SENTENZA N. 176
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo GROSSI Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6-ter, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 22 agosto 2014, depositato in cancelleria il 28 agosto 2014 ed iscritto al n. 66 del registro ricorsi 2014.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 giugno 2015 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi l’avvocato Marina Valli per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 22 agosto 2014, depositato il successivo 28 agosto e iscritto al n. 66 del registro ricorsi 2014, la Regione siciliana ha promosso, tra l’altro, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6-ter, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, per violazione degli artt. 14, 17, 36, 37, 38 e 43 dello Statuto della Regione siciliana (approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), nonché dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria).
L’impugnato art. 4, comma 6-ter, stabilisce che «Per l’anno 2014 l’aliquota prevista dall’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è elevata all’11,50 per cento. Una quota delle maggiori entrate di cui al presente comma, pari a 4 milioni di euro per l’anno 2015, confluisce nel Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307».
Secondo la Regione, la norma riserverebbe genericamente allo Stato la maggiorazione d’imposta. La confluenza di quest’ultima nel Fondo per interventi strutturali di politica economica, infatti, sarebbe un accantonamento indifferenziato di entrate, senza specifica destinazione.
2.– Con atto depositato il 30 settembre 2014, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
2.1.– Preliminarmente, l’Avvocatura generale dello Stato eccepisce tre profili di inammissibilità del ricorso.
2.1.1.– In primo luogo, viene richiamato il contenuto della clausola di salvaguardia di cui all’art. 50-bis del d.l. n. 66 del 2014, ai sensi della quale «Le disposizioni del presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano secondo le procedure previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione».
2.1.2.– In via subordinata, il ricorso sarebbe inammissibile perché la disposizione censurata costituirebbe un principio di coordinamento della finanza pubblica, suscettibile di imporsi a tutti i livelli di governo.
2.1.3.– Infine, il ricorso sarebbe inammissibile per la genericità delle censure.
2.2.– Secondo la difesa statale, inoltre, sarebbe cessata la materia del contendere alla luce dell’Accordo in materia di finanza pubblica, sottoscritto tra il Ministero dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione siciliana in data 9 giugno 2014, con il quale sono stati definiti gli impegni per il periodo 2014-2017.
2.3.– Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce l’infondatezza delle censure, in quanto la disposizione impugnata destinerebbe al menzionato Fondo statale solo una quota delle maggiori entrate, anziché l’intero gettito, e integrerebbe i presupposti che legittimano la riserva allo Stato ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, in quanto l’entrata avrebbe natura erariale, sarebbe nuova e avrebbe una destinazione specifica.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso in epigrafe la Regione siciliana ha promosso, tra l’altro, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6-ter, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, per violazione degli artt. 14, 17, 36, 37, 38 e 43 dello Statuto della Regione siciliana (approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), nonché dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria).
L’impugnato art. 4, comma 6-ter, dispone, per il solo anno 2014, una maggiorazione dello 0,5 per cento (dall’11 per cento all’11,50 per cento) dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sul risultato dei fondi pensione, destinando una quota delle maggiori entrate, pari a 4 milioni di euro per il 2015, all’incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
2.– Riservata a separate pronunce la decisione sulle altre questioni promosse dalla ricorrente, vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri.
2.1.– Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il ricorso sarebbe in primo luogo inammissibile alla luce della clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 50-bis del d.l. n. 66 del 2014.
L’eccezione non può essere accolta.
Il richiamato art. 50-bis rimette l’applicazione delle norme introdotte dal decreto alle procedure previste dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione. Una clausola di tale tenore, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «non costituisce una mera formula di stile, priva di significato normativo, ma ha la “precisa funzione di rendere applicabile il decreto agli enti ad autonomia differenziata solo a condizione che siano ‘rispettati’ gli statuti speciali” (sentenza n. 241 del 2012) ed i particolari percorsi procedurali ivi previsti per la modificazione delle norme di attuazione degli statuti medesimi» (sentenza n. 236 del 2013).
La disciplina introdotta dalla disposizione impugnata, tuttavia, rinviene il proprio fondamento direttamente nell’art. 36 dello statuto e nell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, che consentono – a determinate condizioni – di riservare allo Stato il gettito dei propri tributi riscossi sul territorio siciliano.
Ai fini della sua applicazione alla Regione siciliana, pertanto, l’impugnato art. 4, comma 6-ter, non ricade nell’ambito della clausola di salvaguardia, ma comporta il rispetto dei requisiti sostanziali previsti dallo statuto e dalle norme di attuazione, con la conseguenza che tale clausola deve ritenersi, nei confronti della disposizione de qua, non operante.
2.2.– Secondo la difesa statale, il ricorso sarebbe inammissibile in quanto l’art. 4, comma 6-ter, costituirebbe principio di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Neppure questa eccezione può essere accolta.
È bensì vero, come questa Corte ha di recente ribadito, proprio con riguardo alla Regione siciliana (sentenza n. 46 del 2015), che, «di regola, i principi di coordinamento della finanza pubblica recati dalla legislazione statale si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale» (sentenza n. 77 del 2015), ma quand’anche, in ipotesi, la disposizione impugnata fosse ritenuta un principio di coordinamento della finanza pubblica, da tale qualificazione discenderebbe, semmai, l’infondatezza e non già l’inammissibilità del ricorso.
2.3.– Priva di fondamento, infine, si rivela l’ulteriore eccezione di inammissibilità per genericità delle censure.
La ricorrente, infatti, non si è limitata a richiamare genericamente l’art. 36 dello statuto regionale e l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, ma ha specificato la ragione per cui la riserva allo Stato del maggior gettito dell’imposta sui fondi pensione violerebbe le disposizioni statutarie relative all’autonomia finanziaria della Regione.
A ben vedere, dunque, «Il ricorso – ancorché conciso – rende […] ben identificabili i termini delle questioni proposte, individuando le disposizioni impugnate, i parametri evocati e le ragioni dei dubbi di legittimità costituzionale» (sentenza n. 241 del 2012). Di qui l’infondatezza di questa ulteriore eccezione.
3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, inoltre, invoca la cessazione della materia del contendere, alla luce dell’Accordo in materia di finanza pubblica sottoscritto tra il Ministero dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione siciliana in data 9 giugno 2014, con il quale è stato definito il concorso della Regione al rispetto del patto di stabilità interno per il periodo 2014-2017.
Tuttavia la Regione siciliana, nonostante abbia raggiunto tale accordo, non ha rinunciato al ricorso e pertanto non può essere dichiarata cessata la materia del contendere.
4.– Nel merito, la questione è fondata.
Questa Corte ha più volte precisato che «L’evocato art. 36, primo comma, dello statuto, in combinato disposto con l’art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965 indica le seguenti tre condizioni per l’eccezionale riserva allo Stato del gettito delle entrate erariali: a) la natura tributaria dell’entrata; b) la novità di tale entrata; c) la destinazione del gettito “con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime”» (sentenza n. 241 del 2012).
Ai fini dello scrutinio del censurato art. 4, comma 6-ter, occorre dunque verificare se la (parziale) riserva allo Stato del maggior gettito dell’imposta sui fondi pensione sia conforme a tali presupposti.
Quanto ai primi due, nemmeno la ricorrente mette in dubbio la natura tributaria dell’entrata in oggetto e la sua novità. Viene lamentata, piuttosto, la mancanza del terzo requisito legittimante la riserva erariale, relativo alla destinazione del gettito «a finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime».
Ebbene, questa Corte, riguardo ad un’ipotesi di incremento del medesimo Fondo per interventi strutturali di politica economica, mediante devoluzione ad esso di un aumento dell’imposta di bollo, ha ritenuto che tale destinazione «identificandosi con le finalità generali di istituzione del fondo stesso al cui incremento è volta, non può considerarsi specifica» (sentenza n. 145 del 2014).
Pertanto, in mancanza di una specifica destinazione al soddisfacimento di particolari esigenze erariali, la riserva allo Stato del maggior gettito dell’imposta sui fondi pensione è illegittima.
5.– Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6-ter, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, nella parte in cui si applica alla Regione siciliana.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2015.