SENTENZA N. 354
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 59, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2004) promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra Ficco Donata e la Regione Puglia ed altri con ordinanza del 23 marzo 2009 iscritta al n. 211 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visti gli atti di costituzione di Ficco Donata e della Regione Puglia;
udito nell’udienza pubblica del 16 novembre 2010 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi gli avvocati Giuseppe Gallo per Ficco Donata e Alfonso Celotto per la Regione Puglia.
Ritenuto in fatto
1. – Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 23 marzo 2009, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 59, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2004), per violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione.
La disposizione censurata stabilisce che «In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo sono fatti salvi gli esiti delle procedure di progressione verticale effettuate in base alla Delib.G.R. 30 dicembre 1997, n. 10179 (Articoli 30 e 32 della legge regionale 4 febbraio 1997, n. 7 - Bandi di concorsi interni riservati al personale di ruolo della Regione). Restano fermi, pertanto, gli inquadramenti effettuati in base a tali procedure da imputarsi all’aliquota di cui al comma 1, anche se in esubero rispetto alla medesima. I posti in esubero rispetto alla citata aliquota sono portati in detrazione dall’aliquota di cui al comma 2 in occasione dell’espletamento di procedure concorsuali successive alla data di entrata in vigore della presente legge».
2. – Il collegio rimettente riferisce che l’appellante nel giudizio principale chiede la riforma della sentenza con cui è stato rigettato, in primo grado, il suo ricorso avverso una delibera della Giunta della Regione Puglia che, in asserita ottemperanza di sentenze di annullamento di concorsi interamente riservati al personale interno, adottate dal giudice amministrativo, ha indetto un nuovo concorso pubblico per un numero insufficiente di posti.
In base a quanto espone il giudice a quo, la Regione Puglia ha bandito, nel 1998 e nel 1999, due concorsi, rispettivamente per la copertura di n. 482 posti di VIII qualifica funzionale e di n. 381 posti di VII qualifica funzionale, interamente riservati agli impiegati regionali inquadrati nella qualifica immediatamente inferiore, conformemente a quanto allora previsto dall’art. 32 della legge della Regione Puglia 4 febbraio 1997, n. 7 (Norme in materia di organizzazione dell’Amministrazione regionale) e dall’art. 39 della legge della Regione Puglia 9 maggio 1984, n. 26 (Norme per la disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale regionale per il triennio 1982-1984 - Accordo nazionale del 29 aprile 1983).
Adito con ricorsi proposti da funzionari regionali esclusi dai predetti concorsi per carenza del requisito della qualifica immediatamente inferiore, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ha successivamente promosso questione di legittimità costituzionale delle predette disposizioni legislative regionali, che sono state dichiarate illegittime da questa Corte (sentenza n. 373 del 2002, nella parte in cui esse riservavano «il 100% dei posti messi a concorso a personale interno»). Conseguentemente, il Tar Puglia, con diverse sentenze adottate nel 2004 (nn. 2610, 2842, 2836 e 5227), ha annullato le procedure concorsuali indette sulla base delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime, specificando, secondo quanto riferisce il rimettente, che «la copertura dei posti […] disponibili […] alla data di indizione dei concorsi non poteva avvenire attraverso un reclutamento soltanto interno e che la Regione, nell’indire una nuova procedura concorsuale avrebbe dovuto operare ora per allora, avendo a riferimento non solo i posti vacanti ad una certa data, ma anche la disciplina normativa che allora regolava lo status dei dipendenti regionali».
In tale contesto, la Regione Puglia ha approvato la norma legislativa censurata, con essa facendo salvi «gli esiti delle procedure di progressione verticale effettuate» in base ai bandi annullati dal giudice amministrativo, e, in asserita ottemperanza delle sentenze rese da questa Corte e dal giudice amministrativo, ha adottato la delibera oggetto di impugnazione nel giudizio a quo, con la quale è stato indetto un concorso, aperto agli esterni, volto alla copertura di 60 (30 per la categoria D1 e 30 per la categoria D3) degli originari 863 posti cui si riferivano i concorsi interni annullati.
L’appellante nel giudizio principale ha partecipato a quest’ultimo concorso, conseguendo un punteggio superiore al minimo, ma non sufficiente per accedere alle prove successive, in ragione del numero limitato di posti messi a concorso, la cui quantificazione egli ha conseguentemente contestato, proponendo prima ricorso al Tar Puglia, che lo ha dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione ad agire, e poi proponendo l’appello che forma oggetto del giudizio principale, con il quale egli deduce l’elusione del giudicato amministrativo e l’illegittimità costituzionale della sopravvenuta norma censurata.
3. – Ciò premesso, il collegio rimettente ritiene che la questione di legittimità costituzionale della norma censurata sia rilevante e non manifestamente infondata.
3.1. – In punto di rilevanza, il giudice a quo, premettendo che all’appellante deve riconoscersi un «interesse sostanziale» alla quantificazione dei posti messi a concorso in esatta ottemperanza delle sentenze con cui il giudice amministrativo ha annullato «atti a contenuto generale ad effetti indivisibili», quali sono i bandi di concorso interamente riservati al personale interno, osserva che le predette sentenze hanno prodotto, «quale effetto conformativo», l’obbligo della Regione di procedere, «ora per allora», a bandire concorsi aperti agli esterni, che secondo il collegio rimettente devono avere ad oggetto almeno il 50% di quei posti, in considerazione della «esplicita indicazione della Corte Costituzionale per la quale la riserva limitata al 50% dei posti messi a concorso, in favore del personale della qualifica immediatamente inferiore […] è stata ritenuta non irragionevole e non lesiva del precetto costituzionale». Tuttavia, ad avviso del collegio rimettente, la possibilità della Regione di adempiere al predetto obbligo, mettendo a concorso il 50% dei posti vacanti nel 1998/1999, è rimasta preclusa dalla sopravvenuta «sanatoria» operata dalla disposizione legislativa censurata, che ha fatto pienamente salvi gli esiti delle procedure concorsuali annullate dal giudice amministrativo, così determinando il ridotto numero di posti messi a concorso con la delibera impugnata. Né sono invocabili, secondo il collegio rimettente, impedimenti sopraggiunti diversi dalla esistenza della censurata sanatoria legislativa, quali i vincoli alle assunzioni derivanti da leggi sopravvenute, dal momento che «le leggi finanziarie che dall’anno 2002 hanno limitato il numero dei posti da coprire valevano per quelli che si erano resi liberi successivamente all’anno 2001 ma non per quelli per cui la ricognizione di vacanza era stata effettuata negli anni 1998/1999, che erano stati comunque (illegittimamente) coperti ed in ordine ai quali si era formato il giudicato che imponeva di utilizzare diverse procedure».
3.2. – Quanto alla valutazione di non manifesta infondatezza, il giudice a quo ritiene che la disposizione legislativa censurata, nel dare «reviviscenza a norme dichiarate incostituzionali dalla Corte Costituzionale» per violazione dei principi di «imparzialità e […] buon andamento dell’amministrazione», si ponga in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.
Ad avviso del collegio rimettente, inoltre, tale disposizione, che possiede i caratteri della legge provvedimento, «confligge anche con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, sancito dagli artt. 24 e 113 della Costituzione, per essere state dal legislatore regionale pretermesse non solo sentenze di un Tribunale amministrativo ma anche una sentenza della stessa Corte Costituzionale».
4. – La Regione Puglia, parte appellata nel giudizio principale, si è costituita in giudizio in data 17 settembre 2009 e ha successivamente depositato memoria in data 21 ottobre 2010. La difesa regionale osserva, innanzitutto, che successivamente al deposito dell’ordinanza di rimessione, l’appellante nel giudizio principale ha sostenuto la prova orale del concorso pubblico senza raggiungere il punteggio minimo richiesto per il suo superamento, venendo conseguentemente meno il suo interesse a contestare il numero di posti messi a concorso con la delibera impugnata. Tale circostanza di fatto, ad avviso della difesa regionale, determinerebbe una sopravvenuta irrilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata nell’ambito del giudizio principale, con conseguente obbligo della Corte costituzionale di restituire gli atti al giudice a quo per una valutazione della perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale.
In via subordinata, la Regione Puglia eccepisce l’inammissibilità della sollevata questione di legittimità costituzionale, in considerazione del carattere alternativo, contraddittorio e non univoco del petitum formulato dal giudice a quo, il quale, per un verso, chiederebbe una pronuncia caducatoria della disposizione censurata e, per altro verso, domanderebbe invece «un intervento additivo affinché si colmi l’incostituzionalità mediante l’ampliamento del numero di posti messi a concorso dalla Regione Puglia». Infine, nel merito, la difesa regionale contesta che gli artt. 3 e 97 Cost. risultino violati dalla disciplina censurata, la quale, anziché ripristinare le norme già dichiarate incostituzionali riproponendo un bando di concorso integralmente riservato ai dipendenti regionali, avrebbe invece «cercato di rinvenire un ragionevole punto di bilanciamento tra le esigenze di ribandire concorsi con riserva non superiore al 50% per i candidati interni e di salvaguardare comunque il fascio di affidamenti e di aspettative dei dipendenti che erano comunque già risultati vincitori dei precedenti concorsi». Né sussisterebbe, secondo la difesa della Regione Puglia, l’ipotizzata violazione degli artt. 24 e 113 Cost. determinata dal numero insufficiente dei posti messi a concorso, dal momento che i vincoli derivanti dalla normativa finanziaria e di bilancio non avrebbero comunque consentito alla Regione di mettere a concorso la metà dei posti originari, come richiesto dalle pronunce della Corte costituzionale e del giudice amministrativo.
5. – L’appellante nel giudizio principale, che si è costituito in giudizio con atto depositato in data 22 settembre 2009 e ha presentato successiva memoria in data 21 ottobre 2010, facendo propri gli argomenti e le conclusioni dell’ordinanza di rimessione, ha insistito per la declaratoria di illegittimità costituzionale della disciplina censurata.
Considerato in diritto
1. – Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 23 marzo 2009, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 59, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2004), per violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione.
Ad avviso del collegio rimettente, la norma censurata, nel fare «salvi gli esiti» di «procedure di progressione verticale» interamente riservate a personale interno, che erano state bandite ed espletate in applicazione di norme legislative dichiarate per tale ragione illegittime da questa Corte (sentenza n. 373 del 2002), e che erano state conseguentemente annullate dal giudice amministrativo, violerebbe gli artt. 3 e 97 della Costituzione, «incidendo sull’imparzialità ed il buon andamento dell’amministrazione», e si porrebbe altresì in contrasto «con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, sancito dagli artt. 24 e 113 della Costituzione».
2. – Preliminarmente, va respinta la richiesta, avanzata dalla difesa della Regione Puglia, di restituire gli atti al giudice a quo per una valutazione della perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale. Il collegio rimettente ha infatti motivato in modo non implausibile circa la rilevanza della questione sollevata. Il giudizio costituzionale è autonomo rispetto a quello principale, nel senso che non risente delle vicende di fatto successive all’ordinanza di rimessione (secondo quanto disposto dall’art. 18 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), quale la dedotta sopravvenuta carenza di interesse dell’appellante nel giudizio principale in ragione del conseguimento, da parte di quest’ultimo, di un punteggio inferiore al minimo richiesto nelle prove orali del concorso.
Deve essere inoltre disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata, in via subordinata, dalla medesima difesa regionale. Contrariamente a quanto da quest’ultima affermato, infatti, il petitum formulato dal giudice a quo è chiaro e univoco. Il collegio rimettente domanda una pronuncia con effetto di annullamento della disposizione censurata, senza fare alcun riferimento, nella propria ordinanza di rimessione, ad interventi additivi o manipolativi da parte di questa Corte.
3. – Nel merito, la questione è fondata.
3.1. – La disciplina censurata ha fatto salvi gli effetti dell’applicazione di disposizioni legislative dichiarate costituzionalmente illegittime da questa Corte con la sentenza n. 373 del 2002. Essa, pertanto, ha riprodotto il medesimo vizio di quelle norme, cioè la violazione dei principi di imparzialità e buon andamento, determinata dalla previsione di una riserva al personale interno della totalità dei posti messi a concorso dalla pubblica amministrazione. L’orientamento affermato nella sentenza n. 373 del 2002 è stato ribadito ulteriormente nella successiva giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale una riserva integrale ai dipendenti già in servizio dei posti messi a concorso, come quella prevista dalle procedure di cui la disposizione censurata ha fatto salvi gli esiti, contraddice il carattere aperto della selezione. Questo rappresenta un elemento essenziale del concorso pubblico e il suo difetto costituisce lesione degli artt. 3 e 97 Cost. (sentenze n. 169 e n. 100 del 2010, n. 293 del 2009).
3.2. – Sotto altro profilo, la norma censurata, in quanto legge provvedimento che incide sugli effetti di un giudicato, interferisce con l’esercizio della funzione giurisdizionale, determinando una violazione anche degli artt. 24 e 113 Cost. (fra le molte, sentenze n. 24 del 2009 e n. 267 del 2007).
4. – Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 59, comma 3, della legge della Regione Puglia 4 agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2004).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 dicembre 2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 15 dicembre 2010.