SENTENZA N. 51
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 11, commi 1 e 10, della legge della Regione Molise 24 marzo 2011, n. 6 (Norme sull’organizzazione dell’esercizio di funzioni e compiti amministrativi a livello locale. Soppressione delle comunità montane), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 30 maggio 2011, depositato in cancelleria il 31 maggio 2011, ed iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2011.
Udito nell’udienza pubblica del 14 febbraio 2012 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
udito l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.― Con ricorso notificato il 30 maggio 2011 e depositato in cancelleria il successivo 31 maggio, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11, commi 1 e 10, della legge della Regione Molise 24 marzo 2011, n. 6 (Norme sull’organizzazione dell’esercizio di funzioni e compiti amministrativi a livello locale. Soppressione delle comunità montane).
Ad avviso del ricorrente le dette disposizioni sarebbero in contrasto con gli artt. 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, nonché con l’art. 17, comma 10, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali), e con l’art. 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
2.― L’art. 11, comma 1, della predetta legge regionale prevede che l’amministrazione regionale e gli enti che dipendono da essa vengano a ricoprire i posti vacanti nelle rispettive dotazioni organiche ricorrendo all’istituto della mobilità sia del personale a tempo indeterminato che a quello impiegato in lavori socialmente utili (LSU) delle soppresse Comunità montane in applicazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché delle norme di settore disciplinanti l’utilizzazione dei lavoratori socialmente utili.
Il citato art. 30, però, precisa la difesa statale, trova applicazione solamente per il personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato e non per personale precario come è quello dei cosiddetti lavoratori socialmente utili.
Pertanto, in tal modo, la disposizione regionale impugnata viene, in uno con la cessione del contratto, a convertire rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato, operando la stabilizzazione dei lavoratori impiegati nei LSU e, di fatto, realizzando un inquadramento riservato. Essa, quindi, procedendo alla stabilizzazione di personale precario, si porrebbe in contrasto, irragionevolmente, con l’art. 97 della Costituzione, che stabilisce l’obbligatorietà dell’espletamento del concorso pubblico per accedere alla pubblica amministrazione.
In proposito, l’Avvocatura dello Stato rammenta che, secondo consolidata giurisprudenza costituzionale, solo la presenza di particolari e straordinarie esigenze, non rinvenibili nel caso di specie, potrebbe consentire la deroga a tale principio.
3.― Secondo il ricorrente, la disposizione regionale in oggetto si porrebbe in contrasto, altresì, con l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
Infatti – prosegue la difesa erariale – il comma 1 dell’art. 11 della citata legge regionale, richiamando l’istituto della mobilità per il passaggio diretto tra pubbliche amministrazioni, concretizzerebbe una «cessione del contratto» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, 9 settembre 2010, n. 19251 e 12 dicembre 2006, n. 26240), materia che attiene al diritto privato (sentenza n. 324 del 2010 della Corte costituzionale).
Applicandolo, poi, a «lavoratori a tempo determinato» verrebbe a modificare, sotto vari aspetti, la regolamentazione del rapporto precario in atto, intervenendo nella materia dell’ordinamento civile riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (sentenza n. 108 del 2011).
4.― Anche il comma 10 dell’art. 11 della legge regionale del Molise n. 6 del 2011, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, sarebbe costituzionalmente illegittimo, in quanto violerebbe l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione alla materia «coordinamento della finanza pubblica».
La disposizione censurata stabilisce che la Regione Molise, in sede di manovra finanziaria annuale, venga a destinare risorse finanziare al fine di promuovere la stabilizzazione dei lavoratori con contratto LSU in servizio presso le soppresse Comunità montane. Essa, così disponendo, verrebbe a violare l’art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009, il quale – nel rispetto della programmazione triennale relativa al fabbisogno e ai vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa del personale – non prevede una generale salvaguardia di ogni forma di stabilizzazione, ma fissa limiti «qualitativi», nonché «quantitativi», al possibile riassorbimento di lavoratori cosiddetti precari nel pubblico impiego, limiti che costituiscono – per tutte le amministrazioni pubbliche, Regioni comprese – presupposti legittimanti e non superabili per la stabilizzazione o «ruolizzazione».
Il comma 10, pertanto, stabilendo che la Regione Molise stanzi, in sede di manovra finanziaria annuale – al fine di promuovere la stabilizzazione dei lavoratori impiegati in LSU in servizio presso le soppresse Comunità montane – risorse finanziarie al di fuori dei limiti e dei requisiti previsti dalla norma statale ricordata, si porrebbe in contrasto con principi fondamentali stabiliti in materia di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
5.― La Regione Molise non si è costituita.
Considerato in diritto
1.― Il Presidente del Consiglio dei ministri, ha promosso – in riferimento agli artt. 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, nonché all’art. 17, comma 10, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali), e all’art. 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) – questione di legittimità costituzionale, in via principale, dell’articolo 11, commi 1 e 10, della legge della Regione Molise 24 marzo 2011, n. 6 (Norme sull’organizzazione dell’esercizio di funzioni e compiti amministrativi a livello locale. Soppressione delle comunità montane).
2.― La prima delle disposizioni impugnate, l’art. 11, comma 1, della legge regionale n. 6 del 2011, stabilisce che «L’amministrazione regionale e gli enti da essa dipendenti ricoprono i posti vacanti delle rispettive dotazioni organiche, ricorrendone i presupposti di legge, prioritariamente attraverso la mobilità del personale a tempo indeterminato e LSU delle soppresse Comunità montane, in applicazione dell’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle norme di settore disciplinanti l’utilizzazione dei lavoratori socialmente utili».
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la norma in oggetto sarebbe in contrasto con l’art. 97 Cost., in quanto consentirebbe, senza l’espletamento di alcuna procedura concorsuale, la stabilizzazione di soggetti titolari di un rapporto di lavoro non ricompreso nella normativa statale di principio, quali risultano essere i lavoratori già impiegati nei lavori socialmente utili (LSU) delle soppresse Comunità montane.
L’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, infatti, trova applicazione solamente per personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato e non per personale precario.
3.― La norma, inoltre, facendo ricorso all’istituto della mobilità con conseguente inquadramento a tempo indeterminato nei ruoli dall’amministrazione regionale e degli enti da essa dipendenti di personale impiegato nei cosiddetti LSU e concretizzando una «cessione del contratto» – materia che attiene al diritto privato – verrebbe ad intervenire in un ambito, quello dell’ordinamento civile, riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
4.― La Regione Molise non si è costituita in giudizio.
5.― La questione è fondata sia con riferimento all’art. 97 Cost. sia con riferimento all’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost.
5.1.― La giurisprudenza costituzionale ha più volte dichiarato costituzionalmente illegittime, per violazione dei principi di cui all’art. 97 Cost., disposizioni regionali che prevedevano procedure di stabilizzazione di personale impegnato in lavori socialmente utili senza porre limiti percentuali al ricorso a tale tipo di assunzione (sentenze n. 108, n. 68 e n. 67 del 2011) e «senza fornire indicazioni circa la sussistenza dei requisiti per poter ammettere deroghe al principio del concorso pubblico, vale a dire la peculiarità delle funzioni che il personale svolge (sentenze n. 267 e n. 195 del 2010, n. 293 del 2009) o specifiche necessità funzionali dell’amministrazione» (sentenza n. 68 del 2011).
5.1.1.― Questa Corte, del resto, ha ripetutamente rilevato la necessità del ricorso al concorso pubblico sia nelle ipotesi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio, sia in quelle – come nel caso di specie – «di trasformazione di rapporti non di ruolo non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo», precisando «i limiti entro i quali può consentirsi al legislatore di disporre procedure di stabilizzazione di personale precario che derogano al principio del concorso», e sottolineando, al riguardo, che «non è in particolare sufficiente, a tal fine, la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attività a tempo determinato presso l’amministrazione, né basta la “personale aspettativa degli aspiranti” ad una misura di stabilizzazione» (sentenza n. 150 del 2010).
5.1.2.― La norma impugnata, prevedendo la stabilizzazione di soggetti titolari di meri rapporti precari (e, quindi, una forma di assunzione riservata senza «predeterminazione di criteri selettivi di tipo concorsuale») e ponendosi in contrasto con i sopraindicati principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale in materia di impiego pubblico, viola il principio dell’assunzione tramite pubblico concorso, di cui all’art. 97 Cost.
5.2.― Ugualmente fondata è la questione relativa al medesimo comma 1 dell’art. 11 della legge regionale censurata con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
5.2.1.― La disciplina regionale, infatti, consentendo la trasformazione di contratti precari di lavoratori LSU in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, «incide sulla regolamentazione del rapporto precario già in atto (e, in particolare, sugli aspetti connessi alla durata del rapporto) e determina, al contempo la costituzione di altro rapporto giuridico (il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione). Una simile disposizione è inquadrabile, quindi, nella materia disciplinata dall’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, di competenza esclusiva del legislatore statale. Come questa Corte ha avuto di recente modo di chiarire, infatti, la disciplina della fase costitutiva del contratto di lavoro, così come quella del rapporto sorto per effetto dello stesso, si realizzano mediante la stipulazione di un contratto di diritto privato e, pertanto, appartengono alla materia dell’ordinamento civile» (sentenza n. 69 del 2011; nello stesso senso sentenze n. 108 e n. 68 del 2011, n. 354 del 2010).
6.― L’altra disposizione impugnata – l’art. 11, comma 10, della legge regionale del Molise n. 6 del 2011, che prevede la destinazione, da parte della Regione in sede di manovra finanziaria annuale, di risorse finanziare al fine di promuovere la stabilizzazione dei lavoratori con contratto LSU in servizio presso le soppresse Comunità montane – viola, secondo il ricorrente, l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto si pone in contrasto con principi fondamentali stabiliti in materia di coordinamento della finanza pubblica dall’art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009.
6.1.― Quest’ultimo – stabilendo che «Nel triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 […] possono bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso, per il personale non dirigenziale in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e all’articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244» – oltre a prevedere procedure concorsuali per le possibili assunzioni, fissa limiti «qualitativi», nonché «quantitativi» al possibile riassorbimento di lavoratori cosiddetti precari nel pubblico impiego, limiti che costituiscono, per tutte le amministrazioni pubbliche, presupposti legittimanti e non superabili per la stabilizzazione.
Il comma 10 dell’art. 11, diversamente, non prevederebbe procedure selettive, ma bensì la stabilizzazione generalizzata dei lavoratori impiegati in LSU in servizio presso le soppresse Comunità montane, senza stabilire, quindi, i requisiti di cui devono essere in possesso questi ultimi e, comunque, al di fuori dei limiti previsti dal legislatore statale per il possibile riassorbimento del precariato nel pubblico impiego.
7.1.― La questione è fondata.
7.1.1.― Premesso che questa Corte ha già precisato che tutte le Regioni sono soggette ai vincoli legislativi derivanti dal rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica (sentenze n. 30 del 2012, n. 229 del 2011 e n. 120 del 2008), va sottolineato che la giurisprudenza costituzionale ha qualificato le norme statali in materia di stabilizzazione dei lavoratori precari come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, in quanto le stesse perseguono la finalità del contenimento della spesa nello specifico settore del personale (ex plurimis, sentenze n. 108, n. 69 e n. 68 del 2011). È stato altresì precisato che tra le norme espressive di un principio di coordinamento della finanza pubblica, volto al contenimento della spesa, è senz’altro da ascrivere l’art. 17, comma 10, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009 (sentenze n. 30 del 2012, n. 310 e n. 69 del 2011).
7.1.2.― L’art. 11, comma 10, delle legge regionale del Molise n. 6 del 2011, disponendo la destinazione di risorse finanziarie al fine di promuovere una stabilizzazione generalizzata di personale precario – senza procedure concorsuali o selettive e/o attitudinali di alcun tipo, né limiti a tale tipo di assunzione – difformemente da quanto previsto dall’art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009, è costituzionalmente illegittimo, in quanto lesivo della competenza legislativa statale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11, commi 1 e 10, della legge della Regione Molise 24 marzo 2011, n. 6 (Norme sull’organizzazione dell’esercizio di funzioni e compiti amministrativi a livello locale. Soppressione delle comunità montane).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2012.