SENTENZA N. 308
ANNO 1983
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 26 gennaio 1942, n. 37 (Iscrizione del personale dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette al Fondo di previdenza istituito a favore del personale dei ruoli provinciali addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione dal r.d.l. 5 settembre 1938, n. 1561, convertito nella legge 19 gennaio 1939, n. 260), promosso con ordinanza emessa il 7 marzo 1975 dal Consiglio di Stato - Sezione IV giurisdizionale sul ricorso di Belardo Gaetano, iscritta al n. 124 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 72 del 1976.
Visti gli atti di costituzione di Belardo Gaetano e del Ministero delle finanze;
udito nella pubblica udienza del 10 novembre 1982, il Giudice relatore Antonino De Stefano;
udito l'avvocato dello Stato Giacomo Mataloni per il Ministero delle finanze.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza in data 7 marzo 1975 il Consiglio di Stato, Sezione IV, ha sottoposto al giudizio di questa Corte l'art. 1 della legge 26 gennaio 1942, n. 37 (Iscrizione del personale dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette al Fondo di previdenza istituito a favore del personale dei ruoli provinciali addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione dal regio decreto legge 5 settembre 1938, n. 1561, convertito nella legge 19 gennaio 1939, n. 260). Secondo il giudice a quo la disposizione impugnata, nel riservare al personale di ruolo, escludendone il personale non di ruolo, la iscrizione e le erogazioni del Fondo di previdenza, contrasterebbe con gli artt. 3 e 36 della Costituzione.
La questione - si riferisce nell'ordinanza - é sorta in seguito a ricorso proposto, in data 13 luglio 1972, dal sig. Gaetano Belardo (già avventizio di terza categoria nell'amministrazione periferica delle Intendenze di finanza, collocato a riposo per limiti d'età) per l'annullamento della deliberazione del Consiglio di amministrazione del suddetto Fondo, reiettiva dell'istanza con cui il ricorrente aveva chiesto la corresponsione, per il servizio da lui prestato dal 12 aprile 1947 al 27 settembre 1971, della indennità di buonuscita prevista dall'art. 3 del regolamento del Fondo, approvato con d.P.R. 9 aprile 1964, n. 1650: indennità che si era ritenuto non spettargli trattandosi di impiegato non di ruolo. In una con detto provvedimento il ricorrente impugnava l'art. 1 dello stesso regolamento, nel quale appunto é prevista la contestata restrizione della iscrizione e dei benefici del Fondo ai soli impiegati di ruolo.
Il giudice a quo osserva che l'art. 1 del regolamento del 1964 trova riscontro e base legislativa nell'art. 1 della legge n. 37 del 1942, dove testualmente é detto che "é istituito un Fondo di previdenza a favore del personale dei ruoli provinciali addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione e del personale dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette", ed al quale l'art. 1 del regolamento del 1964 é del tutto conforme. É proprio nella norma della legge del 1942 che ha perciò origine la limitazione dei benefici del Fondo di previdenza - limitazione di cui il ricorrente si duole - al personale di ruolo. Ed é in forza di essa che nei confronti degl'impiegati non di ruolo si pone in essere una discriminazione, che non trova giustificazione alcuna sol che si consideri che anche il personale non di ruolo - al quale i suddetti benefici vengono negati - é inserito, al pari del personale di ruolo, nella struttura e nella organizzazione degli uffici finanziari ai quali é addetto, impegnato com'é nelle stesse attività e nelle stesse prestazioni, e in particolare nello svolgimento di quegli stessi servizi "fuori orario e fuori sede", per cui dagli operatori economici sono appunto versati gli speciali compensi, una quota parte dei quali alimenta il Fondo, ma che la norma di legge denunciata fa invece oggetto di unilaterale riparto tra il solo personale di ruolo. D'altronde, che il titolo formale della collocazione in ruolo sia di per sé inidoneo a dare fondamento a trattamenti retributivi e di quiescenza diversificati rispetto a quelli attribuiti al corrispondente personale non collocato in ruolo, appare confermato secondo l'ordinanza di rinvio - dalla legge 6 dicembre 1966, n. 1077, che ha posto il principio della equiparazione dei trattamenti retributivi di attività e di quiescenza tra l'uno e l'altro personale.
2. - Notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati, l'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 17 marzo 1976. Con atti di deduzioni depositati, rispettivamente, il 2 e il 6 aprile 1976, si sono costituiti innanzi alla Corte sia il ricorrente Belardo, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Selvaggi, che il resistente Ministero delle finanze, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato.
La difesa del ricorrente ha chiesto che l'impugnato art. 1 della legge n. 37 del 1942 sia riconosciuto illegittimo. A suo avviso, infatti, la questione é fondata, perché l'indennità di buonuscita, di cui é causa, sarebbe prevista in relazione a due elementi fondamentali - il servizio prestato e la somma di contribuzioni che il personale fa affluire al Fondo - rispetto ai quali personale di ruolo e personale non di ruolo dell'amministrazione periferica delle finanze si trovano in posizione di eguaglianza, e che per di più ricevono piena tutela anche dall'art. 36 della Costituzione.
L'Avvocatura dello Stato ha chiesto, invece, che la questione sia dichiarata priva di fondamento. Ricordati i diversi atti normativi succedutisi in materia, fra i quali, in particolare, il r.d. 28 novembre 1940, n. 1768 (con il quale fu approvato il primo regolamento del Fondo di previdenza in questione e il Fondo stesso fu eretto in ente morale) e l'art. 5 della legge 15 novembre 1973, n. 734 (con cui sono state modificate ed integrate le disposizioni dell'art. 2 del nuovo regolamento del Fondo, approvato con il d.P.R. 9 aprile 1964, n. 1650, circa le fonti che ne alimentano il patrimonio), la difesa del Ministero delle finanze osserva che sia l'art. 1 del nuovo, che l'art. 1 del vecchio regolamento sono entrambi pienamente conformi all'art. 1 della legge istitutiva del Fondo (r.d.l. n. 1561 del 1938, come modificato dalla legge n. 37 del 1942). La riserva del trattamento previdenziale al solo personale di ruolo, prevista dalla norma impugnata, trova e conserva una sua ragione di validità nella diversa posizione che nella disciplina del rapporto di impiego, in ogni suo aspetto, va in generale riconosciuta al personale di ruolo rispetto a quello non di ruolo, e quindi, nel caso in questione, nell'intento, non arbitrariamente discriminatorio, del legislatore, di assicurare al personale di ruolo, riguardo ai benefici erogati dal Fondo, un trattamento particolare. Né può indurre a diversa conclusione la legge n. 1077 del 1966, con la quale sono state bensì estese a tutti gli impiegati civili non di ruolo, comunque denominati, delle amministrazioni dello Stato, alcune delle disposizioni vigenti per gli impiegati civili di ruolo, ma solo se ed in quanto valide per la generalità di essi, mentre nella presente controversia oggetto di discussione é uno speciale trattamento previdenziale, integrativo di quello spettante con carattere di generalità a tutti gl'impiegati dello Stato e regolato con proprie norme.
Per quanto poi riguarda, in particolare, l'indennità di cui alla lett. a) dell'art. 3 del regolamento n. 1650 del 1964 - oggetto specifico della domanda del ricorrente - all'Avvocatura sembra altresì da escludere che al riguardo possa parlarsi di violazione del principio della proporzionalità retributiva di cui all'art. 36 della Costituzione. Sia la Corte costituzionale (sentenza n. 82 del 1973) che le Sezioni unite della Corte di cassazione (sentenze nn. 2328,2329 e 2330 del 1975) hanno infatti escluso (la prima con riferimento alla indennità di buonuscita spettante alla generalità degl'impiegati dello Stato, le seconde con riferimento alla indennità, analoga a quella di cui ora é causa, prevista dall'art. 3, lett. a) del regolamento, approvato con d.P.R. 4 dicembre 1956, n. 1572, del Fondo di previdenza per il personale delle dogane) che l'indennità di buonuscita abbia carattere di retribuzione differita.
3. - All'udienza pubblica del 10 novembre 1982, dopo la relazione svolta dal Giudice Antonino De Stefano, l'avvocato dello Stato Giacomo Mataloni, per il Ministero delle finanze, ha insistito per la dichiarazione di non fondatezza.
Considerato in diritto
1. - Con l'art. 1 del r.d.l. 5 settembre 1938, n. 1561, convertito in legge 19 gennaio 1939, n. 260, é stato istituito un "Fondo di previdenza a favore del personale addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione". L'art. 1 della legge 26 gennaio 1942, n. 37, ne ha modificato la dizione in "Fondo di previdenza a favore del personale dei ruoli provinciali addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione e del personale dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette". In base a questa disposizione sono pertanto iscritti al Fondo, secondo quanto poi precisato dall'art. 1 del relativo regolamento, approvato con d.P.R. 9 aprile 1964, n. 1650, il personale dei ruoli periferici delle imposte di fabbricazione e dei laboratori chimici delle dogane e imposte indirette, e quello dei rispettivi ruoli aggiunti; mentre ne rimangono esclusi gl'impiegati non di ruolo. Affluiscono al Fondo quote dei proventi contravvenzionali e dei compensi per i servizi, a carico dei privati, compiuti dal personale. Il Fondo, avvalendosi di tali entrate, corrisponde agl'iscritti una indennità all'atto della cessazione dal servizio, oltre sovvenzioni e contributi in caso di bisogno.
In virtù dell'art. 1 del d.P.R. 17 marzo 1981, n. 211, i fondi di previdenza del personale dell'amministrazione finanziaria, tra cui il Fondo anzidetto, sono stati unificati in un unico ente di diritto pubblico, denominato "Fondo di previdenza per il personale del Ministero delle finanze"; ma l'unificazione ha effetto a decorrere dalla data di entrata in vigore del cennato decreto (17 maggio 1981).
L'ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione IV, emessa, come esposto in narrativa, nel corso di un procedimento relativo alla negata corresponsione dell'indennità per il servizio prestato da un impiegato non di ruolo, cessato nel 1971, solleva questione di legittimità costituzionale, per contrasto con i principi di eguaglianza e di proporzionalità retributiva posti dagli artt. 3 e 36, comma primo, della Costituzione, del menzionato art. 1 della legge n. 37 del 1942, nella parte in cui esclude dalla iscrizione al Fondo e dalle prestazioni da esso erogate, nell'ambito del personale addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione e dei laboratori chimici, gl'impiegati non di ruolo.
2. - La questione é fondata.
Giova premettere che tra il Fondo e i suoi iscritti intercorre un rapporto di natura previdenziale , per la cui costituzione opera come titolo esclusivo ed automatico la qualità di impiegato che presti servizio presso l'Amministrazione delle imposte di fabbricazione e dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette. Nello svolgimento di siffatto rapporto, le prestazioni erogate dal Fondo costituiscono, in buona sostanza, il corrispettivo, non di versamenti contributivi degl'iscritti, ma, per la massima parte, di servizi dagli stessi forniti all'amministrazione, nell'interesse e su richiesta di privati, i quali dal loro canto corrispondono direttamente all'amministrazione medesima le indennità all'uopo previste. Una quota di tali compensi, secondo disposto, sin dall'origine, dall'art. 2 del decreto legge n. 1561 del 1938, e poi ribadito in sede regolamentare (art. 2 del r.d. n. 1768 del 1940; art. 2 del d.P.R. n. 1650 del 1964), affluisce al Fondo per il perseguimento delle sue finalità. Più specificamente, al Fondo viene versato il 25 per cento delle somme affluite in Tesoreria per indennità dovute dai privati per le analisi delle merci e per i riscontri tecnici eseguiti fuori orario o fuori sede dal personale dei laboratori chimici, nonché il 40 per cento sulla differenza tra le somme versate dai privati per i servizi svolti dal personale delle imposte di fabbricazione e le indennità di missione all'uopo liquidate al personale stesso: così ha prescritto l'art. 5, comma terzo, della legge 15 novembre 1973, n. 734, che, nel concedere un assegno perequativo ai dipendenti civili dello Stato, di ruolo e non di ruolo, ha altresì unificato la previgente disciplina circa l'acquisizione di siffatte entrate (e delle quote dei proventi contravvenzionali) da parte dei vari fondi di previdenza per il personale dell'Amministrazione finanziaria.
3. - Ora - come pone giustamente in rilievo il giudice a quo - gl'impiegati non di ruolo addetti agli uffici delle imposte di fabbricazione ed ai laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette sono impegnati, al pari del personale di ruolo, negli stessi servizi, per i quali dagli operatori economici sono versati gli speciali compensi e proventi, che concorrono, pro quota, ad alimentare il Fondo. Rispetto a questa identità di prestazioni di lavoro, e di inserimento e di coinvolgimento nell'organizzazione e nella operatività degli uffici, il collocamento in ruolo o la condizione di impiegato non di ruolo non possono venir considerati titolo sufficiente di diversificazione, tale da giustificare l 'iscrizione al Fondo e la partecipazione alle sue erogazioni nel primo caso, e la esclusione dall'iscrizione e dalle conseguenti erogazioni nel secondo.
Né va taciuto che in altri consimili fondi di previdenza per il personale dell'Amministrazione finanziaria non si riscontra la lamentata esclusione degl'impiegati non di ruolo. Al Fondo di previdenza per il personale dell'amministrazione periferica delle imposte dirette sono, infatti, iscritti di diritto tutti gl'impiegati, di ruolo e non di ruolo, di quell'amministrazione (art. 5 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648; art. 1 del regolamento approvato con il d.P.R. 12 dicembre 1975, n. 856). Al Fondo di previdenza per il personale del Ministero delle finanze e delle Intendenze di finanza sono del pari iscritti di diritto gl'impiegati, di ruolo e non di ruolo, dell'amministrazione centrale del Ministero delle finanze e delle Intendenze di finanza, nonché quelli, di ruolo e non di ruolo, amministrati dalla Direzione generale per l'organizzazione dei servizi tributari, e quelli, di ruolo e non di ruolo, dell'amministrazione periferica del demanio (artt. 1, comma secondo, n. 4, e 6 del citato d.P.R. n. 648 del 1972; art. 1 del regolamento approvato con d.P.R. 12 dicembre 1975, n. 855). Così pure per il Fondo di previdenza a favore del personale periferico delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, al quale sono iscritti di diritto tutti gl'impiegati, di ruolo e non di ruolo, dell'amministrazione periferica delle tasse e delle imposte indirette sugli affari (art. 1 del regolamento approvato con d.P.R. 12 dicembre 1975, n. 857). Infine, per l'art. 2 del già citato d.P.R. n. 211 del 1981, "al Fondo di previdenza unificato sono iscritti di diritto tutti i dipendenti civili di ruolo e non di ruolo del Ministero delle finanze appartenenti ai Fondi di previdenza" confluiti nell'unico ente.
Occorre da ultimo considerare che dall'ammissione degl'impiegati non di ruolo al Fondo de quo agitur, non deriverebbe la fruizione del conseguente principale beneficio anche nella ipotesi di servizio prestato presso l'Amministrazione in via meramente occasionale e contingente: atteso che, secondo il disposto dell'art. 11 del già citato regolamento approvato con d.P.R. n. 1650 del 1964, il diritto alla indennità per cessazione dal servizio si acquista solo quando l'iscritto abbia prestato almeno due anni di servizio nell'Amministrazione provinciale delle imposte di fabbricazione e dei laboratori chimici.
Conclusivamente, la disparità di trattamento denunciata dal Consiglio di Stato deve, per le su esposte argomentazioni, ritenersi priva di razionale giustificazione, e pertanto va di chiarata la illegittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dell'art. 1 della legge n. 37 del 1942, nella parte in cui non comprende nel personale addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione e dei laboratori chimici delle dogane e imposte indirette, avente diritto alla iscrizione al Fondo di previdenza, anche gl'impiegati non di ruolo.
Resta in conseguenza assorbito, per effetto della dichiarata illegittimità costituzionale, il profilo relativo alla denunciata violazione, da parte della medesima norma, in parte qua, dell'art. 36, comma primo, della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 26 gennaio 1942, n. 37 (Iscrizione del personale dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette al Fondo di previdenza istituito a favore del personale dei ruoli provinciali addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione dal r.d.l. 5 settembre 1938, n. 1561, convertito nella legge 19 gennaio 1939, n. 260), nella parte in cui non comprende nel personale addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione e dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette, avente diritto alla iscrizione al Fondo di previdenza, anche gli impiegati non di ruolo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1983.
Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 30 settembre 1983.