SENTENZA N. 2
ANNO 2010
Commento alla
decisine di
Renzo Dickmann
Il
commissario ad acta
può esercitare il potere sostitutivo in via normativa?
(per gentile concessione della Rivista telematica Federalismi.it)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai
signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO
”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 65, 69, 73,
79, 80, 81, 82 e 85, della legge della Regione Lazio 11 agosto 2008, n. 14
(Assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2008-2010 della Regione
Lazio), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 13 ottobre 2008, depositato in cancelleria il 21 ottobre 2008 ed
iscritto al n. 64 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione, fuori termine, della
Regione Lazio;
udito nell’udienza pubblica del 17 novembre 2009 il
Giudice relatore Alfonso Quaranta;
udito l’avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso
depositato presso la cancelleria della Corte il 21 ottobre 2008 (ric. n. 64 del
2008), il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, commi 65, 69, 73, 79, 80, 81, 82 e 85, della legge
della Regione Lazio 11 agosto 2008, n. 14 (Assestamento del bilancio annuale e
pluriennale 2008-2010 della Regione Lazio), per violazione, nel complesso,
degli articoli 3, 5, 81, quarto comma, 97, 117, terzo comma, 118, primo comma e
120, secondo comma, della Costituzione.
1.1.— In via
preliminare, il ricorrente premette una ricostruzione del quadro normativo
complessivo nel quale si inserisce la legge impugnata.
Rileva, pertanto,
che in base a quanto previsto dell’articolo
1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria
2005), nel testo modificato dall’art. 4 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35
(Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1
della legge 14 maggio 2005, n. 80, anche
Non diversamente,
l’art. 1, comma 796, lettera b),
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), ha
istituito un fondo transitorio, da ripartirsi tra le Regioni interessate,
subordinando l’accesso anche a tali ulteriori risorse alla sottoscrizione di un
apposito accordo, nuovamente comprensivo di un piano di rientro dai disavanzi,
il cui azzeramento è previsto entro l’anno 2010. La medesima norma conferisce,
poi, al Ministero della salute, di concerto con quello dell’economia e delle
finanze, un’attività di affiancamento delle Regioni, per la verifica ed il monitoraggio
dei singoli piani di rientro.
Qualora, poi,
nell’ambito del procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli piani,
risulti la mancata attuazione, da parte di taluna delle Regioni interessate,
degli adempimenti posti a loro carico, è previsto che il Presidente del
Consiglio dei ministri – ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre
2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo
sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della
legge 29 novembre 2007, n. 222 – diffidi
Orbene, in forza
di tali previsioni legislative, il Presidente del Consiglio dei ministri –
previa duplice diffida del 30 ottobre 2007 e del 6 giugno 2008 – con delibera
dell’11 luglio
In questo contesto
– sottolinea il ricorrente – si inserisce la legge della Regione Lazio n. 14
del 2008, il cui art. 1, comma 65, prevede l’adozione di una serie di misure –
contemplate nei successivi commi dal 66 al 72 – al fine «di dare attuazione
agli interventi prioritari posti a base della procedura di commissariamento ad
acta per il piano di rientro dal disavanzo
sanitario». Si tratta, per l’esattezza, di misure finalizzate: al «riassetto
della rete ospedaliera» ed all’attuazione «degli interventi per la dismissione
e la riconversione dei presidi» (comma 66); alla «semplificazione e
razionalizzazione dei servizi tecnici e amministrativi delle aziende unità
sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del servizio
sanitario regionale» (comma 67); al «completamento della realizzazione della
centralizzazione degli acquisti» (comma 68); alla istituzione di un «Osservatorio
regionale per il governo delle richieste e delle disponibilità di personale del
comparto sanità posto in mobilità», nonché alla individuazione di «forme di
incentivazione economica per la mobilità volontaria» ed alla autorizzazione di
«meccanismi di incentivi all’esodo per le categorie per le quali i processi di
riorganizzazione determinino eventuali esuberi» (comma 69); alla adozione di
«provvedimenti relativi alla farmaceutica convenzionata, alla distribuzione
diretta dei farmaci nonché alla spesa farmaceutica ospedaliera» (comma 70);
alla predisposizione di «controlli di appropriatezza e qualità» (comma 71);
alla individuazione di interventi di riqualificazione dell’offerta dei servizi
sanitari sul territorio regionale (comma 72).
Per parte propria,
i commi 79 ed 80 del medesimo art. 1 stabiliscono che sono «prorogati sino al
30 giugno 2010 i contratti dei direttori generali delle aziende unità sanitarie
locali e delle aziende ospedaliere attualmente in carica», previa accettazione
da parte degli interessati, che, contestualmente, si impegnano a realizzare le
attività idonee al raggiungimento degli obiettivi connessi al piano di rientro
dai disavanzi del settore sanitario.
Infine, il comma
85 stabilisce che, allo scopo di «salvaguardare, in via di autotutela,
l’autonomia legislativa, regolamentare, amministrativa, finanziaria e di
bilancio della Regione», non possono «essere apportate modifiche a disposizioni
finanziarie, di bilancio e contabili della Regione da parte di soggetti diversi
dal Consiglio regionale, dal Presidente della Regione e dalla Giunta
regionale».
1.2.— Orbene, alla
luce della delibera dell’11 luglio 2008 del Presidente del Consiglio dei
ministri, le disposizioni di cui ai commi 65, 85, 69, 73, 79 (e ai collegati
commi da 80 ad 82) del citato art. 1 della legge regionale n. 14 del 2008 si
paleserebbero costituzionalmente illegittimi, per i motivi di seguito
illustrati.
1.2.1.— Con
specifico riferimento al comma 85, il ricorrente assume che detta norma, nel
riservare in via esclusiva al Consiglio regionale, al Presidente della Regione
ed alla Giunta regionale, la potestà di apportare modifiche a disposizioni
finanziarie, di bilancio e contabili della Regione, «esclude chiaramente e di
conseguenza che siffatta potestà possa competere, pur nell’ambito del
concordato e vincolante piano di rientro del disavanzo sanitario regionale», al
commissario ad acta, sebbene quest’ultimo si
ponga – ai sensi dell’art. 4, comma 2, del già citato decreto-legge n. 159 del
2007 – «come organo statale straordinario sostitutivo degli ordinari organi
regionali».
A sua volta, il
precedente comma 65, proprio al fine di dare attuazione agli interventi
prioritari, alla base della procedura di commissariamento ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario,
prevede che siano posti in essere gli interventi specificati nei successivi
commi da
Le due
disposizioni, dunque, si porrebbero in contrasto con gli artt. 120, secondo
comma, e 5 Cost., nonché con il principio di leale collaborazione, atteso che
il loro contenuto «si traduce e si sostanzia nel disconoscimento dello stesso
potere sostitutivo», esercitato a tutela di interessi essenziali unitariamente
facenti capo allo Stato, «come ultimo responsabile del mantenimento della unità
ed indivisibilità della Repubblica».
1.2.2.— Sempre in
relazione al comma 85 è dedotta la violazione anche degli artt. 118, primo
comma, e 120, secondo comma, Cost.
Richiamata,
infatti, quella giurisprudenza – è citata le sentenza n. 303 del
2003 che ha dato origine a tale indirizzo, nonché le sentenze n. 168 del
2008 e n. 6
del 2004 – secondo cui la legge statale, pur nelle materie oggetto di
potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, «può
legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale, per
esigenze di carattere unitario, ed al tempo stesso regolare l’esercizio delle
stesse funzioni, ovviamente nel rispetto dei principi di sussidiarietà,
differenziazione ed adeguatezza nella allocazione delle medesime», il
ricorrente assume che, per effetto della previsione contenuta nell’impugnato
comma 85, «si viene a negare e ad escludere in assoluto il potere del
legislatore statale, pur nella ricorrenza di esigenze di carattere unitario (e
sempre nel rispetto dei ricordati principi), di intervenire a modifica di
disposizioni normative e/o amministrative, adottate dai competenti organi
regionali in materia finanziaria, contabile e di bilancio».
Di qui, pertanto,
l’ipotizzato contrasto con gli artt. 118, primo comma, e 120, secondo comma,
Cost.
1.2.3.— Le
disposizioni di cui ai commi 69 e 73 dell’art. 1 dell’impugnata legge regionale
violerebbero, invece, gli artt. 3, 97 e 81, quarto comma, Cost.
Esse, intervenendo
nella «materia del personale sanitario del servizio sanitario regionale»,
risultano emanate al dichiarato scopo «di dare attuazione agli interventi
prioritari posti a base della procedura di commissariamento ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario».
In tale prospettiva, pertanto, prevedono – secondo quanto indicato dal
ricorrente – «la individuazione di forme di incentivazione economica per la
mobilità volontaria e l’autorizzazione all’attivazione di meccanismi di
incentivazione all’esodo per le categorie in esubero» (comma 69, lettere b
e c), nonché «la necessità di un esplicito parere positivo del
Presidente della Regione», da rendere (comma 73) «anteriormente alla
pubblicazione di bandi di concorso o di avvisi per l’assunzione di personale a
tempo determinato e la instaurazione di rapporti di collaborazione, consulenze
ed altre tipologie contrattuali», ciò «ai fini del rientro nell’equilibrio
economico finanziario previsto dall’accordo di cui all’art. 1, comma 180, della
legge n. 311 del 1994» (recte: 2004).
Siffatte
previsioni, tuttavia, sebbene dichiaratamente dirette – prosegue il ricorrente
– allo scopo di dare attuazione agli interventi «prioritari» individuati nella
delibera di commissariamento, in conformità al piano di rientro del disavanzo
sanitario, risulterebbero non «coerenti con le relative indicazioni» e, per di
più, anche adottate «in difetto di qualsiasi previsto coordinamento con i
poteri a tal fine attribuiti al nominato commissario ad acta»,
giacché «risultano illogicamente sovrapporsi» ai medesimi. E ciò in quanto, in
primo luogo, «non disciplinano in alcun modo (e tanto meno potenziano) il
blocco del turn over», individuato invece – al
punto numero 1 della lettera a) della delibera di commissariamento –
«come uno dei "mezzi” essenziali per la razionalizzazione ed il contenimento
della spesa del personale, nonché, in secondo luogo, in quanto «introducono,
con la previsione di incentivi, ulteriori fattori di spesa non quantificati e
non coperti da mezzi finanziari per farvi fronte».
Su tali basi,
quindi, viene dedotta la violazione dell’art. 3 Cost., «per la irragionevolezza
intrinseca delle menzionate disposizioni, per la non coerenza e comunque per la
inadeguatezza delle stesse rispetto alle finalità dichiaratamente perseguite».
Viene, inoltre,
ipotizzato il contrasto con gli artt. 97 e 81, quarto comma, Cost.,
rispettivamente, «per la incisione negativa della introdotta disciplina sul
buon andamento dell’amministrazione, in difetto di qualsiasi previsto
coordinamento tra i delineati interventi regionali e quelli prioritariamente da
perseguire per le medesime finalità dal nominato commissario ad acta», ed in ragione del «rilevato difetto di qualsiasi
previsione dei mezzi per fare fronte alle nuove e maggiori spese a carico del
già deficitario bilancio sanitario regionale, conseguenti all’erogazione di
incentivi economici al personale sanitario eccedente».
1.2.4.— Quanto,
conclusivamente, alle previsioni di cui al comma 79 (ed ai correlati commi da
80 ad 82), se ne assume l’illegittimità costituzionale in riferimento agli
artt. 117, terzo comma, nonché 5 e 120, secondo comma, Cost.
Sottolinea,
invero, il ricorrente che, ai sensi del citato comma 79, «nelle more della
riorganizzazione della rete ospedaliera e del riassetto istituzionale delle
aziende sanitarie, sono prorogati sino al 30 giugno 2010 i contratti dei
direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere attualmente in carica», proroga, peraltro, che è subordinata alla
«previa accettazione da parte degli interessati, che, contestualmente, si
impegnano a realizzare le attività idonee al raggiungimento degli obiettivi
connessi al piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario» (comma 80),
nonché estesa ai direttori sanitari ed ai direttori amministrativi in carica
(comma 81), essendosi, infine, previsto che la mancata realizzazione degli
interventi per l’attuazione del predetto piano operi come «causa di decadenza
dall’incarico di direttore generale» (comma 82).
Orbene, poiché
tale disciplina si presenta «inequivocabilmente incompatibile e contrastante»
con la previsione dell’art. 4, comma 2, del già citato decreto-legge n. 159 del
2007, convertito dalla legge n. 222 del 2007, secondo cui rientra tra le
facoltà del commissario ad acta anche quella
«di proporre alla Regione la sostituzione dei direttori generali delle aziende
sanitarie locali e delle aziende ospedaliere», deve ritenersi, nella specie,
violato «un principio fondamentale al quale il legislatore è tenuto a
conformarsi» ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Inoltre, tale «generalizzata
ed automatica» proroga ex lege dei contratti
in corso con i direttori generali in carica (rimovibili dall’incarico dalla
Giunta regionale solo nell’ipotesi di accertata mancata realizzazione degli
interventi per l’attuazione del piano di rientro), traducendosi nella negazione
della facoltà spettante al Commissario di proporre alla Regione la loro
sostituzione, e dunque in «un disconoscimento» di quel potere di sostituzione
degli organi regionali «preordinato alla tutela di interessi essenziali
unitariamente facenti capo allo Stato ed esercitati dal Governo con la nomina
del predetto commissario», comporterebbe, secondo il ricorrente, una violazione
anche degli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost.
2.— Si è
costituita in giudizio – peraltro tardivamente –
3.— In data 23
ottobre 2009
In via generale,
essa rileva come l’impugnativa statale risulterebbe fondata sull’assunto che,
una volta nominato il commissario ad acta, e
dunque «scattato il provvedimento di sostituzione,
Tale assunto,
però, è – a suo dire – «inaccettabile», in quanto, «anche a voler accedere
all’opinione secondo la quale il potere sostitutivo ex art. 120 Cost.
implicherebbe l’attribuzione di poteri normativi», sicché gli stessi sarebbero
«capaci di derogare anche alle prescrizioni di livello legislativo, in analogia
con le ordinanze di necessità», dovrebbe pur sempre essere fatto salvo «il
limite della riserva costituzionale di competenza concorrente delle Regioni in
materia sanitaria». Resterebbe, dunque, ferma la competenza legislativa
regionale, che potrebbe essere «esercitata anche in pendenza del potere
sostitutivo» e che, anzi, «dovrebbe determinare la cessazione di quest’ultimo
qualora realizzi» – come nel caso di specie – «l’adempimento, sia pure tardivo,
degli obblighi gravanti sulla Regione».
Tanto premesso in
termini generali, la resistente contesta la fondatezza delle singole censure
proposte dal Presidente del Consiglio dei ministri.
3.1.— Quanto, in
particolare, al comma 65, dal momento che «si limita a prevedere la
"legificazione” degli obiettivi fissati dal piano di rientro del disavanzo»,
esso, lungi dall’interferire con le attribuzioni del commissario, costituirebbe
un «presupposto utile» al suo operato, consentendogli di «intervenire senza
subire alcun limite derivante dalle precedenti prescrizioni legislative
regionali». Difatti, erronea sarebbe l’ipotesi formulata dal ricorrente, che
interpreta la norma nel senso di riferire «gli interventi attuativi dei
suddetti obiettivi all’apparato organizzativo regionale», giacché il silenzio
da essa serbato sui destinatari andrebbe inteso, al contrario, nel senso che
tali interventi «vanno realizzati dal commissario ad acta».
3.2.— Non
diversamente, sarebbe frutto «di un errore prospettico» anche la lettura del
comma 85, secondo cui la norma «escluderebbe il commissario ad acta dalla
gestione del disavanzo sanitario. In realtà – assume
3.3.— Le censure
relative ai commi da
In base a tale
norma il rinvio al Presidente della Regione, contenuto nel comma 73, è stato
sostituito con quello al commissario ad acta,
con la conseguenza di porre «sotto l’egida di quest’ultimo qualsiasi
provvedimento relativo al personale sanitario al fine di valutarne la coerenza
con l’obiettivo di fondo della razionalizzazione e del contenimento della spesa
del personale». Di conseguenza, anche la previsione generica di incentivi per
la mobilità volontaria e l’esodo costituisce ormai uno strumento rimesso alla
decisione del commissario.
Nega, inoltre,
3.4.— Su di un
«presupposto falso» risulterebbe, infine, fondata la censura che investe i
commi 79, 80, 81 e 82.
Non sarebbe,
infatti, vero che l’art. 4, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007,
convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 222 del 2007, preveda
una "proposta”, alle Regioni, da parte del commissario ad acta, in
merito alla sostituzione dei direttori generali, contemplando solo «il potere
di quest’ultimo di sospendere, ma "motivatamente”, i direttori generali»,
affidandone le funzioni ad altro soggetto. La norma, dunque, non risponderebbe
«al principio della sostituzione necessaria dei direttori generali»,
consentendo tale evenienza unicamente se giustificata dalla «inadeguatezza,
dimostrata dal soggetto collocato in posizione apicale, alla realizzazione
degli obiettivi programmati», realizzazione, non a caso, oggetto di una
verifica semestrale in forza di quanto previsto dal comma 82.
Peraltro, la
circostanza che tale verifica – nuovamente in forza di quanto previsto
dall’art. 5 della legge regionale n. 17 del 2009 – sia stata affidata al
Commissario renderebbe «non più attuale» anche tale censura.
4.— Il Presidente
del Consiglio ha depositato, a propria volta, una memoria in data 26 ottobre
2009.
Preso atto,
preliminarmente, delle modifiche apportate alla legge impugnata dal citato art.
5, comma 1, della legge della Regione Lazio n. 17 del 2009 ed inoltre della
circostanza che, ai sensi del successivo comma 2, tali modificazioni «si
applicano per tutta la durata del commissariamento ad acta»,
con ciò intendendo riferirsi «anche al periodo di commissariamento anteriore
all’entrata in vigore della stessa legge», il ricorrente ritiene che la materia
del contendere possa considerarsi cessata «almeno nei riflessi degli interventi
di realizzazione del piano di rientro specificamente considerati» dalle norme
modificate.
Tuttavia, dalla
modifica legislativa – che pure ha investito la lettera b) del comma 66,
il comma 67, la lettera c) del comma 68, le lettere a) e b)
del comma 70 ed i commi 73, 74, 75 e 82 – sono rimasti estranei non solo gli
interventi previsti dalle lettere a) e b) del comma 68 e dai
commi 69, 71 e 72, ma anche la «perentoria formulazione» del comma 85, che
conserva inalterata la riserva in favore del Consiglio regionale, del
Presidente della Regione e della Giunta regionale, in relazione alle variazioni
da apportare «a disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili della
Regione».
Del pari, non
avrebbe conosciuto alcun mutamento sostanziale la disciplina relativa ai
direttori generali. Ferma, infatti, la loro proroga ex lege
fino al 30 giugno 2010, all’attribuzione al commissario, in luogo della Giunta
regionale, del potere di verifica periodica dei loro risultati non sembrerebbe
accompagnarsi anche il riconoscimento del potere di dichiarare la decadenza dall’incarico
nel caso di accertata mancata realizzazione degli interventi per l’attuazione
del piano di rientro: permane, dunque, il contrasto con quanto previsto
dall’art. 4, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007, convertito, con
modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 222 del 2007.
Considerato
in diritto
1.— Il
Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, commi 65, 69, 73, 79, 80, 81, 82 e 85, della legge della
Regione Lazio 11 agosto 2008, n. 14 (Assestamento del bilancio annuale e
pluriennale 2008-2010 della Regione Lazio), per violazione, nel complesso,
degli articoli 3, 5, 81, quarto comma, 97, 117, terzo comma, 118, primo comma,
e 120, secondo comma, della Costituzione.
2.—
Preliminarmente, il ricorrente deduce che detta Regione rientra tra quelle che
– ai sensi dell’articolo 1, comma 180,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), nel testo
modificato dall’art. 4 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni
urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e
territoriale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 14 maggio
2005, n. 80 – hanno sottoscritto con lo Stato l’accordo per il rientro dai
disavanzi nel settore sanitario, impegnandosi a procedere ad una ricognizione
delle loro cause e ad elaborare un programma operativo di riorganizzazione,
riqualificazione o potenziamento del servizio sanitario regionale, nella
prospettiva di individuare gli interventi necessari al perseguimento
dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza
sanitaria.
Sul presupposto
che non siano stati rispettati gli adempimenti previsti dal citato accordo,
concluso il 28 febbraio 2007, il ricorrente deduce che il Consiglio dei
ministri – dopo aver inutilmente diffidato
3.— Tanto
premesso, il ricorrente – con riferimento alla legge regionale n. 14 del 2008 –
si duole del fatto che talune disposizioni di quest’ultima, sebbene
dichiaratamente dirette allo scopo di dare attuazione agli interventi
«prioritari» individuati nella delibera di commissariamento, risulterebbero non
«coerenti» con detto scopo e, per di più, anche emanate «in difetto di
qualsiasi previsto coordinamento con i poteri a tal fine attribuiti al nominato
commissario ad acta», giacché «risultano
illogicamente sovrapporsi» ai medesimi.
3.1.— Con il
ricorso si censurano, innanzitutto, i commi
65 e 85 del predetto art. 1 della legge regionale impugnata.
Essi prevedono, rispettivamente, che al «fine di dare attuazione agli
interventi prioritari posti a base della procedura di commissariamento ad acta per il
piano di rientro dal disavanzo sanitario, sono posti in essere gli interventi
di cui ai commi 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72» (comma 65), e che, al «fine di
salvaguardare, in via di autotutela, l’autonomia legislativa, regolamentare,
amministrativa, finanziaria e di bilancio della Regione, di cui agli articoli
114, 117, 118 e 119 della Costituzione e agli articoli 14, 15, 16, 17, 57, 58 e
59 dello statuto regionale, non possono essere apportate modifiche a
disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili della Regione da parte di
soggetti diversi dal Consiglio regionale, dal Presidente della Regione e dalla
Giunta regionale» (comma 85).
Il ricorrente
ipotizza la violazione degli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost., in quanto il
contenuto dei predetti commi 65 ed 85 si tradurrebbe e si sostanzierebbe nel
disconoscimento dello stesso potere sostitutivo, esercitato a tutela di
interessi essenziali unitariamente facenti capo allo Stato, «come ultimo
responsabile del mantenimento della unità ed indivisibilità della Repubblica»,
essendosi previsto che gli interventi di cui ai commi 66, 67, 68, 69, 70, 71 e
72 (pur necessari per dare attuazione al piano di rientro dal disavanzo sanitario)
siano destinati a compiersi soltanto attraverso gli organi ordinari della
Regione e con provvedimenti degli stessi, «senza alcun riferimento alle
competenze e funzioni del commissario», le cui attribuzioni verrebbero, così,
«sostanzialmente limitate se non addirittura svuotate».
Inoltre, con
riferimento al comma 85, è ipotizzata la violazione degli artt. 118, primo
comma, e 120, secondo comma, Cost., giacché esso – nel riservare in via
esclusiva al Consiglio regionale, al Presidente della Regione ed alla Giunta
regionale, la potestà di apportare modifiche a disposizioni finanziarie, di
bilancio e contabili della Regione – «viene a negare e ad escludere in assoluto
il potere del legislatore statale, pur nella ricorrenza di esigenze di
carattere unitario», di «intervenire a modifica di disposizioni normative e/o
amministrative, adottate dai competenti organi regionali in materia
finanziaria, contabile e di bilancio», secondo quel modello delineato dalla
giurisprudenza costituzionale a partire dalla sentenza n. 303 del
2003.
3.2.— Una seconda
censura è indirizzata nei confronti dei commi 69 e 73, che prevedono,
rispettivamente, «la individuazione di forme di incentivazione economica per la
mobilità volontaria e l’autorizzazione all’attivazione di meccanismi di
incentivazione all’esodo per le categorie in esubero» (lettere b e c del comma 69), nonché stabiliscono
la necessità di un esplicito parere positivo del Presidente della Regione per la
pubblicazione di bandi di concorso o di avvisi per l’assunzione di personale a
tempo determinato e la instaurazione di rapporti di collaborazione, consulenze
ed altre tipologie contrattuali (comma 73).
I due citati commi
violerebbero, in primo luogo, gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto non sarebbero
«coerenti» con la finalità avuta di mira dal legislatore, giacché, per un
verso, risultano adottati «in difetto di qualsiasi previsto coordinamento con i
poteri a tal fine attribuiti al nominato commissario ad acta»,
così determinando anche una «incisione negativa» sul buon andamento
dell’amministrazione, ed inoltre perché «non disciplinano in alcun modo (e
tanto meno potenziano) il blocco del turn over»,
individuato invece – al punto numero 1 della lettera a) della delibera
di commissariamento – «come uno dei "mezzi” essenziali per la razionalizzazione
ed il contenimento della spesa del personale».
Essi, infine,
sarebbero in contrasto con l’art. 81, quarto comma, Cost., operando in «difetto
di qualsiasi previsione dei mezzi per fare fronte alle nuove e maggiori spese a
carico del già deficitario bilancio sanitario regionale, conseguenti
all’erogazione di incentivi economici al personale sanitario eccedente».
3.3.— Infine,
un’ultima censura investe i commi 79,
80, 81 ed 82, i quali prevedono una generalizzata proroga, sino al 30
giugno 2010, dei «contratti dei direttori generali delle aziende unità
sanitarie locali e delle aziende ospedaliere attualmente in carica», proroga
estesa anche ai direttori sanitari ed ai direttori amministrativi.
Assume il
ricorrente che tale scelta è «inequivocabilmente incompatibile e contrastante»
con la previsione dell’art. 4, comma 2, del già citato decreto-legge n. 159 del
2007, convertito dalla legge n. 222 del 2007, secondo cui rientra tra le
facoltà del commissario ad acta anche quella
«di proporre alla Regione la sostituzione dei direttori generali delle aziende
sanitarie locali e delle aziende ospedaliere».
Viene,
pertanto, ipotizzata la violazione, oltre che degli artt. 5 e 120, secondo
comma, Cost., anche dell’art. 117, terzo comma, Cost., enunciando il sopra
citato art. 4, comma 2, un principio fondamentale della materia "tutela della
salute”, al quale il legislatore regionale è tenuto a conformarsi.
4.— Così
ricostruiti i termini delle questioni proposte dal ricorrente, deve essere
preliminarmente disattesa la tesi prospettata dalla Regione Lazio, secondo cui,
«in pendenza del potere sostitutivo»
statale, non solo resterebbe ferma la
competenza legislativa regionale, ma addirittura si «determinerebbe la
cessazione» del potere sostitutivo, qualora si realizzi – come sarebbe avvenuto
nel caso di specie – «l’adempimento, sia pure tardivo, degli obblighi gravanti
sulla Regione».
Tale conclusione non può essere
condivisa.
In senso
contrario, infatti, deve essere richiamato quanto osservato da questa Corte nel
vagliare la legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 277, della legge 23
dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2006), sospettato di essere irragionevolmente rigido,
non prevedendo la possibilità di un intervento, «ancorché tardivo», del
Presidente della Giunta regionale proprio in relazione alle misure da adottare
per il ripiano dei disavanzi in materia sanitaria. La constatazione che
tale disposizione fosse sopraggiunta «all’esito di una persistente inerzia
degli organi regionali», espressiva «della volontà di sottrarsi ad un’attività provvedimentale pur imposta dalle esigenze della finanza
pubblica», è stata ritenuta un’idonea «giustificazione del divieto legislativo
di adottare, da parte di un organo già inadempiente, ulteriori misure»,
valutandosi, inoltre, le stesse come suscettibili «di vanificare l’obiettivo di
risanamento» del servizio sanitario regionale (sentenza n. 193 del
2007).
Alla stregua, pertanto, di tale
principio, che deve essere condiviso, il preteso tardivo adempimento degli
impegni assunti con l’accordo concluso il 28 febbraio 2007, che
Si tratta di una valutazione, da compiersi
– come concordano, del resto, le stesse parti – anche alla luce della sopravvenuta legge regionale 20 maggio
2009, n. 17 (Variazione al bilancio di previsione della Regione Lazio per
l’esercizio finanziario 2009), il cui art. 5, comma 1, reca modificazioni
proprio di talune norme della legge oggetto della presente impugnazione.
5.— Ancora in
via preliminare, va osservato che la legge regionale n. 14 del 2008 contiene
numerose disposizioni di assestamento del bilancio annuale e pluriennale della
Regione Lazio per il triennio dal 2008 al 2010, che sono però estranee al
settore sanitario.
Si tratta di
disposizioni che spaziano nei campi più disparati: solo alcune di esse, a
partire dal comma 65 dell’art. 1, concernono specificatamente la sanità
regionale. In realtà, oggetto di impugnazione da parte dello Stato sono
soltanto quelle che, a giudizio del ricorrente, interferiscono con i poteri
spettanti al commissario ad acta incaricato della realizzazione del piano di
rientro dai disavanzi maturati nel settore sanitario. Le altre disposizioni,
che pure concernono lo stesso settore, senza però introdurre normative
contrastanti con i suddetti poteri, non formano oggetto di impugnazione. Al
riguardo, basti considerare quelle relative al riassetto della rete ospedaliera
(comma 66), alla semplificazione e razionalizzazione dei servizi delle aziende
sanitarie locali e delle altre aziende sanitarie (comma 67), alla
centralizzazione degli acquisti (comma 68), alla farmaceutica convenzionata e
alla distribuzione dei farmaci (comma 70), ai controlli di appropriatezza e
qualità (comma 71), alla riqualificazione dell’offerta dei servizi sanitari
(comma 72), al divieto di procedere all’assunzione di nuovo personale (comma
75), alla nullità degli atti dei direttori generali delle aziende sanitarie
posti in essere in violazione delle disposizioni contenute nei commi 73, 74 e
75 ed infine alle autorizzazioni alla realizzazione di strutture sanitarie e
all’esercizio di attività sanitarie e socio sanitarie (commi 77 e 78), nonché alle
strutture e ai professionisti privati, agli Istituti di ricovero e cura a
carattere scientifico, alle strutture classificate e ai policlinici
universitari (comma 83).
Per contro, le disposizioni dell’art. 1 che formano oggetto di
contestazione sono riconducibili a tre ambiti.
Rilevano, in primo luogo, quelle (commi
85 e 65) che individuano negli organi ordinari della Regione i soli legittimati
ad apportare modifiche alle «disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili
della Regione», con la conseguenza della esautorazione dei poteri del
commissario ad acta,
il quale sarebbe impossibilitato ad apportare le suddette modifiche e, dunque,
a svolgere appieno le sue funzioni di organo straordinario dello Stato ai sensi
dell’art. 120 Cost., nonché ad intervenire secondo quel modus operandi
delineato dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalla sentenza n. 303 del
2003.
In secondo luogo, la censura proposta dallo
Stato si indirizza contro quelle disposizioni a favore del personale (commi 69,
lettere b e c, e 73), che, oltre ad essere prive di coerenza con
gli obiettivi fissati nella delibera di commissariamento (ed in particolare con
la previsione del blocco del turn over), comporterebbero – tra l’altro – nuove e maggiori
spese, senza neppure l’indicazione delle relative fonti di copertura.
Infine, il ricorso del Presidente del
Consiglio dei ministri concerne le scelte (commi 79, 80, 81 e 82) relative alle
figure dei direttori generali, nonché dei direttori amministrativi e sanitari,
di aziende sanitarie locali e ospedaliere, scelte che si assumono, nuovamente,
non in linea con quanto previsto dal provvedimento di commissariamento.
6.— La questione avente ad oggetto il predetto comma 85 è fondata, nei
limiti di seguito precisati.
6.1.— Sebbene
tale comma sia collocato tra le disposizioni dedicate al settore sanitario
(settore non individuato, peraltro, con un capo o un titolo autonomo nel testo
legislativo de quo), esso si riferisce all’intero contenuto della legge
regionale di assestamento del bilancio, non ricavandosi dalla lettura della
norma argomenti, di segno diverso, che inducano a ritenere le disposizioni
dallo stesso enunciate limitate esclusivamente alla sanità regionale.
Ne consegue
che il comma 85 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo solo
nella parte in cui non esclude dall’ambito della sua operatività le funzioni e
le attività del commissario ad acta nominato dal Governo per l’attuazione del piano di
rientro.
Tale
conclusione è imposta dalla constatazione che la scelta di riservare
esclusivamente agli organi ordinari della Regione la modifica delle «disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili»,
pur quando esse presentino profili di interferenza con l’attuazione del piano
di rientro dal disavanzo sanitario, si risolve in un obiettivo svuotamento dei poteri del commissario ad acta, e
dunque in una violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Nella medesima
prospettiva, del resto, nel caso di specie il potere sostitutivo risulta
esercitato non solo in forza di quanto previsto dall’art. 4, comma 2, del già
citato decreto-legge n. 159 del 2007, convertito nella legge n. 222 del 2007,
ma, più in generale, nel rispetto delle condizioni all’uopo individuate dalla
giurisprudenza costituzionale.
Questa Corte,
difatti, ha affermato la necessità «che l’esercizio dei poteri sostitutivi sia
previsto e disciplinato dalla legge, la quale deve altresì definirne i
presupposti sostanziali e procedurali; che la sostituzione riguardi il
compimento di atti o attività prive di discrezionalità nell’an;
che il potere sostitutivo sia esercitato da un organo di Governo o sulla base
di una decisione di questo; che la legge predisponga congrue garanzie procedimentali,
in conformità al principio di leale collaborazione» (sentenza n. 240 del
2004; in senso conforme sentenza n. 383 del
2005).
È, infine, da
aggiungere che alla base dell’esercizio del potere sostitutivo, nell’ipotesi in
esame, si pone pur sempre l’inerzia della Regione nel dare attuazione a quanto
concordato con il Governo, sicché la scelta «di aderire alle intese ed agli
accordi» è frutto di una autonoma determinazione regionale, e non può, dunque,
«ritenersi coartata», dal momento che le Regioni «potrebbero pur sempre
scegliere di non addivenire alle intese in questione, facendo fronte al deficit
con i propri strumenti finanziari ed organizzativi» (sentenza n. 97 del
2007).
7.— Non è,
invece, fondata la questione avente ad oggetto l’impugnazione del comma 65.
7.1.— Il
silenzio serbato da tale norma sui destinatari degli «interventi prioritari posti a base della procedura
di commissariamento ad acta per il piano di
rientro dal disavanzo sanitario» (ai quali essa fa riferimento nel richiamare
le previsioni contenute nei commi 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72), rende la stessa
priva di autonomo contenuto precettivo
e, di riflesso, della capacità di ledere le prerogative del commissario.
Era, pertanto,
onere del ricorrente – nel dolersi della circostanza che quegli interventi
risultano affidati (almeno stando alla formulazione dei citati commi da
8.— È fondata
la questione relativa al comma 69, la cui impugnativa deve intendersi limitata
alle sole lettere b) e c)
e non anche estesa alla lettera a), che
riguarda l’istituzione di un Osservatorio regionale per il governo delle
richieste e delle disponibilità di personale del comparto sanità posto in
mobilità.
8.1.— Invero, le misure di cui alle suindicate lettere del comma
in esame – consistenti nella previsione tanto di «forme di incentivazione
economica per la mobilità volontaria», quanto di «meccanismi di incentivi
all’esodo» del personale del comparto sanità – si presentano, innanzitutto, non
coerenti rispetto all’obiettivo – pur dichiaratamente perseguito – del rientro
nell’equilibrio economico finanziario previsto dall’accordo di cui all’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004.
Le stesse,
inoltre, essendo adottate «in difetto di qualsiasi previsto coordinamento con i
poteri a tal fine attribuiti al nominato commissario ad acta»,
risultano effettivamente destinate a sovrapporsi a questi ultimi.
Ricorrono,
dunque, i denunciati vizi di irragionevolezza intrinseca e di violazione del
principio del buon andamento della pubblica amministrazione, che impongono la
declaratoria di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3 e 97
Cost.
9.— Ad analoga
conclusione non può, viceversa, pervenirsi quanto alla impugnativa del comma
73, dovendo ritenersi cessata, rispetto a tale norma, la materia del
contendere.
La modifica
apportata al suo testo dal già citato art. 5 della legge regionale n. 17 del
2009 (consistente nella sostituzione delle parole «Commissario ad acta
per il piano di rientro dal disavanzo sanitario» a quelle
«Presidente della Regione») vale a superare in radice il profilo di
sovrapposizione tra le funzioni dell’uno e dell’altro organo che costituisce
uno dei motivi di doglianza del ricorrente.
Per altro
verso, poi, la circostanza che spetti proprio al commissario ad acta il compito di esprimere un parere sulla
pubblicazione dei bandi di concorso o degli avvisi per l’assunzione di
personale a tempo determinato, nonché per la instaurazione di rapporti di
collaborazione, consulenze ed altre tipologie contrattuali, induce a ritenere
che egli svolgerà tale incombente nella consapevolezza che la delibera di
commissariamento individua nel blocco del turn
over uno dei mezzi essenziali per la
razionalizzazione ed il contenimento della spesa del personale.
Né, infine, è da sottacere la
circostanza che la norma qui in esame deve essere coordinata con quella di cui
al comma 75 del medesimo art. 1, secondo
cui «in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa
previsti dalle norme di cui al comma 73, è fatto divieto di procedere ad
assunzioni di nuovo personale, fatti salvi l’eventuale reclutamento di profili
infungibili ed indispensabili al fine del mantenimento dei livelli essenziali
di assistenza (LEA) preventivamente autorizzati dal commissario ad acta per il
piano di rientro dal disavanzo sanitario e la mobilità infraregionale
tra le aziende e gli enti del servizio sanitario regionale».
Difatti, proprio la constatazione che il
citato comma
10.— Sono, infine, costituzionalmente illegittime le
disposizioni di cui ai commi 79, 80, 81 e 82.
10.1.— La proroga automatica, disposta dal comma 79 fino
al 30 giugno 2010, dei direttori generali, nonché dei direttori sanitari e
amministrativi, in servizio alla data di entrata in vigore della legge
regionale n. 14 del 2008, si pone in contrasto con quanto stabilito dalla più
volte citata deliberazione governativa di commissariamento, oltre che con la previsione dell’art. 4, comma 2, del
decreto-legge n. 159 del 2007, convertito dalla legge n. 222 del 2007.
In particolare, in forza di quanto
disposto dal citato art. 4, comma 2, rientra tra le facoltà del commissario ad
acta –
dopo la modifica apportata al testo di tale norma dall’art. 1, comma 1, del
decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154 (Disposizioni urgenti per il contenimento
della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie
locali), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 4 dicembre 2008, n. 189 – il potere non già soltanto di proporre alla
Regione «la sostituzione dei direttori generali delle aziende sanitarie locali
e delle aziende ospedaliere», bensì quello di «motivatamente disporre» la
«sospensione dalle funzioni» dei direttori generali, facoltà che implica,
evidentemente, anche quella della loro sostituzione, trattandosi di assicurare,
con tale misura, la continuità nello svolgimento di incarichi che – per il loro
carattere apicale – non tollerano alcuna vacatio.
Ricorre, dunque, anche in questo caso la
violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost., in quanto – a prescindere dalla
questione relativa alla legittimità in sé della previsione di una proroga
automatica e generalizzata dei direttori generali delle aziende sanitarie locali
e delle aziende ospedaliere, questione non dedotta dalla ricorrente – la
disciplina recata dalle norme impugnate integra una menomazione delle
attribuzioni del commissario ad acta.
per questi motivi
dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 69, lettere b) e c), della legge
della Regione Lazio 11 agosto 2008, n. 14 (Assestamento del bilancio annuale e
pluriennale 2008-2010 della Regione Lazio);
dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 1, commi 79, 80, 81 e 82, della medesima legge della Regione Lazio n.
14 del 2008;
dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 85, della medesima legge della Regione Lazio
n. 14 del 2008, nella parte in cui non esclude dall’ambito della sua
operatività le funzioni e le attività del commissario ad acta nominato dal Governo per
l’attuazione del piano di rientro;
dichiara cessata la materia del contendere in
ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 73,
della medesima legge della Regione Lazio n. 14 del 2008, proposta – in
riferimento agli articoli 3, 97 e 81, quarto comma, della Costituzione – dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 65, della medesima legge della Regione Lazio
n. 14 del 2008, proposta – in riferimento agli articoli 5 e 120, secondo comma,
della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso
indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio
2010.
F.to:
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in