direttiva 96/29/EURATOM del Consiglio del 13 maggio 1996», in
combinato disposto con l’art. 8, comma 3, dello stesso d.lgs., violerebbe gli
artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., dal momento che non è prevista alcuna
forma di coinvolgimento o collaborazione con le Regioni interessate
determinandosi, quindi, un’illegittima compromissione delle attribuzioni
regionali costituzionalmente previste (Regione Emilia-Romagna);
II.D) l’art. 19, commi 1 e 2, nella
parte in cui non prevede il "concerto” con la Regione interessata «o
quantomeno» il parere della Conferenza unificata, in ordine alle prescrizioni
tecniche e di esecuzione per il trattamento dei rifiuti radioattivi, lederebbe
gli artt. 117, terzo comma, 118 Cost. e il principio di leale collaborazione:
- non avendo l’impugnata disposizione
previsto alcuna forma di collaborazione o coinvolgimento delle istanze
territoriali, pur versandosi in ambiti materiali di competenza regionale;
- essendovi una illegittima attrazione
della competenza a livello statale a disciplinare la materia sia sotto il
profilo normativo sia della regolamentazione delle funzioni amministrative ex art. 118 Cost.;
- non essendovi alcuna previsione di
forme di raccordo e integrazione, in nome del principio di leale
collaborazione, fra i diversi soggetti coinvolti ed interessati dall’attività
disciplinata dall’art. 19 (Regione Emilia-Romagna);
II.E) l’art. 20, commi 1 e 2, nella
parte in cui non prevede l’intesa con la Regione interessata, «o quantomeno» il
"concerto” della Conferenza unificata, circa le modalità tecniche di
disattivazione degli impianti nucleari, violerebbe gli artt. 117, terzo comma,
e 118 Cost. ed il principio di leale collaborazione, essendo precluso allo
Stato escludere le Regioni in ordine all’assunzione di decisioni e modalità
operative che direttamente influiscono sulla loro sfera di competenza (Regione
Emilia-Romagna, quanto al comma 1; Regione Toscana, quanto al comma 2);
II.F.1) l’art. 27, comma 6, nella parte
in cui non prevede l’intesa con la Conferenza unificata e con la Regione
interessata, ai fini dell’approvazione della Carta nazionale delle aree
potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco tecnologico, contrasterebbe
con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. e con il principio di leale
collaborazione (Regione Emilia-Romagna);
II.F.2) l’art. 27, comma 6, nella parte
in cui affida ad un decreto ministeriale, su parere dell’Agenzia,
l’approvazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla
localizzazione del Parco tecnologico, violerebbe l’art. 76 Cost., posto che
l’art. 25 della legge n. 99 del 2009 imporrebbe di provvedere con il decreto
delegato (Regione Emilia-Romagna);
II.G) l’art. 27, comma 11, nella parte
in cui non prevede l’intesa con la Conferenza unificata ai fini della
individuazione del sito per la realizzazione del parco tecnologico, violerebbe
il principio di leale collaborazione (parametro non richiamato espressamente),
«essendo fuori discussione l’interesse delle Regioni a partecipare alla
corretta scelta del sito» (Regione Emilia-Romagna);
II.H) l’art. 27, commi 14, 15 e 16,
nella parte in cui non vi si prevede l’intesa con la Conferenza unificata, ai
fini del rilascio dell’autorizzazione unica relativa al Parco tecnologico,
violerebbe il principio di leale collaborazione (parametro non richiamato
espressamente), alla luce dei medesimi rilievi formulati in merito all’art. 27,
comma 11 (Regione Emilia-Romagna).
3.3. – Infine, la terza area tematica
(che verrà trattata, infra, nei
paragrafi 7 e ss.) racchiude le questioni di costituzionalità relative alle
diverse previsioni del d.lgs. n. 31 del 2010 afferenti al superamento del
dissenso regionale in relazione alle intese con lo Stato.
Più precisamente, sono impugnati:
III.A) l’art. 11, il quale: al comma 6
disciplina il procedimento per la certificazione dei siti prevedendo in caso di
mancato raggiungimento dell’intesa con la Regione interessata la costituzione
un comitato interistituzionale composto da 3 membri di nomina ministeriale e di
un rappresentante della Regione e disponendo che, ove l’intesa non sia
raggiunta, viene emanato un decreto del Presidente della Repubblica sostitutivo
dell’intesa (tutte le ricorrenti); al comma 7, prevede che l’intesa, ovvero il d.P.R. sostitutivo di essa operano anche in deroga ai Piani
energetico ambientali delle Regioni interessate dalla localizzazione degli
impianti (Regione Puglia e Regione Toscana); al comma 8, prevede che in caso di
mancato raggiungimento dell’intesa con la Conferenza unificata sull’elenco dei
siti certificati, il dissenso è superato con deliberazione motivata del
Consiglio dei ministri (Regione Puglia e Regione Toscana), contrasterebbe con
gli artt. 117, 118 e 120 Cost., in quanto, introducendo meccanismi di
superamento unilaterale e imperativo del dissenso, non attribuisce alcun
rilievo alla volontà delle Regioni pur vertendosi in materie di potestà
concorrente in relazione alle quali sarebbe necessaria la codeterminazione
paritaria del contenuto finale dell’atto e in quanto il potere sostitutivo non
sarebbe ammesso per superare il mancato raggiungimento dell’intesa (Regione
Toscana); contrasterebbe, inoltre, con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in quanto comprimerebbe le
potestà normative programmatorie e amministrative regionali anche in materia
ambientale ove vigono i principi di sussidiarietà e leale collaborazione ai
sensi dell’art. 3 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale) (Regione Puglia);
III.A.1) in via subordinata, l’art. 11,
comma 6, nella parte in cui prevede il potere di acquisizione forzata
dell’intesa anche nelle ipotesi in cui questa non sia raggiunta anche a causa
della mancata collaborazione dello Stato, violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost.,
dal momento che il meccanismo paritetico ivi previsto sarebbe vanificato
(Regione Emilia-Romagna);
III.A.2) in via subordinata, l’art. 11,
comma 6, nella parte in cui prevede che il potere sostitutivo statale si
traduca nell’adozione dell’intesa mediante atto unilaterale, violerebbe gli
artt. 117 e 118 Cost. (Regione Emilia-Romagna);
III.A.3) l’art. 11, comma 6, nella parte
in cui rimette la definizione delle modalità di funzionamento del Comitato
interistituzionale ad un decreto ministeriale previo parere della Conferenza
unificata, anziché previa intesa con la stessa, contrasterebbe con gli artt.
117 e 118 Cost. in quanto la definizione delle modalità di funzionamento di un
organismo paritetico non possono essere lasciate alla determinazione di una
sola parte (Regione Emilia-Romagna);
III.B) l’art. 11, comma 10, il quale impone
alle Regioni l’obbligo di adeguare il proprio Piano energetico ambientale entro
12 mesi dalla pubblicazione del decreto di approvazione dell’elenco dei siti,
anche nel caso in cui sia adottato il decreto sostitutivo dell’intesa,
violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost. e l’assetto delle attribuzioni ivi
stabilito, attribuendo effetti «modificativi cogenti» ad un atto unilaterale
per materie di potestà concorrente (Regione Toscana e Regione Puglia);
III.C) l’art. 13, commi 11 e 12, che,
con riferimento all’autorizzazione unica per la costruzione ed l’esercizio
degli impianti nucleari e lo stoccaggio del combustibile irraggiato e dei
rifiuti radioattivi prevede un potere sostitutivo statale per il caso di
mancato raggiungimento dell’intesa su tale autorizzazione, contrasterebbe con:
- gli artt. 117, terzo comma, e 118
Cost., in quanto determina un sostanziale svuotamento dell’intesa in senso
forte con la Regione interessata, necessaria – secondo la giurisprudenza
costituzionale – a garantire la legittimità della "chiamata in sussidiarietà” a
livello statale di funzioni amministrative in materie di competenza
concorrente, e prevede il superamento unilaterale e imperativo del dissenso
(Regione Toscana e Regione Puglia);
- l’art. 120 Cost., in quanto introduce
ipotesi di potere sostitutivo straordinario fuori dei presupposti
costituzionali per i quali è necessario il previo inadempimento di un’attività
prevista come obbligatoria, mentre tale non può considerarsi l’intesa (Regione
Toscana);
III.D)
l’art. 27, nella parte in cui
disciplina la procedura per il superamento del mancato raggiungimento
dell’intesa con le Regioni interessate sulla localizzazione del Parco
tecnologico, dapprima attraverso la nomina di un Comitato interistituzionale, e
poi mediante l’adozione di un d.P.R. sostitutivo
dell’intesa (commi 7 e 8), e nella parte in cui sulla proposta di aree
potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco prevede un’intesa meramente
eventuale con la Conferenza unificata (comma 9), contrasterebbe con:
- gli artt. 117, terzo comma, e 118
Cost., nonché con il principio di leale collaborazione in quanto opererebbe un
«sostanziale svuotamento» delle intese in ipotesi di "chiamata in
sussidiarietà” di funzioni amministrative (Regioni Toscana ed Emilia-Romagna);
- l’art. 120 Cost. in quanto
introdurrebbe ipotesi di potere sostitutivo straordinario fuori dei presupposti
costituzionali per i quali è necessario il previo inadempimento di un’attività
prevista come obbligatoria, mentre tale non può considerarsi l’intesa (Regione
Toscana);
III.E) l’art. 27, comma 8, nella parte
in cui rimette la definizione delle modalità di funzionamento del Comitato
interistituzionale ad un decreto ministeriale previo parere della Conferenza
unificata, anziché previa intesa con la stessa, violerebbe gli artt. 117 e 118
Cost., in quanto la definizione delle modalità di funzionamento di un organismo
paritetico non possono essere lasciate alla determinazione di una sola parte
(Regione Emilia-Romagna);
III.E.1)
in subordine, l’art. 27, comma 8, nella parte in cui prevede il potere di
acquisizione forzata dell’intesa anche nelle ipotesi in cui questa non sia
raggiunta anche a causa della mancata collaborazione dello Stato, violerebbe
gli artt. 117 e 118 Cost. dal momento che il meccanismo paritetico ivi previsto
sarebbe vanificato (Regione Emilia-Romagna);
III.E.2) in subordine, l’art. 27, comma
8, nella parte in cui prevede che il potere sostitutivo statale si traduca
nell’adozione dell’intesa mediante atto unilaterale, violerebbe gli artt. 117 e
118 Cost. (Regione Emilia-Romagna);
III.F) l’art. 27, comma 15, nella parte
in cui, in relazione alla fase autorizzatoria per la
costruzione e l’esercizio del deposito nazionale e delle opere connesse, limita
il ruolo delle Regioni alla partecipazione dei lavori della conferenza di
servizi, contrasterebbe con l’art. 120 Cost. in quanto prevede un potere
sostitutivo straordinario del Governo fuori dei presupposti ivi delineati
(Regione Toscana).
4. – In via preliminare, va dichiarata
l’inammissibilità dell’intervento spiegato dall’Associazione Italiana per il
World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS e dall’Enel s.p.a., alla stregua
della giurisprudenza di questa Corte secondo cui «il giudizio di
costituzionalità delle leggi in via d’azione si svolge esclusivamente tra
soggetti titolari di potestà legislativa, fermi restando, per i soggetti privi
di tale potestà, i mezzi di tutela delle rispettive posizioni soggettive, anche
costituzionali, di fronte ad altre istanze giurisdizionali ed eventualmente anche
di fronte a questa Corte in via incidentale» (sentenza n. 278 del
2010).
5. – Pregiudiziale rispetto alle altre
questioni di legittimità costituzionale (in quanto il suo accoglimento
determinerebbe l’assorbimento di tutte le altre) è la doglianza inclusa
nell’area tematica I), relativa alla impugnazione del d.lgs. n. 31 del 2010
nella sua interezza.
Il contestato eccesso di delega
legislativa, unitamente alla asserita violazione del principio di leale
collaborazione, discenderebbe, a detta delle ricorrenti, dalla mancata
acquisizione del previo parere della Conferenza unificata, come prescritto
dall’art. 25, comma 1, della legge delega n. 99 del 2009.
5.1. – La questione non è fondata.
5.2. – Ai sensi della disposizione ora
richiamata, i decreti legislativi volti a disciplinare l’oggetto definito dalla
stessa legge delega, sono adottati «previa acquisizione del parere della
Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e
successivamente delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le
conseguenze di carattere finanziario».
Come risulta dal preambolo del decreto
in oggetto, si è «preso atto che la seduta del 27 gennaio 2010 della Conferenza
unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, e successive modifiche e integrazioni, al cui ordine del
giorno era iscritto il presente decreto legislativo, non si è tenuta».
Dallo stesso preambolo risulta, altresì,
che il Governo ha «ritenuto di adeguare il testo alle osservazioni del
Consiglio di Stato» e che ha acquisito i pareri delle competenti commissioni
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Come rilevato dalle ricorrenti, l’omessa
acquisizione del parere risulta confermata dal parere espresso dal Consiglio di
Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, 8 febbraio 2010, n. 443.
5.3. –
La stessa ricorrente osserva che il
legislatore delegante ha definito anche l’ordine di acquisizione di pareri,
«palesemente posti allo stesso livello di obbligatorietà […] evidentemente allo
scopo che le Commissioni parlamentari potessero dare il proprio parere anche in
relazione alle osservazioni della Conferenza unificata».
La difesa regionale fa, al riguardo,
notare che, non avendo avuto luogo la riunione del 27 gennaio 2010, non risulta
che il Governo abbia provveduto a riconvocare la Conferenza per una successiva
riunione, né prima né dopo la trasmissione dello schema di decreto legislativo
alle Commissioni parlamentari.
Analoghi sono i rilievi formulati dalla
Regione Puglia.
Dal canto suo, la difesa dello Stato
sottolinea che la Conferenza unificata, appositamente convocata, «è andata
deserta». Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, «lo Stato aveva
l’obbligo di convocare la Conferenza, non quello di "costringere” i suoi
componenti ad intervenire e a parlare».
5.4. – In via preliminare, va disattesa
l’eccezione di inammissibilità della questione in esame, sollevata
dall’Avvocatura dello Stato alla luce della estraneità del parametro evocato
dalle regole di riparto delle competenze tra Stato e Regioni.
Secondo la giurisprudenza di questa
Corte, le Regioni possono evocare parametri di legittimità diversi rispetto a
quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo se la lamentata
violazione determini una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente
garantite o ridondi sul riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni
(si vedano, tra le più recenti, le sentenze n. 156,
n. 52 e n. 40 del 2010,
nonché n. 341
del 2009).
Nel solco tracciato da questa
giurisprudenza si colloca anche la posizione assunta da questa Corte in merito
alla impugnazione, da parte delle Regioni, di decreti legislativi per asserita
violazione dell’art. 76 Cost.: le doglianze regionali basate sull’art. 76 Cost.
«richiedono, per essere ammissibili, che la lamentata violazione dei principi e
dei criteri direttivi enunciati dalla legge delega, da parte del legislatore
delegato, sia suscettibile di comprimere le attribuzioni regionali» (sentenza n. 250 del
2009; dello stesso tenore le sentenze n. 303 del
2003; n. 353
del 2001; n.
503 del 2000;
n. 408 del 1998 e n. 87 del 1996).
Le odierne ricorrenti hanno
sufficientemente motivato in ordine ai profili di una «possibile ridondanza su
tale riparto» della censura da esse prospettata (sentenza n. 52 del
2010). E le medesime Regioni hanno assolto all’onere di operare la
«necessaria indicazione della specifica competenza regionale che ne
risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione» (sentenza n. 250 del
2009).
Infatti, esse sostengono che il
principio direttivo, di cui all’evocato parametro interposto, che impone il
coinvolgimento della Conferenza unificata, sarebbe preordinato a presidiare le
attribuzioni regionali in una materia concorrente, quale quella della
produzione di energia, incisa dalla disciplina in oggetto (sentenza n. 278 del
2010). La Conferenza è, in verità, «una delle sedi più qualificate per
l’elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale
collaborazione» (sentenza
n. 31 del 2006).
5.5. – In effetti, venendo ad esaminare il
merito della censura, si osserva che il legislatore delegante è legittimato a
porre, a carico del legislatore delegato, limiti ulteriori – e non meno cogenti
– rispetto a quelli fissati dall’art. 76 Cost. (sentenze n. 27 del
1970 e n. 38
del 1964).
Il vincolo procedurale posto dall’art.
25, comma 1, della legge n. 99 del 2009, è diretta espressione del principio di
leale collaborazione. L’intreccio degli interessi e, conseguentemente, delle
attribuzioni dei diversi livelli di governo, in un ambito composito e
multiforme quale quello dell’energia nucleare (sentenza n. 278 del
2010), giustifica, ove il legislatore delegante la reputi opportuna, la
configurazione di momenti di confronto con il sistema regionale. Nel caso di
specie, la previa acquisizione del parere della Conferenza unificata risponde
all’esigenza, costituzionalmente apprezzabile, di favorire uno scambio
dialettico tra le istituzioni a vario titolo incise dalle opzioni normative
destinate ad operare in questo ambito (sentenza n. 383 del
2005 sulla Conferenza unificata come organo adeguatamente rappresentativo
delle Regioni e degli enti locali).
Ora, è ben vero che, secondo un
consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, «le procedure di
cooperazione o di concertazione possono rilevare ai fini dello scrutinio di
legittimità di atti legislativi, solo in quanto l’osservanza delle stesse sia
imposta, direttamente o indirettamente, dalla Costituzione» (sentenza n. 278 del
2010; v. pure la sentenza n. 437 del
2001).
Al tempo stesso, è altrettanto vero che
questa Corte ha già avuto occasione di precisare che «il principale strumento che
consente alle Regioni di avere un ruolo nella determinazione del contenuto di
taluni atti legislativi statali che incidono su materie di competenza regionale
è costituito dal sistema delle Conferenze» (sentenza n. 401 del
2007). Peraltro, «affinché il mancato coinvolgimento di tale Conferenza,
pur previsto da un atto legislativo di rango primario, possa comportare un vulnus al principio costituzionale di
leale cooperazione, è necessario che ricorrano i presupposti per la operatività
del principio stesso e cioè, in relazione ai profili che vengono in rilievo in
questa sede, la incidenza su ambiti materiali di pertinenza regionale» (sentenza n. 401 del
2007).
Nel caso di specie, il Parlamento, nella
veste di legislatore delegante, ha declinato il canone della leale
collaborazione in termini di attività consultiva della Conferenza unificata,
proprio nella consapevolezza della attitudine delle emanande
previsioni del decreto delegato ad incidere in settori di competenza regionale.
L’osservanza di tale vincolo si pone quale condizione di legittimità
costituzionale del decreto delegato che, se non soddisfatta, ridonda sulle attribuzioni
costituzionalmente garantite alle Regioni.
Da ciò discende, peraltro, la
possibilità di scrutinare la questione in oggetto combinando i due parametri –
l’art. 76 Cost. ed il principio di leale collaborazione – evocati dalle
ricorrenti.
5.6. – Ora, la previsione di un parere,
quale espressione del principio di leale collaborazione, esige che le parti
della relazione che si viene così ad instaurare si conformino, nei rispettivi
comportamenti, a tale principio. Chi richiede il parere deve mettere il
soggetto consultato nelle condizioni di esprimersi a ragion veduta: dunque,
trasmettendo l’atto oggetto di parere e concedendo un ragionevole lasso di
tempo per la formulazione del giudizio. Nel contempo, il soggetto consultato
deve provvedere diligentemente ad analizzare l’atto e ad esprimere la propria
valutazione nel rispetto del termine fissato.
Siffatta lettura del canone della leale
collaborazione ha trovato riscontro in relazione ad una pregressa questione di
costituzionalità per certi versi analoga a quella oggetto del presente
giudizio. In tale occasione, questa Corte ha statuito che «in assenza di un
preciso termine legale (minimo o massimo) ed una volta stabilito che quello in
concreto concesso alla Conferenza unificata sia stato non incongruo, deve,
d’altra parte, escludersi che tale Conferenza possa rifiutarsi di rendere il
parere e con ciò procrastinare il termine, giacché si verrebbe a configurare un
potere sospensivo o addirittura di veto in capo alla Conferenza, non
conciliabile con la attribuzione costituzionale al Governo del potere
legislativo delegato» (sentenza n. 225 del
2009).
Dai dati acquisiti nel corso del
presente giudizio, si evince che la Conferenza unificata è stata convocata per
il 27 gennaio 2010, alle ore 17.00, con atto della Presidenza del Consiglio dei
ministri del 22 gennaio 2010, dopo che lo schema di decreto legislativo era
stato licenziato il 22 dicembre 2009.
Nella stessa riunione del 22 gennaio
2010, il Consiglio dei ministri ha deliberato l’attivazione della procedura in
via di urgenza, a norma dell’art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 281 del
Il 27 gennaio
2010, alle ore 10.00, è stata convocata la Conferenza delle Regioni e delle
Province autonome per svolgere, tra l’altro, l’«esame delle questioni
all’o.d.g. della Conferenza unificata prevista per lo stesso giorno». In quella
circostanza, la Conferenza delle Regioni ha formulato «parere negativo a
maggioranza, sullo schema di decreto legislativo, attesa la pendenza dei
giudizi di costituzionalità sulla norma di legge delega di cui è attuazione».
Di seguito, un
comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri del 27 gennaio
Dalla suesposta ricostruzione dei fatti
si evince che le istanze regionali sono state rappresentate al Governo in modo
irrituale, ossia al di fuori della sede a ciò deputata ex art. 25, comma 1, della legge n. 99 del 2009 – nella Conferenza
delle Regioni e delle Province autonome, e non nella Conferenza unificata – e
che tale sia la ragione che ha convinto, non implausibilmente,
il Governo a soprassedere, in base alla certezza che la Conferenza unificata
non avrebbe potuto adottare una deliberazione ai sensi dell’art. 9, comma 4,
del d.lgs. n. 281 del 1997.
Non risulta a questa Corte che le
Regioni abbiano lamentato la incongruità del lasso temporale concesso alle
medesime per esprimersi sullo schema del decreto legislativo. Né un simile
rilievo è stato mosso negli odierni ricorsi ove si lamenta la mancata
acquisizione del parere della Conferenza unificata. Anzi, la circostanza che
sia stato espresso, sia pure in modo irrituale, un parere è il sintomo di una
pregressa opera di documentazione e di studio («anche tenuto conto dell’iter
istruttorio fin qui svolto», come si legge nella "deliberazione” della
Conferenza delle Regioni).
La doglianza è, perciò, priva di
fondamento.
6. – La seconda area tematica racchiude
le questioni di costituzionalità avvinte dalla comune doglianza generale circa
l’inadeguato coinvolgimento delle Regioni.
6.1. – L’itinerario da seguire nel
sindacato delle suesposte questioni è stato tracciato dalla sentenza n. 278 del
2010, relativa alla legge delega.
Quanto all’inquadramento materiale della
disciplina in oggetto, giova premettere che, secondo questa Corte, è «evidente
che le disposizioni impugnate incidono essenzialmente sugli interessi relativi
alla materia concorrente della produzione dell’energia, poiché esprimono la
scelta del legislatore statale di rilanciare l’importante forma di
approvvigionamento energetico costituita dalla utilizzazione dell’energia
nucleare e quindi di adottare nuovi princìpi fondamentali, adeguati alle
evidenti specificità di questo settore» (sentenza n. 278 del
2010, punto 12 del Considerato in
diritto).
Premesso ciò, quanto alla lamentata
omissione, da parte della legge delega n. 99 del 2009, di congrue forme di
coinvolgimento e di partecipazione delle Regioni, questa Corte dichiarò le
questioni inammissibili.
Invero, il silenzio serbato sul punto
dal legislatore delegante non aveva, alla luce della doverosa interpretazione
costituzionalmente conforme della delega, il significato ostativo paventato
dalle ricorrenti. A fronte della omessa previsione di una adeguata forma di
partecipazione regionale, per questa Corte «il coinvolgimento delle Regioni
interessate si impone con forza immediata e diretta al legislatore delegato,
ove intenda esercitare la funzione legislativa. Certamente, il legislatore è
poi libero, e talvolta anche obbligato costituzionalmente, nell’attività di
ulteriore rafforzamento delle istanze partecipative del sistema regionale e
degli enti locali, per la quale, quando l’interesse in gioco non sia accentrato
esclusivamente in capo alla singola Regione, ben si presta l’intervento della
Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato - città ed autonomie locali»
(sentenza n. 278
del 2010, punto 13 del Considerato in
diritto).
Nell’ipotesi di attrazione in
sussidiarietà, in particolare, questa Corte ha osservato come sia «oramai
principio acquisito nel rapporto tra legislazione statale e legislazione
regionale che quest’ultima possa venire spogliata della propria capacità di
disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarietà, a condizione
che ciò si accompagni alla previsione di un’intesa in sede di esercizio della
funzione, con cui poter recuperare un’adeguata autonomia, che l’ordinamento
riserva non già al sistema regionale complessivamente inteso, quanto piuttosto
alla specifica Regione che sia stata privata di un proprio potere (sentenze n. 383
e n. 62 del 2005,
n. 6 del 2004
e n. 303 del
2003)» (sentenza
n. 278 del 2010, punto 13 del Considerato
in diritto).
6.2. – Le questioni sub II.A.1),
II.A.2) e II.A.2.1) possono essere esaminate insieme avendo ad oggetto censure
analoghe.
6.2.1. – L’art. 4 del d.lgs. n. 31 del
2010 è impugnato nella parte in cui, relativamente al rilascio
dell’autorizzazione unica alla costruzione ed all’esercizio degli impianti
nucleari con decreto del Ministro della sviluppo economico (di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti), non prevede l’intesa con
6.2.2. – L’impianto normativo edificato
dal legislatore statale si regge su presupposti frutto della combinazione dei
molteplici elementi che compongono la materia della produzione dell’energia,
con particolare riferimento all’energia nucleare.
Uno di essi è il principio di leale
collaborazione, le cui potenzialità precettive si manifestano compiutamente
negli ambiti di intervento nei quali s’intrecciano interessi ed esigenze di
diversa matrice. Invero, questa fitta trama di rapporti tra interessi statali,
regionali e locali determina, sul versante legislativo, una «concorrenza di
competenze» (sentenza
n. 50 del 2005), cui consegue l’applicazione di quel «canone della leale
collaborazione, che impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti
di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle loro competenze» (sentenze n. 278 del
2010; n. 88
del 2009 e n.
219 del 2005).
L’intera attività preordinata alla
localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare e,
quindi, alla costruzione ed all’esercizio dei medesimi, risulta scandita, nella
sua conformazione normativa, da molteplici momenti di attuazione del principio
di leale collaborazione, secondo un disegno che rispecchia i diversi livelli di
compenetrazione e di condizionamento reciproco tra interessi unitari e
interessi territoriali. E ciò si verifica già a livello di definizione della
disciplina legislativa, atteso che – come si è visto – l’esercizio della delega
impone la previa acquisizione del parere della Conferenza unificata.
La costruzione e l’esercizio degli impianti
nucleari sono assoggettati ad una autorizzazione unica di competenza statale,
rilasciata previa intesa con la Conferenza unificata: così prevede l’art. 4 del
d.lgs. n. 31 del
Il rilascio di tale provvedimento
presuppone l’individuazione delle aree potenzialmente destinate alla
localizzazione degli impianti nucleari, che, a mente dell’art. 8, comma 1, del
d.lgs. in parola, deve seguire i criteri tecnici «in linea con le migliori
pratiche internazionali, atti ad assicurare adeguati livelli di sicurezza a
tutela della salute della popolazione e della protezione dell’ambiente».
Lo stesso art. 8 prevede la definizione,
sempre in ambito ministeriale, dello schema di parametri esplicativi dei
suddetti criteri. Detto schema è poi pubblicato, a norma del comma 2 dell’art.
8, nei siti telematici dei Ministeri quivi indicati e dell’Agenzia per la
sicurezza nucleare, affinché le Regioni, nonché gli enti locali e i soggetti
portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte
tecniche.
A ciò segue, ai sensi dell’art. 10 del
d.lgs. n. 31 del 2010, l’avvio del procedimento unico preordinato al rilascio
della suddetta autorizzazione, attraverso la presentazione, da parte
dell’operatore interessato, dell’istanza per la certificazione di uno o più
siti da destinare all’insediamento di un impianto nucleare.
Una volta effettuata l’istruttoria, da
parte della summenzionata Agenzia, il Ministro dello sviluppo economico
sottopone ciascuno dei siti certificati «all’intesa della Regione interessata,
che si esprime previa acquisizione del parere del comune interessato» (art. 11,
comma 5).
Al termine della procedura appena
succintamente descritta, lo stesso Ministro dello sviluppo economico trasmette
alla Conferenza unificata l’elenco dei siti certificati, sui quali è stata
espressa l’intesa regionale oppure, in caso di mancata intesa, sia stato
emanato il decreto sostitutivo della stessa di cui all’art. 11, comma 6.
Acquisita l’intesa della Conferenza
unificata, è adottato, a livello ministeriale, il decreto di approvazione
dell’elenco dei siti certificati. Con il medesimo decreto ciascun sito
certificato ed approvato è dichiarato di interesse strategico nazionale, ed il
diritto di svolgere le attività in oggetto è attribuito in via esclusiva
all’operatore richiedente (art. 11, comma 9, del d.lgs. n. 31 del 2010).
Come dispone il successivo comma 11
dello stesso art. 11, per ciascun sito certificato l’operatore interessato deve
presentare l’istanza di rilascio dell’autorizzazione unica entro un determinato
termine, secondo la procedura di cui all’art. 13. Al compimento
dell’istruttoria, l’Agenzia per la sicurezza nucleare rilascia parere
vincolante al Ministero dello sviluppo economico che indice una conferenza di
servizi con l’Agenzia stessa, i Ministeri concertanti, la Regione e gli enti
locali interessati e con tutti gli altri soggetti e le amministrazioni
coinvolti (art. 13, comma 10).
6.2.3. – La potenziale attitudine del singolo
impianto nucleare, per quanto materialmente localizzato in un determinato
territorio, a incidere sugli interessi e sui beni di comunità territoriali
insediate anche in altri ambiti regionali, giustifica la previsione – ai fini
del rilascio dell’autorizzazione unica – dell’intesa con la Conferenza
unificata, quale sede privilegiata per la rappresentazione delle istanze e
delle esigenze proprie di tutti i livelli di governo coinvolti.
Sicché, il meccanismo concertativo
adottato dal legislatore delegato va, nel caso di specie, valutato
unitariamente alla luce della circostanza che la partecipazione della singola
Regione interessata si è già realizzata nella fase anteriore della
certificazione dei siti in relazione alla quale è necessaria l’acquisizione dell’intesa,
appunto, con ciascuna delle Regioni il cui territorio risulti idoneo alla
localizzazione dell’impianto.
Per contro, la previsione dell’intesa
con la Regione interessata anche nella fase di rilascio dell’autorizzazione –
come prospettato dalle ricorrenti – costituirebbe un onere procedimentale
destinato soltanto ad aggravare l’attività amministrativa preordinata al
rilascio dell’autorizzazione unica, in modo del tutto sproporzionato rispetto
alle esigenze di partecipazione e di codecisione
paritaria già adeguatamente appagate dall’intesa con la Conferenza unificata e,
comunque, preceduta dall’intesa con la Regione interessata.
Pur in questo contesto la Regione
interessata deve essere adeguatamente coinvolta nel procedimento.
Un adeguato meccanismo di
rappresentazione del punto di vista della Regione interessata, che
ragionevolmente bilanci le esigenze di buon andamento dell’azione
amministrativa e gli interessi locali puntualmente incisi, è costituito dal
parere obbligatorio, seppur non vincolante, della Regione stessa. Attraverso
tale consultazione mirata, la Regione è messa nelle condizioni di esprimere la
propria definitiva posizione, distinta nella sua specificità da quelle che
verranno assunte, in sede di Conferenza unificata, dagli altri enti
territoriali.
Pertanto, deve essere dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 nella parte in cui non prevede che
la Regione interessata, anteriormente all’intesa con la Conferenza unificata,
esprima il proprio parere in ordine al rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli
impianti nucleari.
A seguito di
tale declaratoria, risulta non fondata la censura prospettata riguardo all’art.
13, commi 10, 11 e 12 dalla Regione Emilia-Romagna.
6.3. – Le questioni sub II.B), hanno per oggetto l’art. 5 del d.lgs. n. 31 del 2010.
Preliminarmente, deve essere dichiarata
inammissibile la censura prospettata dalla Regione Puglia relativamente
all’art. 5, comma 1, dal momento che il ricorso non reca alcuna motivazione al
riguardo.
Analogamente, inammissibile è la censura
formulata dalla medesima ricorrente con riguardo al comma 2 dell’art. 5 per
violazione degli artt. 117, 118 e 120 Cost. e dei principi di leale
cooperazione e di sussidiarietà, dal momento che anch’essa è del tutto priva di
motivazione ( ex plurimis,
sentenze n. 200,
n. 119 e n. 45 del 2010).
6.3.1. – La questione sub II.B), avente per oggetto l’art. 5,
comma 2, prospettata dalla Regione Emilia-Romagna e dalla Regione Puglia in
riferimento all’art. 76 Cost., non è fondata.
6.3.1.1. – Le ricorrenti lamentano
l’illegittimo divario tra la legge delega ed il decreto legislativo quanto alla
individuazione dei requisiti soggettivi degli operatori del settore.
L’art. 25, comma
1, della legge n. 99 del 2009, prevede che il Governo definisca i «requisiti
soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di
disattivazione degli impianti di cui al primo periodo» attraverso i «medesimi
decreti» legislativi di riassetto normativo nell’ambito materiale qui
considerato.
Dal canto suo, il
censurato art. 5, comma 2, prevede che «con decreto del Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
da emanarsi entro 30 giorni dall’emanazione della delibera CIPE di cui
all’articolo 26, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99, sono definiti i
criteri esplicativi dei requisiti di cui al comma 1, nonché le modalità per la
dimostrazione del possesso dei requisiti stessi».
Secondo le ricorrenti, la devoluzione ad
una fonte secondaria della definizione dei predetti requisiti precluderebbe
alla Conferenza unificata di esprimere il previo parere contemplato, come si è
visto, dallo stesso art. 25, comma 1, per l’adozione dei decreti legislativi in
parola.
6.3.1.2. – In via preliminare, questa
Corte ribadisce quanto già statuito in precedenza circa l’ammissibilità della
doglianza, seppur prospettata in relazione ad un parametro estraneo alle regole
di riparto delle competenze tra Stato e Regioni (v., supra, punto 5.4.). Le ricorrenti
hanno, infatti, motivato in ordine alla ridondanza del lamentato vizio sulle
rispettive attribuzioni costituzionalmente garantite.
6.3.1.3. – Venendo al merito, si osserva
che, diversamente dal ragionamento sviluppato dalle ricorrenti, il Governo, con
l’art. 5 – complessivamente considerato – ha svolto quanto contenuto nella
delega.
Il comma 1 dell’art. 5, invero,
stabilisce che gli operatori «devono essere in possesso delle capacità tecniche
e professionali richieste dalle vigenti disposizioni, anche in materia di
sicurezza, nonché disporre di adeguate risorse umane e finanziarie, comprovate
in relazione alle attività da realizzare, comprese le attività di
progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti nucleari, stoccaggio e
gestione dei rifiuti radioattivi, anche nel rispetto delle raccomandazioni
formulate dall’AIEA».
Mentre il denunciato comma 2 demanda ad
un decreto interministeriale la definizione dei «criteri esplicativi» di questi
requisiti, nonché delle «modalità per la dimostrazione del possesso dei
requisiti stessi», il successivo comma 3 fissa, in maniera analitica, una serie
di divieti allo svolgimento delle attività in oggetto.
Il comma 4, poi, ammette
a dichiarazione sostitutiva l’attestazione, da parte dell’operatore, della
insussistenza delle condizioni ostative, mentre il comma 5 di chiusura rinvia
ad una fonte puntuale – l’art. 43 del d.P.R. 28
dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa. Testo A) – per le
modalità di svolgimento della verifica relativa alle predette condizioni
ostative.
L’art.
Il decreto interministeriale, nel
definire i «criteri esplicativi», dovrà limitarsi a disciplinare, nell’estremo
dettaglio, norme già autosufficienti, peraltro in modo compatibile con gli
evocati princìpi di cui all’art. 20 della legge n. 59 del 1997, trattandosi di
fonte che, per la sue caratteristiche, ben potrebbe in tempi rapidi adeguare
(nell’estremo dettaglio) le scelte compiute dal decreto delegato all’evoluzione
del settore.
6.4. – La questione sub II.C.1) avente ad oggetto l’art. 8 prospettata dalla Regione
Puglia in relazione agli artt. 76, 117, 118 e 120 Cost., nonché ai principi di
leale collaborazione e di sussidiarietà deve essere dichiarata inammissibile.
Essa, infatti, è priva di qualunque
motivazione, atteso che l’art. 8 è meramente evocato nell’epigrafe e nella
parte finale del ricorso.
6.5. – La censura sub II.C.2), relativa all’art. 8, comma 3, sollevata in riferimento
agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. e al principio di leale
collaborazione, non è fondata.
Come evidenziato in precedenza, l’art. 8
disciplina le modalità di predisposizione dello «schema dei parametri
esplicativi dei criteri tecnici» per la individuazione delle aree
potenzialmente idonee alla localizzazione degli impianti nucleari.
Detti criteri tecnici sono volti a
garantire, «in linea con le migliori pratiche internazionali», adeguati livelli
di sicurezza a tutela della salute e dell’ambiente. A tal fine, il Ministero
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti ed il Ministero per i beni e le attività culturali definisce, su
proposta dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, uno schema di parametri
esplicativi dei criteri tecnici, in relazione ai profili di cui all’art. 8,
comma 1, del presente decreto legislativo.
In relazione al predetto schema, le Regioni,
al pari degli enti locali e dei soggetti portatori di interessi qualificati,
sono legittimati a formulare osservazioni e proposte tecniche.
Le ricorrenti lamentano l’inadeguatezza
del coinvolgimento regionale nello svolgimento di tale procedura.
In realtà, la peculiare e infungibile
posizione della Regione interessata all’insediamento dell’impianto nucleare si
esprime, ai sensi dell’art. 11, comma 5, del d.lgs. n. 31 del 2010, attraverso
l’intesa sulla certificazione del sito. Essa, cioè, trova specifica
considerazione nella fase successiva alla elaborazione dei criteri tecnici,
cioè nella fase in cui concretamente deve essere individuato il sito
potenzialmente idoneo per l’insediamento degli impianti nucleari. Ciò a
condizione che lo schema dei parametri esplicativi non sia così dettagliato da
privare la Regione di ogni ulteriore spazio di codeterminazione paritaria
dell’atto. Ove tale condizione non dovesse risultare soddisfatta, detto schema
potrà essere impugnato, se del caso anche innanzi a questa Corte con lo
strumento del conflitto di attribuzione.
Pertanto – contrariamente a quanto
sostenuto dalle ricorrenti – il coinvolgimento della Regione interessata, alla
luce di una valutazione complessiva dell’intero procedimento – come, del resto,
già tratteggiata in precedenza – trova una adeguata forma di realizzazione.
6.5.1. – Inammissibile è la questione sub II.C.2) avente ad oggetto l’art. 8,
comma 3, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna in relazione all’art. 76 Cost.
Secondo la ricorrente, il legislatore
delegato, anziché disciplinare con decreti legislativi l’individuazione dei
criteri tecnici da seguire per l’individuazione delle aree destinate
all’insediamento degli impianti di produzione dell’energia nucleare secondo
quanto previsto dall’art. 25 della legge delega n. 99 del 2009, con la
disposizione impugnata, ha affidato tale individuazione ad un decreto
interministeriale. In tal modo sarebbero lese le prerogative regionali, in
quanto il rinvio ad una fonte normativa secondaria escluderebbe la previa
acquisizione del parere della Conferenza unificata.
Questa Corte esclude che sussista la
asserita ridondanza della lesione del parametro evocato sulle competenze
regionali.
La legge delega, infatti, impone
l’acquisizione del parere della Conferenza unificata sul testo dei decreti
legislativi, senza però precludere ai decreti stessi di devolvere a fonti
secondarie lo sviluppo delle norme primarie ivi contenute, tanto più che la
Conferenza unificata ben potrà svolgere ogni deduzione utile su queste ultime.
Occorre inoltre considerare che la
disposizione impugnata interviene nella fase della procedura che è solo
iniziale e che presenta carattere essenzialmente tecnico in quanto volta a
delineare lo schema «di parametri esplicativi dei criteri tecnici» finalizzato
alla individuazione delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione degli
impianti nucleari. La concreta individuazione dei siti interviene solo in un
momento successivo secondo procedure analiticamente descritte dal decreto in
esame e che assicurano la partecipazione regionale.
6.5.2. – La questione sub II.C.3),
sollevata dalla Regione Emilia-Romagna in riferimento agli artt. 117, terzo
comma, e 118 Cost., e avente ad oggetto il combinato disposto dell’art. 8,
comma 3, e dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 31 del 2010, non è fondata.
La ricorrente lamenta l’omissione di
qualsiasi forma di coinvolgimento o collaborazione con le Regioni interessate.
Replica la controparte osservando che, siccome la strategia nucleare compete
allo Stato ex art. 3 del d.lgs. n. 31
del 2010, «coerentemente» l’art. 9, comma 1, contempla le modalità di
esecuzione e di attuazione di tale attività statale.
Ai sensi dell’art. 9, comma 1, la
Strategia nucleare di cui all’art. 3, «insieme ai parametri sulle caratteristiche
ambientali e tecniche delle aree idonee ai sensi del comma 3 dell’articolo 8»,
è soggetta alle procedure di valutazione ambientale strategica, nonché al
rispetto del principio di giustificazione di matrice comunitaria.
A norma del successivo comma 2, il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare cura lo
svolgimento della consultazione pubblica, secondo i princìpi e le disposizioni
di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, ed iniziative volte a consentire la
partecipazione al procedimento delle popolazioni.
Al termine della procedura di
valutazione ambientale strategica, il predetto Ministro trasmette al Ministero
dello sviluppo economico e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il
parere motivato, adottato di concerto, per gli aspetti di competenza, con il
Ministro per i beni e le attività culturali (così il comma 3).
Infine, il Ministero dello sviluppo
economico, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti adeguano, per le parti di
rispettiva competenza, la Strategia e le disposizioni di cui al comma 1 secondo
le conclusioni della valutazione ambientale strategica e sottopongono gli atti
così adeguati all’approvazione del Consiglio dei Ministri. I testi approvati
sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica Italiana (comma 4).
Contrariamente a quanto sostenuto dalla
ricorrente, la considerazione complessiva della procedura consente di ritenere
soddisfatte adeguatamente le pretese partecipative delle Regioni.
Alla pretesa regionale di vedersi
riconoscere forme più pregnanti di coinvolgimento, sembra opporsi la rilevanza
prevalentemente nazionale degli interessi considerati dalla disciplina in
oggetto, che concerne il regime di sola sottoposizione alla VAS.
Con la sentenza n. 225 del
2009, questa Corte ha statuito che «se è vero […] che la VAS interviene
nell’ambito di piani o programmi statali o regionali, che possono afferire a
qualsiasi ambito materiale (trasporti, energia, telecomunicazioni, agricoltura,
etc.), essa non è tuttavia riferibile a nessuno di questi, giacché la
valutazione ha ad oggetto unicamente profili di compatibilità ambientale e si
pone solo come uno strumento conoscitivo e partecipativo nella scelta
dell’autorità che propone il piano o programma, al solo fine di assicurare che
venga salvaguardato e tutelato l’ambiente […]. La disciplina della VAS rientra
nella materia della tutela dell’ambiente di competenza dello Stato ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost. ed in siffatta materia […] la competenza dello Stato non è limitata alla
fissazione di standard minimi di tutela ambientale, ma deve, al contrario,
assicurare una tutela "adeguata e non riducibile” […]. La VAS, concludendosi
con un "giudizio di compatibilità ambientale” […], rientra […] nella materia
della tutela dell’ambiente ed individua in concreto i limiti di tutela
ambientale che devono essere rispettati» (sentenza n. 221 del
2010).
Ne consegue la non fondatezza della
questione di costituzionalità.
6.6. – La questione sub II.D) non
è fondata.
La norma oggetto di denuncia stabilisce,
al comma 1, che «il titolare dell’autorizzazione unica è responsabile della
gestione dei rifiuti radioattivi operazionali e del combustibile nucleare per
tutta la durata della vita dell’impianto. A tal fine per rifiuti operazionali
si intendono quelli prodotti durante l’esercizio dell’impianto nucleare, che vengono
gestiti dall’operatore nel rispetto delle disposizioni vigenti, nonché delle
prescrizioni tecniche e di esecuzione impartite dall’Agenzia, che possono
essere stoccati temporaneamente nel sito dell’impianto stesso in attesa del
loro conferimento nel Deposito nazionale». Aggiunge il comma 2 che «il titolare
dell’autorizzazione unica provvede, secondo la normativa vigente ed in
particolare le disposizioni di cui al Capo VII del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 e le prescrizioni di
esecuzione impartite dall’Agenzia, al trattamento ed al condizionamento dei
rifiuti operazionali, al loro smaltimento presso il Deposito nazionale ed
all’immagazzinamento del combustibile irraggiato presso il medesimo Deposito
nazionale».
La ricorrente lamenta che, in materia
ritenuta a riparto concorrente (produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia; tutela della salute; protezione civile; tutela della sicurezza
del lavoro), non sia stata prevista un’intesa con la Regione interessata, «o
quantomeno» il parere della Conferenza unificata, in ordine alle prescrizioni
tecniche e di esecuzione impartite dall’Agenzia per la sicurezza nucleare.
Al contrario di quanto affermato dalla
ricorrente, questa Corte rileva che la disposizione impugnata presidia l’interesse
alla gestione, secondo standard tecnici di sicurezza, dei rifiuti radioattivi e
del combustile nucleare, sicché non può che ribadirsi quanto già statuito con
la sentenza n.
278 del 2010 (punto 12 del Considerato in diritto): «in tale
settore, cessata la preponderanza degli interessi connessi alla produzione
dell’energia, si pone la necessità, dai primi distinta, di assicurare un idoneo
trattamento delle scorie radioattive», nell’ambito della competenza esclusiva
dello Stato in materia di tutela dell’ambiente.
Ciò premesso, il carattere eminentemente
tecnico delle prescrizioni affidate alla competenza dell’Agenzia per la
sicurezza nazionale rende palese che non vi sono, nel caso specifico, interessi
intestabili alla sfera di autonomia politico-legislativa delle Regioni (sentenza n. 278 del
2010, punto 16 del Considerato in diritto), tali da potersi opporre
con pari forza, rispetto alla prevalente competenza nazionale in tema di
rifiuti radioattivi.
In tali casi, la Costituzione non
impone, in linea di principio, l’adozione dei meccanismi di leale
collaborazione, che vanno necessariamente previsti, viceversa, solo quando vi
sia una concorrenza di competenze nazionali e regionali, ove non possa
ravvisarsi la sicura prevalenza di una materia sull’altra (sentenze n. 88 del
2009 e n.
231 del 2005).
6.7. – Anche la questione sub II.E)
non è fondata.
L’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 31 del
2010 è impugnato dalla Regione Emilia-Romagna in relazione agli artt. 117,
terzo comma, 118 Cost. ed al principio di leale collaborazione, mentre il
successivo comma 2 è censurato dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt.
117, terzo comma, e 118 Cost.
La disposizione denunciata stabilisce,
al comma 1, che «all’attività di disattivazione degli impianti attende la Sogin s.p.a. in coerenza con gli
scopi statutari, le linee di indirizzo strategico del Ministro dello sviluppo
economico e del Ministro dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 27 comma 8 della
legge 23 luglio 2009, n. 99, nonché delle vigenti disposizioni in
materia», mentre il comma 2 aggiunge che «la Sogin s.p.a., al termine della vita dell’impianto, prende in
carico la gestione in sicurezza del medesimo e svolge tutte le attività
relative alla disattivazione dell’impianto stesso fino al rilascio del sito per
altri usi».
A detta delle ricorrenti, tale
disposizione incide sulle materie a riparto concorrente del governo del
territorio, e, per quanto concerne
Diversamente, la sentenza n. 278 del
2010 ha già chiarito (punto 12 del Considerato in diritto) che la
normativa concernente lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita, implicando
prioritarie esigenze di tutela ambientale, ricade nella sfera di competenza
esclusiva dello Stato: anche in tal caso, la prevalenza di tale materia su ogni
altra esclude la necessità costituzionale di un coinvolgimento del sistema
regionale.
6.8. – La questione sub II.F.1)
non è fondata.
Ai sensi dell’art. 25 dello stesso
d.lgs. n. 31 del 2010, il Parco tecnologico è l’area nel cui ambito viene
localizzato il deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo
definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, secondo quanto
precisato dall’art. 2, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 31 del 2010.
Il Parco accoglie, altresì, strutture comuni per i servizi e per le funzioni
necessarie alla gestione di un sistema integrato di attività operative, di
ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico, di infrastrutture tecnologiche
per lo svolgimento di attività connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e
del combustibile irraggiato (art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 31 del 2010).
La ricorrente lamenta che la fase di
selezione delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Parco tecnologico non
sia preceduta dall’intesa sia con la Regione interessata, sia con la Conferenza
unificata, pur vertendosi in materie a riparto concorrente (governo del
territorio; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;
tutela della salute; protezione civile; valorizzazione dei beni culturali ed
ambientali; grandi reti di trasporto e navigazione).
Questa doglianza non merita
accoglimento.
Secondo quanto già posto in rilievo, la
fase di gestione dei rifiuti radioattivi va ascritta alla competenza esclusiva
statale in materia di tutela dell’ambiente. In questo caso, tuttavia, verso di
essa convergono attività certamente riconducibili, su di un piano di
concorrenza, all’art. 117, terzo comma, Cost., quanto al governo del
territorio. Si tratta, infatti, di localizzare e costruire strutture sul
territorio regionale, sicché si rende costituzionalmente necessario un
coinvolgimento sia del sistema regionale complessivamente inteso, quanto alla
individuazione del sito, sia della Regione interessata, quanto alla «specifica
localizzazione e alla realizzazione» delle opere (sentenza n. 278 del
2010, punto 12 del Considerato in diritto; sentenza
n. 62 del 2005).
Tuttavia, contrariamente a quanto
ritenuto dalla ricorrente, il d.lgs. n. 31 del 2010 già assicura, nelle forme
dovute, entrambe le fasi partecipative. L’art. 27, comma 7, espressamente esige
l’intesa tra Stato e Regioni interessate, al fine di insediare il Parco
tecnologico, mentre l’art. 27, comma 9, sottopone all’intesa con la Conferenza
unificata «la proposta di aree potenzialmente idonee sulle quali è stata
espressa l’intesa regionale». In tal modo, l’autonomia regionale viene
preservata, nelle porzioni che spettano a ciascuno dei soggetti coinvolti:
Ciò è sufficiente, per garantire
un’adeguata sfera di partecipazione dell’autonomia regionale, in un’ipotesi di
concorrenza di competenze normative (sentenze n. 339 del
2009 e n.
219 del 2005).
6.8.1. – La questione sub II.F.2),
avente per oggetto l’art. 27, comma 6, del d.lgs. n. 31 del 2010, prospettata
dalla Regione Emilia-Romanga in relazione all’art. 76
Cost., è inammissibile.
La ricorrente evoca a norma interposta
l’art. 25 della legge delega n. 99 del 2009, secondo cui il Governo approva
decreti legislativi, recanti, tra l’altro, la disciplina della localizzazione
nel territorio nazionale degli impianti di stoccaggio e deposito definitivo dei
rifiuti radioattivi. Tuttavia, prosegue la Regione, anziché disciplinare con
norme primarie tale oggetto, il Governo, con la norma impugnata, ha affidato ad
un decreto ministeriale l’approvazione della Carta nazionale delle aree
potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco tecnologico, in tal modo
ledendo le prerogative regionali. Infatti, conclude la ricorrente, l’art. 25,
comma 1, della legge delega stabilisce che i decreti legislativi sono adottati,
secondo le modalità e i principi direttivi di cui all’art. 20 della legge 15
marzo 1997, n. 59, ovvero previa acquisizione del parere della Conferenza
unificata, parere che, in tal modo, sarebbe stato eluso.
Come già rilevato sopra al paragrafo
6.5.1, si osserva, in senso contrario, che la legge delega impone
l’acquisizione di tale parere sul testo dei decreti legislativi, ma in alcun
modo preclude a siffatto testo, di demandare a fonti secondarie lo sviluppo
delle norme primarie ivi contenute, tanto più che la Conferenza unificata ben
potrà svolgere ogni deduzione utile su queste ultime.
Inoltre, la disposizione impugnata ha ad
oggetto l’approvazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee
alla localizzazione del Parco tecnologico. Essa, dunque, interviene in una fase
preliminare del procedimento, mentre la concreta individuazione del sito è
operata solo successivamente e con il coinvolgimento delle singole Regioni interessate.
Pertanto, la questione in esame con ogni
evidenza non ridonda su alcuna competenza regionale.
6.9. – La questione sub II.G) non
è fondata.
La ricorrente lamenta nuovamente il
mancato coinvolgimento, per mezzo di intesa, della Conferenza unificata, ai
fini della definitiva individuazione del sito ove realizzare il Parco
tecnologico.
Valgono, al riguardo, i rilievi
espressi, supra, al paragrafo 6.7.
In linea con quanto già affermato nella sentenza n. 62 del
2005, questa Corte non può che ribadire che, in tale fase conclusiva del
procedimento, la Costituzione impone il coinvolgimento della Regione
interessata, mentre i più diffusi interessi intestati alla Conferenza unificata
sono salvaguardati, in forza del già rammentato art. 27, comma 9, del d.lgs. n.
31 del 2010.
6.10. – La questione sub II.H),
prospettata dalla Regione Emilia-Romagna relativamente alla impugnazione del
comma 15 dell’art.
La ricorrente, infatti, si limita a
rinviare, ai fini dell’illustrazione dei motivi di ricorso, a quanto già
dedotto, con riguardo all’art. 27, comma 11. Tuttavia, posto che, in
riferimento a tale ultima previsione, la ricorrente pone una questione di
inidoneo coinvolgimento dell’autonomia regionale nell’esercizio di una funzione
amministrativa, mentre l’impugnato comma 15 attiene alle procedure sostitutive
dell’intesa, non è possibile cogliere con la necessaria chiarezza ed univocità
il senso di una simile trasposizione dei motivi di ricorso da un oggetto ad un
altro, del tutto differente.
6.10.1. – La questione sub II.H),
in ordine ai commi 14 e 16 dell’art. 27 del d.lgs. n. 31 del 2010, non è
fondata.
Le impugnate disposizioni, infatti, stabiliscono
che «al compimento dell’istruttoria, l’Agenzia, anche in base all’esito delle
procedure di VIA, rilascia parere vincolante al Ministero dello sviluppo
economico che, sulla base di esso, entro trenta giorni dalla comunicazione del
parere stesso, indice una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della
legge 7 agosto 1990, n. 241 con i Ministeri concertanti,
la Regione e gli enti locali interessati, e con tutti gli altri soggetti e le
amministrazioni coinvolti, da individuare sulla base dello specifico progetto,
che non abbiano già espresso il proprio parere o la propria autorizzazione
nell’ambito dell’istruttoria svolta dall’Agenzia» (comma 14); inoltre si
stabilisce che «nei trenta giorni successivi alla positiva conclusione dell’istruttoria,
il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti, rilascia con proprio decreto l’autorizzazione unica, disponendone
la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica Italiana e nei siti Internet dei relativi Ministeri e
dell’Agenzia».
Anche in relazione a tale disciplina,
questa Corte ribadisce che la fase destinata, una volta selezionata l’area,
allo specifico insediamento delle opere sul territorio della Regione coinvolge
interessi oramai consolidatisi in capo a quest’ultima, mentre resta adeguata,
sul piano costituzionale, e sotto tale profilo, la scelta del legislatore
delegato di riservare l’intervento della Conferenza unificata ad una fase
precedente, ai sensi del già menzionato art. 27, comma 9.
7. – La terza area tematica, infine,
abbraccia le questioni di costituzionalità aventi ad oggetto le disposizioni
che disciplinano il superamento del dissenso regionale in occasione delle
intese contemplate dal d.lgs. n. 31 del 2010.
7.1 – Le questioni sub III.A) hanno ad oggetto l’art. 11.
La disposizione impugnata disciplina il
procedimento di certificazione dei siti idonei all’insediamento degli impianti
nucleari disponendo che, all’esito dell’istruttoria compiuta dall’Agenzia per
la sicurezza nucleare, il Ministro per lo sviluppo economico sottopone ciascuno
dei siti certificati all’intesa della Regione interessata.
Il comma 6 disciplina, poi, il
procedimento da seguire ove tale intesa non sia raggiunta entro il termine di
sessanta giorni, disponendo che nei successivi trenta giorni si provvede alla
costituzione di un comitato interistituzionale «i cui componenti sono designati
in modo da assicurare una composizione paritaria», dal Ministero dello sviluppo
economico, dal Ministero dell’ambiente e dal Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, «da un lato, e dalla Regione, dall’altro».
La disposizione censurata stabilisce,
altresì, che nel caso in cui «non si riesca a costituire il Comitato
interistituzionale, ovvero non si pervenga ancora alla definizione dell’intesa
entro i sessanta giorni successivi alla costituzione del Comitato, si provvede all’intesa con decreto del Presidente
della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, integrato
con la partecipazione del presidente della Regione interessata».
Tutte le ricorrenti sostengono che tale
disposizione disciplinerebbe un’ipotesi di potere sostitutivo in violazione
dell’art. 120 Cost. in quanto avrebbe introdotto un meccanismo di superamento
unilaterale ed autoritativo del dissenso regionale in ordine all’intesa. In tal
modo sarebbero lese le prerogative loro attribuite dagli artt. 117, terzo
comma, e 118 Cost. in quanto nel procedimento di localizzazione degli impianti
non si terrebbe alcun conto della volontà delle Regioni pur vertendosi in
materia di potestà concorrente in relazione alla quale sarebbe necessaria la
codeterminazione paritaria del contenuto finale dell’atto.
7.1.1. – Preliminarmente tale ultima
censura deve essere dichiarata inammissibile dal momento che risulta evocata
come parametro asseritamente violato una disposizione
attributiva di una competenza esclusiva statale (sentenza n. 278 del
2010, paragrafo 6 del Considerato in
diritto).
7.1.2. – Nel merito le altre censure non
sono fondate.
È necessario, innanzitutto, chiarire che
l’art. 11, comma 6 regola un procedimento volto a raggiungere un accordo tra lo
Stato e le Regioni anche attraverso la nomina di un organo terzo, quale è
appunto il comitato interistituzionale e, in caso di esito negativo,
attribuisce prevalenza alla volontà dello Stato.
Non c’è dubbio che si è di fronte – come
si è già detto – ad una disciplina concernente la materia dell’energia che
rientra fra quelle che l’art. 117, terzo comma, Cost. attribuisce alla potestà
concorrente di Stato e Regioni e che il d.lgs. n. 31 del 2010 opera una
chiamata in sussidiarietà delle funzioni amministrative concernenti tale
materia.
Il legislatore statale, coerentemente
con gli insegnamenti di questa Corte, ha previsto che per l’esercizio di tali
funzioni ed in particolare, per quanto qui interessa, di quelle concernenti la
certificazione dei siti, sia necessario il raggiungimento dell’intesa con
Ha però specificamente regolato anche
l’ipotesi in cui tale intesa non venga raggiunta entro i termini stabiliti.
Questa Corte ha escluso la legittimità
di una disciplina che ai fini del perfezionamento dell’intesa contenga la
«drastica previsione» della decisività della volontà di una sola parte,
affermando, al contrario, la necessità che il contenuto dell’atto sia frutto di
una codecisione paritaria e indicando, altresì, la
necessità di prevedere – in caso di dissenso – idonee procedure per consentire
lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare le divergenze (sentenze n. 121 del
2010, n. 24
del 2007, n.
383 e n. 339
del 2005).
Nel caso in esame, il legislatore
delegato ha disciplinato appunto tale ipotesi, cioè quella del mancato
raggiungimento dell’intesa, introducendo un procedimento che si articola
dapprima, attraverso la nomina di un comitato a composizione paritaria il cui
scopo è appunto quello di addivenire all’accordo, e quindi, in caso di esito
negativo, attraverso l’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica
adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri cui prende parte il
Presidente della Regione interessata.
Dunque, è prevista ed istituzionalizzata
una fase di trattative ulteriori attraverso la nomina di un organo ad hoc; qualora, tuttavia, neppure ciò
dia esito positivo, la decisione finale è rimessa ad un atto del Governo, il
quale assume la forma del decreto del Presidente della Repubblica e richiede la
previa deliberazione del Consiglio dei ministri e la partecipazione regionale.
Per stabilire se tale meccanismo sia o
meno lesivo delle prerogative regionali – come denunciato dalle ricorrenti –
occorre considerare che questa Corte, nella sentenza n. 278 del
2010, ha chiarito che la chiamata in sussidiarietà delle funzioni
amministrative in materia di energia nucleare operata dalla legge delega n. 99
del 2009 – e quindi anche dal d.lgs. n. 31 del 2010 – trova giustificazione
nell’esigenza di assicurare l’attuazione della scelta operata in materia di
politica energetica di introdurre quale ulteriore fonte di produzione di
energia quella di origine nucleare.
Se, dunque, la previsione della
possibilità di superare il dissenso regionale si giustifica per l’esigenza di
garantire l’attuazione della strategia energetica, evitando che si determini un
insuperabile stallo nella sua realizzazione, tuttavia il meccanismo introdotto
dall’art. 11, comma 6, appare rispettoso delle prerogative delle Regioni dal
momento che non solo è prevista la necessità dell’intesa con la Regione
interessata ai fini della certificazione dei siti potenzialmente idonei alla
installazione di impianti di produzione di energia nucleare, ma, in mancanza
dell’accordo regionale, si determina non già l’automatico trasferimento del
potere decisorio in capo allo Stato, bensì l’attivazione di un procedimento
volto a consentire lo svolgimento di ulteriori trattative attraverso la
costituzione di un soggetto terzo nominato dalle parti in modo paritario.
Solo laddove neppure in tale sede sia
possibile addivenire ad un’intesa, allora la decisione viene rimessa al Governo
con il coinvolgimento, peraltro, anche del Presidente della Regione.
Su tale decisione – la quale, come si è
detto, assume la forma del decreto del Presidente della Repubblica – si
esercita, inoltre, la funzione di controllo tipica dell’emanazione di tali
atti, avverso i quali ben potranno essere esperiti gli ordinari rimedi
giurisdizionali, nonché eventualmente il ricorso avanti a questa Corte in sede
di conflitto di attribuzione.
7.1.3. – Alla luce di tali
considerazioni deve ritenersi non fondata anche la questione, prospettata dalla
Regione Emilia in via subordinata, con cui si denuncia la violazione delle competenze
regionali laddove si prevede che l’intesa – che per sua natura è un atto
bilaterale – venga adottata dallo Stato con atto unilaterale.
Come si è visto, la disposizione
impugnata non prevede un superamento "secco” dell’opposizione regionale stigmatizzato
da questa Corte, in quanto il decreto del Presidente della Repubblica
interviene solo dopo il fallimento delle ulteriori trattative tra le parti,
svolte anche attraverso la attivazione del comitato interistituzionale.
7.1.4. – Sempre in via subordinata,
Anche tale censura non è fondata.
L’ipotesi prospettata dalla ricorrente,
infatti, non discende dalla disposizione in esame, bensì da un comportamento
dello Stato che sarebbe certamente contrario al principio di leale
collaborazione che deve informare la relazione tra le parti. Esso pertanto, ben
potrebbe essere censurato avanti a questa Corte in sede di conflitto di
attribuzione.
7.1.5. –
Tale previsione, rimettendo la
definizione del funzionamento del comitato alla determinazione di una sola
parte, anziché ad un’intesa con la Conferenza unificata, violerebbe le
prerogative regionali.
La censura non è fondata.
La disposizione interviene a regolare il
subprocedimento che si attiva con la nomina del Comitato interistituzionale e
affida la determinazione delle modalità di funzionamento ad un decreto ministeriale.
In questa fase, le istanze regionali
devono ritenersi sufficientemente tutelate mediante l’acquisizione del parere
della Conferenza unificata su tale decreto, e ciò anche al fine di garantire il
funzionamento dell’organo, evitando che la sua attività possa essere
paralizzata dal mancato raggiungimento di un accordo in tale sede. D’altra
parte, ben potranno le Regioni far valere eventuali vizi del decreto
ministeriale avanti alla competente autorità giudiziaria.
7.1.6. – Le ricorrenti denunciano,
altresì, il comma 7 dell’art. 11 il quale dispone che sia l’intesa, sia «il
decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 6 operano anche in
deroga ai Piani energetico ambientali delle Regioni interessate da ciascuna
possibile localizzazione».
Tale censura, alla luce delle
considerazioni svolte sopra, non merita accoglimento.
Poiché, come si visto, il decreto
presidenziale è emanato all’esito dello svolgimento delle trattative volte ad
addivenire ad un accordo con la Regione interessata, e poiché tale procedura
risulta adeguata, non è lesiva dell’autonomia regionale la previsione che
quanto stabilito nel suddetto decreto operi in deroga alla pianificazione
energetico-ambientale delle Regioni nel cui territorio si trovano i siti
certificati.
7.1.7. – Del pari non fondata è la
censura avente ad oggetto il comma 8 dell’art. 11.
Questo stabilisce che, una volta
raggiunta l’intesa con la Regione interessata, «il Ministro dello sviluppo
economico trasmette l’elenco dei siti certificati, sui quali è stata espressa
l’intesa regionale o è intervenuto il
decreto sostitutivo di intesa, alla Conferenza Unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, che si esprime entro i termini di cui all’art. 3 del
medesimo decreto legislativo e, comunque, non oltre sessanta giorni dal
ricevimento della relativa richiesta; in mancanza di intesa entro il predetto
termine, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata, secondo
quanto disposto dallo stesso articolo 3, sulla base delle intese già raggiunte
con le singole Regioni interessate da ciascun sito o sulla base dei decreti sostitutivi di intesa».
Anche in tal caso – ad avviso delle
ricorrenti – sarebbe previsto un meccanismo di superamento unilaterale del
dissenso regionale lesivo delle prerogative delle Regioni.
In realtà, a parte il fatto che il comma
8 richiama, ai fini del superamento del dissenso della Conferenza, il
meccanismo già previsto dal d.lgs. n. 281 del 1997, tale meccanismo appare
sufficientemente rispettoso del sistema regionale, dal momento che l’intesa con
la Conferenza unificata interviene dopo che è stato raggiunto l’accordo con
ciascuna Regione interessata, ovvero dopo che è intervenuto il decreto che
tiene luogo di detto accordo.
7.2. – Con la censura sub III.B) le Regioni Toscana e Puglia
impugnano il comma 10 dell’art. 11.
Esso stabilisce che la Regione
interessata dalla presenza di un sito nucleare adegua il proprio Piano
Energetico Ambientale tenendo conto dell’intesa, ovvero del decreto del
Presidente della Repubblica emanato all’esito del procedimento previsto dal
comma 6.
Le ricorrenti lamentano la violazione
delle proprie competenze in quanto la disposizione attribuirebbe effetti
modificativi cogenti ad un atto unilaterale dello Stato in una materia di potestà
concorrente.
La censura non è fondata.
Valgono a questo proposito le medesime
considerazioni svolte con riguardo alle censure relative al comma 7 (paragrafo
7.1.6).
7.3. – Non fondate sono, altresì, le
censure sub III.C), promosse dalla
Regione Toscana e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 117, terzo
comma, e 118 Cost. e, dalla sola Regione Toscana, anche all’art. 120 Cost.,
aventi ad oggetto l’art. 13, commi 11 e 12, del d.lgs. n. 31 del 2010 il quale
disciplina il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica per la
costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari e lo stoccaggio del
combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, disponendo che sia indetta
una conferenza di servizi – ai sensi degli artt. 14 e seguenti della legge n.
241 del 1990 – alla quale prendono parte le amministrazioni interessate, tra
cui la Regione e gli enti locali.
In particolare, il comma 11 stabilisce
che ove in tale sede «non venga raggiunta la necessaria intesa con un ente
locale coinvolto», viene ad esso assegnato un congruo termine per esprimere
l’intesa e, in mancanza, previa
deliberazione del Consiglio dei ministri cui partecipa il Presidente della
Regione interessata all’intesa, è adottato un decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri sostitutivo dell’intesa.
Ad avviso delle ricorrenti, tale
previsione contemplerebbe un’ipotesi di potere sostitutivo straordinario e
determinerebbe uno svuotamento dell’intesa.
Tali censure muovono, evidentemente, dal
presupposto che il meccanismo denunciato abbia ad oggetto un’intesa con le
Regioni.
In realtà, la disposizione impugnata si
riferisce espressamente alla «necessaria intesa con un ente locale coinvolto».
Questa Corte, nella sentenza n. 278 del
2010, ha chiarito che «nel vigente assetto istituzionale della Repubblica,
la Regione gode di una particolare posizione di autonomia, costituzionalmente
protetta, che la distingue dagli enti locali (art. 114 Cost.)», sicché deve
escludersi che con l’espressione "ente locale” il legislatore si riferisca alla
Regione.
Conseguentemente, la disposizione
impugnata nell’ambito del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione
unica non trova applicazione alle intese con le Regioni.
7.4. – Le censure sub III.D) hanno ad oggetto l’art. 27, commi 7 e 8, nella parte in
cui disciplina la localizzazione del parco tecnologico e stabilisce che, ove
l’intesa a tal fine prevista come necessaria con
Le Regioni Toscana ed Emilia-Romagna
lamentano la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., nonché del
principio di leale collaborazione in quanto si introdurrebbe un meccanismo
sostitutivo dell’intesa al di fuori dei presupposti costituzionali e si
vanificherebbe l’intesa con la Regione interessata, necessaria a garantire la
legittimità costituzionale della chiamata in sussidiarietà di funzioni
amministrative in materie di potestà concorrente. Inoltre,
Tali doglianze non meritano
accoglimento.
La disposizione in esame contempla un
procedimento in tutto analogo a quello previsto dall’art. 11 sopra esaminato.
Tuttavia, come si è già osservato sopra
con riguardo a tale disposizione (paragrafo 7.1), il meccanismo ricordato
concerne un procedimento volto al raggiungimento dell’intesa attraverso un
meccanismo di superamento del dissenso regionale.
Tale procedimento, peraltro, risulta
adeguato a garantire il rispetto dell’autonomia regionale, tenuto conto che
nella fattispecie regolata dall’art. 27 si versa in un’ipotesi di concorrenza
di competenze nella quale, se viene certamente in rilievo la materia del
governo del territorio di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost. quanto alla
localizzazione del parco tecnologico, viene altresì in considerazione la
materia della tutela dell’ambiente di competenza esclusiva dello Stato (supra paragrafo 6.7).
Se, dunque, per la necessità di
garantire l’autonomia regionale, il comma 7 dell’art. 27 richiede il
raggiungimento dell’intesa con
7.4.1. – Le suddette ricorrenti hanno
mosso le medesime censure ora esaminate anche con riguardo al comma 9 dell’art.
27 il quale prevede che «il Ministro dello sviluppo economico trasmette la
proposta di aree potenzialmente idonee sulle quali è stata espressa l'intesa
regionale alla Conferenza unificata (…) che esprime la relativa intesa». In
mancanza di intesa, «il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione
motivata (…) sulla base delle intese già raggiunte con le singole Regioni
interessate da ciascun sito»
Secondo le ricorrenti, tale intesa con
la Conferenza unificata in quanto meramente eventuale sarebbe lesiva delle
prerogative regionali.
Anche tali doglianze non sono fondate
per ragioni identiche a quelle esposte nel precedente paragrafo.
7.5. – Con le questioni sub III.E), III.E.1), III.E.2)
Denuncia, inoltre, che l’acquisizione
forzata dell’accordo sia prevista anche nel caso in cui questo non sia
raggiunto per la mancata collaborazione dello Stato. Contesta, infine, la
legittimità della «previsione di una intesa formata unilateralmente dallo
Stato».
Tali doglianze non sono fondate per le
medesime ragioni sopra esposte (paragrafi 7.1.3., 7.1.4. e 7.1.5.)
7.6. – Del pari priva di fondamento è la
censura sub III.F) avente ad oggetto
l’art. 27, comma 15.
Tale disposizione prevede che qualora
nella conferenza di servizi convocata ai fini del rilascio dell’autorizzazione
unica per la costruzione e gestione del deposito nazionale dei rifiuti, «non
venga raggiunta la necessaria intesa con un ente locale coinvolto, il
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo
economico, assegna all’ente interessato un congruo termine per esprimere
l’intesa; decorso inutilmente tale termine, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri cui partecipa il
Presidente della Regione interessata all’intesa, è adottato, su proposta del
Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare ed il Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sostitutivo
dell’intesa».
Valgono al riguardo i rilievi espressi supra al
paragrafo 7.3.
PER QUESTI MOTIVI
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibile l’intervento spiegato
dall’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS
e da Enel s.p.a.;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del
decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 (Disciplina della localizzazione,
della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di
produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del
combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e
dei rifiuti radioattivi, nonché misure compensative e campagne informative al
pubblico, a norma dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99) nella
parte in cui non prevede che la Regione interessata, anteriormente all’intesa
con la Conferenza unificata, esprima il proprio parere in ordine al rilascio
dell’autorizzazione unica per la
costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari;
dichiara
inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 31 del 2010,
promossa, in riferimento agli artt. 76, 117, 118 e 120 della Costituzione e ai
principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, dalla Regione Puglia con
il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara
inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 31 del 2010,
promossa, in riferimento agli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione, nonché
ai principi di leale collaborazione e di sussidiarietà, dalla Regione Puglia
con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 8 del d.lgs. n. 31 del 2010, promossa, in riferimento
agli artt. 76, 117, 118 e 120 della Costituzione e ai principi di leale
collaborazione e di sussidiarietà, dalla Regione Puglia con il ricorso indicato
in epigrafe;
dichiara
inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 31 del 2010,
promossa, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara
inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 31 del 2010,
promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dalla Regione
Puglia con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 27, comma 6, del d.lgs. n. 31 del 2010, promossa, in riferimento
all’art. 76 della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso
indicato in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 27, comma 15, del d.lgs. n. 31 del 2010, promossa in
riferimento al principio di leale collaborazione, dalla Regione Emilia-Romagna
con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara
non fondata la questione di
legittimità costituzionale del d.lgs. n. 31 del 2010 promossa, in riferimento
all’art. 76 della Costituzione e al principio di leale collaborazione, dalle
Regioni Emilia-Romagna e Puglia con i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara
non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 31 del 2010, promossa, in
riferimento all’art. 76 della Costituzione, dalle Regioni Emilia-Romagna e
Puglia con i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 31 del 2010, promossa, in
riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione, nonché al
principio di leale collaborazione, dalle Regioni Toscana ed Emilia-Romagna con
i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara
non fondata la questione di
legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 8, comma 3, e
dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 31 del 2010, promossa, in riferimento agli
artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione dalla Regione Emilia-Romagna
con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara
non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 11, commi 6, 7 e 8, del d.lgs. n. 31 del
2010, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118 e 120 della
Costituzione, dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Puglia con i ricorsi
indicati in epigrafe;
dichiara
non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 10, del d.lgs. n. 31 del 2010,
promossa, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, dalle Regioni
Toscana e Puglia con i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 13, commi 10, 11 e 12 del d.lgs. n. 31 del 2010,
promossa, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione e al principio
di leale collaborazione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato
in epigrafe;
dichiara
non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 11 e 12, del d.lgs. n. 31 del
2010, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma e 118 della
Costituzione, dalle Regioni Toscana e Puglia con i ricorsi indicati in
epigrafe;
dichiara
non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 11 e 12, del d.lgs. n. 31 del
2010, promossa, in riferimento all’art. 120 della Costituzione, dalla Regione
Toscana con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 19, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 31 del 2010, promosse,
in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione, e al
principio di leale collaborazione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso
indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 31 del 2010, promossa, in
riferimento agli artt. 117, terzo comma e 118 della Costituzione, e al
principio di leale collaborazione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso
indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 31 del 2010, promossa, in riferimento agli
artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il
ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 27, comma 6, del d.lgs. n. 31 del 2010 promossa, in riferimento agli
artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in
epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 27, commi 7, 8 e 9, del d.lgs. n. 31 del 2010
promosse, in riferimento all’art. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione ed
al principio di leale collaborazione, dalle Regioni Toscana ed Emilia-Romagna
con i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 27, commi 7, 8 e 9, del d.lgs. n. 31 del 2010
promossa, in riferimento all’art. 120 della Costituzione, dalla Regione Toscana
con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 27, comma 11, del d.lgs. n. 31 del 2010 promossa, in
riferimento al principio di leale collaborazione, dalla Regione Emilia-Romagna
con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 27, commi 14 e 16, del d.lgs. n. 31 del 2010,
promossa, in riferimento al principio di leale collaborazione, dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 27, comma 15, del d.lgs. n. 31 del 2010, promossa, in
riferimento all’art. 120 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il
ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 gennaio
2011.
F.to:
Maria
Depositata in