Sentenza n. 451 del 2007

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 451

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Franco                   BILE                            Presidente

-    Giovanni Maria     FLICK                            Giudice

-    Francesco               AMIRANTE                         "

-    Ugo                       DE SIERVO                         "

-    Paolo                     MADDALENA                     "

-    Alfio                     FINOCCHIARO                   "

-    Alfonso                 QUARANTA                        "

-    Franco                   GALLO                               "

-    Luigi                     MAZZELLA                        "

-    Gaetano                SILVESTRI                          “

-    Sabino                   CASSESE                            “

-    Giuseppe                TESAURO                           “

-    Paolo Maria           NAPOLITANO                    “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6, comma 1, della legge della Regione Emilia-Romagna 22 dicembre 2005, n. 23 (Disposizioni in materia tributaria), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 17 febbraio 2006, depositato in cancelleria il 21 febbraio 2006 ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2006.

Visto l’atto di costituzione della Regione Emilia Romagna;

udito nell’udienza pubblica del 20 novembre 2007 il Giudice relatore Franco Gallo;

uditi l’avvocato dello Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Rosaria Russo Valentini per la Regione Emilia Romagna.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 17 febbraio 2006 e depositato il 21 successivo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale: a) dell’art. 5 della legge della Regione Emilia-Romagna 22 dicembre 2005, n. 23 (Disposizioni in materia tributaria), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 167 del 22 dicembre 2005, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119 della Costituzione, in relazione all’allegato 1, tariffa C, del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), e successive modificazioni; b) dell’art. 6, comma 1, della medesima legge regionale, per violazione degli artt. 3, 117, secondo comma, lettere e) ed «i)» (recte: l), e 119 Cost.

1.1. – Il ricorrente censura, in primo luogo, il citato art. 5 della citata legge reg. Emilia-Romagna n. 23 del 2005, nella parte in cui stabilisce che «rientrano nella classificazione prevista nell’allegato 1, tariffa C, del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche) gli autoveicoli adibiti a scuola guida, a condizione che sulla licenza di circolazione siano state apposte le annotazioni previste nello stesso decreto».

Il Presidente del Consiglio dei ministri premette, al riguardo, che la tassa automobilistica regionale, in quanto istituita e disciplinata da norme statali (cioè dal menzionato d.P.R. n. 39 del 1959 e successive modificazioni; nonché dall’art. 17, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica»), non costituisce un “tributo proprio” delle Regioni, nel senso di cui al vigente art. 119 Cost., e che, pertanto, deve ritenersi a queste precluso modificarne la disciplina sostanziale, se non nei limiti previsti dalla legge statale. Poiché la disposizione regionale impugnata estende a tutti gli autoveicoli adibiti a scuola guida l’agevolazione tributaria prevista dalla normativa statale per le sole autovetture aventi la suddetta destinazione (allegato 1, tariffa C, del d.P.R. n. 39 del 1953: «alla tassa […] si applicano le seguenti riduzioni: […] per le autovetture adibite a scuola guida: riduzione del 40 per cento […]»), il legislatore regionale – conclude la difesa erariale – avrebbe esercitato una potestà normativa che non gli compete, in violazione degli evocati parametri costituzionali (artt. 117, secondo comma, lettera e, 119 Cost.).

1.2. – Il ricorrente censura, in secondo luogo, l’art. 6, comma 1, della medesima legge regionale, nella parte in cui, aggiungendo un ulteriore comma al comma 1 dell’art. 7-bis della legge della Regione Emilia-Romagna 19 agosto 1996, n. 31 (Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi), dispone che il termine di decadenza per l’accertamento delle violazioni previste dalla disciplina statale e regionale sul deposito in discarica dei rifiuti solidi decorre, «nel caso in cui venga esercitata l’azione penale», dal «passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio penale», invece che dalla data di commissione della violazione.

La difesa erariale afferma che la censurata disposizione – nel differire la decorrenza del termine decadenziale per l’accertamento delle violazioni tributarie sino al momento della formazione del giudicato penale – risulterebbe innanzitutto intrinsecamente irrazionale e, pertanto, violerebbe l’art. 3 Cost., sia perché sarebbe applicabile in ogni caso di esercizio dell’azione penale e, quindi, anche nell’ipotesi in cui il procedimento penale non ha ad oggetto gli stessi fatti costitutivi della violazione tributaria ovvero fatti dal cui accertamento dipende quello di detta violazione; sia perché non sarebbe, invece, applicabile allorché la sentenza che definisce il giudizio penale non è suscettibile di “passare in giudicato” (come nell’ipotesi di sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell’art. 425 del codice di procedura penale); sia, infine, perché esporrebbe ingiustificatamente il contribuente alla potestà sanzionatoria tributaria per un periodo non predeterminato, posto che la pendenza del procedimento penale non sospende i poteri di accertamento e di controllo dell’Amministrazione finanziaria, e che non sussiste alcuna pregiudizialità penale rispetto all’accertamento tributario (dati i limiti soggettivi ed oggettivi del giudicato penale derivanti dall’art. 654 cod. proc. pen. e dato il costante insegnamento giurisprudenziale che esclude l’automatica estensione degli effetti vincolanti della sentenza penale irrevocabile all’azione accertatrice dell’ufficio tributario: Cass. n. 10945 del 2005 e n. 9109 del 2002).

Con riferimento agli ulteriori parametri evocati (artt. 117, secondo comma, lettere e e l, e 119 Cost.), il Presidente del Consiglio dei ministri premette che il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (al pari della tassa automobilistica regionale oggetto della precedente censura), in quanto istituito da una legge statale (art. 3, comma 24, della legge 18 dicembre 1995, n. 549), non costituisce un “tributo proprio” delle Regioni, nel senso di cui al vigente art. 119 Cost., e, pertanto, a queste è precluso modificare la disciplina sostanziale del tributo, se non nei limiti previsti dalla legge statale. Su tale premessa, l’Avvocatura dello Stato afferma che l’impugnata disposizione di legge regionale si pone in contrasto sia con i poteri attribuiti dalla legge statale al legislatore regionale in ordine al predetto tributo speciale – perché il comma 34 del citato art. 3 della legge n. 549 del 1995 si limiterebbe a rimettere alle Regioni solo «la regolamentazione degli aspetti gestionali e applicativi della procedura di accertamento» del tributo –; sia con i princípi generali del sistema tributario statale, al quale compete in via esclusiva disciplinare i rapporti tra procedimento amministrativo tributario e processo penale. In particolare, secondo il ricorrente, la violazione degli evocati parametri costituzionali deriverebbe dal contrasto tra l’impugnata disposizione ed il principio generale espresso dalla normativa statale, in base al quale il termine previsto per l’accertamento delle violazioni tributarie opera «indipendentemente ed a prescindere dalla pendenza e tanto piú dall’esito dell’eventualmente coesistente procedimento penale, come tale necessariamente irrilevante ai fini della decorrenza del predetto termine». Il ricorrente afferma che tale principio, desumibile già dall’art. 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (disposizione dettata in tema di termine per l’“irrogazione” delle sanzioni amministrative tributarie), sarebbe stato poi ribadito, in materia di imposte sui redditi e di IVA, dagli artt. 20 e 21 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (i quali stabiliscono, rispettivamente, che il provvedimento di accertamento tributario ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza di un procedimento penale e che le sanzioni amministrative relative alle violazioni tributarie oggetto di notizia di reato sono comunque irrogate dall’ufficio finanziario).

2. – Si è costituita in giudizio la Regione Emilia-Romagna, la quale ha concluso per il rigetto della «sollevata questione» di legittimità costituzionale, in quanto «inammissibile ed infondata», precisando, con successive memorie, di chiedere il rigetto della prima questione di legittimità costituzionale e la dichiarazione di cessazione della materia del contendere relativamente alla seconda.

2.1. – Con riguardo alla prima questione, avente ad oggetto la tassa automobilistica regionale, la resistente assume che: a) il disposto dell’allegato 1, tariffa C, del d.P.R. n. 39 del 1953, invocato dal ricorrente quale norma interposta, va inteso, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata, nel senso che la riduzione della tassa compete non solo alle «autovetture» adibite a scuola guida (come risulterebbe in base alla lettera di detta disposizione), ma anche a tutti gli autoveicoli aventi la medesima destinazione, pena la violazione dell’art. 3 Cost., e ciò perché «ricondurre gli autoveicoli adibiti a scuola guida al medesimo regime impositivo applicabile ai mezzi di trasporto destinati ad attività produttive e commerciali, e correlativamente differenziare l’importo della tassazione solo per le autovetture, significherebbe introdurre nell’ordinamento una inammissibile ed illegittima disparità di trattamento fiscale in danno di operatori economici che svolgono attività oggettivamente diversa»; b) rientra nei poteri delle Regioni (come si desumerebbe anche dall’art. 11, comma 1, della legge n. 212 del 2000, in tema di interpello da parte del contribuente in ordine alla corretta interpretazione di disposizioni tributarie) chiarire la portata applicativa delle disposizioni in materia tributaria, anche attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni dettate dal legislatore statale e intervenire, attraverso atti legislativi e regolamentari, per sanare situazioni di ingiustizia sostanziale e disparità di trattamento derivanti da una irragionevole applicazione di norme di legge statali; c) la norma regionale impugnata, uniformando il trattamento fiscale degli autoveicoli adibiti a scuola guida a quello delle autovetture destinate alla medesima funzione e riconoscendo espressamente una agevolazione tributaria che già necessariamente doveva considerarsi come il portato della lettura ragionevole e costituzionalmente orientata dell’allegato 1, tariffa C, del d.P.R. n. 39 del 1953, ha «colmato un vuoto legislativo» senza operare alcuna modifica della disciplina del tributo come configurato dal legislatore statale e, pertanto, non eccede dalla competenza legislativa della Regione, quale fissata, in materia di tassa automobilistica regionale, dall’art. 17, comma 10, della legge n. 449 del 1997 e dagli artt. 117 e 119 Cost.

2.2. – Con riguardo alla seconda questione, avente ad oggetto il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, la resistente eccepisce l’intervenuta cessazione della materia del contendere, perché la disposizione impugnata è stata abrogata dall’art. 4 della legge della Regione Emilia-Romagna 20 dicembre 2006, n. 19 (Disposizioni in materia tributaria), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 185 del 20 dicembre 2006 ed entrata in vigore il 21 dicembre 2006.

3. – All’udienza di discussione, la Regione resistente ha prodotto un documento a firma del direttore generale centrale degli affari istituzionali e legislativi della Giunta della Regione Emilia-Romagna, datato 16 novembre 2007, attestante che il censurato art. 6, comma 1, della legge regionale n. 23 del 2005 «non ha prodotto alcun effetto sui rapporti tributari in essere». Sul punto, la difesa erariale ha dichiarato, nella stessa udienza, che la questione «si può ritenere superata».

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia l’illegittimità costituzionale: a) dell’art. 5 della legge della Regione Emilia-Romagna 22 dicembre 2005, n. 23 (Disposizioni in materia tributaria), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 167 del 22 dicembre 2005, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119 della Costituzione, in relazione all’allegato 1, tariffa C, del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), e successive modificazioni; b) dell’art. 6, comma 1, della medesima legge regionale, per violazione degli artt. 3, 117, secondo comma, lettere e) ed «i)» (recte: l) e 119 Cost. Il ricorrente propone, pertanto, due distinte questioni di legittimità costituzionale, che vanno esaminate separatamente.

2.– La prima questione proposta riguarda l’art. 5 della suddetta legge regionale, il quale, nello stabilire che «rientrano nella classificazione prevista nell’allegato 1, tariffa C, del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche) gli autoveicoli adibiti a scuola guida, a condizione che sulla licenza di circolazione siano state apposte le annotazioni previste nello stesso decreto», estende a tutti gli autoveicoli adibiti a scuola guida l’agevolazione tributaria prevista dal citato allegato 1, tariffa C, del d.P.R. n. 39 del 1953 per le sole autovetture adibite allo stesso scopo. Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata, estendendo la suddetta agevolazione a casi non previsti dalla normativa statale, eccederebbe i limiti fissati in materia dal legislatore statale al legislatore regionale, il quale, pertanto, avrebbe esercitato una potestà normativa che non gli compete, cosí incorrendo nella violazione degli evocati parametri costituzionali (artt. 117, secondo comma, lettera e, e 119 Cost.).

La questione è fondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di ripartizione delle competenze legislative concernenti la tassa automobilistica regionale, il legislatore statale, pur attribuendo alle Regioni ad autonomia ordinaria il gettito della tassa ed un limitato potere di variazione dell’importo originariamente stabilito, oltre che l’attività amministrativa concernente la riscossione, i rimborsi, il recupero della tassa stessa e l’applicazione delle sanzioni, non ha tuttavia devoluto a dette Regioni il potere di disciplinare gli altri elementi costitutivi del tributo. In questo quadro normativo, quindi, la tassa automobilistica non può definirsi come “tributo proprio della Regione”, ai sensi del combinato disposto degli artt. 117, quarto comma, e 119, secondo comma, Cost., dal momento che il gettito della tassa è stato “attribuito” alle Regioni, ma la disciplina di detto tributo non rientra nella competenza legislativa residuale alle stesse riservata dall’art. 117, quarto comma, Cost. Si deve quindi confermare il principio, costantemente affermato da questa Corte, per cui «allo stato della vigente legislazione, la disciplina delle tasse automobilistiche rientra nella competenza esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali», ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione (sentenze n. 455 del 2005; n. 311, n. 297 e n. 296 del 2003).

Sulla base di tale principio sono state dichiarate costituzionalmente illegittime, perché invasive della esclusiva competenza dello Stato, norme regionali che disponevano esenzioni dalla tassa automobilistica (sentenze n. 455 del 2005 e n. 296 del 2003) o modificavano la disciplina dei termini per l’accertamento del tributo (sentenze numeri 296, 297 e 311 del 2003).

L’impugnato art. 5 della legge reg. Emilia-Romagna n. 23 del 2005 prevede per i veicoli adibiti a scuola guida casi di riduzione (nella misura del 40 per cento del tributo) della tassa automobilistica non contemplati dalla norma statale (allegato 1, tariffa C, del d.P.R. n. 39 del 1953). Quest’ultima, infatti, consente di applicare la suddetta agevolazione fiscale solo alle autovetture adibite a scuola guida e cioè ai veicoli a motore, destinati a tale scopo, con almeno quattro ruote e diversi dai motoveicoli, destinati al trasporto di persone, aventi al massimo nove posti, compreso quello del conducente (art. 54, comma 1, lettera a, del nuovo codice della strada). La norma regionale, invece, estende l’agevolazione a tutti gli autoveicoli adibiti a scuola guida, anche se diversi dalle autovetture quali definite dal codice della strada (e quindi, ad esempio, anche agli autobus, agli autoveicoli per trasporto promiscuo, agli autocarri, ai trattori stradali, agli autotreni ed altro). La norma regionale impugnata interviene, dunque, su aspetti della disciplina sostanziale del tributo riservati alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

A tale conclusione la Regione resistente ha obiettato che la norma impugnata avrebbe portata soltanto interpretativa, in quanto si limiterebbe a fornire una doverosa interpretazione secundum Constitutionem della norma statale, la quale, se diversamente interpretata, escluderebbe irragionevolmente, in violazione dell’art. 3 Cost., l’applicazione dell’agevolazione fiscale agli autoveicoli adibiti a scuola guida diversi dalle «autovetture». L’obiezione è, però, infondata, perché la Regione non potrebbe mai eccedere i limiti della propria competenza legislativa intervenendo, con legge interpretativa o innovativa, su una legge statale, neppure adducendo la violazione, da parte di detta legge statale, di norme costituzionali (nella specie, addirittura diverse da quelle che regolano l’attribuzione della competenza legislativa dello Stato e delle Regioni).

3. – La seconda questione ha ad oggetto l’art. 6, comma 1, della citata legge regionale n. 23 del 2005, il quale, aggiungendo il comma 1-bis all’art. 7-bis della legge della Regione Emilia-Romagna 19 agosto 1996, n. 31 (Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi), dispone che il termine di decadenza per l’accertamento delle violazioni previste dalla disciplina statale e regionale sul deposito in discarica dei rifiuti solidi decorre, «nel caso in cui venga esercitata l’azione penale», dal «passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio penale», invece che dalla data di commissione della violazione.

Al riguardo, va però rilevato che sono venute meno le ragioni della controversia.

Successivamente alla proposizione del ricorso, infatti, la disposizione impugnata è stata abrogata dall’art. 4 della legge della Regione Emilia-Romagna 20 dicembre 2006, n. 19 (Disposizioni in materia tributaria), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 185 del 20 dicembre 2006 ed entrata in vigore il 21 dicembre 2006. La Regione resistente, con documento prodotto in udienza e datato 16 novembre 2007, ha inoltre precisato che la medesima disposizione censurata, «sin dal momento della sua entrata in vigore e fino al momento della sua abrogazione, non ha prodotto alcun effetto sui rapporti tributari in essere». Poiché la stessa difesa erariale ha affermato in udienza che, a séguito di tali dichiarazioni della resistente, la questione «si può ritenere superata», deve constatarsi che è venuto meno l’interesse del ricorrente a coltivare il ricorso e pertanto, in accoglimento della richiesta della Regione e in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, deve dichiararsi cessata la materia del contendere (ex plurimis, sentenza n. 289 del 2007; ordinanza n. 41 del 2007).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Emilia-Romagna 22 dicembre 2005, n. 23 (Disposizioni in materia tributaria), in relazione all’allegato 1, tariffa C, del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), e successive modificazioni, nella parte in cui stabilisce che «rientrano nella classificazione prevista nell’allegato 1, tariffa C, del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche) gli autoveicoli adibiti a scuola guida, a condizione che sulla licenza di circolazione siano state apposte le annotazioni previste nello stesso decreto»;

dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1, della medesima legge regionale, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettere e) e l), e 119 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2007.