SENTENZA N. 425
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi promossi con ricorsi delle Province autonome di Bolzano e di Trento, notificati, rispettivamente, il 17 agosto 1994 ed il 16 settembre 1994 e depositati in cancelleria il 29 agosto ed il 28 settembre 1994, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del d.P.R. 31 marzo 1994, recante: "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all'estero delle regioni e delle province autonome", iscritti ai nn. 32 e 35 del registro conflitti 1994.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 1995 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;
uditi gli avvocati Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano e Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato Gaudenzio Pierantozzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. -- Con ricorsi notificati, rispettivamente, il 17 agosto 1994 (R. Confl. n. 32 del 1994) ed il 16 settembre 1994 (R. Confl. n. 35 del 1994), le Province autonome di Bolzano e di Trento hanno sollevato conflitti di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994, recante "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all'estero delle regioni e delle province autonome".
Le Province ricorrenti denunciano l'invasione di competenze ad esse attribuite, in violazione dello statuto speciale per il Trentino- Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e delle relative norme di attuazione.
2. -- La Provincia autonoma di Bolzano sottolinea anzitutto l'esigenza, che è all'origine della sua stessa istituzione, di mantenere l'identità culturale delle popolazioni locali, anche mediante collegamenti con enti extranazionali appartenenti alla medesima area culturale. Il decreto denunciato, intervenendo in materia di attività all'estero delle regioni e delle province autonome, inciderebbe su questa esigenza, ignorando le peculiarità che hanno dato luogo ad un trattamento differenziato della Provincia di Bolzano rispetto alle regioni a statuto ordinario.
Il decreto impugnato sarebbe lesivo di competenze attribuite alla ricorrente dagli artt. 8, 9 e 16, primo comma, dello statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, dettando una disciplina di dettaglio, anche a carattere organizzativo, che va oltre l'ambito consentito dall'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, per gli atti di indirizzo e coordinamento, i quali possono vincolare la Provincia solo al conseguimento di obiettivi o risultati. La Provincia afferma, in particolare, di avere la piena competenza a svolgere attività promozionale turistica all'estero per iniziative da realizzare nel proprio territorio, con la facoltà, e non con l'obbligo, di avvalersi dell'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) (art. 5, numero 3, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 278), senza dover sottostare ad alcuna procedura limitativa. Anche nelle altre materie di competenza provinciale non sussisterebbero limiti allo svolgimento di attività promozionali all'estero, e questi non potrebbero essere imposti sotto forma di atti di indirizzo. La ricorrente sostiene, inoltre, che non sarebbero state riservate all'esclusiva valutazione ed attuazione da parte della Provincia le attività da promuovere o gestire nei paesi dell'area culturale tedesca per favorire lo sviluppo economico, sociale e culturale delle minoranze tedesca e ladina.
3. -- Anche la Provincia autonoma di Trento denuncia l'invasività del d.P.R. 31 marzo 1994 e chiede che si dichiari che non spetta allo Stato: a) stabilire che il Ministro delegato, preposto al dipartimento per gli affari regionali, possa eccepire il contrasto delle attività di mero rilievo internazionale con gli indirizzi politici generali dello Stato, o la loro esorbitanza dalla sfera degli interessi regionali, anzichè solo il contrasto con gli indirizzi di politica estera; b) stabilire che la Provincia autonoma debba utilizzare, per l'attuazione dei programmi, delle iniziative e delle altre attività, previsti dagli artt. 1 e 2 del decreto in questione, i servizi degli organismi dello Stato e degli enti nazionali operanti all'estero; c) prevedere con atto di indirizzo e coordinamento che l'unica forma di presenza delle regioni e delle province autonome presso le istituzioni delle Comunità europee ed il solo strumento per mantenere rapporti con gli uffici ed organismi comunitari sia l'inserimento di esperti regionali presso la Rappresentanza permanente d'Italia.
La Provincia di Trento sostiene, in particolare, che il d.P.R. 31 marzo 1994 conterrebbe una disciplina dettagliata delle attività di mero rilievo internazionale delle regioni e delle province autonome, priva del necessario fondamento legislativo. Inoltre la valutazione delle attività di mero rilievo internazionale sarebbe rimessa al Governo in un ambito troppo ampio, con il rischio che venga limitata ogni possibile iniziativa all'estero della Provincia.
Anche la disposizione contenuta nell'art. 3 del decreto impugnato, che prevede che le regioni si debbano coordinare, per l'attuazione dei programmi, delle iniziative e delle attività indicati dagli artt. 1 e 2 del decreto stesso, con gli organismi dello Stato e degli enti nazionali operanti all'estero, utilizzandone di norma i servizi, contrasterebbe con il d.P.R. n. 278 del 1974, che nel settore del turismo prevede solo la facoltà, e non l'obbligo, della Provincia di avvalersi dell'ENIT.
Infine la previsione dell'art. 4, comma 2, del decreto impugnato, secondo la quale con legge statale sarà prevista l'istituzione di un contingente di esperti regionali presso la Rappresentanza permanente d'Italia presso le Comunità europee, designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, non consentirebbe di tener conto delle singole e specifiche realtà provinciali. Se precludesse la possibilità di tenere rapporti con gli uffici e le strutture comunitarie in forme diverse, la norma contrasterebbe con l'art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992, che assegna alle province autonome il compito di dare attuazione agli atti di indirizzo e coordinamento attraverso proprie disposizioni organizzative.
4. -- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in entrambi i giudizi ed ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
L'Avvocatura osserva che il decreto oggetto dei conflitti di attribuzione sostituisce le precedenti disposizioni di indirizzo e coordinamento per le attività promozionali all'estero delle regioni, dettate con il d.P.C.m. 11 marzo 1980. La Corte costituzionale ha avuto modo di occuparsi più volte di questo atto, sempre utilizzato a supporto di numerose sentenze. In particolare nella sentenza n. 472 del 1992 la Corte ha considerato opportuna, per le attività di mero rilievo internazionale, l'emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento integrativo del d.P.C.m. 11 marzo 1980, finalizzato alla disciplina del previo assenso per tale categoria di attività regionali. L'Avvocatura ritiene, inoltre, che il decreto impugnato, riferendosi alle attività di mero rilievo internazionale, non disciplini un quid novi, in quanto già il d.P.C.m. 11 marzo 1980 regolamentava i contatti delle regioni con paesi esteri, non afferenti alle attività promozionali, sebbene non li designasse formalmente come atti di mero rilievo internazionale, essendo tale espressione enunciata solo successivamente dalla giurisprudenza costituzionale.
L'Avvocatura esclude che l'atto in questione sia diretto, in via generale o attraverso particolari norme, a vincolare l'azione delle province autonome sul piano organizzativo. Le singole disposizioni del d.P.R. 31 marzo 1994 riguarderebbero soltanto le procedure attraverso le quali si individuano le iniziative da svolgere, perchè esse possano essere valutate compiutamente, al fine di ottenere l'intesa governativa oppure di escludere un contrasto con gli indirizzi generali dello Stato o l'esorbitanza dalla sfera degli interessi provinciali. La necessità di coordinamento con gli organismi dello Stato e degli enti nazionali operanti all'estero rappresenterebbe una tenue ricaduta del tuttora persistente carattere unitario della personalità internazionale dello Stato, laddove a livello comunitario viene concesso alle regioni ed alle province autonome il più ampio spazio, ovviamente nei limiti ed in attuazione della politica comunitaria determinata dallo Stato. Del resto, non sarebbe sufficiente che determinati interessi facciano capo alle regioni ed alle province autonome e siano territorialmente circoscritti per escludere interferenze statali. L'attività all'estero diretta alla tutela di tali interessi, ponendo problemi di relazioni internazionali, di commercio con l'estero, di bilancia dei pagamenti, coinvolgerebbe sempre anche interessi di carattere unitario che debbono essere ricondotti nell'ambito delle competenze istituzionali degli organi centrali. Le esigenze di carattere unitario, che sul piano dei rapporti internazionali coinvolgono le competenze degli organi centrali, vanno rispettate quale che sia la materia per la quale si esplica la potestà legislativa, esclusiva ovvero concorrente, della provincia.
Quanto alle procedure delineate nell'atto di indirizzo e coordinamento, esse sarebbero dirette esclusivamente a realizzare il coordinamento fra le funzioni ed interessi dello Stato e quelli delle province autonome, se e per quanto lo statuto speciale e le relative norme di attuazione non prescrivano specifici procedimenti.
Nessun fondamento avrebbe la censura, mossa in particolare dalla Provincia autonoma di Trento, all'art. 3 del d.P.R. 31 marzo 1994. La previsione di una forma di coordinamento attraverso l'utilizzo, di norma, dei servizi resi da organi dello Stato operanti all'estero cede di fronte alla disposizione di attuazione dello statuto speciale, che prevede una facoltà della Provincia di avvalersi dell'ENIT. Di conseguenza, nessuna attività provinciale all'estero in materia di turismo potrà essere censurata dallo Stato se venisse messa in atto senza avvalersi di tale ente. Questa evenienza, oltre ad essere confortata dai limiti posti espressamente nel decreto impugnato a salvaguardia delle regioni a statuto speciale (art. 7), troverebbe conferma nella prassi statale, che ha sempre osservato la gerarchia delle fonti legislative.
5. -- In prossimità dell'udienza la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato una memoria nella quale ribadisce quanto sostenuto nel ricorso ed afferma che l'atto impugnato è lesivo delle attribuzioni provinciali essendo privo di uno specifico fondamento legale, che in particolare mancherebbe in materia di attività promozionali turistiche, per le quali le norme di attuazione dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige non prevedono alcun potere governativo di indirizzo e coordinamento.
Considerato in diritto
1. -- I conflitti di attribuzione proposti dalle Province autonome di Bolzano e di Trento nei confronti dello Stato concernono il decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994, adottato come "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all'estero delle regioni e delle province autonome".
Le ricorrenti denunciano la lesione di competenze ad esse attribuite dallo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e dalle relative norme di attuazione.
La Provincia di Bolzano chiede l'annullamento del decreto nel suo complesso, ed in particolare degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 7. Questo atto, difatti, detterebbe prescrizioni specifiche, anche di carattere organizzativo, non sorrette da una fonte legislativa che le preveda; disciplinerebbe, con statuizioni di dettaglio, l'azione della Provincia, che può essere vincolata con atti di indirizzo e coordinamento, in base all'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, solo al conseguimento degli obiettivi o risultati da tali atti stabiliti.
In particolare la Provincia di Bolzano afferma che, in campo turistico, l'attività promozionale all'estero per iniziative da realizzare nel proprio territorio è rimessa del tutto alla competenza della Provincia stessa, che, diversamente da quanto prevede il decreto impugnato, ha la facoltà, in base all'art. 5, numero 3, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 278, ma non l'obbligo di avvalersi dell'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT). Il decreto impugnato non riserverebbe, inoltre, all'esclusiva valutazione della Provincia le attività, da promuovere in paesi dell'area culturale tedesca, dirette a favorire lo sviluppo delle minoranze linguistiche tedesca e ladina, conformemente alle caratteristiche specifiche dell'autonomia attribuita alla ricorrente.
La Provincia di Trento chiede l'annullamento solo di alcune disposizioni del d.P.R. 31 marzo 1994: dell'art. 2, comma 2, nella parte in cui prevede che il Ministro delegato, preposto al dipartimento per gli affari regionali, possa eccepire il contrasto delle attività di mero rilievo internazionale con gli indirizzi politici generali dello Stato o la loro esorbitanza dalla sfera degli interessi regionali, e non solo il contrasto con gli indirizzi di politica estera dello Stato; dell'art. 3, comma 1, nella parte in cui stabilisce che la provincia autonoma deve utilizzare i servizi degli organismi dello Stato e degli enti nazionali operanti all'estero per attuare i programmi, le iniziative ed attività indicati dagli artt. 1 e 2 dello stesso decreto; dell'art. 4, comma 2, nella parte in cui prevede l'istituzione di un contingente di esperti regionali nell'ambito della Rappresentanza permanente d'Italia presso le Comunità europee quale unica forma di presenza della provincia presso gli uffici e gli organismi comunitari.
2. -- I due ricorsi hanno ad oggetto il medesimo atto, prospettano censure complementari ed in parte analoghe, sicchè i giudizi, evidentemente connessi, possono essere decisi congiunta mente.
3. -- Il d.P.R. 31 marzo 1994 intende espressamente "adeguare agli sviluppi anche giurisprudenziali dell'ordinamento italiano e di quello comunitario" il contenuto del d.P.C.m. 11 marzo 1980, che dettava disposizioni di indirizzo e coordinamento delle attività all'estero delle regioni.
Il nuovo decreto, che sostituisce interamente il precedente, contiene una descrizione definito ria delle attività promozionali all'estero (art. 1), distinguendole dalle attività di mero rilievo internazionale (art. 2), da tempo individuate dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 179 del 1987, nn. 564 e 737 del 1988, n. 472 del 1992); regola le procedure con le quali gli organi dello Stato esprimono le valutazioni rimesse alla loro competenza (intesa o assenso, anche impliciti, dissenso motivato o eccezioni) in ordine alle attività che le regioni intendono porre in essere ed indica i criteri ai quali ispirare le valutazioni statali; preordina la collaborazione dello Stato e degli enti pubblici con le regioni (art. 3); prefigura rapporti con la Comunità europea (art. 4) e regolamenta per più aspetti momenti informativi e di collaborazione.
4. -- L'autoqualificazione del decreto impugnato come atto di indirizzo e coordinamento non è decisiva per determinarne l'effettiva portata e la reale natura, dovendosi fare riferimento, per individuarne le caratteristiche, al contenuto sostanziale dell'atto piuttosto che alla sua enunciata veste formale. Si è difatti in presenza non di un atto destinato ad indirizzare e coordinare l'attività amministrativa di soggetti dotati di autonomia, ma di un atto essenzialmente diretto a disciplinare l'esercizio di poteri dello Stato, sia pure riferiti ad attività regionali. Il d.P.R. 31 marzo 1994 non riguarda in alcun modo i contenuti delle attività estere delle regioni, siano essi promozionali o di mero rilievo internazionale, attribuite alla loro competenza; non prefissa gli obiettivi che devono essere raggiunti nè le figure o le modalità organizzative che le regioni possono o debbono adottare. Esso contiene, oltre a ricognizioni definitorie da leggere in coerenza con i principi che già disciplinano l'assetto delle competenze in materia di attività estera delle regioni, norme procedurali, che, per loro natura, non sono dirette a modificare il fondamento ed il regime dei poteri disciplinati (sentenza n. 242 del 1989).
Il provvedimento impugnato, nella sua sostanziale portata, regolamenta tempi e modi di esercizio di competenze già spettanti all'amministrazione statale in materia di attività estera. Difatti allo Stato rimangono sempre riservati gli indirizzi di politica estera e la valutazione degli interessi del Paese in questo settore, tanto con riferimento alle attività promozionali in materie di competenza regionale, quanto per le attività di mero rilievo internazionale delle regioni stesse. In conformità di tale principio si è sempre affermata la necessità che lo Stato sia messo in grado di apprezzare, attraverso gli strumenti dell'intesa o dell'assenso, se le iniziative di competenza regionale che toccano la sfera estera siano o meno in contrasto con gli indirizzi di politica inter nazionale, rimessi alla competenza statale (da ultimo sentenze n. 212 del 1994 e n. 290 del 1993).
All'esclusiva competenza, propria degli organi centrali dello Stato, di determinare ed attuare gli indirizzi di politica estera, in senso lato, non si sottraggono le province dotate di speciale autonomia. Anche per esse le attività promozionali da svolgere all'estero sono consentite previa intesa con il Governo (art. 4 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) e le attività di mero rilievo internazionale richiedono la previa verifica della conformità agli indirizzi di politica internazionale, affinchè resti escluso il pericolo di un pregiudizio per gli interessi del Paese (sentenza n. 564 del 1988). Essendo le competenze e le valutazioni dello Stato, da un lato, e delle regioni o delle province autonome, dall'altro, distinte ma cospiranti, il principio di leale cooperazione comporta l'obbligo per queste ultime di comunicare al Governo le iniziative in programma, con tempestività e completezza di informazioni, in modo da consentire una valutazione adeguata della conformità delle stesse con gli indirizzi di politica estera dello Stato e con gli interessi nazionali (sentenze n. 204 del 1993, n. 472 del 1992 e n. 179 del 1987).
A tal fine, in sede di disciplina del procedimento di propria spettanza, rientra nella competenza dello Stato indicare gli organi ai quali i programmi delle attività ed ogni necessaria comunicazione devono essere inviati dalle regioni, precisando il contenuto delle relative informazioni ed i tempi del loro inoltro, perchè sia possibile l'effettivo esame delle attività previste; come pure rientra nella medesima competenza indicare i criteri ai quali il Ministro competente ispira il proprio apprezzamento, i termini nei quali deve comunicare l'eventuale, motivato dissenso, stabilendo che la mancata pronuncia nei termini implichi l'intesa o l'assenso.
In questa prospettiva è egualmente riconducibile al principio di leale cooperazione anche la previsione di comunicazioni relative agli incontri delle regioni con organi rappresentativi esteri.
Il decreto impugnato muove essenzialmente secondo questa linea e tende a disciplinare, per la parte statale, attività e procedure, iterando, nel resto, enunciazioni dirette agli organi dello Stato per indicare i criteri cui attenersi nelle valutazioni di loro competenza, che devono essere interpretati in coerenza con i principi dell'assetto dei rapporti tra attribuzioni statali e regionali in materia di attività estera, più volte ripetuti dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 187 del 1985 e n. 179 del 1987), secondo cui le valutazioni dello Stato rimangono ancorate all'apprezzamento della compatibilità delle iniziative regionali con gli indirizzi politici generali in materia estera.
5. -- Per quanto più specificamente attiene alla posizione delle ricorrenti, il d.P.R. 31 marzo 1994, nel definire il proprio ambito di applicazione, comprende anche le Province autonome di Trento e di Bolzano, ma salvaguarda espressamente quanto diversamente stabilito dallo statuto, dalle norme di attuazione e dalle altre disposizioni che ad esse si riferiscono (art. 7, comma 1). Rimangono anche espressamente intoccati la disciplina ed i rapporti correlati a specifici accordi o intese internazionali, come pure l'attuazione delle attività in essi prevista (art. 7, comma 2).
Queste enunciazioni non rappresentano una clausola di stile, nè si esauriscono in una previsione di chiusura o residuale. Costituiscono, anzi, l'espressione di un principio e la delimitazione oggettiva dell'ambito di applicazione dell'atto: entrambe intese a salvaguardare pienamente la specificità dell'autonomia provinciale e la prevalenza delle disposizioni che la garantiscono, nel contesto dello statuto e delle altre norme proprie a tali enti. L'art. 7, commi 1 e 2, del decreto impugnato offre anche un criterio interpretativo delle altre disposizioni del medesimo atto, che risultino applicabili alle Province autonome. Queste disposizioni devono essere lette in coerenza, e non in contrasto, con le norme delle diverse fonti che salvaguardano l'autonomia speciale e la particolare collocazione delle ricorrenti.
Ne deriva, per quanto ad esempio specificamente riguarda l'attività di promozione all'estero nel campo turistico, che continuano a trovare immediata applicazione le norme di attuazione dello statuto speciale, invocate dalle ricorrenti. Anche la previsione di una presenza di derivazione regionale nella Rappresentanza permanente d'Italia presso le Comunità europee, in consonanza con la politica regionale comunitaria e con il ruolo delle regioni (si veda, in proposito, la risoluzione del Parlamento europeo del 17 novembre 1988), non vale a limitare od escludere ogni altro rapporto con gli organismi comunitari, previsto dallo stesso atto impugnato o che altre fonti normative consentano. Così ricostruiti la qualificazione dell'atto e l'ambito della sua applicazione, non sussiste la lamentata lesione di competenze delle Province autonome, le cui doglianze devono essere pertanto dichiarate infondate.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato adottare disposizioni per lo svolgimento di attività promozionali all'estero e di mero rilievo internazionale, di cui al d.P.R. 31 marzo 1994 (Atto di indi rizzo e coordinamento in materia di attività all'estero delle regioni e delle province autonome).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 settembre 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 12 settembre 1995.