SENTENZA N. 278
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo
Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario
Rosario MORELLI "
ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2,
commi 1, 2, 3, 5, 11 e 15, nonché dell’art. 7, comma 5, della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2011, n. 14 (Norme in materia di
caccia, pesca, foreste, ambiente, usi civici, agricoltura, patrimonio ed
urbanistica), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 17-22 febbraio 2012, depositato in cancelleria il 23 febbraio
2012 ed iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di
Bolzano;
udito nell’udienza pubblica del 6 novembre
2012 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato dello Stato Maria Pia Camassa
per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giuseppe Franco
Ferrari per la Provincia autonoma di Bolzano.
Ritenuto in fatto
1. — Con ricorso notificato il 17-22
febbraio 2012 e depositato il 23 febbraio 2012, iscritto al n. 31 del registro
ricorsi 2012, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha proposto impugnazione in via
principale dell’articolo 2, commi 1, 2, 3, 5, 11 e 15, nonché dell’art. 7,
comma 5, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2011, n.
14 (Norme in materia di caccia, pesca, foreste, ambiente, usi civici,
agricoltura, patrimonio ed urbanistica), pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige del
20 dicembre 2011, n. 51, Supplemento n. 1, per violazione dell’articolo 117,
primo e secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione e degli articoli
4 e 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.
670 (Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige).
2.
— Il ricorrente rileva che, ai sensi dell’art. 8, primo comma, punti n. 15) e
n. 16) dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige, la Provincia
autonoma di Bolzano ha potestà legislativa primaria in materia di caccia e di
parchi per la protezione della flora e della fauna. Tuttavia, secondo una
consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (è citata la sentenza n. 378 del
2007), la competenza legislativa in ordine all’ambiente nella sua interezza
è affidata in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., il quale utilizza il termine
«ambiente» in termini onnicomprensivi, ponendovi accanto la parola
«ecosistema». Ne conseguirebbe, a giudizio del Presidente del Consiglio, che
allo Stato spetta disciplinare in modo unitario e complessivo il bene «ambiente»,
inteso come un’entità organica, che esprime un interesse pubblico di valore
costituzionale primario (sentenza n. 151 del
1986) ed assoluto (sentenza n. 210 del
1987), nonché garantire, secondo le prescrizioni del diritto comunitario,
un elevato livello di tutela inderogabile da altre discipline di settore.
Inoltre, osserva ancora il ricorrente,
la disciplina unitaria del bene complessivo ambiente, attribuita in via
esclusiva allo Stato, si porrebbe come limite e prevarrebbe su quella adottata dalle
Regioni e dalle Province autonome in materie di loro competenza ed in
riferimento ad altri interessi (sentenza n. 380 del
2007).
2.1.
— Secondo il ricorrente sarebbe indubbio che l’esercizio dell’attività
venatoria – in particolare la selezione delle specie cacciabili e la
definizione dei periodi aperti all’attività venatoria (ex plurimis sentenze n. 2 del 2012, n. 191 del 2011,
n. 226 del 2003
e n. 536 del
2002) – sia da ricomprendere nella nozione di ambiente e di ecosistema, dal
momento che tale attività inciderebbe sulla tutela della fauna e di conseguenza
sull’equilibrio dell’ecosistema. In conclusione, nelle materie disciplinate
dalla legge in esame, il legislatore provinciale, nell’esercizio della propria
competenza legislativa piena, sarebbe tenuto al rispetto degli standards minimi
ed uniformi di tutela fissati dalla legislazione nazionale ai sensi dell’art.
117, secondo comma, lettera s),
Cost., oltre che al rispetto della normativa comunitaria di riferimento, vale a
dire la direttiva 2 aprile 1979, n. 79/409/CEE (Direttiva del Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici), la direttiva 21 maggio
1992, n. 92/43/CEE (Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche), la
direttiva 88/22/CEE (quest’ultima direttiva è erroneamente citata; al numero
indicato corrisponde non una direttiva, bensì una decisione, che ha un oggetto
estraneo alla materia della caccia), secondo quanto disposto dall’art. 4, comma
1, dello statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige e dall’art. 117,
primo comma, Cost.
2.2. —
In base a queste premesse, secondo il ricorrente, sarebbero censurabili le
disposizioni della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011 sopra richiamate, poiché
si porrebbero in contrasto con puntuali disposizioni della legge 11 febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio)
e del decreto del Presidente della Repubblica 8 ottobre 1997, n. 357 (Regolamento
recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), che
costituirebbero un limite alla potestà legislativa regionale e provinciale, in
quanto contenenti disposizioni che stabiliscono standards minimi ed uniformi su tutto il
territorio nazionale, come tali non derogabili.
Peraltro, il ricorrente rileva come la giurisprudenza costituzionale
avrebbe già ampiamente riconosciuto il carattere di norma fondamentale di
riforma economico-sociale alla legge n. 157 del 1992.
3 — In particolare l’art. 2, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 14 del
2011, che modifica l’art. 2, comma 1, della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 17 luglio 1987, n. 14 (Norme per la protezione della selvaggina e per
l’esercizio della caccia), escludendo dal campo di applicazione della norma,
che definisce la fauna selvatica, i piccioni domestici inselvatichiti si
porrebbe in contrasto con l’art. 2 della legge n. 157 del 1992.
4. — Il successivo comma 2 dell’art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14 del
2011, che modifica le lettere b) ed e) dell’art. 4, comma 1, della legge
prov. Bolzano n. 14 del 1987, contrasterebbe con quanto disposto dalla
normativa statale, prevedendo per le specie volpe, cinghiale, lepre bianca e
pernice bianca, periodi di caccia diversi da quelli stabiliti dall’art. 18,
commi 1 e 2, della citata legge n. 157 del 1992, nonché maggiori rispetto
all’arco temporale massimo ivi consentito. In particolare, per il cinghiale e
la volpe l’impugnata norma provinciale consente la caccia dal 1° luglio al 31
gennaio, quindi per sette mesi, mentre la norma statale permette tale attività
dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio per la volpe e dal 1° ottobre
al 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio per il cinghiale, quindi per un
periodo di tempo minore. Per quanto riguarda la lepre bianca e la pernice
bianca, la norma provinciale ne legittima la caccia dal 1° ottobre al 15
dicembre, mentre la norma statale indica, per tali specie, il periodo compreso
tra il 1° ottobre ed il 30 novembre, quindi, anche in questo caso, un arco
temporale minore.
5. — Il comma 3 del medesimo art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14 del
2011, che inserisce il comma 1-bis
nell’art. 4 della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, prevedendo che in zone
frutti-viticole determinate l’esercizio della caccia alla lepre comune, al
merlo, alla cesena ed al tordo bottaccio sia consentito fino al 10 gennaio e
consentendo nel periodo a partire dal 16 dicembre di ogni anno la caccia a
queste tre specie di turdidi tutti i giorni della settimana, si porrebbe in
contrasto con l’art. 18, comma 1, della legge n. 157 del 1992 per quanto
riguarda i periodi di caccia e con i commi 5 e 6 del medesimo art. 18, che
affermano il principio del silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì,
non potendo essere superiori a tre le giornate di caccia settimanale.
6 — L’art. 2, comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, il quale
sostituisce l’art. 13 della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, prevedendo che
l’esercizio dell’attività venatoria sia consentito sia in forma vagante che
mediante appostamento fisso, contrasterebbe con l’art. 12, comma 5, della legge
n. 157 del 1992, in forza del quale l’esercizio venatorio può essere praticato
in via esclusiva in una delle seguenti forme: a) vagante in zona Alpi; b) da
appostamento fisso; c) nell’insieme delle altre forme di attività venatoria
consentite dalla detta legge e praticate nel rimanente territorio destinato
all’attività venatoria programmata.
7. — Il successivo comma 11 dell’art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14
del 2011, che aggiunge il comma 3 all’art. 29 della legge prov. Bolzano n. 14
del 1987, prevedendo che l’assessore competente in materia di caccia predispone
un piano di controllo della nutria (Myocastor coypus) al fine di controllare la propagazione della
specie, da attuarsi dal Corpo forestale e dagli agenti venatori, violerebbe il
disposto di cui all’art. 2, comma 1, della legge n. 157 del 1992, in quanto
tale specie è considerata fauna selvatica e le azioni volte al suo controllo
sono disciplinate dall’art. 19, comma 2, della citata legge statale. Ai sensi
di quest’ultima disposizione l’autorizzazione all’abbattimento di esemplari per
le finalità ivi espressamente indicate, può essere rilasciata unicamente dopo
che l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA)
abbia verificato l’inefficacia dell’utilizzo dei metodi ecologici di controllo
adottati. Risulterebbe allora evidente, secondo il ricorrente, che la
disposizione provinciale, prevedendo una procedura di abbattimento delle nutrie
senza subordinare tale attività alla valutazione tecnica dell’ISPRA, sarebbe
costituzionalmente illegittima.
8. — Il comma 15 dell’art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, che
inserisce l’art. 36-bis nella legge
prov. Bolzano n. 14 del 1987, prevedendo che l’associazione dei cacciatori
istituisca un fondo di garanzia da utilizzare per indennizzare ogni danno
arrecato alle colture agricole e forestali dalla fauna selvatica cacciabile e
che tale fondo venga alimentato da un contributo finanziario annuale dovuto da
ogni titolare di un permesso annuale o d’ospite nella misura compresa fra il
cinque e il dieci per cento della tassa di concessione annuale per la licenza
di porto di fucile per uso di caccia, violerebbe i vincoli posti al legislatore
provinciale dall’art. 8, comma 1, dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige, nonché violerebbe la competenza esclusiva statale in materia di sistema
tributario di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (sono citate le sentenze n. 451 del 2007,
n. 412 e n. 413 del 2006
e n. 455 del
2005), in relazione all’art. 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n.
220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato – legge di stabilità 2011).
Secondo il ricorrente, tale contributo rappresenterebbe in sostanza un
tributo a carico di quei soggetti titolari di permessi annuali o d’ospite, che
esercitano l’attività venatoria e che sono tenuti a risarcire il danno causato
alle colture agricole e forestali dalla fauna selvatica cacciabile. La norma
provinciale sembrerebbe contrastare con le vigenti disposizioni, che sospendono
il potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi,
delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di
tributi ad essi attribuiti con legge statale, contenute inizialmente nell’art.
1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 9 (recte n. 93) (Disposizioni
urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, abrogato dall’art. 13,
comma 14, lettera a), del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni
urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,
disposizioni riproposte con l’art. 77-bis,
comma 30, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Tale previsione è stata
successivamente reiterata con l’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010,
secondo il quale «resta confermata, sino all’attuazione del federalismo
fiscale, la sospensione del potere delle Regioni e degli enti locali di
deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle
maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato,
di cui al comma 7 dell’articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, fatta
eccezione per gli aumenti relativi alla tassa dei rifiuti solidi urbani (TaRSU) e per quelli previsti dai commi da 14 a 18
dell’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122». Rileva il ricorrente che
quest’ultima disposizione supera l’originaria previsione, limitata al triennio
2009-2011, e collega l’esercizio del potere di aumentare i tributi da parte
degli enti locali all’attuazione del federalismo fiscale. Le citate
disposizioni statali sarebbero finalizzate ad un riequilibrio finanziario
complessivo e si inserirebbero in un complesso percorso di risanamento della
finanza pubblica a cui tutti gli enti territoriali, compresi quelli dotati di
autonomia speciale, sarebbero chiamati a partecipare.
9. — Infine l’art. 7, comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011,
che sostituisce il comma 6 dell’art. 22 della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 12 maggio 2010, n. 6 (Legge di tutela della natura e altre
disposizioni), stabilendo che i provvedimenti di approvazione relativi ad opere
o progetti che abbiano avuto una valutazione di incidenza negativa dispongono
le misure compensative necessarie per garantire la coerenza globale della rete
ecologica Natura 2000, di fatto eliminerebbe l’obbligo di dare comunicazione
alla Commissione europea delle misure di compensazione adottate per i progetti
per i quali la valutazione d’incidenza abbia dato esito negativo. Rileva il
ricorrente che l’adozione di tali misure di compensazione deve essere
obbligatoriamente comunicata, per opinione o parere a seconda dei casi, alla
Commissione europea per il tramite del Ministero dell’Ambiente, della tutela
del territorio e del mare, ai sensi dell’art. 5, commi 9 e 10, del d.P.R. n. 357 del 1997, nonché dell’art. 6, comma 4, della
direttiva n. 92/43/CEE.
10. — Conclude il ricorrente che senza dubbio la Provincia autonoma di
Bolzano non ha la potestà di adottare norme di legge in contrasto con quelle
della normativa statale nella materia in esame. La Corte costituzionale ha
stabilito che «la competenza a tutelare l’ambiente e l’ecosistema nella sua
interezza è affidata in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, secondo comma,
lettera s)» Cost. e che «la
disciplina unitaria di tutela del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva
allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province
autonome in materia di competenza propria, che riguardano l’utilizzazione
dell’ambiente e, quindi, altri interessi». Sarebbe pacifico che la selezione
sia delle specie cacciabili, che dei periodi aperti all’attività venatoria
incida su profili propri dell’ambiente e dell’ecosistema di competenza
esclusiva statale (ex plurimis
sentenze n.
2 del 2012, n.
191 del 2011, n.
226 del 2003 e n. 536 del 2002).
11. — Con atto di costituzione depositato in cancelleria il 15 marzo 2012,
previa delibera della Giunta provinciale del 27 febbraio 2012, n. 238, si è
costituita la Provincia autonoma di Bolzano.
12. — Sostiene la resistente che le censure di incostituzionalità avanzate
dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso gli artt. 2, commi 1, 2, 3,
5, 11 e 15, nonché l’art. 7, comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011,
in riferimento all’art. 117, commi 1 e 2, lettere e) ed s), Cost., agli
artt. 4 e 8 dello statuto di autonomia, ed in relazione agli artt. 2, comma 1,
18, commi 1 e 2, 12, comma 5, 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992,
all’art. 5, commi 9 e 10, del d.P.R. n. 357 del 1997,
all’art. 6, comma 4, della direttiva 92/43/CEE e all’art. 1, comma 123, della
legge n. 220 del 2010, sarebbero inammissibili, nonché in ogni caso infondate.
13. — Innanzitutto, secondo la Provincia, non sarebbe fondata l’analisi
dei criteri di riparto della competenza legislativa in materia di «caccia e
pesca» ed in materia di «apicoltura e parchi per la protezione della flora e
della fauna» (art. 8, n. 15 e n. 16) dello statuto speciale), che il ricorrente
fa precedere all’articolazione dei profili di illegittimità costituzionale
delle disposizioni della legge provinciale impugnate.
13.1. — In particolare viene contestato l’assunto della difesa erariale
che la competenza legislativa esclusiva spettante alla Provincia autonoma di
Bolzano nelle materie indicate nello Statuto sarebbe assorbita dalla competenza
statale in materia di ambiente ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. A giudizio della resistente,
la giurisprudenza costituzionale richiamata sul punto, ad una più attenta
lettura, concorrerebbe a dimostrare la riconducibilità della legge provinciale
censurata nell’alveo della competenza legislativa esclusiva della Provincia,
con conseguente infondatezza delle censure di illegittimità costituzionale
avanzate. Si cita a tale proposito la sentenza n. 378 del
2007, ove è precisato che sebbene la disciplina ambientale, che scaturisce
dall’esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, investendo l’ambiente
nel suo complesso ed in ciascuna sua parte, funzioni come limite alla
disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di
loro competenza, allorché si tratti di Regioni a statuto speciale o di Province
autonome occorre tenere conto degli statuti speciali di autonomia. Questi
ultimi infatti, nell’attribuire competenze legislative a detti enti,
distinguono le materie attribuite alla potestà legislativa primaria da quelle
oggetto di competenza concorrente. Qualora si verta in materia di competenza
provinciale primaria, la Provincia è tenuta ad osservare solamente i principi
generali dell’ordinamento e le norme fondamentali di riforma economica e sociale.
Sul punto la resistente afferma che se, da un lato, non può fondatamente
sostenersi che le prescrizioni contenute nella legge n. 157 del 1992 possano
costituire norme fondamentali di riforma economico-sociale, poiché questa fonte
normativa è espressione di un nuovo approccio alle tematiche dell’ecosistema
affermatosi già a partire dal Programma di azione comunitaria in materia
ambientale del 1987, difettando quindi il requisito dell’innovatività dei
principi affermati, come richiesto nella sentenza n. 151 del
1986; dall’altro, la citata legge n. 157 del 1992 costituisce attuazione
della direttiva 92/43/CEE e, secondo la giurisprudenza costituzionale
richiamata dalla Provincia (sentenze n. 329 del 2008,
n. 104 del 2008,
n. 378 del 2007
e n. 425 del 1999),
spetterebbe alle Province autonome dare concreta attuazione per il proprio
territorio alla direttiva 92/43/CEE. Sarebbe allora di tutta evidenza, secondo
la resistente, che le norme adottate dallo Stato ai medesimi fini non
potrebbero funzionare come limite alla competenza legislativa esclusiva della
Provincia autonoma di Bolzano, diversamente da quanto accade per le Regioni a
statuto ordinario.
I principi espressi dalla citata giurisprudenza costituzionale
regolerebbero quindi l’assetto dei rapporti tra la Provincia autonoma e lo
Stato in ordine al riparto della potestà legislativa, riconoscendo preminenza
alle disposizioni statutarie. Sul punto si ricorda anche come la Corte
costituzionale abbia affermato che le norme della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), non
sono destinate a prevalere sugli statuti speciali, in quanto sono invocabili
solo ove prevedano forme di autonomia più ampia in capo alle Province autonome
e alle Regioni a statuto speciale (sentenza n. 226 del
2009). Ne conseguirebbe che la Provincia autonoma di Bolzano, nell’adottare
la legge provinciale censurata, avrebbe dato attuazione alle prescrizioni
contenute nella direttiva 92/43/CEE, esercitando una propria specifica
attribuzione costituzionale, che costituirebbe un potere-dovere ai sensi
dell’art. 117, quinto comma, Cost. Tale disciplina sarebbe destinata a
prevalere su disposizioni statali a contenuto eventualmente difforme, secondo
il modello dei rapporti tra Stato e Regioni a statuto speciale o Province
autonome nella fase discendente dell’integrazione comunitaria, come
tratteggiato dalla giurisprudenza costituzionale.
Difatti,
rileva la resistente che poiché la disciplina di attuazione della direttiva
citata ricadrebbe entro i confini della materia «caccia e pesca» (art. 8, n.
15, dello statuto speciale) e della materia «apicoltura e parchi per la
protezione della flora e della fauna» (art. 8, n. 16 del medesimo statuto),
ricorrerebbe con tutta evidenza il «titolo di competenza speciale» richiesto
dalla giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 151 del
2011) per l’operatività del modello richiamato di riparto della potestà
legislativa tra Stato e Provincia autonoma. In tal modo sarebbe superato
l’argomento della natura trasversale della materia «ambiente», che pure in
passato, in assenza di specifiche competenze statutariamente determinate, aveva
indotto la Corte costituzionale a dichiarare l’illegittimità costituzionale di
talune disposizioni di legge provinciale (sentenza n. 315 del
2009).
14 — In
relazione ai singoli articoli impugnati la Provincia innanzitutto rileva che
l’art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011 interviene a modificare
l’art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, rubricato «Fauna selvatica»,
definendo l’ambito di applicazione della legge. A giudizio della resistente, il
Presidente del Consiglio dei Ministri non avrebbe chiarito sotto quale profilo
la disposizione di cui al comma 1 di detto art. 2 si porrebbe in contrasto con
la disciplina statale, dal momento che altre specie oltre al piccione domestico
inselvatichito risulterebbero escluse dal novero degli animali qualificabili
come fauna selvatica. Ne conseguirebbe l’inammissibilità della doglianza per
genericità.
La
Provincia osserva altresì che la legge prov. Bolzano n. 14 del 1987
«costituisce […] attuazione della Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli
selvatici, della Dir. n. 92/43/CEE del 21 maggio 1992 del Consiglio delle
Comunità europee, relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche» (art. 1, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 1987). Considerato che la normativa citata disciplina materie,
quali la caccia e la protezione della fauna, che lo statuto di autonomia
riserva alla competenza della Provincia (art. 8, n. 15 e n. 16) e che l’art.
117, quinto comma, Cost. dispone che «le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti
dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge
dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in
caso di inadempienza», sarebbe secondo la resistente evidente che la Provincia
non può essere assoggettata, nel processo legislativo, ai limiti asseritamente derivanti dalla legge n. 157 del 1992. A tale
proposito si richiama testualmente la giurisprudenza costituzionale che ha
affermato che «le norme statali attuative sono cedevoli di fronte a diverse
scelte normative regionali e provinciali, nei limiti in cui esse siano
costituzionalmente e statutariamente ammissibili» (sentenza n. 425 del
1999).
15. —
Analoghe considerazioni possono essere svolte, secondo la Provincia, con
riferimento all’art. 2, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011 che,
modificando l’art. 4, comma 1, lettere b)
ed e), della legge prov. Bolzano n.
14 del 1987, ha disciplinato il calendario venatorio con riferimento al
cinghiale ed alla volpe, da un lato, e alla lepre bianca ed alla pernice
bianca, dall’altro, prevedendo un periodo di cacciabilità
in entrambi i casi più esteso rispetto a quello fissato dal legislatore statale
all’art. 18, commi 1 e 2, della legge n. 157 del 1992.
A
conforto della tesi della cedevolezza della normativa statale attuativa della
disciplina comunitaria rispetto alle disposizioni provinciali di contenuto
difforme la resistente richiama altresì quanto disposto dall’art. 1, comma 2,
del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 (Norme di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia
di minime proprietà colturali, caccia, pesca, agricoltura e foreste), ai sensi
del quale «lo standard di protezione della fauna è disciplinato con legge
provinciale che stabilisce il calendario venatorio e le specie cacciabili,
attendendosi ai livelli di protezione risultanti dalle convenzioni
internazionali o dalle norme comunitarie introdotte nell’ordinamento statale».
Per le specie richiamate, osserva la Provincia, né la direttiva 92/43/CEE, né
la direttiva 30 novembre 2009, n. 2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici),
prevedrebbero peculiari limitazioni alle modalità o ai tempi del prelievo
venatorio.
16. —
Anche quanto alla censura avanzata nei confronti dell’art. 2, comma 3, della
legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, in relazione all’art. 18, commi 1, 5 e 6,
della legge n. 157 del 1992, la resistente osserva che spetterebbe alla
Provincia la titolarità della potestà di regolamentare i periodi di prelievo
venatorio in forza del d.P.R. n. 279 del 1974, senza
che la legge n. 157 del 1992 possa porre limiti, stante la cedevolezza della
stessa. Pertanto la doglianza del Presidente del Consiglio dei ministri
relativa alla estensione del periodo di prelievo della lepre comune e del merlo
sarebbe palesemente infondata. Ancor più evidente sarebbe l’infondatezza della
censura relativa alla previsione concernente la cesena e il tordo bottaccio,
dal momento che la legge provinciale introdurrebbe, nell’indicare il 10 gennaio
come termine del periodo di cacciabilità nelle zone
frutti-vinicole, una protezione più ampia di quella statale, che estende tale
periodo fissando il termine del 31 gennaio.
17. — Quanto alla censura proposta nei confronti dell’art. 2, comma 5,
della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, questa sarebbe prima che infondata,
inammissibile.
La norma impugnata, che sostituisce l’art. 13 della
legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, consentendo l’esercizio dell’attività
venatoria sia in forma vagante, che mediante appostamento fisso, si porrebbe in
contrasto con quanto disposto dall’art. 12, comma 5, della legge n. 157 del
1992, ai sensi del quale l’esercizio venatorio può essere praticato in via
esclusiva secondo una delle forme ivi indicate. Secondo la Provincia, il
ricorrente non chiarirebbe i motivi per i quali l’asserito contrasto
integrerebbe un profilo di illegittimità costituzionale. Ne discenderebbe la
patente inammissibilità della censura proposta. Si aggiunge, richiamando la già
ricordata cedevolezza della disciplina statale rispetto a quella provinciale
attuativa della direttiva 92/43/CEE, che con la normativa provinciale in esame
si è inteso mantenere, per le aree dove è prevista l’opzione sul metodo di
prelievo, il regime della rigida alternatività delle forme di esercizio
venatorio mediante l’annotazione sul tesserino di caccia della forma prescelta.
Difatti l’ipotesi censurata dal Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe
in realtà residuale e avrebbe un’applicazione peculiare, stante il richiamo
all’art. 25 della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987.
Quest’ultimo disciplina l’esercizio della caccia
nelle riserve di diritto, subordinandolo al possesso, in via alternativa, di un
permesso annuale, di un permesso d’ospite o di un permesso giornaliero e
settimanale, stabilendo che hanno diritto al permesso annuale o d’ospite coloro
che siano in possesso dei requisiti di cui all’art. 11, comma 6, della medesima
legge (maggiore età, porto d’armi, polizze assicurative) e che siano residenti
in un territorio compreso nella relativa riserva di diritto o proprietari di
una minima unità colturale, rispettivamente di una superficie boschiva o
alpestre dell’estensione minima di 50 ettari. L’art. 25 citato prosegue
precisando che per l’esercizio venatorio nelle riserve private di caccia, a
meno che non si tratti del gestore, è necessario un permesso di caccia
rilasciato dal gestore della riserva privata stessa su moduli messi a
disposizione dall’Ufficio provinciale competente in materia di caccia, che
siffatti permessi non sono trasferibili e che la perdita anche temporanea di
uno dei requisiti richiesti comporta comunque il venir meno del diritto al
rilascio del permesso annuale o d’ospite.
A giudizio della resistente il particolare rigore
della disciplina richiamata e la natura residuale della prescrizione censurata,
unitamente alla considerazione che per le zone dove è prevista l’opzione sulle
modalità di esercizio della caccia permane la vigente disciplina del tesserino
e la cogenza dell’opzione stessa, dimostrerebbero la piena legittimità
costituzionale della disposizione impugnata.
18. — Quanto all’art. 2, comma 11, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 2011, la potestà di pianificare il prelievo in deroga della
nutria dovrebbe essere, secondo la resistente, considerata nel contesto
delineato dall’art. 29 della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987. Ai sensi di
quest’ultimo infatti all’assessore provinciale compete la fissazione di divieti
o limiti all’esercizio dell’attività venatoria per periodi prestabiliti in
relazione a determinate specie di fauna selvatica individuate dall’art. 4 della
legge prov. Bolzano n. 14 del 1987 per importanti e motivate ragioni connesse
alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni
stagionali o climatiche o per malattie o calamità naturali. Lo stesso può
altresì consentire in ogni tempo la cattura o l’uccisione delle predette specie
cacciabili elencate nel citato art. 4 per motivi di sanità e incolumità
pubblica, per la protezione delle colture agrarie e boschive, della pesca e
della zootecnia, nonché a scopo di ripopolamento, specificandone i mezzi, i
tempi e le modalità anche in deroga a quanto disposto dall’art. 15, comma 1,
lettera j), della legge prov. Bolzano
n. 14 del 1987, il quale individua una serie di divieti cui soggiace, in via
ordinaria, l’esercizio dell’attività venatoria. A tale proposito, osserva la
Provincia, l’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, che si assume
violato, assegna all’ISPRA (ex
Istituto nazionale per la fauna selvatica, INFS) il compito di esprimere parere
sui metodi di controllo della fauna e, in caso di inefficacia degli stessi,
autorizzare i piani di abbattimento. La norma provinciale, per altro verso, si
limiterebbe ad individuare nell’assessore competente per la caccia il soggetto
cui spetta provvedere alla predisposizione dei predetti piani, stabilendo poi
che all’attuazione dello stesso provveda il Corpo forestale provinciale. Di
conseguenza le due disposizioni citate si porrebbero su piani differenti.
La tesi del ricorrente sarebbe infondata anche sotto
un ulteriore profilo. La competenza pianificatoria di
cui all’art. 29, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, introdotto
dall’art. 2, comma 11, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, troverebbe
copertura, al pari delle ulteriori funzioni elencate nel medesimo art. 29,
nell’art. 8, n. 15), e n. 16), dello statuto speciale e nella relativa
normativa di attuazione recata dal d.P.R. n. 279 del 1974,
il quale oltre a precisare la competenza del legislatore provinciale a fissare
il calendario venatorio e le specie cacciabili, stabilirebbe che le
attribuzioni dello Stato in materia di caccia e pesca, apicoltura e parchi per
la protezione della fauna, esercitate sia direttamente dagli organi centrali e
periferici dello Stato, sia per il tramite di enti ed istituti pubblici a
carattere nazionale o sovraprovinciale, spetterebbero
per il proprio territorio alle Province Autonome di Trento e di Bolzano. Legittimamente
dunque, a giudizio della resistente, l’assessore provinciale provvederebbe ad
individuare modalità e tempi per il prelievo in deroga degli esemplari di
nutria che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Avvocatura dello Stato, non
rientrerebbe nel novero delle specie assoggettate alla speciale tutela di cui
all’art. 2, comma 1, della legge n. 157 del 1992, qualificandosi pertanto come
fauna selvatica comune, il cui controllo, ai sensi della disciplina di
attuazione dello Statuto, spetterebbe alla Provincia autonoma, cui sono
trasferite le funzioni statali, anche se esercitate per mezzo di enti ed
istituti pubblici. Sul punto la Provincia conclude – richiamando la
giurisprudenza costituzionale secondo la quale le norme di attuazione degli Statuti
speciali sono dotate di forza prevalente su quella delle leggi ordinarie (sentenza n. 213 del
1998) – nel senso della palese infondatezza della censura avversaria.
19. — Quanto all’art. 7, comma 5, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 2011, con il quale è stato sostituito il comma 6 dell’art. 22
della legge prov. Bolzano n. 6 del 2010, la resistente precisa che tale
intervento normativo si è reso necessario in conseguenza della dichiarazione di
illegittimità costituzionale della precedente formulazione del citato comma 6
disposta dalla sentenza
n. 151 del 2011. Con tale pronuncia la Corte costituzionale ha escluso che
la Provincia autonoma di Bolzano possa comunicare alla Commissione europea –
così instaurando con la stessa un rapporto diretto – le misure compensative
imposte a tutela della rete Natura 2000 per i progetti che siano stati oggetto
di una valutazione di impatto ambientale negativa, ma che siano stati comunque
approvati ai sensi dell’art. 22, commi 4 e 5, della legge prov. Bolzano n. 6
del 2010, per sovraordinate ragioni di interesse pubblico. Ne conseguirebbe che
la doglianza avanzata dal Presidente del Consiglio dei ministri relativa alla
mancata previsione dell’obbligo di comunicazione delle predette misure alla
Commissione europea costituirebbe il risultato di una espressa statuizione
della Corte costituzionale, alla quale la Provincia avrebbe dato ossequio
nell’esercizio del proprio potere legislativo. Secondo quanto affermato nella
citata sentenza
n. 151 del 2011, l’art. 13 del d.P.R. n. 357 del
1997 individua nel Ministro dell’ambiente il soggetto tenuto a trasmettere le
informazioni alla Commissione europea riguardo agli obblighi di cui alla
direttiva 92/43/CEE, in tal modo garantendo l’attività di informativa
necessaria nei confronti delle istituzioni europee.
Nessun conflitto, dunque, sarebbe ravvisabile tra la
disciplina europea e statale di riferimento e la disposizione provinciale
censurata.
A giudizio della Provincia non sarebbe neppure ben
chiaro l’assunto dell’Avvocatura dello Stato secondo il quale sarebbe pacifico
che la selezione sia delle specie cacciabili che dei periodi aperti
all’attività venatoria implicherebbe l’incisione di profili propri della tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema, che fanno capo alla competenza esclusiva dello
Stato. Difatti, la resistente rileva che la disciplina recata dall’art. 7,
comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011 attiene all’approvazione di
progetti assoggettati alla valutazione di incidenza, alla cui formazione è
dedicato il titolo III (Ambiente) della medesima legge prov. Bolzano n. 14 del
2011, mentre le disposizioni in materia di caccia sono recate dal titolo I
(Pesca e caccia) della medesima legge.
20. — Quanto all’art. 2, comma 15, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 2011, che ha introdotto l’art. 36-bis della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, tale disciplina,
secondo la resistente, non riguarderebbe un tributo, ma un contributo, il cui
ammontare è determinato non dalla Provincia, ma dall’Associazione di categoria;
questa circostanza infatti di per sé sola varrebbe ad escludere la natura
tributaria di questa somma.
L’esercizio della potestà legislativa provinciale
avrebbe fondamento, secondo la Provincia, sulle competenze ad essa spettanti
nella materia «caccia e pesca» di cui all’art. 8, n. 15), dello statuto e nella
materia «agricoltura, foreste e Corpo forestale, patrimonio zootecnico ed
ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie
sperimentali, servizi antigrandine, bonifica» di cui all’art. 8, n. 21), del
medesimo statuto, trovando copertura nel combinato disposto degli artt. 23 e 26
della legge n. 157 del 1992, ai sensi del quale «per far fronte ai danni non
altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere
approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica […], e
dall’attività venatoria, è costituito a cura di ogni regione un fondo destinato
alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche una parte dei
proventi di cui all’articolo 23», disciplinante la tassa di concessione
regionale per l’abilitazione all’esercizio venatorio.
A giudizio della Provincia autonoma di Bolzano
sarebbe palesemente inconferente il rinvio operato dall’Avvocatura dello Stato
alle norme asseritamente violate, tra le quali, da
ultimo, la legge n. 220 del 2010, destinate a sospendere il potere degli enti
locali e delle Regioni di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali e
delle aliquote e, conseguentemente, altrettanto palesemente emergerebbe
l’infondatezza della censura fondata sulla pretesa violazione dell’art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost.
Parimenti inconferente la giurisprudenza costituzionale richiamata, che si
riferirebbe a fattispecie diverse e destinate a delimitare il riparto di
competenza legislativa tra lo Stato e le Regioni a statuto ordinario in materia
tributaria.
21. — Il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, in data 22 maggio
2012, ha notificato la dichiarazione di rinuncia parziale al ricorso n. 31 del
2012, depositata il 29 maggio 2012, previa delibera del Consiglio dei ministri
dell’11 maggio 2012.
21.1. — Tra le varie disposizioni impugnate è stato
censurato l’art. 2, comma 15, che ha inserito l’art. 36-bis nella legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, il quale prevede
l’istituzione da parte dell’associazione dei cacciatori di un fondo di garanzia
da utilizzare per indennizzare ogni danno arrecato alle colture agricole e
forestali dalla fauna selvatica cacciabile. In particolare nell’articolo citato
è disposto che il fondo venga alimentato da un «contributo finanziario annuale
o d’ospite nella misura compresa fra il cinque ed il dieci per cento della
tassa di concessione annuale per la licenza di porto di fucile per uso caccia».
21.2. — Rileva l’Avvocatura dello Stato
che così disponendo, il legislatore provinciale si poneva in contrasto con le
disposizioni che sospendono il potere delle Regioni e degli enti locali di
deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle
maggiorazioni delle aliquote dei tributi ad essi attribuiti con legge dello
Stato. Tali disposizioni, contenute inizialmente nell’art. 1, comma 7, del
decreto-legge n. 93 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 126
del 2008, abrogato dall’art. 13, comma 14, lettera a), del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni
dalla legge n. 214 del 2011, sono state nei fatti riproposte nell’art. 77-bis, comma 30, del decreto-legge n. 112
del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, nonché successivamente
reiterate con l’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010.
21.3. — L’Ufficio legislativo-finanze
del Ministero dell’economia, con nota del 7 marzo 2012, ha fatto presente che,
per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 4, comma 4, del decreto-legge 2
marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficientamento e potenziamento delle
procedure di accertamento), ai sensi del quale sono abrogati l’art. 77-bis, comma 30, e l’art. 77-ter, comma 19, del decreto-legge n. 112
del 2008, nonché l’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010, le Regioni e
gli enti locali possono, ad oggi, deliberare l’aumento di tributi, con salvezza
dei provvedimenti nomativi in tal senso, emanati prima dell’approvazione del
decreto-legge n. 16 del 2012.
22. — Per il suddetto motivo il
Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato parzialmente
all’impugnazione della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, limitatamente
all’art. 2, comma 15, della medesima.
23. — Con delibera della Giunta
provinciale del 2 luglio 2012, n. 1024, depositata in cancelleria il 12 luglio
2012, la Provincia autonoma di Bolzano ha accettato la suddetta rinuncia
parziale.
24. — Con memoria depositata in data 16
ottobre 2012 la resistente, in ordine alle questioni di legittimità
costituzionale delle diposizioni dell’art. 2, commi 1, 2, 3, 5 e 11, della
legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, premette che la Provincia autonoma di
Bolzano è titolare di una competenza legislativa primaria in materia di «caccia
e pesca» e «parchi per la protezione della flora e della fauna» (art. 8, n. 15
e n. 16 dello statuto speciale), oltre alle correlate funzioni amministrative
(art. 16 dello statuto speciale). In attuazione di tale competenza, la
Provincia e lo Stato si sono accordati tramite il d.P.R.
n. 279 del 1974 sulle relative modalità d’esercizio. Le disposizioni censurate
si inserirebbero allora proprio in questo contesto normativo, in quanto,
intervenendo a modifica della legge provinciale n. 14 del 1987, regolerebbero e
specificherebbero nel dettaglio l’attività di abbattimento di determinate
specie di animali ed i particolari contesti temporali e spaziali relativamente
all’esercizio dell’attività di caccia nel territorio altoatesino e non
sarebbero destinate a regolare, in via generale ed indistinta, la tutela di
specie animali, indipendentemente dall’esercizio della caccia e dalla
disciplina dei parchi naturali (sentenza n. 151 del
2011).
Ne conseguirebbe, secondo la Provincia,
la palese infondatezza della violazione della competenza legislativa statale in
materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost., in quanto
le disposizioni impugnate non conterrebbero prescrizioni di carattere generale
per la protezione dell’ambiente.
25. — Aggiunge la resistente che ai
sensi dell’art. 10 della legge costituzionale. n. 3 del 2001 le disposizioni
del titolo V della parte seconda della Costituzione si applicano alla Provincia
autonoma di Bolzano soltanto ove contengano «forme più ampie di autonomia
rispetto a quelle già attribuite» (sentenze n. 226 del 2009,
n. 314 del 2003
e n. 103 del
2003).
26. — Osserva la Provincia che la
doglianza statale concernente il mancato rispetto da parte del legislatore
provinciale, nell’esercizio della propria competenza legislativa primaria,
delle disposizioni della legge n. 157 del 1992, in quanto norme fondamentali
delle riforme economico-sociali della Repubblica, in forza del combinato
disposto degli artt. 8, primo comma e 4 dello statuto, sarebbe innanzitutto
manifestamente inammissibile, in quanto la deliberazione del Consiglio dei
ministri del 3 febbraio 2012 di autorizzazione a stare in giudizio non
conterrebbe alcuna argomentazione relativa ad una presunta violazione di tale limite,
richiamando solamente il rispetto degli standards minimi ed uniformi di tutela posti in essere dalla
legislazione nazionale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., oltre che il rispetto della
normativa comunitaria di riferimento (direttive 79/409/CEE, 92/43/CEE,
88/22/CEE; quest’ultima direttiva è erroneamente citata), secondo quanto
disposto dall’art. 8, primo comma, dello statuto speciale e dall’art. 117,
primo comma, Cost.
Le censure sollevate dall’Avvocatura
dello Stato difetterebbero dunque della necessaria corrispondenza con la
deliberazione di impugnazione del Consiglio dei ministri, sia per quanto
concerne la corretta indicazione della normativa di riferimento, dal momento
che l’art. 8, primo comma, dello statuto speciale è citato solo con riguardo
alla violazione degli obblighi comunitari, sia in punto di motivazione, poiché
la legge n. 157 del 1992 è richiamata solo quanto alla competenza esclusiva
statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di cui all’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost. Ne
discenderebbe la palese inammissibilità della doglianza in questione (sentenze n. 205 del 2011,
n. 7 del 2011
e n. 278 del
2010).
27. — Peraltro la Provincia evidenzia
che solo le disposizioni statali che contengano effettivamente delle norme
«fondamentali» (sentenza n. 536 del 2002,
n. 147 del 1999,
n. 80 del 1996
e n. 425 del 1995)
e che abbiano «carattere innovativo» per tutto il territorio nazionale
(sentenza n. 536
del 2002, n.
147 del 1999, n.
80 del 1996 e n.
425 del 1995) possono considerarsi norme fondamentali delle riforme
economico-sociali. A giudizio della resistente, la legge n. 157 del 1992
sarebbe carente di entrambi questi requisiti.
28. — Inoltre sebbene la citata legge statale
adotti la disciplina di recepimento della direttiva 92/43/CEE, la Provincia
autonoma non sarebbe vincolata alle sue disposizioni, dal momento che alla
Provincia stessa spetterebbe, ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto
Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano delle disposizioni del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), l’attuazione
delle direttive comunitarie nelle materie di propria competenza legislativa
primaria, con possibile intervento statale solo in caso di inerzia. A sostegno
di tale assunto la resistente richiama le sentenze della Corte costituzionale n. 104 del 2008,
n. 378 del 2007
e n. 425 del
1999, in cui viene confermato che spetta alle Province autonome di Trento e
di Bolzano, nella materie di loro competenza legislativa, dare concreta
attuazione per il loro territorio alle direttive comunitarie, tra cui, in
particolare, anche alla direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatica.
Dalle esposte argomentazioni
deriverebbe, a giudizio della Provincia autonoma di Bolzano, la manifesta
infondatezza delle singole censure avanzate dal Presidente del Consiglio dei
ministri.
29. — Quanto all’art. 2, comma 1, della
legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, esso non sarebbe in contrasto con l’art. 2,
comma 1, della legge n. 157 del 1992, poiché quest’ultima non avrebbe efficacia
vincolante nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano. Inoltre tale
censura sarebbe manifestamente inammissibile in quanto non sorretta da alcuna
motivazione né nella delibera di impugnazione, né nel ricorso statale.
30. — Quanto all’art. 2, commi 2 e 3,
della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, la Provincia resistente deduce che,
ferma restando la cedevolezza della disciplina statale di attuazione recata
dalla legge n. 157 del 1992, l’art. 1, comma 2, del d.P.R.
n. 279 del 1974 attribuisce alla Provincia autonoma di Bolzano il potere di
stabilire, con propria legge, il calendario venatorio e le specie cacciabili in
osservanza delle convenzioni internazionali e delle norme comunitarie. In
merito a queste ultime, né la direttiva 92/43/CEE, né la direttiva 2009/147/CE,
prevedono peculiari limitazioni alle modalità o ai tempi del prelievo
venatorio. Del resto se la Provincia autonoma non potesse definire i tempi di
abbattimento delle specie animali secondo le esigenze del proprio territorio,
osserva la resistente, non residuerebbero margini per la sua competenza
legislativa primaria in materia di caccia.
31. — Quanto all’art. 2, comma 5, della
legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, si rileva l’inammissibilità della doglianza
statale per genericità e mancanza di motivazione, nonché la sua infondatezza,
in considerazione del carattere meramente residuale della fattispecie regolata,
che troverebbe soltanto peculiare applicazione, stante il richiamo all’art. 25
della legge provinciale n. 14 del 1987.
32. — Quanto all’art. 2, comma 11, della
legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, esso sarebbe insuscettibile di integrare il
profilo di illegittimità costituzionale che viene dedotto dal ricorrente,
poiché le sue disposizioni si porrebbero su un piano diverso rispetto a quelle
statali, con le quali sarebbero in contrasto. In particolare, la disciplina
nazionale assegna all’ISPRA il compito di esprimere il parere sui metodi di
controllo della fauna e, in caso di inefficacia degli stessi, quello di
autorizzare piani di abbattimento, mentre la disposizione provinciale censurata
si limiterebbe ad individuare nell’assessore competente per la caccia il
soggetto a cui spetta provvedere alla predisposizione del suddetto piano.
Peraltro, il Presidente del Consiglio
dei ministri errerebbe anche sotto un altro profilo. Difatti, l’art. 1, comma
1, del d.P.R. n. 279 del 1974 stabilisce che le
attribuzioni delle amministrazioni dello Stato in materia di caccia, esercitate
sia direttamente dagli organi centrali e periferici, sia per il tramite di enti
ed istituti pubblici a carattere nazionale o sovra provinciale, spettano, per
il rispettivo territorio, alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
In questo contesto normativo, osserva la
Provincia, il piano di abbattimento della specie nutria sarebbe, ai sensi del
combinato disposto degli artt. 4, comma 2, e 29 della legge provinciale n. 14
del 1987, in ogni caso sottoposto al previo parere dell’Osservatorio faunistico
provinciale ed al rispetto dei livelli di protezione risultanti dalle
convenzioni internazionali e dalle norme comunitarie introdotte
nell’ordinamento statale sulla conservazione della fauna selvatica. Il citato
Osservatorio faunistico è un organo di consulenza tecnico-scientifica
dell’amministrazione provinciale, costituito da cinque membri tra i quali un rappresentante
dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, un
funzionario provinciale addetto all’Ufficio caccia e pesca appartenente almeno
al VII livello funzionale e tre esperti in materia di fauna selvatica oppure
biologia della fauna selvatica. Si aggiunge inoltre che in base all’art. 19-bis, comma 3, della legge n. 157 del
1992, relativo all’esercizio di deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE, le
eccezioni al divieto di prelievo venatorio sono applicate «sentito l’Istituto
nazionale per la fauna selvatica (INFS) o gli istituti riconosciuti a livello
regionale». A livello provinciale tale istituto sarebbe rappresentato dal
citato Osservatorio faunistico di cui all’art. 3 della legge prov. Bolzano n.
14 del 1987, il quale in considerazione del disposto dell’art. 4, comma 2,
della medesima legge provinciale, deve essere in ogni caso sentito prima che
l’assessore in materia di caccia possa autorizzare qualsiasi piano di
abbattimento e sempre che siano rispettati i livelli di protezione risultanti
dalle convenzioni internazionali e dalle norme comunitarie di riferimento. A
conferma della piena legittimità costituzionale di tale previsione normativa la
Provincia di Bolzano richiama la sentenza della
Corte costituzionale n. 16 del 2012, con la quale è stata ritenuta
legittima la scelta del legislatore regionale di sottoporre la concessione
delle deroghe al parere rilasciato dall’istituto riconosciuto a livello
regionale.
33. — Quanto all’art. 7, comma 5, della
legge provinciale n. 14 del 2011, con tale disposizione la Provincia autonoma
di Bolzano sostiene di aver dato seguito alla sentenza della
Corte costituzionale n. 151 del 2011, che aveva escluso ogni rapporto
diretto tra la Provincia stessa e la Commissione europea ed aveva individuato
nel Ministero dell’ambiente il soggetto tenuto a trasmettere le informazioni
alla Commissione europea riguardo agli obblighi di cui alla direttiva
92/43/CEE, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 6,
della legge prov. Bolzano n. 6 del 2010. Difatti la citata pronuncia avrebbe
lasciato, a giudizio della resistente, una lacuna normativa con riguardo
all’obbligo di prestare misure compensative per i piani e i progetti con
valutazione d’incidenza negativa e necessarie per garantire la coerenza globale
della rete «Natura 2000». Con la disposizione in esame la Provincia autonoma di
Bolzano avrebbe provveduto a reintrodurre l’obbligo a carico dei proponenti
delle suddette misure di compensazione. Il potere del Ministro dell’ambiente
relativo alla comunicazione delle misure compensative alla Commissione europea
è disciplinato invece direttamente dall’art. 5, commi 9 e 10, del d.P.R. n. 357 del 1997 e non sarebbe stato minimamente
interessato dalla disposizione impugnata, rimanendo pienamente valido ed
efficace.
Conclude la Provincia autonoma di
Bolzano che nessun conflitto esisterebbe tra la disciplina europea e la
disposizione provinciale censurata.
Considerato in diritto
1. — Con il ricorso in epigrafe il
Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questioni di legittimità
costituzionale degli articoli 2, commi 1, 2, 3, 5, 11, 15, nonché dell’art. 7,
comma 5, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2011, n.
14 (Norme in materia di caccia, pesca, foreste, ambiente, usi civici,
agricoltura, patrimonio ed urbanistica), in riferimento agli articoli 4 e 8,
primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione ed all’art. 117,
primo comma, Cost., in relazione alla direttiva 2 aprile 1979, n. 79/409/CEE
(Direttiva del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici)
ed alla direttiva 21 maggio 1992, n. 92/43/CEE (Direttiva del Consiglio
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora
e della fauna selvatiche).
Nelle more del presente giudizio il
ricorrente ha notificato la dichiarazione di rinuncia parziale al ricorso in
esame, per la parte riguardante l’art. 2, comma 15, sulla base della delibera
del Consiglio dei ministri dell’11 maggio 2012. La Provincia autonoma di
Bolzano ha accettato la suddetta rinuncia parziale con deliberazione della
Giunta provinciale del 2 luglio 2012.
Con riguardo all’art. 2, comma 1, della
legge impugnata il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che lo stesso
contrasti con l’art. 2, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per
la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio),
norma statale interposta per finalità di tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Il successivo comma 2 si porrebbe invece
in contrasto con la richiamata normativa statale, poiché prevede per le specie
volpe, cinghiale, lepre bianca e pernice bianca periodi di caccia diversi e più
ampi rispetto all’arco temporale massimo consentito dall’art. 18 della legge n.
157 del 1992.
Quanto al comma 3, esso divergerebbe
dall’art. 18, comma 1, della legge n. 157 del 1992, per il calendario delle
attività di caccia di alcune specie, e contrasterebbe con i successivi commi 5
e 6 del medesimo art. 18, in quanto derogatorio del principio del silenzio
venatorio nei giorni di martedì e venerdì.
Il comma 5, consentendo l’esercizio
dell’attività venatoria sia in forma vagante sia mediante appostamento fisso,
violerebbe il precetto contenuto nell’art. 12, comma 5, della legge n. 157 del
1992, il quale prescrive l’assoluta alternatività di tali sistemi di caccia.
In relazione al comma 11, il Presidente
del Consiglio si duole che lo stesso preveda un sistema di controllo di
propagazione della specie nutria non conforme al dettato dell’art. 2, comma 1,
della legge n. 157 del 1992, omettendo la previa utilizzazione di metodi
ecologici, nonché la sottoposizione di detta ipotesi di controllo alla
valutazione tecnica dell’ISPRA.
Quanto
al comma 15 dell’art. 2 della legge impugnata, detta norma, nel prevedere che
l’associazione dei cacciatori istituisca un fondo di garanzia alimentato da un
contributo finanziario annuale dovuto da ogni titolare di permesso in misura
percentuale rispetto alla tassa di concessione per la licenza di porto di
fucile per uso di caccia, violerebbe i vincoli posti al legislatore provinciale
dall’art. 8, primo comma, dello statuto speciale, nonché la competenza
esclusiva statale nella materia del sistema tributario di cui all’art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost., in
relazione all’art. 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge di stabilità 2011).
L’art. 7, comma 5, della legge
provinciale, infine, sarebbe in contrasto con la normativa statale e con i
vincoli comunitari, in quanto ometterebbe di prescrivere che i provvedimenti di
approvazione relativi ad opere o progetti che abbiano avuto una valutazione di
incidenza negativa e, per ciò stesso, siano soggetti a misure compensative
necessarie per garantire la coerenza globale della rete ecologica europea
denominata «Natura 2000», debbano essere comunicati alla Commissione europea
per quel che concerne le misure di compensazione adottate. Detta omissione violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost. per
contrasto con l’art. 5, commi 9 e 10, del d.P.R. 8
settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva
92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali,
nonché della flora e della fauna selvatiche) e dell’art. 6, comma 4, della
direttiva 92/43/CEE.
2. — Nel proprio atto di costituzione la
Provincia autonoma di Bolzano evidenzia di avere competenza legislativa
primaria in materia di caccia e pesca ed in materia di parchi per la protezione
della flora e della fauna, nonché di essere titolare delle correlate potestà
amministrative ai sensi degli artt. 8, n. 15) e n. 16), e 16 dello statuto. A
suo avviso le disposizioni censurate dovrebbero essere inquadrate proprio in
questo ambito normativo, regolando e specificando nel dettaglio l’attività di
caccia e definendo la fauna selvatica.
Quanto alla censura formulata dal
ricorrente in ordine al mancato rispetto delle norme fondamentali in materia di
riforme economiche e sociali della Repubblica contenute nella legge n. 157 del
1992, la resistente eccepisce che tale censura non sarebbe menzionata nella
delibera del Consiglio dei ministri del 3 febbraio 2012 autorizzativa della
proposizione del presente ricorso. Sotto questo profilo, la questione sarebbe
pertanto inammissibile.
Nel merito la Provincia insiste per il
rigetto delle singole questioni proposte.
3. — Deve essere preliminarmente
dichiarata l’estinzione del processo con riguardo all’art. 2, comma 15, della
legge prov. Bolzano n. 14 del 2011.
In data 22 maggio 2012, infatti, il
Presidente del Consiglio dei ministri ha notificato la dichiarazione di
rinuncia parziale al ricorso in esame, sulla base della delibera del medesimo
Consiglio dell’11 maggio 2012. La Provincia autonoma di Bolzano ha accettato la
suddetta rinuncia parziale al ricorso con deliberazione della Giunta
provinciale del 2 luglio 2012.
4. — Quanto alle altre questioni
sollevate, occorre premettere che, pur rientrando le norme impugnate nella
potestà legislativa provinciale primaria in materia di caccia, esse
interagiscono, per naturale coincidenza degli ambiti competenziali, con
l’attribuzione esclusiva dello Stato in materia di ambiente ed ecosistema, di
cui all’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., la quale – come è stato più volte precisato da questa Corte – si
riferisce all’«ambiente» in termini generali ed onnicomprensivi (sentenza n. 378 del
2007). Data l’ampiezza e la complessità delle tematiche afferenti alla
tutela dell’ambiente, i principi e le regole elaborati dallo Stato in subiecta
materia coinvolgono altri beni giuridici, aventi ad oggetto componenti o
aspetti del bene ambiente, ma concernenti diversi interessi giuridicamente
tutelati nell’ambito di altre competenze legislative ripartite secondo i canoni
dell’art. 117 Cost. Quando il carattere trasversale della normativa ambientale
comporta fenomeni di sovrapposizione ad altri ambiti competenziali, questa
Corte ha già avuto modo di affermare che la prevalenza debba essere assegnata
alla legislazione statale rispetto a quella dettata dalle Regioni o dalle
Province autonome, in materie di competenza propria. Ciò in relazione al fatto
che la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente inerisce ad un
interesse pubblico di valore costituzionale primario (sentenza n. 151 del
1986) ed assoluto (sentenza n. 210 del
1987) e deve garantire un elevato livello di tutela, come tale inderogabile
da altre discipline di settore. Sotto questo profilo, si configura come limite
alla discrezionalità legislativa che le Regioni e le Province autonome hanno
nelle materie di loro competenza, cosicché queste ultime non possono in alcun
modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo
Stato (sentenza
n. 378 del 2007).
Quando ciò avviene si determina un’invasione
– da parte della legge regionale o provinciale – di ambiti propri della tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema, che fanno capo alla competenza esclusiva dello
Stato (sentenza
n. 20 del 2012; in senso conforme sentenze n. 191 del 2011,
n. 226 del 2003
e n. 536 del
2002). In questo contesto di trasversalità e primazia della tutela
ambientale e dell’ecosistema, non rileva – con riguardo al caso in esame – che
le norme statali interposte costituiscano per buona parte attuazione di
direttive comunitarie in subiecta materia, dal momento che comunque esse – in
ragione della loro natura e della loro finalità – prevalgono sulla disciplina
di settore della caccia.
È invece da sottolineare come, proprio
in base al descritto carattere di trasversalità e primazia, quando si
verificano contesti di sovrapposizione tra la materia di cui all’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost. e
quelle di competenza regionale o provinciale, le Regioni e le Province autonome
conservino – negli ambiti in cui si verifica detta sovrapposizione e
relativamente alla materia di propria competenza – poteri di scelta, purché
questi siano esercitati in senso più rigoroso di quanto previsto dalla
normativa statale di tutela ambientale e dell’ecosistema (sentenza n. 378 del
2007).
4.1. — La ricognizione dei principi
costituzionali vigenti in tema di rapporti tra la materia della tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema e quella della caccia consente di accogliere le
censure proposte dal Presidente del Consiglio dei ministri con riferimento all’art.
117, secondo comma, lettera s), Cost.
ed alle disposizioni interposte contenute nella legge n. 157 del 1992, salvo
quanto successivamente considerato in ordine agli artt. 2, comma 3, e 7, comma
5, della legge provinciale impugnata.
4.2. — La prima questione riguarda
l’art. 2, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, il quale
sostituisce l’art. 2, comma 1, della legge della Provincia di Bolzano 17 luglio
1987, n. 14 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio
della caccia). Essa è formulata in riferimento all’art. 2, comma 2, della legge
n. 157 del 1992, norma statale interposta in materia di tutela ambientale e
dell’ecosistema. La norma provinciale classifica tra le specie escluse dalla
nozione di fauna selvatica i piccioni domestici inselvatichiti, specie non
contemplata tra le eccezioni indicate dalla evocata norma statale.
Secondo il principio di prevalenza della
disciplina ambientale, la norma deve essere dichiarata costituzionalmente
illegittima per la parte che prevede l’esclusione dei piccioni domestici
inselvatichiti dalla nozione di fauna selvatica, in tal modo sottraendoli alla
protezione specifica disposta dalla normativa statale.
4.3. — Risulta altresì
fondata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la questione proposta nei
riguardi dell’art. 2, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, il
quale sostituisce il comma 1, lettere b)
ed e) dell’art. 4 della legge prov.
di Bolzano n. 14 del 1987, prevedendo, tra l’altro, uno specifico calendario
venatorio dal 1° luglio al 31 gennaio per la volpe e il cinghiale (lettera b) e dal 1° ottobre al 15 dicembre per
la lepre bianca e la pernice bianca (lettera e, n. 1 e n. 2). L’art. 18, comma 1, della legge n. 157 del 1992
stabilisce invece per la volpe il periodo intercorrente tra la terza domenica
di settembre e il 31 gennaio; per la pernice bianca e la lepre bianca il
periodo tra il 1° ottobre e il 30 novembre; per il cinghiale quello dal 1°
ottobre al 31 dicembre o quello dal 1° novembre al 31 gennaio. Con riguardo
alle quattro specie coinvolte, il calendario regionale è comunque più ampio e,
pertanto, per le stesse ragioni richiamate nello scrutinio del comma 1
dell’art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, il superamento dei limiti
di prelievo venatorio stabiliti dall’art. 18 della legge n. 157 del 1992
determina il contrasto della norma impugnata con l’art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost.
4.4.— La censura proposta in riferimento
allo stesso parametro costituzionale ed avente ad oggetto l’art. 2, comma 3,
della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, che inserisce, dopo il comma 1
dell’art. 4 della legge provinciale n. 14 del 1987, il comma 1-bis, è parzialmente fondata.
La norma impugnata consente nelle zone
frutti-vinicole l’esercizio della caccia alla lepre comune, al merlo, alla
cesena e al tordo bottaccio fino al 10 gennaio e permette, nel periodo a
partire dal 16 dicembre, la caccia alle tre menzionate specie di turdidi tutti
i giorni della settimana. Le disposizioni statali interposte (art. 18, commi 1,
5 e 6, della legge n. 157 del 1992), invece, prevedono che: a) il merlo e la
lepre comune siano cacciabili dalla terza domenica di settembre fino al 31
dicembre e la cesena ed il tordo bottaccio dalla terza domenica di settembre al
31 gennaio; b) le sessioni di caccia non superino settimanalmente il numero di
tre giorni e le Regioni possano consentirne la libera scelta al cacciatore,
escludendo i giorni di martedì e venerdì, nei quali l’attività venatoria è in
ogni caso sospesa; c) fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di
martedì e venerdì, le Regioni, sentito l’Istituto nazionale per la fauna
selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, possano, anche in deroga
alla regola statale precedentemente richiamata, disciplinare diversamente
l’esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria, nei
periodi intercorrenti tra il 1° ottobre ed il 30 novembre.
Il superamento dei limiti posti a tutela
dell’ambiente si verifica per la specifica disciplina provinciale inerente al
merlo e alla lepre comune, per i quali viene previsto un termine esteso al 10
gennaio anziché al 31 dicembre e contestualmente soppresso, per il merlo, il
silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, in difformità sia dal comma
1 che dal comma 5 dell’art. 18 della legge n. 157 del 1992. Infatti, come
accennato, il comma 6 di detta legge prevede l’assoluta inderogabilità del
silenzio venatorio e la possibilità di una disciplina speciale soltanto
nell’arco temporale intercorrente tra il 1° ottobre ed il 30 novembre.
Per quel che concerne la cesena ed il
tordo bottaccio, il termine del 10 gennaio, fissato dalla legge provinciale,
risulta compatibile, in quanto più ristretto, con l’art. 18, comma 1 della
legge n. 157 del 1992, che consente la caccia fino al 31 gennaio. Ne consegue
che sotto tale profilo la censura proposta dal Presidente del Consiglio è
infondata, dal momento che la prescrizione dell’ente territoriale risulta più
rigorosa di quella statale. In relazione alle medesime specie è invece fondata
la censura inerente all’esclusione del silenzio venatorio, il cui rispetto è
sancito in modo inderogabile dal legislatore statale, come in precedenza
specificato.
In definitiva, con riguardo all’art. 2,
comma 3, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011 deve essere dichiarata
l’illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 18 della legge n. 157
del 1992, relativamente alla deroga del silenzio venatorio consentita per tutte
le specie cacciabili dallo stesso enumerate. Per quel che concerne l’estensione
complessiva del calendario venatorio, detta disposizione risulta contraria alla
evocata norma interposta solo per quel che concerne le specie del merlo e della
lepre comune. L’estensione – da parte del legislatore provinciale – del termine
per la chiusura della stagione venatoria (per le sole specie del merlo e della
lepre comune) e l’incremento delle modalità settimanali di prelievo (per le tre
specie interessate) pregiudica il «nucleo minimo di salvaguardia della fauna
selvatica» (sentenza
n. 323 del 1998), la cui determinazione, ai fini della tutela ambientale e
dell’ecosistema, spetta in via esclusiva, dopo la riforma del titolo V della
parte II della Costituzione, al legislatore statale ai sensi dell’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost.
4.5. — La questione proposta nei
confronti dell’art. 2, comma 5, della legge provinciale n. 14 del 2011, in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., è altresì fondata.
La disposizione impugnata, la quale
sostituisce l’art. 13 della legge Prov. Bolzano n. 14 del 1987, prevede, tra
l’altro, che l’esercizio dell’attività venatoria sia consentito sia in forma
vagante che mediante appostamento fisso (art. 13, comma 1, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 1987, come sostituito dalla norma impugnata). Questa
specifica prescrizione collide con il principio, cosiddetto della caccia di
specializzazione, sancito dall’art. 12, comma 5, della legge n. 157 del 1992.
La norma prevede che, fatta eccezione per l’esercizio venatorio con l’arco o
con il falco, ciascun cacciatore possa praticare l’attività in questione in una
sola delle tre forme permesse in essa elencate, consistenti rispettivamente
nella caccia vagante in zona Alpi, in quella da appostamento fisso e
nell’insieme delle altre forme di attività venatoria consentite e praticate nel
rimanente territorio secondo la programmazione di settore. Il cacciatore è
tenuto, dunque, a scegliere, nell’ambito di tale ventaglio di alternative, la
modalità di esercizio dell’attività venatoria che gli è più consona, «fermo
restando che l’una forma esclude l’altra» (sentenza n. 116 del
2012). Il descritto criterio di esclusività – che vale a favorire il
radicamento del cacciatore in un territorio e, al tempo stesso, a sollecitarne
l’attenzione per l’equilibrio faunistico – trova la sua ratio giustificativa nella constatazione che un esercizio
indiscriminato dell’attività venatoria da parte dei soggetti abilitati, su
tutto il territorio agro-silvo-pastorale ed in tutte
le forme consentite, rischierebbe di mettere in crisi la consistenza delle
popolazioni della fauna selvatica. In quanto rivolta ad assicurare la
sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, la norma statale
interposta si inquadra anch’essa nell’ambito materiale della tutela dell’ambiente
e dell’ecosistema riservato alla potestà legislativa esclusiva statale
dall’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost. Detta disposizione – concorrendo alla definizione del nucleo minimo di
salvaguardia della fauna selvatica – stabilisce, in particolare, una soglia
uniforme di protezione da osservare su tutto il territorio nazionale (sentenza n. 116 del
2012; in senso conforme sentenze n. 441 del 2006,
n. 536 del 2002,
n. 168 del 1999
e n. 323 del
1998).
La disciplina statale – secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte – può essere modificata dalle Regioni e
dalle Province autonome, nell’esercizio della loro potestà legislativa primaria
(come nel caso di specie) o residuale in materia di caccia, esclusivamente
nella direzione dell’innalzamento del livello di tutela (ex plurimis, sentenze n. 106 del 2011,
n. 315 e n. 193 del 2010,
n. 61 del 2009).
La fattispecie normativa in esame, invece, autorizza l’esercizio cumulativo di
due delle forme di caccia consentite, deroga alla disciplina statale attraverso
una regolamentazione della materia che implica una soglia inferiore di tutela,
e si pone perciò in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e con la norma statale
interposta (art. 12, comma 5, della legge n. 157 del 1992).
4.6. — Anche la questione proposta nei
confronti dell’art. 2, comma 11, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, il
quale aggiunge il comma 3 all’art. 29 della legge provinciale n. 14 del 1987, è
fondata. Detta norma prevede che l’assessore competente in materia di caccia
predisponga un piano di controllo della nutria al fine di contenere la
propagazione della specie, affidando al corpo forestale e agli agenti venatori
la sua attuazione, senza subordinare tale attività alla valutazione tecnica
dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, ex
Istituto nazionale per la fauna selvatica – INFS).
L’art. 19, comma 2, della legge n. 157
del 1992 consente alle Regioni il controllo delle specie di fauna selvatica
anche nelle zone vietate alla caccia, al fine di migliorare la gestione del
patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la
selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico e per
quella delle produzioni zoo-agroforestali ed ittiche. Tuttavia tale controllo,
esercitato selettivamente, può essere praticato di norma attraverso metodi
ecologici, sentito l’ISPRA.
Solo nel caso in cui tale Istituto
verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le Regioni possono autorizzare
piani di abbattimento. Questi ultimi devono essere attuati dalle guardie
venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, insieme ad una serie di
altri soggetti abilitati da detta normativa statale interposta.
La norma provinciale impugnata non è
conforme al principio di gradualità espresso nell’evocata disposizione statale,
dal momento che prescrive in via immediata e diretta piani di abbattimento,
senza prevedere il parere dell’ISPRA circa la previa efficace esperibilità dei rimedi ecologici. Per le stesse ragioni inerenti
alle precedenti impugnazioni, la disposizione in esame viola l’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost.
4.7. — In ordine alle questioni
esaminate rimangono assorbite le censure proposte in riferimento agli artt. 4 e
8, primo comma, dello statuto ed all’art. 117, primo comma, Cost. in relazione
alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE.
5. — La questione proposta nei confronti
dell’art. 7, comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011 è priva di
fondamento. Detta norma sostituisce il comma 6 dell’art. 22 della legge della
Provincia di Bolzano 12 maggio 2010, n. 6 (Legge di tutela della natura e altre
disposizioni), stabilendo che i provvedimenti di approvazione relativi ad opere
e progetti, che abbiano avuto una valutazione di incidenza negativa, dispongano
le misure compensative necessarie per garantire la coerenza globale della rete
ecologica europea denominata «Natura 2000».
Secondo il Presidente del Consiglio dei
ministri la norma, eliminando l’obbligo di comunicazione alla Commissione
europea delle misure di compensazione adottate in relazione ai progetti per i
quali la valutazione di incidenza abbia dato esito negativo, violerebbe l’art.
117, primo comma, Cost. Tale obbligo, infatti, sarebbe prescritto dall’art. 5,
commi 9 e 10, del d.P.R. n. 357 del 1997, regolamento
attuativo della direttiva 92/43/CEE e dall’art. 6, comma 4, della medesima
direttiva 92/43/CEE.
Sul punto occorre preliminarmente
considerare che l’art. 22, comma 6, della legge prov. Bolzano n. 6 del 2010,
nella formulazione antecedente a quella impugnata, è già stato oggetto di
declaratoria di illegittimità costituzionale per effetto della precedente sentenza di questa
Corte n. 151 del 2011. Detta pronunzia aveva colpito, in particolare, la
previsione di un rapporto diretto tra la Provincia e la Commissione europea in
sede di comunicazione delle misure compensative. Confrontando la pregressa
disposizione («I provvedimenti di approvazione, per i casi di cui ai commi 4 e
5, dispongono, eventualmente anche a carico del o della proponente, le misure
compensative necessarie per garantire la coerenza globale della rete ecologica
europea Natura 2000, di cui è data comunicazione alla Commissione europea») con
quella oggetto del presente giudizio («I provvedimenti di approvazione, per i
casi di cui ai commi 4 e 5, dispongono, eventualmente anche a carico del o
della proponente, le misure compensative necessarie per garantire la coerenza
globale della rete ecologica europea Natura 2000») si ricava con chiarezza come
la formulazione della seconda sia ispirata all’esigenza di eliminare la
prescrizione, sulla quale sono cadute le censure della sentenza n. 151 del
2011.
Peraltro, il mancato richiamo delle specifiche
disposizioni statali da parte della norma regionale non comporta certamente la
inapplicabilità di queste ultime (sentenze n. 43 del 2011
e n. 45 del 2010)
soprattutto in una fattispecie come quella in esame, in relazione alla quale la
Provincia autonoma non ha alcun titolo a regolare le modalità applicative della
disposizione comunitaria, riservate allo Stato ai sensi dell’art. 5, commi 9 e
10, del d.P.R. n. 357 del 1997. Tale ultima
disposizione è infatti espressione della competenza legislativa esclusiva
statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. (ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato
e degli enti pubblici nazionali).
per questi
motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
1)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 17 luglio 1987, n. 14 (Norme per la protezione
della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia), come sostituito
dall’art. 2, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12
dicembre 2011, n. 14 (Norme in materia di caccia, pesca, foreste, ambiente, usi
civici, agricoltura, patrimonio ed urbanistica), limitatamente alle parole «e i
piccioni domestici inselvatichiti»;
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettere b) ed e), numeri 1) e 2), della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, come
sostituite dall’art. 2, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011;
3)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-bis, della legge prov. Bolzano n. 14 del
1987, inserito dall’art. 2, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011,
nella parte in cui, per la lepre comune ed il merlo, consente l’esercizio della
caccia fino al 10 gennaio e nella parte in cui, nel periodo a partire dal 16
dicembre, consente l’esercizio della caccia al merlo, alla cesena ed al tordo
bottaccio tutti i giorni della settimana;
4) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 1987, come sostituito dall’art 2, comma 5, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 2011;
5) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 29, comma 3, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 1987, aggiunto dall’art. 2, comma 11, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 2011;
6) dichiara
estinto il processo limitatamente alle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 36-bis della
legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, inserito dall’art. 2, comma 15, della legge
prov. Bolzano n. 14 del 2011;
7) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma
1-bis, della legge prov. Bolzano n.
14 del 1987, inserito dall’art. 2, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 14 del
2011, nella parte in cui, per la cesena ed il tordo bottaccio, consente
l’esercizio della caccia fino al 10 gennaio, promossa, in riferimento all’art.
117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione, dal presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato
in epigrafe;
8) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma
6, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12 maggio 2010, n. 6 (Legge
di tutela della natura e altre disposizioni), come sostituito dall’art. 7,
comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, promossa, in riferimento
all’art. 117, primo comma, della Costituzione ed in relazione all’art. 5, commi
9 e 10, del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357
(Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della
fauna selvatiche) e all’art. 6, comma 4, della direttiva 21 maggio 1992, n.
92/43/CEE (Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre
2012.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 dicembre 2012.
Il Direttore della Cancelleria