SENTENZA N. 309
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1, commi 5 e 6, e 5 della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 2 (Bilancio di previsione della Regione Campania per l’anno 2012 e Bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27-28 marzo 2012, depositato in cancelleria il 30 marzo 2012 ed iscritto al n. 66 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Campania;
udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 2012 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Campania.
Ritenuto in fatto
1. — Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 1, commi 5 e 6, e 5 della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012 n. 2 (Bilancio di previsione della Regione Campania per l’anno 2012 e bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Campania n. 6 del 28 gennaio 2012, denunciandone il contrasto con gli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
In particolare, l’art. 1 (bilancio annuale), comma 5, autorizza l’iscrizione nell’unità previsionale di base (UPB) 7.28.64, denominata «Fondi di riserva per spese obbligatorie e per il pagamento dei residui passivi colpiti da perenzione amministrativa e reclamati dai creditori», della somma di euro 600.000.000,00 per il pagamento degli impegni di spesa di parte corrente ed in conto capitale regolarmente assunti negli esercizi precedenti, caduti in perenzione alla chiusura dell’esercizio precedente a quello cui la presente legge si riferisce, che si prevede di pagare nel corso dell’esercizio 2012. Per la copertura finanziaria la norma prevede che «si farà fronte con quota parte del risultato di amministrazione – avanzo di amministrazione».
Il successivo comma 6 del medesimo articolo autorizza l’iscrizione nell’unità previsionale di base 6.23.57, denominata «Spese generali, legali, amministrative e diverse», della somma di euro 100.000.000,00 per il pagamento dei debiti fuori bilancio. Per la copertura finanziaria la norma prevede che «si farà fronte con quota parte del risultato di amministrazione – avanzo di amministrazione».
L’art. 5 regola il ricorso al mercato finanziario nei seguenti termini: «1. E’ autorizzato il ricorso al mercato finanziario per l’esercizio 2012, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 3, comma 4, e dell’articolo 9 della legge regionale n. 7/2002, per la realizzazione di investimenti e per partecipare a società che svolgano attività strumentali rispetto agli obiettivi della programmazione regionale (Allegato B). 2. Il limite complessivo entro il quale è autorizzato il ricorso al mercato finanziario di cui al comma 1 è di euro 144.831.213,90, la cui incidenza deve essere contenuta entro il limite previsto dall’articolo 9, comma 2, della legge regionale n. 7/2002, alle migliori condizioni di mercato. 3. L’ammortamento dei mutui di cui al comma 1 non può decorrere da data anteriore al 1 ottobre 2012. 4. La Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002) e successive norme vigenti in materia, è autorizzata ad effettuare operazioni di ristrutturazione del debito preesistente, mediante utilizzazione degli strumenti creditizi in uso nei mercati finanziari, qualora le condizioni di rifinanziamento consentano una riduzione del valore delle passività totali a carico della Regione».
Lo Stato impugna le suddette norme per i seguenti motivi: l’art. 1, comma 5, destina euro 600.000.000,00 al pagamento dei residui perenti che si prevede saranno pagati nel corso dell’esercizio 2012.
In proposito, il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia che la copertura finanziaria di tale spesa è garantita da una quota parte del «risultato di amministrazione – avanzo di amministrazione» malgrado non sia stata ancora certificata l’effettiva disponibilità con l’approvazione del rendiconto per l’esercizio finanziario 2011.
Quindi, secondo la ricorrente, la disposizione regionale in esame si porrebbe in contrasto con l’art. 44, comma 3, della legge della Regione Campania 30 aprile 2002, n. 7 (Ordinamento contabile della Regione Campania articolo 34, comma 1, D.Lgs. 28 marzo 2000, n. 76), il quale prevede che l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione può avvenire soltanto quando ne sia dimostrata l’effettiva disponibilità con l’approvazione del rendiconto dell’anno precedente.
Inoltre, lo Stato ritiene che tale stanziamento, oltre ad essere privo di disponibilità di cassa, appaia sottostimato rispetto alle effettive esigenze derivanti da eventuali re-iscrizioni dei residui perenti, tenuto conto che il loro ammontare, alla data del 31 dicembre 2009, ultimo dato ufficiale disponibile, era pari a circa 3.870.000.000 euro.
Sussisterebbe, di conseguenza, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost. e dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in materia di sistema tributario e contabile.
L’art. l, comma 6 della legge reg. Campania n. 2 del 2012 destina euro 100.000.000 (UPB 6.23.57) al pagamento dei debiti fuori bilancio. In proposito, il patrocinio erariale evidenzia che la copertura finanziaria di tale spesa è garantita da una quota parte del «risultato di amministrazione – avanzo di amministrazione», malgrado non sia stata ancora certificata l’effettiva disponibilità con l’approvazione del rendiconto per l’esercizio finanziario 2011.
Pertanto, secondo il ricorrente, la disposizione regionale in esame si porrebbe in contrasto con l’art. 44, comma 3, della legge di contabilità regionale n. 7 del 2002, il quale prevede che si consideri dimostrata l’effettiva disponibilità con l’approvazione del rendiconto dell’anno precedente.
Inoltre, prosegue lo Stato, in termini di cassa la previsione risulta insufficiente.
Sussisterebbe, di conseguenza, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la violazione dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione e dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione in materia di sistema tributario e contabile.
L’art. 5 autorizza il ricorso al mercato finanziario per l’esercizio 2012 per un importo pari ad euro 144.831.213,90.
Osserva il Presidente del Consiglio dei ministri che la Regione Campania non ha ancora approvato il rendiconto per l’esercizio finanziario 2010.
Pertanto, il richiamato art. 5 contrasterebbe con l’art. 9, comma 4, della legge di contabilità regionale n. 7 del 2002, il quale prevede che non può essere autorizzata la contrazione di nuovo indebitamento se non è stato approvato dal Consiglio regionale il rendiconto dell’esercizio di due anni precedenti a quello al cui bilancio il nuovo indebitamento si riferisce.
Evidenzia inoltre lo Stato che non essendo specificato, nell’Allegato B alla legge in esame, il dettaglio dei capitoli e delle unità previsionali di base finanziate dalle operazioni di indebitamento, non si potrebbe valutare se tale importo sia utilizzato per finanziare spese di investimento sulla base di quanto stabilito dall’art. 3, commi da 16 a 21-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)», dall’art. 62 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, nonché dalle disposizioni recate dall’art. 10, comma 2, della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario), così come modificato dall’art. 8, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2012).
Riguardo, poi, al pagamento degli oneri di ammortamento in conto interessi e in conto capitale derivanti dalle operazioni di indebitamento già realizzate dalla Regione, obietta lo Stato che gli stessi non vengono quantificati e non vengono neanche indicate le correlate UPB di copertura finanziaria, sia riguardo al bilancio di previsione annuale 2012 che al bilancio pluriennale 2012-2014.
Di conseguenza, per quanto in precedenza argomentato, secondo la ricorrente la disposizione regionale in esame si porrebbe in contrasto con l’art. 81, quarto comma, della Costituzione e con l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione in materia di sistema tributario e contabile.
2. — In data 7 maggio 2012 si è costituita la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, secondo quanto deciso con delibera della Giunta n. 188 del 12 aprile 2012, eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso statale.
3. — All’udienza pubblica del 7 novembre 2012 la difesa della Regione ha depositato una attestazione datata 5 novembre 2012 (prot. n. 2012.0000 872/P) del Segretario generale del Consiglio regionale della Campania, diretta al capo dell’Ufficio legislativo del Presidente della Giunta regionale, nella quale si dà conto del procedimento di approvazione della legge regionale 3 agosto 2012, n. 25 (Rendiconto generale della Regione Campania per l’esercizio finanziario 2011) e della successiva legge 9 agosto 2012, n. 28 (Variazione al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2012).
Considerato in diritto
1. — Con ricorso n. 66 del 2012 il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale degli articoli 1, commi 5 e 6, e 5 della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 2 (Bilancio di previsione della Regione Campania per l’anno 2012 e bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014), denunciandone il contrasto con gli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
Entrambi i commi 5 e 6 dell’art. 1 della legge regionale n. 2 del 2012 – il primo inerente al fondo per il pagamento dei residui perenti quantificato in euro 600.000.000,00 (UPB 7.28.64), il secondo relativo al fondo per il pagamento dei debiti fuori bilancio dimensionato in euro 100.000.000,00 (UPB 6.23.57) – sono censurati per il fatto che la copertura finanziaria necessaria al pagamento delle partite di spesa da essi previste sarebbe insufficiente in termini di cassa e, soprattutto, sarebbe realizzata mediante utilizzazione dell’avanzo di amministrazione dell’esercizio precedente in assenza di certificazione di effettiva disponibilità a causa della mancata approvazione del rendiconto per l’esercizio finanziario 2011. Le disposizioni regionali in esame si porrebbero in contrasto con l’art. 44, comma 3, della legge della Regione Campania 30 aprile 2002, n. 7 (Ordinamento contabile della Regione Campania articolo 34, comma 1, decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76) – il quale prevede che l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione può avvenire soltanto quando ne sia dimostrata l’effettiva disponibilità con l’approvazione del rendiconto dell’anno precedente – e, conseguentemente, con l’art. 81, quarto comma, Cost., per il profilo della copertura della spesa (in tal senso la sentenza n. 70 del 2012), nonché con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. inerente alla competenza esclusiva dello Stato in materia di sistema contabile.
Con riguardo all’art. 1, comma 5, della legge impugnata il Presidente del Consiglio dei ministri censura anche la pretesa sottostima del fondo per il pagamento dei residui passivi perenti – pari ad euro 600.000.000,00 (UPB 7.28.64) – il cui stanziamento sarebbe insufficiente «rispetto alle effettive esigenze derivanti da eventuali reiscrizioni dei residui perenti il cui ammontare al 31/12/2009, ultimo dato ufficiale disponibile, è pari a circa 3.870.000.000,00 di euro».
La Regione Campania è intervenuta più volte nel corso del corrente anno con provvedimenti legislativi, i cui effetti si sono riflessi – direttamente od indirettamente – sulle disposizioni impugnate dallo Stato.
In particolare, con la legge della Regione Campania 10 maggio 2012, n. 8 (Rendiconto generale della Regione Campania per l’esercizio finanziario 2010), è stato approvato il rendiconto della Regione Campania per l’esercizio finanziario 2010 e con la successiva legge regionale 3 agosto 2012, n. 25 (Rendiconto generale della Regione Campania per l’esercizio finanziario 2011), quello per l’esercizio finanziario 2011.
Quest’ultimo presenta un risultato di amministrazione positivo consistente in un avanzo di amministrazione pari ad euro 6.054.475.869,26.
La successiva legge della Regione Campania 9 agosto 2012, n. 28 (Variazione al bilancio di previsione della Regione Campania per l’anno finanziario 2012), in seguito all’approvazione del rendiconto relativa all’esercizio finanziario 2011, ha modificato (artt. 1, 2, 3 e 4) lo stato di previsione di competenza e di cassa sia dell’entrata che della spesa del bilancio per l’anno finanziario 2012.
Costituitasi in giudizio, la Regione Campania ha chiesto che, con riferimento alle questioni sollevate, il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque infondato.
Nel corso dell’udienza la Regione ha fatto presente che le norme afferenti all’impiego dell’avanzo di amministrazione presunto non hanno avuto alcuna attuazione fino all’intervenuta abrogazione disposta dagli artt. 1 e 2 della legge regionale n. 28 del 2012 di variazione del bilancio.
La Regione, con il consenso della controparte, ha depositato una attestazione del segretario generale del Consiglio regionale dalla quale si evince la mancata attuazione delle disposizioni impugnate. Queste ultime hanno infatti subito l’effetto abrogativo dalla successiva legge di variazione del bilancio n. 28 del 2012, che ha utilizzato – per la copertura dei suddetti residui perenti relativi a debiti, scaduti e non onorati negli esercizi precedenti, ed a debiti fuori bilancio – una quota parte (complessivamente euro 700.000.000,00) dell’avanzo di amministrazione di euro 6.054.475.869,26, accertato per l’esercizio del 2011 ed approvato ai sensi dell’art. 2 della legge reg. Campania n. 25 del 2012.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha altresì impugnato l’art. 5 della stessa legge regionale n. 2 del 2012, il quale dispone il ricorso al mercato finanziario per l’esercizio 2012 da parte della Regione Campania per un importo pari ad euro 144.831.213,90.
La resistente, alla data di approvazione del bilancio di previsione 2012, non aveva ancora approvato il rendiconto per l’esercizio finanziario 2010. Da ciò deriverebbe il contrasto con l’art. 9, comma 4, della legge di contabilità regionale n. 7 del 2002, il quale prevede che non può essere autorizzato l’accesso al nuovo indebitamento se non è stato approvato dal Consiglio regionale il rendiconto dell’esercizio di due anni precedenti a quello al cui bilancio il nuovo indebitamento si riferisce. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri non sarebbe neppure specificato il dettaglio dei capitoli e delle UPB finanziate dalle operazioni di indebitamento, così da precludere il riscontro previsto dall’art. 3, commi da 16 a 21-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)», e dall’art. 62 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in ordine alla natura di investimenti delle spese così finanziate.
Con riguardo agli oneri di ammortamento in conto interessi ed in conto capitale derivanti dalle operazioni di indebitamento già realizzate dalla Regione, essi non verrebbero quantificati e neppure sarebbero indicate le correlate UPB di copertura finanziaria, sia in relazione al bilancio di previsione annuale 2012 che al bilancio pluriennale 2012-2014.
Infine, sempre in tema di indebitamento, non sarebbero rispettate le disposizioni recate dall’art. 10, comma 2, della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario), come modificato dall’art. 8, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012)», il quale subordina la contrazione dei mutui e le operazioni di indebitamento alla condizione che l’importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale ed interesse dei mutui e delle altre forme di indebitamento, in estinzione nell’esercizio considerato, non superi il 20% del totale complessivo delle entrate tributarie non vincolate e che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell’ambito del bilancio pluriennale della Regione stessa.
Per tutti gli esposti motivi l’art. 5 della legge regionale impugnata violerebbe – secondo il ricorrente – l’art. 81, quarto comma, Cost. per difetto di copertura e l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in materia di sistema contabile.
Anche in ordine all’impugnazione dell’art. 5 la Regione ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque infondato.
2. — Deve essere preliminarmente dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alle censure formulate – in riferimento all’art. 81, quarto comma, e all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – nei confronti dell’art. 1, commi 5 e 6, della legge reg. Campania n. 2 del 2012, con riguardo all’utilizzazione dell’avanzo di amministrazione dell’esercizio precedente in assenza di certificazione di effettiva disponibilità a causa della mancata approvazione del rendiconto per l’esercizio finanziario 2011. Le citate disposizioni hanno subito l’effetto abrogativo della successiva legge regionale n. 28 del 2012, avente ad oggetto la variazione al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2012. Tali disposizioni infatti trovavano rappresentazione contabile nell’allegato D al bilancio di previsione del suddetto esercizio, ove erano rispettivamente iscritte le somme presuntivamente ricavabili dal risultato di amministrazione 2011 (UPB in entrata 15.49.89 – euro 600.000.000,00 e 15.49.90 – euro 100.000.000,00) e previsto il loro speculare impiego per il pagamento dei residui perenti (UPB di spesa 7.28.64 – euro 600.000 – comma 5) e dei debiti fuori bilancio (UPB di spesa 6.23.57 – euro 100.000 – comma 6). Gli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge regionale n. 28 del 2012 hanno modificato, rispettivamente nella parte entrata e spesa, sia per competenza che per cassa, il bilancio di previsione 2012, espungendo dall’ambito delle risorse utilizzate l’avanzo d’amministrazione presunto e, correlativamente, dalla parte spesa le due destinazioni impugnate con il ricorso statale.
Le quattro poste di entrata e di spesa correlate sono state, quindi, reiscritte nel bilancio 2012, prevedendone la copertura attraverso l’avanzo di amministrazione accertato, per l’esercizio 2011, con l’art. 2 della legge regionale n. 25 del 2012. Ciò nel rispetto dell’art. 44 della legge generale di contabilità regionale n. 7 del 2002 – peraltro richiamato dallo stesso ricorrente – il quale, in conformità ai principi generali vigenti in materia, dopo aver previsto al comma 2 che «Il risultato di amministrazione è accertato con l’approvazione del rendiconto e può consistere in un avanzo o in un disavanzo di amministrazione. Esso è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi», prescrive al comma 3 che «L’utilizzo dell’avanzo di amministrazione può avvenire soltanto quando ne sia dimostrata l’effettiva disponibilità con l’approvazione del rendiconto dell’anno precedente».
Dall’esame delle disposizioni succedutesi nel tempo e da quanto attestato in udienza, si ricava che i commi 5 e 6 dell’art. 1 della legge reg. Campania n. 2 del 2012 non hanno avuto attuazione durante il periodo della loro vigenza.
Dunque, la legge di variazione del bilancio, che ha avuto effetto abrogativo sulle disposizioni impugnate, trova presupposto e fondamento nelle precedenti leggi regionali n. 8 del 2012 e n. 25 del 2012, con le quali sono stati rispettivamente approvati i rendiconti della Regione Campania per l’esercizio finanziario 2010 e per l’esercizio finanziario 2011. Il risultato di quest’ultimo è attivo, dal punto di vista economico, per un avanzo complessivo di euro 6.054.475.869,26 (art. 2 della legge regionale n. 25 del 2012).
Fermo restando che il Presidente del Consiglio dei ministri non ha impugnato la norma della predetta legge regionale n. 25 del 2012 contenente l’accertamento e che, conseguentemente, non può essere impedito alla Regione Campania di impiegare l’avanzo accertato nella richiamata sede legislativa, occorre sottolineare come detto risultato economico si realizzi attraverso l’applicazione – nella parte entrata del bilancio – di residui attivi, in sostanza crediti non riscossi nell’esercizio 2011 e negli anni precedenti, pari ad euro 24.524.839.528,30 (art. 2, lettera d, della stessa legge regionale n. 25 del 2012). Inoltre, l’art. 3 di detta legge certifica un conto generale del patrimonio in passivo netto per la ragguardevole somma di euro 7.414.668.159,77, cifra addirittura superiore all’avanzo di amministrazione approvato col precedente art. 2.
Ciò dovrebbe indurre la Regione Campania ad assoluta prudenza nell’applicazione dell’avanzo di amministrazione a futuri esercizi di bilancio. Infatti, la lettura congiunta del risultato di amministrazione, del passivo patrimoniale e dei crediti non riscossi nonché della loro formazione risalente nel tempo lascia intendere squilibri strutturali della situazione economico-finanziaria e patrimoniale della Regione, suscettibili di peggioramento là dove detta applicazione venga ad ampliare le possibilità di spesa nei futuri esercizi di competenza.
In tale prospettiva occorre sottolineare la recente codificazione dei principi contabili degli enti territoriali intervenuta a seguito dell’art. 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e dell’art. 7, allegato 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 dicembre 2011 (Sperimentazione della disciplina concernente i sistemi contabili e gli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi, di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118), il quale, nell’apposito principio contabile n. 3.3, prescrive che «Sono accertate per l’intero importo del credito anche le entrate di dubbia e difficile esazione, per le quali non è certa la riscossione integrale […]», precisando tuttavia che «Per tali crediti è effettuato un accantonamento al fondo di svalutazione crediti, vincolando a tal fine una quota dell’avanzo di amministrazione. A tal fine è stanziata nel bilancio di previsione una apposita posta contabile, denominata “Accantonamento al fondo svalutazione crediti” il cui ammontare è determinato in considerazione della dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti che si prevede si formeranno nell’esercizio, della loro natura e dell’andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti (la media del rapporto tra incassi e accertamenti per ciascuna tipologia di entrata)» e che «L’accantonamento al fondo svalutazione crediti non è oggetto di impegno e genera un’economia di bilancio che confluisce nell’avanzo di amministrazione come quota vincolata. In sede di assestamento di bilancio e alla fine dell’esercizio per la redazione del rendiconto, è verificata la congruità del fondo svalutazione crediti complessivamente accantonato nell’avanzo, in considerazione dell’ammontare dei residui attivi degli esercizi precedenti e di quello dell’esercizio in corso. L’importo complessivo del fondo è calcolato applicando all’ammontare dei residui attivi la media dell’incidenza degli accertamenti non riscossi sui ruoli o sugli altri strumenti coattivi negli ultimi cinque esercizi. Al fine di adeguare l’importo del fondo svalutazione crediti si procede: in sede di assestamento, alla variazione dello stanziamento di bilancio riguardante l’accantonamento al fondo svalutazione crediti; in sede di rendiconto, vincolando o svincolando le necessarie quote dell’avanzo di amministrazione […]. A seguito di ogni provvedimento di riaccertamento dei residui attivi è rideterminata la quota dell’avanzo di amministrazione vincolata al fondo svalutazione crediti».
Le nuove disposizioni – la cui applicazione alla Regione Campania è stata confermata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 maggio 2012 (Individuazione delle amministrazioni che partecipano alla sperimentazione della disciplina concernente i sistemi contabili e gli schemi di bilancio delle Regioni, degli Enti locali e dei loro enti ed organismi, di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118) – specificano la concreta applicazione del principio di prudenza in relazione alla gestione dei crediti di dubbia esigibilità o riscossione, evitando che gli stessi finiscano per generare risorse meramente figurative, le quali non assicurano la copertura delle spese iscritte in bilancio e – proprio in virtù della loro dubbia esigibilità – amplificano il rischio di ulteriori squilibri strutturali del bilancio stesso nel prosieguo della gestione.
3. — Con riguardo alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Campania n. 2 del 2012, devono essere presi in considerazione separatamente i primi tre commi di detta disposizione ed il successivo comma 4.
3.1. — Le censure proposte nei riguardi dell’art. 5, commi 1, 2 e 3, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, terzo comma, Cost. ed alla norma interposta costituita dall’art. 10, secondo comma, della legge n. 281 del 1970, sono fondate.
L’art. 10, secondo comma, della legge n. 281 del 1970, come modificato dall’art. 23 del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Princìpi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell'articolo 1, comma 4, della L. 25 giugno 1999, n. 208), e successivamente dall’art. 8, comma 2, della legge n. 183 del 2011, prescrive che «L’importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di indebitamento in estinzione nell’esercizio considerato deve essere compatibile con i vincoli di cui al comma 1 e non può comunque superare il 20 per cento dell’ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate della regione ed a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell’ambito del bilancio pluriennale della regione stessa». Sulla base di dette prescrizioni, la legge regionale che autorizza l’accensione di nuovi prestiti dovrebbe specificare l’incidenza di questi ultimi sui singoli esercizi futuri, i mezzi necessari per la copertura degli oneri, nonché il rispetto del limite percentuale del 20%, con riguardo sia alle rate di ammortamento dei mutui pregressi che di quelli programmati per l’esercizio in corso.
Nelle disposizioni impugnate e nell’allegato bilancio di previsione della Regione Campania non è presente alcun rinvio ad appropriata allegazione comprovante la compatibilità delle operazioni di indebitamento programmate con i vincoli di cui all’art. 10, secondo comma, della legge n. 281 del 1970.
Ciò comporta una violazione delle prescrizioni contenute nella richiamata norma interposta, le quali sono finalizzate alla tutela degli equilibri strutturali di bilancio dell’ente territoriale e, per ciò stesso, costituiscono indefettibili parametri di legittimità per la stipula di nuove operazioni di ricorso al credito. La mancata dimostrazione del rispetto del tetto di indebitamento previsto dalla richiamata disposizione per l’ente territoriale determina l’assoluta preclusione alla legittima assunzione di nuovi prestiti. L’assenza del prospetto riassuntivo degli ammortamenti afferenti ai prestiti stipulati negli anni precedenti e degli oneri susseguenti ai nuovi contratti da stipulare rende infatti sostanzialmente priva del parametro quantitativo di riferimento ogni operazione di ulteriore ricorso al credito. Ne deriva il contrasto dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 5 della legge reg. Campania n. 2 del 2012 con l’art. 10, secondo comma, della legge n. 281 del 1970 e con gli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera e) Cost., di cui la norma interposta specifica i principi nel caso concreto. Con riguardo all’art. 81, quarto comma, Cost., infatti, la dimostrazione del rispetto del parametro strutturale incide sulla copertura della spesa, in relazione alla quale la relativa percentuale è stata fissata per controllare la sostenibilità dell’indebitamento complessivo dell’ente. In riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., inoltre, la violazione delle prescrizioni dell’art. 10, secondo comma, della legge n. 281 del 1970, finalizzate a dimostrare il rispetto da parte delle Regioni del tetto di indebitamento, costituisce espressione anche della materia “sistema contabile dello Stato”. Infatti, la codificazione di parametri standardizzati per il calcolo percentuale dell’indebitamento è fondamentale per consolidare, sotto il profilo contabile, le risultanze di tutti i conti regionali in modo uniforme e trasparente così da assicurare non solo dati finanziari complessivi e comparativi attendibili, bensì anche strumenti conoscitivi per un efficace coordinamento della finanza pubblica, materia concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. Quest’ultima è inscindibilmente collegata alla disciplina delle regole di natura contabile che nell’ambito della finanza pubblica allargata sono serventi alla funzione statale di monitoraggio e vigilanza sul rispetto dei complessivi obiettivi di finanza pubblica, cui le stesse Regioni concorrono (ex plurimis, sentenze n. 176 del 2012 e n. 52 del 2010).
Il contrasto con i richiamati parametri costituzionali determina dunque la illegittimità sia del comma 1 dell’art. 5 della legge reg. Campania n. 2 del 2012, che autorizza specificamente il ricorso al mercato finanziario per l’esercizio 2012, sia del comma 2, che determina il limite complessivo del nuovo indebitamento, sia del comma 3, afferente alle modalità temporali di ammortamento dei nuovi prestiti.
3.1.1. — Rimangono assorbite le censure proposte nei confronti delle richiamate disposizioni in riferimento alle medesime norme costituzionali, ma in relazione alle differenti norme interposte indicate nel ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri.
3.2. — La censura rivolta all’art. 5, comma 4, della legge reg. Campania n. 2 del 2012, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera e), Cost. è inammissibile con riguardo a tutte le norme interposte invocate nel ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (art. 9, comma 4, della legge reg. Campania n. 7 del 2002; art. 3, commi dal 16 al 21-bis della legge n. 350 del 2003; art. 62 del decreto legge n.112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008; art. 10, secondo comma, della legge n. 281 del 1970, come modificato dall’art. 8, comma 2, della legge n. 183 del 2011).
Essa infatti è stata dedotta senza alcun percorso logico argomentativo in grado di ricondurla ai parametri invocati. La disposizione impugnata prescrive che «La Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002) e successive norme vigenti in materia, è autorizzata ad effettuare operazioni di ristrutturazione del debito preesistente, mediante utilizzazione degli strumenti creditizi in uso nei mercati finanziari, qualora le condizioni di rifinanziamento consentano una riduzione del valore delle passività totali a carico della Regione». La norma regionale riproduce sostanzialmente quella statale richiamata, la quale, a sua volta, al comma 2, –come modificato successivamente dall’art. 1, comma 70, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», e dall’art. 3, comma 66, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009)» – dispone: «Fermo restando quanto previsto nelle relative pattuizioni contrattuali, gli enti possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell’eventuale retrocessione del gettito dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni».
La ristrutturazione del debito disciplinata dall’articolo 41, comma 2, della legge n. 448 del 2001, richiamato nella disposizione regionale impugnata, è operazione finanziaria del tutto distinta e diversa dalle ipotesi di nuovo indebitamento disciplinate dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 5 della legge reg. Campania n. 2 del 2012, precedentemente dichiarati illegittimi. Se tale considerazione toglie in radice qualsiasi collegamento al percorso logico argomentativo sviluppato dal ricorrente nei confronti della disposizione in esame, la conseguente inammissibilità delle censure merita comunque il corredo di alcune considerazioni in ordine alle concrete modalità applicative dell’art. 41 della legge n. 448 del 2001 alle eventuali operazioni di ristrutturazione di pertinenza della Regione Campania. La norma statale consente la modifica delle originarie clausole contrattuali delle precedenti operazioni di indebitamento, sottoponendo detta prerogativa ad una serie di condizioni tra le quali spicca (al comma 2) la riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico dell’ente territoriale stipulante. Detta prescrizione riduce di per sé in modo significativo il rischio di rideterminazioni contrattuali in contrasto con i principi della sana gestione finanziaria. Tuttavia, le condizioni per l’adozione di tali tipologie contrattuali incontrano ulteriori limiti diretti ed indiretti nelle norme che di recente il legislatore statale ha posto a tutela della correttezza delle operazioni di indebitamento, siano esse nuove o stipulate in relazione a contratti preesistenti. Così, ad esempio, l’art. 3, commi 16 e seguenti, della legge n. 350 del 2003, nella versione attualmente vigente, individua una serie di limiti alle operazioni finanziarie sia con riguardo alla loro finalità, sia in relazione alla struttura finanziaria di eventuali contratti atipici incidenti su anteriori operazioni di indebitamento. Peraltro, anche il limite fissato dal parametro strutturale di indebitamento, il cui mancato rispetto ha determinato l’illegittimità dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 5 della legge regionale in esame, deve ritenersi intangibile da operazioni di rinegoziazione che dovessero ridurre il valore degli ammortamenti negli esercizi inerenti al bilancio annuale e triennale in maniera strumentale all’ampliamento dei potenziali limiti complessivi di indebitamento nel breve periodo e all’elusione di detto parametro normativo. Quest’ultimo è intrinseco a qualsiasi operazione di rinegoziazione del debito pregresso che la Regione Campania dovesse praticare sulla base dell’art. 5, comma 4, della legge regionale n. 2 del 2012.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 2 (Bilancio di previsione della Regione Campania per l’anno 2012 e Bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014);
2) dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 5 e 6, della legge reg. Campania n. 2 del 2012, promossa in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 4, della legge reg. Campania n. 2 del 2012, sollevata in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera e), Cost. dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2012.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2012.