SENTENZA N.437
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 138, commi 16 e 17, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001), promossi con ricorsi delle Regioni Piemonte ed Emilia-Romagna, notificati il 29 gennaio 2001, depositati in cancelleria il 2 febbraio successivo ed iscritti ai nn. 15 e 16 del registro ricorsi 2001.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 novembre 2001 il Giudice relatore Valerio Onida;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per le Regioni Piemonte ed Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Giorgio D’Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con due ricorsi di identico tenore, entrambi notificati il 29 gennaio 2001 e depositati nella cancelleria della Corte il 2 febbraio 2001, la Regione Piemonte e la Regione Emilia-Romagna hanno promosso questione di legittimità costituzionale dell'art. 138, commi 16 e 17, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001), là dove, nel disciplinare l’alimentazione del Fondo regionale di protezione civile, non mantiene l'impegno assunto dallo Stato di costituire un fondo della dimensione di 1.000 miliardi di lire e comporta oneri a carico dei bilanci regionali ovvero riduzioni di trasferimenti dallo Stato alle Regioni; questione sollevata assumendo la violazione del principio di leale collaborazione (art. 5 della Costituzione) nonchè dei principi di ragionevolezza, di autonomia finanziaria delle Regioni e di corrispondenza fra funzioni trasferite e risorse messe a disposizione (articoli 119 e 118 della Costituzione).
In materia di protezione civile, ai sensi dell’art. 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, alle Regioni sono attribuite molteplici funzioni concernenti la predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione, l'attuazione di interventi urgenti in relazione a certi eventi, la formulazione di indirizzi per i piani provinciali di emergenza, l'attuazione degli interventi necessari per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi, lo spegnimento degli incendi boschivi, l'organizzazione e l'utilizzo del volontariato.
Osservano le ricorrenti che, in sede di discussione sugli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – emanati ai sensi dell’art. 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59 – relativi alla individuazione e alla ripartizione tra le Regioni dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative per l’esercizio delle funzioni in materia di protezione civile, la Conferenza unificata Stato-Regioni-città, nelle sedute del 16 marzo e del 3 agosto 2000, ebbe ad esprimere parere favorevole condizionandolo però all'impegno, confermato da parte del Governo, di istituire un fondo nazionale di 1.000 miliardi di lire a favore delle Regioni e degli enti locali per i compiti di protezione civile.
Le Regioni ricorrenti si dolgono che le disposizioni denunciate disattendano quanto concordato in sede di Conferenza unificata, giacchè il fondo non é di 1.000 miliardi di lire e non é interamente finanziato dallo Stato. E’ previsto infatti dal comma 16 dell’art. 138 che "il Fondo é alimentato per il triennio 2001-2003 da un contributo dello Stato di lire 100 miliardi annue, il cui versamento é subordinato al versamento al Fondo stesso da parte di ciascuna regione e provincia autonoma di una percentuale uniforme delle proprie entrate accertate nell'anno precedente, determinata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome in modo da assicurare un concorso complessivo delle regioni e delle province autonome non inferiore, annualmente, al triplo del concorso statale". Il comma 17, poi, stabilisce che "in sede di prima applicazione per il triennio 2001-2003 il concorso delle regioni al fondo di cui al comma 16 é assicurato mediante riduzione delle somme trasferite ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, per l'importo di lire 200 miliardi per ciascun anno, con corrispondente riduzione delle somme indicate all'articolo 52, comma 6, della presente legge", ossia di somme destinate alla viabilità di interesse regionale.
Lo Stato avrebbe provveduto ad istituire il Fondo per la protezione civile, ma avrebbe previsto di contribuire ad esso solo per una parte ridotta (rispetto all'impegno preso), ed avrebbe accollato la maggior parte degli oneri alle stesse Regioni, privandole delle risorse ad esse appena riconosciute in relazione all'esercizio delle funzioni in materia di viabilità.
Con il primo motivo le Regioni lamentano la violazione del principio di leale collaborazione (art. 5 Cost.), attesa la mancata osservanza dell’impegno concordato.
Non rileverebbe che l'impegno violato sia stato preso a livello governativo e che la violazione di tale impegno sia, invece, opera del legislatore, cioé di un organo statale diverso da quello che ha assunto l'impegno, giacchè tale differenza – osservano le ricorrenti – non potrebbe condurre a non dare seguito a quanto concordato, pena la privazione di ogni significato dei meccanismi di concertazione istituzionale tra i soggetti titolari di competenze costituzionali.
Nei confronti delle Regioni, lo Stato-persona si presenterebbe in veste unitaria. Una volta assunto un impegno preciso in sede governativa, lo Stato non potrebbe poi semplicemente liberarsene mutando l'organo con cui agisce; l'impegno preso fonderebbe una legittima aspettativa nelle Regioni, e la sua violazione si porrebbe in contrasto con il principio di leale collaborazione.
Le ricorrenti escludono di voler attribuire alla legge del Parlamento un ruolo subordinato di mera ratifica di decisioni assunte altrove, nè intendono affermare una presunta intangibilità delle posizioni espresse dalle istanze rappresentative delle Regioni, essendo consapevoli che, nell'attuale assetto costituzionale, l'organo rappresentativo delle Regioni non ha un ruolo costituzionale riconosciuto, paragonabile a quello che esso ha in altri ordinamenti di tipo federale, capace di condizionare direttamente la volontà legislativa. Tuttavia, e soprattutto quando il Parlamento opera non soltanto come espressione generale della volontà nazionale, ma altresì, e più particolarmente, come espressione della volontà dello Stato-persona in relazione agli altri soggetti dell'ordinamento repubblicano, esso avrebbe l'onere di conformarsi al principio di leale collaborazione, e non potrebbe limitarsi a semplicemente ignorare e violare gli impegni assunti a nome dello Stato. Se il Parlamento voleva discostarsi dall'accordo raggiunto a livello governativo, avrebbe dovuto – si sostiene – raggiungere con le Regioni un ulteriore specifico accordo sulle norme impugnate, mentre sarebbe incostituzionale il puro e semplice mancato rispetto dell’impegno.
Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano la violazione del principio di ragionevolezza, del principio di autonomia finanziaria delle Regioni e del principio di corrispondenza tra funzioni trasferite e risorse messe a disposizione (articoli 118 e 119 Cost.).
A prescindere dagli accordi intervenuti, le Regioni ritengono che il meccanismo di costituzione del Fondo, basato sull'apporto minoritario dello Stato e sull'apporto maggioritario delle Regioni, sia in sè e per sè costituzionalmente illegittimo. Tale meccanismo avrebbe infatti nella sostanza carattere coattivo. Il comma 16 dell’art. 138, condizionando il versamento del contributo statale al versamento di una somma tripla da parte delle Regioni, in sostanza sottrarrebbe una quota delle risorse regionali all’uso delle singole Regioni: una sorta di "trasferimento al contrario" di cui non vi sarebbe traccia nell’art. 119 Cost.
Quanto al comma 17 – che prevede un diverso meccanismo di finanziamento per lo stesso triennio 2001-2003 cui si riferisce il comma 16 –, anch’esso realizzerebbe una sottrazione coattiva di risorse spettanti alle Regioni, poichè riduce le risorse già assegnate per le funzioni di viabilità, in violazione del principio di corrispondenza fra funzioni conferite e risorse da trasferire, e senza che l’assetto delle funzioni sia in alcun modo mutato.
2. – In entrambi i giudizi si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
Osserva la difesa erariale che il Fondo per la protezione civile poteva essere istituito solo per legge, e che non sarebbe configurabile un impegno del Governo che possa vincolare il legislatore. Il preteso "accordo" in sede di parere della Conferenza unificata non atterrebbe, in ogni caso, al piano delle rispettive competenze amministrative, dello Stato e delle Regioni, suscettibile di dar luogo ad accordi in Conferenza ai sensi dell’art. 9, comma 2, lettera c, del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).
In secondo luogo il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che la disposizione del comma 16 dell’art. 138 lascia alla valutazione delle Regioni – attraverso l’intervento della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome – la loro contribuzione al Fondo, semplicemente subordinando ad essa il versamento del contributo statale, che é aggiuntivo rispetto alle risorse da trasferire per le nuove funzioni. A sua volta il comma 17 si limiterebbe a ridurre non già le risorse per il normale esercizio delle funzioni trasferite, ma le risorse per il finanziamento di un piano straordinario di intervento previsto per gli anni 2001 e 2002.
Pertanto non sarebbero violati il principio di ragionevolezza e quello di corrispondenza tra funzioni trasferite e risorse messe a disposizione, nè risulterebbe violata l’autonomia finanziaria, non essendovi stata distrazione di somme già acquisite ai bilanci regionali, ma ridefinizione di contributi straordinari previsti per diverse finalità.
3.– In una memoria presentata in vista dell’udienza, le Regioni Piemonte ed Emilia-Romagna insistono nella propria tesi, in particolare affermando che l'accordo intervenuto in sede di Conferenza rientrerebbe senz'altro nel concetto di coordinamento finanziario, e dunque nella previsione di accordi promossi e sanciti dalla Conferenza unificata ai sensi dell’art. 9, comma 2, lettera c, del d.lgs. n. 281 del 1997.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’Avvocatura, le Regioni negano che l’alimentazione del Fondo sia facoltativa, giacchè lo stesso comma 17 dell’art. 138 definirebbe i 200 miliardi come concorso delle Regioni al Fondo.
Non sarebbe inoltre condivisibile l’obiezione secondo cui la riduzione delle risorse destinate alla viabilità non inciderebbe sul normale esercizio delle funzioni amministrative. Difatti sia l'art. 138, comma 17, che l'art. 52, comma 6, della legge n. 388 del 2000 enunciano che le somme ridotte sono quelle correlate alle funzioni trasferite in base al d.lgs. n. 112 del 1998, e dunque alle ordinarie funzioni in materia di viabilità, e non a presunte funzioni "straordinarie". Del resto, la realizzazione di nuove strade non sarebbe affatto un evento "straordinario" nell’ambito della materia della viabilità, ma costituirebbe una delle funzioni principali assieme alla manutenzione e alla gestione.
Dunque, per l'intero arco temporale di applicazione delle disposizioni impugnate vi sarebbe in effetti un prelievo coattivo a carico delle Regioni: lo Stato esplicitamente sottrarrebbe alle Regioni una rilevante parte di quanto ad esse dato per l'esercizio delle funzioni normali in materia di viabilità, in violazione del principio di corrispondenza tra funzioni e risorse trasferite e degli artt. 118 e 119 Cost.
Anche non riferendosi al periodo di cosiddetta "prima applicazione" (che in realtà coinciderebbe con il solo periodo di applicazione), sussisterebbe l’illegittima invasione dell'autonomia finanziaria delle Regioni. Essa sarebbe dimostrata già dalla qualificazione di "regionale" data al Fondo. Mentre infatti rientrerebbe perfettamente nella logica dell' art. 119 Cost. la creazione di un fondo statale per contribuire a speciali necessità della finanza delle Regioni, la creazione di un fondo regionale non troverebbe alcuna giustificazione. Si tratterebbe o di un inutile trasferimento da ciascuna Regione a se stessa, o di un trasferimento da una ad altra Regione: ma questa seconda ipotesi, se potrebbe avere senso per un generale fondo perequativo in un regime di accentuata autonomia regionale sul versante delle entrate, non avrebbe nessuna logica per un fondo settoriale e nella presente situazione di finanza regionale sostanzialmente derivata.
Infine le ricorrenti osservano che, se l’apporto regionale al Fondo venisse configurato come facoltativo, risulterebbe ancor più l’irrazionalità del sistema, giacchè il rifiuto anche di una sola Regione di versare la propria quota impedirebbe il funzionamento dell’intero meccanismo del Fondo.
Considerato in diritto
1.– Le Regioni Piemonte ed Emilia-Romagna impugnano, in riferimento agli articoli 5, 118 e 119 della Costituzione, l'articolo 138, commi 16 e 17, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001).
La prima delle due disposizioni stabilisce, nel suo primo periodo, che, "per finanziare gli interventi delle regioni, delle province autonome e degli enti locali, diretti a fronteggiare esigenze urgenti per le calamità naturali di livello b) di cui all'articolo 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112" – cioé gli eventi "che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria" (art. 2, lettera b, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, recante "Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile"), in relazione ai quali le funzioni per l'attuazione di interventi urgenti sono state attribuite alle Regioni dall'art. 108, comma 1, lettera a, numero 2, del d.lgs. n. 112 del 1998 –, "nonchè per potenziare il sistema di protezione civile delle regioni e degli enti locali, é istituito il ‘Fondo regionale di protezione civile’". Stabilisce poi che "il Fondo é alimentato per il triennio 2001-2003 da un contributo dello Stato di lire 100 miliardi annue, il cui versamento é subordinato al versamento al Fondo stesso da parte di ciascuna regione e provincia autonoma di una percentuale uniforme delle proprie entrate accertate nell'anno precedente, determinata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome in modo da assicurare un concorso complessivo delle regioni e delle province autonome non inferiore, annualmente, al triplo del concorso statale" (secondo periodo); che le risorse sono accreditate in un conto corrente di tesoreria centrale (terzo periodo); e che "l'utilizzo delle risorse del Fondo é disposto dal Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, d'intesa con il direttore dell'Agenzia di protezione civile [ora soppressa, e sostituita dal Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi degli articoli 1, 3 e 4 del decreto legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401] e con le competenti autorità di bacino in caso di calamità naturali di carattere idraulico ed idrogeologico, ed é comunicato tempestivamente alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano" (quarto periodo).
Il comma 17, a sua volta, stabilisce che "in sede di prima applicazione per il triennio 2001-2003 il concorso delle regioni al Fondo di cui al comma 16 é assicurato mediante riduzione delle somme trasferite ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, per l'importo di lire 200 miliardi per ciascun anno, con corrispondente riduzione delle somme indicate all'articolo 52, comma 6" della stessa legge n. 388: vale a dire delle somme in relazione alle quali le Regioni sono autorizzate ad assumere impegni per nuove opere stradali di interesse regionale, a valere sulle risorse destinate per il completamento del trasferimento di funzioni alle Regioni e agli enti locali ai sensi della legge n. 59 del 1997.
Le ricorrenti non contestano la istituzione in sè del Fondo nè i meccanismi del suo utilizzo, ma censurano le disposizioni citate nella parte in cui non mantengono l'impegno assunto dallo Stato di costituire un fondo per la protezione civile di 1000 miliardi, interamente finanziato dallo Stato medesimo, e nella parte in cui comportano oneri a carico dei bilanci regionali ovvero riduzioni di trasferimenti dallo Stato alle Regioni.
Esse lamentano, in primo luogo, che la legge abbia previsto il Fondo con un apporto finanziario dello Stato pari a soli 100 miliardi di lire annui, mentre il Governo, in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni-città, chiamata a esprimere parere sui decreti del Presidente del Consiglio di determinazione e di ripartizione delle risorse finanziarie da trasferire a Regioni ed enti locali in corrispondenza alle funzioni conferite con il d.lgs. n. 112 del 1998, si sarebbe impegnato a istituire un fondo di 1000 miliardi di lire, s'intende a carico interamente dello Stato; e tale impegno sarebbe stato condizionante ai fini dell'espressione del parere favorevole della Conferenza sui decreti medesimi. L'inottemperanza all'impegno assunto, per quanto discendente da una legge votata dal Parlamento, violerebbe il principio di leale collaborazione e dunque l'art. 5 della Costituzione, traducendosi in un vizio di legittimità costituzionale delle norme legislative. Il Parlamento, secondo le ricorrenti, se voleva disattendere l'impegno assunto dal Governo verso le Regioni – a fronte delle quali lo Stato si presenterebbe in veste unitaria – avrebbe dovuto, per rispettare il principio di leale collaborazione, raggiungere un ulteriore accordo con le Regioni.
In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che i meccanismi di alimentazione del Fondo, previsti dalle disposizioni impugnate, violerebbero i principi di ragionevolezza e di corrispondenza fra funzioni trasferite e risorse messe a disposizione, e dunque gli articoli 118 e 119 della Costituzione. Infatti tali meccanismi – sia quello previsto dal comma 16, sia quello previsto dal comma 17, in sede di prima applicazione ma per lo stesso triennio cui si riferisce il comma 16, e dunque destinato in realtà a sostituire il primo – realizzerebbero in sostanza un prelievo forzoso a carico dei bilanci regionali. La previsione del comma 16, se intesa nel senso di un apporto delle Regioni al Fondo di carattere meramente facoltativo, ancorchè condizionante rispetto al concorso statale, non sarebbe in grado di funzionare, potendo essere paralizzata dal mancato concorso anche di una sola Regione. A sua volta la previsione del comma 17, riducendo le somme già assegnate alle Regioni per lo svolgimento delle nuove funzioni in materia di viabilità, sottrarrebbe risorse alla loro destinazione, e in tal modo violerebbe l'autonomia finanziaria regionale e comprometterebbe la potestà amministrativa delle Regioni in tema di viabilità, nonchè i principi di ragionevolezza e di corrispondenza fra funzioni trasferite e risorse messe a disposizione.
2.– I due ricorsi hanno identico oggetto e vanno perciò riuniti per essere decisi con un'unica pronunzia.
3.– Le questioni non sono fondate.
La allocazione di ulteriori risorse statali per sopperire alle esigenze di finanziamento delle attività regionali e locali di protezione civile, e in particolare alle esigenze relative ad interventi urgenti di competenza regionale in caso di calamità, rappresenta una decisione politico-legislativa in sè non vincolata dalla Costituzione, e dunque rimessa alla discrezionalità del legislatore statale.
L'impegno, genericamente enunciato dal Governo, di istituire un fondo nazionale di 1000 miliardi di lire per la protezione civile non assume altro valore che quello di una manifestazione politica di intento, che non si inserisce come elemento giuridicamente rilevante nel procedimento legislativo, e tanto meno può costituire parametro cui commisurare la legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate.
Comunque si sia svolta, dunque, la vicenda dei pareri della Conferenza unificata, cui le ricorrenti si richiamano – e che concernono atti della cui legittimità e del cui contenuto qui non si discute, quali i decreti del Presidente del Consiglio che, ai sensi dell'art. 7 della legge n. 59 del 1997 e dell'art. 7 del d.lgs. n. 112 del 1998, hanno provveduto alla quantificazione e alla ripartizione delle risorse finanziarie corrispondenti alle nuove funzioni assegnate a Regioni ed enti locali in materia di protezione civile, di cui all'art. 108 del medesimo d.lgs. n. 112 del 1998 –, é escluso che quella vicenda possa rilevare ai fini dello scrutinio di legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate.
Parimenti irrilevante é la questione, discussa fra le parti, se e in che modo possa parlarsi, nella specie, di un accordo tra Governo, Regioni ed enti locali, diretto "al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione attività di interesse comune", ai sensi dell'art. 9, comma 2, lettera c, del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281. A parte il fatto che, nella specie, nessun accordo é stato formalmente sancito dalla Conferenza unificata, é decisivo considerare che mancano i presupposti per poter ritenere le determinazioni legislative impugnate condizionate, sotto il profilo procedurale o sotto quello sostanziale, ad accordi di tal genere. Le procedure di cooperazione o di concertazione possono infatti rilevare ai fini dello scrutinio di legittimità di atti legislativi, solo in quanto l’osservanza delle stesse sia imposta, direttamente o indirettamente, dalla Costituzione: il che nella specie non si verifica.
Nè il principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni può esser dilatato fino a trarne condizionamenti, non altrimenti riconducibili alla Costituzione, rispetto alla formazione e al contenuto delle leggi.
4.– Non é fondata nemmeno la censura che le ricorrenti muovono in relazione ai criteri stabiliti dalle disposizioni impugnate per la alimentazione del Fondo (la contestazione non riguarda, invece, le regole per l'utilizzo del Fondo medesimo).
Quanto al meccanismo previsto dal comma 16, secondo periodo – concorso delle Regioni al Fondo in proporzione delle proprie entrate come condizione per il versamento del contributo statale –, va premesso che esso in realtà non é destinato a funzionare nel triennio 2001-2003, cui pure esclusivamente tale periodo si riferisce, poichè il successivo comma 17 stabilisce che "in sede di prima applicazione", ma per lo stesso triennio 2001-2003, si applica il diverso sistema di alimentazione del Fondo ivi previsto. Onde il criterio del comma 16 può venire in considerazione solo se lo si intenda, al di là della lettera della legge, come indicazione generale da valere, a regime, anche oltre il triennio 2001-2003, e dunque intendendo il riferimento al primo triennio, in detto comma, come limitato ai soli elementi quantitativi (l'importo di 100 miliardi del concorso statale, la proporzione fra concorso statale e concorso delle Regioni).
In ogni caso, la ratio della scelta legislativa, sostanzialmente mantenuta, pur con diverso meccanismo, dal comma 17, appare chiara. Poichè si tratta di apprestare risorse principalmente destinate a fronteggiare emergenze derivanti da calamità, il cui verificarsi in un'area piuttosto che in un'altra del paese é evidentemente imprevedibile, si é inteso costituire una sorta di fondo comune, alimentato da un lato dal concorso statale, dall'altro da tutte le Regioni in proporzione alle rispettive capacità finanziarie, ed utilizzabile (per finanziare gli interventi delle stesse Regioni o degli enti locali) a favore delle Regioni in cui gli eventi si verifichino, in relazione alle rispettive necessità: evitando così, o riducendo, la necessità di specifici ulteriori interventi finanziari statali in occasione di calamità, quando esse diano luogo, nelle singole Regioni, a esigenze eccedenti le rispettive disponibilità. Una sorta, si potrebbe dire, di fondo di solidarietà fra Regioni (con contributo statale), i cui effetti finali, certo, possono anche tradursi in trasferimenti di risorse da una Regione all'altra (da quelle, per così dire, che risulteranno "contribuenti nette" al fondo a quelle che risulteranno beneficiarie di risorse superiori al rispettivo apporto, in dipendenza delle calamità che esse dovranno fronteggiare), ma, appunto, nel quadro e in forza dell'indicato criterio solidaristico.
Non é necessario discutere qui se un meccanismo redistributivo di questo genere possa essere attuato dal legislatore statale anche coattivamente, nell'esercizio dei suoi poteri di coordinamento finanziario: la impugnata disposizione del comma 16 configura infatti il concorso regionale al Fondo solo come condizione per il versamento della somma assegnata dallo Stato (e in ogni caso resta fermo che il contributo finanziario delle singole Regioni al Fondo non potrebbe che aver luogo sulla base delle procedure costituzionalmente e statutariamente previste per ciascuna di esse, dovendo trovare fondamento in una legge regionale). Nè, d'altra parte, la eventuale difficoltà o aleatorietà di funzionamento del meccanismo previsto, pur potendo dar fondamento a obiezioni sul piano dell'opportunità, può giustificare, di per sè, una censura di legittimità costituzionale.
5.– Quanto poi alle modalità di alimentazione del Fondo, per la parte relativa al concorso regionale, previste dal comma 17, esse configurano bensì una riduzione dei trasferimenti finanziari previsti a favore delle Regioni in corrispondenza del conferimento di nuove funzioni in tema di viabilità, ma, ancora una volta, senza che possa dirsi dimostrata una lesione dell'autonomia finanziaria delle Regioni.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel regime di finanza "derivata" che ancora in parte caratterizza le Regioni, la semplice circostanza della riduzione, disposta con legge statale, delle disponibilità finanziarie messe dallo Stato a disposizione delle Regioni non é di per sè sufficiente ad integrare una violazione dell'autonomia finanziaria regionale, costituzionalmente garantita, se non sia tale da comportare uno squilibrio incompatibile con le esigenze complessive della spesa regionale (sentenze n. 307 del 1983, n. 123 del 1992, n. 370 del 1993, n. 507 del 2000, n. 337 del 2001).
Nella specie, non solo non é dimostrato che si verifichi uno squilibrio di questo genere: ma, da un lato, la riduzione disposta non sottrae risorse al complessivo sistema regionale, poichè il Fondo resta nella disponibilità delle Regioni; dall'altro lato, essa riguarda risorse finanziarie ulteriori rispetto a quelle già trasferite a seguito e in corrispondenza del conferimento di nuove funzioni in materia di protezione civile (cfr. d.P.C.m. 12 settembre 2000, recante "Individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni e agli enti locali per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi di cui all'articolo 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, in materia di protezione civile").
Si tratta, bensì, di risorse che erano destinate al "completamento del trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali" in materia di viabilità, secondo le previsioni del d.P.C.m. 12 ottobre 2000 e dell'art. 52, comma 6, della stessa legge n. 388 del 2000. Ma, in primo luogo, si tratta di risorse afferenti agli anni successivi all'operatività delle norme di conferimento delle funzioni (2001 e seguenti). In secondo luogo, la riduzione disposta, di 200 miliardi annui per il triennio, riguarda somme che, per esplicita previsione del d.P.C.m. 12 ottobre 2000, erano destinate a finanziare non già attività correnti, ma la costruzione di nuove strade, funzione il cui costo, evidentemente, non é legato a rigidi parametri quantitativi predeterminati, e che non é, tra l'altro, priva di collegamenti con quella relativa agli interventi di emergenza destinati ad essere finanziati dal Fondo di protezione civile; e riguarda, più specificamente, somme complessivamente inferiori a quelle che lo stesso d.P.C.m. citato destinava al finanziamento di un "programma straordinario" di nuova viabilità, per il quale era previsto un apporto dello Stato di 600 miliardi per il 2001 e di 594 miliardi per il 2002 (solo per il 2003 la riduzione prevista incide sull'importo "base" previsto nello stesso anno come finanziamento della costruzione di nuove strade dall'art. 52, comma 6, della legge n. 388 del 2000). Senza dire, infine, che la previsione di detto comma 6 dell'art. 52 della legge n. 388 si inscrive nel contesto di altre misure dirette ad apprestare ulteriori risorse finanziarie per le funzioni trasferite, e più in generale a favore delle Regioni (cfr., nel medesimo art. 52, i commi 5, 8, 9).
Le considerazioni ora svolte valgono anche a far ritenere non fondata la censura di violazione del criterio di congruità fra funzioni conferite alle Regioni e agli enti locali e risorse trasferite, in corrispondenza di massima con quelle già utilizzate dallo Stato per lo svolgimento delle medesime funzioni (cfr. art. 7, comma 1, della legge n. 59 del 1997; art. 7, particolarmente comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 138, commi 16 e 17, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2001), sollevate, in riferimento agli articoli 5, 118 e 119 della Costituzione, dalle Regioni Piemonte ed Emilia-Romagna con i ricorsi in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2001.