SENTENZA N. 18
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Gaetano SILVESTRI Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale degli articoli 10, 14, 15, 16, comma 3, 17, 26, 32, 43, 44, 50,
52, comma 4, e 55, comma 1, della legge della Regione Calabria 23 dicembre
2011, n. 47 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e
procedurale – Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2012.
Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002), promosso dal Presidente
del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 27 febbraio e
depositato il successivo 1° marzo 2012, ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi
2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 15 gennaio 2013 il
Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi l’avvocato dello Stato Luigi Andronio
per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Francesco Antonio
Romito per la Regione Calabria.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notifica
il 27 febbraio 2012 e depositato il successivo 1° marzo, il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli articoli 10,
14, 15, 16, comma 3, 17, 26, 32, 43, 44, 50, 52, comma 4, e 55, comma 1, della
legge della Regione Calabria 23 dicembre 2011, n. 47 (Provvedimento generale
recante norme di tipo ordinamentale e procedurale – Collegato alla manovra di
finanza regionale per l’anno 2012. Articolo 3, comma 4, della legge regionale
n. 8/2002), per violazione degli artt. 81, quarto comma, 117, commi primo,
secondo, lettere e) ed l), e terzo, 119, secondo comma, e 120, secondo comma,
della Costituzione.
1.1.– La difesa statale ritiene che
l’art. 10 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale ridetermina
l’ammontare delle tasse automobilistiche regionali, aumentandone gli importi,
si ponga in contrasto con l’art. 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008,
n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle
famiglie), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24
luglio 2008, n. 126, nonché con l’art. 1, comma 123, della legge 13 dicembre
2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge di stabilità 2011). Le norme statali evocate sospendono, sino
all’attuazione del federalismo fiscale, la facoltà concessa alle Regioni e agli
enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle
aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi il cui gettito è ad
essi attribuito con legge dello Stato.
Il ricorrente evidenzia in proposito che
deroghe al suddetto principio generale di sospensione, sono state introdotte
con interventi specifici e riferiti a singoli tributi (come ad esempio l’art. 1
del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante «Ulteriori misure urgenti per
la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo», convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, che
ha concesso alle Regioni a statuto ordinario di aumentare l’addizionale
regionale IRPEF a decorrere dall’anno 2012).
L’impugnato art. 10 violerebbe dunque
l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario, nonché
l’art. 119, secondo comma, Cost., che si limita ad attribuire alle Regioni ed
agli enti locali il potere di stabilire ed applicare entrate e tributi propri,
subordinatamente al rispetto dei principi di coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario, precludendo comunque al legislatore
regionale di intervenire sulla disciplina dei tributi statali.
1.2.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato l’art. 14 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il
quale ridetermina l’ammontare della tassa sulle concessioni regionali,
aumentandone gli importi.
Anche questa norma regionale
contrasterebbe con le disposizioni di cui all’art. 1, comma 7, del d.l. n. 93
del 2008 e all’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010, le quali
sospendono, sino all’attuazione del federalismo fiscale, la facoltà concessa
alle Regioni e agli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle
addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi
il cui gettito è ad essi attribuito con legge dello Stato. Sono richiamate le
argomentazioni che la difesa statale ha prospettato in relazione all’art. 10
della legge reg. n. 47 del 2011.
Il suddetto art. 14 violerebbe dunque
l’art 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario, nonché
l’art. 119, secondo comma, Cost., per le medesime ragioni già esaminate in
relazione all’art. 10.
1.3.– è impugnato l’art. 15 della legge
reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale modifica la normativa regionale in tema
di tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, ed, in
particolare, aumenta gli importi di siffatto tributo.
Sono richiamate le considerazioni già
svolte in relazione agli impugnati artt. 10 e 14; infatti, la difesa statale
ritiene che l’art. 15 si ponga in contrasto con le disposizioni di cui all’art.
1, comma 7, del d.l. n. 93 del 2008 e all’art. 1, comma 123, della legge n. 220
del 2010, per le medesime ragioni.
Anche l’art. 15 violerebbe l’art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario, nonché l’art. 119,
secondo comma, Cost.
1.4.– il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato l’art. 16, comma 3, della legge reg. Calabria n. 47 del
2011, il quale aggiunge il comma 7-bis all’art. 27 della legge della Regione
Calabria 29 dicembre 2010, n. 34 (Provvedimento generale recante norme di tipo
ordinamentale e procedurale – Collegato alla manovra di finanza regionale per
l’anno 2011. Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002). La norma
impugnata prevede che l’esercizio dell’azione penale costituisca causa di
interruzione della decorrenza del termine di prescrizione quinquennale
stabilito per il recupero dell’imposta sui carburanti per autotrazione.
La difesa statale ritiene che tale
disposizione, nella parte in cui incide sul rapporto tra giurisdizione penale e
tributaria, in particolare, introducendo una disciplina del decorso della
prescrizione difforme da quella statale, violi l’art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato le materie
della giurisdizione e dell’ordinamento civile e penale.
1.5.– Oggetto delle censure statali è
anche l’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale istituisce,
a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della
legge stessa, l’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili
(IRESA).
Secondo la difesa statale, tale
disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 8 del decreto legislativo 6
maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle
regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei
costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), da ritenersi espressivo
di un principio di coordinamento del sistema tributario, in virtù del quale le
Regioni possono trasformare l’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili
in tributo proprio regionale, a decorrere dal 1° gennaio 2013.
La disposizione regionale in esame, nel
prevedere una decorrenza anticipata della trasformazione dell’imposta sulle
emissioni sonore degli aeromobili in tributo proprio regionale, determinerebbe
la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario,
nonché dell’art. 119, secondo comma, Cost., che subordina il potere delle
Regioni e degli enti locali di stabilire ed applicare entrate e tributi propri
al rispetto dei principi di coordinamento del sistema tributario.
1.6.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato l’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, che
modifica l’art. 7 della legge della Regione Calabria 13 maggio 1996, n. 8
(Norme sulla dirigenza e sull’ordinamento degli Uffici del Consiglio
regionale), stabilendo, al comma 4 del citato art. 7, che il trattamento
economico dei dirigenti di Area funzionale sia definito dall’Ufficio di
Presidenza.
In assunto del ricorrente, la norma
regionale consentirebbe all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale di
derogare alle disposizioni del CCNL del personale dirigente delle Regioni e
delle Autonomie locali in materia di determinazione del trattamento economico,
così ponendosi in contrasto con le disposizioni del Titolo III («Contrattazione
collettiva e rappresentanza sindacale») del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), che obbligano al rispetto delle previsioni
contrattuali e delle procedure da seguire in sede di contrattazione collettiva.
Secondo la difesa statale, la norma
impugnata, nella parte in cui deroga ai principi generali di cui al d.lgs. n.
165 del 2001, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che
riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia
dell’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di impiego pubblico privatizzato
regolati dalla contrattazione collettiva.
La medesima norma, inoltre, nel
novellare l’art. 7-bis della legge reg. Calabria n. 8 del 1996, stabilisce che
le strutture speciali della Direzione generale e del Segretariato generale del
Consiglio regionale sono composte ciascuna da tre unità di personale, due delle
quali possono essere esterne alla pubblica amministrazione.
Il combinato disposto di detto art.
7-bis e del richiamato art. 7 della stessa legge reg. Calabria n. 8 del 1996,
come modificati dalla norma impugnata, nel prevedere un ampliamento delle
strutture e dei ruoli dirigenziali con oneri che non risultano quantificati e
di cui manca la relativa copertura finanziaria, si porrebbe in contrasto con le
disposizioni relative al contenimento delle spese in materia di impiego
pubblico previste al comma 28 dell’art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30
luglio 2010, n. 122. La predetta disposizione statale dispone che «A decorrere
dall’anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli
enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui
all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e
successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a
tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione
coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta
per le stesse finalità nell’anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa
per personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti
formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui
all’articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al
50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell’anno 2009. Le
disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini
del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le
province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.
[…]».
Ancora, secondo il ricorrente,
l’impugnato art. 26 violerebbe le disposizioni in materia di turn over –
costituenti principi di coordinamento della finanza pubblica – di cui al comma
7 dell’art. 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008,
n. 133, che ha novellato il comma 102 dell’art. 3 della legge 24 dicembre 2007,
n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato – legge finanziaria 2008).
Sarebbe violato l’art. 117, terzo comma,
Cost., che riserva allo Stato il compito di fissare i principi di coordinamento
della finanza pubblica.
La mancata previsione di un’adeguata
copertura finanziaria determinerebbe, infine, la violazione dell’art. 81,
quarto comma, Cost.
1.7.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato l’art. 43 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il
quale, al comma l, prevede il ripianamento delle perdite relative all’anno 2010
della Società di Gestione per l’Aeroporto dello Stretto (SO.G.A.S.) S.p.A. con
una spesa di euro 38.000, ed, al comma 2, autorizza la spesa di euro 400.000 al
fine della sottoscrizione da parte della Regione Calabria della quota di
aumento di capitale sociale della SO.G.A.S. S.p.A.
Le previsioni contenute nei due commi
impugnati recherebbero misure aventi le caratteristiche di aiuti di Stato, la
cui compatibilità con il diritto dell’Unione europea deve essere rimessa alla
valutazione della Commissione europea. La SO.G.A.S. S.p.A. opera, infatti, nel
settore della gestione aeroportuale, aperto alla concorrenza di imprese
pubbliche e private.
Secondo la difesa statale, l’entità
relativamente esigua degli aiuti non costituirebbe ragione sufficiente ad
escludere l’effetto distorsivo sugli scambi tra gli Stati membri. Pertanto, la
mancata notifica alla Commissione europea delle disposizioni contenute
nell’art. 43, prima della loro entrata in vigore, determinerebbe la violazione
degli obblighi comunitari in materia di aiuti di Stato.
In proposito, il ricorrente segnala che
la Commissione europea, con decisione del 20 luglio 2010, ha avviato una
procedura di indagine formale nei confronti di analoghe iniziative di copertura
delle perdite della SO.G.A.S. S.p.A., intraprese dagli azionisti pubblici nel
periodo 2004-2005 e regolarmente notificate dalla Regione Calabria ai sensi
dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
La Commissione ha ritenuto che tali misure integrassero la fattispecie di aiuti
di Stato e presentassero, quindi, concreti elementi di incompatibilità con le
regole comunitarie in materia. L’indagine si è estesa ad ulteriori coperture di
perdite relative all’anno 2006, nonché all’aumento di capitale sociale pari a
euro 2.743.000 effettuato nel dicembre 2007 dai soci pubblici, trattandosi di
operazioni che non sono state oggetto di notifica alla Commissione europea.
Inoltre, asserisce il ricorrente, le
autorità calabresi avrebbero garantito alla Commissione la non attuazione sia
della misura oggetto di indagine sia di altre analoghe, prima di un
pronunciamento dell’esecutivo comunitario sulla natura di aiuto di Stato del
primo intervento. La difesa statale conclude sul punto precisando che la
procedura di indagine formale è tuttora in corso.
Per le ragioni esposte, il Presidente
del Consiglio dei ministri ritiene che le disposizioni contenute nel censurato
art. 43 non debbano trovare pratica attuazione prima di una definitiva
valutazione della Commissione.
La norma regionale, pertanto, nella
parte in cui omette di osservare l’obbligo di notifica dell’aiuto previsto
dall’art. 108, par. 3, del TFUE, violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., che
impone il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario alla
potestà legislativa regionale.
1.8.– L’art. 44 della legge reg.
Calabria n. 47 del 2011 dispone il contributo regionale straordinario di euro
150.000 a parziale copertura delle spese relative alle mensilità arretrate per
il personale dell’Ente Fiera di Cosenza. L’erogazione del contributo è
subordinata all’analogo e contestuale impegno da parte di tutti i soggetti
istituzionali soci dell’Ente Fiera – Provincia di Cosenza, Comune di Cosenza e
Comune di Rende – a coprire pro quota la restante parte delle spese correnti.
Anche in questo caso il Presidente del
Consiglio dei ministri ha impugnato la norma regionale sull’assunto che la
stessa preveda una misura avente le caratteristiche di aiuto di Stato, la cui
compatibilità con il diritto dell’Unione europea deve essere rimessa alla
valutazione della Commissione europea.
Al riguardo, l’Avvocatura generale dello
Stato premette che la Comunicazione interpretativa della Commissione sul
mercato interno per il settore fiere ed esposizioni, dell’8 maggio 1998,
riconosce il carattere commerciale delle attività degli operatori fieristici
anche qualora questi agiscano nella forma giuridica di enti autonomi senza
scopo di lucro. Sulla stessa linea interpretativa si è mossa la giurisprudenza
comunitaria, che ha confermato il principio secondo il quale «le attività che
realizzano lo scopo complessivo delle società Ente Fiera sono pienamente
contendibili sul mercato degli operatori fieristici», con la conseguenza che
qualsiasi beneficio accordato dalla parte pubblica nei confronti dell’Ente
medesimo può tradursi in un pregiudizio per la concorrenza con altri soggetti
economici che operano nello stesso mercato.
Tanto premesso, il ricorrente ritiene
che la copertura di spese correnti operata dalla Regione con la norma impugnata
rientri nella fattispecie di cui all’art. 107 del TFUE, concretizzandosi in un
aiuto distorsivo della concorrenza nel mercato di riferimento. Per tale
ragione, la misura avrebbe dovuto essere notificata ai sensi dell’art. 108,
par. 3, del TFUE.
In definitiva, il censurato art. 44,
«nella parte in cui omette di osservare l’obbligo di notifica dell’aiuto
previsto dall’art. 108, par. 3, del TFUE», si porrebbe in contrasto con l’art.
117, primo comma, Cost., che impone il rispetto dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario alla potestà legislativa regionale.
1.9.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato, inoltre, l’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria
n. 47 del 2011, il quale autorizza la Giunta regionale a rinnovare, «a domanda
dell’interessato», i contratti di collaborazione al personale già assegnato
all’Osservatorio del turismo, attualmente in servizio presso il Dipartimento
Turismo, Sport, Spettacolo e Politiche Giovanili per la gestione del sistema
informativo turistico.
Le ragioni di censura sono individuate
dal ricorrente nell’asserito contrasto di questa norma con l’art. 7, comma 6,
del d.lgs. n. 165 del 2001, in base al quale, per esigenze non fronteggiabili
con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire
incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale
o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata
specializzazione anche universitaria, in presenza dei presupposti di
legittimità indicati nel medesimo comma 6 dell’art. 7 citato.
Secondo la difesa statale, la norma
regionale impugnata prescinderebbe, nell’autorizzare il rinnovo dei contratti
di collaborazione de quibus, dai requisiti prescritti
dal citato art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, che detta, tra l’altro,
principi in materia di coordinamento della finanza pubblica, inderogabili da
parte della Regione.
L’Avvocatura generale ritiene, altresì,
che la norma regionale si ponga in contrasto con l’art. 9 del d.l. n. 78 del
2010, il quale, fissando principi generali di coordinamento della finanza
pubblica, prevede che le pubbliche amministrazioni «possono avvalersi di
personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della
spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009».
In definitiva, la norma impugnata, nella
parte in cui consente un generico rinnovo contrattuale, a domanda degli interessati,
senza una preventiva valutazione da parte della Regione della necessità di
avvalersi di detto personale, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., il quale riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia
dell’ordinamento civile.
La stessa norma regionale, inoltre,
nella parte in cui non prevede un contenimento della spesa di personale,
violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la fissazione
dei principi in materia di coordinamento della finanza pubblica, dettati con le
norme statali sopra richiamate.
1.10.– è impugnato anche l’art. 55,
comma 1, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, relativo al piano di
stabilizzazione del personale appartenente alla categoria dei lavoratori
socialmente utili. In particolare, il comma 1 riproduce la disposizione già
contenuta nell’art. 16 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010, modificando il
termine finale per l’attuazione del piano di stabilizzazione precedentemente
previsto (31 dicembre 2011), che viene posticipato al 31 dicembre 2014.
In proposito, il ricorrente sottolinea
di aver già impugnato l’art. 16 della citata legge reg. Calabria n. 34 del 2010
nella parte in cui fissava al 31 dicembre 2011 l’attuazione del piano regionale
di stabilizzazione del personale appartenente ai lavoratori socialmente utili.
La difesa statale rileva, altresì, che la Corte costituzionale, con sentenza n. 310 del
2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del suddetto art. 16
precisando che «la proroga del termine finale [...], produce l’effetto di
sottrarre le suddette stabilizzazioni ai vincoli previsti dall’art. 17, comma
10, del d.l. n. 78 del 2009, in quanto le normative regionali prorogate,
anteriori al 2009, non prevedevano alcuno dei suddetti vincoli».
Dalle suesposte considerazioni
discenderebbe l’illegittimità costituzionale della norma regionale oggetto
dell’odierno giudizio, la quale, nella parte in cui proroga nuovamente i
termini per l’attuazione del piano di stabilizzazione del suddetto personale,
si porrebbe in contrasto con l’art. 17, comma 10, del decreto-legge 1° luglio
2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in
legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n.
102, che non consente una generica salvaguardia di tutte le stabilizzazioni,
anche se programmate ed autorizzate.
Pertanto, il censurato art. 55, comma 1,
violerebbe i principi di coordinamento della finanza pubblica, ai quali, ai
sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., la Regione, pur nel rispetto della sua
autonomia, non può derogare.
1.11.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato, infine, ulteriori norme dettate dalla legge reg.
Calabria n. 47 del 2011, relative alla materia sanitaria.
La difesa statale, prima di illustrare
le censure proposte, ricostruisce la successione degli eventi che hanno
preceduto l’approvazione della normativa censurata. L’Avvocatura generale
rileva che la Regione Calabria – per la quale è stata verificata una situazione
di disavanzo nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio
economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di
assistenza – ha stipulato, in data 17 dicembre 2009, un accordo con i Ministri
della salute e dell’economia e delle finanze, comprensivo del piano di rientro
dal disavanzo sanitario, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30
dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005).
Con la delibera della Giunta regionale
n. 845 del 2009 sono state poi approvate le «Proposte tecniche per
l’integrazione/modifica del piano di razionalizzazione e riqualificazione del
Servizio Sanitario Regionale della Regione Calabria», che costituiscono parte
integrante dell’Accordo sul piano di rientro del 17 dicembre 2009.
L’Avvocatura generale precisa altresì
che la Regione Calabria, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal piano
di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all’art. 1, comma 180, della
legge n. 311 del 2004, nonché all’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e ai
successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi
dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in
materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito,
con modificazioni, dall’art. 1 della legge 29 novembre 2007, n. 222, in
attuazione dell’art. 120 Cost., nei modi e nei termini di cui all’art. 8, comma
1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento
dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3). Nella seduta del 30 luglio 2010, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la
nomina di un Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di
rientro dai disavanzi nel settore sanitario, individuando lo stesso nella
persona del Presidente della Regione pro tempore.
1.11.1.– La difesa statale procede, quindi,
ad illustrare le specifiche ragioni di impugnazione dell’art. 32 della legge
reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale apporta modifiche all’art. 1 della legge
della Regione Calabria 7 dicembre 2007, n. 26 (Istituzione dell’Autorità
regionale denominata "Stazione Unica Appaltante” e disciplina della trasparenza
in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture).
La disposizione regionale in esame,
modificando il comma 4 dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 26 del 2007,
prevede l’incremento da una a tre delle «sezioni tecniche» della Stazione Unica
Appaltante (SUA), e, introducendo il comma 4-bis nel medesimo art. 1, dispone
che «per ogni Sezione tecnica è inoltre previsto un dirigente equiparato a
quello di servizio della Giunta regionale»; da ultimo, la disposizione
censurata, introducendo l’ulteriore comma 4-ter (meramente conseguenziale),
dispone che «Il Direttore generale della Stazione Unica Appaltante è
autorizzato ad apportare le relative modifiche al regolamento di organizzazione,
in deroga a quanto previsto al comma 1 dell’articolo 2».
L’impugnato art. 32 aggiunge, inoltre,
che le modifiche apportate non comportano «oneri aggiuntivi a carico del
bilancio regionale».
L’Avvocatura generale ritiene che la
norma in esame violi l’art. 81, quarto comma, Cost., in quanto prevede
«l’istituzione di nuove strutture amministrative e di ulteriori posizioni
dirigenziali, omettendo di quantificare gli inevitabili oneri da essa derivanti
e omettendo altresì di individuare i relativi mezzi di copertura finanziaria».
1.11.2.– è infine impugnato l’art. 50
della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale dispone la copertura
finanziaria dei debiti contratti dalla Regione nei confronti dei beneficiari
della legge della Regione Calabria 29 marzo 1999, n. 8 (Provvidenze in favore
di soggetti affetti da particolari patologie).
La norma impugnata, che garantisce ai
propri residenti livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli stabiliti a
livello nazionale, interferirerebbe con l’attuazione
del piano di rientro dal disavanzo, affidata al Commissario ad acta con il
mandato commissariale del 30 luglio 2010.
Da quanto appena detto discenderebbe
l’illegittimità costituzionale dell’art. 50 sotto più profili. Innanzitutto, la
disposizione regionale interferirebbe con le funzioni commissariali, in
violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. (sono richiamate le sentenze n. 78 del 2011
e n. 2 del 2010
della Corte costituzionale); in particolare, secondo la sentenza n. 78 del
2011, «l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del
piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e
la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli
organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti […] ad un’attività che pure
è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato
[…] a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del
commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del
piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli
organi regionali».
Il legislatore regionale, con la norma
impugnata, sarebbe intervenuto illegittimamente in materia di organizzazione
sanitaria, in luogo del Commissario ad acta, non rispettando i vincoli posti
dal piano di rientro dal disavanzo sanitario. Da ciò deriverebbe la violazione
dei principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica
sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n.
191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato – legge finanziaria 2010), secondo i quali, in costanza di piano di
rientro, è preclusa alla Regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di
ostacolo alla piena attuazione di quest’ultimo, essendo le previsioni dell’Accordo
e del relativo piano vincolanti per la Regione stessa.
Sarebbe pertanto violato l’art. 117,
terzo comma, Cost., in quanto l’impugnato art. 50 si porrebbe in contrasto con
i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento
della finanza pubblica. Al riguardo, la difesa statale richiama le sentenze n. 141 e n. 100 del 2010
con le quali la Corte costituzionale ha ritenuto che le norme statali (quale
l’art. 1, comma 796, lettera b, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge finanziaria 2007») che hanno «reso vincolanti, per le Regioni che li
abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli atti di programmazione
"necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, oggetto degli
accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”»,
possono essere qualificate come espressione di un principio fondamentale
diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione
di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica.
Sotto un ulteriore profilo, la norma in
esame, omettendo di quantificare gli inevitabili oneri da essa derivanti e di
individuare i relativi mezzi di copertura finanziaria, violerebbe l’art. 81,
quarto comma, Cost.
2.– La Regione Calabria si è costituita
nel giudizio, chiedendo che il ricorso sia dichiarato irricevibile, «o comunque
inammissibile, e in ogni caso nulle e/o non fondate» le questioni promosse.
2.1.– La difesa regionale esamina
congiuntamente le censure relative agli artt. 10, 14 e 15 della legge reg.
Calabria n. 47 del 2011, osservando in proposito che l’art. 4 del decreto-legge
2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficientamento e potenziamento delle
procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 26 aprile 2012, n. 44, ha abrogato l’art. 77-bis, comma 30, del
d.l. 112 del 2008 e l’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010. Sono
state pertanto eliminate le disposizioni – evocate come parametro interposto –
che prevedevano la sospensione del potere delle Regioni di aumentare le tariffe
dei tributi regionali controversi. La modifica legislativa in parola è
intervenuta dopo la notifica del ricorso ma prima del deposito dello stesso;
per questa ragione, secondo la resistente, «si dovrebbero ritenere
manifestamente infondate le relative questioni di legittimità costituzionale,
piuttosto che estinte per cessazione della materia del contendere».
2.2.– Quanto all’impugnazione dell’art.
16, comma 3, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, la difesa regionale ne
eccepisce l’inammissibilità, rilevando come non siano in alcun modo esplicitate
le ragioni di asserita difformità rispetto alla disciplina statale, che non
sarebbe neppure individuata con precisione.
Nel merito, la questione non sarebbe
fondata poiché la norma impugnata, «lungi dall’introdurre una disciplina
ulteriore e difforme, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l),
della Costituzione», si limiterebbe «a chiarire quanto già evidente
nell’ordinamento giuridico, ovvero che l’esercizio dell’azione penale svolge
altresì efficacia interruttiva del termine di prescrizione, ivi individuato».
2.3.– Con riferimento alle censure
promosse nei confronti dell’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011,
la resistente ribadisce che l’art. 4 del d.l. n. 16 del 2012 ha abrogato l’art.
77-bis, comma 30, del d.l. n. 112 del 2008 e l’art. 1, comma 123, della legge
n. 220 del 2010, eliminando così le disposizioni – evocate come parametro
interposto – che prevedevano la sospensione del potere di aumentare le tariffe
dei tributi regionali controversi. Anche in tal caso, pertanto, «si dovrebbero
ritenere manifestamente infondate le relative questioni di legittimità
costituzionale, piuttosto che estinte per cessazione della materia del
contendere».
La difesa regionale aggiunge che,
comunque, la norma impugnata non darebbe vita ad alcuna interferenza con il
sistema tributario, a seguito della sola anticipazione – rispetto a quanto
stabilito dall’art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011 – dell’istituzione dell’imposta
sulle emissioni sonore degli aeromobili.
Infondata sarebbe, inoltre, la questione
sollevata in riferimento alla decorrenza dell’imposta medesima, atteso che
l’istituzione di quest’ultima non inciderebbe sulla sua decorrenza. Al
riguardo, la resistente rileva come il comma 7 del censurato art. 17 rimetta
alla Giunta regionale il compito di definire le modalità di accertamento, di
liquidazione, di riscossione, di recupero e di rimborso dell’imposta,
l’applicazione delle sanzioni, oltre all’eventuale stipulazione di apposite
convenzioni con le società di gestione degli aeroporti.
La Regione Calabria conclude sul punto
precisando che, in assenza della regolamentazione da ultimo citata, non sarebbe
rinvenibile alcun profilo di illegittimità costituzionale.
2.4.– In relazione all’impugnativa
dell’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, nella parte in cui
novella il comma 4 dell’art. 7 della legge reg. Calabria n. 8 del 1996, la
difesa regionale rileva preliminarmente come siffatta censura non possa che
ritenersi infondata, posto che l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale
non può comunque derogare alle norme del CCNL del personale dirigente delle
Regioni e delle Autonomie locali.
Secondo la resistente, la questione
promossa «appare altresì manifestamente inammissibile e/o infondata», poiché
non sono state evocate, come parametro interposto, le norme di principio del
d.lgs. n. 165 del 2001 attinenti: a) alla separazione tra competenze degli
organi di direzione politica e di gestione del rapporto di lavoro (sotto questo
profilo – obietta la Regione – l’Ufficio di Presidenza è organo di direzione
politica e non potrebbe adottare determinazioni sui diritti economici del
personale contrattualizzato); b) al riparto tra la fonte eteronoma
(determinazioni unilaterali della P.A. datrice di lavoro) e la fonte autonoma
collettiva (il CCNL del personale contrattualizzato), quanto ai diritti
economici del dipendente.
In mancanza dell’indicazione delle
suddette norme interposte, la questione prospettata sembrerebbe infondata o
«tale da legittimare un mero rigetto interpretativo». La difesa regionale
esclude, peraltro, che la rilevata carenza motivazionale possa essere sanata in
corso di giudizio.
2.4.1.– Quanto alla censura promossa nei
confronti dell’art. 26 nella parte in cui sostituisce l’art. 7-bis della legge
reg. Calabria n. 8 del 1996, la difesa regionale contesta l’impugnazione del
combinato disposto degli artt. 7 e 7-bis, novellati dalla norma impugnata,
osservando come, mediante «un’interpretazione sistematica e costituzionalmente
orientata» della disposizione di cui all’art. 26, possa essere esclusa
l’asserita violazione delle prescrizioni di cui all’art. 9, comma 28, del d.l.
n. 78 del 2010 e dei vincoli al contenimento della spesa per il personale.
La resistente ritiene, inoltre, che non
sia stato correttamente evocato, come parametro interposto, l’art. 66, comma 7,
del d.l. n. 112 del 2008, trattandosi di una norma che detta i limiti al
cosiddetto turn over, valevoli per le sole assunzioni a tempo indeterminato.
Più in generale, la Regione Calabria
sostiene che il ricorrente non abbia prospettato il "profilo” della questione
di legittimità costituzionale: mancherebbe nel ricorso un esplicito riferimento
alla consistenza delle strutture e dei ruoli, qual era prima dell’entrata in
vigore della disciplina impugnata, ed, in particolare, il ricorrente avrebbe
omesso di considerare l’avvenuto sdoppiamento delle figure di Segretario
generale e di Direttore generale del Consiglio regionale, che avrebbe
determinato la necessità di un ampliamento dei ruoli e delle strutture
dirigenziali.
L’omissione anzidetta determinerebbe
l’inammissibilità delle censure formulate.
2.5.– Secondo la resistente, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 della legge reg. Calabria
n. 47 del 2011 sarebbe inammissibile, in quanto il ricorrente non avrebbe
adeguatamente argomentato la sussistenza dei presupposti minimi perché la
misura prevista dalla norma impugnata possa essere considerata "aiuto di Stato”
ai sensi della normativa dell’Unione europea (è richiamata al riguardo la sentenza della
Corte costituzionale n. 185 del 2011).
La Regione Calabria contesta anche la
fondatezza della medesima questione, poiché il presunto aiuto di Stato
consisterebbe in una misura di importo esiguo; circostanza, questa, che è stata
riconosciuta dallo stesso ricorrente e che sarebbe ancor più significativa –
sempre secondo la resistente – alla luce dell’ambito di azione in cui opera la
società beneficiaria.
Nei confronti del comma 2 dell’art. 43
della legge regionale impugnata sarebbe poi prospettabile un ulteriore profilo
di infondatezza, consistente «nell’assoluta insussistenza» anche teorica di
un’ipotesi di aiuto di Stato. Si tratterebbe, infatti, di importo autorizzato
«per la sottoscrizione da parte della Regione Calabria della quota di aumento
di capitale sociale […] deliberato dall’Assemblea dei soci nella seduta del 2
luglio 2011, in misura proporzionale alla partecipazione al capitale sociale».
In definitiva, la norma impugnata, lungi
dal prevedere alcuna forma di aiuto di Stato, troverebbe la sua ratio
nell’esigenza di rispettare un preciso obbligo giuridico gravante sulla Regione
Calabria in virtù della sua qualità di socio della SO.G.A.S. S.p.A.
2.6.– Le argomentazioni esposte a
sostegno dell’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 43 sono richiamate anche con riguardo alla censura che ha ad oggetto
l’art. 44 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011. Pure in quest’ultimo caso,
infatti, il ricorrente si sarebbe limitato a qualificare la norma impugnata
come aiuto di Stato, senza argomentare in ordine alla sussistenza dei
presupposti minimi per poter operare siffatta qualificazione.
2.7.– In merito all’impugnazione
dell’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, la resistente
ritiene che un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della
disposizione in parola possa escludere la fondatezza della relativa questione
di legittimità costituzionale.
In ogni caso, la medesima difesa precisa
che la seconda Commissione del Consiglio regionale ha approvato, in data 9
febbraio 2012 – e quindi già prima della notifica del ricorso di cui si discute
– una proposta di legge integralmente sostitutiva del comma 4 dell’art. 52. La
Commissione consiliare, in data 15 marzo 2012, ha poi predisposto un
emendamento interamente sostitutivo, che si compone di un unico articolo
suddiviso in due commi, con il quale, sempre a detta della resistente, «si
esplicita in modo dettagliato la conformità della proposta alle disposizioni in
materia di contenimento della spesa per il personale (art. 9, comma 28, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78), i motivi del rinnovo contrattuale, la
quantificazione degli oneri finanziari derivanti dall’applicazione della
norma».
La Regione Calabria conclude sul punto
affermando che, se siffatta proposta di legge sarà definitivamente approvata
dal Consiglio regionale, potrà essere dichiarata la manifesta infondatezza
delle questioni promosse.
2.8.– La difesa regionale eccepisce,
inoltre, l’inammissibilità della questione relativa all’art. 55, comma 1, della
legge reg. Calabria n. 47 del 2011, rilevando come il parametro interposto
(art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009) si riferisca al triennio
2010-2012, mentre la norma impugnata differisce il termine di attuazione del
piano di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili dal 31 dicembre 2011
al 31 dicembre 2014. Pertanto, un eventuale dispositivo di mero accoglimento
della questione promossa «parrebbe eccedere l’interesse a ricorrere del Governo
statale»; semmai, il ricorrente avrebbe potuto censurare l’art. 55 «solo per la
parte della norma impugnata che dispone la sua efficacia sino al 31 dicembre
2012».
2.9.– La resistente ritiene, ancora, che
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32 della legge reg.
Calabria n. 47 del 2011 sia «mal posta», a causa dell’individuazione del
«motivo di diritto» della questione nella «mancata previsione di oneri da parte
della legge regionale impugnata». Infatti, a fronte di questa ragione di
censura, lo stesso ricorrente riconosce che la disposizione impugnata prevede
espressamente un’innovazione legislativa «senza oneri aggiuntivi a carico del
bilancio regionale».
Né, aggiunge la difesa regionale,
sarebbe stato dedotto il vizio di irragionevolezza e/o di irrazionalità di un
combinato disposto che, da una parte, prevede un ampliamento di organico e,
dall’altra, impone un vincolo finanziario a costo zero. D’altronde, nel caso di
specie, il fine della norma impugnata non consisterebbe nel contenimento della
spesa ma nel «buon andamento amministrativo», da realizzare tramite il
potenziamento delle strutture tecniche della Stazione unica appaltante.
2.10.– Da ultimo, la Regione Calabria
contesta radicalmente l’impugnazione dell’art. 50 della legge reg. Calabria,
ritenendo che il motivo di ricorso, fondato sull’art. 120, secondo comma,
Cost., sia «nullo, oltre che inammissibile, stante la genericità delle censure
mosse». L’impugnativa sarebbe, in ogni caso, manifestamente infondata.
Secondo la difesa regionale, non sarebbe
utilmente richiamabile la sentenza della
Corte costituzionale n. 78 del 2011, avendo, quest’ultima, ad oggetto norme
di «tenore ben diverso» da quelle contenute nell’art. 50 della legge reg.
Calabria n. 47 del 2011. Queste ultime non determinerebbero, infatti, «alcuna
situazione di interferenza sulle funzioni commissariali, idonea ad integrare la
violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.».
Quanto alla lamentata violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost., la resistente obietta che essa si fonderebbe
su «una erronea valutazione» del dato normativo, poiché con la norma impugnata
non sarebbero stati adottati nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla
piena attuazione del piano di rientro. Al contrario, il censurato art. 50
assicurerebbe una copertura finanziaria ai debiti contratti dalla Regione nei
confronti dei beneficiari della legge reg. Calabria n. 8 del 1999, preesistente
rispetto all’adozione del piano di rientro e non interferente con esso. Anzi,
l’esigenza di approvare la normativa impugnata sarebbe sorta proprio in
conseguenza degli obblighi assunti dalla Regione con il richiamato piano di
rientro dal disavanzo sanitario.
Nella prospettiva seguita dalla
resistente risulterebbe parimenti infondato il richiamo ai principi
fondamentali recati dall’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del
2006, che non sarebbero in alcun modo violati. Del tutto inconferente sarebbe
il riferimento alle sentenze n. 141 e n. 100 del 2010
della Corte costituzionale, trattandosi di pronunzie relative a giudizi nei
quali le norme censurate «miravano alla nuova istituzione di strutture in deroga
alla normativa in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale e
di contenimento della spesa pubblica».
Infine, l’asserita violazione dell’art.
81, quarto comma, Cost. è ritenuta dalla difesa regionale «una svista», poiché
dalla mera lettura della disposizione censurata si evincerebbe «la radicale
previsione della copertura finanziaria, di cui si denuncia, al contrario, la
mancanza».
Per quanto concerne, poi, il contenuto
dell’art. 50, commi 3 e 4, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, sarebbe di
tutta evidenza la manifesta infondatezza, posto che le norme impugnate
determinano «una limitazione alle provvidenze previste dalla legge regionale n.
8 del 1999».
3.– In data 1° giugno 2012 l’Avvocatura
generale dello Stato ha depositato un atto di rinuncia al ricorso limitatamente
all’impugnazione degli artt. 10, 14 e 15 della legge reg. Calabria n. 47 del
2011.
In particolare, la difesa statale ha
preso atto dell’intervenuta emanazione del d.l. n. 16 del 2012, che al comma 4
dell’art. 4, concernente la fiscalità locale, dispone l’abrogazione degli artt.
77-bis, comma 30, e 77-ter, comma 19, del d.l. n. 112 del 2008, nonché
dell’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010. A seguito delle anzidette
modifiche legislative le Regioni e gli enti locali possono deliberare aumenti
di tributi; al contempo, sono fatti salvi i provvedimenti normativi relativi
all’anno di imposta 2012, emanati prima dell’approvazione del d.l. n. 16 del
2012.
Il ricorrente ha, pertanto, ritenuto che
siano venuti meno i motivi d’impugnativa degli artt. 10, 14 e 15.
4.– In data 20 dicembre 2012 la Regione
Calabria ha depositato un atto di accettazione della rinunzia parziale.
5.– In prossimità dell’udienza del 15
gennaio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha depositato una memoria, nella quale –
limitatamente alle questioni promosse nei confronti degli artt. 16, comma 3,
17, 26, 32, 43, 44, 50, 52, comma 4, e 55, comma 1, della legge reg. Calabria n.
47 del 2011 – insiste nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso.
5.1.– In particolare, quanto
all’impugnativa dell’art. 16, comma 3, la difesa statale replica alle obiezioni
della Regione, osservando come, nel caso di specie, non sia necessario individuare
la norma statale violata per sostenere le ragioni del contrasto con la
competenza dello Stato in materia di prescrizione e di azione penale.
In altre parole, la norma impugnata
sarebbe riconducibile ad un ambito materiale in cui la Regione non può dettare
alcuna disciplina, neppure «meramente riproduttiva di quella statale».
5.2.– L’Avvocatura generale dello Stato
replica anche ai rilievi formulati dalla difesa regionale nei confronti delle
censure mosse all’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, osservando
che nessuna incidenza ha sull’odierna questione l’entrata in vigore dell’art. 4
del d.l. n. 16 del 2012. La norma di riferimento, nel presente caso, sarebbe
infatti quella di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011, tuttora in vigore.
Inoltre, non avrebbe rilievo la
circostanza – dedotta dalla controparte – secondo cui la disciplina regionale
non avrebbe avuto ancora materiale attuazione da parte della Giunta regionale.
Secondo il ricorrente, la mancata attuazione non farebbe venir meno l’asserita
illegittimità costituzionale, poiché non escluderebbe né posticiperebbe
l’efficacia della disciplina legislativa adottata in contrasto con gli evocati
parametri costituzionali.
5.3.– L’Avvocatura generale contesta,
inoltre, le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa regionale nei
confronti delle questioni relative all’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47
del 2011, rilevando come, nel caso di specie, non sia necessaria l’indicazione
di specifici parametri interposti, desumibili dalla legislazione statale. In
ogni caso, aggiunge il ricorrente, ciò sarebbe avvenuto con il riferimento al
complesso delle disposizioni recate dal Titolo III del d.lgs. n. 165 del 2001.
La difesa statale concorda, poi, con la
resistente quanto alla necessità che la normativa regionale rispetti i
contratti collettivi nazionali.
Da ultimo, il ricorrente ribadisce la
natura di norma interposta dell’art. 66, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, non
essendovi nella disposizione censurata alcuna specificazione sulla tipologia
del rapporto di impiego delle unità di personale da assumere. Quanto alla
mancata considerazione della consistenza delle strutture prima dell’entrata in
vigore della normativa impugnata, l’Avvocatura generale si limita ad osservare
che dalla lettura dell’art. 26 emerge chiaramente l’intento di aumentare la
consistenza del personale, anche assumendo personale esterno alla pubblica
amministrazione.
5.4.– Con riguardo all’impugnativa
dell’art. 43, la difesa statale rileva l’inutilizzabilità della sentenza n. 185 del
2011, trattandosi di una fattispecie in cui i contributi non erano
destinati ad una singola società individuata dallo stesso legislatore – come
nell’odierno giudizio – ma ad una pluralità di soggetti, molti dei quali privi
del requisito dell’imprenditorialità, con la conseguenza che siffatti
interventi potevano essere ritenuti non idonei ad incidere sugli scambi tra gli
Stati membri e a minacciare o falsare la concorrenza.
Nel caso oggi in esame, invece, i
requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale sarebbero tutti
sussistenti; infatti, a) l’intervento proviene da una articolazione dello Stato
(la Regione) ed è effettuato mediante risorse pubbliche, b) l’intervento incide
indubbiamente sugli scambi tra Stati membri, avendo per oggetto una società
aeroportuale, cioè un soggetto che svolge la propria attività in un settore nel
quale ben possono operare imprese aventi sede in altri Stati membri, c)
l’intervento concede un vantaggio economico al suo beneficiario, che falsa la
concorrenza, trattandosi del conferimento di complessivi euro 438.000.
Sarebbe dunque pienamente soddisfatto
l’onere di allegazione richiesto dalla sentenza n. 185 del
2011.
Nel merito, poi, la circostanza che il
conferimento delle somme avvenga in larga parte con la sottoscrizione da parte
della Regione di una quota di aumento di capitale sociale non esclude, per
l’entità delle stesse, che tale conferimento costituisca comunque aiuto di
Stato.
5.5.– Con riferimento alle censure
promosse nei confronti dell’art. 44 della legge reg. n. 47 del 2011, il
ricorrente richiama quanto già detto in relazione all’art. 43.
5.6.– In riferimento alla questione di
legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria n.
47 del 2011, la difesa statale si limita a rilevare che la semplice pendenza di
un procedimento legislativo, diretto a modificare le disposizioni impugnate,
«non è causa né di inammissibilità né di manifesta infondatezza (sopravvenuta),
né, più in generale, di cessazione della materia del contendere».
5.7.– Quanto alle censure promosse nei
confronti dell’art. 55, comma 1, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011,
l’Avvocatura generale dello Stato, nella memoria depositata in prossimità
dell’udienza, sottolinea come la prospettazione della Regione non meriti di
essere condivisa. A prescindere dall’ambito temporale di riferimento
(2010-2012), l’art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009 costituirebbe
principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, per
quanto riguarda la limitazione percentuale delle nuove assunzioni. Si
tratterebbe, infatti, di una norma che, oltre a fissare limiti quantitativi al
turn over, attribuisce alle pubbliche amministrazioni il potere di bandire
concorsi per le assunzioni.
5.8.– Con riguardo all’art. 32 della
legge reg. Calabria n. 47 del 2011, la difesa statale precisa che l’espressione
contenuta nella disposizione in esame, secondo cui le novità introdotte non
comporterebbero oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale, costituisce
«una mera enunciazione priva di sostanza», a causa dell’«inevitabilità di oneri
economici derivanti da aumenti del personale».
In altre parole, l’Avvocatura generale
dello Stato muove «dal presupposto, sorretto dal requisito dell’evidenza,
dell’impossibilità di assumere unità di personale a costo zero» e ne fa
conseguire la violazione del principio di copertura della spesa «per l’evidente
inefficacia della mera clausola di stile apposta alla disposizione».
5.9.– In merito all’impugnazione
dell’art. 50, il ricorrente insiste nelle conclusioni già rassegnate nel
ricorso ribadendo che la norma censurata realizza una diretta interferenza con
il piano di rientro, il quale ha ad oggetto sia la spesa sanitaria futura, sia,
soprattutto, le modalità per il ripianamento del disavanzo dovuto alla spesa
già sostenuta.
1.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha
promosso questioni di legittimità costituzionale degli articoli 10, 14, 15, 16,
comma 3, 17, 26, 32, 43, 44, 50, 52, comma 4, e 55, comma 1, della legge della
Regione Calabria 23 dicembre 2011, n. 47 (Provvedimento generale recante norme
di tipo ordinamentale e procedurale – Collegato alla manovra di finanza
regionale per l’anno 2012. Articolo 3, comma 4, della legge regionale n.
8/2002), per violazione degli artt. 81, quarto comma, 117, commi primo,
secondo, lettere e) ed l), e terzo, 119, secondo comma, e 120, secondo comma,
della Costituzione.
2.– Preliminarmente, deve essere
rilevato che, in data 1° giugno 2012, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato
atto di rinuncia al ricorso limitatamente all’impugnazione degli artt. 10, 14 e
15 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011. In data 20 dicembre 2012 la
Regione Calabria ha depositato atto di accettazione della rinunzia parziale.
Pertanto, il giudizio di legittimità
costituzionale, limitatamente agli artt. 10, 14 e 15, deve essere dichiarato
estinto (ex plurimis,
sentenze n. 278
e n. 262 del
2012; ordinanza
n. 266 del 2012).
3.– Ancora in via preliminare, deve
essere dichiarata cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del
2011.
L’art. 24 della legge della Regione
Calabria 27 dicembre 2012, n. 69 (Provvedimento generale recante norme di tipo
ordinamentale e finanziario – Collegato alla manovra di finanza regionale per
l’anno 2013) ha sostituito il citato art. 17 eliminando lo specifico profilo
oggetto di censura. A seguito della modifica normativa di cui sopra, l’imposta
regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (IRESA) è stata istituita
come tributo proprio a far data dal 1° gennaio 2013, rispettando così il
termine imposto dall’art. 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68
(Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto
ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni
standard nel settore sanitario).
La norma impugnata, nella sua versione
originaria, è rimasta in vigore dal 28 febbraio al 31 dicembre 2012; non
risulta, però, che in questo lasso di tempo la Giunta regionale abbia disposto
in merito: «a) alle modalità di accertamento, di liquidazione, di riscossione,
di recupero e di rimborso dell’imposta, nonché all’applicazione delle sanzioni;
b) alla eventuale stipulazione di apposite convenzioni con le società di
gestione degli aeroporti, ovvero con i fiduciari di cui all’articolo 7 del
decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1982, n. 1085, per
l’espletamento delle attività di cui alla lettera a)» (secondo quanto previsto
dall’art. 17, comma 7, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, nel testo
antecedente alla sua sostituzione ad opera dell’art. 24 della legge reg.
Calabria n. 69 del 2012).
In definitiva, non risultando che la
norma impugnata, durante il periodo della sua vigenza, abbia avuto
applicazione, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere.
4.– La questione di legittimità
costituzionale riguardante l’art. 16, comma 3, della legge reg. Calabria n. 47
del 2011 è fondata.
4.1.– La suddetta disposizione prevede,
tra l’altro, che l’esercizio dell’azione penale costituisce causa di
interruzione della decorrenza del termine di prescrizione quinquennale previsto
per il recupero dell’imposta sui carburanti per autotrazione.
Secondo il ricorrente, la disposizione
suindicata violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., perché
detta norme in materia di prescrizione e decadenza dei diritti, materia
riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto
inerente, sotto il profilo sostanziale, all’ordinamento civile e penale e,
sotto il profilo processuale, alla definizione delle preliminari di merito
nell’esercizio dell’azione davanti alle giurisdizioni.
4.2.– La norma è chiaramente
riconducibile ad un ambito materiale di esclusiva competenza statale –
l’ordinamento civile e penale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost. – in cui la Regione non può emanare alcuna normativa, anche meramente
riproduttiva di quella statale (sentenze n. 271 del 2009,
n. 153 e n. 29 del 2006).
Non ha pregio pertanto l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa
regionale, secondo la quale il ricorrente avrebbe dovuto indicare la normativa
statale violata. L’illegittimità costituzionale non deriva, infatti, dalla
violazione di una norma interposta, ma dal puro e semplice sconfinamento della
legge regionale in una materia attribuita dalla Costituzione alla competenza
esclusiva dello Stato.
5.– La questione di legittimità
costituzionale relativa all’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è
fondata.
5.1.– La suddetta disposizione
sostituisce il testo dell’art. 7 della legge della Regione Calabria 13 maggio
1996, n. 8 (Norme sulla dirigenza e sull’ordinamento degli Uffici del Consiglio
regionale), con un nuovo testo, nel quale, al comma 4, è previsto: «Il
trattamento economico dei dirigenti di Area Funzionale è definito dall’Ufficio
di Presidenza»; è sostituito inoltre il testo dell’art. 7-bis della legge reg.
Calabria n. 8 del 1996 con un nuovo testo, che stabilisce: «Le strutture
speciali del Segretariato generale e della Direzione generale sono composte
ciascuna da tre unità di personale, di cui due possono essere esterni alla
pubblica amministrazione».
Ad avviso del ricorrente, la prima norma
violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva allo Stato
la materia dell’ordinamento civile e, quindi, la regolamentazione dei rapporti
di pubblico impiego privatizzato regolati dal codice civile e/o dalla
contrattazione collettiva.
La seconda norma violerebbe l’art. 117,
terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la competenza a fissare i principi
fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica.
La stessa norma violerebbe altresì
l’art. 81, quarto comma, Cost., perché, pur prevedendo nuove e maggiori spese
per la sua applicazione, non indicherebbe i mezzi per farvi fronte.
5.2.– La disciplina del trattamento
economico dei dirigenti di area funzionale deve essere ritenuta compresa nella
materia dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva statale, ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Si deve, in proposito,
richiamare l’art. 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche), il quale dispone, al comma 4, che «le pubbliche amministrazioni
adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali e
integrativi»; inoltre il comma 3-quinquies dello stesso articolo aggiunge che
«le Regioni, per quanto concerne le proprie amministrazioni, e gli enti locali
possono destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti
stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di
virtuosità fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in
ogni caso nel rispetto dei vincoli di bilancio e del patto di stabilità e di
analoghi strumenti del contenimento della spesa».
La norma impugnata non provvede allo
stanziamento di eventuali risorse aggiuntive nei limiti sopra indicati, ma
dispone, puramente e semplicemente, che l’intero trattamento economico dei dirigenti
in questione sia determinato dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio
regionale.
Parimenti meritevole di accoglimento è
l’impugnazione proposta nei confronti del citato art. 26, nella parte in cui
novella, nei termini prima riportati, l’art. 7-bis della legge reg. Calabria n.
8 del 1996.
Questa Corte ha ripetutamente affermato
che i limiti di cui all’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30
luglio 2010, n. 122, costituiscono principi fondamentali del coordinamento
della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze
numeri 289, 262, 259, 212 e 173 del 2012).
In particolare, nella norma statale richiamata si stabilisce che, «a decorrere
dall’anno 2011», gli enti pubblici, di cui all’art. 70, comma 4, del d.lgs. n.
165 del 2001 (tra cui le Regioni) «possono avvalersi di personale a tempo
determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata
e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse
finalità nell’anno 2009».
A sua volta, l’art. 2, comma 102, della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) – ripetutamente
modificato, a partire dall’art. 66, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6
agosto 2008, n. 133, e da ultimo dall’art. 14 del decreto-legge 6 luglio 2012,
n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con
invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale
delle imprese del settore bancario), convertito in legge, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135 – dispone che «Per il
quinquennio 2010-2014, le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 523, della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, […] possono procedere, per ciascun anno, previo
effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a
tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente
corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale
cessato nell’anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale
da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20 per cento delle unità
cessate nell’anno precedente».
Di questi limiti non ha tenuto conto il
legislatore regionale, il quale, novellando l’art. 7-bis della legge reg.
Calabria n. 8 del 1996, ha stabilito che le strutture speciali del Segretariato
generale e della Direzione generale del Consiglio regionale siano composte
ciascuna da tre unità di personale, di cui due possono essere esterni alla
pubblica amministrazione. L’illegittimità di tale norma regionale deriva
dall’aver disposto un aumento dell’organico del personale del Consiglio
regionale, prevedendo ulteriori tre unità di personale e prescindendo dal
rispetto dei vincoli posti dalle norme statali sopra richiamate. Il testo
precedente della disposizione era, infatti, il seguente: «La struttura speciale
del Segretariato generale è composta da tre unità di personale, di cui due
possono essere esterni alla pubblica amministrazione».
Il confronto tra le due disposizioni
regionali prima ricordate dimostra l’evidente superamento dei limiti posti
dalla normativa statale di riferimento. Né può valere come argomento a favore
dell’infondatezza della censura la considerazione, formulata dalla difesa
regionale, secondo cui si dovrebbe tener conto dello sdoppiamento
dell’originario Segretariato generale nei nuovi Segretariato generale e
Direzione generale. Tale rilievo, lungi dal fornire sostegno alla richiesta di
rigetto della questione, dimostra, per ammissione della stessa resistente, la
fondatezza della censura relativa al superamento dei limiti imposti dalla
normativa statale di principio.
Si deve ritenere assorbita l’ulteriore
questione di legittimità costituzionale sulla stessa disposizione prospettata
dal ricorrente.
6.– La questione di legittimità
costituzionale concernente l’art. 43 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è
inammissibile.
Il comma 1 della suddetta disposizione
prevede il ripianamento delle perdite relative all’anno 2010 della Società di
Gestione per l’Aeroporto dello Stretto (SO.G.A.S.) S.p.A., con una spesa di
euro 38.000.
Il comma 2 delibera la copertura di
spesa pari a euro 400.000, necessari alla sottoscrizione, da parte della
Regione Calabria, della quota di aumento di capitale della SO.G.A.S. S.p.A.
Secondo il ricorrente, le norme di cui
sopra violerebbero l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con
l’ordinamento comunitario, in quando prevedrebbero misure che presentano le
caratteristiche degli aiuti di Stato, senza che le stesse siano state
notificate alla Commissione europea, ai sensi e per gli effetti dell’art. 108,
par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
6.1.– Questa Corte ha chiarito, in
coerenza con la giurisprudenza comunitaria, che perché si possa riscontrare un
aiuto di Stato devono ricorrere alcuni requisiti minimi: «deve sussistere
intervento dello Stato o di una sua articolazione o comunque effettuato
mediante risorse pubbliche; in secondo luogo, tale intervento deve essere
idoneo ad incidere sugli scambi tra Stati membri; in terzo luogo, l’intervento
deve concedere un vantaggio al suo beneficiario; infine tale vantaggio deve
falsare o minacciare di falsare la concorrenza […]. Non solo, ma la sovvenzione
in questione deve superare i limiti al di sotto dei quali l’intervento può
essere considerato "di importanza minore” (de minimis)
ai sensi del regolamento n. 1998 del 2006 della Commissione del 15 dicembre
2006». La nozione di aiuto di Stato «può ritenersi integrata soltanto ove
sussistano tutti i presupposti previsti [dall’art. 107 del TFUE]» (sentenza n. 185 del
2011).
Il ricorrente non allega alla censura,
basata sull’asserita violazione della normativa comunitaria sugli aiuti di
Stato, elementi di valutazione sufficienti ad operare quel limitato
accertamento che, ai sensi dell’art. 108 TFUE, spetta ai giudici nazionali – e
quindi anche a questa Corte – per verificare l’inosservanza dell’obbligo di
notifica alla Commissione europea imposto dall’art. 108, par. 3, TFUE. La
difesa statale si limita a sostenere che i requisiti minimi di cui sopra
«devono essere ritenuti sussistenti in via di evidenza; evidenza che risulta da
sola sufficiente a soddisfare l’onere di allegazione indicato dalla […]
giurisprudenza costituzionale». Invero non di concrete allegazioni si tratta,
ma di mere asserzioni del ricorrente, che, per la loro genericità, non
consentono di valutare se, nella fattispecie, si possa parlare in senso proprio
di un aiuto di Stato, anche in relazione al regime "de minimis”
della normativa europea (con riferimento al comma 1 dell’impugnato art. 43, che
prevede una spesa di euro 38.000).
7.– La questione di legittimità
costituzionale dell’art. 44 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è
parimenti inammissibile per genericità.
7.1.– La disposizione impugnata dispone
il contributo regionale straordinario di euro 150.000 a parziale copertura
delle spese relative alle mensilità arretrate per il personale dell’Ente Fiera
di Cosenza.
Anche in questo caso, il ricorrente
asserisce che la norma prima indicata abbia le caratteristiche dell’aiuto di
Stato, la cui compatibilità deve essere rimessa alla valutazione della
Commissione europea, previa notifica alla stessa, nella specie non prevista.
Il ricorrente non fornisce tuttavia
alcun elemento di valutazione in ordine alle ragioni per le quali il contributo
di cui sopra costituirebbe aiuto di Stato, pur essendo inferiore alla soglia
minima di euro 200.000 in un triennio, indicata dall’art. 2 del regolamento n.
1998 del 2006 della Commissione. Nel ricorso, peraltro, non si trova alcun
riferimento ad eventuali contributi corrisposti allo stesso soggetto nel
medesimo triennio.
8.– La questione di legittimità
costituzionale relativa all’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria n. 47
del 2011 è fondata.
8.1.– Con la norma censurata si
autorizza la Giunta regionale a «rinnovare fino al 31.12.2012, a domanda
dell’interessato, i contratti di collaborazione al personale già assegnato
all’Osservatorio del Turismo, attualmente in servizio presso il Dipartimento
Turismo, Sport, Spettacolo e Politiche Giovanili per la gestione del sistema
informativo turistico».
Il ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza
esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile, nella quale rientra
anche la regolamentazione delle modalità di affidamento e rinnovo dei contratti
di collaborazione, e del terzo comma dello stesso articolo, che riserva allo
Stato la fissazione dei principi in materia di coordinamento della finanza
pubblica, in concreto dettati dall’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001
e dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010.
La resistente comunica che è in corso
l’iter di approvazione di una legge regionale integralmente sostitutiva
dell’impugnato comma 4 dell’art. 52 ed aggiunge che, se tale proposta sarà
definitivamente approvata dal Consiglio regionale, potrà essere dichiarata
l’infondatezza della questione relativa.
La difesa statale obietta che la
semplice pendenza di un procedimento legislativo non è causa di inammissibilità
del ricorso né di cessazione della materia del contendere.
8.2.– Preliminarmente, si deve rilevare
che il procedimento legislativo regionale di cui al paragrafo precedente non è,
al momento, giunto a conclusione e che, pertanto, nessuna incidenza può avere
lo stesso sul presente giudizio.
Nel merito, si deve osservare che la
disciplina impugnata rientra nella materia dell’ordinamento civile, attribuita
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Questa Corte ha già
affermato che sono costituzionalmente illegittime le norme regionali che
autorizzano le amministrazioni a disporre la proroga di contratti di collaborazione,
in quanto «una simile disposizione, attenendo ad uno degli aspetti della
disciplina (di diritto privato) di tali contratti, vale a dire la loro durata,
incide[va] sulla materia dell’ordinamento civile» (sentenza n. 289 del
2012; in senso conforme, sentenza n. 170 del
2011).
Si deve ritenere assorbito l’ulteriore
profilo di illegittimità costituzionale prospettato del ricorrente.
9.– La questione di legittimità
costituzionale riguardante l’art. 55, comma 1, della legge reg. Calabria n. 47
del 2011 è fondata.
9.1.– La disposizione impugnata modifica
il termine finale per l’attuazione del piano di stabilizzazione del personale
appartenente alla categoria dei lavoratori socialmente utili, precedentemente
previsto per il 31 dicembre 2011, posticipandolo al 31 dicembre 2014.
Il ricorrente ritiene che la norma
citata sia costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, terzo
comma, Cost., che riserva allo Stato la fissazione dei principi in materia di
coordinamento della finanza pubblica, in concreto dettati dall’art. 17, comma
10, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga
di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 3 agosto 2009, n. 102.
9.2.– Questa Corte ha già affermato,
proprio con riferimento ad un’analoga previsione legislativa della Regione Calabria,
che le norme statali in tema di stabilizzazione dei lavoratori precari
costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, di
cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenza n. 310 del
2011).
Deve essere disattesa l’obiezione,
avanzata dalla difesa regionale, secondo cui la norma statale interposta (art.
17, comma 10, d.l. n. 78 del 2009) si applicherebbe solo al triennio 2010-2012
e non anche al 2013 e al 2014. Tale eccezione si fonda su una erronea
interpretazione del dato legislativo. Infatti, lo scopo perseguito dal
legislatore statale è quello di consentire, nel triennio 2010-2012, la
stabilizzazione dei precari nelle amministrazioni pubbliche, mediante la
previsione di una riserva di posti in concorsi banditi per assunzioni a tempo
indeterminato. La ratio dell’intervento legislativo statale è pertanto quella
di favorire l’assorbimento del precariato nelle pubbliche amministrazioni. Lo
scopo perseguito dal legislatore regionale, con la norma impugnata, è invece
diametralmente opposto; infatti si dispone la proroga al 2014 del termine
finale di stabilizzazione dei precari, con l’effetto di sfuggire ai limiti
prescritti dalla normativa statale. Pertanto, se l’eccezione della difesa
regionale fosse accolta, si legittimerebbe anche per il futuro una prassi delle
Regioni, le quali, anziché rispettare i vincoli statali, si limitassero in modo
illegittimo – come nel caso oggetto del presente giudizio – a prorogare la
stabilizzazione di precari assunti sulla base di leggi regionali che non
avevano previsto i limiti di cui sopra.
10.– La questione di legittimità
costituzionale avente ad oggetto l’art. 32 della legge reg. Calabria n. 47 del
2011 è fondata.
10.1.– La disposizione censurata apporta
modifiche all’art. 1 della legge della Regione Calabria 7 dicembre 2007, n. 26
(Istituzione dell’Autorità regionale denominata "Stazione Unica Appaltante” e
disciplina della trasparenza in materia di appalti pubblici di lavori, servizi
e forniture), ed in particolare: modifica il comma 4 dell’art. 1, prevedendo
l’incremento da una a tre delle "sezioni tecniche” della Stazione unica
appaltante (SUA); introduce il comma 4-bis nel medesimo art. 1, disponendo che
«per ogni sezione tecnica è […] previsto un dirigente equiparato a quello di
servizio della Giunta regionale»; introduce l’ulteriore comma 4-ter, il quale
dispone che «Il Direttore generale della Stazione Unica Appaltante è
autorizzato ad apportare le relative modifiche al regolamento di
organizzazione, in deroga a quanto previsto al comma 1 dell’articolo 2».
Il ricorrente ritiene che le norme ora
citate violino l’art. 81, quarto comma, Cost., perché, incrementando da una a
tre le "sezioni tecniche” della Stazione Unica Appaltante, per l’acquisizione
di beni e servizi nell’ambito sanitario regionale, e prevedendo l’assunzione di
tre dirigenti, ometterebbero di quantificare gli inevitabili oneri derivanti
dall’istituzione delle nuove sezioni tecniche (e, in particolare, dal costo del
personale necessario al funzionamento delle stesse) e di individuare i relativi
mezzi di copertura.
10.2.– Il legislatore calabrese,
aumentando da una a tre le sezioni tecniche, ha previsto nell’organico
regionale due nuove figure di dirigenti, con il conseguente obbligo di
ricoprire queste sopravvenute carenze dell’organico stesso. Nessuna indicazione
contiene la norma impugnata sui mezzi per far fronte alle maggiori spese
derivanti da tale incremento.
La previsione dell’assenza di oneri
aggiuntivi a carico del bilancio regionale, contenuta nel comma 1 della
disposizione impugnata, – ritenuta dalla difesa regionale sufficiente ad
escludere la violazione del parametro costituzionale evocato dal ricorrente –
costituisce una mera clausola di stile, priva di sostanza, in quanto né il
testo della disposizione né la difesa regionale forniscono alcuna spiegazione
del modo in cui si potranno affrontare le inevitabili spese derivanti da un
aumento di organico, senza incidere sul bilancio. Questa Corte ha già chiarito
che la copertura di nuove spese «deve essere credibile, sufficientemente
sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che
si intende effettuare in esercizi futuri» (sentenza n. 213 del
2008). A ciò deve aggiungersi che «La mancanza o l’esistenza di un onere si
desume dall’oggetto della legge e dal contenuto di essa» (sentenza n. 115 del
2012).
Nel caso di specie, sia l’oggetto della
norma impugnata, sia il contenuto della stessa dimostrano l’inevitabilità di
nuove e maggiori spese a carico del bilancio regionale, delle quali non si
indicano i mezzi di copertura.
11.– La questione di legittimità
costituzionale dell’art. 50 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è fondata.
11.1.– La norma censurata dispone la
copertura finanziaria dei debiti contratti dalla Regione nei confronti dei
beneficiari della legge della Regione Calabria 29 marzo 1999, n. 8 (Provvidenze
in favore di soggetti affetti da particolari patologie).
Il ricorrente ritiene che la
disposizione impugnata violi: a) l’art. 120, secondo comma, Cost., perché
l’applicazione di tale norma comporterebbe una interferenza con l’esercizio
delle funzioni del Commissario ad acta, nominato ai sensi dell’art. 120,
secondo comma, Cost. ed incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal
disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione Calabria;
b) l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la fissazione dei
principi in materia di coordinamento della spesa pubblica sanitaria; c) l’art.
81, quarto comma, Cost., perché ometterebbe di quantificare gli inevitabili
oneri derivanti dalla sua applicazione, e di individuare i relativi mezzi di
copertura finanziaria.
11.2.– La norma censurata, assicurando
la copertura finanziaria di debiti pregressi contratti dalla Regione, incide
sul già deficitario bilancio regionale della spesa sanitaria, con ciò interferendo
in modo evidente con l’operato del Commissario. In termini simili si è
pronunciata questa Corte, in relazione ad una legge della stessa Regione
Calabria: ogni intervento che possa aggravare il disavanzo sanitario regionale,
«avrebbe l’effetto di ostacolare l’attuazione del piano di rientro e, quindi,
l’esecuzione del mandato commissariale. Ne deriva, perciò, la violazione
dell’art. 120, secondo comma, Cost.» (sentenza n. 131 del
2012).
Si devono ritenere assorbite le altre
censure di legittimità costituzionale prospettate dal ricorrente.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 3, della legge della
Regione Calabria 23 dicembre 2011, n. 47 (Provvedimento generale recante norme
di tipo ordinamentale e procedurale – Collegato alla manovra di finanza
regionale per l’anno 2012. Articolo 3, comma 4, della legge regionale n.
8/2002);
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47 del
2011, nella parte in cui novella gli artt. 7, comma 4, e 7-bis della legge
della Regione Calabria 13 maggio 1996, n. 8 (Norme sulla dirigenza e
sull’ordinamento degli Uffici del Consiglio regionale);
3)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 32 della legge reg.
Calabria n. 47 del 2011;
4) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 50 della legge reg. Calabria n. 47 del
2011;
5) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria
n. 47 del 2011;
6) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 55, comma 1, della legge reg.
Calabria n. 47 del 2011;
7) dichiara
estinto il processo limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 10, 14 e 15 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011;
8) dichiara
cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, promosse,
in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma,
della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso
indicato in epigrafe;
9) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 della
legge reg. Calabria n. 47 del 2011, promossa, in riferimento all’art. 117,
primo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso
indicato in epigrafe;
10) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 44 della
legge reg. Calabria n. 47 del 2011, promossa, in riferimento all’art. 117,
primo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso
indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 febbraio
2013.