SENTENZA N. 329
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito degli articoli da 1 a 7 e relativi allegati del decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007 recante «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)», promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento, notificato il 21 dicembre 2007, depositato in cancelleria il 28 dicembre 2007 ed iscritto al n. 11 del registro conflitti tra enti 2007.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 luglio 2008 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato Michele Dipace per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso iscritto al numero 11 del registro conflitti dell'anno 2007, la Provincia autonoma di Trento chiede l'annullamento degli articoli da 1 a 7 e relativi allegati del decreto del Ministro dell' Ambiente e della Tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007, «n. 184» (ma tale numero non risulta dalla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 6 novembre 2007, n. 258), recante «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)».
1.1. Le disposizioni impugnate recano una articolata ed estremamente dettagliata disciplina per la conservazione o la gestione di tali aree di interesse naturalistico, prevedendo un obbligo di adeguamento da parte delle Regioni e delle Province autonome, anche ad eventuale integrazione di previsioni già esistenti (artt. 2, comma 2, e 3, comma 1) .
1.2. La ricorrente Provincia autonoma sostiene che tali disposizioni ledono la propria sfera di attribuzione costituzionale, in quanto violano: l'art. 8, nn. 1, 5, 6, 7, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 20 e 21, l'art. 9, nn. 9 e 10, e l'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); l'art. 117, sesto comma, della Costituzione e l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione); il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di minime proprietà colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste); il decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 527 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di comunicazioni e trasporti di interesse provinciale); il decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione); il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche); il decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica); il decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità); il decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con D.P.R. 28 marzo 1975, n. 474); gli artt. 7 ed 8 del decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), e gli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); nonché il principio di leale collaborazione ed il principio di legalità.
2. La ricorrente Provincia autonoma di Trento evidenzia, anzitutto, di avere competenza (primaria o concorrente) «in praticamente tutte le materie di riferimento della tutela dell'ambiente» in base a diverse norme statutarie (art. 8, nn. 1, 5, 6, 7, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 2 0 e 21, art. 9, nn. 9 e 10, e art. 16). Ricorda, poi, come la propria competenza in materia di ambiente sia stata confermata dalla Corte costituzionale con varie pronunce e, in particolare, con le sentenze n. 425 del 1999 e n. 265 del 2003, «concernenti proprio la materia oggetto del presente conflitto, cioè i siti di importanza comunitaria». Richiama, inoltre, la sentenza n. 378 del 2007, con la quale la Corte costituzionale ha riconosciuto la competenza provinciale primaria in tale specifica materia, in base all'art. 8, n. 16 dello Statuto speciale («parchi per la protezione della flora e della fauna»).
2.1. La difesa provinciale ricostruisce il quadro normativo del conflitto, specificando che:
a) l'impugnato decreto ministeriale 17 ottobre 2007 è stato emanato in base all'art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), per il quale «Al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono provvedere agli adempimenti previsti dagli articoli 4 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base di criteri minimi uniformi definiti con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare»;
b) il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, è il regolamento attuativo della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, ed i suoi richiamati articoli 4 e 6 prevedono la necessaria adozione da parte delle Regioni e delle Province autonome di speciali misure di conservazione per le ZSC e per le ZPS.
Così ricostruito il quadro normativo, la Provincia autonoma di Trento afferma:
1) che, al presente, le ZSC non esistono, non essendo ancora avvenuta la loro designazione, ed essendo stati, per adesso, solo individuati i siti di importanza comunitaria (SIC), destinati all'eventuale successiva designazione quali ZSC;
2) che la procedura di infrazione comunitaria, menzionata tanto dall'impugnato decreto ministeriale 17 ottobre 2007 quanto dal citato comma 1226 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, riguarda solo la direttiva 79/409/CEE, relativa alle ZPS;
3) di avere, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di ambiente, già dato attuazione agli obblighi derivanti dalle direttive 93/43/CEE e 74/409/CEE con gli articoli 9 e 10 della legge provinciale 15 ottobre (recte: dicembre) 2004, n. 10 (Disposizioni in materia di urbanistica, tutela dell'ambiente, acque pubbliche, trasporti, servizio antincendi, lavori pubblici e caccia), modificati dall'articolo 55 della legge provinciale 29 dicembre 2006, n. 11 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2007 e pluriennale 2007-2009 della Provincia autonoma di Trento - legge finanziaria 2007), e di avere adottato misure di salvaguardia per i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e «le misure prima di salvaguardia ed ora di conservazione per le Zone di Protezione Speciale» (ZPS) individuate nel proprio territorio, rispettivamente con deliberazione n. 655 dell'8 aprile 2005 (SIC) e con deliberazioni n. 2956 del 30 dicembre 2005 e n. 2279 del 27 ottobre 2006 (ZPS).
La difesa provinciale rileva che la previsione del comma 1226 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 non tiene, tuttavia, in considerazione la avvenuta attuazione provinciale delle direttive in questione e sostiene che tanto il comma 1226, quanto il decreto ministeriale oggetto del presente conflitto, rivolgendosi anche alla Provincia autonoma di Trento ed imponendo anche ad essa di prestare osservanza ai «criteri minimi uniformi» individuati con il regolamento ministeriale, lederebbero le delineate competenze primarie provinciali in materia.
In punto di fatto, la ricorrente Provincia chiarisce, inoltre, di avere impugnato in via principale la previsione di tale comma 1226, con il ricorso n. 13 del 2007. E di avere inutilmente contestato l'adozione del decreto ministeriale 17 ottobre 2007 in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Dopo avere escluso la possibilità di una interpretazione adeguatrice di tale decreto ministeriale, a fronte del chiaro riferimento di varie disposizioni di questo anche alle Province autonome, la difesa provinciale sostiene che il decreto impugnato sia viziato in via derivata dai medesimi vizi della legge di cui esso è applicazione e, inoltre, da vizi ulteriori ed autonomi.
2.2. La difesa provinciale riproduce, pertanto, gli argomenti sviluppati nel ricorso n. 13 del 2007 avverso il comma 1226 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, specificando che le medesime censure devono intendesi come riferite pure avverso il decreto ministeriale 17 ottobre 2007.
In quest'ottica la difesa provinciale richiama, anzitutto, la sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 1999, per la quale il d.P.R. n. 357 del 1997, seppure incidente su materie di competenza regionale, è costituzionalmente legittimo, dato che ha natura suppletiva e cedevole rispetto alla successiva legislazione provinciale di attuazione della direttiva comunitaria 92/43/CEE, mentre, dopo tale attuazione, trova applicazione l'art. 7 del d.P.R. n. 526 del 1987, in base al quale le Province autonome sono vincolate solo da leggi statali che concretano limiti statutari, non da atti sublegislativi.
La disposizione del comma 1226, rivolgendosi anche alla Provincia autonoma di Trento ed imponendole di provvedere agli adempimenti di cui agli artt. 4 e 6 del d.P.R. n. 357 del 1997, sulla base di criteri minimi uniformi definiti con apposito decreto ministeriale, non terrebbe tuttavia conto ed anzi si sovrapporrebbe alla già intervenuta attuazione legislativa ed amministrativa della direttiva comunitaria da parte della Provincia autonoma e così violerebbe, secondo la ricorrente, le indicate competenze statutarie, nonché la richiamata norma di attuazione statutaria dell'articolo 7 del d.P.R. n. 526 del 1987.
2.3. Il comma 1226, per altro verso, violerebbe, pure, l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, sia perché un decreto ministeriale non potrebbe comunque vincolare l'attuazione delle direttive da parte della Provincia, neppure laddove mancasse una legislazione provinciale di recepimento, richiedendosi in tale ipotesi, comunque, un regolamento governativo, da adottarsi nel rispetto del principio di legalità sostanziale e con il coinvolgimento delle Regioni, sia perché il previsto decreto, avendo natura sostanzialmente normativa, non potrebbe intervenire in una materia di competenza legislativa provinciale.
Né legittima risulterebbe la previsione ove il decreto ministeriale in questione potesse essere considerato un atto di indirizzo e coordinamento, risultando, in questa prospettiva, violato l'art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992 sotto vari profili: non essendo tale ipotetico atto di indirizzo e coordinamento adottato dal Consiglio dei ministri, non essendo previsto un parere delle Province per la sua adozione, non potendo un atto di indirizzo e coordinamento comunque vincolare la Provincia ad uno specifico contenuto, ma solo al conseguimento di determinati obiettivi e risultati.
Né, d'altra parte, il comma 1226 potrebbe ritenersi legittimo riconoscendo al previsto decreto ministeriale natura amministrativa e non normativa, risultando, in tale prospettiva, comunque violato l'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, che non consente di attribuire ad organi dello Stato funzioni amministrative in materia di competenza provinciale.
2.4. ¾ La difesa provinciale chiarisce, infine, che la previsione del comma 1226 non sarebbe lesiva solo là dove si potesse ritenere che essa non si applichi alle Regioni o alle Province autonome che già abbiano data attuazione alle direttive comunitarie.
Sennonché essa esclude una tale interpretazione alla luce del dato letterale della disposizione, espressamente riferita anche alla Provincia di Trento, e sostenendo che la previsione di «standard minimi uniformi» lascerebbe pensare che si tratti di standard ai quali tutte le Regioni si debbano adeguare.
2.5. Oltre a richiamare, nel senso descritto, ed ad estendere in riferimento al decreto ministeriale di attuazione gli argomenti sviluppati avverso la legge attuata, la ricorrente Provincia autonoma individua quattro specifici profili di «autonoma ed ulteriore» illegittimit& agrave; del decreto impugnato.
2.6. Un primo profilo (asseritamente) autonomo (ma invero alquanto affine ai precedenti argomenti) di illegittimità del decreto ministeriale 17 ottobre 2007 deriverebbe dal fatto che questo, avendo natura sostanzialmente normativa, non potrebbe intervenire in una materia di competenza legislativa provinciale (art. 8, n. 16, dello Statuto special e).
Oltretutto il decreto impugnato non conterrebbe affatto criteri di orientamento della futura attività regolativa provinciale (quali quelli che erano anteriormente contenuti nel decreto ministeriale 3 settembre 2002, recante Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000), bensì detterebbe vere e proprie norme dettagliate.
Lo stesso Ministero riconoscerebbe tale realtà, là dove nella memoria depositata in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni (che è allegata al ricorso) assimila il decreto in questione ad un regolamento di delegificazione e dà atto che le sue norme debbono semplicemente essere recepite dagli enti territoriali.
Sarebbero allora «violati [anche] gli art. 2 e 3 del d.lgs. n. 266/1992, che consentono allo Stato di recare limiti alle competenze provinciali solo attraverso un atto legislativo o un atto di indirizzo e coordinamento assunto con la dovuta procedura».
Il divieto di disciplina statale mediante regolamenti nelle materie regionali e provinciali sarebbe «ben noto» e «risalente nel tempo, anche a prescindere dalla sua "codificazione" nell'art. 117, co. 6, Cost., applicabile - se del caso - alle autonomie speciali in virtù dell'art. 10 l.cost. n. 3/2001».
Ancora, per la ricorrente Provincia, sarebbe violato il principio di leale collaborazione, dato che il Ministro, in assenza di una norma sul punto nel comma 1226, si sarebbe limitato a chiedere il parere e non avrebbe acquisito l'intesa della Conferenza Stato-Regioni.
Sarebbero, inoltre, violati anche l'art. 117, quinto comma, della Costituzione ed i principi di legalità sostanziale, di leale collaborazione e di competenza governativa collegiale, in relazione all'art. 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari), che consente per l'attuazione del diritto comunitario l'intervento di un regolamento governativo (e non di un regolamento ministeriale), e, peraltro, solo in via suppletiva, in caso di inerzia regionale, con espressa indicazione del carattere cedevole delle norme e nel rispetto del principio di legalità sostanziale.
Tutte condizioni nel caso di specie mancanti.
In questo senso, per la ricorrente, il decreto 17 ottobre 2007 sarebbe allora illegittimo persino in assenza di attuazione delle direttive da parte della Provincia.
D'altra parte, secondo la difesa provinciale, il decreto impugnato sarebbe illegittimo anche ove si volesse ipotizzare (secondo la tesi proposta dal Ministero dell'Ambiente nella memoria per la Conferenza Stato-Regioni, allegata al ricorso) la riconducibilità dell'intervento normativo statale alla competenza di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Anche in tale prospettiva i criteri e le direttive statali non potrebbero che essere contenute in fonti primarie o in regolamenti governativi, da adottarsi previa intesa in sede di conferenza Stato-Regioni (art. 16, comma 4, del la legge n. 11 del 2005), e dovrebbe quindi escludersi la legittimità di una loro adozione mediante regolamento ministeriale.
2.7. Un secondo profilo di autonoma illegittimità del decreto ministeriale 17 ottobre 2007 emergerebbe, per la Provincia ricorrente, per le stesse ragioni appena indicate, anche se si ritenesse, alla luce della clausola di salvaguardia dettata dal suo art. 8, che il decreto vincoli la Provincia autonoma «solo in relazione alle proprie finalit&ag rave;».
Anche in tale ipotesi, per la difesa provinciale, il decreto difetterebbe dei requisiti procedurali e sostanziali richiesti dall'art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992 e dall'art. 8 della legge n. 59 del 1997 per gli atti di indirizzo.
2.8. Un terzo profilo di autonoma illegittimità del decreto impugnato sussisterebbe, per la difesa provinciale, in quanto numerose disposizioni dell'impugnato decreto ministeriale 17 ottobre 2007 sarebbero estranee al conferimento normativo di cui al comma 1226 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.
In particolare eccederebbero dall'attribuzione tutte le previsioni diverse dall'art. 2, comma 4, dall'art. 5, commi 1, 2 e 3, e dall'art. 6 del decreto.
La mancanza della base legislativa sarebbe deducibile, per la difesa provinciale, quale parametro del giudizio sul conflitto di attribuzione, posto che si tradurrebbe in una lesione delle competenze costituzionali della Provincia autonoma, che viene ad essere assoggettata ad una disciplina che il Ministro non aveva il potere di adottare.
La difesa provinciale invoca, sul punto, i precedenti costituiti dalle sentenze n. 328 del 2006, n. 266 del 2001 e n. 425 del 1999 e sostiene che, alla luce dell'art. 11, comma 6, della legge n. 11 del 2005, che sottopone il potere regolamentare statale di attuazione della direttive comunitarie al principio di legalità sostanziale, a maggior ragione dovrebbero ritenersi lesive norme che, come quelle censurate, violino anche il principio di legalità formale.
2.9. Un ultimo motivo di autonoma illegittimità del decreto ministeriale 17 ottobre 2007 viene individuato dalla difesa provinciale nella diretta applicabilità nel territorio provinciale delle norme impugnate (ad esclusione dell'art. 3, comma 3, e dell'art. 4, comma 1). Il che sarebbe in contrasto con il disposto dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992.
2.10. La difesa provinciale conclude chiedendo l'annullamento delle disposizioni impugnate nella parte in cui si rivolgono alle Province autonome.
3. Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito la inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.
3.1. Il ricorso sarebbe inammissibile in quanto, per la difesa erariale, l'eventuale già intervenuta attuazione provinciale delle direttive comunitarie 92/43/CEE e 79/409/CEE escluderebbe l'applicazione del decreto ministeriale 17 ottobre 2007 alla Provincia ricorrente.
3.2. Nel merito, l'Avvocatura dello Stato sostiene che il decreto ministeriale impugnato, avente la «apprezzante finalità» di assicurare la conservazione degli habitat naturali, sarebbe comunque legittimo, dato che, fino ad una sua eventuale pronuncia di incostituzionalità, l'art. 1, comma 1226, della legge n. 296 del 2006 impone al Ministro dell'Ambiente l'adozione del decreto stesso.
La previsione del comma 1226 sarebbe, a sua volta, perfettamente legittima, essendo riconducibile alla competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, della Costituzione).
Il ricorso ad un decreto ministeriale, quale parametro cui rapportare le modalità di adempimento degli obblighi introdotti dalla direttiva 92/43/CEE, non potrebbe, poi, ritenersi lesivo, dato che esso è già operante nell'ordinamento, avendo trovato applicazione con il d.P.R. n. 357 del 1999. Inoltre, andrebbe comunque esclusa qualsiasi idoneità lesiva del decreto 17 ottobre 2007, alla luce della clausola di salvaguardia contenuta nell'articolo 10 (recte: 8) del decreto stesso.
La difesa erariale, infine, contesta che le disposizioni del decreto 17 ottobre 2007 rechino norme di dettaglio, sostenendo che esse sono effettivamente criteri minimi uniformi, ma che, tenuto conto della delicatezza della materia da regolamentare e della rilevanza della tutela degli habitat, questi «non possono non essere dettati con puntualità e precisione senza che ciò venga ad inficiare il loro carattere di regole generali».
4. In prossimità dell'udienza pubblica la Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria, in cui richiama la sopravvenuta sentenza n. 104 del 2008, con la quale la Corte costituzionale:
- ha confermato la sua precedente giurisprudenza (sentenze n. 425 del 1999 e n. 378 del 2007), riconoscendo che, ai sensi dell'art. 8, numero 16, dello statuto speciale per il Trentino Alto Adige, il quale attribuisce alle Province autonome di Trento e di Bolzano una potestà legislativa primaria in materia di «parchi per la protezione della flora e della fauna», spetta a dette Province dare concreta attuazione per il loro territorio alla direttiva 92/43/CEE (Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatica), la quale impone misure di salvaguardia sui siti di importanza comunitaria (SIC) e misure di conservazione sulle zone speciali di conservazione (ZSC) e sulle zone di protezione speciale (ZPS), a seguito della «definizione» di queste ultime di intesa con lo Stato;
- ha ritenuto che, in virtù di questa prescrizione statutaria «e di quanto espressamente stabilito dall'art. 7 del d.P.R. n. 526 del 1987 e dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, deve inoltre affermarsi che lo Stato, diversamente da quanto si evince dal rinvio da parte del comma 1226 agli artt. 4 e 6 del d.P.R. n. 357 del 1997, non può imporre alle Province autonome di conformarsi, nell'adozione delle misure di salvaguardia e delle misure di conservazione, "ai criteri minimi uniformi" di un emanando decreto ministeriale»;
- ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1226, della legge n. 296 del 2006 (proprio) nella parte in cui obbliga le Province autonome di Trento e di Bolzano ad uniformarsi ai criteri minimi uniformi definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
4.1. La difesa provinciale rileva che, a seguito di tale pronuncia, è venuta meno la base legislativa dell'impugnato decreto ministeriale, con conseguente violazione del principio di legalità formale, e rinvia alle argomentazioni svolte nel ricorso in ordine alla legittimazione della Provincia autonoma a far valere la violazione di tale principio da parte del decreto impugnato.
4.2. La difesa provinciale sostiene, poi, che tale pronuncia, da un lato, supera l'argomento difensivo della Avvocatura generale dello Stato, per la quale la emanazione del decreto non poteva dirsi illegittima, in quanto doverosa attuazione del (tuttavia incostituzionale) art. 1, comma 1226, della legge n. 296 del 2006, dall'altro, palesa l'erroneit&ag rave; della tesi erariale di una competenza statale in materia, fondata sull'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
4.3. La difesa provinciale rileva, infine, come la stessa difesa erariale abbia dato atto, nella sua memoria di costituzione, che l'impugnato decreto ministeriale 17 ottobre 2007 contiene regole dettagliate e non criteri minimi uniformi.
Considerato in diritto
1. La Provincia autonoma di Trento chiede l'annullamento degli articoli da 1 a 7 e relativi allegati del decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007 recante «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)».
La ricorrente sostiene che tali disposizioni del decreto impugnato, le quali recano una articolata ed estremamente dettagliata disciplina per la conservazione o la gestione di tali aree di interesse naturalistico, prevedendo un obbligo di adeguamento da parte delle Regioni e delle Province autonome, anche ad eventuale integrazione di previsioni già esistenti (artt. 2, comma 2, e 3, comma 1), sono lesive della sua sfera di attribuzione costituzionale sotto due diversi profili:
a) in via derivata per l'illegittimità dell'art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), di cui tale decreto è applicazione (a sua volta impugnato, in via principale, con il ricorso n. 13 del 2007);
b) in ragione di propri vizi, ulteriori ed autonomi rispetto al primo.
Sotto il primo profilo, la Provincia autonoma di Trento censura il decreto 17 ottobre 2007 lamentando che non rientrerebbe nella competenza statale l'attuazione delle direttive comunitarie in materia di ZSC e ZPS, dovendo queste ultime essere attuate direttamente dalle Province, competenti in materia, cosa che le stesse avrebbero peraltro già fatto.
La ricorrente lamenta, poi, che, in ogni caso, lo Stato non potrebbe vincolare le Province autonome in una materia di loro competenza mediante un atto sublegislativo.
Sotto il secondo profilo la ricorrente sostiene che numerose disposizioni (in particolare tutte le previsioni diverse dall'art. 2, comma 4, dall'art. 5, commi 1, 2 e 3, e dall'art. 6) dell'impugnato decreto ministeriale sarebbero estranee al conferimento normativo di cui al comma 1226 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 e ciò si tradurrebbe in una lesione delle competenze costituzionali della Provincia autonoma, che verrebbe ad essere assoggettata ad una disciplina che il Ministro non aveva il potere di adottare. E lamenta, altresì, la violazione del principio di leale collaborazione, in quanto il Ministro, in assenza di una norma sul punto nel comma 1226, ma a fronte della obiettiva incidenza del decreto ministeriale su competenze regionali e provinciali, si sarebbe limitato a chiedere il parere e non avrebbe acquisito l'intesa della Conferenza Stato-Regioni.
2. Deve, anzitutto, rilevarsi l'inammissibilità delle censure proposte dalla Provincia autonoma di Trento in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di minime proprietà colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste); al decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 527 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di comunicazioni e trasporti di interesse provinciale); al decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione); al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche); al decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica); al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità), al decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con D.P.R. 28 marzo 1975, n. 474), ed all'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige ed alle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del presidente della repubblica 24 luglio 1977, n. 616).
Tali parametri sono, infatti, soltanto indicati nel ricorso, ma la loro violazione risulta del tutto priva di argomentazione.
3. Nel merito il ricorso è fondato.
3.1. Si deve innanzitutto ricordare che la questione di cui si discute si inquadra nel procedimento di attuazione della direttiva 92/43/CEE, diretta a costituire la cosiddetta rete ecologica "Natura 2000" e relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della fl ora e della fauna selvatiche, nonché nel procedimento di attuazione della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, la quale è stata inserita nella rete "Natura 2000" dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, di recepimento della citata direttiva 92/43/CEE.
Il procedimento relativo all'attuazione delle predette direttive prevede: una «individuazione» dei siti da considerare come «siti di importanza comunitaria» (SIC), effettuata dalle Regioni e dalle Province autonome; la trasmissione di detta individuazione, da parte dello Stato membro, alla Commissione europea; l'approvazione da parte di quest'ultima dell'elenco dei siti; la scelta, sempre da parte della Commissione, di quelli che essa ritiene di importanza naturalistica tale da essere considerati come "zone speciali di conservazione" (ZSC) o come "zone di protezione speciale" (ZPS); ed infine la "designazione" (equivalente alla tradizionale "istituzione" dei parchi e delle riserve) di detti siti come ZSC o come ZPS da parte dello stesso Stato membro, il quale nel frat tempo ha dovuto classificare detti siti medesimi in una delle tipologie di "aree protette".
È, infine, da precisare che nel caso delle Province di Trento e Bolzano la "designazione" delle ZSC e delle ZPS avviene d'intesa con lo Stato, ai sensi dell'art. 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale), integrato dall'art. 8, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), norme che costituiscono principi generali dell'ordinamento (sentenza n. 378 del 2006).
3.2. l caso di specie all'esame della Corte concerne un momento essenziale di detto procedimento, e cioè l'adozione da parte della Provincia autonoma di Trento delle "misure di conservazione", e cioè delle norme che costituiscono lo statuto vincolistico dell'area protetta denominata "zona speciale di conservazione" (ZSC), o "zona di protezione speciale" (ZPS).
Questa Corte, inoltre, con sentenza n. 104 del 2008, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del predetto art. 1, comma 1226, della legge n. 296 del 2006, proprio nella parte in cui obbliga le Province autonome di Trento e di Bolzano a rispettare i criteri minimi uniformi definiti dal decreto ministeriale oggetto del presente ricorso.
Detta sentenza ha in particolare posto in evidenza che, ai sensi dell'art. 8, numero 16, dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, le Province autonome hanno una potestà legislativa primaria in materia di «parchi per la protezione della flora e della fauna» e che pertanto spetta a dette province dare concreta attuazione per il loro territorio alla direttiva 92/43/CEE ed alla direttiva 79/409/CEE. Ed ha ritenuto che, in virtù di questa prescrizione statutaria, il legislatore statale non può imporre alle province autonome di conformarsi, nell'adozione delle misure di conservazione, «ai "criteri minimi uniformi" di un emanando decreto ministeriale».
Non può negarsi, dunque, che il decreto ministeriale oggetto della presente controversia sia in patente contrasto con la citata sentenza n. 104 del 2008 e che, con la sopravvenuta caducazione per illegittimità costituzionale della norma legislativa di base, sia venuta meno anche la legittimità del decreto ministeriale che quella norma prevedeva.
3.3. Deve conseguentemente dichiararsi l'illegittimità dell'impugnato decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in quanto lesivo delle attribuzioni costituzionali della Provincia autonoma di Trento.
3.4. Gli effetti della pronuncia, fondandosi su motivi comuni ad entrambe le Province autonome, deve essere estesa anche alla Provincia autonoma di Bolzano.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spettava allo Stato imporre alle Province autonome di Trento e di Bolzano di conformarsi al decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007, recante «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)», e, per l'effetto, annulla gli articoli da 1 a 7 e relativi allegati del predetto decreto, nella parte in cui si rifer iscono anche alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 luglio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'1 agosto 2008.