Sentenza n. 184 del 2016

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 184

ANNO 2016

 

Commento alla decisione di

 

Giacomo Delledonne

Le leggi regionali di contabilità, dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 1/2012. Alcune considerazioni sulla sentenza n. 184/2016 della Corte costituzionale

 

per g.c. dell’Osservatorio sulle fonti

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Paolo                                GROSSI                                              Presidente

-    Giuseppe                          FRIGO                                                Giudice

-    Alessandro                       CRISCUOLO                                              

-    Giorgio                             LATTANZI                                                

-    Aldo                                 CAROSI                                                     

-    Mario Rosario                   MORELLI                                                  

-    Giancarlo                          CORAGGIO                                              

-    Giuliano                            AMATO                                                      

-    Silvana                              SCIARRA                                                  

-    Nicolò                               ZANON                                                      

-    Giulio                               PROSPERETTI                                          

ha pronunciato la seguente

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 13, 15, comma 3, 18, commi 1 e 6, 19, 23 e 31, comma 1, lettera g), della legge della Regione Toscana 7 gennaio 2015, n. 1 (Disposizioni in materia di programmazione economica e finanziaria regionale e relative procedure contabili. Modifiche alla L.R. n. 20/2008), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-17 marzo 2015, depositato in cancelleria il 17 marzo 2015 ed iscritto al n. 44 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;

udito nell’udienza pubblica del 21 giugno 2016 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Lucia Bora per la Regione Toscana.

Ritenuto in fatto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 12-17 marzo 2015 e depositato il 17 marzo 2015, iscritto al n. 44 del registro ricorsi 2015, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 13, 15, comma 3, 18, commi 1 e 6, 19, 23 e 31, comma 1, lettera g), della legge della Regione Toscana 7 gennaio 2015, n. 1 (Disposizioni in materia di programmazione economica e finanziaria regionale e relative procedure contabili. Modifiche alla L. R. n. 20/2008), in riferimento agli artt. 81, 97 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 38, 39, 42, 43, comma 2, 49 e agli allegati 4/1, paragrafo 9.2, e 4/2, paragrafo 9.2, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), ed alla legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione).

Il ricorrente sostiene che il d.lgs. n. 118 del 2011 disciplinerebbe – a garanzia dell’unitarietà e dell’omogeneità della disciplina contabile dei bilanci pubblici, ed in particolare di quelli delle Regioni, e per evitare situazioni patologiche determinate dall’uso di regole contabili non adeguate che potrebbero avere ripercussioni sul sistema economico nazionale – l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, che rientrerebbe nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» di potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Alle Regioni sarebbe riservata la facoltà di emanare regolamenti contabili meramente applicativi del d.lgs. n. 118 del 2011.

L’Avvocatura generale dello Stato afferma che la legge impugnata detterebbe disposizioni in materia di programmazione economica e finanziaria regionale e relative procedure contabili. Tra queste, talune costituirebbero applicazione del d.lgs. n. 118 del 2011, altre riprodurrebbero disposizioni in esso contenute, altre ancora derogherebbero alle norme del decreto legislativo medesimo.

Il Presidente del Consiglio dei ministri promuove questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni riproduttive ovvero derogatorie della disciplina contenuta nel d.lgs. n. 118 del 2011, poiché quelle meramente applicative sarebbero conformi a quanto ivi previsto.

Quanto alle norme appartenenti alla seconda tipologia individuata dal ricorrente, gli artt. 13 e 19 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 violerebbero gli artt. 81, 97 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 118 del 2011 e alla legge n. 243 del 2012.

In particolare, l’art. 13 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 dispone che «1. La Regione, nel rispetto dei principi dettati dall’articolo 38 del D.Lgs. 118/2011, conforma la propria legislazione alle seguenti tipologie: a) leggi che prevedono spese a carattere continuativo e non obbligatorio, determinando gli obiettivi da raggiungere, le procedure da seguire e le caratteristiche dei relativi interventi regionali; b) leggi che dispongono spese a carattere pluriennale; c) leggi che prevedono spese a carattere obbligatorio che definiscono l’attività e gli interventi regionali in modo tale da predeterminarne indirettamente l’ammontare dei relativi stanziamenti attraverso il riconoscimento a terzi del diritto ad ottenere prestazioni finanziarie o mediante la creazione di automatismi di spesa; d) leggi che istituiscono o sopprimono entrate regionali oppure ne variano il gettito, disciplinando diversamente i relativi elementi costitutivi. 2. Le leggi di cui al comma 1, lettera a), stabiliscono direttamente l’ammontare delle spese per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione, da intendersi come limite massimo, indicandone in termini di competenza la relativa copertura, e rinviano alla legge di bilancio la quantificazione dell’onere per gli esercizi successivi. 3. Le leggi di cui al comma 1, lettera b), determinano l’ammontare complessivo della spesa, da intendersi come limite massimo, nonché la quota eventualmente a carico del bilancio in corso e degli esercizi successivi, e ne indicano in termini di competenza la relativa copertura. 4. Le leggi di cui al comma 1, lettera c), quantificano l’onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione, nonché l’onere a regime, e ne indicano in termini di competenza la relativa copertura. 5. Le leggi di cui al comma 1, lettera d), quantificano gli effetti che, nei singoli esercizi ed a regime, saranno presuntivamente prodotti dalle relative disposizioni e ne indicano in termini di competenza la relativa copertura». L’art. 19 della medesima legge regionale prevede che «1. La Giunta regionale approva il bilancio finanziario gestionale, articolato in capitoli ed eventualmente in articoli. 2. I capitoli riguardano l’oggetto dell’entrata o della spesa e sono raccordati al quarto livello del piano dei conti di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 118/2011. I capitoli di entrata sono costruiti in modo da mantenere distinte le entrate con vincolo di destinazione. I capitoli di spesa sono articolati in modo da mantenere distinte le spese a carattere vincolato o obbligatorio ed in modo da assicurare la ripartizione delle risorse fra i centri di responsabilità amministrativa. 3. L’assegnazione delle risorse finanziarie ai dirigenti titolari dei centri di responsabilità amministrativa è effettuata in conformità a quanto disposto dalla legge regionale 8 gennaio 2009, n. 1 (Testo unico in materia di organizzazione e ordinamento del personale). 4. Le variazioni del bilancio finanziario gestionale nonché i prelevamenti dai fondi di riserva e dai fondi speciali, sono disposte dalla Giunta regionale. 5. È fatta salva la competenza del dirigente competente in materia di bilancio in ordine all’istituzione delle tipologie di entrata con stanziamento a zero di cui all’articolo 51, comma 6, lettera b), del D.Lgs. 118/2011, nonché alle variazioni relative alle partite di giro e alle operazioni per conto di terzi».

A giudizio del ricorrente l’art. 13 (in materia di legislazione regionale concernente gli strumenti di programmazione finanziaria) e l’art. 19 (rubricato «Bilancio finanziario gestionale e variazione») della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 riprodurrebbero in parte le disposizioni già contenute rispettivamente negli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 118 del 2011, ma sarebbero formulate in maniera poco chiara sia nella forma che nelle implicazioni finali rispetto alla normativa statale e per tale ragione interferirebbero con la disciplina contenuta nella citata fonte statale ed ingenererebbero una situazione di incertezza.

Il d.lgs. n. 118 del 2011 avrebbe la finalità di consentire il consolidamento dei conti pubblici, come previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica). Anche la legge n. 243 del 2012, che detta disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio del bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, Cost. richiederebbe un linguaggio comune per gli enti territoriali.

Tale esigenza sarebbe connessa all’attuazione del principio dell’equilibrio del bilancio ed alla sostenibilità del debito pubblico, che trova espressione nell’art. 97, primo comma, Cost., in relazione agli obblighi derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea.

Riguardo alle disposizioni regionali appartenenti alla terza tipologia, l’Avvocatura generale dello Stato sostiene che gli artt. 15, comma 3, 18, commi 1 e 6, 23 e 31, comma 1, lettera g), della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 sarebbero costituzionalmente illegittime per violazione degli artt. 81, 97 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 42, 43, comma 2, 49 ed agli allegati 4/1, paragrafo 9.2, e 4/2, paragrafo 9.2, del d.lgs. n. 118 del 2011.

In particolare, l’art. 15 della legge impugnata prevede che «1. L’elenco dei nuovi provvedimenti legislativi finanziabili con i fondi speciali è allegato alla legge di bilancio. 2. L’elenco di cui al comma 1, è articolato in specifiche partite, ciascuna delle quali indica l’oggetto del provvedimento e, distintamente per la parte corrente e per quella in conto capitale, le somme destinate alla copertura finanziaria sui singoli esercizi considerati dal bilancio di previsione. 3. Nel corso dell’esercizio le disponibilità dei fondi speciali possono essere utilizzate anche per fornire la copertura a provvedimenti legislativi non ricompresi nell’elenco di cui al comma 1, a condizione che il provvedimento da coprire indichi gli interventi inseriti nell’elenco ai quali viene sottratta la relativa copertura. 4. È precluso l’impiego di accantonamenti dei fondi speciali finanziati con risorse di conto capitale per iniziative di parte corrente».

Il citato art. 15, consentendo il ricorso ai fondi speciali per finanziare anche provvedimenti legislativi diversi da quelli previsti in via generale dalla disciplina nazionale in materia dall’art. 49 del d.lgs. n. 118 del 2011, esorbiterebbe dai limiti della potestà legislativa regionale ed integrerebbe una violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

L’art. 18, comma 1, della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 stabilisce che «1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale la proposta di legge di bilancio, la proposta di legge di stabilità e le eventuali proposte di legge ad essa collegate».

Tale disposizione, a giudizio del ricorrente, contrasterebbe con il principio contabile applicato di cui all’allegato 4/1, paragrafo 9.2, del d.lgs. n. 118 del 2011 concernente la programmazione di bilancio, in base al quale la Giunta dovrebbe provvedere all’approvazione delle suddette proposte di legge entro il 31 ottobre di ogni anno, ma, in ogni caso, non oltre trenta giorni dalla presentazione del bilancio dello Stato.

Il successivo comma 6 del medesimo art. 18 dispone che «L’esercizio provvisorio è autorizzato dal Consiglio regionale con legge proposta dalla Giunta regionale, per un periodo non superiore a quello stabilito dallo Statuto».

Tale disposizione sarebbe difforme rispetto a quanto stabilito dall’art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011, ai sensi del quale l’esercizio provvisorio del bilancio non potrebbe, in alcun caso, essere concesso per periodi complessivamente superiori a quattro mesi.

L’art. 23 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 prevede che «1. Nei casi di assegnazioni comunitarie e statali con vincolo di destinazione, la Regione può stanziare somme eccedenti quelle assegnate, ferme restando, per le spese relative a funzioni delegate, le disposizioni statali che disciplinano tali funzioni. 2. La Regione, qualora abbia impegnato in un esercizio spese eccedenti le risorse ad essa assegnate dallo Stato con vincolo di destinazione, ha facoltà di compensare tali maggiori spese con minori stanziamenti per lo stesso scopo nei due esercizi immediatamente successivi. Nei bilanci relativi a tali esercizi, le assegnazioni statali per scopi già soddisfatti con i finanziamenti aggiuntivi regionali sono sottratte alla loro destinazione. Analoga facoltà riguarda le assegnazioni ricevute da altri soggetti, salvo che ciò sia espressamente escluso dalla disciplina dei relativi rapporti».

Dettando norme in materia di risorse di origine comunitaria e statale con vincolo di destinazione ed ipotizzando casistiche di impegni di risorse non contemplate dalla normativa statale, la disposizione derogherebbe alle prescrizioni dell’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011 ed al principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria, di cui all’allegato 4/2, paragrafo 9.2, del decreto legislativo stesso. Tale deroga costituirebbe un’ulteriore violazione della competenza esclusiva statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici.

L’art. 31, comma l, lettera g), della legge impugnata dispone che «1. Con regolamento della Giunta regionale, nel rispetto di quanto previsto dal D.Lgs. 118/2011 e dai principi contabili generali ed applicati ad esso allegati, sono disciplinate tra l’altro: […] g) le modalità per la gestione delle aperture di credito, delle casse economali, delle altre spese di minuto importo, nonché la disciplina degli agenti della riscossione […]».

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, detta disposizione, rinviando ad un regolamento della Giunta regionale la disciplina delle modalità per la gestione delle aperture di credito, si porrebbe in contrasto con la normativa statale, dal momento che il d.lgs. n. 118 del 2011 non prevedrebbe tale forma di gestione della spesa la quale, pertanto, non potrebbe essere prevista e disciplinata dall’ordinamento contabile regionale.

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Toscana, con atto depositato il 16 aprile 2015, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, infondato.

La difesa regionale ricorda come la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), che ha modificato l’art. 117 Cost., nell’introdurre il principio del pareggio di bilancio, abbia scorporato la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» da quella del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». La prima sarebbe stata attratta nell’ambito delle materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato contemplate nel secondo comma del citato art. 117 Cost.; la seconda sarebbe, invece, rimasta all’interno dell’elenco delle materie di legislazione concorrente ai sensi del successivo terzo comma del medesimo articolo. A seguito della riferita modifica costituzionale, secondo la Regione, le due materie, in passato considerate dalla giurisprudenza costituzionale come un’endiade, in quanto legate da un nesso funzionale (si citano le sentenze n. 70 del 2012, n. 326 del 2010, n. 156 del 2010 e n. 17 del 2004), ora dovrebbero essere interpretate in modo da assicurare gli spazi di autonomia costituzionale riconosciuti agli enti regionali.

Per quanto attiene al «coordinamento della finanza pubblica», viene menzionata dalla Regione la giurisprudenza costituzionale che ha ricondotto a tale ambito i vincoli alle politiche di bilancio degli enti regionali, vincoli che, per essere rispettosi della predetta autonomia, dovrebbero costituire un «limite complessivo, che [lasci] agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (si citano le sentenze n. 139 del 2012, n. 182 del 2011 e n. 297 del 2009).

La materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», invece, secondo la difesa regionale, andrebbe individuata tenendo conto degli approfondimenti della scienza economica e finanziaria, secondo cui, con la citata espressione, si intenderebbe la definizione di schemi di bilancio e regole contabili uniformi, nonché di criteri di valutazione con indicatori omogenei, chiari e misurabili, al fine di consentire la comparazione dei bilanci e di esercitare un’efficace azione di monitoraggio e controllo per assicurare il pareggio di bilancio introdotto nell’art. 81 Cost. dalla riforma costituzionale del 2012. Ne consegue, a giudizio della Regione, che le norme impugnate non sarebbero riconducibili alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici».

In particolare, nell’atto di costituzione la Regione evidenzia che le censure rivolte agli artt. 13 e 19 della reg. Toscana n. 1 del 2015 sarebbero inammissibili per genericità, poiché non verrebbero in alcun modo argomentate le ragioni dell’eccepita «riformulazione poco chiara» delle norme statali da parte delle norme regionali. In ogni caso, la censura sarebbe infondata, perché le norme regionali non ingenererebbero alcuna incertezza o confusione, riprendendo fedelmente le disposizioni contenute nella legge statale. Secondo la resistente, dal raffronto tra l’art. 13 della legge regionale impugnata e l’art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011 emergerebbe come la norma censurata riproduca fedelmente le tipologie di spesa indicate dalla legge statale, aggiungendo solamente l’ipotesi di leggi che istituiscono o sopprimono entrate regionali o ne variano l’ammontare. Questo non ingenererebbe alcuna confusione, poiché la Regione Toscana potrebbe istituire entrate proprie con legge ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.

L’art. 13 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 conterrebbe addirittura disposizioni di maggior rigore rispetto a quelle di cui al d.lgs. n. 118 del 2011. La disposizione sarebbe, infatti, finalizzata ad evitare di giungere alla legge annuale di bilancio senza una preventiva ponderazione delle spese necessarie per dare attuazione alle singole leggi, richiedendo che si stabilisca la quantificazione e la copertura delle spese a priori, piuttosto che a posteriori, quando potrebbe non essere più possibile gestirle, con il rischio di compromettere l’equilibrio di bilancio imposto dall’art. 81 Cost. La previsione sarebbe, quindi, in linea con quanto affermato da questa Corte in relazione alla necessaria indicazione della copertura da parte delle leggi regionali che comportino implicazioni finanziarie (si citano le sentenze n. 26 del 2013, n. 115 e n. 70 del 2012), nonché con quanto affermato dalla Corte dei conti, sezioni riunite, con la deliberazione 18 febbraio 2014, n. 1 (Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri – Settembre-Dicembre 2013).

La disposizione impugnata non violerebbe le norme costituzionali evocate dalla difesa erariale, perché non riguarderebbe la materia dell’armonizzazione dei bilanci, né inciderebbe sull’equilibrio di bilancio, ma rientrerebbe nella potestà legislativa riconosciuta alle Regioni sia in materia di «coordinamento della finanza pubblica», ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., sia in materia di autonomia organizzativa, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.

L’art. 19 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 si riferirebbe solo al bilancio gestionale e non a ciò che è a monte di tale bilancio (documento tecnico di accompagnamento e bilancio di previsione finanziario). Sarebbe, inoltre, pienamente conforme all’art. 39, comma 10, del d.lgs. n. 118 del 2011 – il quale rimetterebbe a ciascun ordinamento contabile delle Regioni la definizione delle modalità di ripartizione delle disponibilità finanziarie in capitoli, con assegnazione di responsabilità ai dirigenti – nonché all’art. 4 del d.lgs. n. 118 del 2011. Per tali motivi la censura sarebbe inammissibile o, comunque, infondata.

Per quanto riguarda l’art. 15, comma 3, della legge impugnata, concernente i fondi speciali, secondo la difesa regionale il contrasto con la disposizione contenuta nell’art. 49 del d.lgs. n. 118 del 2011 sarebbe insussistente. Tale norma sarebbe finalizzata non a disciplinare un trattamento contabile delle somme accantonate nei fondi speciali diverso da quello di cui all’art. 49, comma 2, del d.lgs. 118 del 2011, ma a consentire un certo grado di flessibilità nell’utilizzo dei fondi stessi, prevedendo la possibilità di utilizzare le somme accantonate anche per provvedimenti legislativi originariamente non inseriti nell’apposito elenco richiesto dall’art. 15, comma 1, del citato decreto legislativo. Non sussisterebbe, quindi, alcun contrasto con la disposizione contenuta nell’art. 49 del d.lgs. n. 118 del 2011, con conseguente infondatezza della censura.

In ordine all’art. 18, comma 1, della legge reg. Toscana n. 1 del 2015, la difesa regionale afferma che soltanto per una mera omissione materiale non sarebbe stata riprodotta l’ulteriore dizione «in ogni caso non oltre trenta giorni dalla presentazione del disegno di bilancio dello Stato». La resistente sostiene che la norma avrebbe carattere meramente procedurale, in quanto riguarderebbe il procedimento di adozione della legge di stabilità, delle leggi collegate e della legge di bilancio e rispetterebbe il termine finale posto dal legislatore statale. La difesa regionale afferma che, in ogni caso, la norma non inciderebbe sulla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», perché non riguarderebbe la struttura dello schema di bilancio e la gestione del medesimo, rispettando al contempo il termine finale posto dal legislatore statale.

Con riguardo al successivo comma 6 del medesimo art. 18, la resistente chiarisce che la disposizione, in combinato con l’art. 49, secondo comma, dello statuto della Regione Toscana, consentirebbe l’esercizio provvisorio per un periodo più breve (tre mesi) rispetto a quello stabilito dalla legislazione statale (quattro mesi). La norma regionale sarebbe quindi più restrittiva e non risulterebbe pertanto lesiva dei principi stabiliti nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica.

La censura rivolta nei confronti dell’art. 23 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 sarebbe, a parere della Regione, inammissibile per genericità, non essendo adeguatamente motivata nel ricorso. In ogni caso essa non sarebbe fondata, perché la norma, finalizzata a consentire l’avvio di programmi già determinati nell’esercizio in corso, consentirebbe lo stanziamento di risorse regionali per la realizzazione di programmi finanziati con risorse statali o comunitarie. Tale stanziamento della Regione costituirebbe una mera anticipazione dell’assegnazione statale e comunitaria da recuperare nei due esercizi successivi. La norma non violerebbe, quindi, le prescrizioni del d.lgs. n. 118 del 2011, né i principi contabili in esso contenuti, in quanto sarebbe rispettosa del principio di integrità del bilancio, del vincolo di destinazione dei fondi e dei volumi complessivi del programma, che resterebbero inalterati.

Per quanto riguarda, infine, l’art. 31, comma l, lettera g), della legge reg. Toscana n. 1 del 2015, secondo la difesa regionale le censure mosse dal ricorrente non sarebbero fondate. A livello statale, l’apertura di credito sarebbe disciplinata dall’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367 (Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili), che ne avrebbe liberalizzato l’uso, consentendone l’effettuazione da parte dei dirigenti per il pagamento di determinate spese. Pertanto l’ordinamento contabile dello Stato prevederebbe che il pagamento delle spese iscritte in bilancio e liquidate possa avvenire con aperture di credito a favore di funzionari delegati. L’istituto sarebbe dunque ammesso e, nel rispetto dei principi statali, potrebbe essere disciplinato nell’ordinamento contabile regionale.

Da ultimo, la Regione sostiene che l’istituto dell’apertura di credito o accreditamento non sarebbe attinente alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», non incidendo in alcun modo sulla definizione degli schemi di bilancio e delle regole contabili uniformi.

3.– Con successiva memoria la Regione Toscana, riprendendo le argomentazioni già esposte nell’atto di costituzione, sostiene che le norme impugnate non violerebbero gli artt. 81 e 97 Cost., né la competenza legislativa statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., né le finalità di omogeneità dei sistemi contabili alle quali la stessa sarebbe preordinata, limitandosi ad attuare nell’ordinamento regionale le medesime disposizioni contabili e restando nel limite delle competenze regionali in materia di coordinamento della finanza pubblica.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, 15, comma 3, 18, commi 1 e 6, 19, 23 e 31, comma 1, lettera g), della legge della Regione Toscana 7 gennaio 2015, n. 1 (Disposizioni in materia di programmazione economica e finanziaria regionale e relative procedure contabili. Modifiche alla L. R. n. 20/2008), in riferimento agli artt. 81, 97 e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, in relazione agli artt. 38, 39, 42, 43, comma 2, 49 e agli allegati 4/1, paragrafo 9.2, e 4/2, paragrafo 9.2, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), ed alla legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione).

1.1.– In via preliminare, il ricorrente sostiene che «La materia contabile non [sarebbe] nella disponibilità legislativa delle Regioni, alle quali [sarebbe] riservata la facoltà di emanare regolamenti contabili meramente applicativi del d.lgs. n. 118 del 2011». Ciò in ossequio all’art. 117, secondo comma, lettera e) Cost. – in relazione al d.lgs. n. 118 del 2011 – che riserva la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» alla potestà legislativa esclusiva allo Stato.

Il richiamato precetto costituzionale sarebbe posto «a garanzia dell’unitarietà della disciplina contabile dei bilanci pubblici e, più in particolare, di quelli delle Regioni, che, in passato, in applicazione del d.lgs. n. 76 del 2000, [avrebbero] normato la materia contabile ciascuna con propria legge regionale, creando la disomogeneità dei sistemi contabili che [avrebbe avuto] pesanti ricadute anche sul sistema economico nazionale [provocate dall’uso] di regole contabili non adeguate».

Secondo tale prospettazione, l’intera legge reg. Toscana n. 1 del 2015 sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione della competenza prevista dall’invocato art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Successivamente, tuttavia, il ricorrente ha impugnato singoli articoli della legge regionale in questione, distinguendo tra: disposizioni meramente applicative del d.lgs. n. 118 del 2011, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), le quali non sarebbero lesive di precetti costituzionali; disposizioni riproduttive del suddetto d.lgs. n. 118 del 2011; disposizioni derogatorie del medesimo. Soltanto le disposizioni ricadenti nella seconda e nella terza categoria sono oggetto d’impugnazione.

1.2.– Seguendo tale impostazione, il Presidente del Consiglio censura gli artt. 13 e 19 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 per violazione degli artt. 81, 97 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., del d.lgs. n. 118 del 2011 e della legge n. 243 del 2012. Le norme impugnate riprodurrebbero quelle già contenute nel d.lgs. n. 118 del 2011 ma «in maniera poco chiara sia nella forma che nelle implicazioni finali […]. L’art. 13 [riprodurrebbe] quanto disposto dall’art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011, mentre l’art. 19 (Bilancio finanziario gestionale e variazione) […] quanto previsto dall’art. 39 (soprattutto comma 10 e ss.) del citato d.lgs. n. 118 del 2011».

1.3.– Il ricorrente impugna, altresì, l’art. 15, comma 3, della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 «per violazione degli articoli 81, 97 e 117, comma 2, lett. e) della Costituzione, del D.Lgs. 23/06/2011, n. 118 e della L. 24/12/2012, n. 243».

Il citato art. 15 – nel prevedere che alla legge di bilancio venga allegato l’elenco dei provvedimenti legislativi che possono essere finanziati con i fondi speciali e che nel corso dell’esercizio finanziario le disponibilità dei fondi speciali possano essere utilizzate anche per fornire la copertura a quelli non ricompresi nel summenzionato elenco, a condizione che il provvedimento da coprire indichi gli interventi inseriti nell’elenco cui viene sottratta la relativa copertura – contrasterebbe con l’art. 49 del d.lgs. n. 118 del 2011. Quest’ultimo dispone che nel bilancio regionale possono essere iscritti uno o più fondi speciali, destinati a far fronte agli oneri derivanti da provvedimenti legislativi regionali che si perfezionino dopo l’approvazione del bilancio, e che tali fondi non sono utilizzabili per l’imputazione di atti di spesa, ma solo ai fini del prelievo di somme da iscrivere in aumento alle autorizzazioni di spesa dei programmi esistenti o dei nuovi programmi, dopo l’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che autorizzano le spese medesime.

Quindi, secondo la prospettazione del Presidente del Consiglio, i fondi speciali dovrebbero essere tenuti distinti a seconda che siano destinati al finanziamento di spese correnti o di spese in conto capitale, mentre le quote non utilizzate dovrebbero costituire economie di spesa.

La legge regionale impugnata, nel permettere, con l’art. 15, comma 3, censurato, il ricorso ai fondi speciali al fine di finanziare anche provvedimenti legislativi diversi da quelli previsti in via generale ed in applicazione della disciplina nazionale in materia, esorbiterebbe dai limiti della potestà legislativa regionale.

1.4.– In riferimento agli stessi parametri evocati a proposito dell’art. 15 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 viene censurato il successivo art. 18, comma 1, il quale dispone che entro il 31 ottobre di ogni anno la Giunta regionale presenti al Consiglio regionale la proposta di legge di bilancio, la proposta di legge di stabilità e le eventuali proposte di legge ad essa collegate. Tale disposizione contrasterebbe con il principio contabile contenuto nell’allegato 4/1, paragrafo 9.2, del d.lgs. n. 118 del 2011, il quale prevede che la Giunta approvi le proposte in materia di programmazione di bilancio entro il 31 ottobre di ogni anno ma, in ogni caso, non oltre trenta giorni dalla presentazione del disegno di bilancio dello Stato. Al contrario, la norma regionale prescriverebbe l’unica scadenza del 31 ottobre di ogni anno.

1.5.– Il comma 6 dello stesso art. 18 viene impugnato per difformità rispetto a quanto previsto dal comma 2 dell’art. 43 (Esercizio provvisorio e gestione provvisoria) del d.lgs. n. 118 del 2011. La norma interposta dispone che l’esercizio provvisorio del bilancio non possa, in nessun caso, essere concesso per periodi complessivamente superiori a quattro mesi, mentre la disposizione regionale stabilisce che «L’esercizio provvisorio è autorizzato dal Consiglio regionale con legge proposta dalla Giunta regionale, per un periodo non superiore a quello stabilito dallo Statuto», vale a dire tre mesi.

1.6.– Il Presidente del Consiglio sostiene inoltre che l’art. 23 della legge reg. Toscana n. l del 2015 prevederebbe, in materia di risorse di origine comunitaria e statale con vincolo di destinazione, un’illegittima deroga rispetto a quanto disposto dall’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011 e dal principio contabile di cui all’allegato 4/2, paragrafo 9.2, del decreto legislativo stesso, ipotizzando casistiche di impegni di risorse assegnate dallo Stato con vincolo di destinazione non contemplate dalla normativa statale.

1.7.– L’impugnato art. 31, comma l, lettera g), della legge reg. Toscana n. 1 del 2015, infine, demanda al regolamento di attuazione, che dovrà essere adottato dalla Giunta regionale, la disciplina delle modalità per la gestione delle aperture di credito.

Secondo il Presidente del Consiglio anche tale disciplina sarebbe illegittima in quanto non prevista dal d.lgs. n. 118 del 2011.

2.– Deve rilevarsi, in via preliminare, che le questioni proposte nel presente giudizio, per la molteplicità degli interessi coinvolti e degli oggetti implicati, non sono riferibili ad un unico ambito materiale. Per questo motivo è necessario individuare i criteri guida per scrutinare le censure dello Stato nei confronti delle norme impugnate.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che esistono alcuni complessi normativi i quali «non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale afferiscono» (sentenza n. 303 del 2003) e pertanto possono essere ascritti, di volta in volta, a potestà legislative statali o regionali.

In questa area dai confini di complessa identificazione si colloca la legge regionale impugnata che, in un ambito finanziario astrattamente riferibile a più interessi costituzionali protetti, trova la sua ragione nella disciplina di specifiche prerogative dell’ente territoriale e nella "omogeneizzazione” di dette prerogative attraverso modalità di "espressione contabile” le quali devono essere compatibili con le regole indefettibili poste a tutela della finanza pubblica, in attuazione di una pluralità di precetti costituzionali.

2.1.– Venendo ad un esame concreto del fenomeno di interrelazione tra i diversi parametri costituzionali che caratterizza il presente giudizio, occorre sottolineare come il Presidente del Consiglio, pur avendone evocati alcuni, sviluppi le proprie argomentazioni soprattutto in riferimento alla «armonizzazione dei bilanci pubblici» ed al d.lgs. n. 118 del 2011, il quale – come evidenziato dall’intitolazione – si occupa dell’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali.

Gli altri parametri invocati (artt. 81 e 97 Cost.) assumono nell’ambito del ricorso un ruolo recessivo, il quale condurrebbe – sotto gli specifici profili di riferimento – ad una declaratoria di inammissibilità per insufficienza di motivazione se l’interdipendenza delle materie coinvolte ed il carattere espansivo del d.lgs. n. 118 del 2011 non ponessero in luce la loro obiettiva rilevanza attraverso l’intreccio polidirezionale delle competenze statali e regionali in una sequenza dinamica e mutevole della legislazione. Quest’ultima trova il suo epilogo proprio nel suddetto decreto, il quale – come successivamente precisato – non contiene disposizioni ispirate soltanto all’armonizzazione dei bilanci ma anche agli altri parametri richiamati nel ricorso nonché al coordinamento della finanza pubblica.

In questa prospettiva occorre ricordare che l’armonizzazione dei bilanci pubblici è finalizzata a realizzare l’omogeneità dei sistemi contabili per rendere i bilanci delle amministrazioni aggregabili e confrontabili, in modo da soddisfare le esigenze informative connesse a vari obiettivi quali la programmazione economico–finanziaria, il coordinamento della finanza pubblica, la gestione del federalismo fiscale, le verifiche del rispetto delle regole comunitarie, la prevenzione di gravi irregolarità idonee a pregiudicare gli equilibri dei bilanci.

Rispetto alle altre competenze legislative dello Stato in materia finanziaria in questa sede evocate, può dirsi che l’armonizzazione – ancorché finalizzata a rendere i documenti contabili delle amministrazioni pubbliche omogenei e confrontabili – dopo la legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), e la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), che ne ha sancito il passaggio dalla competenza concorrente a quella esclusiva dello Stato, ha assunto gradualmente una sua fisionomia più ampia e rigorosa attraverso la legislazione ordinaria ed in particolare, per quel che riguarda gli enti territoriali, il d.lgs. n. 118 del 2011.

Il nesso di interdipendenza che lega l’armonizzazione alle altre materie, e la conseguente profonda e reciproca compenetrazione, hanno comportato che proprio in sede di legislazione attuativa si sia verificata un’espansione della stessa armonizzazione ad ambiti di regolazione che si pongono nell’alveo di altri titoli di competenza, nominati ed innominati. In sostanza, la stretta compenetrazione degli ambiti materiali ha reso inseparabili alcuni profili di regolazione.

Così, a titolo esemplificativo, si può affermare che l’armonizzazione si colloca contemporaneamente in posizione autonoma e strumentale rispetto al coordinamento della finanza pubblica: infatti, la finanza pubblica non può essere coordinata se i bilanci delle amministrazioni non hanno la stessa struttura e se il percorso di programmazione e previsione non è temporalmente armonizzato con quello dello Stato (peraltro di mutevole configurazione a causa della cronologia degli adempimenti imposti in sede europea). Analogamente, per quel che riguarda la tutela degli equilibri finanziari, il divieto di utilizzare fondi vincolati prima del loro accertamento risponde alla finalità di evitare che ciò crei pregiudizio alla finanza pubblica individuale ed allargata.

Ed in effetti nelle censure mosse in relazione al d.lgs. n. 118 del 2011, quale norma interposta, vengono richiamate disposizioni ascrivibili, sotto il profilo teleologico, sia al coordinamento della finanza pubblica, sia alla disciplina degli equilibri di bilancio di cui all’art. 81 Cost., sia al principio del buon andamento finanziario e della programmazione di cui all’art. 97 Cost. (sul collegamento tra buon andamento finanziario e programmazione, sentenze n. 129 e n. 10 del 2016).

2.2.– Dunque, è proprio in virtù di questa sequenza dinamica e mutevole che caratterizza la legislazione afferente alla tutela degli interessi finanziari, ambito connotato dall’intreccio di competenze trasversali, concorrenti e residuali, che le censure del Presidente del Consiglio raggiungono, indipendentemente dalla loro fondatezza, di cui si dirà, un livello di definizione utile a superare il vaglio di ammissibilità.

Ai fini della presente decisione occorre anche tener conto del fatto che la programmazione economica e finanziaria regionale, le relative procedure contabili e l’attuazione in sede locale dei principi di coordinamento della finanza pubblica si inseriscono in un ambito normativo particolarmente complesso, il quale – sul versante della Regione – impinge nella potestà legislativa concorrente di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost., in quella residuale del successivo quarto comma del medesimo articolo e nell’autonomia finanziaria garantita dall’art. 119 Cost. Non rileva in tale prospettiva il problema se sia configurabile – in simmetria con la funzione «sistema contabile dello Stato» prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – una potestà legislativa residuale della Regione definibile come «sistema contabile regionale» riconducibile al quarto comma del medesimo art. 117 Cost.; quel che è certo è che non può essere disconosciuta la potestà di esprimere nella contabilità regionale, pur nel rispetto dei vincoli statali, le peculiarità connesse e conseguenti all’autonomia costituzionalmente garantita alla Regione.

Nell’intreccio di materie precedentemente descritto vengono infatti in gioco, sul versante regionale, una pluralità di prerogative che vanno dall’esercizio dell’autonomia organizzativa e finanziaria, alla salvaguardia dei propri equilibri finanziari e della programmazione, alle modalità di declinazione delle regole di volta in volta emanate a livello statale in tema di coordinamento della finanza pubblica.

Inoltre, i bilanci e la contabilità pubblica sono anche strumenti di governo e di indirizzo dell’attività dell’amministrazione: in particolare per le Regioni, che godono di una autonomia costituzionalmente protetta. Ciò comporta la necessità di consentire a queste ultime la possibilità di soddisfare tali esigenze, pur senza travalicare i limiti esterni costituiti dalla legislazione statale ed europea in tema di vincoli finanziari.

2.3.– In definitiva, può concludersi che il sistema contabile regionale – indipendentemente dalla sua possibile configurazione come autonoma materia ascrivibile alla potestà residuale dell’ente – non è stato totalmente sottratto ad un’autonoma regolazione, ma che questa è, tuttavia, intrinsecamente soggetta a limitazioni necessarie «a consentire il soddisfacimento contestuale di una pluralità di interessi costituzionalmente rilevanti» (sentenza n. 279 del 2006). In particolare, l’autonomia della Regione in questo settore normativo trova il suo limite esterno nelle disposizioni poste dallo Stato nell’ambito della salvaguardia degli interessi finanziari riconducibili ai parametri precedentemente richiamati.

Tali considerazioni comportano quindi che le censure mosse alla legge regionale in esame debbano essere valutate non in astratto, ma in riferimento ad una concreta collisione con i precetti ricavabili direttamente dalle norme costituzionali in materia finanziaria o da specifiche norme interposte come quelle contenute nel d.lgs. n. 118 del 2011.

3.– Venendo al merito del ricorso, è necessario occuparsi preliminarmente della censura, formulata in premessa ma non trasposta nell’impugnazione, nei confronti dell’intera legge regionale sulla base dell’assunto che «La materia contabile non [sarebbe] nella disponibilità legislativa delle Regioni, alle quali [verrebbe unicamente] riservata la facoltà di emanare regolamenti contabili meramente applicativi del d.lgs. n. 118 del 2011».

Infatti l’argomentazione, apparentemente ancipite rispetto alle questioni successivamente sollevate nei confronti di singole disposizioni, è invece la premessa logica di tutte le contestazioni, le quali partono dal presupposto che, dopo l’entrata in vigore del decreto sull’armonizzazione dei conti, non vi sarebbe più spazio per il legislatore regionale in materia di disciplina delle procedure contabili, se non per adempimenti meramente attuativi della legislazione statale.

Tale assunto non è fondato, poiché non tiene conto dell’intreccio delle competenze legislative oggetto delle precedenti considerazioni.

Le indefettibili esigenze di armonizzazione dei conti pubblici, di custodia della finanza pubblica allargata e della sana gestione finanziaria non precludono peculiari articolazioni del bilancio regionale fondate sull’esigenza di scandire la programmazione economico-finanziaria nelle procedure contabili e le modalità analitiche di illustrazione di progetti e di interventi.

Occorre ricordare che il bilancio è un "bene pubblico” nel senso che è funzionale a sintetizzare e rendere certe le scelte dell’ente territoriale, sia in ordine all’acquisizione delle entrate, sia alla individuazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche, onere inderogabile per chi è chiamato ad amministrare una determinata collettività ed a sottoporsi al giudizio finale afferente al confronto tra il programmato ed il realizzato. In altre parole, la specificazione delle procedure e dei progetti in cui prende corpo l’attuazione del programma, che ha concorso a far ottenere l’investitura democratica, e le modalità di rendicontazione di quanto realizzato costituiscono competenza legislativa di contenuto diverso dall’armonizzazione dei bilanci. Quest’ultima, semmai, rappresenta il limite esterno – quando è in gioco la tutela di interessi finanziari generali – alla potestà regionale di esprimere le richiamate particolarità.

Il carattere funzionale del bilancio preventivo e di quello successivo, alla cui mancata approvazione, non a caso, l’ordinamento collega il venir meno del consenso della rappresentanza democratica, presuppone quali caratteri inscindibili la chiarezza, la significatività, la specificazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche.

Sotto tale profilo, i moduli standardizzati dell’armonizzazione dei bilanci, i quali devono innanzitutto servire a rendere omogenee, ai fini del consolidamento dei conti e della loro reciproca confrontabilità, le contabilità dell’universo delle pubbliche amministrazioni, così articolato e variegato in relazione alle missioni perseguite, non sono idonei, di per sé, ad illustrare le peculiarità dei programmi, delle loro procedure attuative, dell’organizzazione con cui vengono perseguiti, della rendicontazione di quanto realizzato. Le sofisticate tecniche di standardizzazione, indispensabili per i controlli della finanza pubblica ma caratterizzate dalla difficile accessibilità informativa per il cittadino di media diligenza, devono essere pertanto integrate da esposizioni incisive e divulgative circa il rapporto tra il mandato elettorale e la gestione delle risorse destinate alle pubbliche finalità.

Pertanto, la peculiarità del sistema contabile regionale mantiene, entro i limiti precedentemente precisati, la sua ragion d’essere in relazione alla finalità di rappresentare le qualità e le quantità di relazione tra le risorse disponibili e gli obiettivi in concreto programmati al fine di delineare un quadro omogeneo, puntuale, completo e trasparente della complessa interdipendenza tra i fattori economici e quelli socio-politici connaturati e conseguenti alle scelte effettuate in sede locale.

Una tipizzazione della struttura del bilancio regionale, che sia conciliabile e rispettosa dei limiti esterni e non sia in contrasto con gli standard provenienti dall’armonizzazione, dal coordinamento, dal rispetto dei vincoli europei e degli equilibri di bilancio è funzionale dunque alla valorizzazione della democrazia rappresentativa, nell’ambito della quale deve essere assicurata ai membri della collettività la cognizione delle modalità con le quali le risorse vengono prelevate, chieste in prestito, destinate, autorizzate in bilancio ed infine spese.

Le esposte considerazioni costituiscono anche il presupposto logico per lo scrutinio delle singole impugnazioni.

4.– Alla luce di quanto premesso, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 19 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015, in relazione gli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 118 del 2011, non sono fondate.

Secondo il Presidente del Consiglio, le suddette disposizioni riformulerebbero «in maniera poco chiara nella forma e nelle implicazioni finali» analoghe previsioni contenute nella disciplina statale, generando una situazione di incertezza.

Il raffronto tra le due norme regionali e le corrispondenti norme statali invocate rivela, invece, una sostanziale coerenza tra gli enunciati normativi.

Il ricorrente – per quel che riguarda il citato art. 13 – sembra invocare una formale diversità tra la classificazione delle leggi regionali di spesa rispetto a quanto previsto dal d.lgs. n. 118 del 2011. In realtà, l’intero art. 13 è conforme ai fondamentali principi della copertura preventiva degli oneri di spesa; in assenza di qualsiasi contrasto con le regole di copertura, è evidente che gli eventuali problemi sotto tale profilo potranno semmai riguardare future leggi regionali che si discostassero da tali principi, per le quali il Presidente del Consiglio è comunque titolare del ricorso in via di azione, esperibile tutte le volte in cui la legislazione regionale decampi dal proprio alveo naturale.

Anche per quel che riguarda l’impugnato art. 19 la competenza in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici» viene richiamata apoditticamente, dal momento che il ricorrente afferma che «le disposizioni impugnate, nel rimodulare il tenore delle corrispondenti norme statali [nel caso di specie l’art. 39 del d.lgs n. 118 del 2011], finiscono con l’ingenerare una situazione di incertezza che confligge con l’esigenza di chiarezza caratterizzante la materia in esame e, comunque, esorbitano, dal perimetro entro il quale deve essere riconosciuta la potestà legislativa delle Regioni in materia».

Al contrario, la disposizione si limita a collegare i profili della gestione amministrativa con le relative poste contabili, confrontando tale rapporto in ragione delle caratteristiche organizzative dell’ente, senza con ciò travalicare l’ambito di competenza del legislatore regionale.

5.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, della legge reg. Toscana n. 1 del 2015, proposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione all’art. 49, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011, non è fondata.

Le censure del Presidente del Consiglio muovono da una non corretta interpretazione della disposizione impugnata, dal momento che essa prevede solo che le disponibilità dei fondi speciali possano essere utilizzate in corso di esercizio per fornire copertura a provvedimenti legislativi non compresi nell’elenco allegato alla legge di bilancio, purché il provvedimento da coprire indichi gli interventi inseriti nell’elenco a cui viene sottratta la relativa copertura.

L’espressione «utilizzate» non significa certamente – come sembra intendere il ricorrente – che le disponibilità dei fondi speciali siano direttamente oggetto di atti di impegno di spesa; essa esprime correttamente la regola secondo cui le disponibilità in contestazione sono accantonate nei fondi speciali al fine di aumentare – quando ne ricorrano i presupposti – le autorizzazioni di spesa di programmi già esistenti o di nuovi programmi. In definitiva, il comma 3 del menzionato art. 15 non disciplina le somme accantonate nei fondi speciali in difformità dai principi ricavabili dall’art. 49, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011.

6.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, della legge reg. Toscana n. 1 del 2015, in relazione all’allegato 4/1, paragrafo 9.2, del d.lgs. n. 118 del 2011, è fondata nella parte in cui non prevede che comunque la Giunta regionale presenti la proposta di legge di bilancio non oltre trenta giorni dalla presentazione del disegno di bilancio dello Stato.

La disposizione regionale stabilisce infatti che «entro il 31 ottobre di ogni anno, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale la proposta di legge di bilancio, la proposta di legge di stabilità e le eventuali proposte di legge ad essa collegate», mentre la norma interposta invocata dal ricorrente prescrive che «Entro il 31 ottobre di ogni anno, e comunque non oltre 30 giorni dalla presentazione del disegno di bilancio dello Stato, la giunta approva lo schema della delibera di approvazione del bilancio di previsione finanziario relativa almeno al triennio successivo, da sottoporre all’approvazione del Consiglio».

In questo caso lo scostamento non è soltanto formale e la norma interposta – pur contenuta nel decreto di armonizzazione dei bilanci – per effetto delle strette interrelazioni tra i principi costituzionali coinvolti è servente al coordinamento della finanza pubblica, dal momento che la sincronia delle procedure di bilancio è collegata alla programmazione finanziaria statale e alla redazione della manovra di stabilità, operazioni che presuppongono da parte dello Stato la previa conoscenza di tutti i fattori che incidono sugli equilibri complessivi e sul rispetto dei vincoli nazionali ed europei.

7.– Viceversa, non è fondata l’ulteriore questione di legittimità costituzionale del comma 6 del medesimo articolo in relazione all’art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011.

È vero che la disposizione impugnata stabilisce che l’esercizio provvisorio sia autorizzato per un periodo non superiore a quello stabilito dallo statuto mentre la norma interposta fissa il limite complessivo dell’esercizio provvisorio in un periodo non superiore a quattro mesi. Tuttavia, come evidenziato dalla difesa regionale, lo statuto della Regione Toscana prevede il limite temporale di tre mesi, inferiore a quello massimo previsto dalla norma statale interposta.

In questo caso un esame sostanziale delle diverse formulazioni porta a ritenere che la disposizione regionale richiamata sia addirittura più rigorosa di quella statale. Essendo l’autorizzazione all’esercizio provvisorio un’ipotesi eccezionale collegata ad eventi straordinari e comunque non fisiologici, è chiaro che il maggior rigore dello statuto regionale rende la disposizione impugnata conforme al canone costituzionale.

8.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015, in riferimento agli artt. 81, 97 e 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione al principio contabile di cui all’allegato 4/2, paragrafo 9.2, del d.l.gs. n. 118 del 2011, è fondata.

La censura del Presidente del Consiglio dei ministri è formulata in modo sintetico ma si rende esplicita in relazione alla norma interposta invocata – il paragrafo 9.2 dell’allegato 4/2 al d.lgs. n. 118 del 2011 – la quale ribadisce l’assoluto vincolo di destinazione, non solo dei fondi europei, ma anche del cofinanziamento nazionale. Sotto questo profilo dunque si possono identificare nel ricorso, per quanto molto conciso in parte qua, «gli elementi sufficienti per ritenere ammissibile la censura, ossia: i termini della questione proposta, la disposizione impugnata, i parametri evocati e le ragioni del dubbio di legittimità (sentenze n. 31 del 2016 e n. 176 del 2015), che sta appunto nel preteso contrasto fra il vincolo di esclusività di destinazione dei proventi fissato nella legge statale e la possibilità di un’eccezione a tale vincolo introdotta dalla legge regionale» (sentenza n. 38 del 2016).

La disposizione impugnata stabilisce che «1. Nei casi di assegnazioni comunitarie e statali con vincolo di destinazione, la Regione può stanziare somme eccedenti quelle assegnate, ferme restando, per le spese relative a funzioni delegate, le disposizioni statali che disciplinano tali funzioni. 2. La Regione, qualora abbia impegnato in un esercizio spese eccedenti le risorse ad essa assegnate dallo Stato con vincolo di destinazione, ha facoltà di compensare tali maggiori spese con minori stanziamenti per lo stesso scopo nei due esercizi immediatamente successivi. Nei bilanci relativi a tali esercizi, le assegnazioni statali per scopi già soddisfatti con i finanziamenti aggiuntivi regionali sono sottratte alla loro destinazione. Analoga facoltà riguarda le assegnazioni ricevute da altri soggetti, salvo che ciò sia espressamente escluso dalla disciplina dei relativi rapporti».

Il paragrafo 9.2 dell’allegato 4/2 del d.lgs. n. 118 del 2011 prevede, tra l’altro, che «Costituiscono quota vincolata del risultato di amministrazione le entrate accertate e le corrispondenti economie di bilancio […] c) derivanti da trasferimenti erogati a favore dell’ente per una specifica destinazione. La natura vincolata dei trasferimenti UE si estende alle risorse destinate al cofinanziamento nazionale. Pertanto, tali risorse devono essere considerate come "vincolate da trasferimenti” ancorché derivanti da entrate proprie dell’ente».

Il confronto tra le due disposizioni evidenzia l’illegittimità della norma regionale, consistente nella creazione di un meccanismo contabile elusivo del vincolo di legge.

Peraltro, tale meccanismo entra in collisione con lo stesso principio della copertura finanziaria, il quale costituisce una clausola generale in grado di operare pure in assenza di norme interposte quando l’antinomia coinvolga direttamente il precetto costituzionale: infatti «la forza espansiva dell’art. 81, quarto [oggi terzo] comma, Cost., presidio degli equilibri di finanza pubblica, si sostanzia in una vera e propria clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile» (sentenza n. 192 del 2012).

Nel caso in esame, la formulazione ambigua della norma regionale presenta alcune singolarità, spiegabili unicamente con lo scopo di aggirare il vincolo di destinazione dei fondi in questione. Infatti, quando la concessione di fondi comunitari o nazionali vincolati per legge viene perfezionata, non vi è alcun ostacolo ad eventuali diacronie tra il momento della somministrazione delle risorse e quello del loro impiego. Di regola, anzi, vengono somministrate delle anticipazioni mentre i saldi possono essere posticipati successivamente alle verifiche di regolarità afferenti alla avvenuta utilizzazione dei fondi.

Non si comprende pertanto per quale motivo, in presenza di somme già «assegnate», debbano essere stanziate «somme eccedenti» al fabbisogno dell’intervento vincolato, venendosi a realizzare una singolare "doppia copertura”. Ciò a meno di pensare che il termine «assegnate» sia utilizzato per consentire un impiego antecedente – e in quanto tale non consentito – alla formale concessione del contributo vincolato quando, ad esempio, esista una semplice promessa condizionata ad oneri istruttori o all’inverarsi di determinate circostanze.

Ove ciò fosse consentito verrebbero in essere operazioni rischiose sia con riguardo alla effettività del vincolo che ai principi della copertura: l’intervento sarebbe avviato indipendentemente dalla concessione con possibili sopravvenienze negative qualora essa non dovesse perfezionarsi e il vincolo sarebbe aggirato attraverso la non corrispondenza tra quanto stanziato e quanto realizzato.

In realtà, il vincolo di destinazione nella materia finanziaria e contabile comporta che il fondo possa essere impiegato solo per la realizzazione dello scopo per cui è stato stanziato. Occorre a tal fine considerare che nella contabilità pubblica la regola relazionale tra entrate e spese è quella riconducibile al principio di unità del bilancio «specificativo dell’art. 81 Cost. [secondo cui] tutte le entrate correnti, a prescindere dalla loro origine, concorrono alla copertura di tutte le spese correnti, con conseguente divieto di prevedere una specifica correlazione tra singola entrata e singola uscita» (sentenza n. 192 del 2012). In tale contesto, il vincolo di destinazione si pone quale deroga al principio generale per garantire la finalizzazione di determinate risorse, come quelle erogate a titolo di sovvenzioni, contributi o finanziamenti, alla realizzazione dello scopo pubblico per il quale sono state stanziate.

Pertanto, il carattere finalistico della deroga non consente interpretazioni o distinzioni di sorta all’interno della contabilità regionale, poiché «la natura esclusiva del vincolo di destinazione delle risorse […] e la sua precipua funzionalizzazione alla realizzazione di un programma [costituisce] scelta finanziaria di fondo della previsione statale […], senza che a tali fini siano necessarie altre spiegazioni» (sentenza n. 38 del 2016). Già in precedenza è stato affermato da questa Corte un principio analogo a quello contenuto nell’allegato del d.lgs. n. 118 del 2011: «È necessario premettere che i vincoli di destinazione delle risorse confluenti a fine esercizio nel risultato di amministrazione permangono anche se quest’ultimo non è capiente a sufficienza o è negativo: in questi casi l’ente deve ottemperare a tali vincoli […] per finanziarie gli obiettivi, cui sono dirette le entrate vincolate rifluite nel risultato di amministrazione negativo o incapiente. A ben vedere, questa eccezione [è riconducibile] alla clausola generale in materia contabile che garantisce l’esatto impiego delle risorse stanziate per specifiche finalità di legge» (sentenza n. 70 del 2012).

9.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma l, lettera g) della legge reg. Toscana n. 1 del 2015, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione al d.lgs. n. 118 del 2011, non è fondata.

La norma impugnata rinvia al regolamento di attuazione la disciplina delle modalità per la gestione delle aperture di credito. Secondo il ricorrente, tale disciplina si porrebbe in contrasto con la normativa statale, dal momento che il d.lgs. n. 118 del 2011 non prevede in alcuna disposizione tale forma di gestione della spesa per gli enti territoriali.

Deve essere condivisa l’eccezione della difesa regionale secondo cui tale procedura di spesa è consentita e trova il suo archetipo normativo proprio nella legislazione statale: infatti l’apertura di credito o accreditamento è regolata dall’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367 (Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili). Vale anche in questo caso il criterio di scrutinio della normativa regionale, secondo cui la potestà legislativa in materia è consentita alla Regione quando non ostino direttamente specifiche disposizioni riconducibili alla potestà esclusiva o concorrente dello Stato nelle materie finanziarie precedentemente individuate.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, della legge della Regione Toscana 7 gennaio 2015, n. 1 (Disposizioni in materia di programmazione economica e finanziaria regionale e relative procedure contabili. Modifiche alla L. R. n. 20/2008), nella parte in cui non prevede che comunque la proposta di legge di bilancio, la proposta di legge di stabilità e le eventuali proposte di legge ad essa collegate siano presentate non oltre trenta giorni dalla presentazione del disegno di bilancio dello Stato;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 23 della legge reg. Toscana n. 1 del 2015;

3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, 15, comma 3, 18, comma 6, 19 e 31, comma l, lettera g), della legge reg. Toscana n. 1 del 2015 promosse, in riferimento agli artt. 81, 97 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), ed alla legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2016.