SENTENZA N. 259
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 7 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 17 maggio 2011, n. 4 (Modifiche dell’ordinamento e delle norme in materia di personale della Regione e delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e Bolzano), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 29 luglio-3 agosto 2011, depositato in cancelleria il 5 agosto 2011 ed iscritto al n. 77 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol;
udito nell’udienza pubblica del 9 ottobre 2012 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Daria De Petris e Luigi Manzi per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Ritenuto in fatto
1.–– Con ricorso spedito per la notifica il 29 luglio 2011, ricevuto il 3 agosto 2011 e depositato il successivo 5 agosto, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, in relazione all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, l’articolo 7 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 17 maggio 2011, n. 4 (Modifiche dell’ordinamento e delle norme in materia di personale della Regione e delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e Bolzano), nella parte in cui introduce l’art. 7-quater nella legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol 21 luglio 2000, n. 3 (Norme urgenti in materia di personale), ritenendolo in contrasto con l’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
1.1.–– Il citato art. 7-quater stabilisce, al comma 1, che «La Regione e le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento e di Bolzano possono stipulare contratti di lavoro a tempo determinato nei casi e secondo le procedure stabilite dal regolamento previsto dall’articolo 5, comma 5, della legge regionale 21 luglio 2000, n. 3 e nel rispetto delle disposizioni previste dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368».
La norma in esame, secondo il ricorrente, non rispetterebbe il limite previsto dal comma 28 dell’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010 – disposizione espressamente qualificata come principio generale di coordinamento della finanza pubblica – il quale prevede che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni, o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.
Pertanto, la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con la ricordata normativa statale, espressione di principi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica.
2.–– Si è costituita in giudizio la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol contestando sia l’ammissibilità che la fondatezza del ricorso governativo.
2.1.–– La difesa regionale, dopo aver riportato il testo dell’art. 7-quater della legge regionale n. 3 del 2000, sottolinea come tale disposizione si limiti a disciplinare le modalità di assunzione del personale a tempo determinato. Essa verrebbe ad affidare ad un regolamento – «e non più al contratto collettivo secondo i principi della c.d. “riforma Brunetta” [decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni)]» – il compito di definire i casi in cui è possibile ricorrere a tali assunzioni.
2.2.–– Il Presidente del Consiglio dei ministri – prosegue la difesa regionale – ha impugnato la disposizione nella parte in cui la stessa non riprodurrebbe, per i contratti a tempo determinato, il limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009, limite fissato, appunto, dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010.
Secondo la Regione resistente, però, il Governo non tiene conto della circostanza che limiti per le assunzioni a tempo determinato sono già stati fissati dall’art. 2, comma 7, lettera d), della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 14 dicembre 2010, n.4(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Trentino-Alto Adige – legge finanziaria 2011), che ha recepito i principi dell’art. 9, comma 28, del citato decreto-legge.
2.2.1.–– Precisa, altresì, la Regione che la scelta operata dal legislatore regionale è stata, peraltro, compiuta in conformità a quanto disposto dall’art. 79 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), recentemente modificato con l’art. 2, comma 107, lettera h), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010).
Secondo tale disposizione, infatti, l’adeguamento della finanza regionale agli obblighi di perequazione e di solidarietà e all’esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti, nonché agli obblighi di carattere finanziario fissati sia dal patto di stabilità interno, sia dall’ordinamento comunitario, sia da altre misure di coordinamento della finanza pubblica previste dalla normativa dello Stato, non deve avvenire attraverso il recepimento delle regole statali o comunitarie, bensì «attraverso l’adozione di disposizioni regionali che adeguano la legislazione regionale ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5 dello Statuto di autonomia».
Citano, al riguardo, il comma 4 del citato art. 79 che testualmente prevede che «Le disposizioni statali relative (...) al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilità interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo. La regione e le province provvedono alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5».
Di conseguenza, pur ammettendo che il comma 28 dell’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010 esprima un principio generale di contenimento della spesa pubblica al quale la Regione deve adeguarsi, non può che ritenersi che tale adeguamento debba avvenire con le modalità e nei termini che la Regione deve poter determinare nel dettaglio, nell’esercizio della sua autonomia normativa applicativa, e non deve pertanto concretizzarsi – conclude la resistente – in una pedissequa riproduzione del dettato della normativa statale.
2.2.2.–– Inoltre, ricorda la Regione, anche l’art. 2 della legge regionale n. 4 del 2010 – norma della cui costituzionalità non si è dubitato, tanto che non è stata impugnata dallo Stato – al comma 13, prevede che «Le misure di contenimento della spesa e di razionalizzazione organizzativa tengono luogo, per la Regione, delle specifiche disposizioni previste dal d.1. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla l. 122/2010». Ciò dimostra l’inesistenza della violazione lamentata dal Governo.
2.3.–– Conclusivamente, la difesa del Trentino-Alto Adige/Südtirol sottolinea come la disposizione impugnata «abbia portata di disciplina generale della possibilità di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato, a fronte della quale potranno essere assunte previsioni specifiche, sempre nel rispetto dei principi della disciplina statale di contenimento così come tradotti nella legislazione regionale».
3.–– In data 12 febbraio 2012, la Regione resistente ha depositato una memoria nella quale ha sostanzialmente ribadito le argomentazioni svolte nell’atto di costituzione, insistendo nella richiesta che il ricorso venga respinto perché non fondato.
3.1.–– Infine, in prossimità dell’udienza pubblica, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha depositato ulteriore memoria in cui, insistendo per la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale in esame, ha ribadito che, in virtù del disposto del novellato art. 79 del d.P.R. n. 670 del 1972, gli obblighi relativi al patto di stabilità interno che gravano sulla Regione sono fissati esclusivamente dall’accordo previsto dal comma 3 di tale articolo.
Alla luce di questa modifica statutaria – prosegue la resistente – risulta che il concorso della Regione autonoma agli obiettivi di finanza pubblica posti dall’Unione europea, dal patto di stabilità interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica deve avvenire mediante modalità da concordare pattiziamente, cioè mediante accordi tra la Regione e lo Stato, come del resto avviene a partire dal 2010. In proposito, la Regione autonoma ricorda di aver provveduto ad inviare, il 28 marzo 2011, la sua proposta di patto di stabilità interno per il 2011 al Ministro dell’economia e delle finanze il quale ha comunicato il suo assenso in data 15 giugno 2011, raggiungendo pertanto l’accordo. Di tale documentazione la resistente Regione ha prodotto copia in giudizio.
Poiché negli accordi intercorsi con lo Stato – conclude la difesa regionale – il parametro interposto, espressione di principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica che il Governo ritiene violati, non risulta contemplato, questo non può, dunque, applicarsi alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Considerato in diritto
1.–– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in riferimento all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, l’articolo 7 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 17 maggio 2011, n. 4 (Modifiche dell’ordinamento e delle norme in materia di personale della Regione e delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e Bolzano), nella parte in cui introduce l’art. 7-quater, comma 1, nella legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol 21 luglio 2000, n. 3 (Norme urgenti in materia di personale), in quanto esso si pone in contrasto con l’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
2.–– L’art. 7-quater, comma 1, della legge regionale n. 3 del 2000, introdotto dalla disposizione regionale impugnata, stabilisce che: «La Regione e le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento e di Bolzano possono stipulare contratti di lavoro a tempo determinato nei casi e secondo le procedure stabilite dal regolamento previsto dall’articolo 5, comma 5 della legge regionale 21 luglio 2000, n. 3 e nel rispetto delle disposizioni previste dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368».
2.1.–– Ad avviso del ricorrente, la norma regionale denunciata violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché essa si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica dettati dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, là dove questo impone, a partire dal 2011, alle pubbliche amministrazioni di ricorrere alle assunzioni a tempo determinato, o con convenzioni, ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, fissando il limite di spesa del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009.
Più in particolare, la disposizione assunta quale parametro interposto che si ritiene violato, nel testo in vigore al momento della proposizione del ricorso e per la parte che qui interessa, stabilisce che: «A decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni, fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009».
Tale norma, secondo la resistente, disciplinerebbe, invece, esclusivamente le ipotesi in cui è consentito alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e alle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento e di Bolzano, di ricorrere all’assunzione del personale a tempo determinato, la cui individuazione – in parziale difformità da quanto disposto dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), il quale, dopo le modifiche introdotte dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, recante «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni» (la c.d. “riforma Brunetta”), delega questo potere regolativo alla contrattazione collettiva – è rinviata ad un regolamento, previsto dalla medesima legge regionale n. 3 del 2000 (precisamente all’art. 5, comma 5) nonché nel rispetto delle disposizioni previste dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICEF, dal CEEP e dal CES).
Dopo la proposizione del presente ricorso, il comma 28 dell’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010 è stato modificato dall’art. 4, comma 102, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), con cui il legislatore statale ha integrato l’elenco delle amministrazioni soggette al limite previsto dalla norma impugnata, inserendovi espressamente le Camere di commercio e gli enti locali.
Tale modifica – operativa dal 1° gennaio 2012, secondo quanto fissato dall’art. 36 della legge n. 183 del 2011 – non incide sui termini della presente questione come risultano dal ricorso in esame, in quanto non tocca la sostanza precettiva della norma oggetto delle censure del ricorrente.
3.–– La questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 7 della legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 4 del 2011 non è fondata, in quanto il ricorrente ha erroneamente interpretato la disposizione regionale oggetto di impugnativa.
4.–– Questa, infatti – nell’introdurre l’art. 7-quater nella legge regionale n. 3 del 2000, censurato perchè non riprodurrebbe per i contratti a tempo determinato il limite del 50 per cento della spesa sostenuta per lo stesso scopo nell’anno 2009, secondo quanto stabilito dal comma 28 dell’art. 9 del d.l. n. 78 del 20010 – viene a disciplinare le ipotesi in cui è legittimo il ricorso all’assunzione, da parte della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento e di Bolzano, di personale a tempo determinato e non viene ad individuare il limite massimo di spesa relativo ai contratti a termine di cui sarebbe possibile la stipulazione.
Invero, questo ultimo aspetto – come anche evidenziato dalla difesa regionale sia nel suo atto di costituzione che nella successiva memoria – è disciplinato da altra norma regionale (non impugnata a suo tempo dal Governo) e, precisamente, dall’art. 2, comma 7, lettera d), della legge regionale Trentino-Alto Adige/Südtirol 14 dicembre 2010, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Trentino-Alto Adige – legge finanziaria 2011), il quale prevede che: «Ai fini del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 79 dello Statuto di autonomia, la Giunta definisce con proprie deliberazioni le azioni di contenimento della spesa». Ed in particolare, alla lettera a) dove prevede che «le assunzioni a tempo determinato sono disposte nel limite massimo del 30 per cento dei posti vacanti alla data del 1° gennaio di ogni anno. Da tale limite sono escluse le assunzioni a tempo determinato per far fronte agli impegni assunti con l’accordo di programma con il Ministero della giustizia, per il funzionamento degli organi politici di cui agli articoli 18 e 19 della legge regionale 9 novembre 1983, n. 15 e successive modificazioni “Ordinamento degli uffici regionali e norme sullo stato giuridico e trattamento economico del personale” e per la sostituzione del personale assente».
4.1.–– Come emerge dalla lettura coordinata della disposizione sopra trascritta e della norma regionale censurata, si può agevolmente constatare che l’art. 2, comma 7, lettera d), della legge regionale Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 4 del 2010, viene a determinare la percentuale dei contratti a termine stipulabili (nella misura del 30 per cento dei posti vacanti disponibili alla data del 1° gennaio di ogni anno), mentre la disposizione impugnata – stabilendo di affidare ad un regolamento il compito di individuare i casi in cui è legittimo ricorrere all’assunzione di personale a tempo determinato – si limita a disciplinare esclusivamente le ipotesi in cui è possibile assumere personale con tale tipologia contrattuale.
Alla luce di tali dati, desunti dall’analisi testuale delle due norme sopra riportate, si rivela fallace l’interpretazione del ricorrente relativamente a quanto il legislatore regionale ha inteso stabilire con la disposizione che viene qui censurata, con conseguente errata individuazione della norma statale interposta presa a riferimento della violazione del parametro costituzionale, e, quindi, dello stesso presupposto normativo del ricorso.
5.–– Pertanto, poiché la normativa regionale impugnata, se correttamente interpretata, non è volta ad eludere il limite percentuale dei contratti a tempo determinato stipulabili dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento e di Bolzano, così come fissato dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, ma disciplina le ipotesi in cui si può fare ricorso all’assunzione del personale a tempo determinato, essa non contrasta con il principio di coordinamento della finanza pubblica espresso dal citato comma 28. Difatti, la disposizione regionale impugnata, assunta nel suo corretto significato, è inconferente rispetto al vizio denunciato con riferimento alla citata normativa interposta.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (ex multis: sentenze n. 226, n. 189 e n. 71 del 2012; n. 182 e n. 122 del 2011), l’erroneità della premessa interpretativa da cui muove il ricorrente circa la ratio e la portata normativa della disposizione censurata, rende privi di fondamento sia il lamentato contrasto con l’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 sia, conseguentemente, la violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, comportando la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 4 del 2011.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 7 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 17 maggio 2011, n. 4 (Modifiche dell’ordinamento e delle norme in materia di personale della Regione e delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e Bolzano), promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 novembre 2012.