Sentenza n. 205 del 2006

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SENTENZA N. 205

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Annibale                                             MARINI                       Presidente 

- Franco                                                BILE                               Giudice

- Giovanni Maria                                  FLICK                                   "

- Francesco                                            AMIRANTE                          "

- Ugo                                                    DE SIERVO                          "

- Romano                                              VACCARELLA                    "

- Paolo                                                  MADDALENA                     "

- Alfio                                                   FINOCCHIARO                   "

- Alfonso                                              QUARANTA                        "

- Franco                                                GALLO                                 "

- Luigi                                                   MAZZELLA                         "

- Gaetano                                              SILVESTRI                           "

- Sabino                                                CASSESE                              "

- Maria Rita                                          SAULLE                                "

- Giuseppe                                            TESAURO                             "

ha pronunciato la seguente                                                         

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, commi 1 e 2, lettera b), della legge della Regione Umbria 1° febbraio 2005, n. 2 (Struttura organizzativa e dirigenza della Presidenza della Giunta regionale e della Giunta regionale), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 4 aprile 2005, depositato in cancelleria il 12 aprile 2005 e iscritto al n. 42 del registro ricorsi 2005.

            Visto l’atto di costituzione della Regione Umbria;

udito nell’udienza pubblica del 4 aprile 2006 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

uditi l’avvocato dello Stato Aldo Linguiti per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giovanni Tarantini per la Regione Umbria

Ritenuto in fatto

1. ¾ Con ricorso notificato il 4 aprile 2005, depositato il successivo 12 aprile ed iscritto al n. 42 del registro ricorsi dell’anno 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’articolo 19, commi 1 e 2, lettera b), della legge della Regione Umbria 1° febbraio 2005, n. 2 (Struttura organizzativa e dirigenza della Presidenza della Giunta regionale e della Giunta regionale).

1.1. ¾ Il denunciato articolo 19 prevede (comma 1) che «il Consiglio regionale e la Giunta regionale, nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno di personale, possono riservare posti nel limite del quaranta per cento di quelli oggetto di reclutamento dall'esterno a favore di soggetti che abbiano già avuto rapporti di lavoro con le predette amministrazioni ad eccezione di quelli attivati dai Gruppi consiliari in applicazione della legge regionale 20 marzo 2001, n. 7» e (comma 2) che «i soggetti di cui al comma 1 sono ammessi a partecipare ai concorsi banditi dall’Amministrazione di rispettiva appartenenza a condizione che: a) siano in possesso dei requisiti previsti per l'accesso dall'esterno ed in particolare dei titoli di studio prescritti per le categorie relative ai posti messi a concorso; b) abbiano avuto rapporti di lavoro subordinato e/o para-subordinato a tempo determinato, per una durata complessiva di almeno 24 mesi nel periodo dal 1° gennaio 1995 al 31 dicembre 2004».

1.2. ¾ Il ricorrente sostiene che la predetta disposizione violerebbe il principio costituzionale del pubblico concorso per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, di cui agli articoli 3, 51 e 97, primo e terzo comma, della Costituzione, «come ribadito dalla giurisprudenza costituzionale» (sentenze n. 205 e n. 34 del 2004, n. 274 del 2003, n. 194 del 2002 e n. 1 del 1999), «nonché i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento, comportando esclusivamente un indebito privilegio, in quanto l’attività svolta per la regione non si configura quale requisito professionale per l’ammissione alle selezioni pubbliche tale da consentirne una riserva di posti».

2. ¾ Si è costituita in giudizio la Regione Umbria concludendo per l’inammissibilità e l’infondatezza della questione.

2.1. ¾ Secondo la difesa regionale, l’inammissibilità deriverebbe dalla genericità ed indeterminatezza del ricorso, il quale non motiverebbe adeguatamente circa gli elementi e le condizioni che creerebbero il denunciato illegittimo privilegio e la non giustificata deroga al principio del concorso pubblico e conterrebbe solo un generico riferimento a varie sentenze di questa Corte, relative tuttavia a fattispecie profondamente diverse da quella oggetto dell’impugnativa.

2.2. ¾ Nel merito, la Regione Umbria, dopo avere ricostruito il contenuto dell’intero intervento normativo recato dalla legge regionale n. 2 del 2005, analizza il disposto dell’impugnato articolo 19, commi 1 e 2, lettera b), sostenendo che, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la disposizione dovrebbe considerarsi una legittima deroga al principio del pubblico concorso.

In particolare, la difesa regionale ritiene che la norma censurata realizzerebbe un ragionevole punto di equilibrio tra il predetto principio e l’esigenza dell’amministrazione di non disperdere un patrimonio di esperienze già acquisite, fissando nella misura del quaranta per cento la riserva dei posti in favore dei soggetti che abbiano già avuto un rapporto di lavoro a tempo determinato con la Regione per un periodo di almeno ventiquattro mesi nel decennio dal 1° gennaio 1995 al 31 dicembre 2004. Secondo la resistente, non vi sarebbe un arbitrario o irragionevole “privilegio”, in quanto l’esperienza lavorativa rileva solo se collegata al possesso del titolo di studio prescritto per le categorie messe a concorso, e consentirebbe alla Regione di non rinunciare ad «esperienze fatte proprie e sicuramente meritevoli di valorizzazione».

Né la quota del quaranta per cento dei posti che la Regione ha facoltà di riservare alla predetta categoria di ex dipendenti a tempo determinato potrebbe, infine, considerarsi sproporzionata, atteso che essa supera, di poco, un terzo del complessivo numero dei posti messi a concorso.

3. ¾ In prossimità dell’udienza pubblica il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria, nella quale ha insistito nelle censure prospettate, contestando inoltre le difese della Regione resistente.

In particolare, l’Avvocatura dello Stato rileva che la norma impugnata non possa trovare giustificazione, come invece assumerebbe la resistente, nella opportunità di stabilizzare un «patrimonio di esperienze acquisite», in quanto la prestazione lavorativa dei soggetti cui è riservato il concorso in questione non è necessariamente in atto, né ha alcuna correlazione con i posti messi a concorso. Né questa correlazione emergerebbe dalla necessità che gli ex dipendenti a tempo determinato abbiano i titoli di studio richiesti per l’accesso agli impieghi messi a concorso, dato che non viene richiesta nessuna coerenza tra questi titoli e l’impiego già prestato.

4. ¾ In prossimità dell’udienza anche la Regione Umbria ha depositato una memoria nella quale ha sostanzialmente ribadito le difese già svolte.

In particolare, la difesa regionale ha sottolineato come la disposizione impugnata attribuisce una mera facoltà al Consiglio ed alla Giunta regionale, che «dovranno valutare la sussistenza di situazioni e soggetti che, rispettivamente, per la loro peculiarità e per la professionalità posseduta e/o acquisita, giustifichino la prevalenza dell’interesse a favorirne il reingresso».

La Regione Umbria rimarca che la disposizione potrebbe trovare applicazione solo in favore di ex personale precario che sia in possesso del titolo di studio per l’accesso all’impiego messo a concorso e che abbia svolto la propria attività per almeno un biennio ovvero per «un periodo sufficientemente ampio per acquisire notevole esperienza».

La Regione rileva, infine, che l’impugnato articolo 19 della legge regionale n. 2 del 2005 «non esclude o consente di ridurre in modo consistente e senza motivo le possibilità di accesso per gli altri possibili aspiranti», sicché non sarebbe ipotizzabile «alcuna violazione del carattere “pubblico” del concorso che rimane tale per gran parte dei posti da ricoprire, secondo quanto prescritto dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione».

Considerato in diritto

1. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in riferimento agli articoli 3, 51 e 97, primo e terzo comma, della Costituzione, l’articolo 19, commi 1 e 2, lettera b), della legge della Regione Umbria 1° febbraio 2005, n. 2 (Struttura organizzativa e dirigenza della Presidenza della Giunta regionale e della Giunta regionale).

1.1. ¾ L’impugnato articolo 19 prevede (comma 1) che «il Consiglio regionale e la Giunta regionale, nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno di personale, possono riservare posti nel limite del quaranta per cento di quelli oggetto di reclutamento dall’esterno a favore di soggetti che abbiano già avuto rapporti di lavoro con le predette amministrazioni ad eccezione di quelli attivati dai Gruppi consiliari in applicazione della legge regionale 20 marzo 2001, n. 7» e (comma 2) che «i soggetti di cui al comma 1 sono ammessi a partecipare ai concorsi banditi dall’Amministrazione di rispettiva appartenenza a condizione che: a) siano in possesso dei requisiti previsti per l’accesso dall’esterno ed in particolare dei titoli di studio prescritti per le categorie relative ai posti messi a concorso; b) abbiano avuto rapporti di lavoro subordinato e/o para-subordinato a tempo determinato, per una durata complessiva di almeno 24 mesi nel periodo dal 1° gennaio 1995 al 31 dicembre 2004».

1.2. ¾ Il ricorrente sostiene che la predetta disposizione violerebbe il principio costituzionale del pubblico concorso per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, «come ribadito dalla giurisprudenza costituzionale» (sentenze n. 205 e n. 34 del 2004, n. 274 del 2003, n. 194 del 2002 e n. 1 del 1999), «nonché i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento, comportando esclusivamente un indebito privilegio, in quanto l’attività svolta per la regione non si configura quale requisito professionale per l’ammissione alle selezioni pubbliche tale da consentirne una riserva di posti».

La Regione sostiene invece che le norme in questione perseguono l’obiettivo di realizzare un ragionevole punto di equilibrio tra il principio del pubblico concorso e l’esigenza dell’Amministrazione di non disperdere un patrimonio di esperienze già acquisite, punto di equilibrio che si realizzerebbe nel limitare la riserva dei posti, a favore di coloro che abbiano già avuto un’esperienza lavorativa presso la Regione, nella misura del quaranta per cento.

2. ¾ Deve preliminarmente essere rigettata l’eccezione sollevata dalla Regione Umbria di inammissibilità del ricorso per genericità ed indeterminatezza della motivazione.

Al riguardo basta osservare che l’onere di motivazione del ricorrente è adeguatamente soddisfatto dalle argomentazioni in ordine alla violazione del principio costituzionale del pubblico concorso, laddove sarebbe spettato alla Regione dimostrare la presenza di quelle peculiari ragioni che sole possono giustificare deroghe al principio stesso.

3. ¾ Nel merito la questione è fondata.

3.1. ¾ L’aver prestato attività a tempo determinato alle dipendenze dell’amministrazione regionale non può essere considerato ex se, ed in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni, un valido presupposto per una riserva di posti.

La normativa impugnata nel riferirsi a tutti coloro che abbiano svolto una qualsiasi attività a favore della Regione nell’arco di un decennio, non identifica, come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, alcuna peculiare situazione giustificatrice della deroga al principio di cui all’art. 97, terzo comma, della Costituzione e si risolve piuttosto in un arbitrario privilegio a favore di una generica categoria di persone.

Né il riferimento ad un’attività lavorativa pregressa può dedursi dai titoli di studio richiesti per l’accesso all’impiego, giacché questi ultimi attengono al lavoro da svolgere e non sono necessariamente collegati all’attività precedentemente svolta.

Nessun rilievo ha poi la circostanza che la disposizione impugnata attribuisce all’Ente una facoltà e non un obbligo di procedere alle assunzioni previo concorso riservato, considerato che la norma censurata, in ogni caso, consente una deroga al principio costituzionale del pubblico concorso.

Una volta esclusa la presenza di ragioni che giustifichino detta deroga, risulta, d’altra parte, irrilevante la misura percentuale della quota riservata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, commi 1 e 2, lettera b), della legge della Regione Umbria 1° febbraio 2005, n. 2 (Struttura organizzativa e dirigenza della Presidenza della Giunta regionale e della Giunta regionale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 maggio 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2006.