SENTENZA N.265
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi per conflitto di attribuzione sorti a seguito del decreto del Ministro dell’ambiente 3 aprile 2000, recante "Elenco dei siti di importanza comunitaria e delle zone di protezione speciali, individuati ai sensi delle direttive 92/43/CE e 79/409/CEE" e della sua successiva trasmissione alla Commissione europea, promossi con ricorsi della Provincia di Trento e della Regione Emilia-Romagna, notificati il 21 giugno 2000, depositati in cancelleria il 27 e il 28 successivo ed iscritti ai nn. 28 e 29 del registro conflitti 2000.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 6 maggio 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia di Trento e per la Regione Emilia-Romagna nonché l’avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- La Provincia autonoma di Trento, con ricorso depositato il 27 giugno 2000, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri per sentire dichiarare che non spetta allo Stato, in assenza di apposito atto di decisione della stessa Provincia, di individuare, pubblicare e trasmettere alla Comunità europea i siti di importanza comunitaria nel territorio provinciale e per il conseguente annullamento del decreto del Ministro dell’ambiente 3 aprile 2000 (Elenco dei siti di importanza comunitaria e delle zone di protezione speciali, individuati ai sensi delle direttive 92/43/CE e 79/409/CEE), nella parte in cui individua e pubblica i siti di importanza comunitaria nella provincia autonoma di Trento, nonché dell’atto, avente estremi non noti, con cui il Ministero dell’ambiente ha trasmesso alla Commissione europea l’elenco in questione.
Secondo la Provincia ricorrente, con i due atti richiamati – emanati senza il supporto di una apposita deliberazione dei competenti organi provinciali – lo Stato avrebbe violato: in primo luogo, l’art. 8, nn. 5, 6, 15, 16 e 21, nonché l’art. 16 dello statuto speciale e le relative norme di attuazione; in secondo luogo, l’art. 3 del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche); infine, la sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 1999.
2.– Secondo quanto illustrato nel ricorso, con la direttiva n. 92/43/CE del 21 maggio 1992 (Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – cd. direttiva habitat) sarebbe stata promossa la realizzazione di una rete ecologica europea denominata Natura 2000 in cui devono esser inseriti siti di importanza comunitaria (SIC) individuati dagli Stati membri. In attuazione di tale direttiva, il Ministro dell’ambiente, nel 1995, aveva promosso il progetto Bioitaly, attraverso il quale si doveva giungere ad una prima sistematica ricognizione scientifica degli habitat naturali. La Provincia autonoma di Trento aveva aderito a tale progetto, autorizzando con delibera di Giunta la stipula del contratto inviato dal Ministero; era stato quindi predisposto un elenco dei siti, che, come precisato dal dirigente della Provincia nella relazione allegata all’elenco trasmesso al Ministero dell’ambiente, per mancanza di tempo non era stato sottoposto all’approvazione della Giunta.
Espone ancora la Provincia ricorrente che, con il d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, è stata data attuazione alla direttiva 92/43/CE. In particolare, l’art. 3 di tale regolamento definisce la procedura d’individuazione dei siti comprendenti gli habitat e le specie di cui agli allegati I e II della direttiva. Esso stabilisce che "le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano individuano, con proprio procedimento, i siti in cui si trovano tipi di habitat elencati nell'allegato A ed habitat delle specie di cui all'allegato B e ne danno comunicazione al Ministero dell'ambiente, ai fini della formulazione della proposta del Ministro dell'ambiente alla Commissione europea, dei siti di importanza comunitaria, per costituire la rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione denominata Natura 2000". A seguito di impugnazione da parte della medesima Provincia autonoma di Trento, la Corte costituzionale, con sentenza n. 425 del 1999, ha definito l’esatta portata di tale norma e del conseguente potere ministeriale precisando che esso sarebbe limitato ad un mero compito di formalizzazione e trasmissione alla Commissione europea di decisioni assunte nella loro sostanza in sede locale.
Con il decreto del Ministro dell’ambiente 3 aprile 2000 sono stati individuati e pubblicati i siti di importanza comunitaria.
Tale decreto, ad avviso della Provincia di Trento, sarebbe lesivo delle proprie competenze costituzionali, in quanto l’elenco dei siti ricadenti nel territorio provinciale sarebbe stato predisposto dal Ministero in assenza di una preventiva deliberazione della Giunta della Provincia.
3.- Anche la Regione Emilia-Romagna, con ricorso depositato il 28 giugno 2000, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio in relazione ai medesimi atti e per profili in tutto analoghi a quelli prospettati nel ricorso della Provincia autonoma di Trento, deducendo la violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, dell’art. 3 del d.P.R. n. 357 del 1997, della sentenza n. 425 del 1999 della Corte costituzionale, nonché del principio di leale cooperazione.
Premette la Regione Emilia-Romagna che, nella materia dell’ambiente, essa è titolare di potestà legislativa e amministrativa in base agli artt. 117 e 118 della Costituzione (nel testo anteriore alle modifiche introdotte con la legge cost. n. 3 del 2001).
Sulla base di tali norme, nonché del dettato dell’art. 3 del d.P.R. n. 357 del 1997, secondo l’interpretazione datane dalla Corte costituzionale con la sentenza richiamata, sarebbe riservato alla competenza costituzionale della Regione il procedimento di individuazione sostanziale dei siti di importanza comunitaria ai sensi della direttiva 92/43/CE.
Esso sarebbe distinto rispetto alle operazioni preliminari di ricognizione scientifica dei luoghi costituenti habitat naturali delle specie vegetali ed animali potenzialmente meritevoli di tutela che le Regioni dovevano eseguire nell’ambito del progetto Bioitaly predisposto dal Ministero in vista dell’attuazione della direttiva. Questo infatti prevedeva lo svolgimento di attività meramente tecniche che prescindevano da ogni determinazione degli organi istituzionali della Regione ai quali competeva invece la scelta effettiva dei luoghi da qualificare come siti di importanza comunitaria.
Il rispetto di tali competenze avrebbe dovuto indurre il Ministero a sollecitare le Regioni alla individuazione dei siti. Lo Stato invece avrebbe adottato il decreto impugnato procedendo esso stesso a scegliere i siti in questione pur in assenza di alcuna determinazione della Regione, così violando il principio di leale collaborazione e ledendo la competenza regionale. In realtà, ad avviso dell’Emilia-Romagna, la decisione in ordine ai siti di importanza comunitaria non potrebbe che spettare agli organi politici della Regione poiché "coinvolge delicate ponderazioni di interessi di intere comunità, riservate alla competenza degli organi istituzionali". L’atto impugnato pertanto si risolverebbe in una arbitraria lesione, "se non addirittura usurpazione delle competenze costituzionali riservate alla Regione stessa".
4.- Successivamente, con atto depositato il 17 aprile 2000, la Regione Emilia-Romagna (conformemente a quanto deliberato dalla Giunta con atto del 13 marzo 2001, n. 304) ha dichiarato di rinunciare al ricorso in considerazione del fatto che la delibera 21 novembre 2000, n. 2042, con cui la Giunta regionale ha "modificato l’elenco dei proposti siti di importanza comunitaria", è stata trasmessa al Ministero dell’ambiente il quale, a sua volta, ha provveduto a trasmetterla alla Commissione europea "con invito a considerare il nuovo elenco dei siti italiani" e che pertanto il Ministero sembra avere riconosciuto la fondatezza delle posizioni della Regione.
5.- In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, per mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che i ricorsi siano respinti perché del tutto privi di fondamento. Nelle memorie depositate successivamente e di identico contenuto per entrambi i giudizi, la difesa erariale, in via preliminare, evidenzia come il titolo del decreto ministeriale impugnato sia stato corretto – con rettifica pubblicata nella Gazzetta ufficiale – in "Elenco delle zone di protezione speciale designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE e dei siti di importanza comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CE".
L’Avvocatura precisa che vi è stata una cospicua corrispondenza con le Regioni e le Province autonome per ottenere le indicazioni sui siti ambientali da comunicare alla Commissione europea e che l’elenco predisposto dal Ministero dell’ambiente costituisce una fase di individuazione dei siti stessi, essendo infatti in corso, da parte della stessa Commissione in collaborazione con gli Stati interessati (attraverso seminari biogeografici) la verifica di tali proposte, al termine della quale si avvierà una fase di contrattazione per la scelta definitiva dei siti con il coinvolgimento a livello nazionale delle Regioni e Province autonome, e per la designazione delle Zone speciali di Conservazione (ZPS).
Lo Stato, quindi, si sarebbe limitato a trasmettere, come "proposta" alla Commissione europea, un elenco di siti indicati dalle Regioni e dalle Province autonome.
Il d.m. 3 aprile 2000, secondo la difesa erariale, rappresenterebbe soltanto lo strumento attraverso il quale si è ritenuto opportuno rendere pubblici elenchi di siti proposti già trasmessi alla Commissione europea e, proprio al fine di evitare interpretazioni distorte del decreto stesso, si sarebbe provveduto a correggere il suo titolo evidenziando che i siti ivi elencati sarebbero soltanto oggetto di proposta.
6.- In prossimità dell’udienza, la Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria in cui ribadisce la propria competenza all’individuazione dei siti contemplati nella direttiva e conferma l’impossibilità di considerare la trasmissione dei dati conclusivi del progetto BIOITALY come formale e definitiva individuazione dei siti da parte della Provincia, sia perché ciò risultava chiaramente dalla relazione di accompagnamento agli elenchi, sia perché il d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, attuativo della direttiva comunitaria, non poteva che presupporre che la proposta italiana a quella data non fosse già avvenuta e che dunque mancasse ancora la formale individuazione dei siti da parte delle Regioni e delle Province autonome. In ogni caso, il Ministro non si sarebbe limitato a trasmettere i siti individuati dalla Provincia, dal momento che sarebbero stati inclusi nell’elenco anche 7 dei 15 siti che erano stati indicati come "siti di importanza regionale" e non "di importanza comunitaria".
7.- Anche l’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria integrativa delle proprie difese, confermando la piena correttezza dell’iter procedimentale seguito dal Ministero dell’ambiente: richiesta da parte del Ministro alle Regioni e Province autonome per la individuazione dei siti di importanza comunitaria; comunicazione al Ministro da parte di Regioni e Province autonome dei siti individuati; formazione dell’elenco e proposta dei siti stessi da parte del Ministero alla Commissione delle Comunità europee; fase istruttoria e di contrattazione a livello comunitario per la concreta scelta dei siti.
8.- L’Avvocatura dello Stato ha inoltre depositato atto di formale accettazione della rinuncia al ricorso presentata dalla Regione Emilia-Romagna, su conforme deliberazione del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1.- Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei giudizi, dal momento che entrambi hanno ad oggetto i medesimi atti del Ministro dell’ambiente, avverso i quali vengono mosse censure sostanzialmente analoghe.
2.- Lamenta la Provincia autonoma di Trento che, in assenza di apposito atto di decisione dei competenti organi provinciali, il decreto 3 aprile 2000 del Ministero dell’ambiente – nella parte in cui individua e pubblica l’elenco dei siti di importanza comunitaria individuati ai sensi della direttiva 92/43/CE – nonché l’atto con cui il medesimo Ministero ha trasmesso alla Commissione europea tale elenco, avrebbero menomato le competenze in materia di ambiente attribuite alla Provincia dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, nonché dall’art. 3 del d.P.R. n. 357 del 1997 e dalla sentenza di questa Corte n. 425 del 1999.
3.- Il ricorso è inammissibile.
Il Ministero dell’ambiente, con il d.m. 3 aprile 2000, ha pubblicato l’elenco dei siti individuati e proposti dalle Regioni e dalle Province autonome e trasmessi, dallo stesso Ministero, alla Commissione europea in attuazione della direttiva 79/409/CEE e della direttiva 92/43/CE.
Quest’ultima, finalizzata "a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo" (art. 2), prevede la costituzione di una "rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione", denominata "Natura 2000" (art. 3). A tal fine, ogni Stato membro propone alla Commissione europea un elenco di siti degli habitat naturali e delle specie locali tra quelli indicati nella direttiva. La Commissione, d’accordo con ciascuno degli Stati, elabora un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria che viene poi approvato secondo il complesso procedimento descritto nell’art. 21 della direttiva (art. 4).
Inoltre, l’art. 5 della direttiva prevede anche che la Commissione, ove constati l’assenza di un sito particolarmente significativo da un elenco nazionale, possa attivare una procedura di concertazione con lo Stato interessato e, ove questa non si risolva entro sei mesi, far decidere in materia il Consiglio dei ministri della Comunità europea.
Quando un sito è stato scelto dalla Commissione sulla base delle descritte procedure, esso è designato dallo Stato interessato come zona speciale di conservazione entro il termine massimo di sei anni. Solo al momento in cui un sito risulterà iscritto nell’elenco approvato in sede comunitaria, tale sito sarà soggetto al regime di tutela previsto dalle disposizioni dell’art. 6, paragrafi 2, 3 e 4, della direttiva. In base a tali previsioni, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le opportune misure atte ad evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie presenti nel sito; inoltre, si stabilisce la necessità di una preventiva valutazione di incidenza sul sito di qualunque piano o progetto che non sia direttamente connesso o necessario alla sua gestione, con l’ulteriore conseguenza, in caso di valutazione negativa, dell’obbligo per lo Stato membro di adottare misure compensative (la Commissione ha peraltro invitato gli Stati membri ad adeguarsi affinché sia evitato il degrado dei siti proposti negli elenchi nazionali).
4.- Il d.P.R. n. 357 del 1997, recante attuazione della direttiva 92/43/CE, all’art. 3, riserva alle Regioni e alle Province autonome il compito di individuare, "con proprio procedimento", i siti in cui si trovano gli habitat elencati in allegato al decreto stesso, mentre assegna al Ministero il compito di formulare alla Commissione europea la proposta dei siti di importanza comunitaria. Questa Corte, nella sentenza n. 425 del 1999, ha precisato che tale norma mira "esclusivamente a porre l'autorità di governo nazionale in condizione di adempiere all'obbligo di comunicazione derivante dalla direttiva, senza che vi sia in essa alcun elemento da cui arguire uno spostamento di competenze circa il diverso potere di individuazione sostanziale dei siti da sottoporre a speciale protezione, potere che rimane disciplinato dalle norme sui rapporti Stato-Regioni e Province autonome in materia ambientale".
5.- Ricostruito così l’ambito delle competenze delineate dalla normativa europea e da quella nazionale, non risulta che la Provincia di Trento – che pure aveva proceduto all’attività di ricognizione dei siti di habitat naturali in attuazione del progetto Bioitaly e ne aveva trasmesso, tramite i propri uffici, i risultati al Ministero – abbia però mai provveduto ad individuare, mediante apposita delibera della Giunta, i siti da proporre alla Commissione europea. E ciò, nonostante che tra il momento della ultimazione dell’attività di ricognizione (giugno 1995) e la adozione del decreto ministeriale censurato nel presente giudizio (aprile 2000) sia intercorso un notevole lasso di tempo, durante il quale le posizioni della Provincia e del Ministero hanno avuto ampio modo di manifestarsi e di risultare reciprocamente ben note.
Il Ministero dell’ambiente ha introdotto nell’elenco allegato al d.m. 3 aprile 2000 anche le aree ricadenti nel territorio della Provincia di Trento. Tali aree non sono state individuate dal Ministero in modo unilaterale, malgrado la mancata approvazione da parte della Giunta provinciale dell’elenco delle aree, poiché sono state riportate nel decreto censurato e trasmesse alla Commissione europea le aree precedentemente individuate dagli organi tecnici della Provincia nell’ambito dell’attività di ricognizione scientifica da essi svolta in attuazione del progetto Bioitaly.
Inoltre nessuna efficacia preclusiva all’ulteriore esercizio del potere di individuazione dei siti rilevanti da parte della Giunta provinciale può riconoscersi al decreto ministeriale censurato, il quale, come emerge dal titolo – significativamente rettificato – e dal suo contenuto, si limita a rendere pubblico l’elenco dei siti di importanza comunitaria individuati e proposti. Infatti, alla stregua del nostro ordinamento, la stessa trasmissione alla Commissione europea dei siti di importanza comunitaria effettuata dal Ministero, non preclude di per sé, alla Provincia, l’adozione di una propria decisione nelle more del completamento del procedimento comunitario.
Conferma di tale ricostruzione è data proprio dalla vicenda che ha interessato la Regione Emilia-Romagna e che ha determinato la sua rinuncia al ricorso. Successivamente alla proposizione del conflitto di attribuzioni, la Giunta regionale ha adottato una delibera con cui è stato modificato l’elenco dei siti di importanza comunitaria e tale nuovo elenco è stato trasmesso al Ministero che ha provveduto ad inoltrarlo alla Commissione europea.
Dunque gli atti ministeriali che la ricorrente censura nel presente giudizio non risultano idonei ad incidere sulle rivendicate attribuzioni costituzionali della Provincia di Trento, non avendo determinato alcuna lesione delle potestà di quest’ultima, potestà che ben avrebbero potuto e potrebbero tuttora essere esercitate. Viene dunque a mancare quell’interesse a ricorrere, qualificato dalla finalità di ripristinare l’integrità della sfera di attribuzioni costituzionali della Provincia autonoma, che deve sussistere per la stessa ammissibilità di un conflitto tra Regioni e Stato sottoponibile alla giurisdizione di questa Corte.
D’altronde, è indubbio che l’accertamento degli eventuali vizi di legittimità degli atti qui censurati, compreso l’eventuale eccesso di potere per travisamento dei fatti in cui il Ministro possa essere incorso nel considerare la trasmissione dei siti effettuata dagli organi tecnici della Provincia come atto sufficiente ai sensi del d.P.R. n. 357 del 1997, se ed in quanto non comporti violazione di attribuzioni costituzionali, resta affidato agli ordinari rimedi giurisdizionali esperibili nei confronti degli atti amministrativi.
6.- La Regione Emilia-Romagna ha dichiarato di rinunciare al ricorso introduttivo del presente giudizio e tale rinuncia è stata accettata dal Presidente del Consiglio dei ministri. Ai sensi dell'art. 27, ultimo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, seguita dalla relativa accettazione della controparte, produce l'effetto di estinguere il processo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto, con il ricorso in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro dell’ambiente 3 aprile 2000 (Elenco delle zone di protezione speciale designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE e dei siti di importanza comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CE), nonché all’atto, avente estremi non noti, con cui il Ministero dell’ambiente ha trasmesso alla Commissione europea l’elenco dei siti di importanza comunitaria;
dichiara estinto per rinuncia accettata dalla controparte il processo relativo al ricorso per conflitto di attribuzione promosso, con il ricorso in epigrafe, dalla Regione Emilia-Romagna nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro dell’ambiente 3 aprile 2000, nonché all’atto, avente estremi non noti, con cui il Ministero dell’ambiente ha trasmesso alla Commissione europea l’elenco dei siti di importanza comunitaria.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2003.