SENTENZA N. 138
ANNO 2013
Commento alla decisione di
Davide De Grazia
Il sindacato di costituzionalità della legge di approvazione del rendiconto e la problematica individuazione del parametro del giudizio(per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 2, 7, 9 e dell’allegato “E” (Elenco della situazione annuale dei fondi di Garanzia) della legge della Regione Molise 19 ottobre 2012, n. 23 (Rendiconto generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 22-28 dicembre 2012, depositato in cancelleria il 31 dicembre 2012 ed iscritto al n. 197 del registro ricorsi 2012.
Udito nell’udienza pubblica del 21 maggio 2013 il Giudice relatore Aldo Carosi;
udito l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale degli articoli 2, 7, 9 e dell’allegato “E” (Elenco della situazione annuale dei fondi di Garanzia) della legge della Regione Molise 19 ottobre 2012, n. 23 (Rendiconto generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2011), in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione ed in relazione agli artt. 29, comma 1, del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208), e 30, comma 3, della legge della Regione Molise 7 maggio 2002, n. 4 (Nuovo ordinamento contabile della Regione Molise), indicati quali norme interposte.
Il ricorrente premette che la legge regionale n. 23 del 2012 risulterebbe nel suo complesso carente di taluni elementi essenziali dai quali rilevare l’attuale situazione economico-finanziaria e patrimoniale della Regione Molise. Evidenzia inoltre la mancanza della nota informativa, che deve dare conto degli oneri e degli impegni finanziari, rispettivamente stimati e sostenuti, derivanti da contratti relativi a strumenti finanziari derivati e da contratti di finanziamento che includono una componente derivata – secondo quanto espressamente previsto dall’art. 3, comma 8, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009)» – nonché la totale assenza delle risultanze gestionali di tutti gli enti regionali dipendenti. La difesa erariale rileva altresì che la legge regionale n. 23 del 2012 è stata approvata oltre i termini – 30 giugno dell’anno successivo a quello cui la gestione si riferisce – imposti sia dalla legislazione nazionale che da quella regionale.
2. – Più in particolare, poi, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l’art. 2 della legge regionale n. 23 del 2012, in quanto tale norma riporterebbe erroneamente, tra le entrate di competenza, l’avanzo di amministrazione presunto, pari ad euro 282.708.532,00, come da bilancio di previsione 2011 (ex art. 8, rubricato «Avanzo di amministrazione», della legge della Regione Molise 1° febbraio 2011, n. 3, recante «Bilancio regionale di competenza e di cassa 2011 – Bilancio pluriennale 2011/2013»), in luogo di quello accertato, al 31 dicembre 2010, pari ad euro 282.589.969,83 (rectius: 282.859.969,83), giusta quanto si evince dal rendiconto 2010 (art. 9, rubricato «Situazione finanziaria», della legge della Regione Molise 26 gennaio 2012, n. 1, recante «Rendiconto generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2010»).
Viene inoltre censurato l’art. 7 della legge regionale n. 23 del 2012, osservandosi che esso – rubricato «Somma dei residui attivi» – riporta appunto tra i residui attivi – che alla fine dell’esercizio finanziario 2011 erano pari ad euro 1.286.613.416,17 – numerose partite, relative ad anni oramai decorsi, in relazione alle quali la Regione Molise non avrebbe fornito giustificazioni in ordine al mantenimento in bilancio. Per tali motivi detta norma si porrebbe in contrasto con quanto prevede l’art. 21 del d.lgs. n. 76 del 2000.
Lo Stato impugna, altresì, lo stesso art. 9 (Situazione finanziaria) della legge regionale n. 23 del 2012, in quanto esso prevede che l’avanzo di amministrazione dell’esercizio finanziario 2011 è accertato in euro 266.792.285,46, come risulta dai dati contenuti nel medesimo comma. Rileva però il ricorrente come tale disposizione indichi impropriamente in euro 171.213.000,00 il fondo di cassa al 31 dicembre 2010 che, invece, come emerge dal conto del tesoriere e dal rendiconto per l’esercizio finanziario 2010 (art. 9 della legge regionale n. 1 del 2012), è pari ad euro 66.683.309,03. L’art. 9 violerebbe quindi i principi generali in tema di contabilità richiamati negli artt. 20 e 21 della legge regionale 7 maggio 2002, n. 4 (Nuovo ordinamento contabile della Regione Molise), che, secondo la difesa erariale, si porrebbe a sua volta in dichiarata attuazione non solo dei principi contenuti nello statuto della Regione Molise, ma anche di quelli contenuti nel d.lgs. n. 76 del 2000.
Infine, il Presidente del Consiglio impugna l’allegato “E” (Elenco della situazione annuale dei fondi di Garanzia) alla medesima legge, in quanto sostiene che, a mente dell’art. 30, comma 3, della legge regionale n. 4 del 2002, la Regione Molise avrebbe dovuto indicare in allegato alla legge di approvazione del rendiconto, oltre all’importo delle garanzie fideiussorie, ulteriori dati – non rinvenibili nel predetto allegato – concernenti la relativa copertura finanziaria, il capitale garantito, la durata e la parte dell’obbligazione per la quale il fondo viene costituito.
Con riguardo, dunque, alle predette censure – in ragione delle quali la legge impugnata non garantirebbe il rispetto del principio di certezza delle risultanze gestionali – vengono invocati come parametro costituzionale l’art. 117, terzo comma, Cost., sotto il profilo del coordinamento della finanza pubblica, e come parametri interposti il d.lgs. n. 76 del 2000 – ed in particolare l’art. 21 – nonché le disposizioni contenute nella legge regionale n. 4 del 2002, che si pone, ai sensi dell’art. 1, quale disciplina di dichiarata attuazione non solo dei principi contenuti nello statuto della Regione Molise, ma anche di quelli contenuti nel d.lgs. n. 76 del 2000.
Precisa il ricorrente che le suddette disposizioni, indipendentemente dall’auto-qualificazione come norme di principio e di coordinamento, dovrebbero intendersi dirette ad incidere sulla finanza regionale, in considerazione del loro contenuto rivolto a fissare il perseguimento degli «obiettivi di convergenza e di stabilità» derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea ed «in coerenza con i vincoli che ne derivano in ambito nazionale» (art. 1 del d.lgs. n. 76 del 2000).
In proposito, il Presidente del Consiglio dei ministri rammenta che questa Corte ha affermato che «il coordinamento della finanza pubblica, cui fa riferimento l’art. 117, comma terzo, della Costituzione, è, più che una materia, una funzione che, a livello nazionale, e quanto alla finanza pubblica nel suo complesso, spetta allo Stato» (sentenza n. 414 del 2004).
3. – La Regione Molise non si è costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli articoli 2, 7 e 9 della legge della Regione Molise 19 ottobre 2012, n. 23 (Rendiconto generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2011), e l’allegato “E” della stessa legge in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Censurando l’art. 2 della predetta legge, il ricorrente preliminarmente si duole dell’assenza della nota informativa che evidenzia gli oneri degli impegni finanziari, rispettivamente stimati e sostenuti, derivanti da contratti relativi a strumenti finanziari derivati e da contratti di finanziamento che includono una componente derivata. La norma interposta violata sarebbe costituita dall’art. 3, comma 8, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009)». Inoltre, sarebbe violato l’art. 29, comma 1, del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208), il quale prevedrebbe, quale termine perentorio per l’approvazione del rendiconto, il 30 giugno dell’esercizio successivo. Il ricorrente lamenta altresì l’assenza delle risultanze gestionali di tutti gli enti regionali dipendenti. Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia che nel predetto art. 2 della legge regionale censurata sarebbe riportato erroneamente, tra le entrate di competenza, l’avanzo di amministrazione presunto, già inserito nel bilancio di previsione 2011, anziché quello accertato in sede di rendiconto finanziario 2010, approvato con la legge della Regione Molise 26 gennaio 2012, n. 1 (Rendiconto generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2010).
L’art. 7 viene censurato perché contabilizzerebbe tra i residui attivi numerose partite relative ad annualità decorse in relazione alle quali la Regione Molise non avrebbe accertato le ragioni del mantenimento in bilancio. Ciò contrasterebbe con quanto previsto dal d.lgs. n. 76 del 2000, recante i principi fondamentali e le norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni, ed in particolare con l’art. 21, il quale esprime appunto il principio del previo accertamento dei crediti inerenti alle somme non riscosse al termine dell’esercizio, che costituirebbe principio di coordinamento della finanza pubblica, finalizzato a realizzare gli obiettivi di convergenza e di stabilità derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. La sua violazione inciderebbe sui risultati della finanza regionale nel suo complesso, ponendo in essere, in tal modo, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
L’art. 9 della legge impugnata indicherebbe impropriamente in euro 171.213.000 il fondo di cassa al 31 dicembre 2010 che, viceversa, per effetto delle risultanze del conto del tesoriere e del rendiconto per l’esercizio finanziario 2010 approvato con la legge regionale n. 1 del 2012 (art. 9), ammonterebbe ad euro 66.683.309,03. Tale norma sarebbe in contrasto «con gli articoli 20 e 21 dello statuto della Regione Molise ma anche con quelli contenuti nel decreto legislativo 76 del 2000».
L’allegato “E” (Elenco della situazione annuale dei fondi di Garanzia) – in relazione al quale le censure vengono formulate all’interno delle argomentazioni riferite all’impugnato art. 2 – sarebbe in contrasto con l’art. 30, comma 3, della legge della Regione Molise 7 maggio 2002, n. 4 (Nuovo ordinamento contabile della Regione Molise), in quanto non indicherebbe, accanto all’importo delle garanzie fideiussorie, la relativa copertura finanziaria, il capitale garantito, la durata e la parte dell’obbligazione per la quale il fondo viene costituito.
2. – Occorre preliminarmente esaminare, ai fini dello scrutinio di ammissibilità del presente ricorso, se la corretta redazione del rendiconto finanziario, cui ineriscono le censure formulate dal Presidente del Consiglio dei ministri, sia riconducibile alla potestà legislativa concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., parametro invocato dal ricorrente.
È bene ricordare in proposito che il coordinamento della finanza pubblica attiene soprattutto al rispetto delle regole di convergenza e di stabilità dei conti pubblici, regole provenienti sia dall’ordinamento comunitario che da quello nazionale. In particolare, il patto di stabilità interno (art. 24 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002» e successive modifiche) stabilisce, tra l’altro, che, ai fini del concorso degli enti territoriali al rispetto degli obblighi comunitari della Repubblica ed alla conseguente realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, il disavanzo di ciascun ente territoriale non può superare determinati limiti, fissati dalle leggi finanziarie e di stabilità che si sono succedute a partire dal 2002 (ex multis sentenza, di questa Corte, n. 36 del 2004). Gli obiettivi finanziari in questione vengono pertanto accertati attraverso il consolidamento delle risultanze dei conti pubblici in quella prospettiva che è stata definita di “finanza pubblica allargata” (sentenze n. 267 del 2006 e n. 425 del 2004). Gli eventuali disavanzi di ciascun ente, i quali costituiscono la componente analitica dell’aggregato finanziario complessivo preso come punto di riferimento per il rispetto degli obblighi comunitari e nazionali, si accertano – per quel che riguarda la gestione annuale – attraverso il risultato di amministrazione, che costituisce l’epilogo del rendiconto finanziario. Si può pertanto concludere che le norme finanziarie contenute nei rendiconti, le quali risultano idonee a violare il rispetto dei limiti derivanti dall’ordinamento comunitario e dalla pertinente legislazione nazionale in materia oppure a non consentirne la verifica, possono risultare in contrasto con principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica.
Acclarato che modalità non corrette di redazione del rendiconto finanziario approvato con legge regionale possono costituire strumento di violazione degli obblighi inerenti al rispetto dei canoni della sana gestione finanziaria, come tutelati dal precetto costituzionale invocato, occorre ulteriormente verificare, con riguardo al caso in esame, se le censure proposte dal Presidente del Consiglio dei ministri evidenzino in concreto una violazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.
Infatti, a meno che non si verifichi l’eccezionale circostanza per cui le norme censurate in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. siano idonee a collidere direttamente con i principi fondamentali sintetizzati nel precetto costituzionale che intesta allo Stato la potestà concorrente in materia, lo scrutinio di legittimità delle stesse può avvenire là dove si evidenzi un contrasto indiretto, cioè con norme interposte, individuate dal ricorrente, le quali siano idonee a specificare, nel caso concreto, l’operatività di detti principi fondamentali.
In sostanza, l’individuazione delle disposizioni normative integranti il parametro di costituzionalità invocato costituisce la precondizione necessaria per instaurare, in via di azione, il giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale che si assume essere in contrasto con detto parametro.
3. – Alla luce delle premesse argomentazioni, le questioni sollevate nei confronti degli artt. 2, 9 e dell’allegato “E” della legge reg. Molise n. 23 del 2012 sono inammissibili.
3.1. – Per quel che concerne l’art. 2, fermo restando che non può essere presa in considerazione – come richiamo a norma specificativa del principio costituzionale – l’invocazione dell’art. 55 dello statuto regionale, il Presidente del Consiglio dei ministri individua quali norme di riferimento l’art. 3, comma 8, della legge n. 203 del 2008, in tema di strumenti derivati, e l’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 76 del 2000, in materia di termini di approvazione del rendiconto, senza tuttavia svolgere alcun percorso argomentativo in grado di collegare dette disposizioni alle censure, formulate, peraltro, in modo assolutamente generico.
3.2. – Per quel che riguarda l’art. 9, non viene richiamata alcuna norma interposta, non potendosi considerare tale la menzione degli artt. 20 e 21 della legge regionale di contabilità, peraltro non conferenti in relazione alle doglianze espresse.
3.3. – Infine, con riferimento all’allegato “E”, le cui censure sono erroneamente formulate all’interno delle argomentazioni afferenti all’art. 2 della legge regionale impugnata, manca qualsiasi deduzione in grado di collegare, sotto il profilo causale, la pretesa carenza informativa delle garanzie fideiussorie all’ipotizzata lesione di un principio fondamentale riconducibile al coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
4. – La questione formulata nei confronti dell’art. 7 della legge regionale n. 23 del 2012 è fondata.
Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta la contabilizzazione nel bilancio consuntivo di una rilevante massa di residui attivi senza il previo accertamento degli stessi, previsto, tra l’altro, dall’art. 21 della legge quadro in materia di finanza regionale n. 76 del 2000.
Il principio della previa dimostrazione analitica dei crediti e delle somme da riscuotere, iscrivibili nelle partite dei residui attivi e computabili ai fini dell’avanzo d’amministrazione, è, nel nostro ordinamento, principio risalente, in ragione della sua stretta inerenza ai concetti di certezza e attendibilità che devono caratterizzare le risultanze della gestione economica e finanziaria. Alla luce di tale principio, la definizione dei residui attivi – contenuta nell’art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 76 del 2000 – come «somme accertate e non riscosse» ha un implicito valore deontologico cogente, nel senso che il legislatore ha voluto che del conto consuntivo possano entrare a far parte solo somme accertate e non presunte. La disposizione così interpretata assume pertanto, sicuramente, il ruolo di norma interposta rispetto al «coordinamento della finanza pubblica», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Il rendiconto finanziario della Regione Molise non fornisce alcuna giustificazione in ordine alla permanenza in bilancio ed alla relativa contabilizzazione di un numero rilevante di residui attivi, pari ad euro 1.286.613.416,17, di cui molti di antica genesi, come si evince dal confronto con le risultanze dell’esercizio precedente (artt. 7 e 9 della legge reg. Molise n. 1 del 2012). La determinazione di questa somma è avvenuta in assenza dei requisiti minimi dell’accertamento contabile quali la ragione del credito, il titolo giuridico, il soggetto debitore, l’entità del credito e la sua scadenza (sulla indefettibilità dell’accertamento contabile delle risorse provenienti da esercizi precedenti, sentenze n. 309, n. 192 e n. 70 del 2012). In tal modo vengono assunte quali attività del bilancio consuntivo una serie di valori non dimostrati, espressi attraverso un’aggregazione apodittica e sintetica, suscettibile di alterare le risultanze finali del conto, che a sua volta deve essere consolidato con quello delle altre pubbliche amministrazioni per le richiamate finalità di coordinamento della finanza pubblica.
È opportuno sottolineare come la prevenzione di pratiche contabili – ancorché formalizzate in atti di natura legislativa – suscettibili di alterare la consistenza dei risultati economico finanziari degli enti territoriali sia un obiettivo prioritario al centro dell’evoluzione legislativa determinatasi in materia. A far data dall’esercizio 2014 – ai sensi del combinato disposto degli artt. 36 e 38, comma 1, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e dell’art. 7, allegato 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 dicembre 2011 (Sperimentazione della disciplina concernente i sistemi contabili e gli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi, di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118) – l’accertamento delle partite attive provenienti da esercizi precedenti dovrà essere ancora più limitato e rigoroso di quanto previsto dall’art. 21 della legge quadro sulla finanza regionale n. 76 del 2000, per effetto dell’obbligatoria istituzione di una posta correttiva in diminuzione, cosiddetto “fondo svalutazione crediti”, proporzionale «alla dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti, […] [a]lla loro natura e [a]ll’andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti (la media del rapporto tra incassi e accertamenti per ciascuna tipologia di entrata)» (art. 7, comma 1, allegato 2, punto 3.3). In sostanza la parte attiva del bilancio, inerente ai residui attivi, già soggetta ad accertamento secondo quanto in precedenza specificato, dovrebbe essere compensata da una ulteriore decurtazione, secondo un coefficiente proporzionale alla capacità media di realizzazione dei crediti del quinquennio precedente.
Dunque, l’art. 7 della legge reg. Molise n. 23 del 2012 contrasta, sotto il richiamato profilo dell’accertamento dei residui attivi, con l’art. 117, terzo comma, Cost. e ne deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 7 della legge della Regione Molise 19 ottobre 2012, n. 23 (Rendiconto generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2011);
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 9 e dell’allegato “E” della legge della Regione Molise n. 23 del 2012, sollevate, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2013.