SENTENZA N. 212
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo
Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI
”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli
articoli 4, commi 5, 10 e 11, 5, commi 1 e 5, 6, commi da 1 a 6 e 8, 9, commi 3
e 6, e 10 della legge della Regione Sardegna 4 agosto 2011, n. 16 (Norme in
materia di organizzazione e personale), promosso dal Presidente del Consiglio
dei ministri con ricorso notificato il 12-14 ottobre 2011, depositato in
cancelleria il 20 ottobre 2011 ed iscritto al n. 123 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma
Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 19 giugno 2012 il Giudice
relatore Luigi Mazzella;
uditi l’avvocato dello Stato Barbara Tidore
per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna.
Ritenuto
in fatto
1.– Con ricorso notificato il 12 ottobre 2011,
depositato in cancelleria il 14 ottobre 2011 e iscritto al n. 123 del registro
ricorsi dell’anno 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra l’altro,
questioni di legittimità costituzionale degli articoli 4, commi 5, 10 e 11, 5,
commi 1 e 5, 6, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8, 9, commi 3 e 6, e 10, della legge
della Regione Sardegna 4 agosto 2011, n. 16 (Norme in materia di organizzazione
e personale), in riferimento agli articoli 3, 51, 81, quarto comma, 97, 117,
secondo comma, lettere l) e o), e terzo comma, della Costituzione e degli
articoli 3, 4 e 5 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto
speciale per la Sardegna).
1.1.– Il ricorrente afferma che le disposizioni
regionali impugnate, da un lato, violano gli artt. 3, 4, 5 della legge cost. n.
3 del 1948, perché non sono rispettose dell’elencazione tassativa, contenuta
nelle predette norme statutarie, delle materie nelle quali la Regione ha
potestà legislativa e, dall’altro, sono autonomamente viziate per contrasto con
molteplici parametri costituzionali.
1.2.– In particolare, poi, l’art. 4, comma 5, della
legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, il quale prevede la possibilità per
l’amministrazione regionale, gli enti e le agenzie regionali, di attribuire
incarichi dirigenziali a dipendenti della categoria D che siano in possesso dei
requisiti per l’accesso alla relativa qualifica, contrasterebbe con gli artt. 3
e 97 della Costituzione. Infatti, ad avviso della difesa dello Stato, la norma
impugnata introduce un sistema (seppure temporaneo) di copertura delle
posizioni dirigenziali che prescinde dallo svolgimento di un concorso pubblico
e deroga ai principi generali in tema di accesso alle qualifiche, selezione del
personale e svolgimento del rapporto, con conseguente pregiudizio delle
finalità, costituzionalmente tutelate, di ragionevolezza, imparzialità e buon
andamento della pubblica amministrazione.
Lo stesso art. 4, comma 5, lederebbe anche l’art.
81, quarto comma, Cost., poiché non indica i mezzi per far fronte alla nuova
spesa, né quantifica gli oneri richiesti per la copertura delle posizioni
dirigenziali o predetermina il numero dei costituendi rapporti di lavoro. Ad
avviso del ricorrente, l’unico limite contemplato nella disposizione impugnata
(quello secondo cui la speciale forma di reclutamento prevista dalla norma può
essere utilizzata fino all’espletamento dei concorsi pubblici per l’accesso
alla qualifica dirigenziale e comunque non oltre due anni) non consente di
stimare l’onere finanziario derivante dalla disposizione impugnata.
1.3.– In riferimento all’art. 4, comma 10, della
legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, il quale prevede l’assunzione a tempo
determinato, nell’organico dei consorzi di bonifica, del personale che abbia
prestato attività lavorativa, con contratti a termine, per le opere trasferite
all’Ente acque della Sardegna (ENAS), per almeno centottanta giornate
lavorative nei tre anni decorrenti dal 10 gennaio 2008, il Presidente del
Consiglio dei ministri sostiene che esso violerebbe l’art. 117, terzo comma,
della Costituzione.
Infatti, esso si porrebbe in contrasto con il
principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica
espresso dall’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica), convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge
30 luglio 2010, n. 122, in virtù del quale, a decorrere dall’anno 2011, le
amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o
con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa,
nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità
nell’anno 2009. Invece la norma impugnata prevede una forma di assunzione a
tempo determinato nell’organico dei consorzi di bonifica, senza richiamare il
predetto limite massimo imposto dalla normativa statale.
1.4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri
impugna anche l’art. 4, comma 11, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, il
quale dispone la proroga fino al 31 dicembre 2012 di un progetto comportante il
reclutamento di personale archivistico qualificato. Tale norma, implicando
l’introduzione di nuove spese, violerebbe l’art. 81, quarto comma, Cost.,
perché non contiene l’indicazione della necessaria copertura finanziaria.
1.5.– Il ricorrente deduce, poi, l’illegittimità
dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, per violazione
dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione. Tale norma regionale,
nell’introdurre l’incremento della dotazione organica del Corpo forestale di
vigilanza ambientale nella misura di 20 unità senza prevedere contestualmente
alcuna riduzione di spesa in altri settori, risulterebbe in contrasto con il
principio di coordinamento della finanza pubblica dettato dall’articolo 1,
comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), a
mente del quale «Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al
rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di
stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo
degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, con esclusione
degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della
dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell’ambito della
propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti
prioritari di intervento: a) riduzione dell’incidenza percentuale delle spese
di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale
reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile;
b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative,
anche attraverso accorpamenti di uffici con l’obiettivo di ridurre l’incidenza
percentuale delle posizioni dirigenziali in organico; c) contenimento delle
dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto
delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali».
1.6.– Il ricorrente afferma, inoltre, che l’art. 5, comma
5, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011 introduce nella legge della Regione
Sardegna 5 novembre 1985, n. 26 (Istituzione del Corpo forestale e di vigilanza
ambientale della Regione sarda), l’art. 22-bis, i cui commi 2, 3, 4 e 5
delineano una speciale ipotesi di inquadramento, riservato alla qualifica
dirigenziale, per il personale del Corpo forestale che svolga funzioni
dirigenziali. Ad avviso della difesa dello Stato, una simile modalità di
reclutamento, costituendo una deroga al principio dell’accesso ai pubblici
impieghi mediante selezione concorsuale, contrasta con i canoni costituzionali
di parità di trattamento, buon andamento ed imparzialità della pubblica
amministrazione enunciati dagli artt. 3 e 97 della Costituzione.
1.7.– Il Presidente del Consiglio dei ministri
impugna anche l’art. 6, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, della legge reg. Sardegna n.
16 del 2011.
Tali norme dispongono, rispettivamente: che entro il
30 marzo di ogni anno l’Assessore del personale, affari generali e riforma
della Regione presenta alla competente Commissione consiliare una relazione
sull’applicazione dell’articolo 3, comma 1, della legge della Regione Sardegna
7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale), il
quale impone, quale limite massimo delle assunzioni di personale a tempo
determinato, il 3 per cento della dotazione organica e che, al fine di
verificare il rispetto di tale limite, la relazione prende in considerazione
tutte le forme di lavoro a termine, o con forme contrattuali flessibili o
atipiche, ivi compresa quella interinale (comma 1); che, nel rispetto delle
effettive necessità delle amministrazioni e delle relative dotazioni organiche,
i posti riservati di cui all’art. 7, comma 2, della legge della Regione
Sardegna 19 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale della Regione – legge finanziaria 2011), inseriti nel
programma di reclutamento 2010-2012, sono coperti mediante concorso per titoli
e colloquio, salvo che per le ipotesi alle quali si applica la disciplina
dell’art. 36, comma 2, ultimo periodo, prima parte, della legge della Regione
Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale della Regione – legge finanziaria 2007) e che a tale
concorso è ammesso a partecipare il personale precario dell’amministrazione
regionale, delle agenzie e degli enti di cui alla legge della Regione Sardegna
13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e
dell’organizzazione degli uffici della Regione), ivi compreso quello di cui
all’art. 1, comma 2, della legge della Regione Sardegna 21 giugno 2010, n. 12
(Proroga della gestione liquidatoria dell’ESAF) ferme
restando le esclusioni di cui all’art. 36, comma 2, terzo periodo, della legge
regionale n. 2 del 2007 e quella del personale dirigenziale che, alla data di
entrata in vigore della presente legge, abbia svolto in forza di contratto di
lavoro a termine o con forme contrattuali flessibili o atipiche, attività anche
non continuativa presso le citate amministrazioni e anche in parte presso enti
locali, per il periodo prescritto dall’articolo 36 della legge regionale n. 2
del 2007 (comma 2); che la previsione di cui all’art. 2, comma 40, della legge
della Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori
economico e sociale), «si applica utilizzando i posti vacanti nella pianta
organica dell’Agenzia LAORE approvata con la Delib. G.R. 17 luglio 2007, n. 27/13 e con la Delib.
G.R. 20 dicembre 2008, n. 73/1» (comma 3); che, ai sensi
dell’art. 5 della legge 28 ottobre 1999, n. 410 (Nuovo ordinamento dei consorzi
agrari), con deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore
dell’agricoltura e riforma agro-pastorale, acquisito il parere della competente
Commissione consiliare, è approvato un piano di collocazione del personale
dipendente dei consorzi agrari della Sardegna in liquidazione coatta
amministrativa, già collocati in mobilità collettiva, presso l’Amministrazione
regionale, gli enti di cui alla legge n. 31 del 1998 e le agenzie, nel rispetto
delle effettive necessità delle amministrazioni e delle relative dotazioni
organiche (comma 4); che le previsioni di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4 si
applicano nel rispetto dei limiti delle rispettive piante organiche e delle
effettive necessità, con facoltà dell’Amministrazione, degli enti e delle
agenzie di provvedere alla trasformazione senza aumento di spesa dei profili
funzionali esistenti in altri occorrenti di pari o inferiore livello e che tale
disposizione si applica anche per le procedure di stabilizzazione delle agenzie
agricole regionali (comma 5); che i finanziamenti di cui all’art. 4, comma 30,
della legge della Regione Sardegna 14 maggio 2009, n. 1 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – legge finanziaria
2009), sono assicurati nella misura del 100 per cento del costo del lavoro e
del 5 per cento per i costi generali e relativi alle attrezzature e che per
tali finalità è autorizzata l’ulteriore spesa di euro 2.000.000 per ciascuno
degli anni 2011 e 2012 (comma 6).
Ad avviso della difesa dello Stato, le predette
disposizioni vìolano gli artt. 3, 51 e 97 della
Costituzione. Infatti, esse sono volte a regolare una forma riservata di
reclutamento del personale, i cui destinatari sono soggetti che hanno già
prestato attività a tempo determinato alle dipendenze dell’amministrazione
regionale. Ciò in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha
escluso che tale requisito possa legittimare una riserva di posti in deroga
alla regola del pubblico concorso (l’Avvocatura generale dello Stato menziona,
al riguardo, le sentenze n. 235 del 2010
e n. 205 del
2006).
1.8.– Il ricorrente deduce l’illegittimità
costituzionale anche dell’art. 6, comma 8, della legge reg. Sardegna n. 16 del
2011, il quale dispone che «Nelle more di una rivisitazione organica della
disciplina del personale dei Centri servizi per il lavoro (CSL) e dei Centri
servizi inserimento lavorativo (CESIL) e agenzie di sviluppo locale di cui
all’art. 6, comma 1, lettera e), della legge regionale n. 3 del 2008, è
autorizzata a decorrere dall’anno 2012, la spesa annua di euro 12.000.000 cui
si fa fronte con le disponibilità recate dal fondo regionale per l’occupazione
di cui all’UPB S06.06.004. Dello stanziamento è data formale comunicazione alle
amministrazioni provinciali, ai fini della stipula dei contratti a tempo determinato
per la prosecuzione dell’attività lavorativa del personale in servizio alla
data di promulgazione della legge regionale n. 3 del 2008».
La difesa dello Stato sostiene che tale disposizione
vìola gli artt. 51 e 97 della Costituzione.
Aggiunge che essa lede anche l’art. 117, terzo
comma, Cost., poiché contrasta con il principio fondamentale in materia di
coordinamento della finanza pubblica espresso dal già richiamato art. 9, comma
28, del decreto-legge n. 78 del 2010, secondo il quale, a decorrere dall’anno
2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo
determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e
continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse
finalità nell’anno 2009. Invece la norma impugnata prevede una forma di
assunzione a tempo determinato nell’organico delle amministrazioni provinciali,
non assoggettata al predetto limite massimo stabilito, per tale tipologia di
assunzioni, dalla menzionata norma statale.
1.9.– In relazione all’art. 9, commi 3 e 6, della
legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, il ricorrente deduce che, in virtù del
combinato disposto di tali due norme, al personale che richieda l’esonero dal
servizio, ai sensi dei primi due commi dello stesso art. 9, è riconosciuto un
incentivo economico che si prevede essere cumulabile con altri redditi da
lavoro.
Trattasi, ad avviso della difesa dello Stato, di
disposizioni che non possono ritenersi rispettose dei vincoli posti alla
legislazione regionale dall’art. 117, secondo comma, lettera o), e terzo comma,
della Costituzione. In particolare, con riferimento alla violazione del terzo
comma, la norma contrasterebbe con la disciplina nazionale di principio
contenuta nell’art. 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 6 agosto 2008,
n. 133.
1.10.– Infine, il Presidente del Consiglio dei
ministri impugna l’art. 10 della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, il quale
prevede l’aggiornamento del piano pluriennale per il superamento del precariato
approvato con la Deliberazione della Giunta regionale 7 giugno 2007, n. 22/31,
al fine di pervenire alla stabilizzazione dei lavoratori precari del servizio
sanitario addetti al Servizio sanitario di urgenza ed emergenza, assunti con
contratto di lavoro a termine, o con forme contrattuali flessibili o atipiche.
La norma impugnata aggiunge che: il piano è predisposto avuto riguardo ai
lavoratori precari che abbiano svolto, alla data di entrata in vigore della
legge, attività per almeno trenta mesi, anche non continuativi, negli ultimi
cinque anni; esso si applica al personale non dirigente, con esclusione del
personale con funzioni di comunicazione esterna o di addetto stampa e del
personale di nomina politica; il personale il cui rapporto di lavoro sia stato
instaurato, almeno in parte, sulla base di procedure selettive di natura
concorsuale è stabilizzato a domanda, mentre il restante personale è sottoposto
a prove selettive concorsuali; che il personale avente titolo a partecipare ai
procedimenti di stabilizzazione è mantenuto in servizio sino al completamento
delle procedure di stabilizzazione.
Il ricorrente deduce che il legislatore statale è
intervenuto con l’art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009,
n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in
legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 agosto 2009, n. 102,
ammettendo la possibilità di espletamento dei concorsi pubblici con parziale
riserva dei posti, secondo criteri che tengano conto dell’esperienza
professionale acquisita dal personale non dirigente.
Dopo aver riprodotto il testo delle norme statali
menzionate, l’Avvocatura generale dello Stato afferma che, poiché esse sono
state adottate nell’esercizio della competenza esclusiva in tema di ordinamento
civile e poiché esse hanno finalità di contenimento della spesa pubblica,
l’art. 10 della legge sarda n. 16 del 2011 vìola sia
l’art. 117, secondo comma, lettera l), sia l’art. 117, terzo comma, della
Costituzione.
Inoltre la speciale modalità di reclutamento previsto
dalla norma regionale impugnata, in quanto sottratta ad ogni forma di selezione
concorsuale, contrasterebbe con i principi di ragionevolezza, imparzialità e
buon andamento della pubblica amministrazione enunciati dagli artt. 3 e 97
della Costituzione.
2.– La Regione autonoma Sardegna si è costituita nel
giudizio di costituzionalità e ha chiesto che le questioni siano dichiarate
inammissibili o infondate.
2.1.– Preliminarmente la difesa regionale eccepisce
l’inammissibilità del ricorso perché mancante sia del confronto con le
peculiari garanzie assicurate dallo statuto di autonomia speciale, sia del
raffronto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), il quale estende
alle Regioni a statuto speciale le disposizioni contenute nella medesima legge
costituzionale che prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già
riconosciute.
2.2.– Con riferimento alla pretesa estraneità delle
norme regionali impugnate all’elencazione delle materie di competenza della
Regione autonoma Sardegna rinvenibile negli artt. 3, 4 e 5 dello statuto, la
difesa regionale eccepisce l’inammissibilità di tale censura, priva di
qualsiasi dimostrazione.
Nel merito, ad avviso della resistente, la censura è
anche infondata, poiché l’art. 3, primo comma, lettera a), dello statuto di
autonomia speciale attribuisce espressamente alla Regione la competenza
legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti
amministrativi della Regione e di stato giuridico ed economico del personale.
2.3.– Rispetto alle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 5, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011,
la resistente contesta che la norma impugnata
consenta un mutamento di ruolo bisognoso di procedura concorsuale e
afferma che essa prevede esclusivamente un ampliamento della platea dei
soggetti cui possono essere conferite funzioni dirigenziali.
Né la disposizione potrebbe essere accusata di
irragionevolezza o di contrasto con l’art. 97 Cost., poiché essa mira a far
fronte ad esigenze che, nelle more dello svolgimento dei concorsi per l’accesso
alle qualifiche dirigenziali, resterebbero insoddisfatte. La difesa regionale
aggiunge che la stessa normativa statale e, in particolare, l’art. 17, comma
1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),
consente la possibilità di esercizio di funzioni dirigenziali da parte di
personale privo della corrispondente qualifica.
La Regione autonoma Sardegna nega, poi, che l’art.
4, comma 5, della legge reg. n. 16 del 2011 vìoli
l’obbligo costituzionale di previsione della copertura finanziaria, poiché
l’attribuzione di funzioni dirigenziali consentita dalla norma censurata
avviene nelle more dell’espletamento dei concorsi, sicché la copertura
finanziaria è già in essere e, inoltre, il soddisfacimento di incomprimibili
esigenze funzionali con personale già in ruolo presso la Regione consente un risparmio,
evitando il ricorso all’attribuzione di incarichi esterni.
2.4.– Con riferimento alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011,
la resistente deduce preliminarmente che il Presidente del Consiglio dei
ministri ha semplicemente asserito, ma non dimostrato, la natura di principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica dell’art. 9, comma 28, del
decreto-legge n. 78 del 2010, con conseguente inammissibilità della censura.
Nel merito, la difesa regionale sostiene che i
consorzi di bonifica rientrano nell’àmbito della
competenza esclusiva della Regione a norma dell’art. 3, primo comma, lettera
a), dello statuto e che l’art. 4, comma 10, della legge reg. n. 16 del 2011 non
vìola l’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del
2010 anche perché nulla dispone circa la deroga a quanto stabilito da tale
norma statale, né il ricorrente dimostra che i limiti dalla stessa fissati
sarebbero superati.
2.5.– La resistente eccepisce l’inammissibilità
anche della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 11,
della legge reg. n. 16 del 2011, poiché il Presidente del Consiglio dei
ministri non ha dedotto alcunché circa il concreto svolgimento del progetto
SIADARS ed i suoi costi, sulla struttura organizzativa che gestisce il progetto
e sulle risorse finora stanziate per esso.
Nel merito la censura sarebbe infondata, poiché la
norma impugnata non prevede nuove spese, ma detta solamente un indirizzo
vincolante per la struttura amministrativa che già da sei anni aveva posto in
essere il progetto.
2.6.– Ad avviso della difesa regionale è
inammissibile anche la questione promossa avente ad oggetto l’art. 5, comma 1,
della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, perché formulata in maniera generica
e ipotetica, non avendo il ricorrente dimostrato che la nuova dotazione
organica del Corpo forestale e di vigilanza ambientale si risolva nella
violazione di un principio di coordinamento della finanza pubblica, né che la
norma statale interposta possa essere qualificata come principio fondamentale
in materia di coordinamento della finanza pubblica. Ulteriore motivo di
inammissibilità risiederebbe nella contraddittorietà che affligge il ricorso,
non avendo il Presidente del Consiglio dei ministri contestato il comma 1
dell’art. 22-bis della legge reg. Sardegna n. 26 del 1985 (introdotto appunto
dall’art. 5, comma 5, della legge sarda n. 16 del 2011), nel quale il
legislatore regionale ha manifestato la volontà di recepire il disegno
normativo attinente al Corpo forestale già tracciato dal legislatore statale
nell’art. 1 del decreto legislativo 3 aprile 2001, n. 155 (Riordino dei ruoli
del personale direttivo e dirigente del Corpo forestale dello Stato, a norma
dell’articolo 3, comma 1, della legge 31 marzo 2000, n. 78).
Nel merito, la resistente sostiene che la questione
non è fondata, sia perché ricorrebbe un’ipotesi di
competenza esclusiva regionale in materia di ordinamento degli uffici e degli
enti amministrativi della Regione e di stato giuridico ed economico del
personale, sia perché il ricorrente male interpreta la disciplina interposta e,
cioè, l’art. 1, comma 557, della legge n. 296 del 2006. A proposito di tale
norma, la Regione afferma che essa non impone il vincolo a non assumere
personale, né quello di disporre riduzioni di spese con il medesimo intervento
normativo con il quale venga previsto un incremento di personale. In ogni caso,
la Regione avrebbe contestualmente proceduto alla razionalizzazione di alcuni
uffici, come dimostrato dall’art. 7 della medesima legge reg. n. 16 del 2011.
2.7.– Quanto alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 5, comma 5, della stessa legge sarda, la resistente ne
denuncia l’inammissibilità per genericità della motivazione.
Nel merito, ad avviso della difesa regionale, la
questione è infondata, poiché la norma censurata non vìola
il principio del concorso pubblico. Infatti, essa, per il personale che già
svolge funzioni dirigenziali, prevede semplicemente l’assegnazione di un altro
incarico nell’amministrazione regionale (e ciò costituisce una disposizione
legittimamente assunta dalla Regione nell’esercizio della propria competenza
legislativa in materia di stato giuridico ed economico del personale); invece,
per il personale che non svolge funzioni dirigenziali, la norma prevede una
selezione che rispetta il principio del concorso di cui all’art. 97 Cost.;
infine, per quanto concerne la copertura temporanea delle posizioni
dirigenziali vacanti, si provvede con l’assegnazione di personale che già svolge
funzione di dirigente, con disposizione che, dunque, è estranea all’àmbito di applicabilità dell’art. 97 Cost. e rappresenta
esercizio della competenza esclusiva in materia di stato giuridico ed economico
del personale.
La difesa regionale aggiunge che la norma impugnata
non si discosta da quella dettata dallo Stato con il d.lgs. n. 155 del 2001.
2.8.– La resistente eccepisce l’inammissibilità
anche della questione concernente l’art. 6, commi da 1 a 6, della legge reg.
Sardegna n. 16 del 2011, sostenendo che i predetti sei commi contengono una
pluralità di disposizioni di diversissimo contenuto e che il ricorrente non le
distingue, né chiarisce quali sarebbero quelle sulle quali si appunta il vizio
denunciato.
Nel merito, la Regione autonoma Sardegna afferma che
il richiamo, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, al principio
del concorso pubblico enunciato dall’art. 97 Cost. sarebbe inconferente.
Infatti: il comma 1 del menzionato art. 6 contempla semplicemente un obbligo di
informazione e comunicazione in capo all’Assessore regionale delegato al
personale a favore della Commissione consiliare competente; il comma 2 dello
stesso articolo prevede la celebrazione di un concorso per titoli e colloquio;
il comma 3 del medesimo art. 6 si limita ad individuare la destinazione di
alcuni posti vacanti nella pianta organica di un’agenzia regionale; il
successivo comma 4 prevede solamente l’adozione di un programma di collocazione
di personale già in mobilità collettiva – onde non vi è né nuova assunzione di
personale che già non sia dipendente di enti regionali, né stabilizzazione di
personale assunto a tempo determinato –; il comma 5 ribadisce che le operazioni
di cui ai commi precedenti si realizzeranno solamente limitatamente alle
esigenze dell’amministrazione e senza aumento di spesa; il comma 6 si limita a
disporre in tema di finanziamenti.
2.9.– Anche rispetto alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 6, comma 8, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011
la resistente eccepisce l’inammissibilità per genericità, poiché la violazione
dell’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 è solamente asserita,
ma non dimostrata.
Nel merito, ad avviso della difesa regionale, la
censura non è fondata, perché la norma censurata non prevede affatto che la
Regione oltrepassi, per l’utilizzazione del personale a tempo determinato, il
limite del 50 per cento della spesa sostenuta per la stessa finalità nel 2009,
né il ricorrente ha dimostrato che la somma prevista dalla norma impugnata sia
totalmente destinata a finanziare rapporti di lavoro a tempo determinato.
Infine, la Regione richiama quanto dedotto a
proposito della questione di legittimità costituzionalità dell’art. 4, comma
10, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011.
2.10.– In ordine alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 9, commi 3 e 6, della medesima legge sarda, la
resistente eccepisce l’inammissibilità della censura articolata in riferimento
all’art. 117, terzo comma, Cost., perché formulata in maniera ipotetica e generica,
senza neppure enunciare i principi fondamentali che sarebbero stabiliti dai
parametri interposti invocati.
Altrettanto inammissibile è, ad avviso della
resistente, la censura formulata in riferimento all’art. 117, secondo comma,
lettera o), Cost., poiché il Presidente del Consiglio dei ministri si limita a
citare tale norma costituzionale, senza aggiungere altro.
Nel merito, la Regione autonoma Sardegna sostiene
che la lamentata lesione dell’art. 117, terzo comma, Cost., non è fondata,
perché la norma impugnata è espressione dell’esercizio della competenza
legislativa in materia di stato giuridico ed economico del personale e perché
l’indicazione a parametro interposto dell’art. 72 del decreto-legge n. 112 del
2008 sarebbe inconferente (la difesa regionale cita,
al riguardo la sentenza
di questa Corte n. 151 del 2010).
Identica conclusione è sostenuta dalla resistente
rispetto alla questione promossa in riferimento all’art. 117, secondo comma,
lettera o), Cost., perché la disposizione censurata non realizza alcuna
invasione nella materia previdenziale.
La difesa regionale aggiunge che l’intento sotteso
alla normativa oggetto della presente questione è quello del contenimento della
spesa, come reso manifesto dal comma 7 dello stesso art. 9, secondo il quale i
posti resisi vacanti a seguito dell’applicazione dell’art. 9 sono soppressi
nella misura del 70 per cento della dotazione organica corrispondente.
2.11.– La resistente afferma che anche la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Sardegna n. 16 del
2011 promossa in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., è
inammissibile, perché generica e infondata, perché il Presidente del Consiglio
dei ministri muove dall’errata premessa secondo cui l’art. 17, commi da 10 a
13, del decreto-legge n. 78 del 2009 sarebbe espressione della competenza
esclusiva statale in materia di ordinamento civile.
Anche la questione promossa in riferimento all’art.
117, terzo comma, Cost. è, ad avviso della difesa regionale, inammissibile, sia
perché generica, sia perché incompleta (non avendo il ricorrente specificato
quale particolare attribuzione statale sarebbe stata lesa).
Nel merito, essa sarebbe comunque infondata, perché
il comma 1 dell’impugnato art. 10 stabilisce che la spesa prevista sia
finanziata con le risorse dei bilanci dei rispettivi enti e che l’aggiornamento
del piano pluriennale di superamento del precariato debba rispettare le
effettive necessità delle amministrazioni e delle relative dotazioni organiche.
Infine, la censura formulata in riferimento agli
artt. 3 e 97 Cost. sarebbe anch’essa inammissibile per genericità e, nel
merito, infondata perché l’art. 10, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 16
del 2011 prevede che il piano pluriennale di superamento del precariato si
applichi solamente a coloro che hanno già superato prove selettive di natura
concorsuale o che si sottopongono a prove selettive concorsuali.
3.– In prossimità dell’udienza pubblica la Regione
autonoma Sardegna ha depositato una memoria nella quale insiste nelle
conclusioni già rassegnate e ripete le argomentazioni svolte nell’atto di
costituzione, aggiungendo alcune considerazioni.
3.1.– In ordine alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 5, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011,
la resistente sostiene che la censura formulata dal Presidente del Consiglio
dei ministri in riferimento all’art. 97 Cost. è infondata proprio alla luce del
principio del buon andamento dell’amministrazione, il quale postula che in ogni
struttura pubblica ci sia una dirigenza, esigenza che la norma impugnata dal
ricorrente mira appunto a soddisfare.
Inoltre, a conferma del fatto che la norma censurata
non violerebbe neppure l’art. 81, quarto comma, Cost., la difesa regionale
deduce che le risorse necessarie per finanziare la disposizione sono previste
nell’elenco n. 1 («Spese obbligatorie e d’ordine»), allegato alla legge della
Regione Sardegna 15 marzo 2012, n. 7 (Bilancio di previsione per l’anno 2012 e
bilancio pluriennale per gli anni 2012-2014).
3.2.– Rispetto alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011,
la resistente aggiunge che l’ultimo periodo di tale norma prevede il rimborso,
a favore del consorzio, dei costi sostenuti per il personale cui essa si
riferisce, con la conseguenza che la disposizione censurata non comporta alcun
aumento di spesa per i consorzi di bonifica, mentre per l’intero comparto
regionale si verifica una diminuzione degli oneri, in ottemperanza alla riforma
dell’Ente per la gestione delle risorse idriche della Sardegna di cui alla
legge della Regione Sardegna 6 dicembre 2006, n. 19 (Disposizioni in materia di
risorse idriche e bacini idrografici), e, in particolare, a quanto disposto
dall’art. 23 di tale ultima legge.
3.3.– Per quanto concerne la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n.
16 del 2011, la resistente evidenzia come lo stesso legislatore statale abbia
previsto alcune deroghe a quanto disposto dall’art. 1, comma 557, della legge
n. 296 del 2006. La difesa regionale menziona, al riguardo, gli artt. 2, comma
551, e 3, comma 113, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria
2008), e aggiunge che, in base all’art. 3, comma 120, della medesima legge, gli
enti locali possono addirittura derogare alla programmazione deflazionaria del
personale laddove ricorrano determinate condizioni. Da simili previsioni si
deve dedurre, secondo la resistente, che il principio di contenimento della
spesa del personale è stato modulato dal legislatore statale in maniera tale da
tener conto di una serie di esigenze. Pertanto, in occasione della riforma del
Corpo regionale di vigilanza ambientale, bisognoso di una struttura interna di
addestramento continuo, il legislatore regionale ben poteva attuare
l’intervento normativo contestato dal ricorrente.
3.4.– Rispetto alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 6, commi da 1 a 6, della legge sarda n. 16 del 2011,
la difesa regionale evidenzia che questa Corte, con la sentenza n. 30 del
2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2,
della legge reg. Sardegna n. 1 del 2011. Pertanto l’impugnato comma 2 del
predetto art. 6 è ormai privo di oggetto.
Per quel che concerne il comma 4, la resistente afferma
che tale disposizione regionale non fa altro che attuare l’art. 1, comma 559,
della legge n. 296 del 2006, a norma del quale, «Il personale proveniente dai
consorzi agrari ai sensi dei commi 6 e 7 dell’art. 5 della legge 28 ottobre
1999, n. 410, e collocato in mobilità collettiva alla data del 29 settembre
2006 può essere inquadrato a domanda presso le Regioni e gli enti locali nei
limiti delle dotazioni organiche vigenti alla data di entrata in vigore della
presente legge».
3.5.– Con riferimento alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, la difesa
regionale sostiene che tale norma è coerente con quanto previsto dal
legislatore statale all’art. 1, comma 558, della legge n. 296 del 2006, il quale
dispone che gli enti pubblici «possono procedere, nei limiti dei posti
disponibili in organico, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in
servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che
consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data
del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche
non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore
della presente legge, nonché del personale di cui al comma 1156, lettera f),
purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o
previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale
assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo
espletamento di prove selettive».
Considerato
in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha
promosso, tra l’altro, questioni di legittimità costituzionale degli articoli
4, commi 5, 10 e 11, 5, commi 1 e 5, 6, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8, 9, commi 3
e 6, e 10 della legge della Regione Sardegna 4 agosto 2011, n. 16 (Norme in
materia di organizzazione e personale), in riferimento agli articoli 3, 51, 81,
quarto comma, 97, 117, secondo comma, lettere l) e o), e terzo comma, della
Costituzione e degli articoli 3, 4 e 5 della legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).
1.1.– Ad avviso del ricorrente, le predette norme
regionali vìolano gli artt. 3, 4 e 5 della legge
cost. n. 3 del 1948, perché non sono rispettosi dell’elencazione tassativa,
contenuta nelle predette norme statutarie, delle materie nelle quali la Regione
ha potestà legislativa.
1.2.– Inoltre, l’art. 4, comma 5, della legge reg.
Sardegna n. 16 del 2011, il quale prevede la possibilità per l’amministrazione
regionale, gli enti e le agenzie regionali, di attribuire incarichi
dirigenziali a dipendenti della categoria D che siano in possesso dei requisiti
per l’accesso alla relativa qualifica, vìola gli
artt. 3 e 97 Cost., poiché introduce un sistema (seppure temporaneo) di
copertura delle posizioni dirigenziali che prescinde dallo svolgimento di un
concorso pubblico e deroga ai principi generali in tema di accesso alle
qualifiche, selezione del personale e svolgimento del rapporto, con conseguente
pregiudizio delle finalità, costituzionalmente tutelate, di ragionevolezza,
imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, nonché l’art. 81,
quarto comma, Cost., poiché non indica i mezzi di copertura finanziaria, né
quantifica gli oneri richiesti per la copertura delle posizioni dirigenziali o
predetermina il numero dei costituendi rapporti di lavoro.
1.3.– Il ricorrente sostiene, poi, che l’art. 4,
comma 10, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, il quale prevede
l’assunzione a tempo determinato, nell’organico dei consorzi di bonifica, del
personale che abbia prestato attività lavorativa, con contratti a tempo
determinato, per le opere trasferite all’Ente acque della Sardegna (ENAS), per
almeno centottanta giornate lavorative nel triennio decorrente dal 10 gennaio
2008, vìola l’art. 117, terzo comma, Cost., perché
non richiama il limite massimo imposto dal principio fondamentale in materia di
coordinamento della finanza pubblica espresso dall’art. 9, comma 28, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge,
con modificazioni, dall’art. 1 della legge 30 luglio 2010, n. 122, in virtù del
quale, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono
avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della
spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.
1.4.– La difesa dello Stato sostiene altresì che
l’art. 4, comma 11, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, il quale dispone
la proroga fino al 31 dicembre 2012 di un progetto comportante il reclutamento
di personale archivistico qualificato, vìola l’art.
81, quarto comma, Cost., perché non contiene l’indicazione della necessaria
copertura finanziaria.
1.5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri
censura anche l’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011,
assumendo che esso, nell’introdurre l’incremento della dotazione organica del
Corpo forestale e di vigilanza ambientale nella misura di 20 unità senza
prevedere contestualmente alcuna riduzione di spesa in altri settori, vìola l’art. 117, terzo comma, Cost., perché contrasta con
il principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica
dettato dall’art. 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge finanziaria 2007), a mente del quale «Ai fini del concorso delle autonomie
regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti
sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di
personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e
dell’IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali,
garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con
azioni da modulare nell’ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di
principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento: a) riduzione
dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle
spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento
della spesa per il lavoro flessibile; b) razionalizzazione e snellimento delle
strutture burocratico-amministrative, anche
attraverso accorpamenti di uffici con l’obiettivo di ridurre l’incidenza
percentuale delle posizioni dirigenziali in organico; c) contenimento delle
dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto
delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali».
1.6.– Ad avviso del ricorrente, il successivo comma
5 dello stesso art. 5, introducendo nella legge della Regione Sardegna 5
novembre 1985, n. 26 (Istituzione del Corpo forestale e di vigilanza ambientale
della Regione sarda), l’art. 22-bis, i cui commi 2, 3, 4 e 5 delineano una
speciale ipotesi di inquadramento, riservato alla qualifica dirigenziale, per
il personale del Corpo forestale che svolga funzioni dirigenziali, vìola gli artt. 3 e 97 Cost., perché una simile modalità di
reclutamento, costituendo una deroga al principio dell’accesso ai pubblici
impieghi mediante selezione concorsuale, contrasta con i canoni costituzionali
di parità di trattamento, buon andamento ed imparzialità della pubblica
amministrazione.
1.7.– Il Presidente del Consiglio dei ministri
impugna, poi, l’art. 6, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, della legge reg. Sardegna n.
16 del 2011, il quale dispone: che entro il 30 marzo di ogni anno l’Assessore del
personale, affari generali e riforma della Regione presenta alla competente
Commissione consiliare una relazione sull’applicazione dell’art. 3, comma 1,
della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti
nei settori economico e sociale), il quale impone, quale limite massimo delle
assunzioni di personale a tempo determinato, il 3 per cento della dotazione
organica e che, al fine di verificare il rispetto di tale limite, la relazione
prende in considerazione tutte le forme di lavoro a termine, o con forme
contrattuali flessibili o atipiche, ivi compresa quella interinale (comma 1);
che, nel rispetto delle effettive necessità delle amministrazioni e delle
relative dotazioni organiche, i posti riservati di cui all’art. 7, comma 2, della
legge della Regione Sardegna 19 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – legge finanziaria
2011), inseriti nel programma di reclutamento 2010-2012, sono coperti mediante
concorso per titoli e colloquio, salvo che per le ipotesi alle quali si applica
la disciplina dell’art. 36, comma 2, ultimo periodo, prima parte, della legge
della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale della Regione – legge finanziaria 2007) e che a
tale concorso è ammesso a partecipare il personale precario
dell’amministrazione regionale, delle agenzie e degli enti di cui alla legge
della Regione Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale
e dell’organizzazione degli uffici della Regione), ivi compreso quello di cui
all’art. 1, comma 2, della legge della Regione Sardegna 21 giugno 2010, n. 12
(Proroga della gestione liquidatoria dell’ESAF),
ferme restando le esclusioni di cui all’art. 36, comma 2, terzo periodo, della
legge regionale n. 2 del 2007 e quella del personale dirigenziale che, alla
data di entrata in vigore della legge, abbia svolto in forza di contratto di
lavoro a termine o con forme contrattuali flessibili o atipiche, attività anche
non continuativa presso le citate amministrazioni e anche in parte presso enti
locali, per il periodo prescritto dall’art. 36 della legge regionale n. 2 del
2007 (comma 2); che la previsione di cui all’art. 2, comma 40, della legge
della Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori
economico e sociale regionale), «si applica utilizzando i posti vacanti nella
pianta organica dell’Agenzia LAORE approvata con la Delib.
G.R. 17 luglio 2007, n. 27/13 e con la Delib. G.R. 20 dicembre 2008, n.
73/1» (comma 3); che, ai sensi dell’art. 5 della legge 28 ottobre 1999, n. 410
(Nuovo ordinamento dei consorzi agrari), con deliberazione della Giunta
regionale, su proposta dell’Assessore dell’agricoltura e riforma
agro-pastorale, acquisito il parere della competente Commissione consiliare, è
approvato un piano di collocazione del personale dipendente dei consorzi agrari
della Sardegna in liquidazione coatta amministrativa, già collocati in mobilità
collettiva, presso l’Amministrazione regionale, gli enti di cui alla legge n.
31 del 1998 e le agenzie, nel rispetto delle effettive necessità delle
amministrazioni e delle relative dotazioni organiche (comma 4); che le
previsioni di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4 si applicano nel rispetto dei
limiti delle rispettive piante organiche e delle effettive necessità, con
facoltà dell’Amministrazione, degli enti e delle agenzie di provvedere alla
trasformazione senza aumento di spesa dei profili funzionali esistenti in altri
occorrenti di pari o inferiore livello e che tale disposizione si applica anche
per le procedure di stabilizzazione delle agenzie agricole regionali (comma 5);
che i finanziamenti di cui all’art. 4, comma 30, della legge della Regione
Sardegna 14 maggio 2009, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale della Regione – legge finanziaria 2009), sono assicurati
nella misura del 100 per cento del costo del lavoro e del 5 per cento per i
costi generali e relativi alle attrezzature e che per tali finalità è autorizzata
l’ulteriore spesa di euro 2.000.000 per ciascuno degli anni 2011 e 2012 (comma
6). La difesa dello Stato afferma che tali disposizioni vìolano
gli artt. 3, 51 e 97 Cost., perché dirette a regolare una forma riservata di
reclutamento del personale, i cui destinatari sono soggetti che hanno già
prestato attività a tempo determinato alle dipendenze dell’amministrazione
regionale, in contrasto con la giurisprudenza costituzionale, la quale ha
escluso che il predetto requisito possa legittimare una riserva di posti in
deroga alla regola del pubblico concorso.
1.8.– È censurato anche l’art. 6, comma 8, della
legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, il quale dispone che «Nelle more di una
rivisitazione organica della disciplina del personale dei Centri servizi per il
lavoro (CSL) e dei Centri servizi inserimento lavorativo (CESIL) e agenzie di
sviluppo locale di cui all’art. 6, comma 1, lettera e), della legge regionale
n. 3 del 2008, è autorizzata a decorrere dall’anno 2012, la spesa annua di euro
12.000.000 cui si fa fronte con le disponibilità recate dal fondo regionale per
l’occupazione di cui all’UPB S06.06.004. Dello stanziamento è data formale
comunicazione alle amministrazioni provinciali, ai fini della stipula dei
contratti a tempo determinato per la prosecuzione dell’attività lavorativa del
personale in servizio alla data di promulgazione della legge regionale n. 3 del
2008». Ad avviso del ricorrente, tale norma vìola gli
artt. 51 e 97 Cost. e, inoltre, l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché
contrasta con il principio fondamentale in materia di coordinamento della
finanza pubblica espresso dall’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del
2010, secondo il quale, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni
pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni
o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50
per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.
1.9.– Il Presidente del Consiglio dei ministri
impugna anche il combinato disposto dei commi 3 e 6 dell’art. 9 della legge
reg. Sardegna n. 16 del 2011, in virtù del quale al personale che richieda
l’esonero dal servizio, ai sensi dei primi due commi dello stesso art. 9, è
riconosciuto un incentivo economico che si prevede essere cumulabile con altri
redditi da lavoro. Ad avviso della difesa dello Stato, sussisterebbe violazione
dell’art, 117, secondo comma, lettera o), Cost. e, inoltre, dell’art. 117,
terzo comma, Cost., per contrasto con la disciplina nazionale di principio contenuta
nell’art. 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per
lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1 della legge 6 agosto 2008, n. 133.
1.10.– Infine, il ricorrente censura l’art. 10 della
legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, il quale prevede l’aggiornamento del piano
pluriennale per il superamento del precariato approvato con la Deliberazione
della Giunta regionale 7 giugno 2007, n. 22/31, al fine di pervenire alla
stabilizzazione dei lavoratori precari del servizio sanitario addetti al
Servizio sanitario di urgenza ed emergenza, assunti con contratto di lavoro a
termine, o con forme contrattuali flessibili o atipiche, stabilendo che il
piano è predisposto avuto riguardo ai lavoratori precari che abbiano svolto,
alla data di entrata in vigore della legge, attività per almeno trenta mesi,
anche non continuativi, negli ultimi cinque anni, che esso si applica al
personale non dirigente, con esclusione del personale con funzioni di
comunicazione esterna o di addetto stampa e del personale di nomina politica,
che il personale il cui rapporto di lavoro sia stato instaurato, almeno in
parte, sulla base di procedure selettive di natura concorsuale è stabilizzato a
domanda, mentre il restante personale è sottoposto a prove selettive
concorsuali, e che il personale avente titolo a partecipare ai procedimenti di
stabilizzazione è mantenuto in servizio sino al completamento delle procedure
di stabilizzazione. Il ricorrente afferma che tali disposizioni vìolano: a) l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.,
che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento
civile, nell’esercizio della quale è stata adottata la disciplina di cui
all’art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 agosto 2009, n. 102; b) l’art. 117,
terzo comma, Cost., contrastando con la normativa, avente finalità di
contenimento della spesa pubblica, dettata dallo Stato con l’art. 17, commi da
10 a 13, del decreto-legge n. 78 del 2009, la quale ammette solamente la
possibilità di espletamento dei concorsi pubblici con parziale riserva dei
posti, secondo criteri che tengano conto dell’esperienza professionale
acquisita dal personale non dirigente; c) gli artt. 3 e 97 Cost., poiché la
speciale modalità di reclutamento previsto dalla norma regionale impugnata, in
quanto sottratta ad ogni forma di selezione concorsuale, contrasta con i
principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica
amministrazione.
2.– Va riservata a separata pronuncia la decisione
sulle altre questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri.
3.– La questione di legittimità degli artt. 4, commi
5, 10 e 11, 5, commi 1 e 5, 6, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8, 9, commi 3 e 6, e 10
della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, promossa in riferimento agli artt. 3,
4 e 5 della legge cost. n. 3 del 1948, è inammissibile, perché difetta di una
adeguata e specifica argomentazione.
Il ricorrente si limita ad affermare che le norme
impugnate non sarebbero riconducibili alle materie rispetto alle quali la
Regione può legiferare, senza specificare quale sarebbe la materia alla quale
appartengono le disposizioni censurate. Inoltre, la presente questione investe
una pluralità di disposizioni regionali, di oggetto vario, senza contenere una
motivazione specifica dell’asserita illegittimità di ciascuna.
4.– Le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 5, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011 non sono
fondate.
Tale norma introduce il comma 4-bis nell’art. 28
della legge della Regione Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del
personale regionale e dell’organizzazione degli uffici della Regione), che
detta la disciplina generale relativa all’attribuzione delle funzioni dirigenziali.
In particolare: il comma 4 dispone in ordine alle funzioni di «direzione di
servizio» e di «studio, ricerca e consulenza» e prevede che tali funzioni siano
conferite a dirigenti dell’amministrazione; il comma 4-bis, aggiunto dalla
disposizione censurata, prevede che, in assenza di figure dirigenziali, tali
funzioni dirigenziali possono essere attribuite, fino all’espletamento dei
concorsi pubblici per l’accesso alla qualifica dirigenziale e comunque per non
più di due anni, a dipendenti della categoria D in possesso dei requisiti per
l’accesso alla predetta qualifica.
Una simile disciplina non contrasta con gli artt. 3
e 97 Cost., perché non introduce un sistema di copertura delle posizioni
dirigenziali che prescinda dallo svolgimento di un concorso pubblico.
Essa, lungi dal prevedere una progressione in
carriera con definitiva acquisizione della categoria superiore, consente
soltanto la temporanea assegnazione di mansioni superiori, scaduta la quale il
dipendente sarà tenuto a riassumere le mansioni proprie della categoria di
appartenenza. D’altronde, permettere all’amministrazione di coprire con
personale di categoria inferiore posti in organico vacanti nelle more
dell’espletamento del concorso necessario per la nomina dei nuovi titolari di
quei posti, è conforme al canone di buon andamento dell’amministrazione, che
richiede un certo grado di flessibilità nell’utilizzazione del personale.
Neppure sussiste violazione dell’art. 81, quarto
comma, Cost., perché la disposizione oggetto della presente questione non può
essere qualificata come norma di spesa, costituendo invece una norma di
organizzazione. Essa integra la disciplina generale del conferimento degli
incarichi dirigenziali nell’amministrazione regionale, ampliando la platea dei
possibili destinatari di tali incarichi, con una disposizione a regime che, di
per se stessa, non determina alcun incremento della spesa.
5.– La questione di legittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 10, della legge reg. Sardegna in oggetto, sollevata in
riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., è fondata.
La norma impugnata aggiunge il comma 11-bis all’art.
34 della legge della Regione Sardegna 23 maggio 2008, n. 6 (Legge-quadro
in materia di consorzi di bonifica) e dispone che i consorzi di bonifica
prevedono l’assunzione nelle proprie dotazioni organiche, per almeno sei mesi
di ciascun anno, del personale che ha prestato attività lavorativa, con
contratti a tempo determinato, per le opere trasferite all’Ente acque della
Sardegna (ENAS), per almeno centottanta giornate lavorative nei tre anni a
partire dal 10 gennaio 2008.
Il ricorrente lamenta che, in questa maniera, è leso
il principio di coordinamento della finanza pubblica espresso dall’art. 9,
comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge,
con modificazioni, dall’art. 1 della legge 30 luglio 2010, n. 122, in virtù del
quale, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono
avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, solamente nel limite del 50 per cento
della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.
La questione così formulata è ammissibile, poiché il
Presidente del Consiglio dei ministri ha indicato con precisione la norma
statale che enuncia il principio fondamentale invocato, ed è anche fondata.
L’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del
2010, emanato dallo Stato nell’esercizio della sua competenza concorrente in
materia di coordinamento della finanza pubblica, pone un obiettivo generale di
contenimento della spesa relativa ad un vasto settore del personale (quello
costituito da quanti collaborano con le pubbliche amministrazioni in virtù di contratti
diversi dal rapporto di impiego a tempo indeterminato), lasciando alle singole
amministrazioni la scelta circa le misure da adottare con riferimento ad ognuna
delle categorie di rapporti di lavoro da esso previste. Trattasi, dunque, di un
principio generale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
L’art. 4, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 16
del 2011, omettendo qualsiasi riferimento al limite da esso derivante e
consentendo, pertanto, assunzioni a tempo determinato comportanti una spesa
maggiore, è illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, della
Costituzione.
6.– La questione di illegittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 11, della citata legge reg. Sardegna, promossa in
riferimento all’art. 81, quarto comma, Cost., è fondata.
La predetta norma regionale dispone la proroga fino
al 31 dicembre 2012 del «progetto SIADARS per la realizzazione di un primo
nucleo dell’archivio storico e reclutamento di personale archivistico
qualificato». Essa, quindi, comporta una spesa (appunto quella necessaria per
l’attuazione del progetto) che il legislatore regionale non ha quantificato,
senza prevedere la necessaria copertura finanziaria.
È, infatti, del tutto evidente che, quale che sia il
concreto svolgimento del progetto e la struttura organizzativa che lo gestisce,
la proroga della durata dello stesso è inevitabilmente fonte di una nuova spesa
e di nuovi oneri per l’ente regionale.
Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 11, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011.
7.– La questione di illegittimità costituzionale
dell’art. 5, comma 1, della medesima legge sarda, sollevata in riferimento
all’art. 117, terzo comma, Cost., è fondata.
La norma regionale impugnata introduce nella legge
della Regione Sardegna 5 novembre 1985, n. 26 (Istituzione del Corpo forestale
e di vigilanza ambientale della Regione sarda), l’art. 12-bis che, a sua volta,
istituisce la Scuola regionale del predetto Corpo forestale. Il Presidente del
Consiglio dei ministri denuncia, in particolare, il disposto del comma 3 di
tale art. 12-bis, che prevede, per le finalità dello stesso articolo (e,
quindi, per il funzionamento della neo istituita Scuola), una dotazione
organica del Corpo forestale regionale aumentata di 20 unità. Ad avviso del
ricorrente, tale incremento si pone in contrasto con il principio di
coordinamento della finanza pubblica espresso dall’art. 1, comma 557, della
legge n. 296 del 2006, secondo cui gli enti sottoposti al patto di stabilità
interno assicurano la riduzione delle spese di personale «garantendo il
contenimento della dinamica retributiva e occupazionale», con azioni da
modulare nell’ambito della loro autonomia e rivolte prioritariamente ad
assicurare la riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale
rispetto al complesso delle spese correnti, la razionalizzazione e lo
snellimento delle strutture burocratico-amministrative,
nonché il contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione
integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per
le amministrazioni statali.
Il fatto che il legislatore regionale abbia
manifestato chiaramente, in altra norma, l’intento di recepire il disegno
normativo attinente al Corpo forestale tracciato dallo Stato nell’art. 1 del
decreto legislativo 3 aprile 2001, n. 155 (Riordino dei ruoli del personale
direttivo e dirigente del Corpo forestale dello Stato, a norma dell’art. 3,
comma 1, della legge 31 marzo 2000, n. 78), adeguandosi alla disciplina statale
in tema di riordino dei ruoli direttivo e dirigenziale del medesimo, risulta
del tutto ininfluente se poi la norma censurata, con buona evidenza, non ha
nulla a che vedere con il riordino dei ruoli del Corpo forestale regionale, ma
prevede l’istituzione di una scuola di formazione e addestramento.
Questa Corte, peraltro, ha già qualificato come
principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica
l’art. 1, comma 557, della legge n. 296 del 2006. Tale norma obbliga le Regioni
alla riduzione delle spese per il personale e al contenimento della dinamica
retributiva (sentenza
n. 108 del 2011). L’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 16 del
2011, disponendo addirittura un ampliamento della pianta organica, si pone in
diretto contrasto con la richiamata normativa statale.
Né impedisce la declaratoria di incostituzionalità
il rilievo della difesa regionale secondo cui la Regione avrebbe
contestualmente previsto la razionalizzazione di alcuni uffici. A sostegno di
tale assunto la resistente menziona solamente l’art. 7 della legge reg. n. 16
del 2011; tuttavia il disposto di tale articolo non può essere considerato
quale compensazione dell’aumento della pianta organica del Corpo forestale
stabilito dal precedente art. 5. Invero, l’art. 7, nel dettare disposizioni
relative al personale degli ex Servizi ripartimentali dell’agricoltura, non
prevede alcuna contrazione di organici.
Né è rilevante l’argomento secondo cui dalla
legislazione statale si desumerebbe che il principio di contenimento della
spesa per il personale è stato modulato dal legislatore statale in maniera tale
da tener conto di varie esigenze (il Corpo forestale regionale sarebbe
bisognoso, in particolare, di una struttura di addestramento interno e quindi
dell’istituzione di una Scuola). Infatti, pur ammettendo che la legislazione
statale finalizzata al contenimento della spesa per il personale consenta
eccezioni in casi specifici, ciò che non è stato dimostrato e neppure dedotto
dalla Regione è che l’ampliamento della dotazione organica del proprio Corpo
forestale corrisponde ad una delle ipotesi per le quali la legislazione statale
consente deroghe al principio generale di contenimento delle spese per il
personale.
Deve dunque essere dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 12-bis, comma 3, della legge reg. Sardegna n. 26 del
1985, così come introdotto dall’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n.
16 del 2011.
8.– La questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5, comma 5, della stessa legge sarda, promossa in riferimento agli
artt. 3 e 97 Cost., è fondata nei termini di seguito precisati.
La norma impugnata introduce, nella menzionata legge
reg. Sardegna n. 26 del 1985, l’art. 22-bis, rubricato «Prima costituzione della
dirigenza del Corpo forestale e di vigilanza ambientale». Il ricorrente
denuncia i commi 2, 3, 4 e 5 di tale nuova disposizione, assumendo che essi
prevedono «una speciale ipotesi di inquadramento, riservato alla qualifica
dirigenziale, per il personale del Corpo forestale che svolga funzioni
dirigenziali», in violazione del principio costituzionale che impone il
pubblico concorso quale modalità di accesso ai pubblici uffici.
Tale censura, nei termini in cui è formulata, deve
essere intesa come riferita esclusivamente al comma 3 del predetto art. 22-bis.
Infatti è solo tale norma che prevede un’ipotesi di inquadramento nella
qualifica dirigenziale riservato a chi svolga già funzioni dirigenziali (invece
il comma 2 detta la disciplina a regime dell’accesso alla qualifica in
questione, stabilendo modalità che prescindono dal pregresso svolgimento di
funzioni dirigenziali e che non prevedono alcuna speciale ipotesi di
inquadramento; il comma 4 non dispone alcun inquadramento nella qualifica di
dirigente, ma semplicemente che transitoriamente le funzioni di dirigente del
Corpo forestale regionale corrispondenti a posti vacanti possano essere
conferite ad altri dirigenti dell’Amministrazione regionale e degli enti
regionali; il comma 5 quantifica le spese derivanti dall’attuazione di quanto
disposto nell’art. 5).
Così precisato l’àmbito
della censura statale, essa è infondata rispetto alla previsione di cui alla
lettera a) del comma 3 dell’art. 22-bis, che prevede l’attribuzione della
qualifica di dirigente del Corpo forestale regionale a favore di chi, già
appartenente al predetto Corpo, rivesta tale qualifica secondo l’ordinamento
generale del personale regionale. Qui non è riscontrabile alcun accesso senza
concorso ad una superiore qualifica; semplicemente il legislatore regionale,
nel momento in cui ha istituito la dirigenza del Corpo forestale, ha, non
irragionevolmente, previsto che in tale categoria confluiscano quanti, nella
vigenza del precedente assetto, già possedessero la doppia qualifica di
appartenente al Corpo e di dirigente.
Invece, nella successiva lettera b), il legislatore
regionale dispone l’accesso senza concorso alla qualifica di dirigente del
Corpo forestale a favore di chi, pur non rivestendo tale qualifica, sia in
possesso dei requisiti per l’accesso alla dirigenza e sia titolare di un
incarico dirigenziale da più di quattro anni in virtù di quanto disposto
dall’art. 73, comma 4-ter, della legge della Regione Sardegna 13 novembre 1998,
n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione degli uffici
della Regione), secondo cui «In caso di carenza di dirigenti appartenenti al
Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale, e fino all’espletamento dei relativi
concorsi, le funzioni di direzione dei servizi del Corpo sono svolte, secondo
quanto previsto dall’articolo 30, da funzionari appartenenti al Corpo
medesimo».
Questa Corte ha ripetutamente affermato che il
precetto costituzionale che impone il pubblico concorso quale modalità di
accesso ai pubblici uffici si applica anche nei casi di passaggio ad una
superiore qualifica (sentenze n. 30 del 2012,
n. 108 e n. 7 del 2011).
Né il meccanismo selettivo pure previsto dalla disposizione censurata appare
conforme ai requisiti di concorsualità e pubblicità
richiesti dall’art. 97 della Costituzione. Infatti, in base ad esso, solamente
i funzionari già titolari di incarico dirigenziale (e, dunque, un numero
ristretto di potenziali interessati) sono sottoposti ad una procedura
selettiva. Quest’ultima, inoltre, non richiede alcuna comparazione tra i
partecipanti (onde difetta anche il carattere della concorsualità).
Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 22-bis, comma 3, lettera b), della legge reg. Sardegna n. 26 del
1985, così come introdotto dall’art. 5, comma 5, della legge reg. Sardegna n.
16 del 2011.
9.– La questione di legittimità costituzionale
dell’art. 6, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge reg. sarda n. 16 del 2011
promossa in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 Cost., è fondata nei limiti di
seguito precisati.
9.1.– I commi da 1 a 6 dell’art. 6 della predetta
legge regionale, pur essendo tutti finalizzati al «superamento del precariato»
(così la rubrica dell’art. 6), hanno contenuto abbastanza vario.
In effetti: il comma 1 impone all’Assessore
regionale del personale di predisporre ogni anno una relazione
sull’applicazione dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Sardegna 7
agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale), norma
che ha introdotto limiti (quantitativi e di causali giustificatrici) alla
Regione e agli enti regionali in materia di assunzioni a tempo determinato; il
comma 2 prevede un concorso riservato al personale precario della Regione e
degli enti regionali per la copertura di determinati posti; il comma 3
individua i posti vacanti dell’agenzia regionale LAORE (che è l’Agenzia
regionale per l’attuazione dei programmi in campo agricolo e per lo sviluppo
rurale) destinati all’inquadramento di personale dipendente dell’Associazione
regionale allevatori già disposto dall’art. 2, comma 40, della legge reg. Sardegna
n. 3 del 2009; il comma 4 prevede l’adozione di un piano di collocazione presso
l’amministrazione e gli enti regionali del personale dei consorzi agrari in
liquidazione coatta amministrativa già in mobilità (vale a dire di personale a
tempo indeterminato di enti pubblici dichiarato in esubero); il comma 5
stabilisce che le disposizioni dei precedenti commi 2, 3 e 4 si applicano nel
rispetto dei limiti delle piante organiche e delle effettive necessità delle
amministrazioni; il comma 6 autorizza
una spesa per coprire il costo del lavoro e una parte dei costi generali
sopportati dagli enti locali per la gestione dei servizi relativi ai beni
culturali.
Il contenuto di tali norme è, dunque, diverso: si va
dall’imposizione all’Esecutivo regionale dell’obbligo di predisporre una
relazione relativa all’attuazione di una norma in tema di contratti a tempo
determinato, alla previsione di concorsi riservati al personale precario, alla
ricollocazione di personale (a tempo indeterminato) in esubero, all’erogazione
di risorse agli enti locali.
La censura del ricorrente, fondandosi sull’assunto
che le norme in questione sarebbero tutte volte «a regolare una forma riservata
di reclutamento del personale, i cui destinatari sono soggetti che hanno già
prestato attività a tempo determinato alle dipendenze dell’amministrazione
regionale», non è fondata.
Essa può essere riferita esclusivamente al comma 2
dell’art. 6, che è l’unico a prevedere un concorso riservato al personale
precario.
Tale disposizione, infatti, detta la disciplina di
attuazione della misura di stabilizzazione prevista a favore di determinate
categorie di personale precario dall’art. 7, comma 2, della legge della Regione
Sardegna 19 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale della Regione – legge finanziaria 2011). Quest’ultima
norma, successivamente alla proposizione del presente ricorso, è stata
dichiarata illegittima da questa Corte, per violazione dell’art. 97 della
Costituzione, con la sentenza n. 30 del
2012, la quale ha escluso che lo svolgimento dei concorsi richiamati
dall’art. 7, comma 2, della legge sarda n. 1 del 2011 fosse governato dal
principio della par condicio fra i concorrenti. Pertanto, per le medesime
ragioni poste a base della sentenza che ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale della misura di stabilizzazione dei lavoratori precari, deve
essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, della
legge reg. Sardegna n. 16 del 2011, che di quella misura detta prescrizioni di
attuazione.
9.2.– La censura relativa ai commi 1, 3, 4, 5 e 6
(che non prevedono affatto forme di reclutamento riservate a ex dipendenti a
tempo determinato delle amministrazioni regionali) è invece inammissibile per
difetto di argomentazioni a sostegno riferibili al contenuto di tali norme.
10.– La questione di legittimità costituzionale
dell’art. 6, comma 8, della legge reg. Sardegna in oggetto, promossa in
riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., è fondata.
La norma impugnata dispone uno stanziamento per
finanziare la stipulazione dei contratti a tempo determinato per la
prosecuzione dell’attività lavorativa del personale in servizio presso i Centri
servizi per il lavoro, i Centri servizi inserimento lavorativo e le agenzie di
sviluppo locale.
Come si è già ricordato, con norma che deve essere
qualificata come principio fondamentale di coordinamento della finanza
pubblica, l’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 stabilisce che,
a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di
personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della
spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.
L’art. 6, comma 8, della legge reg. Sardegna n. 16
del 2011, non richiamando tale limite, consente alla Regione di procedere ad
assunzioni a termine che comportino una spesa superiore a quella massima
stabilita dalla legislazione statale di principio e, pertanto, vìola l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di
illegittimità costituzionale prospettati dal Presidente del Consiglio dei
ministri.
11.– La questione di legittimità costituzionale del
combinato disposto dei commi 3 e 6 dell’art. 9 della citata legge sarda,
promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., è fondata.
Il predetto art. 9 introduce l’istituto dell’esonero
dal servizio nell’ordinamento del personale della Regione autonoma Sardegna e
degli enti regionali. In base ad esso, nell’ultimo quinquennio di servizio, i
dipendenti possono chiedere di essere esonerati dal servizio e, in caso di
accoglimento dell’istanza, si determina la sospensione dell’obbligazione lavorativa
e la sostituzione dell’obbligazione retributiva con un trattamento economico,
definito «temporaneo», pari alla metà di quello goduto in costanza di rapporto,
cumulabile con altri redditi da lavoro.
Il Presidente del Consiglio dei ministri censura esclusivamente
il combinato disposto dei commi 3 e 6 dell’art. 9 in questione, denunciando che
esso prevede la corresponsione al personale esonerato dal servizio di un
incentivo economico, anch’esso cumulabile con altri redditi da lavoro. In
effetti, il predetto comma 3 – al quale solo deve ritenersi indirizzata la
censura mossa dal ricorrente – stabilisce che al dipendente che presenti la
domanda di esonero dal servizio è corrisposto «un incentivo costituito da
dodici mensilità per il personale del comparto e da sei mensilità per il
personale dirigenziale».
La disciplina statale dell’istituto, contenuta
nell’art. 72, commi da 1 a 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 6
agosto 2008, n. 133, non prevede invece alcun incentivo economico a favore di
chi chieda di accedere all’istituto in esame. Da tale disciplina, dunque, può
trarsi il principio secondo cui al dipendente che chieda ed ottenga di essere
esonerato dal servizio spetta, quale trattamento economico, esclusivamente il
50 per cento di quello che sarebbe stato il trattamento economico che avrebbe
percepito continuando ad eseguire regolarmente la propria prestazione
lavorativa. L’art. 9, comma 3, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011,
prevedendo che al dipendente spetti, in aggiunta, anche un incentivo economico
di ragguardevole ammontare (addirittura un’annualità di stipendio per gli
impiegati e sei mensilità per i dirigenti) introduce un elemento di distorsione
dell’istituto idoneo a compromettere la finalità di contenimento della spesa
per il personale chiaramente sottesa all’istituto dell’esonero dal servizio e,
per tale ragione, confligge con il principio di
coordinamento della finanza pubblica sopra specificato ed è illegittimo per
violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Non possono indurre a conclusione diversa le
modificazioni normative intervenute successivamente alla proposizione del
presente ricorso.
In particolare, l’art. 24, comma 14, lettera e), del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,
l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1 della legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha abrogato i
commi da 1 a 6 dell’art. 72 del decreto-legge n. 112 del 2008 e,
contestualmente, ha stabilito che «sono altresì disapplicate le disposizioni
contenute in leggi regionali recanti discipline analoghe a quelle dell’istituto
dell’esonero dal servizio». Invero, tale norma fa salvi gli effetti dei
provvedimenti di ammissione all’esonero dal servizio già disposti alla data
della sua entrata in vigore. Quindi occorre comunque procedere all’esame della
norma sarda oggetto della presente questione, la quale ha avuto applicazione
almeno fino all’entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011.
Inoltre, l’art. 3, comma 15, primo periodo, della
legge della Regione Sardegna 15 marzo 2012, n. 6 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – legge finanziaria
2012), senza modificare direttamente la norma oggetto della presente questione,
ha disposto che, con decorrenza dall’anno finanziario 2011, l’incentivo di cui
all’art. 9, comma 3, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011 è concesso in
misura pari a tre mensilità per ogni anno di esonero, sino ad un massimo di
quattro anni, ed ha mantenuto fermo il principio secondo cui tale emolumento si
cumula con quelli previsti dalla legislazione statale a favore dei dipendenti
in esonero. Neppure tale intervento del legislatore regionale incide sulla
decisione della presente questione di legittimità costituzionale, poiché non vi
sono elementi che consentano di escludere che la norma impugnata dal Presidente
del Consiglio dei ministri abbia avuto applicazione.
Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 9, comma 3, della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011 per violazione
dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Resta assorbito l’altro profilo di illegittimità
costituzionale prospettato dal ricorrente.
12.– Le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 10 della medesima legge regionale sarda, promosse in riferimento agli
artt. 97 e 117, terzo comma, Cost., sono fondate.
12.1.– La norma oggetto della presente questione
prevede la stabilizzazione del personale non dirigenziale addetto al servizio
sanitario di urgenza ed emergenza che abbia lavorato per almeno trenta mesi
negli ultimi cinque anni; la stabilizzazione avviene su semplice domanda degli
interessati per coloro il cui rapporto di lavoro sia stato instaurato «almeno
in parte» sulla base di «procedure selettive di natura concorsuale», ovvero a
seguito di procedure selettive di natura concorsuale per il restante personale.
Così disponendo, l’art. 10 della legge reg. Sardegna
n. 16 del 2011 confligge con la disciplina dettata
dall’art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 agosto 2009, n. 102. Questa prevede,
tra l’altro, che le amministrazioni possano attribuire rilevanza al pregresso
svolgimento di attività lavorativa in esecuzione di rapporti precari mediante
la previsione di una riserva di posti (pari al 40 per cento dei posti messi a
concorso, quota innalzabile al 50 per cento in alcuni casi) nei concorsi banditi
per le nuove assunzioni, ovvero mediante valorizzazione, per il tramite del
riconoscimento di apposito punteggio sempre nell’àmbito
di concorsi pubblici banditi per le nuove assunzioni, dell’esperienza
professionale maturata in virtù dei predetti rapporti.
La norma oggetto della presente questione, invece,
prevede una stabilizzazione o su semplice domanda degli interessati ovvero
previo espletamento di «prove selettive concorsuali» delle quali non è prevista
tuttavia la pubblicità.
Essa, pertanto, è illegittima per violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost., poiché la menzionata normativa statale detta
principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica
(sentenze n. 30
del 2012 e n.
69 del 2011).
Né potrebbero autorizzare una conclusione diversa le
difese svolte dalla Regione circa un’asserita inammissibilità della questione
per genericità o incompletezza. In realtà, il ricorrente ha specificato sia
l’attribuzione della quale lamenta la lesione (la competenza legislativa
concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica), sia la
normativa statale espressiva dei principi fondamentali violati nella
fattispecie.
Nel merito, la resistente sostiene che non
sussisterebbe violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., perché il comma 1
dell’impugnato art. 10 stabilisce che la spesa prevista sia finanziata con le
risorse dei bilanci dei rispettivi enti e che l’aggiornamento del piano
pluriennale di superamento del precariato debba rispettare le effettive
necessità delle amministrazioni e delle relative dotazioni organiche. Tuttavia
è evidente come tali circostanze non escludano affatto il contrasto con la
legislazione statale prima evidenziato.
La difesa regionale aggiunge che l’art. 10 della
legge reg. Sardegna n. 16 del 2011 sarebbe coerente con quanto previsto dal
legislatore statale all’art. 1, comma 558, della legge n. 296 del 2006, ma tale
normativa è stata sostituita proprio da quella del 2009 di cui il Presidente
del Consiglio dei ministri lamenta la lesione, la quale non a caso prevede le
modalità di stabilizzazione prima ricordate (riserva di una quota di posti nei
concorsi pubblici) proprio a favore, tra l’altro, del «personale non
dirigenziale in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, commi 519 e 558,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296».
12.2.– Sussiste altresì lesione dell’art. 97 della
Costituzione.
Questa Corte ha ripetutamente dichiarato
l’illegittimità, per violazione di tale precetto costituzionale, di norme che
disponevano stabilizzazioni del personale precario delle pubbliche
amministrazioni senza prevedere la necessità del superamento di un concorso
pubblico (sentenze n. 51 del 2012,
n. 7 del 2011,
n. 235 del 2010).
Ciò è quanto si verifica anche nella presente
fattispecie, poiché, come già segnalato, l’art. 10 della legge reg. Sardegna n.
16 del 2011 prevede una stabilizzazione o su semplice domanda degli interessati
ovvero previo espletamento di «prove selettive concorsuali» delle quali non è
prevista tuttavia la pubblicità.
Né si può sostenere che il piano pluriennale di
superamento del precariato di cui alla norma impugnata si applichi solamente a
coloro che abbiano già superato prove selettive di natura concorsuale o che si
sottopongano a prove selettive concorsuali. Infatti, da un lato, l’art. 10
della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011 prevede la stabilizzazione a domanda,
non già a favore di chi abbia lavorato a
tempo determinato a seguito di vittoria in un concorso pubblico, ma – molto
genericamente – per coloro il cui rapporto di lavoro sia stato instaurato
«almeno in parte» sulla base di «procedure selettive di natura concorsuale»;
dall’altro, la norma censurata non richiede la pubblicità delle prove concorsuali
cui si dovrebbe sottoporre il personale precario.
12.3.– Va pertanto dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011 per
violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma, della Costituzione.
Rimane assorbito l’altro profilo di
incostituzionalità prospettato dal ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separata pronuncia la decisione sulle
altre questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il
ricorso indicato in epigrafe;
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 10, della legge della
Regione Sardegna 4 agosto 2011, n. 16 (Norme in materia di organizzazione e
personale);
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 11, della legge della
Regione Sardegna n. 16 del 2011;
3) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 12-bis, comma 3, della legge della
Regione Sardegna 5 novembre 1985, n. 26 (Istituzione del Corpo forestale e di
vigilanza ambientale della Regione sarda), introdotto dall’articolo 5, comma 1,
della legge della Regione Sardegna n. 16 del 2011;
4) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22-bis, comma 3, lettera b), della
legge della Regione Sardegna n. 26 del 1985, introdotto dall’articolo 5, comma
1, della legge della Regione Sardegna n. 16 del 2011;
5) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 2, della legge della
Regione Sardegna n. 16 del 2011;
6) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 8, della legge della
Regione Sardegna n. 16 del 2011;
7) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 3, della legge della
Regione Sardegna n. 16 del 2011;
8) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 10 della legge della Regione
Sardegna n. 16 del 2011;
9) dichiara
l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli
4, commi 5, 10 e 11, 5, commi 1 e 5, 6, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8, 9, commi 3
e 6, e 10 della legge della Regione Sardegna n. 16 del 2011, promossa, in
riferimento agli articoli 3, 4 e 5 della legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), dal Presidente del Consiglio dei
ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
10) dichiara
l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo
6, commi 1, 3, 4, 5 e 6, della legge della Regione Sardegna n. 16 del 2011,
promossa, in riferimento agli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
11) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 4, comma
5, della legge della Regione Sardegna n. 16 del 2011, promosse, in riferimento
agli articoli 3, 81, quarto comma, e 97 della Costituzione, dal Presidente del
Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2012.